191069807 Patristica e Patrologia

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Patristica

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2013

Foto in copertina:I primi Dottori della Chiesa in una pala d'altare databile intorno al 1516 di Pier Francesco Sacchi detto il Pavese conservata al Museo del Louvre di Parigi. Da sinistra a destra, in primo piano: Sant'Agostino, San Gregorio, San Girolamo e SantAmbrogio.

Titolo originale dellopera:I Padri della Chiesa, testimoni della giovinezza della ChiesaScuola di formazione teologica e pastorale

Rielaborazione e adattamenti del prof. Giovanni Santini

PRESENTAZIONE

Sin dallantichit sono comparsi sulla terra uomini grandi e magnifici, che non hanno tentato di conquistarsi la gloria con singole azioni entusiasmanti, ma hanno esercitato uninfluenza cos forte su popolazioni ed epoche intere anche attraverso libri ed opere poetiche che tutti conoscevano e ne parlavano con ardore desiderando saperne di pi.Infatti queste persone oltre ad aver esercitato la loro influenza con opere o discorsi e anche con una vita che pareva generata da un unico spirito, grande e unitario, ed erano davanti agli occhi di tutti come esempi luminosi, immagine di Dio. Forse non proprio tutti.Erano poeti, santi, saggi o artisti, forse anche taumaturghi, ciascuno secondo la sua natura e il suo talento, ma che tutti vedevano nella brevit e caducit dellesistenza terrena una parabola delleternit e tentarono con struggente desiderio e passione intrepida di coniugare, nel loro cuore, cielo e terra.Questi erano i Padri della Chiesa.Costoro fanno parte di quelle straordinarie creature che hanno avvicinato gli uomini a Dio e restituito valore e pregio al mistero della creazione. Hanno sempre riscoperto lessenza e la legge delluomo interiore, poich si ponevano spogli davanti alla terra come al cielo, quasi come fossero stati i primi uomini, mentre noi altri pensiamo di poter vivere nel guscio di sicure idee preconcette e abitudini ereditate.Il tempo non ha scalfito affatto la grandezza del loro messaggio, potente e coinvolgente anche nei nostri giorni. In questo lavoro, che non vuole sostituire altri pi grandi e pi degni, si tenter di dare una linea continuativa delle letteratura cristiana dagli inizi fino allanno 500 circa. Si messo in risalto, per ogni epoca uno o due scrittori, dai Padri apostolici ai Padri dellet aurea, passando per gli Apologeti e per gli Antieretici.Il perch si voluto indicare proprio questi Padri e non altri stata solo una scelta soggettiva legata al tipo di lavoro, ma nello svolgimento dello stesso si forniranno indicazioni e riferimenti per coloro che volessero curiosare nel vasto mondo della Patrologia. Ogni Padre viene presentato con un proprio testo e successivamente viene tracciata sobriamente una sintesi biografica con un pensiero di Papa Benedetto XVI. Nel lavoro sono anche tracciate delle schede riguardanti il periodo, eresie e concili. Per non appesantire il lavoro in Appendice viene presentato un brevissimo spaccato del Monachesimo e dei Padri del deserto.

SOMMARIO

Introduzione allo studio dei Padri. Caratteristiche

I Padri Apostolici: Clemente Romano Ignazio di Antiochia

I Padri Apologeti:S. GiustinoLettera a Diogneto

Gosticismo, Marcionismo, Montanismo

I Padri AntiereticiIreneo di Lione

I Padri del III secolo:Greci: OrigeneLatini: Tertulliano, Cipriano di Cartagine

Il Concilio di Nicea

Arianesimo

I Padri dellet aurea:In Oriente: Atanasio di AlessandriaIn Occidente: Agostino dIppona

Appendice

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEI PADRI DELLA CHIESA

Nozione di Padre della Chiesa

Il nome di Padre della Chiesa di origine orientale. Gli antichi popoli d'Oriente, infatti, onoravano con questo appellativo i maestri, considerati come autori della vita intellettuale, originata dal loro insegnamento. In tale senso i discepoli delle scuole profetiche furono denominati filii prophetarum, e il loro maestro fu detto Pater (1 Sam. 40, 35); Paolo si dice "padre" dei nuovi convertiti (1Cor. 4, 15).Nella Chiesa primitiva, con questo nome vennero designati i vescovi, i quali, appunto perch ministri dei Sacramenti e depositari del patrimonio dottrinale della Chiesa, erano ritenuti generatori di quella vita in Cristo di cui parla Paolo.

I Padri della Chiesa sono uomini che, dotati spesso (ma non necessariamente) di unaresponsabilit pastorale, influirono con gli scritti, con la predicazione e con la vita in modo significativo sul cammino - dottrina o prassi - della Chiesa antica. Perch un personaggio possa essere riconosciuto a pieno titolo come Padre della Chiesa deve avere tre requisiti:sapienza (ortodossia) - santit - approvazione della Chiesa - antichita) dottrina ortodossa: quali custodi infatti della tradizione ricevuta debbono trasmetterla inalterata alle generazioni successive; tale ortodossia si intende nel senso di una fedele comunione di dottrina con la Chiesa, non gi come immunit totale da errori anche materiali;b) santit di vita: come maestri, occorre che i Padri della Chiesa presentino in grado elevato le virt cristiane, non solo predicate, ma praticate; tale nota costituisce una garanzia e una sublimazione della ortodossia stessa;c) approvazione della Chiesa: solo la Chiesa, come pu definire il canone delle Scritture, cos pu determinare i testimoni autentici della Tradizione; non occorre tuttavia un'approvazione esplicita, sufficiente l'implicita, quale potrebbe aversi, ad es., nella citazione di un Padre fatta da un concilio ecumenico;d) antichit: su questo punto si alquanto oscillato e, per vario tempo, vennero classificati tra i P. della C. anche scrittori medievali dell'epoca precedente alla scolastica. Poi prevalse una maggiore severit, ed ora l'evo patristico si fa comunemente concludere, in Occidente, con la morte di Isidoro di Siviglia (636), in Oriente con quella di Giovanni Damasceno (ca. 750).

AutoritL'importanza dei Padri della Chiesa non soltanto di ordine letterario o storico, masoprattutto si fonda sulla loro dottrina, desunta dalla Tradizione come fonte di fede. Ci deriva dalla connessione strettissima che essi ebbero con il magistero infallibile della Chiesa. Furono in gran parte vescovi e la loro azione intellettuale fu come il respiro della Chiesa stessa. Ai loro tempi costituivano di fatto il magistero o almeno la parte principale di esso, in quanto tutta la Chiesa docente e discente mirava ad essi, delegava loro la propria difesa, ne accoglieva gli scritti e li circondava di approvazione e di lode. Questo complesso di circostanze li costituiva voce autorevole nella Chiesa e legava il loro operato alla responsabilit del suo magistero. Se avessero errato, l'organo stesso dell'infallibilit sarebbe stato compromesso. Da ci si deduce che i Padri della Chiesa hanno tutti i requisiti per essere considerati testimoni garantiti e qualificati della inalterata tradizione divina.

La divisione cronologica dellepoca patristica

Secolo III cristianesimo comincia a diffondersi nell'ambito dell'Impero romano. Appaiono gli scritti dei pi antichi testimoni cristiani, iniziando dalla prima Lettera ai Tessalonicesi, scritta da Paolo intorno al 50, nasce anche la letteratura dei cosiddetti Padri Apostolici, come la lettera di Papa Clemente ai Corinzi, dell'anno 96. E l'epoca in cui domina la mentalit giudeo-cristiana.

Padri apostoliciLespressione Padri Apostolici stata applicata ad autori di scritti religiosi che a quanto pare avevano conosciuto uno degli apostoli di Ges o erano stati istruiti da discepoli i quali, a loro volta, erano stati a contatto con gli apostoli. Generalmente questi uomini vissero tra la fine del I e la met del IIsecolo. Tra loro figuravano Clemente Romano, Ignazio di Antiochia, Papia di Ierapoli e Policarpo di Smirne. Oggi difficile stabilire fino a che punto gli insegnamenti dei Padri Apostolici aderissero a quelli di Ges. Indubbiamente questi uomini si prefiggevano di preservare, se non di promuovere, un certo tipo di cristianesimo. Condannavano lidolatria e i costumi dissoluti. Credevano che Ges fosse il Figlio di Dio e che fosse risorto.

Secolo IIII cristianesimo si va consolidando nonostante le prime persecuzioni. Continuano ad apparire le opere dei Padri Apostolici (come Ignazio di Antiochia e Policarpo di Smirne), ma comincia anche l'apologetica cristiana, soprattutto con l'opera di Giustino. Verso la fine del secolo, per il sorgere delle eresie gnostiche, si fanno avanti gli antieretici come Ireneo di Lione.Inizia il passaggio alla mentalit classica. La lingua usata quasi solo quella greca.

Padri ApologetiGli apologeti prendono il nome dalla parola greca apologhia che significa difesa; essi hanno scritto per difendere la nuova religione cristiana dalle accuse, mosse contro di essa, dalla societ pagana.Gli scrittori convertiti, con le loro opere apologetiche, hanno offerto le motivazioni della loro conversione e le ragioni delle loro scelte morali.Ma perch fu necessario difendere il cristianesimo? E da quali accuse?Le accuse contro i cristiani e la polemica contro i paganiIl pregiudizio popolare diffondeva calunnie volgari e superficiali contro i fedeli; veniva insultata la dottrina eucaristica e alimentato il disprezzo perch i cristiani rifiutavano le divinit tradizionali pagane. Erano visti come turbatori dellopinione pubblica e considerati una presenza di disturbo nella politica e nelleconomia.Gli apologisti, per contrastare questo ambiente cos avverso alla presenza cristiana, fanno sentire i propri argomenti portati a difesa della verit del cristianesimo, della sua validit umana e sociale. Tra loro figuravano SantAristide Marciano, San Giustino, Atenagora, Militone, Teofilo e lAutore dellapologia Lettera a Diogneto.

Padri antiereticiLe dottrine cristologiche dei primi secoli erano insegnamenti teologici e movimenti dei primi secoli dell'era cristiana. Una volta raggiunto un certo grado di consolidamento e istituzionalizzazione, alcune di queste dottrine vennero giudicate eterodosse e considerati eresie[footnoteRef:1] dalla maggior parte delle Chiese cristiane e negli scritti dei Padri della Chiesa. Tali discordie erano assai radicate nella comunit cristiana e il Concilio di Nicea del 325 rappresent un momento importante di questo confronto, essendo stato il primo concilio della cristianit, nato dalla constatazione che il tema cristologico aveva ormai assunto un rilievo politico. [1: erea (pop. tosc. rea) s. f. [dal lat. haersis (nel sign. eccles.), gr. , propr. scelta, der. di scegliere]. Dottrina che si oppone a una verit rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica e, per estens., alla teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso, considerati come ortodossi.]

Ma prima del Concilio di Nicea si levarono forti le voci dei Padri, come quella di SantIreneo, per esempio.

Secolo III il secolo in cui il cristianesimo, affermatesi definitivamente, d origine alle prime vere correnti e scuole teologiche e letterarie: a Roma, con Ippolito e Novaziano; a Cartagine, con Tertulliano e Cipriano; ad Alessandria d'Egitto, con Clemente e Origene. La letteratura cristiana aderisce sempre maggiormente alla classicit, sia in lingua greca che in lingua latina. Nasce l'arte cristiana nelle catacombe e nelle domus ecclesiae.

I Padri del III secoloUna delle caratteristiche principali della Chiesa del terzo secolo lo sviluppo della scienza teologica, in altre parole del pensiero sulla fede. Prima la fede era vissuta in maniera pi immediata: si partiva dalle parole di Ges e si andava avanti su quelle. Lo sviluppo della teologia invece l'approfondimento, la riflessione; in sintesi il discorso su Dio.Lo sviluppo che, in questo secolo, porter ad un cambiamento dei paradigmi del pensiero cristiano dovuto principalmente ad Origene (185-252), uno dei protagonisti; Ricordiamo Tertulliano, anche se a cavallo dei due secoli (160-220). Scrittore latino, di Cartagine, temperamento focoso, scivoler pian piano verso l'eresia montanista. Altro scrittore latino, vescovo di Cartagine, Cipriano, morto nel 258.

Secolo IVInizia l'ra costantiniana: il cristianesimo ottiene la pace e il riconoscimento ufficiale da parte dell'Impero. Questo momento di passaggio rappresentato soprattutto dalle opere di Lattanzio e di Eusebio di Cesarea. Nel frattempo, scoppiano le eresie donatista e ariana, e si raduna il primo concilio ecumenico a Nicea (325). La polemica teologica stimola l'attivit letteraria sia in Oriente (Atanasio, Giovanni Crisostomo) che in Occidente (Ilario, Ambrogio, Girolamo, ecc.).Sorgono le prime grandi basiliche, si sviluppano tutte le arti figurative, gli ambienti cittadini acquistano fisionomia cristiana, nasce il fenomeno del monachesimo.

Secolo VAnche questo secolo, travagliato dalle invasioni barbariche, dominato dalle controversie teologiche: prima con il donatismo e l'arianesimo, poi con il pelagianesimo, il nestorianesimo, il monofisismo. Si radunano i concilii di Efeso (431) e Calcedonia (451). In Occidente spiccano Agostino e papa Leone I; in Oriente, Cirillo di Alessandria, Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro. Siamo nellepoca doro dei Padri.

L'epoca d'oro dei Padri della ChiesaL'et che va dal secolo quarto al secolo settimo stata definita la grande epoca patristica. Sono in atto situazioni nuove: le persecuzioni sono terminate, la Chiesa pu agire con libert; di contro dilaga l'eresia ariana che genera apostasia[footnoteRef:2] e scismi[footnoteRef:3] ovunque. [2: Apostasia. Secondo il Codice di diritto canonico, ripudio totale della fede cristiana.] [3: scisma Nelle Chiese cristiane (e per analogia in altre religioni), separazione volontaria di un gruppo di fedeli dalla comunit ecclesiale di appartenenza per motivi in prevalenza disciplinari. ]

questo il periodo nel quale sorgono figure eminenti in dottrina e santit che sanno chiarire, difendere e diffondere la verit. Sono all'origine della cultura cristiana e della civilt occidentale.Emergono tra essi le figure di Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo, considerati come i Dottori massimi della Chiesa Orientale; mentre in Occidente dominano incontrastati Girolamo, il Dottore delle Scritture, Ambrogio, il Dottore dell'indipendenza della Chiesa, Agostino, che non soltanto il Dottore della Grazia, ma il Dottore universale, colui che per vari secoli fu il principale, se non l'unico ispiratore del pensiero cristiano occidentale.Secolo VIE il secolo dell'imperatore Giustiniano I e di papa Gregorio I. Le controversie teologiche si vanno spegnendo in Occidente, mentre rimangono assai vivaci in Oriente, dove si tiene il II concilio di Costantinopoli (553). Boezio, Cassiodoro, Cesario di Arles, Gregorio di Tours fanno da mediatori tra i romano-cristiani e i barbari. In Siria appare l'opera del cosiddetto Dionigi l'Areopagita. Si consolidano le prime letterature nazionali cristiane (armena, siriaca, ecc.).

Secolo VIIII monofisismo rinasce sotto forma di monotelismo, ma viene condannato al III concilio di Costantinopoli (680-681), mentre si verifica la prima espansione dell'Islam. In Oriente, l'attivit teologica ha due punti di riferimento illustri come Sofronio di Gerusalemme e Massimo il Confessore. In Occidente, mentre si realizza la fusione tra gli elementi romani e quelli barbarici, l'epoca di compilatori come Isidoro di Siviglia.

Secolo VIIIIn Oriente imperversa la lotta contro le icone, difese da Germano di Costantinopoli e da Giovanni di Damasco. Il II concilio di Nicea (787) d loro ragione. In Occidente in atto un rinascimento culturale e letterario nell'ambiente anglosassone, rappresentato da Beda il Venerabile. Esso sta alla radice della rinascita carolingia, sia letteraria che artistica, stimolata dall'attivit di Alcuino di York.

Secolo IX il secolo dei due umanesimi e delle due rinascite letterarie e artistiche dell'alto medioevo: carolingio in Occidente, perch legato alla persona e all'ambiente di Carlo Magno; foziano in Oriente, perch in rapporto con Fozio, patriarca di Costantinopoli. Gli autori principali sono, da una parte, Rabano Mauro e Giovanni Scoto Eriugena; dall'altra, Teodoro di Studio e lo stesso Fozio. L'attivit dei missionari Cirillo e Metodio pone le basi della cultura slava; quella di Alfredo il Grande avvia le espressioni pi antiche della cultura anglosassone.

Secolo XIn Occidente il secolo della cosiddetta rinascita ottomana, perch collegata all'attivit politica, culturale e artistica degli imperatori Ottone I, II e III. I personaggi principali sono Liutprando di Cremona, Raterio di Verona, Gerberto di Aurillac (diventato poi papa Silvestro II). Si convertono la Prussia, l'Ungheria, la Polonia. Gli imperatori bizantini sottomettono la Bulgaria e stimolano la conversione della Russia. Un po' dovunque appaiono i primi documenti in lingua volgare.

Secolo XIIn Oriente, con Simeone il Nuovo Teologo, e in Occidente, con Pier Damiani (poi con Bernardo di Clairvaux), monaci, mistici e riformatori, arriva a compimento l'epoca della mentalit patristica, mentre si fanno avanti i precursori della scolastica Anselmo d'Aosta e Pietro Abelardo. Intanto, le nuove culture, letterature e arti nazionali vanno emergendo dalle rovine del mondo feudale.

La lingua dei Padri

Fino a quasi tutto il sec. II la lingua dei Padri fu il greco. Ci non fa meraviglia, se si pensa che il cristianesimo reclut i suoi primi seguaci fra elementi di origine prevalentemente orientale. Il greco inoltre era in quel tempo la lingua internazionale per eccellenza, compresa non solo in Oriente, ma ancora in tutte le regioni bagnate dal Mediterraneo, almeno per quanto riguarda il ceto colto. Era del resto la lingua che, per l'alto grado del suo sviluppo, meglio si prestava ad esprimere la ricchezza del pensiero cristiano.I pi recenti studi sulla lingua di Cipriano, Ambrogio, Girolamo, Agostino e altri hanno dimostrato che i Padri non hanno scritto in maniera indegna dei migliori rappresentanti della latinit classica, pur avendo fatto uso di termini e costruzioni inedite.

Perch si studiano i Padri?

Di queste figure di scrittori e pensatori si occupano due scienze importanti, che comunemente sogliono considerarsi come distinte: la patrologia, che studia il momento storico letterario dei Padri, cio direttamente gli scritti e, in relazione ad essi, la vita dei singoli autori; la patristica, che riguarda l'aspetto dottrinale, e si considera come l'esposizione sistematica delle prove dedotte dagli scritti patristici in dimostrazione dei dogma.Inoltre i Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione, essi ci hanno tramandato un metodo teologico luminoso e sicuro e sono testimoni di una ricchezza culturale, spirituale e pastorale.

1) I Padri sono testimoni privilegiati della TradizioneLa Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Dei Verbum illustra il posto della Tradizione nella vita ecclesiale e il suo rapporto con la Bibbia:La rivelazione apostolica, espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine dei tempi Ci che fu trasmesso agli apostoli, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all'incremento della fede del popolo di Dio, e cos la Chiesa - nella sua vita, nella sua dottrina e nel suo culto - perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ci che essa , tutto ci che essa crede.Questa tradizione, che trae origine dagli apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l'assistenza dello Spirito Santo. Infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, sia con la profonda intelligenza delle realt spirituali che essi sperimentano, sia con la predicazione di coloro che - con la successione episcopale - hanno ricevuto un carisma certo di verit Le asserzioni dei santi padri attestano la vivificante presenza di questa tradizione le cui ricchezze sono trasfuse nella prassi e nella vita della chiesa credente e orante. La stessa tradizione fa conoscere alla chiesa il canone integrale dei libri sacri, e in essa le stesse sacre lettere sono pi profondamente comprese e continuamente messe in pratica. (8).La sacra tradizione e la sacra scrittura sono dunque tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Poich ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra scrittura parola di Dio in quanto messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo; la sacra tradizione trasmette integralmente la parola di Dio - affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli - ai successori di questi ultimi perch la conservino fedelmente, la espongano e la diffondano. Per questo la Chiesa attinge la sua certezza circa le cose rivelate non dalla sola Scrittura. E quindi l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari piet e rispetto (9).

- Testimoni privilegiati della Tradizione: i Padri hanno insegnato alla chiesa ci che hanno imparato nella chiesa, secondo quanto espresso nel documento della Congregazione per lEducazione Cattolica Lo studio dei Padri della chiesa nella formazione sacerdotale, 1989, nn.17-47."Essi sono pi vicini alla freschezza delle origini; alcuni di loro sono stati testimoni della Tradizione apostolica, fonte da cui la Tradizione stessa trae origine; specialmente quelli dei primi secoli possono considerarsi autori ed esponenti di una tradizione 'costitutiva', della quale nei tempi posteriori si avr la conservazione e la continua esplicazione." (n.19)"La Tradizione di cui i padri sono testimoni, una Tradizione viva, che dimostra l'unit nella variet e la continuit nel progresso. Ci si vede nella pluralit delle famiglie liturgiche, di tradizioni spirituali, disciplinari ed esegetico-teologiche esistenti nei primi secoli (ad es. Le scuole di Alessandria e di Antiochia); tradizioni diverse ma unite e radicate nel fermo e immutabile fondamento comune della fede(n.21).

La Tradizione, dunque qual stata conosciuta e vissuta dai Padri non come un masso monolitico, immobile e sclerotizzato, ma come un organismo pluriforme e pulsante di vita. E' una prassi di vita e di dottrina che conosce, da una parte, anche incertezze, tensioni, ricerche fatte a tentoni, e dall'altra decisioni tempestive e coraggiose, rivelatesi di grande originalit e di importanza decisiva. Seguire la Tradizione viva dei Padri non significa aggrapparsi al passato come tale, ma aderire con senso di sicurezza e libert di slancio alla linea della fede mantenendo un orientamento costante verso il fondamento: ci che essenziale, ci che dura e non cambia. Si tratta di una fedelt assoluta, in tanti casi portata e provata usque ad sanguinis effusionem, verso il dogma e quei principi morali e disciplinari che dimostrano la loro funzione insostituibile e la loro fecondit proprio nei momenti in cui si stanno facendo strada cose nuove. Riassumendo, in questa tradizione viva i Padri della Chiesa occupano un posto peculiare:a) Pi o meno vicini alla freschezza delle origini, sono depositari di una tradizione costitutiva della quale in tempi successivi si avr la conservazione e l'esplicazione (sviluppo del dogma).b) Il periodo dei Padri il periodo di importanti "primizie" della vita ecclesiale, in molteplici ambiti, quali la definizione del canone biblico; la precisazione del depositum fidei; le basi della disciplina canonica; le prime forme di liturgia, linizio della teologia come scienza.c) I Padri sono testimoni e garanti di una tradizione autenticamente cattolica.

2) I Padri ci hanno tramandato un metodo teologico luminoso e sicuro:Continua il documento della Congregazione per leducazione cattolica: "Il delicato processo di innesto del cristianesimo nel mondo della cultura antica, e la necessit di definire i contenuti del mistero cristiano nei confronti della cultura pagana e delle eresie, stimolarono i padri ad approfondire e ad illustrare razionalmente la fede con l'aiuto delle categorie di pensiero meglio elaborate nelle filosofie del loro tempo, specialmente nella raffinata filosofia ellenistica. Uno dei loro compiti storici pi importanti fu di dare vita alla scienza teologica, e di stabilire al suo servizio alcune coordinate norme di procedimento rivelatesi valevoli e fruttuose anche per i secoli futuri..." (n.25)

3) Il metodo teologico dei Padri fondato su:a) il ricorso continuo alla Scrittura e il senso della Tradizione: "La teologia nata dall'attivit esegetica dei Padri, in medio Ecclesiae, e specialmente nelle assemblee liturgiche, a contatto con le necessit spirituali del popolo di Dio. Quella esegesi, nella quale la vita spirituale si fonde con la riflessione razionale teologica, mira sempre all'essenziale pur nella fedelt a tutto il sacro deposito della fede. Essa incentrata interamente nel mistero di Cristo, al quale riporta tutte le verit particolari in una mirabile sintesi. Anzich disperdersi in numerose problematiche marginali, i padri cercano di abbracciare la totalit del mistero cristiano, seguendo il movimento fondamentale della rivelazione e dell'economia della salvezza, che va da Dio, attraverso il Cristo, alla chiesa, sacramento dell'unione con Dio e dispensatrice della grazia divina, per ritornare a Dio" (n.27)

b) la consapevolezza dell'originalit cristiana pur nel riconoscimento delle verit contenute nella cultura pagana: opera di incontro tra originalit cristiana e culture (inculturazione cristiana): approfondimento continuo del contenuto della Rivelazione: "(I Padri) sono diventati l'esempio di un incontro fecondo tra fede e cultura, tra fede e ragione, rimanendo una guida per la chiesa di tutti i tempi, impegnata a predicare il vangelo a uomini di culture tanto diverse e ad operare in mezzo ad esse. Come si vede, grazie a tali atteggiamenti dei padri, la chiesa si rivela sin dai suoi inizi 'per sua natura missionaria', anche a livello del pensiero e della cultura, e perci il concilio Vaticano II prescrive che 'tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione'." (n.32)

c) la difesa della fede come bene supremo e l'approfondimento continuo del contenuto della rivelazione. Difesa della fede (apologia/difesa dagli eretici) ma anche ripensamento della fede nel contesto culturale greco romano = progresso dogmatico: "All'interno della chiesa, l'incontro della ragione con la fede ha dato occasione a molte e lunghe controversie che hanno interessato i grandi temi del dogma trinitario, cristologico, antropologico, escatologico. In tali occasioni i Padri, nel difendere le verit che toccano la stessa essenza della fede, furono gli autori di un grande avanzamento nell'intelligenza dei contenuti dogmatici, rendendo un valido servizio al progresso della teologia".(n.33)"Il progresso dogmatico, che stato realizzato dai padri non come progetto astrattopuramente intellettuale, ma il pi delle volte nelle omelie, in mezzo alle attivit liturgiche e pastorali, costituisce un ottimo esempio di rinnovamento nella continuit della Tradizione. " (n.35)

d) il senso del mistero e l'esperienza del divino"Nei loro atteggiamenti di teologi e di pastori si manifestava in grado altissimo il senso profondo del mistero e l'esperienza del divino, che li proteggeva contro le tentazioni sia del razionalismo troppo spinto sia di un fideismo piatto e rassegnato" (n.37)"Nel loro modo di esprimersi spesso percepibile il saporoso accento dei mistici, che lascia trasparire una grande familiarit con Dio, un'esperienza vissuta del mistero di Cristo e della chiesa e un contatto costante con tutte le genuine fonti della vita teologale considerato da essi come situazione fondamentale della vita cristiana. Si pu dire che nella linea dell'agostiniano 'intellectum valde ama' (S. Ag., Ep 120,3,13) i padri certamente apprezzano l'utilit della speculazione, ma sanno che essa non basta. Nello stesso sforzo intellettuale per capire la propria fede, essi praticano l'amore, che rendendo amico il conoscente al conosciuto (Clem. Al., Strom. 2,9), diventa per la sua stessa natura fonte di nuova intelligenza. Infatti 'nessun bene perfettamente conosciuto se non perfettamente amato' (S. Ag., De div quaest 83, q.35,2)." (n.40)

4) i Padri sono testimoni di una ricchezza:

* culturale: per la capacit di far incontrare vangelo e cultura, imprimendo il sigillo cristiano;

* spirituale: La ricchezza e novit degli spunti teologici, morali, spirituali, ecc... un prezioso fattore di irrobustimento per la vita spirituale del cristiano di ogni tempo.

Non a caso la Liturgia delle ore prevede una lettura patristica per l'ufficio delle letture."Molti dei Padri erano dei 'convertiti': il senso della novit della vita cristiana si univa in essi alla certezza della fede. Da ci si sprigionava nelle comunit cristiane del loro tempo una 'vitalit esplosiva', un fervore missionario, un clima di amore che ispirava le anime all'eroismo della vita quotidiana personale e sociale, specialmente con la pratica delle opere di misericordia, elemosina, cura degli infermi, delle vedove, degli orfani, stima della donna e di ogni persona umana, educazione dei figli, rispetto della vita nascente, fedelt coniugale, rispetto e generosit nel trattamento degli schiavi, libert e responsabilit di fronte ai poteri pubblici, difesa e sostegno dei poveri e degli oppressi, e con tutte le forme di testimonianza evangelica richieste dalle circostanze di luogo e di tempo, spinta talvolta fino al sacrificio supremo del martirio." (n.44)

* pastorale: Le opere dei Padri nascono quasi sempre da un interesse pastorale, e quindi ci fanno conoscere sia le situazioni e i problemi delle chiese, sia i criteri seguiti dai pastori nella loro conduzione: "Un'altra ragione del fascino e dell'interesse delle opere dei padri che esse sono nettamente pastorali: composte cio per scopi di apostolato. I loro scritti sono o catechesi e omelie, o confutazioni di eresie, o risposte a consultazioni, o esortazioni spirituali o manuali destinati all'istruzione dei fedeli. Da ci si vede come i padri si sentivano coinvolti nei problemi pastorali dei loro tempi..." (n.45)"Tutto nella loro azione pastorale e nel loro insegnamento ricondotto alla carit e la carit a Cristo, via universale di salvezza. Essi tutto riferiscono a Cristo, ricapitolazione di tutte le cose (Ireneo), deificatore degli uomini (Atanasio), fondatore e re della citt di Dio, che la societ degli eletti (Agostino). Nella loro prospettiva storica, teologica ed escatologica, la chiesa il Christus totus, che 'corre e, correndo compie il suo pellegrinaggio, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, dal tempo di Abele, il primo giusto ucciso dall'empio fratello, fino alla consumazione dei secoli' (S. Ag., De Civ.Dei 18,51,2; cfr LG 2)" (n.46)

Alcuni Padri della Chiesa, e non solo, hanno ricevuto il titolo di Dottore della Chiesa: esso il titolo che la Chiesa cattolica attribuisce a personalit religiose che hanno mostrato nella loro vita e nelle loro opere particolari doti di illuminazione della dottrina cattolica sia per fedelt sia per divulgazione o per riflessione teologica.Questo titolo concesso o dal Papa stesso o da un Concilio. Si tratta di un riconoscimento attribuito eccezionalmente (attualmente si contano 33 persone che coprono circa duemila anni di storia della chiesa ca. nel 1980) ed dato solo postumo e dopo un opportuno e preventivo processo di canonizzazione.

Padri del deserto

Col nome di Padri del deserto si indicano quei monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, abbandonarono le citt per vivere in solitudine nei deserti d'Egitto, di Palestina, di Siria. Sono padri spirituali del Cristianesimo. Oggi piuttosto dimenticati. Uomini che si facevano chiamare monaci e che fin dalle origini della fede si allontanavano dai centri urbani per rifugiarsi in luoghi isolati e periferici, dove poter rivivere gli ideali evangelici delle prime comunit cristiane. Una delle figure pi emblematiche dei Padri del Deserto, Antonio, fondatore del monachesimo cristiano, che visse tra il 251 e il 356. A parte due viaggi ad Alessandria, del 311 e 335, trascorse la sua vita in isolamento nelle regioni desertiche dell'Egitto, comprese tra il Nilo e il Mar Rosso, su un monte dal quale si poteva vedere il Sinai.

I Padri Apostolici

Sono detti Padri apostolici gli scrittori cristiani del I secolo e dellinizio del II, il cui insegnamento quasi leco diretta della predicazione degli apostoli (sia che li abbiano conosciuti personalmente, sia che abbiano ascoltato i loro discepoli). Con questa denominazione Padri apostolici si soliti raggruppare questi scrittori: Barnaba, Clemente Romano, Ignazio dAntiochia, Policarpo di Smirne, Erma, Ppia di Gerapoli, lautore della Lettera a Diogneto, la Didach. Gli scritti dei Padri apostolici hanno un carattere pastorale, il loro contenuto, come lo stile, li accosta ai libri del Nuovo Testamento, specialmente alle epistole. Sono opere di congiunzione tra lepoca della rivelazione e quella della tradizione, appartengono a regioni diverse dellImpero romano: Asia minore, Siria, Roma. Sono scritti dettati da circostanze particolari, anche se possiamo rilevare tratti comuni di pensiero: il carattere escatologico e lattesa per la imminente venuta di Cristo (parusia); il ricordo ancora vivo della persona di Cristo, una dottrina cristologia uniforme intorno al concetto di logos.

Clemente Romano

Dalla Lettera ai Corinti di Clemente Romano

il primo testo di quella che sar la grande Letteratura Cristiana, scritto intorno al 97 dal Vescovo di Roma. Il motivo della Lettera dettato da un episodio accaduto nella comunit di Corinto, fervente e generosa, ma sempre inquieta. Accadde che alcuni giovani ribelli avevano deposto gli anziani di quella comunit. Lintervento del Vescovo di Roma sta a significare del prestigio che godeva la chiesa di Roma. Nello specifico Clemente prende liniziativa e, consapevole di adempiere ad un suo dovere, parla con autorit, esige lobbedienza e minaccia i disobbedienti.

La grande preghiera

LIX, 1. Quelli che disubbidiscono alle parole di Dio, ripetute per mezzo nostro, sappiano che incorrono in una colpa e in un pericolo non lievi. 2. Noi saremo innocenti di questo peccato e chiederemo, con preghiera assidua e supplica, che il creatore dell'universo conservi intatto il numero dei suoi eletti che si conta in tutto il mondo per mezzo dell'amatissimo suo figlio Ges Cristo Signore nostro, col quale ci chiam dalle tenebre alla luce, dall'ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso, 3. a sperare nel tuo nome, principio di ogni creatura: Tu apristi gli occhi del nostro cuore perch conoscessimo te, il solo altissimo nell'altissimo dei cieli, il santo che riposi tra i santi, che umilii la violenza dei superbi, che sciogli i disegni dei popoli, che esalti gli umili e abbassi i superbi. [] 4. Ti preghiamo, Signore, sii il nostro soccorso e sostegno. Salva i nostri che sono in tribolazione, rialza i caduti, mostrati ai bisognosi, guarisci gli infermi, riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati, sazia gli affamati, libera i nostri prigionieri, solleva i deboli, consola i vili. Conoscano tutte le genti che tu sei l'unico Dio e che Ges Cristo tuo figlio e "noi tuo popolo e pecore del tuo pascolo".LX, 1. [] 3. S, o Signore, fa' splendere il tuo volto su di noi per il bene, nella pace, per proteggerci con la tua mano potente e scamparci da ogni peccato col tuo braccio altissimo, e salvarci da coloro che ci odiano ingiustamente. 4. Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verit; rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virt e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra.LXI, 1. Tu, Signore, desti loro il potere della regalit per la tua magnifica e ineffabile forza, perch noi, conoscendo la gloria e l'onore loro dati, ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volont. Dona ad essi, Signore, sanit, pace, concordia e costanza, per esercitare al sicuro la sovranit data da te. 2. Tu, Signore, re celeste dei secoli, concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere, secondo ci che buono e gradito alla tua presenza, per esercitare con piet, nella pace e nella dolcezza, il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso. 3. Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri pi grandi per noi, ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Ges Cristo, per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli.Amen.

Clemente uno dei primissimi anelli: lelenco dei vescovi di Roma, dopo Pietro pone Lino, Cleto o Anacleto e, subito dopo, Clemente. La fede cristiana ci raggiunge insomma tramite la Tradizione apostolica nella quale ognuno ridona tutto quello che ha ricevuto dalle generazioni precedenti a quelle generazioni successive. Dentro questa Tradizione nella quale si trasmette vitalmente lopera di Cristo, noi abbiamo la prima generazione, poi gli Evangelisti, poi Clemente, poi Ignazio, gli apologisti, fino ad arrivare a noi, tramite una serie di anelli tutti collegati tra loro.La storia di Cristo, Clemente, da solo non avrebbe mai potuto inventarla; serviva invece un altro che gliela trasmettesse, senza nulla togliere poi allappropriazione personale. Fino a che tu non incontri una generazione, una comunit, un sacerdote, un pap, un amico, un collega che ti dona la fede cristiana, tu non puoi averla. Limpossibilit di giungere alla fede da soli semplicemente il segno che la fede non unidea, non un pensiero, non una elaborazione filosofica alla quale si potrebbe giungere indipendentemente dalla storia che nasce dal Cristo. Nessuno si inventa questa storia, bens tutti sono chiamati a riconoscersi in quella realt che gi pre-esiste.Questi autori, come Clemente ed Ignazio, si chiamano Padri della Chiesa, proprio perch noi riceviamo la fede da loro che lhanno trasmessa, come avviene per la vita, alle generazioni successive. In particolare Clemente ed Ignazio appartengono a quel gruppo di autori cristiani che detto dei Padri Apostolici; essi sono autori di scritti cos antichi, da essere quasi contemporanei agli scritti degli apostoli, agli scritti neotestamentari. La lettera di Clemente potrebbe essere stata scritta prima degli ultimi scritti neotestamentari. Alcuni dei Padri Apostolici hanno vissuto mentre qualcuno degli Apostoli era ancora in vita.La data che oggi ci interessa per inquadrare gli avvenimenti inerenti a Clemente quella del 95 d.C. In quellanno si verifica una seconda grande persecuzione dei cristiani ad opera dellimperatore Domiziano (fu imperatore dall81 al 96 d.C.), dopo quella avvenuta nel 64 sotto Nerone. Ne siamo certi perch tanti testi ne parlano. LApocalisse parla di questa persecuzione, a causa della quale Giovanni si trova a Patmos, mi trovavo nellisola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Ges, Ap 1,9; la maggior parte degli studiosi collegano ormai lApocalisse con il periodo di Domiziano, ma ne parlano anche la I lettera di Clemente, il Pastore di Erma, Melitone, Egesippo e Tertulliano.Riguardo alla sua vita, la testimonianza pi importante quella di Ireneo, vescovo di Lione fino al 202. Egli attesta che Clemente aveva visto gli Apostoli, si era incontrato con loro, e aveva ancora nelle orecchie la loro predicazione, e davanti agli occhi la loro tradizione (Adv. haer. 3,3,3). Testimonianze tardive, fra il quarto e il sesto secolo, attribuiscono a Clemente il titolo di martire.L'autorit e il prestigio di questo vescovo di Roma erano tali, che a lui furono attribuiti diversi scritti, ma l'unica sua opera sicura la Lettera ai Corinti. Eusebio di Cesarea, il grande archivista delle origini cristiane, la presenta in questi termini: E tramandata una lettera di Clemente riconosciuta autentica, grande e mirabile. Fu scritta da lui, da parte della Chiesa di Roma, alla Chiesa di Corinto... Sappiamo che da molto tempo, e ancora ai nostri giorni, essa letta pubblicamente durante la riunione dei fedeli (Hist. Eccl. 3,16). A questa lettera era attribuito un carattere quasi canonico. All'inizio di questo testo scritto in greco Clemente si rammarica che le improvvise avversit, capitate una dopo l'altra (1,1), gli abbiano impedito un intervento pi tempestivo; essa ci permette di avere una testimonianza di prima mano sulla situazione della comunit cristiana di Roma in quegli anni.La lettera parla di un periodo difficile che ha impedito allautore di scrivere a Corinto, dopo il quale tornata la pace. Quindi la lettera di Clemente scritta subito dopo questa persecuzione di Domiziano (81-96), al tempo dellimperatore che gli succedette, Nerva (fu imperatore dal 96 al 98 d.C.).La lettera ai Corinzi il documento su cui ci fermeremo per conoscere la figura di Clemente Romano; un testo sicuramente storico, mentre, come vedremo, i dati sul suo martirio sono storicamente molto pi incerti. Clemente, il quarto nelle liste dei vescovi di Roma dopo Pietro, Lino, Cleto, scrive questa lettera non in prima persona, ma sempre in una forma comunitaria. Lo si direbbe dicono gli studiosi- circondato da un collegio di presbiteri che, con lui, governano la comunit.Il motivo della lettera una lite che si verificata a Corinto; la comunit romana si sente chiamata ad intervenire tramite questo scritto del suo vescovo Clemente. La lettera vuole richiamare questa comunit cristiana della Grecia allunit, spiegando che vergognosissimo che allinterno della comunit ci siano divisioni, ci siano scismi.La penosa vicenda ricordata, ancora una volta, da Ireneo di Lione, che scrive: Sotto Clemente, essendo sorto un contrasto non piccolo tra i fratelli di Corinto, la Chiesa di Roma invi ai Corinti una lettera importantissima per riconciliarli nella pace, rinnovare la loro fede e annunciare la tradizione, che da poco tempo essa aveva ricevuto dagli Apostoli (Adv. haer. 3,3,3).Molti pensano erroneamente che la chiesa antica fosse uno splendore e rifiutano la chiesa presente, in nome di una presunta purezza di quella delle origini. Invece, la chiesa fin dalle origini mostra di avere gli stessi problemi che la attraverseranno nei secoli.Anche la teologia espressa dalla Lettera di Clemente molto interessante: nel parlare di Dio si trovano in Clemente sia delle chiare affermazioni binarie che parlano della divinit del Padre e del Figlio -il Padre il Creatore, il Figlio il Kyrios- ma anche delle formulazioni trinitarie. Pian piano si chiarisce il dogma perch gi dallinizio, a differenza di tutte le religioni pagane, la Chiesa deve definire quello che crede. evidente gi in questa lettera che il cristianesimo sente lesigenza di una continua chiarificazione dottrinale, cosa che non era necessaria nel paganesimo. Proprio la rivelazione di Dio in Cristo fa nascere lesigenza di voler capire in chi si crede.La lettera di Clemente riprende temi cari a Paolo, che aveva scritto due grandi lettere ai Corinti, in particolare la dialettica teologica, perennemente attuale, tra indicativo della salvezza e imperativo dellimpegno morale. Prima di tutto c' il lieto annuncio della grazia che salva. Il Signore ci previene e ci dona il perdono, ci dona il suo amore, la grazia di essere cristiani, suoi fratelli e sorelle. un annuncio che riempie di gioia la nostra vita e d sicurezza al nostro agire: il Signore ci previene sempre con la sua bont e la bont del Signore sempre pi grande di tutti i nostri peccati. Occorre per che ci impegniamo in maniera coerente con il dono ricevuto e rispondiamo all'annuncio della salvezza con un cammino generoso e coraggioso di conversione. Rispetto al modello paolino, la novit che Clemente fa seguire alla parte dottrinale e alla parte pratica, che erano costitutive di tutte le lettere paoline, una grande preghiera che praticamente conclude la lettera. L'occasione immediata della lettera schiude al Vescovo di Roma la possibilit di un ampio intervento sull'identit della Chiesa e sulla sua missione. Se a Corinto ci sono stati degli abusi, osserva Clemente, il motivo va ricercato nell'affievolimento della carit e di altre virt cristiane indispensabili. Per questo egli richiama i fedeli all'umilt e all'amore fraterno, due virt veramente costitutive dellessere nella Chiesa: Siamo una porzione santa, ammonisce, compiamo dunque tutto quello che la santit esige (30,1).In particolare, il Vescovo di Roma ricorda che il Signore stesso ha stabilito dove e da chi vuole che i servizi liturgici siano compiuti, affinch ogni cosa, fatta santamente e con il suo beneplacito, riesca bene accetta alla sua volont... Al sommo sacerdote infatti sono state affidate funzioni liturgiche a lui proprie, ai sacerdoti stato preordinato il posto loro proprio, ai leviti spettano dei servizi propri. L'uomo laico legato agli ordinamenti laici (40,1-5: si noti che qui, in questa lettera della fine del I secolo, per la prima volta nella letteratura cristiana, compare il termine greco laikoj laiks, che significa membro del laos, cio del popolo di Dio).In questo modo, riferendosi alla liturgia dell'antico Israele, Clemente svela il suo ideale di Chiesa. Essa radunata dallunico Spirito di grazia effuso su di noi, che spira nelle diverse membra del Corpo di Cristo, nel quale tutti, uniti senza alcuna separazione, sono membra gli uni degli altri (46,6-7). La netta distinzione tra il laico e la gerarchia non significa per nulla una contrapposizione, ma soltanto questa connessione organica di un corpo, di un organismo, con le diverse funzioni. La Chiesa infatti non luogo di confusione e di anarchia, dove uno pu fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta.Riguardo ai capi delle comunit, Clemente esplicita chiaramente la dottrina della successione apostolica. Le norme che la regolano derivano in ultima analisi da Dio stesso. Il Padre ha inviato Ges Cristo, il quale a sua volta ha mandato gli Apostoli. Essi poi hanno mandato i primi capi delle comunit, e hanno stabilito che ad essi succedessero altri uomini degni. Tutto dunque procede ordinatamente dalla volont di Dio (42). San Clemente sottolinea ancora che la Chiesa ha una struttura sacramentale e non una struttura politica. Lagire di Dio che viene incontro a noi nella liturgia precede le nostre decisioni e le nostre idee. La Chiesa soprattutto dono di Dio e non creatura nostra, e perci questa struttura sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono di Dio, del quale abbiamo tutti bisogno. Finalmente, la grande preghiera conferisce un respiro cosmico alle argomentazioni precedenti. Clemente loda e ringrazia Dio per la sua meravigliosa provvidenza d'amore, che ha creato il mondo e continua a salvarlo e a santificarlo.Infine in Clemente troviamo la preghiera per le autorit dello stato, nonostante che il potere politico, per la seconda volta, avesse perseguitato i cristiani. Il Papa, ad un anno dalla fine della persecuzione di Domiziano, invece di esortare ad odiare limperatore e a combatterlo chiede di pregare per lui, perch si possa obbedirgli senza opporsi alla volont di Dio.Tu, Signore, desti loro il potere della regalit per la tua magnifica e ineffabile forza, perch noi, conoscendo la gloria e l'onore loro dati, ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volont (LXI, 1). una straordinaria manifestazione del fatto che i cristiani di allora volevano essere dentro lo stato, non essere un corpo estraneo ad esso, purch questo non richiedesse loro di compiere qualcosa che fosse contro la carit e la verit. Clemente Romano, mor a Roma nel 100-101 dC durante la persecuzione di Traiano. Cos, all'indomani della persecuzione, i cristiani, ben sapendo che sarebbero continuate le persecuzioni, non cessarono di pregare per quelle stesse autorit che li avevano condannati ingiustamente. Il motivo anzitutto di ordine cristologico: bisogna pregare per i persecutori, come fece Ges sulla croce. Ma questa preghiera contiene anche un insegnamento che guida, lungo i secoli, l'atteggiamento dei cristiani dinanzi alla politica e allo Stato. Pregando per le autorit, Clemente riconosce la legittimit delle istituzioni politiche nell'ordine stabilito da Dio; nello stesso tempo, egli manifesta la preoccupazione che le autorit siano docili a Dio e esercitino il potere che Dio ha dato loro nella pace e la mansuetudine con piet (61,2). Cesare non tutto. Emerge un'altra sovranit, la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma di lass: quella della Verit, che vanta anche nei confronti dello Stato il diritto di essere ascoltata.Con lo stesso Spirito facciamo nostre le invocazioni della grande preghiera, l dove il Vescovo di Roma si fa voce del mondo intero: S, o Signore, fa' risplendere su di noi il tuo volto nel bene della pace; proteggici con la tua mano potente... Noi ti rendiamo grazie, attraverso il sommo Sacerdote e guida delle anime nostre, Ges Cristo, per mezzo del quale a te la gloria e la lode, adesso, e di generazione in generazione, e nei secoli dei secoli. Amen (60-61).

(Benedetto XVI 07/03/2007)

SCHEDA RIASSUNTIVA(Martirio di S. Clemente)CLEMENTE ROMANOPadre ApostolicoDati anagrafici: ? / 101Causa morte:Martirio (pare gettato, legato ad unancora, nel Mar Nero)Biografia essenziale: si hanno scarne notizie. il 3 Papa in ordine di successione dopo S. PietroScritti/Opere: Lettera ai CorintiCommento: La Lettera ha una specifica importanza sia dal punto di vista disciplinare sia dal punto di vista dottrinale. In essa risulta in modo luminoso il primato della Chiesa di Roma.

Ignazio d'Antiochia

Dalla Lettera agli Efesini di santIgnazio di Antiochia, vescovo e martire Con Ignazio appare per la prima volta chiaramente quella struttura della chiesa locale che diverr poi tradizionale, con il ministero del Vescovo, maestro, guida e centro di unit della comunit cristiana e con i ministeri dei presbiteri e dei diaconi. Il Vescovo consapevole di essere discepolo di Cristo e di parlare ai cristiani come ai condiscepoli; tutti si esortano e si edificano vicendevolmente nella fede e nella carit e trovano lunit in Ges Cristo, unico fondamento della Chiesa, segno di questa unit per i fedeli la concordia e larmonia con il vescovo[footnoteRef:4]. [4: Pier Franco BEATRICE, Introduzione ai Padri della Chiesa, ISG-ELLEDICI, 2009, 32.]

La perfetta armonia frutto della concordia vostro dovere rendere gloria in tutto a Ges Cristo, che vi ha glorificati; cos uniti in ununica obbedienza, sottomessi al vescovo e al collegio dei presbiteri, conseguirete una perfetta santit.Non vi do ordini, come se fossi un personaggio importante. Sono incatenato per il suo nome, ma non sono ancora perfetto in Ges Cristo. Appena ora incomincio ad essere un suo discepolo e parlo a voi come a miei condiscepoli. Avevo proprio bisogno di essere preparato alla lotta da voi, dalla vostra fede, dalle vostre esortazioni, dalla vostra pazienza e mansuetudine. Ma, poich la carit non mi permette di tacere con voi, vi ho prevenuti esortandovi a camminare insieme secondo la volont di Dio. Ges Cristo, nostra vita inseparabile, opera secondo la volont del Padre, come i vescovi, costituiti in tutti i luoghi, sino ai confini della terra, agiscono secondo la volont di Ges Cristo.Perci procurate di operare in perfetta armonia con il volere del vostro vescovo, come gi fate. Infatti il vostro venerabile collegio dei presbteri, degno di Dio, cos armonicamente unito al vescovo, come le corde alla cetra. In tal modo nellaccordo dei vostri sentimenti e nella perfetta armonia del vostro amore fraterno, sinnalzer un concerto di lodi a Ges Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro. Nellarmonia della concordia e allunisono con il tono di Dio per mezzo di Ges Cristo, ad una voce inneggiate al Padre, ed egli vi ascolter e vi riconoscer, dalle vostre buone opere, membra del Figlio suo. Rimanete in ununit irreprensibile, per essere sempre partecipi di Dio.Se io in poco tempo ho contratto con il vostro vescovo una cos intima familiarit, che non umana, ma spirituale, quanto pi dovr stimare felici voi che siete a lui strettamente congiunti come la Chiesa a Ges Cristo e come Ges Cristo al Padre nellarmonia di una totale unit! Nessuno singanni: chi non allinterno del santuario, resta privo del pane di Dio. E se la preghiera fatta da due persone insieme ha tanta efficacia, quanto pi non ne avr quella del vescovo e di tutta la Chiesa?(Capp. 2, 2 5, 2)

Sant'Ignazio fu il terzo Vescovo di Antiochia, in Siria, cio della terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d'Egitto. Lo stesso San Pietro era stato primo Vescovo di Antiochia, e Ignazio fu suo degno successore: un pilastro della Chiesa primitiva cos come Antiochia era uno dei pilastri del mondo antico. Qui, in Antiochia, come sappiamo dagli Atti degli Apostoli, sorse una comunit cristiana fiorente: primo vescovo ne fu l'apostolo Pietro cos ci dice la tradizione -, e l per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani (At 11,26).Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, e che anzi si convertisse assai tardi. Ci non toglie che egli sia stato uomo d'ingegno acutissimo e pastore ardente di zelo. I suoi discepoli dicevano di lui che era " di fuoco ", e non soltanto per il nome, dato che ignis in latino vuol dire fuoco.Mentre era Vescovo ad Antiochia, l'Imperatore Traiano (98-117) dette inizio alla sua persecuzione, che priv la Chiesa degli uomini pi in alto nella scala gerarchica e pi chiari nella fama e nella santit. Arrestato e condannato ad bestias, Ignazio fu condotto, in catene, con un lunghissimo e penoso viaggio, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell'Imperatore vittorioso nella Dacia e i Martiri cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati e divorati dalle belve.Durante il suo viaggio, da Antiochia a Roma, il Vescovo Ignazio scrisse sette lettere, che sono considerate non inferiori a quelle di San Paolo: ardenti di misticismo come quelle sono sfolgoranti di carit. In queste lettere, il Vescovo avviato alla morte raccomandava ai fedeli di fuggire il peccato; di guardarsi dagli errori degli Gnostici; soprattutto di mantenere l'unit della Chiesa.Di Ignazio possiamo sottolineare solo qualche aspetto importante, in particolare dalla lettera che egli rivolse ai Romani. In questa lettera egli chiede ai cristiani di Roma, che probabilmente sono gi vicini alla casa imperiale, di non difenderlo, di non salvarlo dalla condanna a morte, di lasciarlo morire perch possa dare lestrema testimonianza a Cristo.Eusebio di Cesarea, storico del IV secolo, dedica un intero capitolo della sua Storia Ecclesiastica alla vita e all'opera letteraria di Ignazio (3,36). Dalla Siria, egli scrive, Ignazio fu mandato a Roma per essere gettato in pasto alle belve, a causa della testimonianza da lui resa a Cristo. Compiendo il suo viaggio attraverso l'Asia, sotto la custodia severa delle guardie (che lui chiama dieci leopardi nella sua Lettera ai Romani 5,1), nelle singole citt dove sostava, con prediche e ammonizioni, andava rinsaldando le Chiese; soprattutto esortava, col calore pi vivo, di guardarsi dalle eresie, che allora cominciavano a pullulare, e raccomandava di non staccarsi dalla tradizione apostolica.La prima tappa del viaggio di Ignazio verso il martirio fu la citt di Smirne, dove era vescovo Policarpo, discepolo dellevangelista Giovanni. Qui Ignazio scrisse quattro lettere, rispettivamente alle Chiese di Efeso, di Magnesia, di Tralli e di Roma. Partito da Smirne, prosegue Eusebio, Ignazio venne a Troade, e di l sped nuove lettere: due alle Chiese di Filadelfia e di Smirne, e una al vescovo Policarpo. Eusebio completa cos l'elenco delle lettere, che sono venute a noi dalla Chiesa del primo secolo come un prezioso tesoro. Leggendo questi testi si sente la freschezza della fede della generazione che ancora aveva conosciuto gli Apostoli. Si sente anche in queste lettere l'amore ardente di un santo. Finalmente da Troade il martire giunse a Roma, dove, nell'Anfiteatro Flavio, venne dato in pasto alle bestie feroci.Un tema che ricorre nellepistolario di Ignazio quello dellunit, cos come era centrale nella Lettera di Clemente.Se Ignazio si rivolge ai fedeli per chiedere loro di essere sempre uniti al vescovo per risuonare nellunit, allo stesso tempo si rivolge al vescovo chiedendogli di essere realmente tale, preoccupandosi di tutti, anche dei fedeli pi difficili. Come la Lettera di Clemente ci dice gi la coscienza che aveva la chiesa di Roma che si rivolgeva alla chiesa di Corinto per richiamarla allunit, cos anche nella lettera di Ignazio ai Romani troviamo unattestazione chiara del ruolo particolare che Roma aveva gi nel cristianesimo delle origini:Ignazio, Teoforo, a colei che ha ricevuto misericordia nella magnificenza del Padre altissimo e di Ges Cristo suo unico figlio, la Chiesa amata e illuminata nella volont di chi ha voluto tutte le cose che esistono, nella fede e nella carit di Ges Cristo Dio nostro, che presiede nella terra di Roma, degna di Dio, di venerazione, di lode, di successo, di candore, che presiede alla carit, che porta la legge di Cristo e il nome del Padre.Nessun Padre della Chiesa ha espresso con l'intensit di Ignazio lanelito all'unione con Cristo e alla vita in Lui. In realt, confluiscono in Ignazio due "correnti" spirituali: quella di Paolo, tutta tesa allunione con Cristo, e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui.A loro volta, queste due correnti sfociano nellimitazione di Cristo, pi volte proclamato da Ignazio come il mio o il nostro Dio. Cos Ignazio supplica i cristiani di Roma di non impedire il suo martirio, perch impaziente di congiungersi con Ges Cristo. E spiega: E' bello per me morire andando verso Ges Cristo, piuttosto che regnare sino ai confini della terra. Cerco lui, che morto per me, voglio lui, che risorto per noi... Lasciate che io sia imitatore della Passione del mio Dio! (Romani 5-6). Si pu cogliere in queste espressioni brucianti d'amore lo spiccato realismo cristologico tipico della Chiesa di Antiochia, pi che mai attento all'incarnazione del Figlio di Dio e alla sua vera e concreta umanit: Ges Cristo, scrive Ignazio agli Smirnesi, realmente dalla stirpe di Davide, realmente nato da una vergine", realmente fu inchiodato per noi (1,1).L'irresistibile tensione di Ignazio verso l'unione con Cristo fonda una vera e propria mistica dell'unit. Egli stesso si definisce un uomo al quale affidato il compito dell'unit (Filadelfiesi 8,1). Per Ignazio l'unit anzitutto una prerogativa di Dio, che esistendo in tre Persone Uno in assoluta unit. Egli ripete spesso che Dio unit, e che solo in Dio essa si trova allo stato puro e originario. L'unit da realizzare su questa terra da parte dei cristiani non altro che un'imitazione, il pi possibile conforme all'archtipo divino. In questo modo Ignazio giunge a elaborare una visione della Chiesa, che richiama da vicino alcune espressioni della Lettera ai Corinti di Clemente Romano. E' bene per voi, scrive per esempio ai cristiani di Efeso, "procedere insieme d'accordo col pensiero del vescovo, cosa che gi fate. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, giustamente famoso, degno di Dio, cos armonicamente unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Ges Cristo cantato. E cos voi, ad uno ad uno, diventate coro, affinch nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell'unit, cantiate a una sola voce (4,1-2). E dopo aver raccomandato agli Smirnesi di non intraprendere nulla di ci che riguarda la Chiesa senza il vescovo (8,1), confida a Policarpo: Io offro la mia vita per quelli che sono sottomessi al vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Possa io con loro avere parte con Dio. Lavorate insieme gli uni per gli altri, lottate insieme, correte insieme, soffrite insieme, dormite e vegliate insieme come amministratori di Dio, suoi assessori e servi. Cercate di piacere a Colui per il quale militate e dal quale ricevete la mercede. Nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro battesimo rimanga come uno scudo, la fede come un elmo, la carit come una lancia, la pazienza come un'armatura (6,1-2).Complessivamente si pu cogliere nelle Lettere di Ignazio una sorta di dialettica costante e feconda tra due aspetti caratteristici della vita cristiana: da una parte la struttura gerarchica della comunit ecclesiale, e dallaltra l'unit fondamentale che lega fra loro tutti i fedeli in Cristo. Di conseguenza, i ruoli non si possono contrapporre. Al contrario, l'insistenza sulla comunione dei credenti tra loro e con i propri pastori continuamente riformulata attraverso eloquenti immagini e analogie: la cetra, le corde, l'intonazione, il concerto, la sinfonia. evidente la responsabilit peculiare dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nell'edificazione della comunit. Vale anzitutto per loro l'invito all'amore e all'unit. Siate una cosa sola, scrive Ignazio ai Magnesi, riprendendo la preghiera di Ges nell'Ultima Cena: Un'unica supplica, un'unica mente, un'unica speranza nell'amore... Accorrete tutti a Ges Cristo come all'unico tempio di Dio, come all'unico altare: egli uno, e procedendo dall'unico Padre, rimasto a Lui unito, e a Lui ritornato nell'unit (7,1-2).Ignazio, per primo nella letteratura cristiana, attribuisce alla Chiesa l'aggettivo cattolica, cio universale: Dove Ges Cristo", egli afferma, l la Chiesa cattolica (Smirnesi 8,2). E proprio nel servizio di unit alla Chiesa cattolica, la comunit cristiana di Roma esercita una sorta di primato nellamore: In Roma essa presiede degna di Dio, venerabile, degna di essere chiamata beata... Presiede alla carit, che ha la legge di Cristo e porta il nome del Padre (Romani, prologo).Come si vede, Ignazio veramente il dottore dell'unit: unit di Dio e unit di Cristo (a dispetto delle varie eresie che iniziavano a circolare e dividevano luomo e Dio in Cristo), unit della Chiesa, unit dei fedeli nella fede e nella carit, delle quali non vi nulla di pi eccellente (Smirnesi 6,1). In definitiva, il realismo di Ignazio invita i fedeli di ieri e di oggi, invita noi tutti a una sintesi progressiva tra configurazione a Cristo (unione con Lui, vita in Lui) e dedizione alla sua Chiesa (unit con il Vescovo, servizio generoso alla comunit e al mondo). Insomma, occorre pervenire a una sintesi tra comunione della Chiesa allinterno di s e missione della proclamazione del Vangelo per gli altri, fino a che attraverso una dimensione parli l'altra, e i credenti siano sempre pi nel possesso di quello spirito indiviso, che Ges Cristo stesso (Magnesi 15).SantIgnazio, vescovo di Antiochia scrive infine, nella sua Lettera ai filadelfiesi, rispondendo a degli interlocutori immaginari che non credono nella sufficiente forza di prova di documenti scritti a testimonianza della fede: Ho ascoltato alcuni che dicevano: se non lo trovo una cosa negli archivi, non credo nemmeno nel Vangelo. Io risposi loro che sta scritto ed essi, di rimando, che questo da provare. Per me larchivio Ges Cristo, i miei archivi inamovibili la sua croce, la sua morte e resurrezione e la fede che viene da lui. In altre parole: non sono i documenti (darchivio, nel caso) che possono testimoniare la verit divina ma questultima, al contrario, che fondante, per virt carismatica, degli archivi stessi. Implorando dal Signore questa grazia di unit, e nella convinzione di presiedere alla carit di tutta la Chiesa (cfr. Romani, prologo), rivolgo a voi lo stesso augurio che conclude la lettera di Ignazio ai cristiani di Tralli: Amatevi l'un l'altro con cuore non diviso. Il mio spirito si offre in sacrificio per voi, non solo ora, ma anche quando avr raggiunto Dio... In Cristo possiate essere trovati senza macchia (13). E preghiamo affinch il Signore ci aiuti a raggiungere questa unit e ad essere trovati finalmente senza macchia, perch l'amore che purifica le anime. (Benedetto XVI 14/03/2007)

SCHEDA RIASSUNTIVAIGNAZIO di Antiochia Padre Apostolico Dati anagrafici: ? / 110?Causa morte:Martirio (condannato alle fiere ad bestias)Biografia essenziale: poche le notizie a riguardo. Convertito da adulto, divenne il 3 Vescovo di Antiochia di Siria, una delle maggiori metropoli dellimpero dopo Roma e Alessandria dEgitto.Scritti/Opere: scrisse 7 lettere: alla Chiesa di Efeso, Magnesia, Tralle, Roma, Smirne, Filadelfia e al Vescovo Policarpo.Commento: Ignazio il primo teologo cristiano che abbia elaborato una dottrina dai contorni molto forti sul ruolo e sul significato del vescovo nella comunit cristiana.

I PADRI APOLOGETIAi Padri apostolici seguirono gli Apologeti, prima greci e poi latini, che con i loro scritti vollero mostrare i fondamenti della dottrina cristiana e difendere le verit cristiane dalle accuse dei pagani. Il periodo in cui vissero, durante le et di Adriano (117-138) e degli Antonini (138-192: Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero e Commodo), fu quello di grande diffusione del cristianesimo, sempre pi presente anche nei ceti elevati, causando problemi politici, culturali e religiosi.Evidenziando i limiti del modello filosofico e culturale pagano e accentuando il messaggio salvifico, i Padri apologisti cercarono di dare risposte chiare sulla diversit tra cristianesimo ed ebraismo, che, sotto limpero di Adriano, era ancora confusa e port alla distruzione di Gerusalemme. Inoltre, tesero a dimostrare la moralit delle pratiche di vita cristiana e la lealt nei confronti dello Stato per arginare le accuse di sovversione e si impegnarono nella creazione di una cultura cristiana e nella definizione di un sistema dottrinale. Gli Apologeti di lingua greca del II secolo furono Quadrato, Aristide, Melitone, Apollinare, Aristone, Giustino, Taziano il Siro, Atenagora, Milziade e Teofilo, ai quali si deve aggiungere lautore anonimo della Lettera a Diogneto; nel secolo successivo vi furono Clemente Alessandrino, Ermia e Origene. Alcuni di loro furono martiri (come Aristide e Giustino) e/o santi vescovi (Melitone, Apollinare e Teofilo), altri non assunsero posizioni accettate integralmente dalla Chiesa (Taziano), altri ancora furono solo uomini di lettere (Origene). Per questo, a differenza dei Padri apostolici, non tutti i Padri apologeti greci furono proclamati santi.Tra gli Apologeti di lingua latina si ricordano Marco Minucio Felice e Tertulliano (II secolo), san Cipriano e Arnobio (III secolo), cui segu Lattanzio. La ricerca incentrata sulla figura di Giustino, uno dei pi grandi santi della Chiesa dei primi secoli. Tuttavia la sua biografia non sarebbe stata pienamente comprensibile senza un adeguato inquadramento storico, al fine di mostrare l'evolversi e il definirsi del pensiero cristiano nei primi secoli. E furono proprio le persecuzioni[footnoteRef:5] la principale causa della nascita della letteratura "apologetica", cio di quella letteratura volta alla difesa o all'esaltazione della dottrina cristiana. Tutte le apologie, perci, convergono nel mostrare i vantaggi di un'alleanza tra cristianesimo e impero (aspetto politico) e nello spiegare i principi morali della nuova religione confrontandoli con le pi conosciute filosofie dell'epoca per essere intesa essa stessa come "filosofia" (aspetto culturale), in quanto risposta globale e definitiva ai problemi dell'origine e del destino del mondo. [5: 2.La prima persecuzione fu ordinata dal quinto imperatore romano, Nerone (regnante dal 58 al 65), il quale, su istigazione degli ebrei preoccupati di essere accusati, present i cristiani come responsabili dell'incendio da lui provocato e nemici del genere umano. Infatti, Svetonio, nella biografia di Nerone, scrisse che vennero condannati al supplizio i cristiani, genere di individui dediti a una nuova e malefica superstizione e anche lo storico Tacito afferm che i cristiani erano invisi per le loro nefande azioni e ritenuti accesi dodio contro il genere umano. Le persecuzioni - tra cui le pi feroci nel I secolo furono quelle di Domiziano (imperatore dall'81 al 96) e di Traiano (dal 98 al 117) - si alternarono a periodi di relativa tolleranza. ]

San Giustino considerato il pi importante tra i primi Padri apologisti greci, lesponente pi convinto di una linea di incontro e dialogo con la filosofia, vista come preparazione parziale al Vangelo che la rivelazione piena del Logos divino.

San Giustino Giustino insegna che secondo la tradizione che risale agli Apostoli, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni settimana nel giorno del Signore; in esso i cristiani si riuniscono in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare allEucaristia, rendendo grazie a Dio che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Ges Cristo[footnoteRef:6]. [6: Introduzione ai Padri , 52.]

LEucaristia carne e sangue di quel Ges incarnato

Tutti quanti insieme ci riuniamo nel giorno del sole, poich il primo giorno nel quale Dio cre il mondo, avendo trasformato la tenebra e la materia, e Ges Cristo, nostro salvatore risuscit nello stesso giorno dai morti: infatti lo crocifissero prima del giorno di Saturno, e il giorno dopo quello di Saturno, cio il giorno del sole, apparso ai suoi discepoli e ai suoi apostoli insegn queste cose che ora mandiamo a voi per un esame. []LXVI. - 1. Questo cibo chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive cos come Cristo ha insegnato.2. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Ges Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, cos abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, carne e sangue di quel Ges incarnato.3. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Ges, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo il mio sangue"; e ne distribu soltanto a loro. (Dalla Prima Apologia di Giustino)

Giustino nacque, da una famiglia pagana di lingua greca, intorno allanno 100 a Flavia Neapolis (oggi Nablus), capitale dellantica Samaria. La citt si trova fra due montagne bibliche - lEbal e il Garizzim - ed molto vicina a Sichem, dove Dio apparve ad Abramo (Gn 12,6-7), dove Giosu convoc le dodici trib dIsraele per ratificare la Alleanza fra Dio e il suo popolo (Gs 24,1) e dove si conserva il pozzo di Giacobbe (Gv 4,5-6, Sicar e Sichem sono la stessa citt), ma questi luoghi carichi di significato non influenzarono Giustino che non impar lebraico. Il padre di Giustino si chiamava Prisco e suo nonno Bacheio, probabilmente coloni giunti in Palestina dopo la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 a opera dellimperatore Tito. Giustino studi a fondo la retorica, la poesia, la storia e, soprattutto, la filosofia in tutte le sue correnti: stoica, peripatetica (o aristotelica), pitagorica e platonica, come raccont egli stesso nel prologo del Dialogo con Trifone. Credendo di aver trovato nelle opere di Platone la propria strada si fece eremita vicino al mare, ma un misterioso vegliardo, incontrato durante una passeggiata, gli confid che la perfetta sapienza non si trovava nei libri dei platonici, ma nei testi dei Profeti, ed era Cristo che - come Verbo incarnato - offriva agli uomini salvezza e felicit. Giustino si accost cos ai Profeti e, convintosi, si fece battezzare, forse a Efeso o ad Alessandria, verso il 130. Negli anni 131 e 132 predic a Roma, poi visit altri centri culturali dellimpero alla ricerca delle origini cristiane, continuando lo studio di tutte le dottrine filosofiche, perch, secondo Giustino, esse contenevano tracce della sapienza divina. Infine, dopo il 145, ritorn a Roma e apr la prima locale scuola di filosofia in casa di un tale Martino, vicino alle terme private di Timoteo al Viminale, dove insegnava a tutti quelli che vengono, anche se Giustino preferiva rivolgersi alle classi intellettualmente pi preparate al fine di combattere i pregiudizi dovuti allignoranza. Giustino fu autore di molte opere, ma solo tre sono giunte fino a noi quasi integralmente: la Prima Apologia, la Seconda Apologia e il Dialogo con Trifone. Delle altre opere si conoscono solo i titoli: Eusebio di Cesarea ne elenca sei (Contro Marcione, Discorso ai Greci, Esortazione contro i Greci, Sullunit o sovranit di Dio, Sullanima, Salterio). Giustino stesso cita un Trattato contro tutte le eresie, san Giovanni Damasceno riferisce tre frasi dellopera Sulla Risurrezione attribuendola a Giustino. Con lo stesso titolo dato da Eusebio ci sono pervenute alcune opere nel manoscritto Parisinum graecum 450 datato 11 settembre 1364, ma non sono ritenute autentiche. La Prima Apologia fu scritta 150 anni dopo la nascita di Ges ed rivolta allimperatore Antonino Pio (138-161, di cui nota la tolleranza mostrata verso i cristiani), mentre la Seconda Apologia fu indirizzata al Senato romano durante limpero di Marco Aurelio (conosciuto come lImperatore-filosofo, govern dal 161 al 180), dopo la persecuzione dei cristiani a Roma. In esse, Giustino critica le condanne emesse sulla professione di fede e non sui reati commessi, chiede allImperatore e al Senato di lasciarsi guidare dal senso di giustizia e non dai pregiudizi, perch il cristianesimo da considerarsi il compimento della tradizione veterotestamentaria dellantica filosofia pagana. Inoltre, illustra il contenuto dottrinale del cristianesimo, esalta la condotta dei suoi seguaci e spiega alcuni aspetti del culto (Battesimo ed Eucaristia). Scritto intorno al 161 ma ambientato storicamente intorno al 132-135, al tempo della rivolta giudaica domata dallimperatore Adriano, il Dialogo con Trifone, il quale si configura come una difesa - in parte autobiografica - finalizzata a dimostrare che lebraismo anticipa il cristianesimo in quanto Ges Cristo il Messia annunciato dai Profeti. Il cristianesimo, dunque, non per Giustino in contrasto con ebraismo e paganesimo, ma ne la compiuta continuazione ed unica affidabile ed utile filosofia. Nelle Apologie e, soprattutto, nel Dialogo con Trifone sono presenti numerose citazioni testuali tratte sia dallAntico Testamento che dai Vangeli. I Vangeli sono spesso denominati memorie degli apostoli, espressione che per lo pi indica i tre sinottici (Matteo, Marco e Luca). Si discute ancora se Giustino conoscesse direttamente il quarto Vangelo di Giovanni, perch nei suoi scritti non ci sono citazioni testuali, ma solo allusioni. Giustino fa anche riferimento ad alcune Lettere di san Paolo (ai Romani, ai Corinti, agli Ebrei e ai Galati), senza per assimilarle alle Scritture, ma concependole solo come testimonianze della tradizione cristiana. Come spesso risulta nella letteratura cristiana dei primi secoli, Giustino fa pure riferimento ad alcune opere extra-canoniche o apocrife, quali il Vangelo di Pietro, il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo di Tommaso e gli Atti di Ponzio Pilato. Il Dialogo con Trifone (greco , latino Cum Tryphone Judueo Dialogus), unopera dedicata a un certo Marco Pompeo. Il tema il confronto con il giudaismo, con il quale i cristiani avevano in comune l'Antico Testamento, un terreno utile per un dialogo. Si tratta di un dibattito che si svolge ad Efeso nell'arco di due giorni e vede protagonisti Giustino e Trifone, nel quale stata individuata da alcuni storici la personalit di un rabbino realmente esistito. Lo scopo di questo dialogo mostrare la verit del cristianesimo, rispondendo alle principali obiezioni mosse dagli ambienti giudaici. In particolare, Giustino vuole dimostrare che il culto di Ges non mette in discussione il monoteismo e che le profezie descritte nell'Antico Testamento si siano avverate con l'avvento di Cristo. Il dialogo assume toni sempre rispettosi e amichevoli e non si conclude, com'era consuetudine per gli scritti cristiani, con la richiesta da parte del giudeo del battesimo. Questi sono i principi riassuntivi dellintera opera di Giustino: a) in campo cristologico, Giustino fortemente convinto che Cristo Dio e che per questo meriti ladorazione; b) in campo filosofico sostiene la tesi giovannea del Logos che illumina tutti gli esseri umani (Gv 1,9) per tendere, per la prima volta, un ponte verso la filosofia;c) in campo mariologico, Giustino fu il primo autore cristiano che tracci il parallellismo Eva-Maria, simile a quello biblico Adamo-Cristo (Dial. C);d) in campo sacramentale, Giustino conobbe solo il battesimo degli adulti, presumibilmente per immersione, preceduto da unistruzione catechetica. LEucaristia per Giustino la carne e il sangue dello stesso Ges incarnato. Grazie alla preghiera eucaristica, il pane e il vino si trasformano nel Corpo e Sangue di Cristo.

LEucaristia, daltra parte, si celebra la domenica, non essendo lecito per un cristiano rispettare il sabato. Crede nellinferno come luogo di castigo eterno per i demoni e i condannati. In relazione ai demoni evidenzi che il peccato di questi ultimi fu quello di mantenere relazioni sessuali con le donne, il che uneco di Genesi 6. I demoni hanno il potere di traviare gli esseri umani, ma certo che il nome di Ges ha sufficiente potere per sottometterli. Eusebio di Cesarea riferisce che Giustino ebbe accese dispute, a Roma, con il filosofo Crescente in pubblici contraddittori. Quando Crescente denunci come nemici dello Stato alcuni cristiani, Giustino indirizz al Senato romano la seconda apologia definendolo un calunniatore. Giustino fu incarcerato e condannato alla decapitazione assieme ad altri sei cristiani suoi seguaci, tra i quali la discepola Carito - per ordine del prefetto Giunio Rustico (163-167). Il martirio - bisogna che in ogni modo e al di sopra della propria vita, colui che ama la verit, anche se minacciato di morte, scelga sia di dire sia di fare il giusto, scrisse Giustino - accadde presumibilmente nel 165, sotto limperatore Marco Aurelio, ed descritto negli antichi Acta Martyrium Sancti Iustini et Sociorum. Il luogo del sepolcro ignoto, anche se qualcuno ritiene che sia allinterno delle catacombe di Santa Priscilla a Roma. Lopera di Giustino ha sicuramente avuto influenza sui suoi contemporanei. Il merito maggiore di Giustino non va cercato nella sua abile difesa dalle accuse dei pagani, ma nellaver posto le premesse teologiche per uno sviluppo umanistico del cristianesimo, unificando nel mistero di Cristo la sapienza pagana e la fede giudaica e cos mostrando ai cristiani il valore positivo della filosofia e delle verit insegnate dai filosofi, riconoscendo in esse dei semi del Verbo di Dio. In sostanza, Giustino dette un gran contributo alla causa della Chiesa per il modo con cui riusc a spiegare alcuni misteri del cristianesimo, nonostante alcune imperfezioni e, infatti, il suo innovativo dialogo tra filosofia e teologia fu continuato e sviluppato con successo dagli altri Padri della Chiesa. Giustino fu proclamato santo e la Chiesa bizantina lo celebra, assieme ai compagni di martirio, il Primo giugno. In Occidente, la Chiesa cattolica celebra san Giustino il 14 aprile, giorno che fu stabilito da papa Leone XIII nel 1874 e durante il quale nella basilica romana di Santa Pudenziana si celebra un rito speciale in quanto si crede che la chiesa sorga sul luogo del martirio.Giustino, e con lui gli altri apologisti, siglarono la presa di posizione netta della fede cristiana per il Dio dei filosofi contro i falsi di della religione pagana. Era la scelta per la verit dell'essere contro il mito della consuetudine. Qualche decennio dopo Giustino, Tertulliano defin la medesima opzione dei cristiani con una sentenza lapidaria e sempre valida: Dominus noster Christus veritatem se, non consuetudinem, cognominavit - Cristo ha affermato di essere la verit, non la consuetudine (De virgin. vel. 1,1). Si noti in proposito che il termine consuetudo, qui impiegato da Tertulliano in riferimento alla religione pagana, pu essere tradotto nelle lingue moderne con le espressioni moda culturale, moda del tempo.In un'et come la nostra, segnata dal relativismo nel dibattito sui valori e sulla religione - come pure nel dialogo interreligioso -, questa una lezione da non dimenticare. A tale scopo vi ripropongo - e cos concludo - le ultime parole del misterioso vegliardo, incontrato dal filosofo Giustino sulla riva del mare: Tu prega anzitutto che le porte della luce ti siano aperte, perch nessuno pu vedere e comprendere, se Dio e il suo Cristo non gli concedono di capire" (Dial. 7,3).

(Benedetto XVI, 21 marzo 2007)

SCHEDA RIASSUNTIVASAN GIUSTINOPadre ApologetaDati anagrafici:100 ? / 165?Causa morte:Martirio (condannato alla decapitazione)Biografia essenziale: Approdato da adulto al cristianesimo, insegn a Roma filosofia e cristianesimo. Scritti/Opere: scrisse 2 Apologie e il Dialogo con il giudeo Trifone. Commento: In Giustino si deve anzitutto il primo dei Padri, inteso a tentare una conciliazione tra filosofia antica e il cristianesimo. Nelle sue Apologie abbiamo notizie sul battesimo, sulleucaristia e sulla liturgia della domenica.

A DIOGNETO

Secondo lespressione di Ges, i suoi discepoli sono nel mondo ma non del mondo Gv 17, 16-18), cio vivono come tutti gli altri nel contesto dei rapporti umani, familiari, sociali, economici, politici, ma i criteri di scelta e di azione li attingono, come Ges, dalla logica dellamore, della solidariet e del servizio, non dalla logica dellegoismo, cio dellavere, del piacere, del dominio[footnoteRef:7]. [7: Introduzione ai Padri , 58.]

I cristiani nel mondoI cristiani non si differenziano dagli altri uomini n per territorio, n per il modo di parlare, n per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in citt particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Questa dottrina che essi seguono non lhanno inventata loro in seguito a riflessione e ricerca di uomini che amavano le novit, n essi si appoggiano, come certuni, su un sistema filosofico umano.Risiedono poi in citt sia greche che barbare, cos come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera la loro patria, eppure ogni patria per essi terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto.Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Anche se non sono conosciuti, vengono condannati; sono condannati a morte, e da essa vengono vivificati. Sono poveri e rendono ricchi molti; sono sprovvisti di tutto, e trovano abbondanza in tutto. Vengono disprezzati e nei disprezzi trovano la loro gloria; sono colpiti nella fama e intanto viene resa testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati, e benedicono; sono trattati in modo oltraggioso, e ricambiano con lonore. Quando fanno dei bene vengono puniti come fossero malfattori; mentre sono puniti gioiscono come se si donasse loro la vita. I Giudei muovono a loro guerra come a gente straniera, e i pagani li perseguitano; ma coloro che li odiano non sanno dire la causa del loro odio.(A Diogneto cc. 5-6)

L'opera che qui si presenta, un testo dalla storia particolarmente avventurosa: mai citato dalle fonti patristiche antiche e medievali, il suo manoscritto venne ritrovato casualmente sul banco di un pescivendolo (destinato alla distruzione), a Costantinopoli, da un chierico latino noto come Tommaso d'Arezzo intorno al 1436. Passato di mano in mano, bruci il 24 agosto del 1870 insieme alla Biblioteca municipale di Strasburgo, dove era custodito, in seguito al cannoneggiamento prussiano durante la guerra franco-prussiana. l'unica testimonianza, come si diceva, che consente a noi di conoscere questo splendido testo antico: si tratta di un trattato-discorso, indirizzato da un anonimo autore ad un certo Diogneto[footnoteRef:8], un pagano che poneva domande relative ai cristiani, alla loro religione e al loro Dio. L'autore risponde, in questo breve scritto, criticando sommariamente e duramente il politeismo e il giudaismo, spiegando la condizione dei cristiani nel mondo tramite una serie di paradossi. [8: Come detto, il manoscritto "originale" andato distrutto: verso la fine del XVI secolo comunque ne furono fatte tre copie. Una, eseguita nel 1579 da Bernard Haus, si conserva oggi presso la Biblioteca universitaria di Tbingen; un'altra, eseguita nel 1586 da Henri Estienne, si trova oggi a Leida; la terza, opera di J.-J. Beurer tra il 1586 e il 1592, si perduta. Quindi, possiamo ritenere molto affidabile il testo oggi giunto a noi.]

Misterioso nella sua origine e nel suo destino attraverso l'antichit cristiana, l'A Diogneto resta dunque enigmatico in questa sua capacit di affascinare e di generare riserve.L'analisi di uno studioso come H.-I. Marrou, la cui edizione di questa opera resta assolutamente indispensabile, lo ha portato a ritenere che il manoscritto ritrovato da Tommaso fosse stato redatto nel corso del XIV secolo come copia di un codice molto rovinato la cui composizione doveva risalire ai tempi del VI-VII secolo, quando il testo A Diogneto venne collazionato insieme ad alcune opere di Giustino martire, di Atenagora di Atene, estratti degli Oracoli Sibillini e di un'opera pi ampia intitolata Teosofia, composta alla fine del V secolo, a creare una raccolta apologetica destinata a difendere l'ortodossia contro gli eretici, come pure contro i pagani, gli ebrei e l'islam. L'A Diogneto non una lettera, meglio definita come una Apologia che si sviluppa e si compie in una Esortazione. Bisogna dunque chiedersi: a quale cristianesimo l'autore invita a convertirsi? E lautore riporta gli interrogativi posti da Diogneto, che si possono riassumere in tre filoni principali:1. qual il Dio dei cristiani?2. quale la religione che permette loro di disprezzare a tal punto il mondo e la morte?3. in che cosa si differenzia da quelle dei greci e dei giudei?4. perch questa religione, se la vera, apparsa nel mondo cos tardi

La risposta dell'autore una critica sommaria e dura del politeismo e del giudaismo: quanto ai cristiani, dichiara, la loro religione non pu essere stata insegnata da un uomo.Questa religione non frutto d'invenzione umana, ma la rivelazione dell'amore divino, che inviando suo Figlio ha riscattato gli uomini dall'abisso in cui la loro incapacit di compiere il bene li aveva gettati. Dio non ha preteso che fossero loro a uscirne, ma il suo stesso apparente ritardo nell'intervenire ha permesso loro di sperimentare pi a fondo la sua bont; e il suo amore rende possibile l'amore praticato dai cristiani in questo mondo, con lo sguardo fisso alla loro cittadinanza celeste. Tale imitazione di Dio proposta allo stesso Diogneto.Prima di dire due parole sulla questione della datazione di questo scritto, necessario parlare brevemente del sostrato teologico che sottende i temi sopra presentati.Anche questo aspetto dell'A Diogneto, stato trattato in molte opere e viene sottolineato la presenza, nell'opera, delle idee di Paolo e degli scritti giovannei, soprattutto l'abisso tra Dio e il mondo, la piena novit della rivelazione di Dio in Cristo, il significato centrale di croce e risurrezione, la concezione cristocentrica della rivelazione, il fondamento dell'etica nella bont di Dio.Nell'A Diogneto dunque manca un'idea escatologica della vita cristiana: un "mondo" perci diverso da quello paolino, di cui tuttavia ne recepisce valorizzando il cristianesimo come nuova identit religiosa a fondamento dell'identit del cittadino, e come base di una nuova societ fondata nell'etica.Quanto finora detto, purtroppo, non permette di proporre delle coordinate spazio-temporali sufficientemente circoscritte: inutile riportare l'incredibile quantit di proposte avanzate circa la data e l'autore del nostro testo, che servono sostanzialmente a dimostrare l'assenza, nell'opera, di punti di riferimento utilizzabili. In ogni caso si daterebbe lo scritto tra la fine del secondo secolo e il 310. A met della sua riflessione, la Lettera a Diogneto introduce unimmagine riassuntiva del posto del credente nella storia: In una parola, ci che lanima nel corpo, questo sono i cristiani nel mondo. Limmagine da una parte serve a ribadire la stretta connessione dellesperienza credente con le vicende umane e storiche, dallaltra per fa emergere lirriducibilit dellessere cristiano rispetto a queste stesse condizioni storiche. Lanima, infatti, di cui parla la Lettera intesa, in una prospettiva platonica, come una realt che, pur legata al corpo, ne prigioniera e trova quindi la sua realizzazione solo liberandosene. Questa liberazione, nellottica della fede, quella del compimento escatologico, per cui solo nella piena partecipazione alla vita nuova del Risorto si raggiunge la