18-11-05 RASSEGNA STAMPA...2018/11/18  · 18-11-04 MAIS: CONSERVE ITALIA, CAMPAGNA POSITIVA PER...

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18-11-05 RASSEGNA STAMPA 18-11-04 NOTIZIE DA AGRAPRESS 18-11-04 PAC POST 2021, COME CAMBIA IL SOSTEGNO A LIVELLO AZIENDALE Terraèvita 18-11-05 SOIA: LA CINA METTE IN PERICOLO LA DOMANDA. I COLTIVATORI USA PASSANO AI CEREALI Commodities trading 18-11-05 LA MOLISANA: “GRANO E ALGORITMI COSI’, E’ LA NUOVA FILIERA DELLA PASTA” Affari e finanza 18-11-05 DALLA CARNE ALLA PASTA VOLA IL CONTRATTO DI RETE Il Sole 24 Ore

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  • 18-11-04 MAIS: CONSERVE ITALIA, CAMPAGNA POSITIVA PER VALFRUTTA!400.000 QLI A SITO DI ALSENO; DEBUTTA IL BIO PIACENTINO

    6350 - piacenza, (agra press) - un comunicato stampa di conserve italia rende noto che sono "oltre 2.600" gli ettari coltivati "tra emilia, lombardia e veneto, in aumento del 13% rispetto all'anno precedente, complice anche il debutto della produzione biologica concentrata nell'areale piacentino". "sono numeri positivi quelli della campagna 2018 del mais dolce valfrutta, marchio del gruppo cooperativo conserve italia che ha da poco concluso la lavorazione nello stabilimento di alseno, in provincia di piacenza", afferma il comunicato. "la campagna 2018 del mais dolce si e' rivelata nel suo complesso soddisfacente", commenta pier paolo ROSETTI, direttore generale di conserve italia, che precisa: "nel periodo iniziale la produzione e' stata molto positiva, tanto che si sono raggiunte medie di 200 quintali per ettaro. dopo ferragosto, complici il peggioramento delle condizioni meteorologiche, i massicci attacchi di afidi e in alcuni areali l'importante presenza della cimice asiatica, si sono verificate alcune problematiche che nell'insieme hanno determinato un calo nelle rese medie in campagna e in stabilimento, senza pero' compromettere il buon andamento complessivo". "sono 180 i lavoratori stagionali assunti per questa campagna nello stabilimento di alseno, portando cosi' il totale dei dipendenti a oltre 230", informa il comunicato. "il mais dolce conferito quest'anno ha superato i 400.000 quintali per una superficie di 2.600 ettari, e portera' a una produzione annua di circa 51,6 milioni di scatole di mais dolce in diversi formati. la materia prima ha rispettato gli standard qualitativi richiesti e la resa in stabilimento si e' rivelata nel complesso positiva", spiega andrea ARMANI, direttore dello stabilimento conserve italia di alseno. "il mais dolce viene conferito a conserve italia esclusivamente dai soci produttori tramite le cooperative aderenti al consorzio, tra cui la cooperativa piacentina lusuco di lusurasco di alseno", continua il comunicato. "il comparto del mais rappresenta un chiaro esempio di come funziona la nostra filiera integrata, che ci consente di seguire da vicino tutte le fasi: dalla produzione da parte dei nostri soci agricoltori, alla lavorazione in stabilimento fino alla commercializzazione del prodotto", afferma ROSETTI. "a proposito di commercializzazione e' iniziata proprio da poche settimane la distribuzione nei supermercati delle nuove confezioni del mais valfrutta, fresche di restyling del packaging, alle quali da quest'anno si e' aggiunto anche il mais bio valfrutta coltivato nell'areale piacentino; tutti prodotti lavorati nello stabilimento di alseno", conclude il comunicato. 02:11:18/09:42

  • "RASSEGNA ESTERA AGRA PRESS": ALIMENTI BIO!LAFIGMA, PAC, SALMONELLA, TARTUFI, API

    6352 - roma, (agra press) - la rassegna della stampa estera di agra press di questa settimana si apre con un articolo francese dal titolo "l'alimentazione bio riduce significativamente i rischi di cancro". in evidenza un articolo britannico sui danni da lafigma nel continente africano e la possibilita' di contrastarlo con pesticidi sicuri. la rassegna propone poi un articolo spagnolo dal titolo "il ministero dell'agricoltura negozia l'applicazione della prossima riforma della pac" e un articolo irlandese dal titolo "CREED: 'La questione della salmonella non danneggera' la reputazione del settore lattiero caseario irlandese all'estero'". da segnalare infine, tra gli altri, due articoli tedeschi, uno su "i tartufi d'oltralpe" e uno dal titolo "manifestazione a berlino per un'agricoltura amica delle api". 02:11:18/13:15

    CONSUMO SUOLO: CONFAGRICOLTURA, NEL 2017!RALLENTA, MA SI SONO PERDUTI ALTRI 5200 HA

    6342 - roma, (agra press) - nel 2017 la superficie di suolo denaturalizzato (urbanizzato, cementificato, impermeabilizzato) e' stata di 5.211 ettari, in netta riduzione rispetto ai periodi precedenti quando le medie annue sono state sempre superiori ai 20 mila ettari, con una punta media annua di 26,6 mila fra il 2006 e il 2016. complessivamente, dalla meta' degli ani '50, la superficie di territorio urbanizzato e' cresciuta di circa 1,44 milioni di ettari, raggiungendo, nel 2017, il 7,65% del territorio nazionale. e' quanto emerge da un rapporto realizzato dal centro studi della confagricoltura il cui testo e' disponibile al link https://goo.gl/9PGe1b. 02:11:18/12:41

  • 18-11-04

    Pac  post  2021,  come  cambia  il  sostegno  a  livello  aziendale  

    Sparisce il greening ma i pagamenti diretti rimangono un elemento essenziale della politica comunitaria. Bruxelles vuole però introdurre nuovi meccanismi per una distribuzione più equilibrata e semplice dei sostegni. Nelle ipotesi di Angelo Frascarelli due possibilità: con o senza titoli. E la simulazione per diversi tipi d'impresa agricola

    Anche nella Pac 2021-2027, i pagamenti diretti restano un elemento essenziale del sostegno al settore agricolo. Questa affermazione, esplicitamente presente nella Comunicazione della Commissione europea, è di particolare importanza; infatti, la permanenza dei pagamenti diretti non era assolutamente scontata. Sebbene il ruolo dei pagamenti diretti nello stabilizzare il reddito agricolo sia accolto con favore, la Commissione intende promuovere una distribuzione più equilibrata, più semplice e più mirata del sostegno. La proposta della Commissione europea del 1° giugno 2018 ha già delineato il quadro dei futuri pagamenti della Pac. Tale proposta è attualmente in discussione al Parlamento europeo e al Consiglio europeo. Vediamo quali effetti aziendali avrà la proposta della Commissione, se verrà approvata.

    L’articolazione dei nuovi pagamenti La proposta di regolamento per la Pac 2021-2027 classifica i pagamenti in sei tipologie:

    • sostegno al reddito di base al reddito per la sostenibilità;• sostegno complementare ridistributivo;• sostegno complementare per i giovani agricoltori;• regimi per il clima e l’ambiente (eco-schema);• sostegno accoppiato al reddito.

    Rimane la possibilità facoltativa per lo Stato membro di prevedere un pagamento forfettario specifico per i piccoli agricoltori, sostitutivo di tutti i pagamenti diretti, la cui definizione dovrà essere riportata nel Piano strategico della Pac. Rispetto all’attuale programmazione, ci sono diverse novità:

    • la soppressione del pagamento greening, i cui importi sono inglobati nel pagamento di basee i cui impegni sono in parte inclusi nelle condizionalità;

    • l’inserimento di regimi volontari per il clima e l’ambiente (eco-schema);• la non obbligatorietà del pagamento per i giovani agricoltori.

    Il pagamento di base e i titoli Il “pagamento di base al reddito per la sostenibilità” 2021-2027 è soggetto a grandi novità; esso può essere erogato secondo due modalità:

  • • senza titoli;• con i titoli.

    Tutti gli altri pagamenti sono erogati per superficie e non sono legati ai titoli. La prima modalità di pagamento “senza titoli” è una grossa novità, vista che gli agricoltori conoscono la Pac con i titoli dal 2005. La scelta sulla modalità d’erogazione dei pagamenti spetta agli Stati membri, in fase di adozione delle scelte nazionali della Pac, redatte tramite il piano strategico nazionale sulla Pac.

    Pagamento di base senza i titoli Nel caso di un pagamento di base “senza titoli”, il valore dei titoli può essere fissato secondo due criteri:

    1. pagamento annuale uniforme per ettaro ammissibile, ovvero un pagamento legato allasuperficie;

    2. pagamento annuale per ettaro ammissibile differenziato per territorio, ma uniforme per gliagricoltori dello stesso territorio.

    In entrambi i casi, i titoli attuali scadranno il 31 dicembre 2020 e non verranno riassegnati. Il pagamento di base “senza titoli” prevede che gli agricoltori presentano annualmente la domanda con le superfici ammissibili e ricevono un pagamento uniforme ad ettaro, senza la necessità di possedere i titoli.

    Pagamento uniforme di circa 320 euro/ha La dotazione finanziaria per l’Italia, proposta dalla Commissione il 1° giugno 2018, ammonta a 3.560.185.516 euro. Tale importo deve essere innanzitutto ripartito tra le cinque tipologie di pagamento previste dalla proposta di riforma (tab. 1).

    Tab.  1  Tipologie  di  pagamenti  diretti  nella  programmazione  2021-‐2027  Tipologia di pagamento Obbligatorietà per lo Stato membroSostegno di base al reddito per la sostenibilità SìSostegno ridistributivo complementare al reddito per la sostenibilità Sì

    Regimi per il clima e l’ambiente (eco-schema) SìSostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori No

    Sostegno accoppiato al reddito NoAiuti forfettari per i piccoli agricoltori No

    Il nuovo pagamento di base è obbligatorio per gli stati membri e va a inglobare il vecchio pagamento di base e il pagamento greening. Allo scopo di simulare il nuovo pagamento di base, possiamo ragionevolmente omettere il pagamento redistributivo in quanto esso sarò ragionevolmente di importo limitato (visto l’elevato numero di piccole aziende in Italia) e comunque sarà finanziato prevalentemente dalle decurtazioni del capping. Analogamente, la presente simulazione può omettere il pagamento per i giovani agricoltori (volontario) e l’eco-schema, in quanto è attualmente difficile ipotizzare le scelte dell’Italia in merito alle loro applicazioni.

    Non viene preso in considerazione il pagamento forfettario per i piccoli agricoltori, il quale è un regime semplificato che sostituisce i 5 pagamenti nel caso specifico dei piccoli agricoltori.

    Ipotizziamo invece che l’Italia applicherà il pagamento accoppiato, il cui plafond si può ragionevolmente quantificare a 478 milioni di euro, pari allo stesso importo che l’Italia ha utilizzato nella Pac 2014-2020, relativamente agli anni 2019-2020. Pertanto, nella nostra simulazione, il plafond del pagamento di base sarà pari a 3.082 milioni di euro, che sarà distribuito su tutte le superfici ammissibili dell’Italia.

  • Tali superfici possono essere desunte dai dati più recenti, forniti da Agea con la Circolare Agea n. 71871 del 14 settembre 2018, che quantifica il numero totale di ettari ammissibili dichiarati per l’anno 2017 pari a 9.523.151 ettari. Dividendo il plafond di 3.082 milioni di euro per 9.523.151 ettari, si ottiene un pagamento uniforme (flat rate) di 323 euro/ha.

    Pagamento per territorio Gli Stati membri possono decidere di differenziare l’importo del pagamento di base in diversi territori caratterizzati da condizioni socioeconomiche e/o agronomiche simili.

    Il territorio può essere definito con i criteri amministrativi (es. le regioni o le macroregioni) o con criteri orografici e socioeconomici (es. pianura, collina, montagna).

    La differenziazione regionale potrebbe essere una soluzione plausibile e rispecchiare le attuali diversità nel livello del sostegno; in questo caso, ad esempio le Regioni italiane con un sostegno più elevato (Lombardia, Calabria, Veneto e Puglia) potrebbero ricevere un pagamento di 400 euro/ha, mentre le regioni con un sostegno inferiore (Trentino Alto Adige, Sardegna, Valle d’Aosta, Abruzzo) potrebbero ricevere un pagamento di 220 euro/ha. La scelta del pagamento differenziato è poco probabile, visto che la Pac 2014-2020 ha già individuato l’Italia come “regione unica”.

    Pagamento di base con i titoli Lo Stato membro può continuare a concedere il sostegno al reddito di base sulla base dei titoli all’aiuto. In tal caso, la proposta di regolamento impone un processo di convergenza dei titoli storici. I vecchi titoli scadono il 31 dicembre 2020 e i nuovi titoli vengono riassegnati nel 2021, sulla base dell’anno di riferimento 2020.

    Il nuovo valore unitario dei titoli all’aiuto è calcolato partendo dal valore dei titoli all’aiuto dell’anno di domanda 2020 (ultimo anno di applicazione della Pc 2014-2020) e aggiungendo ad esso il relativo pagamento greening per l’anno di domanda 2020. In altre parole, il valore dei titoli all’aiuto è determinato sommando il loro valore storico e il relativo pagamento percepito per il greening. I titoli rimangono differenziati sulla base del loro valore storico, ma con l’applicazione di due criteri per ridurre i titoli di valore elevato:

    • un tetto ai titoli;• una convergenza per avvicinare il valore dei titoli al valore medio nazionale.

    Per calcolare il nuovo valore dei titoli, lo Stato membro procede in tre fasi:

    1. entro il 2026 i titoli di basso valore vengono aumentati fino ad un valore unitario dei titoli, non inferiore al 75% delvalore unitario medio (circa 242 euro/ha);

    2. per finanziare l’aumento dei titoli di valore basso, lo Stato membro fissa un tetto al valore dei titoli (tetto ai titoli, danon confondere con il capping); ad esempio il tetto ai titoli potrebbe essere di 1.000 euro/titolo o di 700 euro/titolo;

    3. a seguire, sempre per finanziare l’aumento dei titoli di valore basso, se necessario, lo Stato membro diminuisce ilvalore unitario dei diritti più elevati. Tuttavia, lo Stato membro può prevedere che la diminuzione del valore dei titolipiù elevati non possa superare il 30%.

    L’obiettivo finale del nuovo modello di sostegno della Pac è di uniformare o avvicinare i valori dei pagamenti diretti ad ettaro.

  • 18-11-05

    Soia: la Cina mette in pericolo la domanda. i coltivatori USA passano ai cereali

    Era la metà degli anni 2000 e, nel Nord Dakota, Paul Thomas dedicava un’ampia parte dei suoi terreni alla coltivazione della Soia; era sempre la metà degli anni 2000, ma questa volta siamo in Cina, e qui, proprio in quegli anni, la richiesta di Soia era pronta a schizzare alle stelle. Tutto questo ha fatto si che il nostro Thomas estendesse ai livelli più elevati la superficie dedicata alla coltivazione del prodotto: ora Paul dedicava alla Soia 1600 dei suoi 5000 acri.

    Cosa ha in previsione di fare l’agricoltore del Nord Dakota nel 2019: vuole tornare a coltivare Mais e Frumento, contribuendo a modificare un trend in essere ormai da tempo che vede in costante aumento gli acri da destinarsi alla Soia.

    Qualcosa è cambiato: la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha sconvolto gli equilibri di mercato, e Pechino, che un tempo pesava per il 60% del totale delle esportazioni di Soia statunitense, ora non ha carichi prenotati ormai da tempo, da mesi, e questo ha indotto un netto calo nelle quotazioni della Soia, che si attestano ai livelli più bassi dell’ultimo decennio.

    Thomas, come molti altri agricoltori statunitensi, prevede di tornare a coltivare grano nella speranza di ottenere un ritorno economico più soddisfacente, dopo che le quotazioni della Soia sulla piazza locale sono scese sino a lambire i 710 dollari per bushel.

    La guerra commerciale ha colpito i coltivatori statunitensi in un momento di estrema vulnerabilità che vede pronto per essere messo a magazzino uno tra i raccolti più grandi di sempre.

    L’USDA (il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti) prevede per il 2019 un aumento dell’acreage di Mais di circa 3 milioni di acri per un totale di 92 milioni di acri; in crescita anche l’acreage del Frumento a 51 milioni di acri (47,8 milioni di acri nel 2018), mentre in forte calo è attesa la superficie dedicata alla Soia che, nel 2019, è stimata in 82,5 milioni di acri contro gli oltre 89 milioni di acri di quest’anno.

    Nell’ultimo decennio la superficie dedicata alla Soia si presenta in aumento di circa 15 milioni di acri, mentre la superficie dedicata al Mais si presenta in crescita solamente di 5 milioni di acri e quella dedicata al Frumento si attesta, addirittura, al livello più basso in un intero secolo.

    Rispetto al Mais, la Soia ha una resa per acro inferiore, ma richiede un minore utilizzo di fertilizzanti e questo la rende meno costosa da coltivare, ma un passaggio al Mais potrebbe, per contro, giocare a favore delle società impegnate nella produzione e distribuzione di fertilizzanti, con Bayer ed Andersons che si attendono significativi vantaggi da un contesto di questo tipo.

  • Dinamiche  di  prezzo  

    Al contrario della Soia il Mais non viene esportato in Cina e questo ha contenuto il crollo delle quotazioni del cereale a grana grossa, la cui domanda è stata sostenuta dalla crescita a lungo termine nel settore dell’allevamento e della produzione di Etanolo in un contesto che vede le condizioni climatiche avverse in Brasile ed Argentina rendere gli importatori di Mais sempre più dipendenti dagli USA.

    Fonte  Reuters  

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    Data 05/11/2018

    Pagina 38

    Foglio 1

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    ossella Ferro, una val-chiria occhi azzurri e un metro e 76 di altez-za, suo fratello Giu-

    seppe, e i due cugini Francesco e Flavio, padroni della pasta La Molisana, sono gli imprenditori più importanti del Molise dopo la Fiat. Si può dire che ci vuol po-co a primeggiare in una regione poco industrializzata e con una disoccupazione giovanile del 47%, ma si sbaglierebbe. Perché la famiglia Ferro ha dato due grandi lezioni dell’intraprende-re. Primo, che per entrare oggi in un settore concorrenziale co-me quello della pasta si deve es-sere mugnai, cioè conoscere be-ne la materia prima; secondo, che anche in un settore tradizio-nale bisogna puntare sulla tec-nologia più moderna che ci sia. Quanto al marketing, basta dire che sono sponsor della Roma.

    I Ferro sono mugnai dal 1911, quando Domenico Ferro si tra-sferì dalla Campania nel più tranquillo Molise per sfuggire al taglieggiamento della camor-ra. Lì fece fortuna, tanto solida da resistere fino alla quarta ge-nerazione, quella attuale, che nel 2011 ha deciso di rilevare il pastificio più famoso della re-gione, oramai in pre-fallimento, per 20 milioni di euro, e creare una filiera “dalla spiga al piat-to” che oggi fattura 103 milioni l’anno. Anche La Molisana è na-ta all’inizio del secolo scorso, ma la storia della famiglia dei fondatori, i Carlone, non è stata di altrettanto successo. Crolla-ta durante la liquidazione allo 0,3%del mercato dalla vetta che la vedeva alla pari della De Cec-co, oggi La Molisana gestione Ferro ha scalato di nuovo la gra-duatoria dei big e si piazza al quinto posto dopo Barilla, Divel-

    la, De Cecco e Garofalo, con il 5% del mercato.

    Non è stata una passeggiata. La pasta, dacché era una com-modity, e il favore dei consuma-tori si conquistava essenzial-mente con due leve, la pubblici-tà e il prezzo, ora è diventata un prodotto più complesso. Altri sono i fattori che contano. Uno di questi è la materia prima: la farina e l’acqua. Per questo i Fer-ro hanno puntato a ottenere la certificazione della purezza dell’acqua utilizzata, che viene dalle sorgenti del Massiccio del Matese, e hanno sviluppato ac-cordi di filiera con gli agricolto-ri per avere una quantità cre-scente di grano duro italiano che gli permettesse di converti-re tutta la produzione al made in Italy al 100%. Un requisito su cui tanti produttori di pasta di qualità stanno lavorando, come testimonia la Coldiretti che par-la di boom in Italia nella coltiva-zione di grani antichi, e che si-gnifica soprattutto fare ricerca.

    Ricerca per ottenere da noi innanzitutto un’alta qualità del-la semola, ed evitare di utilizza-re grani importati per raggiun-gere lo standard di almeno il 12% di proteine nella pasta, che è garanzia di tenuta in cottura. In secondo luogo, per assicurar-si la quantità di materia prima nel tempo, per standardizzare la pasta sul livello premium.

    Alla Molisana i Ferro hanno tagliato il traguardo. Hanno se-lezionato grani antichi, monito-rato la crescita della pianta via web per valutarne il comporta-mento, e il risultato è stato che attraverso un patto di filiera con gli agricoltori di Molise, Pu-glia, Abruzzo e Lazio, il grano prodotto ha raggiunto anche il 17% di proteine, e le quantità sul-

    la stessa superficie sono quintu-plicate in soli due anni. Oggi La Molisana, con le sue diverse li-nee (bianca e integrale, più quella con i colori della Roma sul pacco), è un prodotto tutto fatto in Italia, con spighe colti-vate nel Centro-sud e non nella lontana Arizona. Dall’estero vie-ne il 35% del fatturato, soprat-tutto in Canada, Usa, Brasile, Spagna e Giappone. «Per carat-terizzare sempre più il nostro prodotto vogliamo che anche l’ambiente da cui proviene sia certificato», racconta Rossella Ferro, «e per questo da sei mesi l’Università del Molise sta facen-do rilevazioni non più solo sull’acqua ma anche sulla terra e sull’aria del Molise, per far ca-pire che la nostra pasta, al con-trario di quelle prodotte in altre zone, nasce in una zona vergi-ne, in cui l’inquinamento è qua-si zero».

    Ma la storia dei Ferro non è so-lo a tinte bucoliche, campi e ru-scelli, né fatta solo dal marke-ting, di cui si occupa Rossella, o di controllo dei conti, a cui ba-da il fratello Giuseppe. Da Cam-pobasso, dal molino che produ-ce ogni giorno 550 tonnellate di semola, alla fabbrica che imbu-sta quotidianamente 470 ton-nellate di pasta, governati ri-spettivamente dai cugini Fran-cesco a Flavio, a Foggia dove ci sono i silos del grano, la chiave di volta è la tecnologia. I macchi-nari usati sono aggiornati allo stato dell’arte e per produrre lo spaghetto quadrato, le farfalle rigate o i formati speciali intito-lati a Giuseppe Ferro, per dire di alcuni dei tanti, usano lettori ottici e algoritmi.

    Solo per il rilancio della Moli-sana i Ferro hanno investito a oggi 35 milioni, e altri due o tre ne spenderanno l’anno prossi-mo, in un continuo adeguamen-to dell’infrastruttura produtti-va. Che potrà allargarsi, secon-do un progetto ancora in corso di studio, anche alla produzio-ne di conserva di pomodoro, sempre italiana, sempre “made in Sud”, destinata ai mercati di esportazione.

    Un neo? «La difficoltà a trova-re le maestranze», dice Rossella Ferro, «per trovare un capo pa-staio e un capo manutentore ci abbiamo messo anni». Sarà per questo che lei a deciso di dedi-care del tempo alla rinascita di una istituzione regionale di for-mazione professionale, l’Istitu-to tecnico superiore di Campo-basso specializzato nel segmen-to agro-alimentare. Davvero una donna di ferro.Ec

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    La Molisana: “Grano e algoritmicosì è la nuova filiera della pasta”

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    Un prodotto che è diventato molto più complesso: non è più una commodity da vendere investendo solo in comunicazione

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    paola pilati, campobasso

    Mugnai da un secolo, la famiglia Ferro nel 2011 rileva dal fallimento l’azienda e la riporta al 5 per cento del settore con nuove strategie

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    3Un interno dello stabilimento di Campobasso

    100PER CENTO

    È la percentuale di grano italiano che l’azienda utilizza grazie ad accordi con i produttori

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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    103MILIONI DI EURO

    È il fatturato dell’azienda, che ha investito 35 milioni in innovazione e sulla materia prima

    Focus

    In seguito al crack della famiglia Carlone la quota di mercato era scesa allo 0,3% mentre prima si batteva alla pari con la De Cecco

    1Una fase di produzione della pasta

    2Foto di gruppo della famiglia Ferro: davanti Vincenzo Ferro (amministratore unico della Fratelli Ferro); in piedi da sinistra Flavio (coo di La Molisana), Rossella (direttore marketing) e Giuseppe Ferro (ad di La Molisana)

    38Lunedì

    5 novembre2018

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    Data 05/11/2018

    Pagina 25

    Foglio 1

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    Il Sole 24 Ore Lunedì 5 Novembre 2018 25

    Focus

    I settori. Contratti di filiera, ricerca di base e, da sempre, scarsa disponibilità di materie prime hanno portato il «talento» dei territori ad essere in prima linea sul fronte della sostenibilità

    Green economy

    La sfida. È nella fase di ideazione di un prodotto che si coniugano estetica, fruibilità e materiali

    Design, sinergie tra le filiere per continuaread essere leaderMarco CappelliniDomenico Sturabotti

    Correva l’anno 1952quando Ernesto Na-than Rogers coniò,nell’ambito del XIIIcongresso dell’Icsid(International Council

    of Societies of Industrial Design),l’oramai celebre slogan dal Cuc-chiaio alla città per indicare, nonsenza ironia, l'ampio spettro disci-plinare del design.

    Sono passati meno di settant’an-ni e quel perimetro, nel frattempoampiamente superato, torna ad es-sere oggetto di una profonda revi-sione da parte del design, chiamatoa rispondere ad una nuova equazio-ne: creare più benessere, per moltepiù persone, in un contesto di risor-se limitate, rispettando l’ambiente.

    Una sfida epocale che cambieràradicalmente la geografia di beni eservizi, con grandi ricadute sul-l’economia. La Commission on theNew Climate Economy ha recente-mente stimato in 26 trilioni di dolla-ri l’indotto che verrà generato dallasola lotta al global warming, oltre 65milioni di nuovi posti di lavoro lowcarbon, equivalenti ad oltre un ter-zo dell’occupazione dell’UnioneEuropea a Ventotto.

    Una sfida che ha spinto negli ulti-mi cinque anni oltre 345mila impre-se italiane a investire in innovazionidi processo e di prodotto per miglio-rare il profilo ambientale di beni eservizi e che chiama le oltre 29milaimprese del design italiano a formu-lare soluzioni per un mondo più so-stenibile. Si, perchè è proprio nellafase di ideazione di prodotti e servi-

    zi che si disegna il loro futuro, anchenel mercato, e la sostenibilità am-bientale ed economica del sistema.

    Proprio per questo sono in moltia prevedere che nel medio periodocoabiteranno diverse modalità difruizione dei beni fisici: acquistabili,utilizzabili come servizi o. Ancheper i materiali potrebbe prospettarsiun nuovo futuro, da risorse da ac-quistare a risorse da affittare da co-loro che producono manufatti perun arco di tempo coincidente con ilciclo di vita dei prodotti.

    Una prospettiva di cambiamentoveramente ampia che, grazie pro-prio al support del design, sta già ri-disegnando cicli produttivi e inter-connettendo tra loro filiere: così lefiliere degli pneumatici iniziano adialogare con quelle degli sport,quelle agricole con quelle dell’arre-damento e del tessile, quelle dell’ab-bigliamento con quelle dell’edilizia.

    Una prospettiva che già oggi pre-mia coloro che investono sia in desi-gn che in green technologies comedimostrano le imprese italiane chenel periodo 2014-2017 hanno fattoinvestimenti di questo tipo, premia-te da performance economiche duevolte superiori rispetto a coloro chenon fanno questo tipo di investi-menti. Numeri che dimostrano chequesto è il campo della competizio-ne. Per tutti questi motivi, le nostreimprese e il sistema del design ita-liano sono chiamati ad un salto diqualità: la bellezza delle produzionideve convergere sempre più con lasostenibilità. Questa è una delle sfi-de più importanti, e allo stesso tem-po, più promettenti, alla quale èchiamato, ora, il made in Italy.

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    Automotive

    L’auto del futuro si guida in sharing (ed è elettrica)

    Condivisa, elettrica, (parzial-mente) autonoma. L’autodel futuro? Macché: l’autodel presente, anche se informa embrionale rispetto ai pro-getti di lungo corso dell’industria. Lafiliera italiana dell’automotive, set-tore da quasi 6mila imprese e 1,16milioni di addetti, si sta attrezzandoper restare al passo con gli impulsidel mercato. In parte per ragioninormative, con il pressing delle isti-tuzioni europee per ridurre le emis-sioni di CO2 e favorire la transizionea modelli di spostamento più soste-nibili. In parte per un cambio di pa-radigma che sta travolgendo i vecchischemi della mobilità internaziona-le: tramonta (lentamente) l’esigen-za di un’auto di proprietà ma si mol-tiplicano i modelli di fruizione di tra-sporti. La prima sfida per il settore èrappresentato proprio dall’avventodella sharing mobility, la cosiddettamobilità condivisa: piattaformaonline, accessibili via smartphone,che permettono di rintracciare e pa-gare sul momento servizi che vannodal classico car sharing (auto condi-vise, pagate al consumo) al bike sha-ring (idem, ma per le bici).

    In Italia, secondo dati dell’ultimoOsservatorio nazionale sulla sharingmobility, i servizi di condivisione so-

    no aumentati del 50% solo nel trien-nio 2015-2017, consentendo a 18 mi-lioni di italiani di spostarsi in manie-ra smart. Se poi si parla di tecnologiain senso stretto, arriva la seconda (edoppia) sfida del settore: l’elettrifi-cazione delle vetture.

    L’Italia è oggi già leader per quotadi vetture ad alimentazione alterna-tiva (il 24,1% su scala Ue), ma restaben al di sotto della media quando siparla di diffusione di vetture elettri-che: solo un’auto elettrica ogni 408,meglio della sola Grecia (una ogni443). Un gap che potrà essere colma-to dagli investimenti messi sul piattodalle grandi case automobilistiche(la sola Fca spenderà 9 miliardi di euro nei prossimi cinque anni), oltrea forme progressive di incentivazio-ne. In assenza di bonus pubblici na-zionali, la provincia di Bolzano harotto il ghiaccio erogando contribui-ti all’acquisto di modelli elettrici daparte di pubblico e privati. Sì, ma co-me si caricano le auto «eco» in as-senza di colonnine? Enel ha già an-nunciato una rete di ricarica capilla-re, formata da colonnine Quick(22kW) in città e Fast (50 kW) e UltraFast (fino a 350 kW) in quelle extra-urbane. Ora mancano “solo” i fatti.

    — Alb.Ma.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Arredo

    Eco-mobili in legno certificato o di riusoMarta Casadei

    Non solo belli, non solo fun-zionali. Oggi gli arredi ven-gono scelti sulla base di unaserie di valori e caratteristi-che che vanno ben oltre l’estetica e lacomodità di utilizzo. E che, nel tem-po, sono diventati fattori determi-nanti nella decisione d’acquisto.

    La sostenibilità è uno di questifattori-valori. Ed è uno dei vessillidell’industria italiana del legno-ar-redo, che secondo le rilevazioni Me-diobanca genera ricavi annui per41miliardi di euro. Approcci proget-tuali innovativi e ricerche sui mate-riali che da anni coinvolgono molteaziende, solo per fare alcuni esempi,Valcucine, Poliform, Lago. Ma an-che Caimi brevetti .

    Il lavoro di efficientamento (ener-getico e non solo) dell’industria dellegno-arredo made in Italy opera suun doppio binario: quello dei pro-cessi di lavorazione e quello dei pro-dotti. Tra questi ultimi ci sono, senzadubbio, i materiali: un ruolo di pri-m’ordine spetta sempre ai materialinaturali come il legno - oggi certifi-cato, frutto di una selezione “a bassoimpatto ambientale”, e quindi deri-vato non da deforestazioni ma , peresempio, da alberi caduti natural-

    mente o da foreste rigenerate, o, an-cora “di riuso” -, ma, specialmentenel segmento di mercato di fascia al-ta, sono sempre più diffusi materialiecosostenibili - biodegradabili o diriciclo - di nuova generazione. Chespesso si accompagnano a colora-zioni ad acqua, vernici atossiche.

    La tecnologia gioca sempre unruolo decisivo nel comparto arredi.Le componenti di cucine e bagni, peresempio, oggi sono pensate per of-frire soluzioni hi-tech che, tra i pro-pri effetti, vantano anche un rispar-mio energetico: rubinetti intelligen-ti e sanitari salva acqua; elettrodo-mestici a basso consumo energetico.Non è da meno l’industria dell’illu-minazione, protagonista di Eurolu-ce, dal 9 al 14 aprile 2019 alla fiera diMilano-Rho, nell’ambito del Salonedel Mobile: l’introduzione del Led haimpresso una svolta importante inquesto settore che ha fatto della so-stenibilità la propria bandiera.

    A garantire la continuità e l’effi-cacia dell’approccio eco-friendlynell’industria del mobile made inItaly è una peculiarità tutta nazio-nale: la presenza di tutti gli anellidella filiera produttiva sul territo-rio. Che lavorano in modo sinergicoal cambiamento.

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    Chimica

    Novamont ricava bioplastica da zucchero

    Q uando si parla di eccellen-ze made in Italy, alimenta-re e fashion sono sempre incima alla lista. Ma c’è unterzo settore che non ha nulla da in-vidiare alle prime due: la chimicaverde, soprattutto nella sua brancadella bioecomia. Per usare la defini-zione della Commissione europea, labioecomia è il processo che «usa lerisorse biologiche rinnovabili (pro-venienti dalla terra e dal mare) o i ri-fiuti come input per la produzioneindustriale, alimentare e mangimi-stica, energetica».

    Un segmento che vale 2.200 mi-liardi di euro su scala Ue, generandooltre 18 milioni di posti di lavoro.L’Italia, stando ai dati dell’ultimo re-port Bio-based industry Join Under-taking, svetta come primo paese Ueper fatturato pro capite nel settoredello sviluppo dei prodotti basati suprocessi biologici (come bioplasti-che ), secondo mercato Ue dopo laGermania per ricavi e occupazione inquesti ambiti (rispettivamente paria oltre 100 miliardi di euro e 500 milapersone), terzo paesi Ue con un girod’affari da 260 miliardi di euro, sem-pre a un passo da Germania (prima)e Francia (seconda). Due esempi, frai tanti, sono Novamont e Bio-On.Novamont, un’azienda di settore che

    viaggia su un fatturato di 195 milionidi euro, ha messo alle spalle una se-rie di progetti che spaziano dalla ri-qualificazione di impianti in disuso(come Porto Torres, in Sardegna,primo caso di riconversione di un si-to petrolchimico in una bioraffine-ria) all’industrializzazione di pro-dotti inediti: nel 2012 l’azienda hadato vita a Mater-Biotech , a suo direprima al mondo a produrre bio-bu-tandiolo da zuccheri su vasta scala.

    Bio-on, quotata sul segmentoAim a Piazza Affari (oggi capitalizza1 miliardo di euro), ha svelato a giu-gno 2018 a Castel San Pietro Terme(BO) il primo impianto per la produ-zione di Pha (poliidrossialcanoati).Lo stabilimento ha un valore stimatodi 20 milioni di euro tra impianti elaboratori, per una capacità produt-tiva che si aggira sulle 1000 tonnella-te annue. Anche in questo caso, l’im-presa è nata dalle ceneri di un pro-getto in abbandono: la struttura èstata realizzata in un’area di 30milametri quadri che ospitava una fab-brica di yogurt. Qui gli scarti agroin-dustriali, come il melasso che restadalla produzione di zucchero, saran-no riconvertiti in microperle biode-gradabili per l’industria cosmetica.

    —Alb.Ma.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessile

    Filati riciclati e organici,il Paese è in prima linea

    Al settore tessile-moda spettala poco lusinghiera meda-glia d’argento nella classifi-ca delle industrie più inqui-nanti al mondo, con il 10% delle emis-sioni globali di anidride carbonica enon solo. Colpa degli agenti chimiciimpiegati nei processi di tintura deitessuti e dei capi finiti, dei lavaggi deitanto popolari blue jeans, dell’uso ditessuti plastici e della sovrapprodu-zione di prodotti che va ad alimenta-re un mercato alla continua ricerca dinuova linfa: quello del fast fashion.

    Il settore non si è limitato a pren-dere atto passivamente del dato, maha messo in atto una vera e propria rivoluzione che, seppure lentamente,punta a ribaltare le logiche di siste-ma, soprattutto quando si parla di ca-pi e accessori d’altagamma. Ancheper andare incontro alle esigenze diun pubblico sempre più attento allaquestione sostenibilità.

    L’Italia - che deve al settore modanel suo complesso oltre 94 miliardi dieuro, di cui 20 assorbiti dal compartotessile - è in prima fila nella battagliaa favore della responsabilità ambien-tale e sociale. A confermare di questointeresse crescente, è il report «De-stination Zero» di Greenpeace, cheevidenzia come su 80 imprese (brande aziende manifatturiere) che hanno

    aderito alla campagna Detox a livellomondiale, 60 sono italiane.

    La riduzione dell’impatto am-bientale delle loro produzioni sitraduce in un triplice lavoro per leaziende che hanno operato o ope-rano sull’efficienza energetica deiloro stabilimenti, studiano proces-si di lavorazione alternativi eorientano i propri investimenti inricerca e sviluppo verso la creazio-ne di materiali innovativi, spessoimpiegando tecnologie di ultimagenerazione, che possano sop-piantare quelli più dannosi.

    È il caso di aziende tessili comeCanepa,che ha sviluppato Kitotex,un materiale organico biodegrada-bile (ottenuto riciclando l'esoschele-tro dei crostacei, scarto dell'indu-stria alimentare) da utilizzare nelprocesso di preparazione dei filatialla tessitura per abbattere l’impattoambientale. Oppure di Aquafil,azienda che ha inventato Econyl,una fibra tessile realizzata con le retida pesca riciclate.

    Decisivo anche il lavoro delle isti-tuzioni: la Camera della Moda che hafatto della sostenibilità uno dei capi-saldi della strategia di promozione della moda italiana all’estero.

    —Ma.Cas.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Agrifood

    Dalla carne alla pastavola il contratto di rete

    L’attenzione per la sostenibilitàambientale paga: l’agricoltu-ra italiana è al primo posto inEuropa in termini di valoreaggiunto prodotto, con 31,5 miliardi,davanti alla Francia (28,8 miliardi), al-la Spagna (26,4) e alla Germania (17,5).

    L’agrifood italiano ha molti prima-ti green. Il nostro è il secondo Paese dell’Unione europea per superficieagricola a biologico, e nel 2017 è statoanche la seconda nazione al mondo per export di prodotti bio, con 1,9 mi-liardi di euro: solo gli Usa hanno fattomeglio, com 2,4 miliardi.

    I dati arrivano dal rapporto cheSymbola ha realizzato insieme a Coldiretti. E che indicano come l’at-tenzione per l’ambiente possa diven-tare la chiave per incrementare il bu-siness. Ci è riuscita per esempio la Chiesa Virginio, che produce ortaggie che ha costruito il proprio successovalorizzando lo scarto di produzionedel pomodoro: dalle sue bucce ha estratto la cutina, e l’ha trasformata inbioresina per realizzare un tipo di ver-nice per le latte al cui interno non c’è chimica, ma solo natura. Sempre dagliscarti, ma questa volta del melograno,il progetto Melovita ha ricavato una bioplastica per il packaging.

    L’obiettivo del risparmio energe-tico è invece lo stimolo che ha con-

    sentito alla startup Robonica di in-ventare Linfa, una serra smart mo-dulare, dove la luce del sole viene si-mulata dai Led e un sistema di irrigazione idroponico consente dicoltivare anche in casa.

    Una spinta verso la sostenibilitàarriva anche dai contratti di filiera, portati avanti soprattutto dalla Coldiretti: dalla carne all’olio extra-vergine di oliva, dal frumento teneroall’aceto. Il progetto di filiera sulla car-ne bovina, per esempio, firmato da Coldiretti, Inalca, Bonifiche Ferraresie Filiera Bovini Italia, nasce per garan-tire un prezzo minimo agli allevatoripari ai costi di produzione e allo stessotempo offrire un contributo al sistemaPaese con la riduzione delle importa-zioni. Per gli allevatori è previsto an-che un premium price rispetto alle quotazioni di mercato. In linea conquesti principi è anche il contratto difiliera sul grano biologico realizzato da Coldiretti con Consorzi agrari d’Italia, Fai (Filiera Agricola Italiana)e il guppo Casillo, che prevede la for-nitura ogni anno di 300 milioni di chilidi grano duro biologico 100% italianodestinato alla produzione di pasta, e 300 milioni di chili di grano tenero bio100% italiano per il pane.

    —Mi.Ca.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Mobilità smart.Secondo l’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility, i servizi di condivisione sono aumentati del 50% nel triennio 2015-17, e riguardato18 milioni di italiani

    Materiali alternativi.Soprattutto sulla fascia alta, sono sempre più diffusi materiali ecosostenibili - biodegradabili o di riciclo - che si accompagnano a colorazioni ad acqua e vernici atossiche.

    Due facce. Sono del comparto tessile il 10% delle emissioni inquinanti nel mondo. Ma, in Italia, ci sono anche aziende che sviluppano filati dalle reti da pesca e dagli esoscheletri dei crostacei

    Rifiuti di valore.Bio-on, quotata sul segmento Aim a Piazza Affari, ha svelato a giugno, a Bologna, il primo impianto di Pha (bioplastica da zucchero). Lo stabilimento ha un valore stimato di 20 milioni di euro

    Performance nel 2017 delle imprese che hanno investito in design e in green technologies nel triennio 2015-2017 a confronto con quelle che non hanno investito. Quota di imprese che hanno registrato un aumento nel 2017 rispetto al 2016

    Hanno incrementato il fatturato nel 2017

    Hanno incrementato l’occupazione nel 2017

    Hanno incrementato l’export nel 2017

    Non hanno investito in green technologies

    Hanno investito in green technologiesHanno investito in green technologies e design

    46% 32% 24% 42% 28% 21% 44% 34% 27%

    Fonte: Unioncamere

    Il confrontoMARKA

    Agrifood

    Dalla carne alla pastavola il contratto di rete

    L’attenzione per la sostenibilitàambientale paga: l’agricoltu-ra italiana è al primo posto inEuropa in termini di valoreaggiunto prodotto, con 31,5 miliardi,davanti alla Francia (28,8 miliardi), al-la Spagna (26,4) e alla Germania (17,5).

    L’agrifood italiano ha molti prima-ti green. Il nostro è il secondo Paese dell’Unione europea per superficieagricola a biologico, e nel 2017 è statoanche la seconda nazione al mondo per export di prodotti bio, con 1,9 mi-liardi di euro: solo gli Usa hanno fattomeglio, com 2,4 miliardi.

    I dati arrivano dal rapporto cheSymbola ha realizzato insieme a Coldiretti. E che indicano come l’at-tenzione per l’ambiente possa diven-tare la chiave per incrementare il bu-siness. Ci è riuscita per esempio la Chiesa Virginio, che produce ortaggie che ha costruito il proprio successovalorizzando lo scarto di produzionedel pomodoro: dalle sue bucce ha estratto la cutina, e l’ha trasformata inbioresina per realizzare un tipo di ver-nice per le latte al cui interno non c’è chimica, ma solo natura. Sempre dagliscarti, ma questa volta del melograno,il progetto Melovita ha ricavato una bioplastica per il packaging.

    L’obiettivo del risparmio energe-tico è invece lo stimolo che ha con-

    sentito alla startup Robonica di in-ventare Linfa, una serra smart mo-dulare, dove la luce del sole viene si-mulata dai Led e un sistema di irrigazione idroponico consente dicoltivare anche in casa.

    Una spinta verso la sostenibilitàarriva anche dai contratti di filiera, portati avanti soprattutto dalla Coldiretti: dalla carne all’olio extra-vergine di oliva, dal frumento teneroall’aceto. Il progetto di filiera sulla car-ne bovina, per esempio, firmato da Coldiretti, Inalca, Bonifiche Ferraresie Filiera Bovini Italia, nasce per garan-tire un prezzo minimo agli allevatoripari ai costi di produzione e allo stessotempo offrire un contributo al sistemaPaese con la riduzione delle importa-zioni. Per gli allevatori è previsto an-che un premium price rispetto alle quotazioni di mercato. In linea conquesti principi è anche il contratto difiliera sul grano biologico realizzato da Coldiretti con Consorzi agrari d’Italia, Fai (Filiera Agricola Italiana)e il guppo Casillo, che prevede la for-nitura ogni anno di 300 milioni di chilidi grano duro biologico 100% italianodestinato alla produzione di pasta, e 300 milioni di chili di grano tenero bio100% italiano per il pane.

    —Mi.Ca.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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