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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected]www.ancesicilia.it La Rassegna Stampa è consultabile nel sito: www.ancesicilia.it Del

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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected] – www.ancesicilia.it

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https://qds.it/agenzia-entrate-in-sicilia-gli-immobili-valgono-meno-rispetto-al-resto-ditalia/

Agenzia Entrate, in Sicilia gli immobili

valgono meno rispetto al resto d’Italia Serena Giovanna Grasso |

Il valore medio di ogni casa venduta nel 2019 è stato di 99.700 euro (161.600 in Italia. Nella

nostra regione il fatturato complessivo è stato di 3,8 miliardi di euro: +1,6% sul 2018

PALERMO – Nel 2019 le compravendite di abitazioni avvenute in Sicilia hanno condotto ad

una movimentazione pari a 3,8 miliardi di euro, appena l’1,6% in più rispetto a quanto

rilevato nel corso dell’anno precedente (corrispondente ad appena il 4% del fatturato nazionale).

Questi sono alcuni dei dati contenuti all’interno del “Rapporto immobiliare 2020 – Il settore

residenziale”, diffuso dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.

Complessivamente, in Italia il fatturato delle compravendite ha raggiunto un valore pari

a 97,5 miliardi di euro (+3,5% rispetto all’anno precedente). Circa un quarto del totale è stato

speso per gli immobili ubicati nella sola regione Lombardia, con una quota che sfiora i 24

miliardi di euro, pari al 24,6% dell’ammontare complessivo nazionale (in aumento del 6,4%

rispetto al 2018).

Rispetto al 2018, la regione con il tasso di crescita più elevato in termini percentuali è stata

la Valle d’Aosta (+14,7%). Dall’altra parte Lazio (+0,3%) e Toscana (+0,4%) con incrementi

di fatturato minimi, quasi impercettibili. In generale, però, è opportuno rilevare come tutte le

regioni dello Stivale chiudano il bilancio annuale con rialzi.

In Sicilia il fatturato medio per unità immobiliare venduta è tra i più bassi in Italia: infatti,

si tratta del quarto valore più contenuto, pari a 99.700 euro, 600 euro inferiore rispetto a quanto

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rilevato nel corso dell’anno precedente. Calabria (80.300), Basilicata (94,100) e Molise

(91.800) sono le regioni in cui il valore medio degli immobili venduti è più contenuto. Il valore

medio nazionale è pari a 161.600 euro. Nel Lazio, in Toscana e in Liguria si osservano i valori

più elevati in Italia, superiori ai 200 mila euro (dunque, più del doppio rispetto al valore medio

osservato nell’Isola).

L’ammontare di capitale erogato sotto forma di mutui ipotecari nel 2019 ha subìto una

crescita quasi in tutte le regioni: le uniche eccezioni sono rappresentate dall’Isola (-0,3%,

complessivamente pari a 1,4 miliardi di euro), Lazio (-1,2%), Calabria (-1,5%), Campania (-

1,7%), Piemonte (-3,1%) e Liguria (-4,6%). A livello nazionale l’incremento medio di capitale

erogato ammonta al +2,2%. I rialzi più sostenuti si osservano in Valle d’Aosta (+16,2%) e Friuli

Venezia Giulia (+11,9%). A seguire troviamo Basilicata (+10%) e Sardegna (+9%).

Il valore del capitale unitario erogato in ciascuna regione riflette le differenze emerse nella

lettura dei dati relativi al fatturato unitario. Infatti, in Sicilia è pari a quasi 106 mila euro,

duecento euro in meno rispetto al 2018. A livello nazionale il capitale unitario erogato ammonta

mediamente a 127.400 euro. In generale, il capitale erogato è massimo nel Lazio (152 mila

euro), mentre scende a 91.000 euro in Calabria.

Il tasso di interesse risulta più basso del valore medio nazionale in tutte le regioni settentrionali.

Un tasso inferiore al 2,12% si osserva anche in Toscana (2,06%), mentre i valori più alti si

registrano in tutte le altre regioni, con il massimo osservato in Calabria, Campania e Lazio

(2,31% in tutti e tre i casi). In Sicilia il tasso si presenta lievemente superiore al valore medio

nazionale (ovvero, pari al 2,22%).

Infine, il valore medio della rata mensile in Sicilia ammonta a 500 euro ed è il sesto valore

più contenuto in Italia: infatti, valori inferiori si osservano in Molise (456 euro), Umbria (461

euro), Calabria (465 euro), Abruzzo (481 euro) e Puglia (496 euro). A causa degli elevati livelli

di prezzo delle abitazioni, il Lazio invece mostra il valore massimo, pari a 679 euro mensili.

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https://qds.it/credito-di-imposta-e-minore-burocrazia-le-zes-spalancano-catania-agli-investitori/

Le Zes spalancano Catania agli investitori Melania Tanteri |

Andrea Annunziata (Presidente Autorità portuale): “Grande opportunità”. Rota (Cgil): “Può

avere un forte impatto”

CATANIA – Un provvedimento atteso da lungo tempo e, finalmente, divenuto realtà. È

unanime il coro di soddisfazione per la firma da parte del ministro per il Sud, Giuseppe

Provenzano, che istituisce ufficialmente le due Zone Economiche Speciali per la Regione

Siciliana, una per la Sicilia Orientale e una per la Sicilia Occidentale, ideate per attrarre

investimenti, in particolare nell’ambito dell’economia portuale e in settori come la logistica, i

trasporti ed il commercio, e per accompagnare la transizione ecologica degli insediamenti

produttivi, attraverso la semplificazione amministrativa e a forti sgravi fiscali.

Dalla politica, al sindacato, all’economia, sono altissime le aspettative per quella che viene definita da più parti “un’occasione” di sviluppo, che potrebbe consentire anche alla

provincia etnea di crescere, e al suo porto, in sistema con quello di Augusta, di diventare

maggiormente competitivo. Come spiega Andrea Annunziata, presidente dell’Autorità di

Sistema Portuale della Sicilia Orientale, che si definisce soddisfatto per i vantaggi che

le Zone economiche speciali potranno dare all’intero territorio. “Intanto mi preme fare un

doveroso ringraziamento a chi ha permesso il raggiungimento di questo obiettivo, il governo

regionale e quello nazionale – afferma Annunziata – con qualche correzione che richiedevano

sia il territorio che le esigenze economiche”.

“Non c’è oggi una sola area svantaggiata in Europa dove non ci sia stata una continua crescita

del prodotto interno lordo – prosegue – e questo è dovuto ai due fattori importanti che mettono

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in campo le Zes: i vantaggi fiscali, parliamo del credito di imposta e non solo, e la

semplificazione. Non so quale dei due aspetti gli investitori troveranno più vantaggiosi –

continua – ma questa è un’opportunità”.

Per tutti, secondo il presidente dell’Autorità portuale, ancora maggiore di fronte alla crisi

economica acuita dall’emergenza sanitaria. “Abbiamo fatto un lavoro importante per il porto e

per il retro porto – continua Annunziata. Abbiamo provveduto a dare le indicazioni di nostra

competenza, la Regione le ha fatte sue, comprendendo sia le aree costiere che quelle a ridosso

della portualità, ma è evidente che non c’è area che, a effetto domino, non sarà coinvolta”.

Per il territorio catanese sono contemplati i territori di Acireale, Belpasso, Catania con il

Porto e con il Retro-porto, Paternò, Caltagirone, Vizzini, Militello, Mineo e Scordia. Per la Cgil

di Catania, l’approvazione delle Zes in Sicilia rappresenta “una buona occasione per il rilancio

dell’attività produttiva e per l’economia siciliana, che può avere anche un forte impatto nel

territorio catanese”.

“Anche se abbiamo atteso a lungo questa istituzione definitiva – commenta il segretario della

Camera del Lavoro, Giacomo Rota insieme alla segretaria confederale della Cgil, Rosaria

Leonardi – oggi pensiamo che cada favorevolmente in un momento delicatissimo per le

imprese, per i lavoratori e per le loro famiglie che, a seguito dell’emergenza Covid, hanno perso

importanti pezzi di reddito, di produttività e di liquidità che hanno conseguenze tragiche per

l’economia dell’intero territorio catanese”.

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Investimenti/2. Buia: sfruttare la grande occasione del recovery fund per rigenerare le città M.Fr.

Demolizione e ricostruzione e digitalizzazione sono le parole chiave per adeguare le aree

urbane alle esigenze della collettività e dei nuovi stili di vita e di lavoro

La «grande occasione» costituita dalle risorse del recovery fund andrebbe sfruttata «per promuovere una vera rigenerazione urbana, orientata a sostenibilità e innovazione». Lo ha detto il presidente dell'Ance, Gabriele Buia, ieri agli Stati generali promossi dal governo, in svolgimento a Villa Pamphili a Roma, intervenendo dopo il discorso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «La città - ha rimarcato il presidente dei costruttori edili - è la grande sconosciuta: nessun accenno nei programmi di rilancio, nessuno nel Piano Colao, pochi cenni nelle proposte del Governo. Eppure è lì che si giocano le vere sfide del futuro». «O forse - ha aggiunto Buia - pensiamo di tornare a crescere e a giocare un ruolo chiave in termini di competizione dei territori con città degradate, inquinanti e obsolete?». «Non si può pensare di cambiare la città solo con programmi di social housing e risorse con il contagocce: 800 milioni di euro in 15 anni! Occorre avviare un Piano di innovazione e di trasformazione delle città per adeguarsi alle esigenze della collettività e dei nuovi stili di vita e di lavoro», ha suggerito Buia, sottolineando che «demolizione e ricostruzione e la digitalizzazione sono le parole chiave». «Senza un programma capace di attuare e rendere concreti questi obiettivi - ha aggiunto facendo riferimento all'istituto dell'Interesse pubblico, all'abolizione Dm del '68 sugli standard edilizi e alla revisione legge urbanistica del '42 - è inutile che continuiamo a parlarne». Il presidente dei costruttori non ha risparmiato al governo stoccate polemiche per evidenziare il bilancio deludente nel confronto tra riforme attese e misure effettivamente adottate. «Negli ultimi 18 mesi ho partecipato a ben 8 tavoli di matrice governativa e uno di questi l'anno scorso a luglio lo presiedeva lei esattamente come oggi - ha detto -. Però questo deve essere l'ultimo». «Non possiamo ricominciare da capo», ha proseguito il presidente dei costruttori dopo aver ricordato che le proposte dell'associazione sono state inviate al governo in più occasioni. Buia ha chiesto pertanto al governo di sapere «come tutti questi programmi si traducono in azioni concrete in tempi definiti e controllabili». Il numero uno dell'Ance ha incalzato il governo ricordando che il decreto semplificazioni, con le misure di snellimento delle norme sulle opere pubbliche, «è già in ritardo di quasi 20 giorni da quando era stato annunciato». E ha poi rinnovato la richiesta di un «piano per l'efficienza della Pa» che sfrutti le potenzialità della digitalizzazione, introduca termini perentori per le decisioni, tagli i passaggi e delle sovrapposizioni decisionali, ridefinisca l'abuso d'ufficio e il danno erariale e fissi in massimo 60 giorni i tempi per le conferenze di servizi». «Invece di semplificare, gli

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stessi hanno dato vita a un mostro a 7 teste, oggi forse anche 8, con la proposta Colao», ha inoltre rilevato Buia facendo riferimento a «tutte le strutture dello Stato che avrebbero il compito di accelerare gli investimenti pubblici» (Strategia Italia, InvestItalia, Dipe, Struttura per la progettazione, Italia Infrastrutture Spa, Cdp e Invitalia. «Serve quindi un atto di coraggio e di forza politica, presidente dimostriamo che siamo in grado di farlo!», ha invocato Buia rivolgendosi al premier. Conte: Dl Semplificazioni prossima settiamna in Cdm Dal premier è arrivata nella stessa giornata una risposta alle sollecitazioni dell'Ance. «Gli uffici - ha detto il premier riferendosi al decreto legge semplificazione - ci stanno lavorando anche in questi giorni e ci aggiorniamo costantemente, i passaggi dovrebbero completarsi questa settimana e mi piacerebbe portarlo già settimana prossima in Consiglio dei ministri». «Ovviamente - ha aggiunto - dobbiamo confrontarci con le forze di maggioranza: è un testo importante, è la premessa del piano di rilancio a cui stiamo lavorando».

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Investimenti/1. Cresme: nel 2020 crollo dell'8,6%, dal superbonus nessun effetto quest'anno Massimo Frontera

Lorenzo Bellicini: prorogando lo sgravio al 2022 effetto traino complessivo sul settore con

una crescita di +7,9% nel 2021 e +9,4% nel 2022

«Nel 2020 gli investimenti in costruzioni vedranno un calo dell'8,6% rispetto all'anno prima, con la componente delle nuove costruzioni a -6,7%, con un +1,7% per le opere del Genio civile, un -0,2% del non residenziale pubblico, un -12% di nuovo residenziale e un -10% del non residenziale privato». Questo il quadro previsionale del Cresme per l'anno in corso descritto da Lorenzo Bellicini, direttore tecnico dell'istituto di ricerca romano, presentando ieri in videoconferenza l'edizione speciale del Rapporto congiunturale. Per quest'anno, chiarisce Bellicini, non c'è da attendersi alcun effetto dal superbonus del 110%. «Per gli investimenti di rinnovo siamo a -9,6%», stima il direttore del Cresme: «non pensiamo che gli incentivi, anche quelli che arriveranno, avranno un impatto sul mercato». Tutte le speranze sono invece puntate sui prossimi anni, in cui il settore delle costruzioni spera fortemente in un effetto traino del superincentivo, oltre a prevedere - più in generale - un "rimbalzo" che compenserà in parte la clamorosa perdita di quest'anno. Per tener conto dell'incertezza normativa - il decreto rilancio che contiene la misura del superbonus del 110% non è ancora stato convertito in legge - il Cresme prospetta due scenari, a seconda che lo sgravio cessi alla fine del 2021 oppure che sia prorogato al 2022. Nel primo caso, il beneficio regalerebbe all'intero segmento delle ristrutturazioni (pubblico/privato residenziale/non residenziale e genio civile) un tasso di crescita pari a +9,1% nel 2021, seguito da un +4,9% nel 2022. Se invece il superbonus sarà prorogato a tutto il 2020, l'effetto sarebbe di gran lunga più potente, con un incremento - sempre dell'intero settore delle ristrutturazioni - di +8,3% nel 2021 e di +12% nel 2022. Sempre stando a quest'ultima proiezione, il traino dal superbonus consentirebbe un incremento complessivo degli investimenti - «con tutti i motori delle costruzioni accesi» - pari +7,9% nel 2021 e a +9,4% nel 2022, che compenserebbero ampiamente la perdita dell'8,6% patita dal comparto a causa della pandemia. «Da questo provvedimento - ribadisce Bellicini - ci aspettiamo un impatto importante». Il tracollo dell'immobiliare Anche l'impatto del covid sull'immobiliare è stato molto pesante. Secondo il Cresme la curva dell'indice dei prezzi delle abitazioni proseguirà a flettere, facendo segnare un -0,5% ne 2020 (quando invece a novembre scorso si prevedeva un ritorno in territorio positivo) «e il differenziale si accumulerà tutto tra il 2021 e il 2023». Ancora più pesante il calo del fatturato, che nel 2020, secondo il Cresme, sarà del 22%, pari a quasi 26 miliardi in meno rispetto al 2019 (82,5 miliardi nel 2020 contro i 105,7 del 2019).

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Gare, nessuna esclusione automatica in caso di subappalto «necessario» Roberto Mangani

Nell'ipotesi in cui il subappaltatore indicato in sede di offerta abbia perso i requisiti di

qualificazione in corso di gara. Lo afferma il Consiglio di Stato Anche nel caso del subappalto così detto necessario o qualificatorio – in cui cioè il ricorso al subappalto è indispensabile per supplire a una carenza di qualificazione del concorrente – nell'ipotesi in cui il subappaltatore indicato in sede di offerta abbia perso i requisiti di qualificazione in corso di gara, l'esclusione del concorrente non è automatica. In questa ipotesi è infatti rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante la possibilità di procedere alla sostituzione del subappaltatore, tenuto anche conto della presenza, nell'ambito della terna di subappaltatori indicata in sede di offerta, di altri soggetti in possesso dei prescritti requisiti. Sono queste le affermazioni contenute nella pronuncia del Consiglio di Stato, 4 giugno 2020, n.3504, che ritorna sul tema del subappalto necessario introducendo un elemento di flessibilità nel funzionamento dell'istituto.

Il fatto. L'Aler di Milano aveva svolto una procedura aperta per l'affidamento del servizio di pulizia nei propri immobili, suddivisa in più lotti. A fronte dell'aggiudicazione un concorrente partecipante a più lotti impugnava gli atti di gara in relazione a una serie articolata di motivi di ricorso. Tali motivi venivano tutti disattesi dal giudice amministrativo di primo grado, che confermava la legittimità degli atti posti in essere dalla stazione appaltante. Il ricorrente originario proponeva appello al Consiglio di Stato, incentrandolo stavolta su un solo motivo di ricorso. Tale motivo si fondava sulla clausola del bando di gara secondo cui, relativamente a determinate prestazioni incluse nell'appalto, i concorrenti non in possesso dei necessari requisiti – nello specifico l'iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali per categorie e classi adeguate – potevano ricorrere al subappalto delle stesse a favore di operatori qualificati (appunto il così detto subappalto necessario o qualificatorio). Lo stesso bando prevedeva che in questo caso il concorrente era tenuto a indicare in sede di offerta una terna di subappaltatori e che il mancato possesso dei requisiti da parte di uno dei subappaltatori avrebbe comportato l'esclusione del concorrente dalla gara. Il ricorrente evidenziava che in corso di gara uno dei subappaltatori indicati da più di un concorrente aveva perso il prescritto requisito relativo all'iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali, avendo subito un declassamento di detta iscrizione. In particolare tale declassamento era avvenuto dopo l'approvazione della graduatoria finale ma prima dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva. Di conseguenza secondo il ricorrente, anche in relazione alla prescrizione del bando, la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all'esclusione di tutti i concorrenti che avevano indicato il suddetto subappaltatore nell'ambito della terna. Questo motivo di censura è stato respinto dal giudice amministrativo di primo grado. Quest'ultimo ha infatti ritenuto che in relazione alla particolarità della fattispecie – in cui il requisito era originariamente posseduto dal subappaltatore che lo ha perso in sede di gara - era da consentire la sostituzione dello stesso da parte dei concorrenti.

Il subappalto necessario o qualificatorio. Contro la decisione del giudice di

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primo grado l'originario ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato. Alla base dell'appello la considerazione secondo cui, poiché il subappaltatore aveva perso il suo requisito prima del provvedimento di aggiudicazione definitiva, tutti i concorrenti che avevano indicato tale subappaltatore dovevano essere esclusi per carenza di qualificazione. E infatti l'ipotesi andrebbe assimilata a quella in cui è il concorrente stesso che durante lo svolgimento della gara perde i requisiti di qualificazione, poiché il subappalto qualificatorio viene a incidere direttamente sulla qualificazione del concorrente. Né l'ipotesi in esame potrebbe essere ricondotta a quella disciplinata dall'articolo 105, comma 12 del D.lgs. 50. Quest'ultima disposizione consente infatti la sostituzione del subappaltatore nei confronti del quale sia stato rilevato un motivo di esclusione per carenza dei requisiti generali, ma purché ciò avvenga nella fase di esecuzione del contratto di appalto.

In sostanza, a fronte della sopravvenuta carenza di un requisito in capo al subappaltatore si avrebbe una doppia disciplina a seconda del momento in cui tale carenza si manifesta. Nel caso si manifesti durante lo svolgimento della gara si dovrebbe procedere all'esclusione del concorrente; mentre nel caso avvenga nella fase esecutiva, si potrebbe procedere alla sostituzione del subappaltatore. Questa prospettazione del ricorrente è stata respinta dal Consiglio di Stato.

In via preliminare il giudice amministrativo di secondo grado ricorda che anche dopo l'entrata in vigore del D.lgs. 50 vi è ancora spazio nell'ordinamento dei contratti pubblici per il subappalto necessario o qualificatorio. Né è testimonianza proprio il bando in questione, in cui la stazione appaltante ha esplicitamente previsto che i concorrenti che non fossero in possesso dei requisiti di qualificazione in relazione a determinate prestazioni potessero ricorrere al subappalto, indicando in sede di offerta una terna di subappaltatori adeguatamente qualificati.

Ciò premesso, la questione che si pone è se, nell'ipotesi in cui il subappaltatore che "supplisce" alla carenza di qualificazione del concorrente perda il suo requisito in corso di gara, si possa procedere alla sostituzione dello stesso. Secondo il Consiglio di Stato per dare risposta alla questione occorre considerare le previsioni contenute negli articoli 80, comma 5, lettera c) e 105, comma 12 del D.lgs. 50. In particolare, secondo la prima norma qualora in corso di gara emerga un motivo di esclusione nei confronti di uno dei subappaltatori indicati nella terna la stazione appaltante deve procedere all'esclusione del concorrente. L'articolo 105, comma 12 consente invece la sostituzione del subappaltatore nel caso in cui il motivo di esclusione emerga nella fase di esecuzione del contratto. Dalla lettura coordinata di queste due norme il Consiglio di Stato ricava una prima conclusione: non è legittimo estendere alla fase di gara una previsione – la possibilità di sostituzione del subappaltatore – che vale solo per la fase esecutiva.

Questa prima conclusione va tuttavia riconsiderata alla luce dell'orientamento accolto dalla Corte di giustizia Ue con la recente sentenza del 30 gennaio 2020, causa C- 395/18. Con questa pronuncia il giudice comunitario ha sancito l'incompatibilità con la direttiva Ue di una norma nazionale che sancisca il carattere automatico dell'esclusione del concorrente qualora nei confronti di un subappaltatore indicato in sede di offerta ricorra una causa di esclusione. Questo principio affermato dalla Corte di giustizia influisce anche sulla soluzione del caso in esame. Infatti, nonostante il principio sia stato sancito in relazione alle cause di esclusione derivanti dalla mancanza

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dei requisiti generali di idoneità morale, la medesima conclusione deve valere anche nell'ipotesi in cui la carenza riguardi i requisiti speciali di qualificazione, che anzi deve considerarsi meno grave rispetto alla prima.

Né si può ritenere che il divieto di esclusione automatica del concorrente non possa operare in relazione al subappalto c.d. qualificatorio in quanto a tale tipologia di subappalto non sarebbe applicabile la disciplina che riguarda l'istituto nella fase tipicamente esecutiva. Ciò in quanto anche questa particolare tipologia di subappalto attiene comunque alla fase esecutiva, e rileva nell'ambito della gara ai soli fini dell'indicazione in sede di offerta dei subappaltatori in possesso dei necessari requisiti di qualificazione. In sostanza, l'indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta accompagnata dalla dichiarazione che a uno dei tre subappaltatori il concorrente intende affidare l'esecuzione di quelle prestazioni rispetto alle quali egli ha un deficit di qualificazione, non trasforma i caratteri peculiari dell'istituto, che continua a configurarsi come un tipico subappalto proprio della fase esecutiva. Il rapporto tra il concorrente e il subappaltatore – diversamente da quanto accade nel caso dell'avvalimento – non è in alcun modo attratto nella fase della gara, ma continua a rilevare solo nella fase esecutiva. Quanto all'obiezione fondata sulla specifica clausola del bando di gara secondo cui il mancato possesso dei prescritti requisiti di qualificazione da parte di uno o più subappaltatori indicati nella terna avrebbe comportato, nel caso di subappalto c.d. qualificatorio, l'esclusione del concorrente dalla gara, il giudice amministrativo ha ritenuto che della stessa si dovesse dare un'interpretazione comunitariamente orientata. Ciò implica che la lettura che occorre dare di questa clausola è quella che ne privilegia un'interpretazione conforme alla disciplina sul subappalto contenuta nelle norme comunitarie. Di conseguenza, l'esclusione poteva essere disposta dalla stazione appaltante in maniera automatica solo nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna fosse risultato privo dei requisiti di qualificazione fin da subito, cioè fin dal momento dell'inserimento del suo nominativo in sede di offerta (e anche rispetto a questa ipotesi sarebbero comunque residuati dubbi sulla legittimità di una tale soluzione). Al contrario la clausola del bando non può essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell'esclusione anche alla diversa ipotesi in cui il subappaltatore, originariamente in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione, li abbia poi persi in corso di gara. L'insieme delle indicate considerazioni porta a una conseguente conclusione: nel caso di indicazione di una terna di subappaltatori in sede di offerta, l'esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore che in corso di gara abbia perso i requisiti non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto necessario o qualificatorio, potendo la stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore.

L'indicazione della terna dei subappaltatori. Come è noto l'obbligo di indicare in sede di offerta la terna dei subappaltatori è stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 dal c.d. Decreto sblocca cantieri. Tuttavia le conclusioni cui giunge il Consiglio di Stato possono mantenere una loro validità per la specifica ipotesi del subappalto qualificatorio, rispetto al quale non si può escludere che le stazioni appaltanti, nel consentirlo, impongano la preventiva indicazione della terna di subappaltatori. Anche se, a rigore, un'indicazione in questo senso non appare pienamente aderente a a quanto statuito dall'Adunanza Plenari del Consiglio di Sato nella nota sentenza n. 9 del 2015.

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Appalti, nessuna conseguenza per l'aggiudicatario se diminuisce il fatturato specifico a cura di PlusPlus24 Diritto

La rassegna settimanale delle principali pronunce del Consiglio di Stato in materia di

appalti pubblici e gare

Gara - Concessione per novanta anni del diritto di superficie - Violazione dell'art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 - Conferenza di servizi - Illegittimo esercizio dell'attività amministrativa - Esclusione - Danno ingiusto - Non configurabilità Il provvedimento di revoca che ha ad oggetto un atto endo-procedimentale, quale l'aggiudicazione provvisoria della gara, cioè un atto ad effetti non stabilizzati inidoneo a determinare un affidamento qualificato neppure in capo all'aggiudicatario provvisorio, rientrando nel potere discrezionale dell'Amministrazione, prescinde, dall'applicazione dell'articolo 21 quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara. Consiglio di Stato, Sezione 4, Sentenza 8 giugno 2020, n. 3619 Contratti della Pubblica amministrazione – Requisiti di partecipazione - Fatturato specifico - Affitto di ramo d'azienda - Durata inferiore rispetto alla durata dell'appalto aggiudicato – Irrilevanza – Ratio Il requisito del fatturato specifico ottenuto nel triennio precedente alla pubblicazione del bando rileva ai fini dell'ammissione dei concorrenti alla procedura; sicché, dopo l'aggiudicazione, esso può anche venir meno (perché, per esempio, nell'anno successivo il fatturato è calato), senza che l'impresa patisca alcuna conseguenza rispetto all'esecuzione del contratto; ne consegue che non rileva, ai fini dell'aggiudicazione, che l'affitto di ramo d'azienda sia di durata inferiore rispetto alla durata dell'appalto aggiudicato. Consiglio di Stato, Sezione 3, Sentenza 5 giugno 2020, n. 3585 Contratti della PA - Affidamento - Gara - Offerta - Sub-procedimento di anomalia - Competenza - RUP - Art. 77, d.lgs. n. 50 del 2016 - Applicazione Il sub-procedimento di anomalia è di competenza del Rup e non della commissione di gara, le cui incombenze si esauriscono con la «valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico» ex art. 77, d.lgs. n. 50 del 2016. Deve infatti confermarsi il principio secondo cui anche nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016 il legislatore ha rimesso proprio al Rup ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice

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anche per la fase de qua. Consiglio di Stato, Sezione 3, Sentenza 5 giugno 2020, n. 3602 Valutazione dell'offerta tecnica - Commissione di gara – Discrezionalità – Sindacato giurisdizionale – Limiti La valutazione delle offerte nonché l'attribuzione dei punteggi da parte della commissione valutatrice rientrano nell'ampia discrezionalità di cui essa gode, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica sono inammissibili le censure che riguardino nel merito di valutazioni per loro natura opinabili, e sollecitano il Giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall'articolo 134 C.p.a. Consiglio di Stato, Sezione 5, Sentenza, 26 maggio 2020, n. 3348

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