17 luglio 2009 - BNP Paribas · crescita dei prestiti totali scende al +2% dopo il +3,1% di marzo...

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Un confronto tra la recessione in Italia del 2008-09 e quella del 1992-93 (valore aggiunto ai prezzi base; valori concatenati) 80 85 90 95 1992/1 1992/2 1992/3 1992/4 1993/1 1993/2 1993/3 1993/4 1994/1 1994/2 2008/1 2008/2 2008/3 2008/4 2009/1 100 105 Industria in senso stretto Costruzioni Servizi Totale Recessione 1992-93 (numero indice destagionalizzato; I trim. 1992=100) Recessione 2008-09 (numero indice destagionalizzato; I trim. 2008=100) Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Pag. 5 - Si ferma la caduta della produzione industriale in Italia. Superata l'emergenza, lo scenario ripropone il tema di un rilancio strutturale dell'industria che gli effetti della crisi rendono ancora più centrale quanto impegnativo. La flessione nell'industria spiega quasi due terzi della contrazione registrata dal valore aggiunto dell'economia italiana. La recessione industriale risulta maggiore di quanto rilevato sia durante la crisi degli anni Settanta che in occasione della recessione dei primi anni Novanta. Il rischio è un ridimensionamento del potenziale di sviluppo di medio termine. Pag. 12 - La crisi continua a riflettersi sulla domanda di credito, anche se la decelerazione dei prestiti bancari appare attenuarsi a maggio. Su base annua la crescita dei prestiti totali scende al +2% dopo il +3,1% di marzo 2009 e il +5,8% di dicembre 2008. L'aumento del credito alle piccole imprese continua ad attestarsi intorno ad un punto percentuale: +0,8% a maggio rispetto a +1,1% a marzo. 28 2009 17 luglio 2009 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 [email protected] Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 - 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca.

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Un confronto tra la recessione in Italia del 2008-09 e quella del 1992-93

(valore aggiunto ai prezzi base; valori concatenati)

80

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1992/1

1992/2

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Industria in senso stretto Costruzioni Servizi Totale

Recessione 1992-93(numero indice

destagionalizzato; I trim. 1992=100)

Recessione 2008-09(numero indice

destagionalizzato; I trim. 2008=100)

Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat

Pag. 5 - Si ferma la caduta della produzione industriale in Italia. Superata l'emergenza, lo scenario ripropone il tema di un rilancio strutturale dell'industria che gli effetti della crisi rendono ancora più centrale quanto impegnativo. La flessione nell'industria spiega quasi due terzi della contrazione registrata dal valore aggiunto dell'economia italiana. La recessione industriale risulta maggiore di quanto rilevato sia durante la crisi degli anni Settanta che in occasione della recessione dei primi anni Novanta. Il rischio è un ridimensionamento del potenziale di sviluppo di medio termine. Pag. 12 - La crisi continua a riflettersi sulla domanda di credito, anche se la decelerazione dei prestiti bancari appare attenuarsi a maggio. Su base annua la crescita dei prestiti totali scende al +2% dopo il +3,1% di marzo 2009 e il +5,8% di dicembre 2008. L'aumento del credito alle piccole imprese continua ad attestarsi intorno ad un punto percentuale: +0,8% a maggio rispetto a +1,1% a marzo. 28

2009 17 luglio 2009 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 [email protected]

Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 - 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca.

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Editoriale: Mediterraneo e piccole imprese, un “matching” possibile

Previsioni di crescita del PIL nel 2009 nei paesi del Nord Africa

(var. %)

4,4

2,1

3,3

1,1

3,6

00,5

11,5

22,5

33,5

44,5

5

Marocco Algeria Tunisia Libia Egitto

Fonte: FMI

Il quadro dello sviluppo economico è policentrico. Lo ricorda, con acutezza e lungimiranza, la “Caritas in Veritate” che sottolinea come “gli attori e le cause sia del sottosviluppo sono molteplici, le colpe e i meriti sono differenziati”1. Il policentrismo dell’economia – che si oppone ad un’idea di globalizzazione a senso unico – appare oggi sempre più evidente nei dati della congiuntura e rappresenta una delle chiavi di volta verso la ripresa dalla crisi mondiale. A trainare l’uscita dalla crisi si candidano nuove locomotive, economie e società emergenti che nell’arco degli ultimi decenni hanno saputo trarre vantaggio dalle crescenti interdipendenze e hanno, allo stesso tempo, innescato piani autonomi di crescita e di modernizzazione. Oltre ai casi ben noti della Cina, dell’India e del Brasile, il policentrismo dello sviluppo trova nei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo un ulteriore ed importante esempio. I numeri della macroeconomia lo mostrano con chiarezza. Intorno al Mediterraneo le misure della crisi sono molto diverse. In Francia, Italia e Spagna il prodotto interno lordo segnerà quest’anno una flessione in media di quattro punti percentuali. A sud delle nostre coste, il PIL crescerà invece di circa tre punti percentuali nella media delle quattro maggiori economie del Maghreb, ovvero in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto. Guardando più ad est, per l’intero Medio Oriente il Fondo monetario internazionale prevede una crescita del 2% quest’anno e di poco meno del 4% nel 2010. Risalendo la sponda orientale del Mediterraneo la recessione colpisce duro in Turchia e, soprattutto, nell’Europa centro-orientale,

1 Cfr. Lett. Enc. Caritas in Veritate, 22.

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dove il calo del prodotto interno lordo è previsto nell’ordine dei cinque punti percentuali. Nord Africa e Medio Oriente continuano a reggere meglio di altre aree l’urto della crisi globale. Le ragioni di ciò sono molteplici. Non è solo merito dell’oro nero, il cui prezzo al barile appare da qualche mese stabilizzato su livelli certamente più convenienti per i paesi consumatori, ma ancora ampiamente remunerativi dei costi dei produttori. Oltre al petrolio, c’è di più. C’è pochissima finanziarizzazione e molta liquidità. Ci sono nazioni che crescono sotto il profilo demografico e anche nella qualità del capitale umano di cui dispongono. La popolazione dei cinque paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo è passata dagli 88 milioni del 1980 ai 160 milioni attuali. Nel giro di cinque anni il numero complessivo degli abitanti di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto raggiungerà i 175 milioni di persone e supererà quello dei residenti di Francia, Italia e Spagna messe assieme. Fortunatamente, oltre alla demografia sulla sponda sud del mare nostro cresce anche l’infrastruttura economica, aumentano gli investimenti e si creano opportunità per le imprese di tutto il mondo di partecipare attivamente nei piani di modernizzazione di quei paesi. Con uno stock pari nel 2007 a 140 miliardi di dollari, il Nord Africa già oggi rappresenta una delle destinazioni privilegiate per gli investimenti diretti esteri, i cosiddetti IDE, realizzati nel mondo. Nel 2000 lo stesso importo si fermava a 45 miliardi. Certo, il Maghreb rimane ben distante dai 1.700 miliardi di dollari dello stock degli investimenti compiuti dalle imprese transnazionali nell’Asia orientale, Cina su tutti. Ma il dato del Nord Africa risulta quasi doppio rispetto alla consistenza degli IDE in entrata rilevata nel 2007 in India. E stime riportate in una ricerca pubblicata in questi giorni su un quaderno speciale di Limes parlano della possibilità che nel giro di 10-15 anni gli investimenti mobilitati nell’area sud-orientale del Mediterraneo salgano a 250 miliardi di euro. Sulla sponda sud del Mediterraneo, caso piuttosto raro nella storia economica, la crescita degli investimenti diretti si muove di concerto con la formidabile spinta demografica. Il capitale cresce insieme al lavoro. Questo interessante connubio ha due rilevanti conseguenze: dà solidità allo scenario di sviluppo nel medio termine delle economie dell’area; aumenta le opportunità offerte al lavoro e agli investimenti delle nostre piccole imprese, caratterizzate da tecnologie maggiormente labour-intensive e capaci di radicare una cultura micro-imprenditoriale sul territorio. Non solo vasti campi petroliferi o grandi impianti industriali, ma anche reticoli di laboratori e di aziende di minore dimensione: è pure questa la domanda che viene dalla sponda meridionale del mare nostro. Fuori dalle ambiguità dell’aggregazione nel troppo ampio coacervo delle PMI, le piccole imprese rappresentano uno dei caratteri distintivi dell’economia italiana. In Italia le aziende con meno di 50 addetti sono circa 4,5 milioni e occupano 11,9 milioni di addetti, pari al 67% degli occupati dell’industria e dei servizi. In Francia gli addetti presso le piccole imprese non vanno oltre il 46% degli occupati dell’industria e dei servizi. In Germania l’incidenza si ferma al 41%. All’interno del segmento con fino a 50 addetti, le imprese con fino a 20 addetti producono il 40% del fatturato complessivo dell’industria e dei servizi.

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La crisi economica colpisce duramente anche le nostre piccole imprese. Ma, come indica il rapporto annuale dell’Istat, segnali incoraggianti si leggono nelle performance sull’estero delle aziende di minore dimensione. Nei primi mesi di quest’anno circa 1/3 delle imprese esportatrici con meno di 50 addetti segna incrementi delle vendite rispetto al corrispondente periodo di due anni fa, nel 2007, quando ancora la crisi non si era sviluppata. La stessa quota scende a meno del 20% nel caso delle imprese grandi, con 250 e più addetti. Accrescere l’internazionalizzazione mirando a mercati in espansione come quelli del sud del Mediterraneo può aiutare le piccole imprese italiane a consolidare la ripresa e la tensione all’innovazione se le nostre aziende sapranno irrobustire la propria capitalizzazione e impareranno sempre più ad aggregarsi per affrontare insieme i nuovi mercati. L’aspetto dell’aggregazione è particolarmente importante, così come quello dell’incontro e della reciproca conoscenza sia entro la compagine delle piccole imprese italiane sia tra queste e gli investitori e i grandi “buyer” della sponda sud del Mediterraneo. L’internazionalizzazione e l’innovazione passano attraverso il “matching” di domanda e offerta, di esperienze e di progetti, che si compie anche in iniziative di incontro quali quella che da alcuni anni realizza con successo la Compagnia delle Opere. Il Mediterraneo può rappresentare una nuova frontiera per le nostre piccole imprese: sta a partner bancari capillarmente presenti in quei mercati e a un efficiente sistema-paese saperle accompagnare in questa sfida. Giovanni Ajassa

Il peso delle piccole imprese in Italia, Francia e Germania

(quota percentuale degli occupati di industria e servizi)

67,4

45,541,2

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Italia Francia Germania

Fonte: elaborazione su dati Istat ed Eurostat Dati relativi all’anno 2007 per l’Italia, 2006 per Francia e Germania

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Italia: crisi, industria e potenzialità di sviluppo P. Ciocca 06-47028431 – [email protected] Negli ultimi mesi si è interrotto il crollo dell’attività industriale, confermando le attese di un rallentamento della fase di contrazione. La produzione, dopo il +1,2% di aprile, è rimasta invariata a maggio. Secondo le previsioni della Banca d’Italia, nel II trimestre del 2009 la produzione calerebbe del 3,1% nel confronto con il periodo precedente, dal -9,7% di gennaio-marzo. Nonostante il miglioramento degli ultimi due mesi la produzione industriale italiana risulta inferiore di quasi il 10% nel confronto con l’inizio degli anni Novanta. Dal 2001 al 2008 l’Italia ha accumulato nei confronti dell’area dell’euro un ritardo in termini di produzione di oltre 10 punti percentuali. L’industria si conferma il settore più esposto ai contraccolpi della crisi. Nel I trimestre del 2009 il valore aggiunto è sceso in termini reali e su base annuale del 16,7%, spiegando quasi due terzi della calo registrato dal valore aggiunto totale dell’economia italiana dall’inizio della crisi (-5,8%). Il calo del valore aggiunto dell’industria risulta già ora maggiore di quello rilevato sia durante la crisi degli anni Settanta che durante quella degli anni Novanta. La natura globale rappresenta una peculiarità della fase attuale. Sia negli anni Settanta che negli anni Novanta la robusta accelerazione del commercio mondiale favorì la ripresa. Nel 2009 il commercio mondiale è previsto in calo su valori superiori al 10%. Il sostegno della domanda estera è venuto meno. La crisi in corso mette a nudo le debolezze strutturali dell’Italia, riducendone le potezialità di crescita. Secondo recenti elaborazioni di Prometeia, il Pil potenziale dell’economia italiana, stimato per il periodo 2000-08 in un già deludente 1,1%, è atteso ridursi nel 2009 per poi annullarsi nel 2010. Si interrompe il crollo della produzione industriale Negli ultimi due mesi sono arrivati segnali di un moderato miglioramento delle condizioni del sistema industriale italiano. L’indice della produzione, dopo essere cresciuto dell’1,2% ad aprile, è rimasto invariato a maggio. La produzione di beni di consumo è aumentata del 2,8%, quella di energia è cresciuta del 2%. L’attività si è, invece, contratta nel settore dei beni strumentali (-1,6%) e in quello dei beni intermedi (-0,3%). Nonostante i positivi risultati degli ultimi due mesi, nel periodo gennaio-maggio la produzione industriale si è ridotta del 21,4% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Il calo ha interessato tutti i settori del manifatturiero. Le contrazioni più ampie sono state registrate nel comparto della metallurgia (-33,1%), in quello dei mezzi di trasporto (-30,6%) e in quello dei macchinari e attrezzature (-29,9%). Riduzioni meno significative della produzione hanno, invece, interessato il settore dei prodotti farmaceutici (-0,8%) e quello dei prodotti alimentari, bevande e tabacco (-3,6%). Il dato di maggio, dopo il +1,2% del mese precedente, ha confermato le attese di un rallentamento della fase di contrazione dell’attività industriale. Secondo le previsioni della Banca d’Italia contenute nel Bollettino economico di luglio, nel II trimestre del 2009 la produzione registrerebbe un calo del 3,1% nel confronto con il periodo precedente, dal -9,7% di gennaio-marzo.

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La produzione industriale italiana per settori

merceologici (gen.-mag. 2009/gen.-mag. 2008)

-3,6

-15,3

-21,3

-0,8

-33,1

-29,9

-30,6

-40 -30 -20 -10

Alimentari

Tessile

Chimica

Farmaceutica

Metalli

Macchinari e attrezzature

Mezzi di trasporto

0

Fonte: Istat

La produzione industriale in Italia e nell’area

dell’euro (indice destagionalizzato; gennaio 1990=100)

80

90

100

110

120

130

140

gen-

90ge

n-91

gen-

92ge

n-93

gen-

94ge

n-95

gen-

96ge

n-97

gen-

98ge

n-99

gen-

00ge

n-01

gen-

02ge

n-03

gen-

04ge

n-05

gen-

06ge

n-07

gen-

08ge

n-09

Area dell'euro Italia

Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat

Nonostante il miglioramento degli ultimi due mesi, la produzione industriale italiana rimane sui livelli più bassi degli ultimi venti anni. Ponendo come base uguale a 100 il mese di gennaio del 1990, l’indice è risultato pari a 91,1 a maggio 2009. La quantità di beni prodotti dal sistema industriale italiano risulta, quindi, inferiore di quasi il 10% nel confronto con l’inizio degli anni Novanta1. Analizzando la dinamica dell’attività industriale negli ultimi venti anni si osserva come gli unici periodi di crescita si sono avuti tra il 1994 e il 2000. Dopo aver toccato il picco a dicembre del 2000 la produzione è rimasta sostanzialmente invariata fino all’inizio

1 La serie dell’indice della produzione industriale disponibile sul sito dell’Istat inizia dal 1990. Secondo quanto indicato nel Bollettino economico di luglio della Banca d’Italia, l’indice della produzione industriale è sceso sui livelli del 1987, registrando un crollo senza precedenti. Nella recessione del 1974-75, il settore industriale tornò alle quantità di soli due anni prima.

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del 2008 per poi iniziare il crollo della fase attuale che ha portato ad un calo della quantità prodotta di circa un quarto. Confrontando l’andamento della produzione industriale dell’Italia con quello dell’area dell’euro si evidenzia come la dinamica risulti simile dal 1990 fino alla fine del 2000. Dal 2001 alla fine del 2007 la performance dell’industria italiana è risultata peggiore di quella dell’area dell’euro, accumulando un ritardo di oltre 10 punti percentuali. La crisi mondiale ha, quindi, colpito l’economia italiana mentre un arretamento del sistema industriale era già in corso da alcuni anni. Gli effetti sono risultati estremamente negativi. 1992-93 e 2008-09: due recessioni a confronto L’economia italiana è entrata in recessione nel II trimestre del 2008. Su base annuale il calo del Pil ha raggiunto il 6% nei primi tre mesi del 2009. La crisi interessa tutti i settori. Il valore aggiunto si è ridotto nell’industria, nelle costruzioni e nei servizi. L’intensità di questa crisi appare, però, differente all’interno dei diversi comparti dell’economia italiana.

Un confronto tra la recessione in Italia del 2008-09 e quella del 1992-93

(valore aggiunto ai prezzi base; valori concatenati)

80

85

90

95

100

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1992/1

1992/2

1992/3

1992/4

1993/1

1993/2

1993/3

1993/4

1994/1

1994/2

2008/1

2008/2

2008/3

2008/4

2009/1

Industria in senso stretto Costruzioni Servizi Totale

Recessione 1992-93(numero indice

destagionalizzato; I trim. 1992=100)

Recessione 2008-09(numero indice

destagionalizzato; I trim. 2008=100)

Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat

L’industria in senso stretto si conferma il settore più esposto ai contraccolpi della crisi. In tale comparto nel solo I trimestre del 2009 il valore aggiunto è sceso in termini reali del 7,7% rispetto al periodo precedente. Nel confronto tra il I trimestre di quest’anno e il corrispondente periodo del 2008, il valore aggiunto prodotto dall’industria italiana si è ridotto del 16,7%. Nello stesso periodo, il calo nel settore delle costruzioni è stato pari al 5,6% e quello dei servizi al 2,6%. L’industria spiega quasi due terzi della contrazione registrata dal valore aggiunto totale dell’economia italiana dall’inizio della crisi (-5,8%). Il contributo negativo delle costruzioni risulta limitato (-0,3%), anche a causa del peso poco rilevante che il settore ha sul totale. I servizi, che rappresentano oltre il 70% del valore aggiunto complessivo, hanno assorbito fino ad ora meglio gli effetti della crisi, con un contributo negativo pari all’1,8%. L’ampiezza della riduzione del valore aggiunto dell’industria deriva oltre che dalla negativa fase congiunturale internazionale anche dal deterioramento che ha interessato il sistema italiano nel corso degli anni. A fattori strutturali comuni a tutte le

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principali economie avanzate si sono aggiunti elementi di criticità tipici dell’esperienza italiana. Dal 2000 la capacità del sistema industriale di creare ricchezza è rimasta invariata. Nel IV trimestre del 2000 il valore aggiunto prodotto dall’industria era pari in termini reali a 63,4 miliardi di euro. Nel I trimestre 2008, dopo sette anni e nonostante la fase di ripresa del periodo 2005-2007, il valore aggiunto è stato pari a 63,9 miliardi di euro.

Il contributo dei singoli settori alla dinamica del valore aggiunto dell’economia italiana nella crisi

del 1992-93 e in quella attuale (val. %)

Industria: -1,1

Industria: -3,7Costruzioni:

-0,5

Costruzioni: -0,3

Servizi:-1,8

Servizi:0,1

-6

-4

-2

0

2

Industria Costruzioni Servizi

Crisi 1992-93: contributi alla crescita del valore aggiunto (III trim.

1993/I trim. 1992)

Crisi 2008-09:contributi alla crescita del valore

aggiunto (I trim. 2009/I trim. 2008)

Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat

La gravità dell’attuale crisi dell’industria italiana appare evidente nel confronto con le passate recessioni. Sebbene la fase attuale, non possa considerarsi ancora conclusa, il calo registrato dal valore aggiunto dell’industria risulta già ora maggiore di quello rilevato sia durante la crisi degli anni Settanta che durante quella degli anni Novanta2. Nel confrontare la fase in corso con i passati episodi di recessione risulta opportuno ricordare come il carattere globale rappresenti una peculiarità della fase attuale. Sia negli anni Settanta che negli anni Novanta la robusta accelerazione del commercio mondiale favorì la ripresa. Nel 2009 il commercio mondiale è previsto in calo su valori superiori al 10%. Il sostegno della domanda estera è venuto meno. Tra il I trimestre del 1992 e il III trimestre del 1993, il valore aggiunto dell’industria scese complessivamente di poco meno del 5% in termini reali, spiegando circa due terzi della contrazione del valore aggiunto totale (-1,5%). Il settore delle costruzioni, sebbene negli anni Novanta pesasse per circa il 6% del valore aggiunto totale, contribuì per un terzo al calo dell’economia nel suo complesso. Il settore dei servizi superò la crisi con facilità, perdendo poco meno di un punto percentuale nei primi mesi e tornando sui livelli precedenti la crisi già nella prima parte del 1993. L’analisi dell’esperienza del 1993 segnala, inoltre, come il settore delle costruzioni sia generalmente quello caratterizzato dal più elevato grado di persistenza della fase recessiva. Il valore aggiunto delle costruzioni continuò a scendere anche quando l’economia nel suo complesso era tornata su un sentiero di crescita. Il punto di 2 La serie storica sul valore aggiunto trimestrale disponibile sul sito dell’Istat parte dal 1980. Secondo quanto indicato nel Bollettino economico di luglio della Banca d’Italia nella recessione degli anni 1974-75 il valore aggiunto dell’industria registrò una contrazione cumulata del 14%.

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minimo fu toccato nel III trimestre del 19943, con un calo complessivo pari al 12,5%. Il valore aggiunto delle costruzioni tornò in termini reali sui livelli dell’inizio del 1992 solo alla fine del 2001. Il recupero dell’industria risultò, invece, rapido. Già nella prima parte del 1994 l’industria italiana era tornata su un livello di valore aggiunto prodotto superiore in termini reali a quello del I trimestre del 1992. Gli effetti della crisi sul potenziale di sviluppo dell’economia italiana nel medio periodo Oltre ad analizzare le conseguenze di breve periodo della crisi in corso, appare opportuno approfondire l’impatto che nel medio periodo la brusca fase di rallentamento potrà avere sul sistema produttivo italiano. La velocità con la quale l’economia riuscirà ad uscire dalla crisi, recuperando quanto perso nel corso degli ultimi trimestri, dipenderà oltre che dalla congiuntura internazionale anche da cosa questa crisi lascerà in eredità in termini di potenzialità di crescita futura. Per comprendere gli effetti della crisi sulle prospettive di ripresa è necessario analizzare l’impatto che la recessione avrà sul prodotto potenziale, definito come misura della capacità di accrescere la ricchezza realizzata da un’economia data una quantità di forza lavoro e di capitale produttivo a disposizione. Il risultato della combinazione del lavoro e del capitale dipende anche dall’efficienza con la quale questi due fattori vengono utilizzati all’interno del sistema economico (produttività totale dei fattori)4.

Lavoro, capitale, produttività: i contributi alla crescita del Pil nelle recessioni dell’economia

italiana (punti percentuali)

-4

-2

0

2

1975 1993 2008

Produttività totale dei fattori Lavoro Capitale Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Prometeia

3 Secondo quanto indicato nel Bollettino economico di luglio della Banca d’Italia, anche in occasione della recessione del 1974-75 la contrazione del valore aggiunto delle costruzioni durò per più di due anni, il doppio rispetto all’industria. 4 Il prodotto di un’economia è considerato funzione sia della quantità di lavoro e dello stock di capitale fisico impiegati nell’economia che della produttività totale dei fattori. Quest’ultima raggruppa tutti quei fattori non misurabili direttamente che influenzano la quantità di prodotto ottenibile dato uno stock di capitale e una quantità di lavoro impiegati.

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Nel Rapporto di previsione di luglio, Prometeia ha dedicato un approfondimento all’esame degli effetti della crisi in corso sulle potenzialità di sviluppo dell’economia in un’ottica di medio periodo. Considerando i dati sulla crescita economica italiana dal 1970, Prometeia ha stimato per ciascun anno il contributo delle singole componenti (lavoro, capitale e produttività totale dei fattori) al dato complessivo. In questo modo è possibile confrontare i periodi di recessione che hanno interessato l’economia italiana negli ultimi quaranta anni e comprenderne le dinamiche. Nel 1975 il calo del Pil derivò prevalentemente da una brusca caduta della produttività totale dei fattori. Nel 1993, fu, invece, una riduzione della quantità di lavoro impiegato nell’economia a spiegare la contrazione del Pil, mentre la produttivià registrò una crescita positiva. La crisi attuale risulta simile a quella degli anni Settanta. Nel 2008 il calo del Pil è derivato da una brusca contrazione della produttività totale dei fattori. La crisi in corso ha, dunque, accentuato le debolezze strutturali che l’Italia ha manifestato nel corso degli ultimi anni e che l’hanno portata ad accumulare un deficit di crescita rispetto al resto dell’area dell’euro che dal 1996 al 2008 ha superato i 16 punti percentuali. La principale causa di questa performance negativa va ricercata nella deludente dinamica della produttività. Secondo le elaborazioni di Prometeia, la produttività totale dei fattori dopo essere cresciuta ad un ritmo medio annuo dell’1,7% negli anni Settanta, è aumentata di solo lo 0,8% medio negli anni Novanta per poi contrarsi dello 0,1% negli anni Duemila. Una conferma di questo trend negativo viene dai dati contenuti nel Bollettino economico di luglio della Banca d’Italia. La produttività, misurata in termini di valore aggiunto per unità di lavoro, dopo essersi contratta dello 0,8% nel 2008, si è ridotta nel I trimestre del 2009 del 3,8% rispetto all’anno precedente. Nell’industria il calo è risultato ancora più ampio: dopo il -1,5% dello scorso anno, nel I trimestre del 2009 è stato registrato un -13,3%.

La produttività del settore industriale italiano

(valore aggiunto per unità di lavoro; var. % a/a)

Stima del Pil potenziale dell’economia italiana (var. %)

-1,6

-6,5

1,4

-1,8

1,01,51,3

3,51,71,4

3,3

0,7

-13,3-16-14-12-10

-8-6-4-20246

I 06 II 06 III 06 IV 06 I 07 II 07 III 07 IV 07 I 08 II 08 III 08 IV 08 I 09

0,7

1,1

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0,3 0,5

0,0

0,0

0,5

1,0

1,5

2000-08 2008 2009 2010 2011 2012

Fonte: Banca d’Italia Fonte: Prometeia La crisi in corso sta, dunque, indebolendo le potenzialità di crescita dell’economia italiana. Il brusco calo degli investimenti riduce il contributo fornito dal capitale. La persistenza della crisi con il conseguente deterioramento dell’occupazione riduce il contributo del lavoro, anche per un effetto scoraggiamento che potrebbe determinare un calo dell’offerta di lavoro. Secondo le stime di Prometeia l’effetto della crisi in corso sull’economia italiana in un’ottica di medio periodo sarà, pertanto, negativo. Il Pil

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potenziale, stimato per il periodo 2000-08 in un già deludente 1,1%, è atteso ridursi nel 2009 per poi annullarsi nel 2010. In un tale contesto l’uscita dalla crisi si svilupperà su ritmi di crescita moderata. Il ritorno dei livelli produttivi sui valori precedenti risulterà lento.

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La crisi si riflette sulla domanda di credito C. Russo 06-47028418 – [email protected] In Italia a maggio la crescita dei prestiti bancari, corretta per l’effetto delle cartolarizzazioni, è stata pari al 2% rispetto al 3,1% di marzo. Il rapporto tra l’ammontare dei finanziamenti ed il Pil è ora pari circa all’unità. Il sostegno del sistema bancario all’economia italiana e dei paesi della moneta unica si conferma robusto. Nell’area euro nel periodo 2000-2008 la quota dei prestiti bancari sul totale delle fonti di finanziamento è stata pari al 56%. In Italia l’analoga quota è attualmente al 70%. Il rapporto tra le passività delle famiglie italiane sul reddito disponibile rimane contenuto: 57% contro il 93% dell’area euro. Uno studio della Banca d’Italia evidenzia come i riflessi di un aggravamento delle condizioni economiche delle famiglie sulla capacità di onorare i propri debiti nel caso italiano sarebbero contenuti. In generale, la rete familiare tende ancora a sostenere economicamente il nucleo in difficoltà; inoltre, le famiglie a basso reddito (e quindi potenzialmente più rischiose) risultano nel nostro paese le meno indebitate, con appena il 7% del debito complessivo. In Italia a maggio la dinamica delle principali variabili bancarie ha registrato un andamento relativamente stabile rispetto ai mesi precedenti. L’incremento su base annua dei prestiti, corretto per l’effetto delle cartolarizzazioni, è stato pari al 2% (+3,1% a marzo) mentre per la raccolta interna l’aumento è stato pari al +4,3%. Il rapporto tra lo stock dei prestiti alla clientela privata ed il Pil è pari circa all’unità. È da sottolineare il divergente andamento dei prestiti erogati dai maggiori gruppi bancari, in diminuzione su base annua del 3,2%, rispetto a quelli erogati dalle altre banche che registrano una crescita del +6,8% a/a. Lo sviluppo dei prestiti è stato sostenuto prevalentemente dalla dinamica di quelli destinati alle famiglie consumatrici (+3,7% a/a a maggio, +4,8% a/a a marzo), mentre per le imprese (società non finanziarie e famiglie produttrici) la crescita è stata pari al +2,5% a/a (+4,2% a/a a marzo). L’andamento per scadenza dei prestiti alle società non finanziarie ha evidenziato come la moderazione della crescita abbia interessato in misura maggiore quelli con durata fino ad un anno (+2,2% a/a a maggio) e meno quelli con scadenza oltre i 12 mesi (+2,9% a/a a maggio). L’ultima indagine condotta dalla Banca d’Italia sulle condizioni del credito nel nostro paese (aprile) sottolineava come per i tre mesi successivi le attese relative alla domanda di finanziamenti da parte delle imprese e delle famiglie fossero caratterizzate da una generale debolezza. Tali considerazioni concordavano con l’andamento del clima di fiducia di consumatori e imprese: sebbene per entrambi gli indicatori le inchieste Isae di maggio e giugno abbiano registrato un lieve miglioramento, i due indici permangono su livelli contenuti. La dinamica annua del credito alle famiglie in Italia è dovuta principalmente all’andamento dei prestiti per l’acquisto di abitazioni passati da +4% di aprile al +4,5% di maggio e, in misura più contenuta, dagli altri prestiti (+2,8% a/a a maggio, +2,5% a/a ad aprile). È da ricordare come dal mese di marzo sia venuto meno sul tasso di crescita dei mutui l’effetto delle operazioni di cartolarizzazione concluse nei primi mesi del 2008. Il credito al consumo erogato dal sistema bancario ha invece registrato una crescita più contenuta (+1,7% a/a a maggio, +2,2% a/a ad aprile). D’altra parte i riflessi della

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negativa congiuntura economica sulle famiglie hanno indotto a una maggiore cautela nell’acquisto di beni durevoli e semidurevoli testimoniata dall’andamento negativo dei consumi di questi aggregati e, come naturale conseguenza, del credito legato a questa tipologia di spesa. Nei primi quattro mesi dell’anno le nuove erogazioni destinate all’acquisto di autovetture e motoveicoli (che costituiscono circa l’80% del credito finalizzato e il 30% di quello totale) sono diminuite su base annua del 22,3%. Gli incentivi introdotti per favorire l’acquisto di autovetture hanno solo parzialmente arginato il trend discendente del credito al consumo. Come segnalato dalla Banca d’Italia, i nuovi provvedimenti destinati a favorire la rottamazione dovrebbero avere un impatto più limitato rispetto alle misure adottate negli anni passati considerato che “...i nuovi modelli ammessi all’incentivo rappresentano solo poco più di un quinto dell’offerta totale e riduzioni aggiuntive dei listini sono facoltative...” contrariamente a quanto stabilito in passato, quando erano obbligatorie al fine di ottenere l’erogazione delle agevolazioni. Nel complesso, pur nella debolezza dell’attuale congiuntura, l’evoluzione dei prestiti bancari in Italia si mantiene su livelli superiori a quelli sia dell’economia nazionale (-2,7% a/a nel I trimestre 2009 in termini nominali) ed in linea con quelli del credito nell’area euro. A maggio il tasso di crescita annuo dei prestiti al settore privato nell’eurozona è stato infatti pari al +3,4%.

Prestiti alle famiglie per acquisto di abitazioni (var. % a/a)

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0

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3

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5

6

mag-08

giu lug ago set ott nov dic gen feb mar apr mag-09

Area euroItalia

Fonte: Bce

L’andamento dei prestiti in Italia e nell’area euro riflette la diversa distribuzione ed evoluzione di quelli concessi alle società non finanziarie e alle famiglie nei due casi. Rispetto al totale dei prestiti concessi al settore privato nell’area euro il peso di quelli accordati alle società non finanziarie e alle famiglie a maggio è pari al 45% per ognuno dei settori. Le corrispondenti quote in Italia sono pari al 56% per le società non finanziarie e al 31% per le famiglie. La dinamica dei prestiti alle famiglie, positiva in Italia e pressoché nulla nell’eurozona (-0,1% a/a a maggio), costituisce la principale differenza tra andamento degli impieghi nelle due aree. Il tasso di crescita dei prestiti alle società non finanziarie riporta un andamento positivo in entrambe le aree ancorché in moderazione stante la perdurante debolezza del ciclo economico che influenza significativamente la domanda di finanziamenti.

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Il sistema bancario si conferma il canale di finanziamento principale per l’economia produttiva tanto in Italia quanto nell’area euro, diversamente da quanto accade negli Stati Uniti dove le fonti di finanziamento sono raccolte prevalentemente sul mercato. Un recente articolo della Bce1 evidenzia come nell’eurozona nel periodo 2000-08 il 56% delle passività delle imprese sia stato di origine bancaria, contro appena il 14% negli Stati Uniti, mentre l’emissione di titoli di debito ha rappresentato nello stesso periodo rispettivamente il 10% ed il 31%. Le turbolenze sui mercati finanziari degli ultimi anni hanno ovunque rafforzato la quota di finanziamenti erogati dal sistema bancario. In Italia, in particolare, i finanziamenti provenienti dagli istituti di credito costituiscono all’incirca il 70% del debito complessivo delle società non finanziarie. La fase critica della congiuntura economica si riflette anche nella capacità di famiglie e imprese di far fronte ai prestiti contratti. In Italia la percentuale di crediti scaduti da almeno 90 giorni ha raggiunto il 4,3% in entrambi i settori e la qualità del credito espressa dal tasso di decadimento (rapporto tra nuove sofferenze e prestiti) segna un peggioramento: a marzo per le famiglie il livello ha superato l’1%, per le società non finanziarie è al 2%.

Tasso di decadimento (valori %)

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

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totale imprese non finanziarie famiglie consumatrici

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia

Secondo l’Osservatorio sul credito al dettaglio2 nel prossimo triennio la percentuale di sofferenze sui prestiti concessi alle famiglie in Italia subirà un ulteriore peggioramento attestandosi al 3% per i mutui e al 4% per il credito al consumo, livelli significativamente più elevati rispetto a quelli degli anni passati. Una simulazione effettuata dalla Banca d’Italia tuttavia (basata sulle evidenze delle indagini sui bilanci delle famiglie italiane) nel tentativo di indagare sulle possibili conseguenze di un aggravamento delle condizioni economiche delle famiglie (aumento del tasso di disoccupazione, maggior ricorso alla cassa integrazione, riduzione dei redditi dei lavoratori autonomi) ha evidenziato come le ricadute negative sulla capacità di onorare i propri debiti nel caso italiano sarebbero contenute. In generale, la rete familiare tende ancora a sostenere economicamente il nucleo in difficoltà; inoltre, le 1 Bollettino mensile Bce, Il finanziamento esterno delle società non finanziarie nell’area dell’euro e negli Stati Uniti, giugno 2009. 2 Assofin, Crif, Prometeia, Osservatorio credito al dettaglio, n. 26 giugno 2009.

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famiglie a basso reddito (e quindi potenzialmente più rischiose) risultano nel nostro paese le meno indebitate, con appena il 7% del debito complessivo. In generale nel nostro paese il rapporto tra passività e reddito disponibile delle famiglie rimane contenuto e pari al 57% che si confronta con il 93% dell’area euro. La raccolta A maggio l’andamento annuo della raccolta interna è stato pari al +4,3%. In forte aumento sono risultate soprattutto le forme più liquide con una crescita dei depositi in conto corrente e di quelli rimborsabili con preavviso in rafforzamento (+8,3% a/a e +9,4% a/a rispettivamente). La dinamica dei depositi è stata sostenuta, in particolare, dalla perdurante preferenza accordata a questo prodotto dalle famiglie mentre quelli delle società non finanziarie risultano in contrazione. In ulteriore rallentamento è risultata la provvista estera: i depositi da non residenti sono infatti scesi al -12,4% a/a di maggio rispetto al -8,1% di fine 2008. Rimane vivace il tasso di crescita delle obbligazioni bancarie, pur in sensibile rallentamento rispetto ai mesi precedenti (+17,2% a/a a maggio, +20,1% a/a ad aprile).

Depositi bancari in conto corrente (consistenze in mld. di euro e var. % a/a)

560

580

600

620

640

660

680

700

720

mag- giu lug ago set ott nov dic gen- feb mar apr mag0

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4

6

8

10

12

08 09

Consistenze in miliard di euro (sc. sin.)

Var. % a/a (sc. destra)

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia

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Un cruscotto della crisi: alcuni indicatori

Indice Itraxx Eu Financial

Indice Baltic Dry

0

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150

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250

07 r-07 07 7 07 07 08 r-08 08 8 08 08 09 r-09 09 9

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ma mag- lug-0

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ma mag- lug-0

set-

nov-

gen-

ma mag- lug-0

Index Itraxx EU Financial Sector

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4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

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Fonte: Datastream Fonte: Datastream

I premi al rischio restano stabili intorno a quota 110

L’indice dei noli marittimi in moderata ripresa raggiunge 3300 da 3100 della scorsa settimana

Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent

(Usd per barile) Borse europee: indice Eurostoxx 50

0

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05ma

r-05

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5se

t-05

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5feb

-06

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06ag

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-07

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-07

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09ap

r-09

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9

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140

160

1,151,21,251,31,351,41,451,51,551,6

Brent scala sin.(in Usd) Cambio euro/dollaro sc.ds.

1500

2000

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9

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2500

3000

3500

4000

4500

5000

Fonte: Datastream Fonte: Datastream Il petrolio ancora sopra i 60$ al barile, il tasso di cambio €/$ tocca 1,41

Le borse europee in moderato recupero: l’indice oltre quota 2400

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Usa: indice dei prezzi delle case Case-Shiller composite 10

(var. % a/a)

Cassa integrazione guadagni (milioni di ore autorizzate)

-25,0-20,0-15,0-10,0

-5,00,05,0

10,015,020,025,0

gen-00

lug-00

gen-01

lug-01

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lug-02

gen-03

lug-03

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0

10

20

30

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50

60

Giugno 2008 Giugno 2009

Fonte: Datastream Fonte: Inps Ad aprile i prezzi delle case ancora in flessione al -18% su base annua

50,9 milioni di ore di cassa integrazione a giugno 2009

Italia: differenziale di rendimento Btp-Bund (punti base)

Tassi di cambio yuan

020406080

100120140160180

07 07 07 07 -08 08 08 08 08 08 -09 09 09 09

mag- lug-

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gen

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Diff. BTP-Bund

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5ma

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ott-0

8ma

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CHEU.SP CHUSDSP

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Datastream

Fonte: Banca d’Italia

Il differenziale di rendimento Btp-Bund tocca 107 poi scende sino a 98 pb

Stabile il tasso di cambio della valuta cinese conro euro e contro dollaro

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Le previsioni sui prezzi

Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, al lordo dei tabacchi

Variazione % rispetto al periodo precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 0,2 0,2 0,3 0,2 0,2 0,2 0,1 0,2 0,0 0,0 0,1 0,2 0,22005 0,0 0,3 0,3 0,2 0,3 0,0 0,4 0,2 0,0 0,2 0,1 0,0 0,22006 0,2 0,2 0,2 0,3 0,3 0,1 0,3 0,2 -0,1 -0,1 0,1 0,1 0,22007 0,1 0,3 0,2 0,2 0,3 0,2 0,2 0,2 0,0 0,3 0,4 0,3 0,22008 0,4 0,2 0,5 0,2 0,5 0,4 0,5 0,1 -0,3 0,0 -0,4 -0,1 0,22009 -0,1 0,2 0,1 0,2 0,2 0,1 0,2 0,1 -0,1 -0,1 0,1 0,0 0,12010 0,2 0,2 0,3 0,2 0,3 0,1 0,2 0,2 0,0 0,1 0,1 0,2 0,2

Variazione % rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 2,2 2,3 2,3 2,3 2,3 2,4 2,3 2,3 2,1 2,0 1,9 2,0 2,22005 1,9 1,9 1,9 1,9 1,9 1,8 2,1 2,0 2,0 2,2 2,2 2,0 1,92006 2,2 2,1 2,1 2,2 2,2 2,3 2,2 2,2 2,1 1,8 1,8 1,9 2,12007 1,7 1,8 1,7 1,5 1,5 1,7 1,6 1,6 1,7 2,1 2,4 2,6 1,82008 3,0 2,9 3,3 3,3 3,6 3,8 4,1 4,1 3,8 3,5 2,7 2,2 3,32009 1,6 1,6 1,2 1,2 0,9 0,5 0,2 0,2 0,3 0,2 0,7 0,9 0,82010 1,2 1,2 1,4 1,4 1,5 1,5 1,5 1,6 1,7 1,9 1,9 2,1 1,6

Indice generale armonizzato dei prezzi al consumo

Variazione % rispetto al periodo precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 -0,6 -0,1 1,0 0,8 0,1 0,2 -0,2 -0,2 0,5 0,3 0,2 0,3 0,22005 -1,0 -0,1 1,2 0,8 0,3 0,0 -0,2 -0,2 0,6 0,7 0,0 0,0 0,22006 -0,9 -0,1 1,2 0,9 0,3 0,1 -0,3 -0,2 0,7 0,2 0,1 0,1 0,22007 -1,1 0,1 1,2 0,6 0,4 0,2 -0,6 -0,2 0,8 0,8 0,4 0,3 0,22008 -0,8 0,1 1,6 0,6 0,6 0,5 -0,6 0,0 0,5 0,5 -0,5 -0,1 0,22009 -1,7 0,2 1,2 0,6 0,2 0,2 -0,3 -0,2 0,5 0,2 0,1 0,1 0,12010 -1,0 -0,1 1,0 0,8 0,2 0,1 -0,2 -0,2 0,6 0,3 0,2 0,2 0,2

Variazione % rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 2,1 2,5 2,3 2,3 2,3 2,4 2,3 2,4 2,2 2,1 2,1 2,4 2,32005 2,0 2,0 2,2 2,1 2,3 2,1 2,1 2,1 2,2 2,6 2,4 2,1 2,22006 2,2 2,2 2,2 2,3 2,3 2,4 2,3 2,3 2,4 1,9 2,0 2,1 2,22007 1,9 2,1 2,1 1,8 1,9 1,9 1,7 1,7 1,7 2,3 2,6 2,8 2,02008 3,1 3,1 3,6 3,6 3,7 4,0 4,0 4,2 3,9 3,6 2,7 2,4 3,52009 1,4 1,5 1,1 1,2 0,8 0,6 0,8 0,6 0,6 0,4 0,9 1,1 0,92010 1,8 1,5 1,3 1,5 1,5 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 1,6

Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL-Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.

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