15 mai complici di silenzi di fronte al crimine · LA GIORNATA DELLA MEMORIA Il forte richiamo nel...

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Avvenire 03/22/2013 Page : A15 Copyright © Avvenire March 22, 2013 1:58 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-M Copy Reduced to 57% from original to fit letter page LA GIORNATA DELLA MEMORIA Il forte richiamo nel corso della riunione della commissione regionale Antimafia svoltasi a Reggio Calabria in occasione della cerimonia per ricordare le vittime della mafia L’Arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia, l’Arcivescovo emerito Cardinale Severino Poletto e il Vescovo Ausiliare, unitamente al Capitolo Metropolitano e all’intero Presbiterio diocesano, consegnano a Gesù Buon Pastore il sacerdote canonico MICHELE VERNETTI Ricordandone il lungo ministero pastorale, avvalorato dalla sofferenza nella malattia, chiedono alla comunità cristiana di unirsi nella preghiera del fraterno suffragio. Liturgia di sepoltura nella chiesa parrocchiale di None: sabato 23 marzo, alle ore 8.30. TORINO, 22 marzo 2013 È mancato all’affetto dei suoi cari monsignor FRANCO LEGNANI Lo annunciano addolorati i nipoti e i parenti tutti. Un sentito ringraziamento alla dottoressa De Martin e al personale del 6 piano dell’Ospedale San Luca. I funerali avranno luogo sabato 23 alle ore 11 presso la chiesa di San Tomaso via Broletto Milano. Alle ore 14.30 ci sarà un momento di preghiera alla parrocchia di San Giorgio a Dumenza (Va), cui farà seguito la tumulazione. MILANO, 22 marzo 2013 Popi Claudio Pietro e Francesco salutano zio FRANCO che ha accompagnato con la sua benedizione i nostri momenti più importanti e abbracciano con affetto Paola, Valeria e Roberto. MILANO, 22 marzo 2013 L’Abate e il Capitolo di S. Ambrogio accompagnano alla casa del Padre con l’affetto e la preghiera monsignor FRANCO LEGNANI MILANO, 22 marzo 2013 Il vescovo Galantino: mai complici di silenzi di fronte al crimine Il monito: per guarire dall’infezione della ’ndrangheta serve una comunità che senta e rifiuti il suo strapotere DA COSENZA DOMENICO MARINO utto ciò che è giusto e onesto ci appartiene, interroga e deve ve- derci impegnati. L’amore per il no- stro popolo non può averci com- plici di silenzi traditori e dilatori. U- na Chiesa che accetta questo silen- zio perde la sua dignità prima di perdere la sua credibilità». Forte ri- chiamo all’impegno pastorale e ci- vile lanciato dal vescovo di Cassa- no all’Jonio, Nunzio Galantino, nel suo intervento durante la riunione della commissione regionale anti- mafia che ha organizzato a Reggio Calabria la “Giornata della memo- ria e dell’impegno” in ricordo di tut- te le vittime della ’ndrangheta. Pri- ma dell’intervento del presule, l’in- troduzione del presidente del grup- po, Salvatore Magarò, e la testimo- nianza di Matteo Luzza, fratello d’un giovane rapito e assassinato nel ’94 poiché innamorato della co- gnata d’un capocosca. Il vescovo Galantino s’è chiesto quanto valga una vita, ricordando un tabaccaio di Cassano, 39enne, sposato e padre di tre bambine, nel 1998 ucciso al culmine di una rapi- na da 610mila lire. Poi ha denun- ciato gli spacciatori di droga che vendono morte a ogni angolo del- le nostre strade e i criminali che lu- crano piazzando dappertutto mac- chine mangiasoldi. «L’utilità delle "Giornate della memoria e dell’im- pegno" - ha aggiunto chiedendo al- la politica fatti oltre le parole - si mi- sura sulla base della cultura della legalità che si crea e sulla base dei percorsi di educazione alla legalità che si attivano». Quindi il monito: «La cultura dell’illegalità nasce e si sviluppa dove e quando si continua a chiedere “per favore” ciò che è do- vuto per diritto. Nasce e si sviluppa dove la raccomandazione è consi- derata regola e sistema. Chi nutre la sua immagine e va orgoglioso del- la sua capacità di elargire favori a persone alle quali quelle stesse co- se andrebbero assicurate per dirit- to, può e deve ritenersi membro della malavita». Sono troppi i delitti irrisolti così co- me i casi di lupara bianca dimenti- cati. E Galantino l’ha denunciato, interrogando se stesso e i suoi in- terlocutori: «Vi sembra normale un paese nel quale il 70% dei parenti delle vittime non conosce la ve- rità?». Il vescovo ha ricordato «ma- gistrati, uomini e donne straordi- nari impegnati nella lotta alla cri- minalità organizzata», aggiungen- do, però, che «senza una comunità consapevole della serietà e della gravità dello strapotere e l’arrogan- za della malavita, la strada per li- berare il tessuto sociale dall’infe- T « zione della ’ndrangheta sarà anco- ra terribilmente lunga». Il presule ha stigmatizzato l’evolu- zione della mafia, sempre meno coppola e lupara e sempre più cra- vatta e valigetta da manager. «C’è stato un passaggio... culturale dal mafioso che appoggiava il politi- co, al mafioso che cerca di farsi lui stesso politico». Poi un pen- siero a don Diana e padre Pugli- si, la cui uccisione «toglie ogni a- libi a chi pensa di mettere insie- me fede in Cristo e malaffare, Religione e cultura mafiosa». In coda un richiamo a papa Fran- cesco: «Chissà se un’attenzione me- no emotiva e più partecipata ai pri- mi passi che sta muovendo non possa aiutare tutti - a cominciare da me uomo di Chiesa - a recupe- rare un sano realismo che mi veda con voi impegnato a educarmi e a “educare alla vita buona del Van- gelo”, segnata da dignitosa sobrietà e da generosa voglia di condivide- re, sostituendo l’arroganza con la tenerezza e il livore becero con la misericordia! Tutti devono poter contare su una Chiesa e su una so- cietà civile non distratte da beghe interne e da interessi di parte e cor- porativi. Il Signore ci chiederà con- to di ritardi e di omissioni causati dalla burocrazia del cuore e della mente», ha sigillato monsignor Nunzio Galantino. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sopra Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio che ieri è intervenuto in Consiglio regionale A fianco una marcia a favore della cultura della legalità SICILIA Dai presuli dell’Isola condanna senza appello: è regno del Maligno PALERMO. La mafia incompatibile col Vangelo. È questo, in sintesi questo il pensiero della Chiesa siciliana, che negli ultimi vent’anni è stato scandito con documenti, omelie, comunicati, prese di posizione rigorose. L’omicidio di padre Pino Puglisi mise i vescovi e le comunità ecclesiali dell’Isola di fronte alla necessità di chiarezza e schiettezza davanti alla subcultura mafiosa, che permeava ampie fette della società. La svolta avviene all’indomani delle celebri parole di Papa Wojtyla il 9 maggio 1993 ad Agrigento e subito dopo l’omicidio di don Puglisi, il 15 settembre 1993. Nacque un documento della Conferenza episcopale siciliana, del maggio ’94, “Nuova evangelizzazione e pastorale” sintesi degli stimoli giunti dal Papa e dal convegno delle Chiese di Sicilia. «È nostro dovere - scrissero i vescovi - ribadire la denuncia dell’incompatibilità della mafia con il Vangelo. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato, e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno». La condanna non era solo per Cosa nostra ma si allargava anche ai conniventi: «Tutti coloro che aderiscono alla mafia o pongono atti di connivenza con essa debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, di essere fuori della comunione della sua Chiesa». Ai siciliani i vescovi ricordavano: «Chiedere o accettare qualsiasi forma di intermediazione a persone conosciute come appartenenti o contigue alla mafia si deve ritenere che rientri sempre, quanto meno indirettamente, ma non meno colpevolmente, nella fattispecie della connivenza e della collusione». Alessandra Turrisi © RIPRODUZIONE RISERVATA CAMPANIA L’anatema dei vescovi: «Una disumana struttura di peccato» NAPOLI. È del 29 giugno 1982 il documento della Chiesa campana contro la camorra “Per amore del mio popolo non tacerò”. Sempre attuale, benché a volte dimenticato, è una riflessione e un atto d’accusa, un appello ai credenti a partecipare attivamente alla vita civile, un’autocritica affinché la Chiesa vinca paure e convenienze e si schieri contro la criminalità organizzata. Per la prima volta una Conferenza episcopale, benché regionale, pronunciò la parola “camorra”, infrangendo una mentalità e una prassi che la faceva considerare estranea alla missione evangelizzatrice. Il documento tentava una lucida analisi sulla realtà della camorra in Campania, non esitando a definirla “disumana struttura di peccato”, con l’invito esplicito a stare nel territorio con un impegno di vigile servizio e di testimonianza evangelica. I vescovi campani non si sono limitati a considerare i fatti di violenza già di per sé gravissimi, ma hanno analizzato con acutezza la diffusione, le motivazioni e le conseguenze del fenomeno della camorra: tanti giovani attirati nelle sue spire; tante famiglie gettate nel dolore e nella disperazione; tante attività produttive soffocate dalle estorsioni; tante vite stroncate; e una diffusa rassegnazione tra le popolazioni, quasi si trattasse di una calamità ineludibile. Prima indicazione chiara è quella di non tacere, perché significa uscire dall’abitudine a un annuncio del Vangelo generico, astratto e spirituale, che non prende posizione di fronte alle situazioni strutturali di peccato. Valeria Chianese © RIPRODUZIONE RISERVATA CALABRIA Appello agli uomini delle ’ndrine: convertitevi e riparate il male fatto COSENZA. Sono numerosi gli interventi del clero calabrese contro la piaga del malaffare e della criminalità organizzata. Punto di riferimento resta la nota pastorale che nel titolo richiamava il Vangelo di Luca: “Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo”.Vergata nel 2007 dalla Conferenza episcopale calabrese (Cec), oltre a una disamina del fenomeno mafioso, approfondiva i rapporti storici tra Chiesa e malavita, e lanciava proposte per interventi sia strettamente ecclesiali sia istituzionali, politici e culturali. Sempre la Cec, nel 2012, certificava la condivisione dei vescovi calabresi nel dichiarare la ’ndrangheta anticristiana e nell’invitare i suoi affiliati alla «conversione e alla giusta riparazione nella prospettiva del perdono cristiano». Numerosi le iniziative dei singoli presuli, anzitutto per quanto riguarda le infiltrazioni della’ndrangheta in processioni e altri eventi di culto. Contro queste infiltrazioni molte sono state le iniziative dei Pastori. Al termine della recente visita ad limina a Benedetto XVI, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova e presidente della Cec,Vittorio Mondello, dichiarava: «È necessario soprattutto educare la gente a formarsi con una mentalità non mafiosa. Educare i bambini a non avere i boss mafiosi come modelli, a non considerarli uomini di onore ma uomini di disonore». Domenico Marino © RIPRODUZIONE RISERVATA Le altre prese di posizioni dei presuli

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LA GIORNATADELLA MEMORIA

Il forte richiamo nelcorso della riunione dellacommissione regionaleAntimafia svoltasi a

Reggio Calabria inoccasione dellacerimonia per ricordarele vittime della mafia

VENERDÌ22 MARZO 2013 15

L’Arcivescovo di Torino monsignorCesare Nosiglia, l’Arcivescovo emeritoCardinale Severino Poletto e il Vescovo

Ausiliare, unitamente al CapitoloMetropolitano e all’intero Presbiteriodiocesano, consegnano a Gesù Buon

Pastore il sacerdote canonico

MICHELE VERNETTIRicordandone il lungo ministero

pastorale, avvalorato dalla sofferenzanella malattia, chiedono alla comunitàcristiana di unirsi nella preghiera del

fraterno suffragio.Liturgia di sepoltura nella chiesa

parrocchiale di None: sabato 23 marzo,alle ore 8.30.

TORINO, 22 marzo 2013

È mancato all’affetto dei suoi carimonsignor

FRANCO LEGNANILo annunciano addolorati i nipoti e i

parenti tutti. Un sentito ringraziamentoalla dottoressa De Martin e al personale

del 6 piano dell’Ospedale San Luca.I funerali avranno luogo sabato 23 alleore 11 presso la chiesa di San Tomasovia Broletto Milano. Alle ore 14.30 ci

sarà un momento di preghiera allaparrocchia di San Giorgio a Dumenza(Va), cui farà seguito la tumulazione.

MILANO, 22 marzo 2013

Popi Claudio Pietro e Francesco salutanozio

FRANCOche ha accompagnato con la suabenedizione i nostri momenti più

importanti e abbracciano con affettoPaola, Valeria e Roberto.

MILANO, 22 marzo 2013

L’Abate e il Capitolo di S. Ambrogioaccompagnano alla casa del Padre con

l’affetto e la preghieramonsignor

FRANCO LEGNANIMILANO, 22 marzo 2013

Il vescovo Galantino:mai complici di silenzidi fronte al crimineIl monito: per guarire dall’infezione della ’ndrangheta serve una comunità che senta e rifiuti il suo strapotereDA COSENZA DOMENICO MARINO

utto ciò che è giusto eonesto ci appartiene,interroga e deve ve-

derci impegnati. L’amore per il no-stro popolo non può averci com-plici di silenzi traditori e dilatori. U-na Chiesa che accetta questo silen-zio perde la sua dignità prima diperdere la sua credibilità». Forte ri-chiamo all’impegno pastorale e ci-vile lanciato dal vescovo di Cassa-no all’Jonio, Nunzio Galantino, nelsuo intervento durante la riunionedella commissione regionale anti-mafia che ha organizzato a ReggioCalabria la “Giornata della memo-ria e dell’impegno” in ricordo di tut-te le vittime della ’ndrangheta. Pri-ma dell’intervento del presule, l’in-troduzione del presidente del grup-po, Salvatore Magarò, e la testimo-nianza di Matteo Luzza, fratellod’un giovane rapito e assassinatonel ’94 poiché innamorato della co-gnata d’un capocosca.Il vescovo Galantino s’è chiestoquanto valga una vita, ricordandoun tabaccaio di Cassano, 39enne,sposato e padre di tre bambine, nel1998 ucciso al culmine di una rapi-na da 610mila lire. Poi ha denun-ciato gli spacciatori di droga chevendono morte a ogni angolo del-le nostre strade e i criminali che lu-crano piazzando dappertutto mac-chine mangiasoldi. «L’utilità delle"Giornate della memoria e dell’im-pegno" - ha aggiunto chiedendo al-la politica fatti oltre le parole - si mi-sura sulla base della cultura dellalegalità che si crea e sulla base deipercorsi di educazione alla legalitàche si attivano». Quindi il monito:«La cultura dell’illegalità nasce e sisviluppa dove e quando si continuaa chiedere “per favore” ciò che è do-vuto per diritto. Nasce e si sviluppadove la raccomandazione è consi-derata regola e sistema. Chi nutre lasua immagine e va orgoglioso del-la sua capacità di elargire favori apersone alle quali quelle stesse co-se andrebbero assicurate per dirit-to, può e deve ritenersi membrodella malavita». Sono troppi i delitti irrisolti così co-me i casi di lupara bianca dimenti-cati. E Galantino l’ha denunciato,interrogando se stesso e i suoi in-terlocutori: «Vi sembra normale unpaese nel quale il 70% dei parentidelle vittime non conosce la ve-rità?». Il vescovo ha ricordato «ma-gistrati, uomini e donne straordi-nari impegnati nella lotta alla cri-minalità organizzata», aggiungen-do, però, che «senza una comunitàconsapevole della serietà e dellagravità dello strapotere e l’arrogan-za della malavita, la strada per li-berare il tessuto sociale dall’infe-

T«zione della ’ndrangheta sarà anco-ra terribilmente lunga». Il presule ha stigmatizzato l’evolu-zione della mafia, sempre menocoppola e lupara e sempre più cra-vatta e valigetta da manager. «C’èstato un passaggio... culturale dalmafioso che appoggiava il politi-co, al mafioso che cerca di farsilui stesso politico». Poi un pen-siero a don Diana e padre Pugli-si, la cui uccisione «toglie ogni a-libi a chi pensa di mettere insie-me fede in Cristo e malaffare,Religione e cultura mafiosa». In coda un richiamo a papa Fran-cesco: «Chissà se un’attenzione me-no emotiva e più partecipata ai pri-mi passi che sta muovendo non

possa aiutare tutti - a cominciareda me uomo di Chiesa - a recupe-rare un sano realismo che mi vedacon voi impegnato a educarmi e a“educare alla vita buona del Van-gelo”, segnata da dignitosa sobrietàe da generosa voglia di condivide-re, sostituendo l’arroganza con latenerezza e il livore becero con lamisericordia! Tutti devono potercontare su una Chiesa e su una so-cietà civile non distratte da begheinterne e da interessi di parte e cor-porativi. Il Signore ci chiederà con-to di ritardi e di omissioni causatidalla burocrazia del cuore e dellamente», ha sigillato monsignorNunzio Galantino.

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Sopra NunzioGalantino,vescovo di Cassanoall’Jonio che ieriè intervenutoin ConsiglioregionaleA fianco unamarcia a favoredella culturadella legalità

SICILIA

Dai presuli dell’Isolacondanna senza appello:è regno del MalignoPALERMO. La mafia incompatibile colVangelo. È questo, in sintesi questo il pensierodella Chiesa siciliana, che negli ultimi vent’anniè stato scandito con documenti, omelie,comunicati, prese di posizione rigorose.L’omicidio di padre Pino Puglisi mise i vescovie le comunità ecclesiali dell’Isola di fronte allanecessità di chiarezza e schiettezza davantialla subcultura mafiosa, che permeava ampiefette della società. La svolta avvieneall’indomani delle celebri parole di PapaWojtyla il 9 maggio 1993 ad Agrigento esubito dopo l’omicidio di don Puglisi, il 15settembre 1993. Nacque un documento dellaConferenza episcopale siciliana, del maggio’94, “Nuova evangelizzazione e pastorale”sintesi degli stimoli giunti dal Papa e dalconvegno delle Chiese di Sicilia. «È nostrodovere - scrissero i vescovi - ribadire ladenuncia dell’incompatibilità della mafia con ilVangelo. La mafia appartiene, senza possibilitàdi eccezione, al regno del peccato, e fa deisuoi operatori altrettanti operai del Maligno».La condanna non era solo per Cosa nostrama si allargava anche ai conniventi: «Tutticoloro che aderiscono alla mafia o pongonoatti di connivenza con essa debbono sapere diessere e di vivere in insanabile opposizione alVangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, diessere fuori della comunione della suaChiesa». Ai siciliani i vescovi ricordavano:«Chiedere o accettare qualsiasi forma diintermediazione a persone conosciute comeappartenenti o contigue alla mafia si deveritenere che rientri sempre, quanto menoindirettamente, ma non meno colpevolmente,nella fattispecie della connivenza e dellacollusione».

Alessandra Turrisi© RIPRODUZIONE RISERVATA

CAMPANIA

L’anatema dei vescovi:«Una disumanastruttura di peccato»NAPOLI. È del 29 giugno 1982 ildocumento della Chiesa campana controla camorra “Per amore del mio popolonon tacerò”. Sempre attuale, benché avolte dimenticato, è una riflessione e unatto d’accusa, un appello ai credenti apartecipare attivamente alla vita civile,un’autocritica affinché la Chiesa vincapaure e convenienze e si schieri contro lacriminalità organizzata. Per la prima voltauna Conferenza episcopale, benchéregionale, pronunciò la parola “camorra”,infrangendo una mentalità e una prassiche la faceva considerare estranea allamissione evangelizzatrice. Il documentotentava una lucida analisi sulla realtà dellacamorra in Campania, non esitando adefinirla “disumana struttura di peccato”,con l’invito esplicito a stare nel territoriocon un impegno di vigile servizio e ditestimonianza evangelica. I vescovicampani non si sono limitati a considerarei fatti di violenza già di per sé gravissimi,ma hanno analizzato con acutezza ladiffusione, le motivazioni e le conseguenzedel fenomeno della camorra: tanti giovaniattirati nelle sue spire; tante famigliegettate nel dolore e nella disperazione;tante attività produttive soffocate dalleestorsioni; tante vite stroncate; e unadiffusa rassegnazione tra le popolazioni,quasi si trattasse di una calamitàineludibile. Prima indicazione chiara èquella di non tacere, perché significauscire dall’abitudine a un annuncio delVangelo generico, astratto e spirituale, chenon prende posizione di fronte allesituazioni strutturali di peccato.

Valeria Chianese© RIPRODUZIONE RISERVATA

CALABRIA

Appello agli uominidelle ’ndrine: convertitevie riparate il male fattoCOSENZA. Sono numerosi gliinterventi del clero calabrese contro lapiaga del malaffare e della criminalitàorganizzata. Punto di riferimento restala nota pastorale che nel titolorichiamava il Vangelo di Luca: “Se non viconvertirete perirete tutti allo stessomodo”. Vergata nel 2007 dallaConferenza episcopale calabrese (Cec),oltre a una disamina del fenomenomafioso, approfondiva i rapporti storicitra Chiesa e malavita, e lanciavaproposte per interventi siastrettamente ecclesiali sia istituzionali,politici e culturali. Sempre la Cec, nel2012, certificava la condivisione deivescovi calabresi nel dichiarare la’ndrangheta anticristiana e nell’invitare isuoi affiliati alla «conversione e allagiusta riparazione nella prospettiva delperdono cristiano». Numerosi leiniziative dei singoli presuli, anzituttoper quanto riguarda le infiltrazionidella’ndrangheta in processioni e altrieventi di culto. Contro questeinfiltrazioni molte sono state leiniziative dei Pastori. Al termine della recente visita ad liminaa Benedetto XVI, l’arcivescovometropolita di Reggio Calabria-Bova epresidente della Cec, Vittorio Mondello,dichiarava: «È necessario soprattuttoeducare la gente a formarsi con unamentalità non mafiosa. Educare ibambini a non avere i boss mafiosicome modelli, a non considerarliuomini di onore ma uomini didisonore».

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PALERMO.Tornano lapidee foto sullatomba di RitaAtria, la giovanedi Partanna(Trapani) cheseppe ribellarsialla mafia eraccontaretutto ciò chesapeva a ungiudice chediventò il suo

secondo padre, Paolo Borsellino. La ragazzasi tolse la vita una settimana dopo la stragedi via D’Amelio, per la disperazione. Rimasela cognata Piera Aiello a perpetuarne ilcoraggio della scelta. Ma l’epigrafe, firmatadalla sorella di Rita, contiene una difesa aoltranza della famiglia Atria, che sarebbestata perseguitata. La storia che ruota

attorno a questa sepoltura hadell’incredibile. La prima lapide fu spezzataa colpi di bastone dalla madre, GiovannaCannova, che aveva rinnegato la figlia dopola scelta di testimoniare (è morta anovembre). Per vent’anni quella tomba èperciò rimasta anonima, senza il ricordo diRita Atria, seppellita lì assieme al padre VitoAtria (boss mafioso ucciso nell’85). Dapochi giorni su quella tomba è comparsauna lapide in marmo a forma di libro, con lefoto di Rita e di sua mamma. È firmata daAnna, l’unica sorella della testimone digiustizia e recita: «Alla mia famiglia,condannata, speculata, calunniata, marchiata,violata, abusata, usurpata, umiliata, giudicata,incriminata, che ha lottato, creduto, sperato,amato, sopportato, sofferto. Nel mio cuoresarà sempre vivo il ricordo di coloro chevissero unicamente per amore dellafamiglia». (Ale. Tur.)

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PALERMO. Fervono a Palermo ipreparativi per la beatificazione didon Pino Puglisi, il parroco diBrancaccio ucciso dalla mafia quasivent’anni fa e per questoriconosciuto martire. Lacelebrazione per la beatificazionesarà ospitata all’interno dello stadioRenzo Barbera, che risuonerà disantità per un giorno. Il prossimo 25maggio alle 10,30 arriveranno fedelida tutta Italia e da tutta la Sicilia perla storica celebrazione, ma diversiappuntamenti preparerannol’incontro. Tra le manifestazioni piùimportanti, proprio a ridosso dellabeatificazione, ci saranno il 23maggio, al Tribunale di Palermo, unconvegno su "Il martirio di Don PinoPuglisi: dal processo penale allaBeatificazione", e nello stesso giornovari momenti di adorazione

eucaristica nelle parrocchie. Il 24maggio, alle 21, sarà il quartiere diBrancaccio protagonista, con unaveglia di preghiera per i giovani sulterreno confiscato alla mafia, che èstato destinato alla costruzione dellanuova chiesa del quartiere, propriosecondo il progetto di don Puglisi. Il26 maggio, invece, in cattedrale, alle18, si terrà una messa diringraziamento. È stata istituita ancheuna segreteria in curia (in via MatteoBonello 2, tel. 091.6077301, fax091.6077260, email:[email protected]).Sarà, infatti, necessario munirsi di unpass gratuito per accedere allostadio Barbera. Ma ieri è stataraggiunta un’altra tappa nelcoordinamento delle attività infavore dei bisognosi nel quartiereBrancaccio. Gli storici locali di via

Brancaccio 461, proprio di fronte allachiesa di San Gaetano, dove fufondato il Centro Padre Nostro dadon Puglisi, sono stati restituiti allaparrocchia. Il centro, oggi diventatouna onlus, si è trasferito di qualchenumero civico e ieri ha inaugurato lanuova sede, alla presenza di tantiragazzi. Il presidente del centro,Maurizio Artale, afferma: «Ci siamotrasferiti non perché siamo divisi, maper ampliare il raggio d’azione ditutte le realtà che operano aBrancaccio. Il nostro scopo è quellodi realizzare i sogni di don Puglisi». Ein quei locali al primo piano delnumero 210 di via Brancaccio è stataposta la sede operativa, acquistatacol contributo della fondazioneGiovanni Paolo II di Fiesole.

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Il 25 maggio la celebrazioneIntanto fioriscono iniziativeper promuovere il messaggiodel sacerdote ucciso dalla mafia

Palermo pronta alla beatificazione di don Pino

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Lapide in difesa della famiglia del bosssulla tomba della pentita Rita Atria