15 Archeologia e Architettura Del Paesaggio

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    2003 Edizioni allInsegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

    ARCHEOLOGIAEARCHITETTURADELPAESAGGIO. ILCASODELLE LOGGE

    Noi tutti, abitanti della terra, anche se inconsapevolmente, viviamo im-mersi in un paesaggio. In un insieme di oggetti, di relazioni, di connessionidinamiche, strutturali e funzionali, a volte palesi, pi spesso nascoste, che con-tinuamente evolvono, mutano e si perpetuano (). Viviamo racchiusi in una

    smisurata biblioteca che ospita le testimonianze, i segni, le tracce del pi remo-to passato, del farsi delle cose e dellavvicendarsi delle mutazioni, () e che altempo stesso contiene le premesse, le cause e le condizioni dellassetto futuro,prossimo e remoto. Paesaggio come immenso, totale processo evolutivo, pae-saggio come sintesi del tempo, luogo della testimonianza e della premonizio-ne.

    (V. Romani, in GIANNINI 1997, p. 1)

    Lintervento si propone di esaminare alcuni degli argomenti su cui, pertangenza o sovrapposizione, le problematiche inerenti discipline archeologi-

    che e paesaggistiche si intrecciano a tal punto da rendere impossibile unarisposta univoca, che prescinda dalluna o dallaltra area di indagine.Lintento degli autori non quello di fornire alcuna risposta, ma, al

    contrario, di sottolineare tutti gli interrogativi rimasti aperti, sulla linea dom-bra che separa ed unisce due campi disciplinari molto diversi, ma spessocomplementari.

    Il paesaggio va inteso oggi come un processo evolutivo nel quale si inte-grano le attivit spontanee della natura e quelle dellumanit creativa, nellaloro dimensione storica passata, presente e futura e ancora Paesaggio com-

    plessit dinamica, sintesi, organismo vivente, coerenza di processi naturali edumani, biotici ed abiotici strettamente integrati. Queste sono due delle defi-nizioni fornite da Giannini, rispondenti al concetto moderno del terminepaesaggio, difficile da determinare e da delimitare, ma caratterizzato prin-cipalmente da tre fattori: complessit, dinamicit, nel tempo e nello spazio, eintegrazione tra tutte le componenti presenti, di qualunque natura esse siano(GIANNINI 1997).

    A complicare la definizione del termine, si inserisce inoltre la valenzapolisemica del termine paesaggio, ancora oggi irrisolta (GIANNINI 1997, p.1). Lespressione infatti sempre stata connotata da due significati: da unlato quello di matrice scientifica, nata sulla base degli studi economici e geo-

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    ne (Foro e Palatino) le interazioni tra la vegetazione ed i siti archeologici. I rap-porti di ordine pratico, conservativo, estetico e didattico furono indagati daBoni con acutezza e modernit. Interessante la possibilit di usare la vegeta-

    zione come integrazione alle parti mancanti dei ruderi, potendo cos suggeri-re al visitatore unidea complessiva del monumento, cos come lidea di ricrearesistemazioni vegetali, ispirate al disegno di strutture archeologiche reali (vediad esempio il disegno per il labirinto diBuxus sempervirens, ispirato alla fon-tana ottagonale nel peristilio della Domus Flavia in DE VICO FALLANI 1988, op.cit., p. 94) (Fig. 3).

    Lipotesi di integrazione dei ruderi archeologici attraverso luso dellavegetazione, miscelando specie diverse secondo le necessit strutturali o di-dattiche, stato riconsiderato di recente, come un mezzo di minima invasivi-t e massima reversibilit (vedi MARINO, GAUDIO 1997)

    Particolarmente degne dinteresse le considerazioni sulle interazioni sta-tiche tra la vegetazione ed i ruderi archeologici. Spesso una estirpazione acri-tica delle piante infestanti pu favorire infatti laccelerazione del degradoirreversibile della struttura, mentre una coesistenza controllata ed indirizzataconsente la protezione delle creste dei muri e di altri punti di difficile conser-vazione(MARINO, GAUDIO 1997, p. 304).

    Lutilizzo nellintegrazione di alcune specie particolari, appartenenti co-munque alla tradizione classica (Myrtus communis, Laurus nobilis, Buxus

    sempervirens), pu essere studiato per consentire la riconoscibilit delle partida integrare, ad esempio per suggerire superfici in muratura, caratterizzate

    da tipi di versi di opus, oppure per indicare datazioni dei muri, stratigrafiedegli elevati e altre informazioni di vario genere sulla struttura archeologica(MARINO, GAUDIO, 1997, p. 307).

    Un interessante studio sulla pericolosit di alcune specie nei confrontidella conservazione dei ruderi archeologici stato condotto da Signorini del-lUniversit di Firenze (SIGNORINI 1996). Sarebbero tuttavia opportune edauspicabili indagini specifiche che si occupassero sistematicamente delle in-terazioni tra gli apparati radicali delle varie specie e la conservazione, strut-turale e superficiale, delle emergenze archeologiche.

    Un altro aspetto di tangenza tra le discipline archeologiche e quelle chesi occupano del paesaggio costituito dalle indagini sul giardino antico. Checosera? Qualera lidea di giardino e di paesaggio nel mondo classico e al difuori di esso? Le lettere di Plinio il Giovane a Domitio Apollinare o a PlinioGallo (Plinio il Giovane, Lettere, 6,17) e di Seneca a Lucilio (Seneca, Ad

    Lucilium, 55),forniscono la risposta ad alcuni di questi interrogativi (Fig. 4),cos come la descrizione del giardini di Alcinoo o di Calipso fatta da Omero(Omero, Odissea, VII, vv. 148-172; Omero, op. cit., V, vv. 83-89) o ancora itrattati di Catone (De Agricultura), Varrone (De re rustica), Columella (De rerustica) ed altri.

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    Un approccio magistralmente olistico nello studio del giardino antico adottato da Pierre Grimal che ne esegue unottima rilettura critica (Grimal1987 e 1990).

    Ma sono numerosissimi ancora gli argomenti da indagare, specialmen-te in relazione allindirizzo da adottare nelle contingenze operative reali: re-stauro, ricostruzione, ripristino o ridisegno di giardini antichi, le cui tracceemergono dagli scavi, come ad esempio, nelle case di Pompei od Ercolano(Fig. 5).

    Le cautele da applicare nel restauro di ogni opera darte (minima inva-sivit, reversibilit, riconoscibilit), non vanno forse messe in atto anche sulgiardino, opera darte tra le pi fragili e sottoposte alle ingiurie del tempo(vedi POZZANA 1996, p. 19)?

    O ancora, ipotizzabile una ricostruzione, nei casi in cui levidenza

    archeologica ci fornisce una base planimetrica su cui lavorare (ma senza,ovviamente, nessuna conferma sullo sviluppo prospettico e altimetricodegli elementi vegetali)? Tale operazione potrebbe essere definita un restau-ro? Non esiste risposta univoca a questi interrogativi: ciascun restauratorepotrebbe adottare unapproccio diverso che dipende dalla sua provenienzageografica, dalla formazione personale e da molti altri fattori, non sempreidentificabili.

    La Carta sul restauro dei giardini storici, redatta a Firenze il 21 maggio1981 dal Comitato internazionale dei giardini storici, e registrata il 15 di-cembre 1982 dallIcomos (POZZANA 1996, pp. 238-241), aveva come obbiet-

    tivo proprio lunificazione dei criteri di restauro da applicare a questo cam-po, particolarissimo ed insidioso, ma gi nel corso della sua stesura, nacque-ro non poche polemiche, suscitate dallambiguit di alcuni termini utilizzatinel documento (POZZANA 1996, p. 32).

    Concludendo, il terreno comune tra le due discipline dellarcheologia edellarchitettura del paesaggio, caratterizzato da una serie di domande ri-maste aperte, in attesa di soluzione. Soltanto un approccio comune, affronta-to da sinergie specialistiche provenienti dalluno e dallaltro campo, e privodi visioni particolaristiche e riduttive, ne consentir una progressiva ed esau-riente risoluzione.

    TESSA MATTEINI, LAURA MIRRI

    Bibliografia

    M. DE VICO FALLANI, 1988,I parchi archeologici di Roma, Roma.F. GIANNINI, 1997,Paesaggio. Teoria, analisi, disegno, progetto, Genova.P. GRIMAL, 1987,Larte dei giardini, Salerno-Roma.

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    P. GRIMAL, 1990,I giardini di Roma antica, Milano, 1990.V. INGEGNOLI, 1993,Fondamenti di ecologia del paesaggio, Milano.L. MARINO E R. GAUDIO, 1997, Integrazioni reversibili nel restauro archeologico e

    luso del verde, in M.M SEGARRA LAGUNES, (a cura di), La reintegrazione nel

    restauro dellantico. La protezione del patrimonio dal rischio sismico, Atti delseminario di studi, Paestum 11-12 aprile 1997, Roma 1997.

    T. Matteini, L. Mirri, 1999, Una proposta di metodo: la sistemazione di unareaarcheologica a Populonia, tra progetto e conservazione,Bollettino degli Inge-gneri, anno XLV, giugno, n. 6, 1999.

    C. NORBERG SCHULTZ, 1979, Genius loci, Milano 1999.M. POZZANA, 1996, Giardini storici, principi e tecniche di conservazione, Firenze.V. ROMANI, 1994,Il paesaggio. Teoria e pianificazione, Milano.J. RUSKIN, 1849, The Seven lamps of architecture, Londra.M.A. SIGNORINI, 1996,Lindice di pericolosit: un contributo del botanico al control-

    lo della vegetazione infestante nelle aree monumentali, Informatore botani-co italiano, vol. 28.

    G. VAN ZUYLEN, 1995,Il giardino paradiso del mondo, Trieste.M. ZOPPI, 1995, Storia del giardino europeo, Bari.