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Il teatro: un tentativo di definizione. Prolegomeni a ogni futura storia del teatro alternativo che voglia diventare scienza Vladimír Just eSamizdat (VII) -, pp. - I. N ELLA storia della cultura alternativa il teatro ricopre una posizione abbastanza particolare per sua stessa natura. Verosimilmente esiste un denominatore co- mune tra i tratti costitutivi di altre attività cul- turali ritenute alternative 1 . È una specifici- tà essenziale che si esprime attraverso i con- cetti, non in contraddizione tra loro, di “non ufficialità”, “riservatezza”, “privatezza”, “segre- tezza”, “intimità” fino a ”esoterismo”; in alcu- ni casi poi si possono applicare concetti come “cospirazione”, “proibizione” e “clandestinità” 2 . Il teatro però necessita sempre degli “al- tri”, ossia richiede “divulgazione”, “esternazio- ne” per potersi manifestare nella sua essen- za di genere, per essere effettivamente teatro. Senza il fondamentale ed essenziale rapporto attore-spettatore (ossia il loro “vissuto” comu- ne e autentico), che non è solo etico ed esteti- co, ma soprattutto ontologico, l’opera teatrale come tale non esiste e una cultura teatrale non si sviluppa. Il paradosso di cui parlo esprime un noto e 1 Intendo “alternativo” come definito rispetto all’establishment politico e artistico e rispetto al paradigma estetico ed etico dominante nel periodo e nella società, nel nostro caso in un modo o nell’altro sempre una società di tipo totalitario. 2 Fatto emblematico è che quando alla fine degli anni Ottanta si cercava una definizione riassuntiva per la letteratura teatrale “samizdat”, si utilizzava sempre più frequentemente il concet- to di “Elenco delle opere proibite (degli autori)”. Come si è poi immediatamente dimostrato, quella “proibizione” non diceva nulla della qualità di quei testi, era però il loro comun deno- minatore. [. . . ] Ci si riferisce qui esclusivamente alle opere teatrali (messe in scena), mai a opere testuali (letterarie). piuttosto logoro cliché, ossia che la rappresen- tazione teatrale, a differenza del racconto, del disegno, del film, della canzone o della sinfo- nia, non può essere recitata (diretta, scritta) per finire in un cassetto. La possibilità di una creazione artistica “de- stinata al cassetto” è resa possibile da un’altra caratteristica costitutiva della cultura alterna- tiva, che la differenzia dalla creazione artistica “affermata”, “ufficiale”: una creazione artistica ufficiale destinata a un cassetto è un concet- to assolutamente privo di significato. L’opera teatrale può sicuramente – nel caso limite – es- sere messa in scena clandestinamente davanti ad alcuni amici in un appartamento cospirati- vo 3 , oppure in una mensa aziendale con le fi- nestre oscurate,può essere videoregistrata 4 ,ma allo stesso tempo, nel momento della sua crea- zione, cessa di esistere: da quel momento non abbiamo a disposizione l’opera, ma solo infor- mazioni a riguardo; al contrario, l’opera stessa filmata o il testo dell’opera possono rappresen- tare un’opera d’arte duratura. In questo caso limite però il teatro abbandona una delle sue essenziali e specifiche possibilità: quella di es- sere un’occasione d’incontro (“vissuto”) tra at- tori e spettatori aperto a tutti che non può es- sere limitato da niente e nessuno, sulla base di 3 Vedi il Bytové divadlo Vlasty Chramostové [Teatro d’apparta- mento di Vlasta Chramostová], il Bytové divadlo [Teatro d’ap- partamento] Šlépˇ ej v oknˇ e [Orma alla finestra], il Divadlo u stolu [Teatro attorno a un tavolo], il Divadlo na tahu [Teatro in movimento] e così via. 4 Vedi le riprese originali del regista e cameraman Stanislav Mi- lota degli anni 1978-1980, le audiocassette di Vladímir Merta, 1977-1978, e così via.

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Il teatro: un tentativo di definizione.

Prolegomeni a ogni futura storia del teatro alternativo che voglia

diventare scienza

Vladimír Just

♦ eSamizdat (VII) -, pp. -♦

I.

NELLA storia della cultura alternativa ilteatro ricopre una posizione abbastanza

particolare per sua stessa natura.Verosimilmente esiste un denominatore co-

mune tra i tratti costitutivi di altre attività cul-turali ritenute alternative1. È una specifici-tà essenziale che si esprime attraverso i con-cetti, non in contraddizione tra loro, di “nonufficialità”, “riservatezza”, “privatezza”, “segre-tezza”, “intimità” fino a ”esoterismo”; in alcu-ni casi poi si possono applicare concetti come“cospirazione”, “proibizione” e “clandestinità”2.

Il teatro però necessita sempre degli “al-tri”, ossia richiede “divulgazione”, “esternazio-ne” per potersi manifestare nella sua essen-za di genere, per essere effettivamente teatro.Senza il fondamentale ed essenziale rapportoattore-spettatore (ossia il loro “vissuto” comu-ne e autentico), che non è solo etico ed esteti-co, ma soprattutto ontologico, l’opera teatralecome tale non esiste e una cultura teatrale nonsi sviluppa.

Il paradosso di cui parlo esprime un noto e

1 Intendo “alternativo” come definito rispetto all’establishmentpolitico e artistico e rispetto al paradigma estetico ed eticodominante nel periodo e nella società, nel nostro caso in unmodo o nell’altro sempre una società di tipo totalitario.

2 Fatto emblematico è che quando alla fine degli anni Ottanta sicercava una definizione riassuntiva per la letteratura teatrale“samizdat”, si utilizzava sempre più frequentemente il concet-to di “Elenco delle opere proibite (degli autori)”. Come si è poiimmediatamente dimostrato, quella “proibizione” non dicevanulla della qualità di quei testi, era però il loro comun deno-minatore. [. . . ] Ci si riferisce qui esclusivamente alle opereteatrali (messe in scena), mai a opere testuali (letterarie).

piuttosto logoro cliché, ossia che la rappresen-tazione teatrale, a differenza del racconto, deldisegno, del film, della canzone o della sinfo-nia, non può essere recitata (diretta, scritta) perfinire in un cassetto.

La possibilità di una creazione artistica “de-stinata al cassetto” è resa possibile da un’altracaratteristica costitutiva della cultura alterna-tiva, che la differenzia dalla creazione artistica“affermata”, “ufficiale”: una creazione artisticaufficiale destinata a un cassetto è un concet-to assolutamente privo di significato. L’operateatrale può sicuramente – nel caso limite – es-sere messa in scena clandestinamente davantiad alcuni amici in un appartamento cospirati-vo3, oppure in una mensa aziendale con le fi-nestre oscurate,può essere videoregistrata4,maallo stesso tempo, nel momento della sua crea-zione, cessa di esistere: da quel momento nonabbiamo a disposizione l’opera, ma solo infor-mazioni a riguardo; al contrario, l’opera stessafilmata o il testo dell’opera possono rappresen-tare un’opera d’arte duratura. In questo casolimite però il teatro abbandona una delle sueessenziali e specifiche possibilità: quella di es-sere un’occasione d’incontro (“vissuto”) tra at-tori e spettatori aperto a tutti che non può es-sere limitato da niente e nessuno, sulla base di

3 Vedi il Bytové divadlo Vlasty Chramostové [Teatro d’apparta-mento di Vlasta Chramostová], il Bytové divadlo [Teatro d’ap-partamento] Šlépej v okne [Orma alla finestra], il Divadlo ustolu [Teatro attorno a un tavolo], il Divadlo na tahu [Teatroin movimento] e così via.

4 Vedi le riprese originali del regista e cameraman Stanislav Mi-lota degli anni 1978-1980, le audiocassette di Vladímir Merta,1977-1978, e così via.

eSamizdat 2009 (VII) 2-3 ♦ Temi: Primavera di Praga ♦

una convezione e di regole del gioco concorda-te liberamente (l’incontro si svolge sulla base diuna scelta spontanea, e non pianificata in pre-cedenza.) La consuetudine delle rappresenta-zioni segrete negli appartamenti cospirativi e inaltri luoghi, che erano rappresentazioni liberee liberatorie in un mare di non-libertà, fu im-posta di fatto dalle istituzioni totalitarie ad at-tori e spettatori. La selezione dei partecipan-ti era limitata in anticipo in modo logico e na-turale solo a persone “elette”, ossia scelte pre-cedentemente in modo severo dagli organiz-zatori e invitate personalmente. Scrive VlastaChramostová:

Le visioni del mondo dei nostri ospiti erano diverse. Untempo si contraddicevano in modo radicale, ora [. . . ] ta-lune invece si compenetravano. Ciò nonostante sceglievocon cura chi invitare insieme a chi. . . 5

Anche le persone “non ufficiali”, ad esem-pio appartenenti alla cosiddetta “zona grigia”,quelle che s’interessavano professionalmenteal teatro, dunque persone che in circostanzenormali sarebbero state gli spettatori natura-li di queste produzioni (tra i quali rientrava-mo anch’io e i miei amici durante la cosiddet-ta “normalizzazione“) venivano a sapere dellerappresentazioni negli appartamenti a Praga oa Brno di norma solo in seguito, dai volanti-ni stampati illegalmente o dalle notizie diffusedalle radio straniere. Gli ospiti non invitati cheentravano durante o alla fine della rappresenta-zione appartenevano quasi esclusivamente agliorgani segreti o ufficiali del potere repressivo,soprattutto alla polizia.

Diamo ora alcuni esempi concreti di que-sto tipo di manifestazioni clandestine di attivi-tà teatrali antitetiche ed estreme. Costituisconocapitoli del testo che esemplificano le possibili-tà e i limiti della cultura alternativa nell’ambitodel teatro come genere artistico.

II.

Dalla metà della stagione 1943-1944, nellacittadina di Pelhrimov nella Boemia meridiona-le, operava un gruppo di giovani dilettanti entu-

5 V. Chramostová, Vlasta Chramostová, Brno 1999, p. 223.

siasti, in maggioranza studenti del locale liceochiuso dai nazisti e reclutati al lavoro coatto (ifratelli Lipský, Zbynek Vavrín, Jan Maška, MarieHovorková e altri). Questo gruppo studentescoben definito si distinse, come spesso accadeva,per lo stile “avanguardistico” rispetto alla Rie-ger, la compagnia amatoriale locale con un in-dirizzo tradizionale. Il loro modello evidente ein nessun modo dissimulato era il Teatro D34 diBurian, in quel periodo già chiuso e proibito dainazisti (E.F. Burian era già rinchiuso da tre anniin un campo di concentramento). Inizialmen-te si chiamavano Dramatické studio mladých[Studio teatrale dei giovani], in seguito Malá ko-medie [Commedia piccola]; infine, dopo il tra-sferimento a Praga e l’ingresso nel mondo delteatro professionale, il gruppo entrò nella sto-ria del teatro ceco come Divadlo satiry [Teatrodella satira], 1945-1949.

Accanto alla culla del gruppo satirico cecopiù significativo del dopoguerra – come prece-dentemente era stato per l’Osvobozené divad-lo [Teatro liberato] e in seguito sarà ad esem-pio per Semafor, Kladivadlo, Paravan e altri –inizialmente incontriamo la Parca della poe-sia, non quella della satira. D’altronde anchenell’antichità la satira nasceva di fatto dalla li-rica (quasi a conferma del teorema di “filoge-nesi” e “ontogenesi”, secondo cui ogni organi-smo superiore durante il suo sviluppo embrio-nale attraversa brevemente tutti gli stadi pre-cedenti dello sviluppo della specie). Dopo trecicli poetico-drammaturgici legali, non senzapiccoli conflitti con gli uffici del Protettorato, ilgruppo di Pelhrimov cominciò a preparare unanuova stagione con un ciclo di canzoni da fie-ra intitolato Cerná hodinka [L’ora buia], ispiratedal drammaturgo avanguardista non ufficialeJindrich Honzl e dal suo Divadélko pro 99 [Tea-trino per 99], poi Divadlo ve Smetanove muzeu[Teatro del Museo Smetana]. La preparazionevenne interrotta dal decreto di Goebbels del 1˚settembre 1944 con il quale si proibivano tuttele attività teatrali nel territorio del Reich, com-prese quelle amatoriali. A differenza degli al-tri gruppi teatrali cechi, il gruppo di Pelhrimov

V. Just, Il teatro: un tentativo di definizione

prese il decreto come un invito a una radica-le rivalutazione della poetica e dello status delgruppo. Da un teatro di poesia formalmenteaggressivo e sostanzialmente apolitico che erariuscito a fatica a evitare la censura, si trasfor-mò in un teatro d’autore e politico, ossia in uncabaret letterario antinazista ed esercitato clan-destinamente. Il gruppo iniziò segretamente leprove del ciclo Rozbitá trilogie [Trilogia spez-zata], composto da Zbynek Vavrin prevalente-mente mettendo insieme i lavori di cui eranoautori i membri del gruppo. Uno degli attori,Jan Maška, ricorda che si provava

la sera dopo il lavoro in officina e in ufficio, sussurrando af-finché neppure una parola giungesse alle orecchie dei de-latori e dei denunciatori che avevano il sentore che si stessepreparando la commemorazione del loro inglorioso mes-sianismo e la celebrazione di un nuovo domani. Le fine-stre venivano chiuse ermeticamente contro gli ascoltatorinon ammessi, si nascondevano i testi affinché non diven-tassero testimoni anzitempo di un’attività segreta (Týdeníkz Ceskomoravské vysociny, 24 maggio 1945).

Le prove con gli amici si effettuavano anchenegli appartamenti privati, se si incontravanopiù persone le prove venivano effettuate nel re-tro del ristorante V Sadech a Pelhrimov. La pri-ma rappresentazione, solo per amici e invitatiche comunque riempirono tutta la sala improv-visata, ebbe luogo nel febbraio del 1945 nellasala oscurata della mensa per il personale del-l’ospedale civile di Pelhrimov (in quel periodoZbynek Vavrin, il curatore del ciclo, vi lavora-va come aiuto-inserviente, il cosiddetto “pap-pino”). La prima e l’ultima parte della trilogiapresero ispirazione dal D di Burian: nella primaparte, Predevcírem [L’altro ieri] si può ascolta-re ad esempio la popolare Komedie o Bakusovi[Commedia di Bakus], canzoni da fiera e simili;l’ultima, Dneska [Oggi], ossia nel contesto del-l’occupazione “zítra” [domani], è composta daun gruppo vocale e dalla recitazione rivolta alcoinvolgimento del pubblico di versi satirici dipoeti cechi. La parte centrale, la più applaudi-ta (Vcera, cioè Ieri), era un’ampia parodia dellaradio del Protettorato. Sette sketch satirici, Ro-zhlas pro ženy [Radio per donne], Hospodarskýrozhlas [Radio economia], Zprávy [Notiziario],Prenos ze Strahovského stadionu [Diretta dallo

stadio di Strahov], Doba – práce – události [Epo-ca – lavoro – avvenimenti], Zpráva branné moci[Bollettino delle forze armate] e Kurs nemciny[Corso di tedesco], con gusto passavano in ras-segna le mostruosità, le demagogie, le banali-tà e le assurdità dei media dell’epoca. In que-sta spettacolare rassegna della mostruosità deimedia dell’epoca la parodia emergeva soprat-tutto dalla contraddizione tra ciò che “si vede-va” (sul palco) e ciò che “si sentiva” (alla radio).Il costante gioco di parole (locuzioni, frasi fat-te), l’associazione di parole come fattore stilisti-co basilare e soprattutto il metodo disarmantedella citazione diretta, priva di commenti, deifenomeni tipici dell’epoca che manifestano laloro “bestialità” fine a se stessa, senza il con-tributo degli attori: tutti questi erano elementibasilari della poetica di Voskovec e Werich. Nel-la situazione data l’espressione scenica brutale,sfacciata e irriverente di L. Lipský, J. Maška e M.Hovorková operava un effetto elettrizzante su-gli attori e sul pubblico. La carica fondamenta-le della parodia selvaggia e della citazione del-le frasi fatte senza commenti in qualsiasi formacaratterizzò stabilmente, come si dimostrò inseguito, la poetica del gruppo. Praticamente fi-no alla graduale liquidazione del Divadlo satiry[Teatro della satira] da parte del potere comu-nista nel corso della stagione 1948-1949 questacompagnia sfruttò, sviluppò e coltivò l’impul-so vitale che si era palesato quella fatale seradi febbraio nella mensa oscurata dell’ospeda-le di Pelhrimov. Del resto il gruppo di Pelhri-mov aveva sfondato con la replica del ciclo su-bito dopo la rivoluzione; la prima pubblica alTeatro cittadino di Pelhrimov (18 maggio 1945)fu la prima presentazione originale di un’ope-ra teatrale ceca sul territorio della liberata Re-pubblica cecoslovacca. Nelle repliche succes-sive dell’opera (Tábor, Sezimovo Ústí, Praga), ilcui crescente successo portò a una professiona-lizzazione del gruppo, i principi utilizzati nel-la parte centrale si dimostrarono talmente im-portanti da dominare la terza parte della trilo-gia (Dnešek), sotto forma di nuovi sketch pa-rodistici sul tema “la frettolosa produzione del

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passato rivoluzionario”, e da influenzare anchela nascita dell’opera con più repliche del teatrocecoslovacco nelle prime stagioni post-bellicheossia Cirkus plechový [Circo di latta]. Ma già aquel tempo, nella mensa illegale, l’Osvobozenédivadlo ebbe la meglio sul D di Burian: dallaMalá komedie di Pelhrimov nacque il Divadlosatiry di Praga.

Ma se il Divadlo satiry non avesse potuto rap-presentare al pubblico la propria opera ossianon avesse potuto manifestare nella gloriosaepoca successiva le proprie potenzialità attra-verso la regolare competizione permessa dallospazio pubblico, le sue precedenti rappresen-tazioni teatrali clandestine, ossia questo assag-gio collettivo di libertà in condizioni illiberali,sarebbero state dimenticate, limitate alla puraesperienza privata di alcune decine di parteci-panti. Probabilmente non ne avremmo neppu-re letto sui libri di storia del teatro. Grazie a unosviluppo del teatro in condizioni normali si po-té apprezzare il significato della nascita di unapoetica teatrale in condizioni estreme.

III.

Trent’anni più tardi, in un altro sistema to-talitario altri drammaturghi portarono al cul-mine la loro carriera artistica con rappresenta-zioni teatrali clandestine. E ancora una volta ilsignificato della loro attività senza precedenti,perché in questo caso aveva uno svolgimentoregolare (alcune messe in scena di Bytové di-vadlo Vlasty Chramostové – Teatro d’apparta-mento di Vlasta Chramostová degli anni 1976-1980, tenuto conto delle “trasferte”, arrivaronoanche a ventidue o ventitre repliche, che eramolto di più rispetto ad alcune messe in sce-na dei teatri ufficiali!) era stato potenziato dalleloro precedenti opere, dalla loro notorietà arti-stica. Erano cioè professionisti riconosciuti (at-tori, drammaturghi, registi, direttori artistici ecantautori) costretti a contravvenire alla leggevigente per soddisfare una legge morale.

Nel caso dell’inaugurazione delle rappresen-tazioni di Bytové divadlo Vlasty Chramostové(Všecky krásy sveta [Tutte le bellezze del mon-

do], 4 ottobre 1976, testi scelti, regia di V. Chra-mostová, Luboš Pistorius) il teatro addiritturasuppliva e “correggeva” l’anomala politica edi-toriale – in occasione del settantacinquesimocompleanno dell’artista nazionale Jaroslav Sei-fert il suo omonimo e in quel periodo vietatolibro di memorie divenne il pilastro della sera-ta (solo nel decennio seguente fu pubblicato, informa censurata). Il regime riuscì così a rende-re il libro del vate nazionale, così poco politicoe sostanzialmente solare e armonioso, un sim-bolo politico. Allo stesso modo il regime rese uncaso politico l’adattamento di Kohout del Mac-beth di Shakespeare (Play Macbeth, regia di Pa-vel Kohout, musica, voce di Vlastimil Trešnák,prima il 13 luglio 1978, diciannove repliche),trasformando così allo stesso tempo il gene-re tragico in una farsa assurda. L’andamentodi una delle repliche viene descritto dall’attriceche impersonava Lady Macbeth nelle sue me-morie, arricchito tra l’altro della testimonianzadel co-organizzatore dell’intera impresa Stani-slav Milota, in modo talmente plastico da nonpoter essere sostituito con una descrizione:

Stavamo recitando. Stanislav non guardava. Era in cuci-na a preparare il rinfresco per gli spettatori. All’improvvisopercepì un rumore strano dal pianerottolo. Silenziosamen-te, per non farsi scoprire e per non disturbarci, si mise allaporta nell’atrio, guardò attraverso lo spioncino e vide gli“spinaci”. Così chiamavamo i poliziotti per via del coloredelle loro uniformi. Dieci, dodici di loro con i manganelliin mano salivano minacciosi le scale verso il nostro appar-tamento. Il tenente capo si avvicinò e si chinò sul bigliet-to che mettevamo sempre sulla porta prima di ogni rap-presentazione: Suonare dopo le undici. Leggeva. Standalo osservava dallo spioncino. Tra i loro occhi c’erano cir-ca dieci centimetri. Il compagno finì di leggere e suonò.Una volta e piano. Standa aprì immediatamente e in modofulmineo la porta e con il dito sulla bocca sussurrò: “Sssh!Che c’è?”. “Polizia”, sussurrò anche il tenente, scioccato.Poi per un attimo si parlarono sussurrando. Le persone inuniforme stavano zitte attorno a loro. Alla sommessa con-versazione si aggiunse Karol Sidon che si aprì un varco trala massa di agenti [. . . ]. Standa gesticolò e lo fece entra-re con l’indicazione di non applaudire dopo la rappresen-tazione. [. . . ] Karol strisciò via, si sedette silenziosamen-te e naturalmente non disse nulla. Standa nel frattempoconvinse il tenente che nell’appartamento potevano entra-re solo lui e al massimo altri due poliziotti. “Aspettate quicompagni!”, sussurrò il suo ordine infine il capo. Il padronedi casa con un altro gesto buffo e silenzioso gli fece notareil cumulo di scarpe, il tenente se le tolse e in calzini entrò

V. Just, Il teatro: un tentativo di definizione

silenziosamente in cucina6.

Non sempre però la conclusione era così rela-tivamente amichevole: durante le repliche delciclo amaramente nostalgico di František Pa-vlícek Dávno, dávno již tomu – Zpráva o pohr-bívání v Cechách [Tanto, tanto tempo fa – Bol-lettino delle sepolture in Boemia, regia di Lu-boš Pistorius, riprese filmate di Stanislav Milo-ta, prima il 25 dicembre 1979] la polizia perqui-siva e arrestava anche i singoli spettatori. Adesempio il 25 gennaio 1980 furono portati viaRudolf Battek, che indossava solo abiti legge-ri, e il fotografo Ivan Kyncl in una glaciale not-te di gennaio fino a Dolní Bouzov nei pressidi Jicín, da dove uno stremato Battek ritornò aPraga solo due giorni dopo. Ciò segnò la prema-tura conclusione – non per il disinteresse de-gli spettatori o la mancata volontà degli attori– di questo teatro durato più di tre anni, duran-te i quali erano state effettuate più di settantarappresentazioni.

Riassumendo quindi: se la polizia fa irruzio-ne durante una rappresentazione in un appar-tamento “cospirativo” e interrompe la rappre-sentazione, o direttamente perquisisce gli spet-tatori, diventa essa stessa (temporaneamente)una parte involontaria della rappresentazione.Anch’essa indubbiamente faceva una registra-zione della sua retata, anch’essa aveva un pun-to di vista sulla rappresentazione e può ancheessere un’efficace e tuttora inesplorata risorsadi conoscenza dell’opera teatrale. Ma l’operateatrale – in alcuni casi al posto di “opera” untermine più adatto è “brano” – di nuovo cessadi esistere irrevocabilmente nel momento del-la sua nascita. In quanto storici non abbiamo adisposizione in nessun caso l’opera autentica,e nel migliore dei casi una fonte di informazio-ne autentica su di essa. Il caso ideale si verificase il film viene nascosto in tempo da un abilecameraman e co-produttore della rappresenta-zione, cosa che fortunatamente fece il camera-man e regista Stanislav Milota. Oppure, in mo-do analogo, se l’operatore del suono nascon-

6 Ivi, pp. 276-277.

de il proprio nastro, il regista il proprio libro,il drammaturgo la propria opera, lo sceneggia-tore il proprio testo e soprattutto i partecipan-ti testimoniano direttamente i propri ricordi, ose si conservano le recensioni “samizdat” o legià menzionate registrazioni della polizia. Lacitazione che leggiamo dalle memorie di VlastaChramostová sembra infatti incoraggiante:

Da un amico che lavorava alla Ceskoslovenská televizeVoltner Stanislav LA FONTE venne a sapere che un gruppodi attori di destra stava studiando l’opera teatrale MAGBE-TH. L’opera era stata tendenziosamente adattata in spiri-to antisocialista e veniva rappresentata in diversi apparta-menti. Uno dei ruoli principali era interpretato da VLASTACHRAMOSTOVÁ. La messa in scena dell’opera teatrale eraanche filmata e il film veniva illegalmente spedito in Occi-dente. I circoli teatrali all’estero apprezzavano in partico-lare per le capacità recitative Vlasta CHRAMOSTOVÁ allaquale doveva essere consegnato un premio internazionale– l’Oscar d’oro. I dipendenti della Ceskoslovenská televi-ze si dicono meravigliati che al giorno d’oggi una cosa delgenere sia sopportata in Cecoslovacchia7.

IV.

Un altro fattore costitutivo della cultura “al-ternativa” è una sorta di aumentata garan-zia personale8, autoriale, per opere momenta-neamente prive di ambizioni (comunque pro-prio nella cultura alternativa il soggetto non-conformista sente spesso la necessità di com-pensare il suo isolamento o “emarginazione”sociale con una “convalida” spontanea, conl’associazione a gruppi di soggetti dal sentireanalogo). Tutti i rischi immaginabili della crea-zione sono però, all’atto stesso della produ-zione dell’opera, legati solo all’artista che, al-la rappresentazione pubblica della sua opera(lettura, vernissage, canto, dibattito sul testo),e quindi anche al rischio che ne deriva, può(ma non deve) invitare altri. Ciò vale anche per

7 Ivi, p. 280.8 Utilizzo intenzionalmente il termine “garanzia personale”,

molto frequente nel filosofo Josef Šafarík. Non solo perchéil teatro alternativo (d’appartamento) e la cultura alternativahanno ricordato, se non addirittura scoperto, Šafarík quale ti-pico “outsider”, ma perché tutta la sua opera filosofica, inclu-se le sue posizioni di integrità morale nella vita (almeno dal1948) possono essere considerate per tutte le discipline arti-stiche come un modello di “cultura alternativa”; analogamen-te su altri piani ciò vale ad esempio per l’opera di Josef Váchal,Bohuslav Reynek, Pavel Brázda e altri.

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la cosiddetta creazione di gruppo, come poe-sie collettive, inchieste e simili. In nessun casoperò tranne che nel teatro (e in modo più evi-dente nel teatro “alternativo” che in quello “uf-ficiale”) il creatore ha bisogno dello spettatorecome conditio sine qua non nel momento dellanascita dell’opera.

Forse proprio nella cultura alternativa ricor-rono eccezioni e intersezioni che sfocano que-sto confine di genere, e sicuramente non solonel teatro: che nel sincretismo di genere e spe-cie ci sia un’altra possibile specificità della na-tura “alternativa” della cultura? Ne sono esem-pi evidenti alcune performance artistiche deglianni Sessanta, come quelle di Milan Knížák ole produzioni musicali, tra gli anni Sessanta eSettanta, simboleggiate dal nome di Josef Berg9.Di questo periodo non possono essere trala-sciati Paleta vlasty [La tavolozza della nazione],Križovnická škola cistého humoru bez vtipu [LaKrižovnická škola dell’umorismo puro privo dispirito] o i primi happening di Brikcius; neglianni della normalizzazione poi le esibizioni im-provvisate di gruppi di cantautori non confor-misti (ad esempio il cosiddetto Volné sdruženíŠafrán [Libero sodalizio Šafrán], anni Settanta).

Per tutte le produzioni artistiche o musicali diquesto tipo però si può affermare che più si af-fidano al complemento esterno, più diventanoazioni parateatrali, con “ruoli”, “figure” e “situa-zioni” predefiniti (vedi il movimento della “Re-cese” durante l’occupazione, l’happening post-bellico e il movimento fluxus, le sfilate allegori-che, le mascherate, le feste di maggio – majáles– i carnevali, le maratone teatrali)10.

9 Vedi ad esempio Dejiny hudebního experimentu v Praze a naMorave [Storia della sperimentazione musicale a Praga e inMoravia] di Berg nel cosiddetto Cirkus Múz, le sue parodiemusical-burattinesche Faustiády e così via, si vedano Divad-lo, 1969, p. 83, J. Berg, Texty, Praha 1988; M. Štedron, Jo-sef Berg, skladatel mezi hudbou, divadlem a literaturou, Brno1992.

10 Si vedano V. Burda, “Fluxus – happening – event”, Divadlo,1967, p. 39-45; V. Borecký, Odvrácená tvár humoru (Ke komiceabsurdity), Liberec-Praha 1966. Nell’ultimo titolo menzionatosi vedano in particolare Recese, Rímsoloze, Križovnická škola,Brikcius e altro.

V.

Da quanto detto si possono trarre alcuni pre-supposti metodologici, possibilità, limiti e forseanche le prime conclusioni.

1. Il teatro alternativo può, come abbiamo vi-sto (naturalmente: nel caso limite e sempre so-lo temporaneamente), essere esercitato anchein maniera non pubblica e clandestinamente,purché senza una precedente comunicazionepubblica e una conseguente riflessione pubbli-ca. Allo stesso modo può essere sicuramen-te praticata anche una serie di altre attività al-ternative. Ma la cultura teatrale – anche quel-la alternativa – crea un dialogo permanente trail palco e la platea (la comunità, la società).E dunque crea anche una pluralità di rappre-sentazioni (drammaturgiche e di regia, attoria-li, canore, scenografiche) dell’opera, che nasco-no dalla collaborazione creativa della comuni-tà degli spettatori (dei critici). Per principionon esiste alcuna messa in scena (o interpreta-zione) “dimenticata”, “segreta” che sia indipen-dente dal tempo storico, che abbia precorso itempi e per la sua genialità sia stata compresasolo dalla generazione successiva degli spetta-tori; mentre ad esempio l’eccezionalità delle in-cisioni e dei libri di Josef Váchal o dei testi di La-dislav Klíma, quindi di artisti dell’inizio o del-la prima metà del Novecento, è stata apprezza-ta solo alla fine del millennio. Se accettiamo latesi che lo spettatore è un co-creatore insepa-rabile del teatro (il partner di un dialogo), quila presenza di geni “compresi in ritardo” non èaccettabile per definizione.2. I germi di questa cultura teatrale così defi-nita, e cioè del dialogo tra teatro alternativo ecomunità di spettatori, si trovano a partire dal1939, durante l’occupazione nazista, soprattut-to sulle piccole scene “sperimentali” o cabaret-tistiche (fino al 1941 il D34 di Emil František Bu-rian, poi il Divadélko pro 99, Vetrník, Rozmarnédivadlo [Teatro capriccioso] di Jan Snížek, Ko-morny hry [Opere da camera], Radosti ze života[Gioie della vita] di Rudolf Walter a Brno e altri).Poi, con una continuità ripresa brevemente do-

V. Just, Il teatro: un tentativo di definizione

po la guerra, e cioè negli anni 1945-1948, abbia-mo di nuovo Vetrník fino al 1946, Divadlo satiryfino al 1949, Disk [Disco], Scéna FF [Futurista-Fiala] v Kotve [Scena FF al Kotva] fino al 1947,Divadlo V + W U Nováku [Teatro di Voskovec+ Werich U Nováku], Kresadlo [Acciarino] a Br-no e altri. Quel che segue è circa un decenniodi chiusura che non è paragonabile a nulla diciò che lo precedette o che lo seguì della sto-ria del teatro ceco: per tutto il decennio si per-de la basilare contrapposizione propria di tuttele culture teatrali che funzionano normalmen-te e sono quindi differenziate al loro interno, ecioè la contrapposizione di un teatro ufficiale eun teatro alternativo (o, se volete, la contrap-posizione di tradizionale e istituzionale e spe-rimentale, statale e d’opposizione, conformistae anticonformista). In sostanza tra il 1948 e il1958 in Cecoslovacchia non esiste alcuna cul-tura teatrale se non quella ufficiale (istituzio-nale, statale, tradizionale, conformista). Tuttele eventuali eccezioni che deviavano da questauniformità senza precedenti sono sempre sta-te eliminate per tempo; di norma a partire dailoro autori: la messa in scena di Voskovec delmusical di Burton Lane Divotvorný hrnec [Fi-nian’s rainbow] con Werich nel ruolo di Coch-tan, all’Hudební divadlo Karlín [Teatro musica-le di Karlín], 1949; la messa in scena immagini-fica e “multimediale” di Radok e Svoboda di Je-denácté prikazání [Undicesimo comandamen-to] di Šamberk al Divadlo státního filmu [Teatrodel film di stato] e anche all’Hudební divadloKarlín, 1950; le regie di Frejka ai teatri di Vinoh-rady e di Karlín degli anni 1948-1952; l’incon-sueto adattamento della Kouzelná fletna [Flau-to magico] al Teatro nazionale, 1957, per la re-gia di Bohumil Hrdlicka, cacciato via subito do-po, e così via. Nell’ambito della programma-zione regolare, il Divadlo satiry/ABC di Weriche Hornícek degli anni 1955-196011 rappresentaforse un’onorevole eccezione, un piccolo mira-colo. Tra le manifestazioni teatrali non pubbli-che, verosimilmente un’eccezione non liquida-

11 V. Just, Werichovo divadlo ABC, Praha 2000.

ta dal regime è rappresentata dalle serate pri-vate di letture, d’autore o sceniche, di testi ine-diti della cerchia di surrealisti praghesi attor-no a Vratislav Effenberger (Petr Král, StanislavDvorský, Prokop Voskovec jr. e altri)12.

Soltanto a partire dalla fine degli anni Cinquan-ta il dialogo si rianima sulle piccole scene diPraga: dal 1958 i text-appeal al Reduta e al Di-vadlo Na Zábradlí [Teatro alla Ringhiera] so-prattutto nel primo decennio, dal 1959 il Se-mafor, il Paravan, dal 1964 il Nedivadlo Iva-na Vyskocila [Nonteatro di Ivan Vyskocil], dal1967 il Divadlo Járy Cimrmana [Teatro di JáraCimrman], dal 1968 la Pantomina Afréda Jar-ryho [Pantomima di Afréd Jarry], l’Orfeus, dal1969 il Divadlo na okraji [Teatro ai margini], dal1973 il Kresadlo, poi Studio pohybového divad-la [Studio del teatro in movimento]; e di Brno:dal 1959 Satirické divadlo Vecerní Brno [Teatrosatirico Brno Sera], dal 1958 Divadlo X, dal 1968Husa na provázku [Oca al guinzaglio], Quidam;di Liberec: dal 1963 Studio Y; di Prostejov: dal1974 HaDivadlo, precedentemente Studio LŠU;di Litvínov: dal 1962 Docela malé divadlo [Tea-tro abbastanza piccolo]; di Ústí nad Labem: dal1960 Kladivadlo, dal 1972 Groteska, Cinoher-ní studio [Studio di prosa], e così via. Per dir-la con Jan Patocka, paradossalmente in tutto simanifestava l’idea di Palacký di teatro “nazio-nale” con la n minuscola, di teatro come istitu-zione morale, sfera della ragione pratica, sferadel pensiero critico e della coscienza:

E oggi la nostra drammaturgia è piú vicina alle idee di Pa-lacký laddove tenta di creare un teatro morale dalle formeinusuali, che si ispira parzialmente al teatro dell’assurdo, alteatro epico, e così via. . . – ed è costretto allo stesso tempoa rifugiarsi sulle scene non ufficiali. Anche la scena mo-rale è oggi lontana dell’ufficialità (“morale” non significaaffatto moralistico, predicatorio, ma problematicità, con-centrazione!) E quindi è lontana dal nazionalismo, apertoo nascosto [. . . ]. Solo in questa forma acquisisce autentici-tà e perde l’ampollosità, evita l’artificiosità, e cioè il kitschnazionale13.

Il teatro “alternativo” si identifica dunquecon il teatro “piccolo”? Sembra che le picco-

12 Surrealistické východisko 1938-1968, Praha 1969.13 J. Patocka, “K ‘ideji Národního divadla”’, in Idem, O smysl

dneška, Praha 1969, p. 135.

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le dimensioni dei teatri siano una condizionenecessaria, ma non sufficiente.

3) Non si può, come è evidente, presenta-re nemmeno la più sommaria descrizione del-la storia del teatro alternativo senza il rapportocon la “comunità”, con “l’ambiente circostan-te”, con la storia, col sistema politico, nel nostrocaso mai completamente democratico e plura-lista, e sempre più o meno repressivo. Dopoil 1945, inoltre, la cultura teatrale ceca si evol-ve per la prima volta nella storia nell’isolamen-to nazionale, in una condizione “monolingue”,senza la vicinanza secolare di ispirazione e con-fronto (“relazione e scontro”) con la cultura deipropri concittadini parlanti tedesco (per nonparlare della cultura teatrale italiana, latina oebraica ad esempio nelle ville, nei monasteri enelle grandi città). Dopo l’isolamento nazio-nale arriva l’isolamento culturale e del pensie-ro, l’interruzione della continuità con la dram-maturgia, la regia e la critica europee. Quan-to spazio per reazioni teatrali “alternative” di-verse! Il teatro, alternativo o ufficiale, in quan-to fenomeno sociale pubblico è però (di nuovoin misura superiore rispetto ad altri fenomeniculturali) fatalmente dipendente dall’ambienteorganizzativo, sociale e ideologico nel quale simuove e al quale reagisce.

Moralmente ed esteticamente la reazione al-ternativa di maggior valore alle condizioni direpressione è stata paradossalmente la cosid-detta reazione “zero”. Ai sistemi repressivi eai loro tentativi di accomunare vita e arte (dalpunto di vista organizzativo il regime “rosso” sispinse più avanti di quello “nero”: la quantitàdi interventi di istituzionalizzazione burocrati-ca e il dirigismo applicato alla vita teatrale do-po il febbraio del 1948 e per certi versi già do-po il maggio del 1945 non ha paragoni in tuttala storia ceca, incluso il Protettorato di Boemiae Moravia)14, il teatro alternativo reagisce igno-

14 “Il febbraio 1948 culminò il processo di trasformazione del-l’attività teatrale ceca, iniziato dopo la liberazione del 1945[. . . ]. Per la prima volta nella sua storia il teatro ceco nel suocomplesso si trova in una posizione di profonda dipendenzasistemica dalla politica e dall’ideologia del regime. Questa di-pendenza sarà un segno duraturo della situazione del teatro

rando semplicemente il sistema. Fino all’ulti-mo mantiene la propria autonomia e con osti-nazione “si limita” a seguire il proprio interesse,ossia la sua poetica, il suo profilo, la sua imma-ginazione senza tener conto delle mutate con-dizioni. Esempio tipico del periodo dell’occu-pazione nazista sono le già citate piccole scenenon conformiste sul modello del teatro praghe-se Vetrník (1941-1946), che riuniva sotto la gui-da di Josef Šmíd i giovani della scuola teatraledi E. F. Burian; Divadélko pro 99 (1939-1941) oil Divadélko ve Smetanove muzeu (1941-1944),quindi le compagnie degli allievi di JindrichHonzl.

Esempio caratteristico di questa “variante ze-ro” nel periodo della normalizzazione è il Di-vadlo Járy Cimrmana (1967). Nella prima sta-gione dopo l’agosto del 1968, quando sullegrandi scene ruggivano patriottiche le voci diJan Hus, Jan Žižka, Jan Rohác, Jan Sladký Kozi-na, delle principesse Libuše o Drahomíra (nonmolto tempo dopo sulle stesse scene sarebbeecheggiato il ruggito di Fucík, Lenin, Zapotoc-ký e Gottwald), i “cimrmani“ recitavano le lo-ro apolitiche Hospoda na mýtince [Osteria nel-la radura, la prima si tenne il 17 aprile 1969, nelgiorno in cui Alexander Dubcek fu sostituito daGustav Husák] o Vražda v salonním kupé [Omi-cidio nel vagone ristorante, 1969]. E Jan Vo-dnanský e Petr Skoumal (con Miloslav Štibich eLeoš Sucharipa) nello stesso periodo cantavanoÚsmev idiota, Úsmev donkichota [Sorriso dell’i-diota, sorriso di Don Chisciotte] e animavanole sale con i feldmarescialli dada-surrealisticiche arrivavano e se ne andavano dal ballo. Enonostante ciò, furono proprio i teatri “apoli-tici” come Divadlo Járy Cimrmana a infastidi-re maggiormente il regime (Cinoherní klub, Di-vadlo za branou), non già le “scene principa-

ceco nei successivi quarant’anni, a prescindere dal fatto cheil teatro e i suoi autori fossero davvero d’accordo o se lo ri-fiutassero. Da un lato l’accettazione e la convalida di questomodello e dall’altro la sua distruzione e rifiuto caratterizzanoi due poli tra cui si muoveva la cultura teatrale ceca negli anni1948-1989” (Šormová), V. Just, Ceská divadelní kultura 1945-1989 v datech a souvislostech. Divadlo v totalitním systému,Praha 1995, p. 34.

V. Just, Il teatro: un tentativo di definizione

li”. La fedeltà alla propria poetica fu pagata daquesti teatri sopportando le vessazioni perma-nenti degli uffici governativi: nella loro poeti-ca sia i censori sia il pubblico infatti sentivanoindubbiamente in modo esagerato una porzio-ne maggiore di verità (sebbene queste fosserogrottesche, rovesciate in maniera clownesca),una porzione maggiore di autenticità e veritànello sviluppo crescente del nonsenso, che ri-spetto al mondo contemporaneo acquisiva unsenso sorprendentemente profondo e spessoinvolontariamente satirico. Sarebbe possibiledopo il 1969 ricordare altri teatri di qualità, stilie poetiche diversi, ma accomunati dalla volon-tà di continuità e da un’immaginazione semprelibera: il gruppo di Suchý nel teatro pragheseSemafor, la Pantomima Alfréda Jarryho di Turb,Hybner e Rýda, in seguito Cirkus Alfréd; il Ve-dené divadlo di Karel Makonj, il teatro dei bu-rattini di Hradec Kralové Drak, il Naivní divadloe lo Studio Y di Liberec, i praghesi Kresadlo eStudio pohybového divadla, il Nedivadlo IvanaVyskocila, il Divadlo za branou di Krejca e altri.

L’esempio per eccellenza può essere il gestopiù coraggioso sul piano morale di tutto il pe-riodo della normalizzazione, e cioè la primadell’adattamento di Havel della Žebrácká ope-ra [Opera da tre soldi] nell’osteria U Celikov-ských a Horní Pocernice nella messa in scenadel Divadlo na tahu di Andrej Krob (1 novem-bre 1975). Opera conseguentemente “inversa”,basata sull’imbroglio reciproco, di tutti controtutti, sia nei rapporti sentimentali sia in quellilavorativi, in una famiglia idilliaca o nel mon-do della malavita, nel mondo del diritto o inquello dei delinquenti, il tutto sulla falsarigadelle opere di Brecht e di Gay, niente di tut-to ciò rappresentava una critica diretta d’op-posizione al potere totalitario dell’epoca. Nonaveva alcun sapore di preventiva rivolta, richia-mo, appello. Gli uffici governativi autorizzaro-no senza problemi un’opera di un gruppo ama-toriale sconosciuto in cui recitavano anche at-tori dilettanti che avevano già lavorato in prece-denza, ritenendo che si trattasse semplicemen-te di un adattamento innocente dell’originale

di Brecht15. Tanto maggiore fu dunque la lo-ro rabbia e sete di vendetta quando si accorse-ro che per errore avevano “permesso” un’operadel dissidente Václav Havel e che i meccanismidi funzionamento della società che il dramma-turgo proponeva con la nuova lettura della vec-chia storia corrispondevano in modo mirabil-mente preciso a quelli esistenti nel cosiddetto“socialismo reale”. Il regime questa volta decisedi non perseguire solo i singoli attori ma anchegli spettatori di questo tipo di rappresentazio-ne; ad esempio al regista Jan Grossman venneritirato il passaporto come “punizione” per averpreso parte come spettatore all’operazione, ilche lo privò della sua intensa attività all’esterofino alla caduta del comunismo.

4. Non a caso l’impresa appena menzio-nata si svolse nell’ambito del teatro amatoria-le. L’operazione di liquidazione condotta do-po il febbraio 1948 era cominciata in un luogoparticolarmente sensibile. Con la liquidazio-ne d’imperio del Centro degli attori dilettanticechi (Ústrední matice divadelních ochotníkuceských) nel 1950 fu cancellata una tradizionequasi secolare di attività teatrale indipenden-te, cui partecipavano i ceti medi (l’intelligencijadelle grandi e delle piccole città, gli studenti,gli artigiani, e così via), quindi ciò che noi oggichiamiamo la “società civile”. Il sistema succes-sivo al febbraio, legato esclusivamente alle or-ganizzazioni sociali e dei luoghi di lavoro, signi-ficò circa quindici anni di regolazione ideolo-gica quasi totale e l’intorpidimento della crea-tività amatoriale, prima libera. Essa resuscitòspontaneamente “dal basso” – adattando alleproprie esigenze le strutture imposte dall’alto(i circoli dell’Organizzazione della Gioventù co-munista, i circoli sindacali, e così via) – soltan-to nella prima metà degli anni Sessanta, in re-lazione al movimento dei cosiddetti teatri dellepiccole forme (negli anni Sessanta si trattò perla maggior parte di una massiccia rinascita del

15 Sul teatro d’appartamento si veda J. Vorác, Divadlo a disent.Príspevek k dejinám ceské divadelní oposice, Sborník prací Fi-losofické fakulty Masarykové university, Brno 1998; V. Chra-mostová, Vlasta Chramostová, op. cit.; V. Just, Ceská divadelníkultura 1945-1989 v datech a souvislostech, op. cit., p. 100.

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cabaret d’autore o del teatro di poesia, negli an-ni Settanta dei cosiddetti teatri sperimentali).Negli anni Settanta e Ottanta, nell’era del neo-stalinismo, il teatro amatoriale riuscì a difende-re la sua relativa indipendenza e la sua struttu-ra riccamente differenziata, come era avvenutodurante l’occupazione nazista. Un fatto nuo-vo rispetto al passato fu l’intenzione, da partedi una serie di compagnie e di singoli, di cu-stodire il proprio “dilettantismo” programma-ticamente, come uno spazio di libertà, comeuna difesa contro l’unificazione estetica o ideo-logica del teatro professionale. Scopo dei di-lettanti di punta degli anni 1969-1989 non erapiù né diventare professionisti nel sistema da-to, né passare il tempo libero in modo elegan-te o coltivare e istruire il mondo circostante. Ildilettantismo negli anni Settanta diventò unamissione e una scelta di vita, una manifestazio-ne di indipendenza rispetto al sistema. È que-sto anche il motivo per cui dalla fine degli anniSessanta per tutta la normalizzazione il teatroamatoriale ceco (drammatico, delle marionet-te, pantomimico) arrivò a risultati stabili incre-dibili a confronto sia con i professionisti sia conle compagnie straniere.

Durante il nazismo e poi in particolare du-rante l’occupazione sovietica, il teatro amato-riale svolse un ruolo straordinario proprio per ilsuo carattere specifico di ambiente “parallelo”,relativamente molto più libero del teatro “uffi-ciale” (vedi la pleiade delle già citate scene dipunta di Brno e di Praga, dal Divadlo X, DS Jose-fa Skrivana, dall’Orfeo di Radim Vašinka fino alsuo teatro “d’appartamento” e “segreto”; inol-tre, alla fine degli anni Sessanta esistono ancheExcelsior, Lampa e Lucerna, dal 1977 il teatrodi marionette Paraple del regista Lud’ek Rich-ter, la Yorickova pantomima del regista di Par-dubice, autore e mimo Hubert Krejcí, dal 1976la pantomima Mimosa, dove dal 1980 operava-no David Vávra e Tomáš Vorel del Divadlo Sklep[Teatro Cantina], fondato già nel 1971; dal 1982opera a Praga Vizita di Jaroslav Dušek e Jan Bor-na, a Brno l’Ochotnický kroužek [Circolo dei di-lettanti] di J. A. Pitínský; infine dal 1985 è pre-

sente il Doprapo di Lébl, in seguito Jak se vámjelo [Fatto buon viaggio?]. Sintomatico di que-sta situazione “rovesciata” era il livello incom-parabilmente superiore di Amatérská scéna du-rante la normalizzazione in confronto ai perio-dici ufficiali per professionisti, come pure il li-vello dei Conservatori popolari delle Lšu (Scuo-le d’arte del popolo), dove spesso insegnavanoprofessionisti di spicco, emarginati per motivipolitici.

La conseguenza metodologica, forse ancoradiscutibile negli anni 1939-1969 ma certamen-te valida per il teatro alternativo della “norma-lizzazione”, è abbastanza evidente: la gerarchiadel centro e della periferia, quindi delle attivitàe dei generi “principali” (professionali e tradi-zionali) e “secondari” (amatoriali e sperimen-tali) è spesso capovolta. I dilettanti, la panto-mima, le marionette e i teatri sperimentali nonsono più un elemento periferico, ma gli artico-li più importanti e di maggior pregio (e anche ipiù richiesti fuori, spesso quindi letteralmented’esportazione).

Il teatro d’appartamento nel periodo dellanormalizzazione (i progetti di Brno Šlepej v ok-ne, 1973-1974; Divadlo u stolu, 1988-1989, ilpraghese Bytové divadlo Vlasty Chramostové,1976-1989; le letture d’autore di Milan Uhde aBrno e Olomouc, 1977-1989; il Divadlo na tahu,1975-1978, il Divadlo, 1988) non aveva bisognodi incoraggiamento. Non aveva bisogno – comeinvece le scene semi-ufficiali della zona grigia –di dimostrare il proprio valore con “allusioni” alregime, poiché il suo valore era dimostrato dal-la sua mera esistenza clandestina (e questo va-lore veniva dimostrato da attori e spettatori cheaffrontavano insieme i rischi).

Si trattava di attività clandestine, giacchéerano sempre assembramenti di persone chenon venivano comunicati prima, dove interpre-ti proibiti recitavano testi di autori proibiti. Nonera un teatro espressamente politico: il corag-gio civile e l’opposizione intrinseca erano con-tenuti nell’atto stesso del suo svolgersi, ossianell’ignorare il divieto considerato moralmenteillegittimo.

V. Just, Il teatro: un tentativo di definizione

Per questo motivo non troviamo praticamen-te nessuna attualità politica diretta, forse conl’eccezione di alcuni passaggi del montaggio ef-fettivamente politico Appelplatz II. – Bít se proAno a pro Ne též se bít [Appelplatz II. – Combat-tere per il Sì e anche per il No], che oltre al rac-conto di Jerzy Andrzejewski che faceva da cor-nice, conteneva testi di Brecht, Vaculík, Kohout,Sidon, Havel e Pavlícek; vi veniva citata anchela difesa in tribunale del firmatario di Charta 77Jirí Lederer. Qui non troviamo – a parte l’ecce-zione già citata – nulla di ciò che normalmentesi intende per “satira politica”: non si incontrapraticamente nessuna “allusione politica”, mapiuttosto un “modello politico”. Prevale deci-samente il tono aspro, esistenziale, filosofico olirico della riflessione sul mondo. Il teatro d’ap-partamento, e non solo il Bytové divadlo Vla-sty Chramostové, ha così potuto dedicarsi allequestioni che riteneva importanti sul piano ci-vile, esemplari e non contingenti: la critica del-la graduale meccanizzazione di un mondo diparole vuote senza una garanzia personale inJosef Šafarík o Václav Havel, la variante lirica delmondo in Jaroslav Seifert oppure nei cantan-ti folk, il meccanismo del delitto nel Macbethdi Shakespeare, le varie “notizie sulla sepoltu-ra” non solo di Božena Nemcová, ma di tutte lecose grandi nelle piccole dimensioni della no-stra patria, la simpatica campagna di Mefistocontro il pensiero ingenieristico dei tecnocra-tici faustiani e altri testi di Josef Šafarik, l’autoreprincipale del teatro d’appartamento di Brno, ecosì via. Le manifestazioni del teatro alterna-tivo in genere – e in particolare il teatro d’ap-partamento – mantennero l’autonomia mora-le patockiana dell’“atto positivo” anche nel me-ro evitare di adeguarsi all’ambiente repressivo,anche nel mero mantenere i propri punti di ri-ferimento e le proprie regole. In questo mo-mento, con l’ultima possibile “reazione zero”nella lotta dichiarata per mantenere l’autono-mia della propria immaginazione e la distanzacritica dalla cosiddetta “realtà”, il teatro d’ap-partamento degli anni Settanta e Ottanta si ri-faceva involontariamente a fenomeni di teatro

clandestino del passato. Ad esempio alla giàcitata “messa in scena d’appartamento” di te-sti drammaturgici inediti provenienti dalla “cu-cina” surrealista di Vratislav Effenberger e deisuoi amici (anni Cinquanta e Sessanta).

VI.

La “natura alternativa” nel teatro (e non soloin esso) si muove quindi tra due poli: il polo del-l’autonomia “parallela” (la cosiddetta “variantezero”) e l’“opposizione per statuto” (quindi unaforma di dipendenza dalla realtà politica e ar-tistica, anche se magari solo negativa). È em-blematico che il potere repressivo colpisca inmodo ugualmente aspro (se non addirittura piùaspramente) i primi, la variante “zero” rispettoalla politica (una variante perfino “apolitica”):la libera immaginazione e la posizione moral-mente indipendente, in più presentate e comu-nicate pubblicamente, infastidiscono il poteretanto quanto, a volte anche più, della criticadiretta (e sottolineo “diretta” e “critica”). Pen-so comunque che affinché dal teatro “alternati-vo” nasca una “cultura teatrale alternativa” – al-la quale sono andate vicino diverse stagioni incui le forme alternative di teatro hanno avutoil valore di movimento (le piccole forme duran-te l’occupazione e negli anni Sessanta, il teatroamatoriale durante la “normalizzazione”, il tea-tro sperimentale e così via) – non basta colti-vare alla Candide solo il proprio giardino etico.E osservandole a posteriori non si può in nes-sun caso separare la posizione estetica e quel-la morale, ovvero civile. Nelle società totalita-rie le posizioni morali elementari “an sich” (insé) hanno sempre natura “alternativa”: il potererepressivo porta all’estremizzazione, alla mar-ginalizzazione di quella che dovrebbe essere lanorma, facendo sì che diventi talora eccezionee periferia.

[V. Just, “Divadlo: pokus o vymezení”, Alternativní kultura. Prí-

beh ceské spolecnosti 1945-1989, a cura di J. Alan, Praha 2001,

pp. 443-458. Traduzione di Eleonora Tondon]

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