14 VERSO FIRENZE · 2016-06-27 · prossimo convegno a Firenze. ... trà affrontare la sfida della...

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Q uanti sono i modi dell’abitare in- terpretati dall’uomo nei secoli e nei millenni. Tutti ci sorprendono per l’originalità di approccio e per la grande ricchezza di soluzioni, che segnano differenti cultu- re e civiltà. Si può semplificare nel dire che l’atto dell’abitare richieda l’affermazione, quasi violenta, nei confronti della natu- ra. L’uomo rea- lizza una radura, uno spazio entro il quale sviluppa organicamente le proprie attivi- tà con capacità e ingegno. (1 - New York, Cen- tral Park) L’aumento demografico, l’organizzazione sociale e le economie spingono all’urbanizzazione e le città diventano giganteschi organismi viventi. Già dalla metà dell’Ottocento si invertono i rapporti del- l’abitare e la natura si fa radura, perché “il bosco” tutt’attorno è co- stituito dai grat- tacieli. La natura, polmo- ne verde, si fa abi- tazione. (2 - Frank Lloyd Wright, Casa sul- la cascata, 1935) Ai giorni nostri si concretizzano nuove realtà fan- tastiche, si dice proiettate nel futuro, benché sia difficile capire cosa ciò veramente significhi e so- prattutto a quale umanità siano riferite. E l’abitare ai margini nell’esclusione è il risultato disumano di processi eco- nomici sbilanciati. (3 – Shanghai; 4 – Periferie) Nell’opera di De Chirico, l’abitare significa vivere nel mistero. (5 - Mistero e malinconia di una stra- da, 1914) A cura di Marco Arman (UCAI) impressionante del problema migratorio nel 2014 e 2015 ha fatto sorgere la necessità urgente di accogliere nuove persone. Così nel febbraio 2015 sono giunti a Miola di Pinè 18 richiedenti asilo (giovani uomini, quasi tutti africani), ospitati in una struttura privata in convenzione con la Provincia di Trento. A metà 2015 ne sono arrivati altri 8 (4 coppie di sposi giovani) nel paese di Piazze, sempre in struttura privata convenzionata. La semplice notizia dell’arrivo dei diciotto giovani a Miola ha scatenato delle resistenze, dalla raccolta di firme per bloccare il loro arrivo alle reazioni scomposte nell’incontro pubblico di presentazione del progetto di accoglienza da parte dei responsabili provinciali (10 febbraio 2015). All’origine di tale posizione vi erano ragioni elettorali di partito e un clima irrazionale di paura dovuto a molta disinformazione. La maggioranza della popolazione, al contrario, non si è mostrata insensibile di fronte al problema di queste persone. Lo ha manifestato anche nel corso di quella serata sottolineando che è un’idea sbagliata, umanamente distorta, dare priorità diversa alle necessità delle persone: prima i nostri...poi, se siamo a posto, gli altri! Ogni bisogno, invece, è una 18 ottobre 2015 vita trentina 14 VERSO FIRENZE ferita per ogni persona e va affrontato in concreto senza distinzioni. Le persone della Caritas locale, e altre da loro coinvolte, hanno visitato regolarmente questi ragazzi, cercando di favorire forme di inserimento positivo nel paese grazie alla disponibilità delle associazioni (inviti a partecipare a iniziative sportive, culturali, musicali), dei comuni (attività socialmente utili, nel quadro delle norme specifiche per i richiedenti-asilo) e di singole persone. Senza nominare espressamente le varie iniziative, per non dimenticarne qualcuna, è bello riconoscere quante vite si sono incontrate e stimate in questa trama di rapporti. E’ stato molto significativo che la Caritas abbia valorizzato anche la loro fede religiosa; alcuni sono cattolici, vengono volentieri alla Messa domenicale e danno una bella testimonianza a tutti noi. Ma anche quanti non hanno la stessa nostra fede, possiedono la ricchezza di un’esperienza religiosa che li arricchisce e li sostiene. Le nostre comunità cristiane sono state provocate da queste circostanze ad essere fedeli a Cristo? Senza dubbio si, vi è stata un’ampia sensibilizzazione, ma anche con delle lacune. Innanzitutto una certa discontinuità nel mantenere i contatti, poi il piccolo numero di persone coinvolte in un’azione motivata e concreta. In questo periodo perciò la Caritas locale ha riproposto alcune iniziative per avvicinare a loro un numero più vasto di persone, in modo familiare e semplice: un pranzo preparato insieme, la proposta di invitarli nelle singole famiglie, la raccolta di vestiti invernali. Non mancano ulteriori idee e proposte, affinché questi giovani possano sentirsi sempre più parte delle nostre comunità. Preghiamo Dio che l’anno giubilare della misericordia rinnovi passione e creatività per accogliere questi fratelli e sorelle,che hanno dovuto lasciare la propria patria (accogliere i forestieri è una delle opere di misericordia), e accogliere ogni persona con le necessità che porta con sé. l A bbiamo bisogno di ripensare profondamente, come ha sottolineato con forza Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, le relazioni tra noi uomini e con il creato. Le nostre comunità, che beneficiano di una particolare fortuna dal punto di vista naturalistico, sono attente a sviluppare una cultura della custodia del creato, della sostenibilità, della sobrietà, anche criticando il modello di sviluppo consumistico ? Occorre contribuire attivamente alla polis di oggi e di domani. Quale attenzione hanno le nostre comunità nei confronti della qualità della vita pubblica, dell’etica pubblica, della dimensione politica ? FIRENZE 2015 Le cinque vie verso l’umanità nuova 3. Abitare LE QUESTIONI APERTE Con il creato una relazione da ripensare Vai allo speciale di Vita Trentina Tutti i modi dell’abitare NELL’ARTE di don Stefano Volani Dopo “uscire” ed “annunciare”, è “abitare” il terzo verbo sul quale la Chiesa si fermerà a riflettere nel corso del prossimo convegno a Firenze. Cosa può significare “abitare” nel nostro attuale contesto storico, contraddistinto da pluralismo religioso e culturale, dall’indebolimento dei legami sociali e famigliari, da una generale crisi economica e valoriale? Se un tempo la comunità parrocchiale, con le proprie attività pastorali, era segno efficace di un Dio che “è venuto ad abitare in mezzo a noi” (la parrocchia è parà-oikía, vicina alla casa), forse oggi non è più così! Ora è il tempo che la Chiesa, da “maestra”, che forse troppo a lungo si è concentrata sull’organizzazione e sulla promozione di attività formative, sappia scendere dalla cattedra e diventare autentica “madre”. Un impegno non indifferente per tutti noi che ci sentiamo Chiesa, perché significa saper accogliere, saper stare con le persone, guardando con fiducia ad ogni fratello (anche a quello che la pensa diversamente da noi!), condividendo e testimoniando gioiosamente i nostri valori, senza però cercare di imporli a nessuno. Marco Gadotti e Pierino Martinelli Q uesta testimonianza circa l’accoglienza di richiedenti-asilo nelle comunità dell’altopiano di Pinè si inserisce nelle numerose e ricche esperienze vissute da comunità parrocchiali, da comunità civili e associazioni nella nostra regione. La sensibilità cristiana e umana della nostra gente è stata sollecitata da un bisogno urgente di ospitalità, ma ne è stata anche interiormente arricchita. Nelle comunità dell’Altopiano di Pinè (Trento) l’arrivo a fine 2013 di un gruppo di ragazzi somali aveva già mosso l’attenzione della Caritas locale e dei gruppi missionari (espressione delle comunità parrocchiali), trovando un’immediata sintonia e collaborazione con i comuni e le associazioni del territorio. Abbiamo cominciato a visitare questi ragazzi, per conoscerli, comprendere le loro esigenze e cercare delle forme di integrazione nella comunità. Questo rapporto ha avuto una durata breve, poiché quasi tutti sono partiti per altri paesi. L’incremento Sul sito www.firenze2015.it documenti, notizie e approfondimenti sul Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà dal 9 al 13 novembre foto Cei IL COMMENTO IL CRISTIANI E LA POLITICA PER “ABITARE” IL MONDO Curare le ferite dei poveri e impe- gnarsi in politica sono la stessa cosa per un cristiano. Le più scan- dalose povertà sono il prodotto della peggiore politica. L’ingiu- stizia spacca il mondo tra i pochi che hanno moltissimo e i tanti che non hanno nulla. Curare i po- veri vuol dire curare l’ingiustizia del mondo. Non solo accoglierli, dare loro un letto e un pasto, una medicina e un sorriso. Una spe- ranza di futuro. Non c’è cura del- la povertà che non sia anche cura della politica. E se la politica non è cura della povertà, un cristiano non la rifiuta, la cambia. Un cri- stiano proverà sempre a cambiare la politica. Nessuna delusione potrà mai essere per lui una sen- tenza di morte per la politica. Perché gli sta a cuore la giustizia. Perché si indigna nel profondo per lo scandalo della miseria, della guerra, della voracità della grande finanza, dei disastri am- bientali, del disprezzo dei deboli, del trionfo dei prepotenti e degli avidi. Si indigna di fronte alle vit- time di tutto questo. Quanti inno- centi uccisi dalla cattiva politica. Quante persone calpestate, ogni giorno, qui e nel mondo dalla cattiva politica. Un cristiano sen- te le viscere fremere di dolore e di indignazione, non può tacere, non può stare a guardare, non può fingere di non vedere. Non può “abitare” tranquillamente un mondo ingiusto. “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Sì, sei tu. Sei tu il custode dell’infeli- ce. E allora cura le sue ferite e cu- ra la politica che le provoca. Cari- tà e giustizia camminano insie- me. La politica però delude molti. Tanti ne hanno schifo. Si può cu- rare la cattiva politica? Si deve, anche se non è detto che ci si rie- sca. Ma si deve. Questo vuol dire abitare in questo mondo, abitare “il” mondo, viver- ci dentro, sentirsi parte di questa fragile umanità che continua- mente, di generazione in genera- zione prova a essere più umana. Prova a sconfiggere il mostro che pure “abita” questo mondo, “abi- ta” noi stessi. Bisogna armarsi, però. Corazzarsi. Non si affronta il mostro del potere da sprovveduti. Con uno starnuto ti spazza via. Le nostre armi sono due: la parola di Dio e la conoscenza. Un cristiano che si impegna in politica si ali- menta della parola di Dio, ogni giorno. Mangia la Bibbia ogni giorno. Quella parola gli entra nel sangue, circola nel corpo, tra- sforma i suoi muscoli e la sua pel- le col tempo, giorno dopo giorno, anno dopo anno diventa una co- razza. Ma trasforma anche i suoi occhi, le sue orecchie, la sua boc- ca. Può vedere, sentire, parlare in un certo modo. E con quella co- razza, con quei sensi “armati” po- trà affrontare la sfida della politi- ca. Altrimenti ne verrà mangiato. E poi la conoscenza. I problemi vanno studiati seriamente, è im- morale pretendere di risolvere i problemi senza conoscerli bene. Non si cambia la politica con la superficialità. Studiare, ascolta- re, pensare, confrontarsi. Più che telefonare. Far tesoro di quanto di buono c’è intorno, in tanti am- bienti, in tante persone, credenti o non credenti. La politica è una cosa terribilmente seria e richie- de di essere seriamente affronta- ta. Se si vuol sperare di sfidare il mostro dell’ingiustizia e dell’avi- dità. Vincenzo Passerini 1 3 4 2 5

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Q uanti sono i modi dell’abitare in-terpretati dall’uomo nei secoli e

nei millenni.Tutti ci sorprendono per l’originalità diapproccio e per la grande ricchezza disoluzioni, che segnano differenti cultu-re e civiltà.Si può semplificare nel dire che l’attodell’abitare richieda l’affermazione,quasi violenta, nei confronti della natu-ra. L’uomo rea-lizza una radura,uno spazio entroil quale sviluppaorganicamentele proprie attivi-tà con capacità eingegno. (1 -New York, Cen-tral Park)

L’aumento demografico, l’organizzazione sociale ele economie spingono all’urbanizzazione e le cittàdiventano giganteschi organismi viventi. Già dallametà dell’Ottocento si invertono i rapporti del-l’abitare e la natura si fa radura, perché “il bosco”

tutt’attorno è co-stituito dai grat-tacieli.La natura, polmo-ne verde, si fa abi-tazione. (2 -Frank LloydWright, Casa sul-la cascata, 1935)

Ai giorni nostri si concretizzano nuove realtà fan-tastiche, si dice proiettate nel futuro, benché siadifficile capire cosa ciò veramente significhi e so-prattutto a quale umanità siano riferite.E l’abitare ai margini nell’esclusione è il risultatodisumano di processi eco-nomici sbilanciati. (3 –Shanghai; 4 – Periferie)

Nell’opera di De Chirico,l’abitare significa viverenel mistero. (5 - Mistero emalinconia di una stra-da, 1914)

A cura di Marco Arman(UCAI)

impressionante del problemamigratorio nel 2014 e 2015 ha fattosorgere la necessità urgente diaccogliere nuove persone. Così nelfebbraio 2015 sono giunti a Miola diPinè 18 richiedenti asilo (giovaniuomini, quasi tutti africani), ospitatiin una struttura privata inconvenzione con la Provincia diTrento. A metà 2015 ne sono arrivatialtri 8 (4 coppie di sposi giovani) nelpaese di Piazze, sempre in strutturaprivata convenzionata.La semplice notizia dell’arrivo deidiciotto giovani a Miola ha scatenatodelle resistenze, dalla raccolta difirme per bloccare il loro arrivo allereazioni scomposte nell’incontropubblico di presentazione delprogetto di accoglienza da parte deiresponsabili provinciali (10 febbraio2015). All’origine di tale posizione vierano ragioni elettorali di partito e unclima irrazionale di paura dovuto amolta disinformazione. Lamaggioranza della popolazione, alcontrario, non si è mostratainsensibile di fronte al problema diqueste persone. Lo ha manifestatoanche nel corso di quella seratasottolineando che è un’idea sbagliata,umanamente distorta, dare prioritàdiversa alle necessità delle persone:prima i nostri...poi, se siamo a posto,gli altri! Ogni bisogno, invece, è una

18 ottobre 2015

vita trentina14 VERSO FIRENZE

ferita per ogni persona e va affrontatoin concreto senza distinzioni.Le persone della Caritas locale, e altreda loro coinvolte, hanno visitatoregolarmente questi ragazzi, cercandodi favorire forme di inserimentopositivo nel paese grazie alladisponibilità delle associazioni (invitia partecipare a iniziative sportive,culturali, musicali), dei comuni(attività socialmente utili, nel quadrodelle norme specifiche per irichiedenti-asilo) e di singolepersone. Senza nominareespressamente le varie iniziative, pernon dimenticarne qualcuna, è belloriconoscere quante vite si sonoincontrate e stimate in questa tramadi rapporti. E’ stato molto significativoche la Caritas abbia valorizzato anchela loro fede religiosa; alcuni sonocattolici, vengono volentieri allaMessa domenicale e danno una bella

testimonianza a tutti noi. Ma anchequanti non hanno la stessa nostrafede, possiedono la ricchezza diun’esperienza religiosa che liarricchisce e li sostiene.Le nostre comunità cristiane sonostate provocate da queste circostanzead essere fedeli a Cristo? Senza dubbiosi, vi è stata un’ampiasensibilizzazione, ma anche con dellelacune. Innanzitutto una certadiscontinuità nel mantenere icontatti, poi il piccolo numero dipersone coinvolte in un’azionemotivata e concreta. In questoperiodo perciò la Caritas locale hariproposto alcune iniziative peravvicinare a loro un numero più vastodi persone, in modo familiare esemplice: un pranzo preparatoinsieme, la proposta di invitarli nellesingole famiglie, la raccolta di vestitiinvernali. Non mancano ulteriori ideee proposte, affinché questi giovanipossano sentirsi sempre più partedelle nostre comunità. Preghiamo Dioche l’anno giubilare della misericordiarinnovi passione e creatività peraccogliere questi fratelli e sorelle,chehanno dovuto lasciare la propriapatria (accogliere i forestieri è unadelle opere di misericordia), eaccogliere ogni persona con lenecessità che porta con sé.

A bbiamo bisogno diripensare profondamente,

come ha sottolineato con forzaPapa Francesco nell’enciclicaLaudato si’, le relazioni tra noiuomini e con il creato. Le nostrecomunità, che beneficiano diuna particolare fortuna dalpunto di vista naturalistico,sono attente a sviluppare unacultura della custodia delcreato, della sostenibilità, dellasobrietà, anche criticando ilmodello di sviluppoconsumistico ?Occorre contribuire attivamentealla polis di oggi e di domani.Quale attenzione hanno lenostre comunità nei confrontidella qualità della vitapubblica, dell’etica pubblica,della dimensione politica ?

FIRENZE 2015Le cinque vie

verso l’umanità nuova

3. Abitare

LE QUESTIONI APERTE

Con il creatouna relazioneda ripensare

Vai allospecialedi Vita

Trentina

Tutti i modi dell’abitare

NELL’A

RTE

di don Stefano Volani

Dopo “uscire” ed “annunciare”, è “abitare” il terzo verbosul quale la Chiesa si fermerà a riflettere nel corso delprossimo convegno a Firenze.Cosa può significare “abitare” nel nostro attuale contestostorico, contraddistinto da pluralismo religioso eculturale, dall’indebolimento dei legami sociali efamigliari, da una generale crisi economica e valoriale? Seun tempo la comunità parrocchiale, con le proprie attivitàpastorali, era segno efficace di un Dio che “è venuto adabitare in mezzo a noi” (la parrocchia è parà-oikía, vicinaalla casa), forse oggi non è più così!Ora è il tempo che la Chiesa, da “maestra”, che forsetroppo a lungo si è concentrata sull’organizzazione e sullapromozione di attività formative, sappia scendere dallacattedra e diventare autentica “madre”. Un impegno nonindifferente per tutti noi che ci sentiamo Chiesa, perchésignifica saper accogliere, saper stare con le persone,guardando con fiducia ad ogni fratello (anche a quello chela pensa diversamente da noi!), condividendo etestimoniando gioiosamente i nostri valori, senza peròcercare di imporli a nessuno.

Marco Gadotti e Pierino Martinelli

Q uesta testimonianzacirca l’accoglienza dirichiedenti-asilo nellecomunità dell’altopiano

di Pinè si inserisce nelle numerosee ricche esperienze vissute dacomunità parrocchiali, dacomunità civili e associazioni nellanostra regione. La sensibilitàcristiana e umana della nostragente è stata sollecitata da unbisogno urgente di ospitalità, mane è stata anche interiormentearricchita.Nelle comunità dell’Altopiano diPinè (Trento) l’arrivo a fine 2013 diun gruppo di ragazzi somali avevagià mosso l’attenzione dellaCaritas locale e dei gruppimissionari (espressione dellecomunità parrocchiali), trovandoun’immediata sintonia ecollaborazione con i comuni e leassociazioni del territorio.Abbiamo cominciato a visitarequesti ragazzi, per conoscerli,comprendere le loro esigenze ecercare delle forme di integrazionenella comunità. Questo rapportoha avuto una durata breve, poichéquasi tutti sono partiti per altripaesi. L’incremento

Sul sito www.firenze2015.itdocumenti, notizie e approfondimenti sul Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà dal 9 al 13 novembrefoto Cei

IL COMMENTOIL CRISTIANI E LA POLITICAPER “ABITARE” IL MONDOCurare le ferite dei poveri e impe-gnarsi in politica sono la stessacosa per un cristiano. Le più scan-dalose povertà sono il prodottodella peggiore politica. L’ingiu-stizia spacca il mondo tra i pochiche hanno moltissimo e i tantiche non hanno nulla. Curare i po-veri vuol dire curare l’ingiustiziadel mondo. Non solo accoglierli,dare loro un letto e un pasto, unamedicina e un sorriso. Una spe-ranza di futuro. Non c’è cura del-la povertà che non sia anche curadella politica. E se la politica nonè cura della povertà, un cristianonon la rifiuta, la cambia. Un cri-stiano proverà sempre a cambiarela politica. Nessuna delusionepotrà mai essere per lui una sen-tenza di morte per la politica.Perché gli sta a cuore la giustizia.Perché si indigna nel profondoper lo scandalo della miseria,della guerra, della voracità dellagrande finanza, dei disastri am-bientali, del disprezzo dei deboli,del trionfo dei prepotenti e degliavidi. Si indigna di fronte alle vit-time di tutto questo. Quanti inno-centi uccisi dalla cattiva politica.Quante persone calpestate, ognigiorno, qui e nel mondo dallacattiva politica. Un cristiano sen-te le viscere fremere di dolore e diindignazione, non può tacere,non può stare a guardare, nonpuò fingere di non vedere. Nonpuò “abitare” tranquillamenteun mondo ingiusto. “Sono forseio il custode di mio fratello?”. Sì,sei tu. Sei tu il custode dell’infeli-ce. E allora cura le sue ferite e cu-ra la politica che le provoca. Cari-tà e giustizia camminano insie-me. La politica però delude molti.Tanti ne hanno schifo. Si può cu-rare la cattiva politica? Si deve,anche se non è detto che ci si rie-sca. Ma si deve.Questo vuol dire abitare in questomondo, abitare “il” mondo, viver-ci dentro, sentirsi parte di questafragile umanità che continua-mente, di generazione in genera-zione prova a essere più umana.Prova a sconfiggere il mostro chepure “abita” questo mondo, “abi-ta” noi stessi. Bisogna armarsi,però. Corazzarsi. Non si affronta ilmostro del potere da sprovveduti.Con uno starnuto ti spazza via. Lenostre armi sono due: la parola diDio e la conoscenza. Un cristianoche si impegna in politica si ali-menta della parola di Dio, ognigiorno. Mangia la Bibbia ognigiorno. Quella parola gli entranel sangue, circola nel corpo, tra-sforma i suoi muscoli e la sua pel-le col tempo, giorno dopo giorno,anno dopo anno diventa una co-razza. Ma trasforma anche i suoiocchi, le sue orecchie, la sua boc-ca. Può vedere, sentire, parlare inun certo modo. E con quella co-razza, con quei sensi “armati” po-trà affrontare la sfida della politi-ca. Altrimenti ne verrà mangiato.E poi la conoscenza. I problemivanno studiati seriamente, è im-morale pretendere di risolvere iproblemi senza conoscerli bene.Non si cambia la politica con lasuperficialità. Studiare, ascolta-re, pensare, confrontarsi. Più chetelefonare. Far tesoro di quantodi buono c’è intorno, in tanti am-bienti, in tante persone, credentio non credenti. La politica è unacosa terribilmente seria e richie-de di essere seriamente affronta-ta. Se si vuol sperare di sfidare ilmostro dell’ingiustizia e dell’avi-dità.

Vincenzo Passerini

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