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- 1 - Antropologia teologica Prof. Johannes Freyer Per iniziare il nostro corso proponiamo la lettura di tre testi. Il primo è il Salmo 8 O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! Chi è l’uomo? Chi sono io? Da dove veniamo? Perché ci siamo e siamo così? Perché la nostra circostanza di vita? Dove vado? Sono domande che risuonano ancora oggi. Un secondo testo del Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et Spes 1 «In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi dall’avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell’umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l’audacia di quanti, stimando l’esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione. Con tutto ciò, di fronte all’evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos’è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l’uomo alla società, e cosa può 1 GS 10; 22.

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Antropologia teologica Prof. Johannes Freyer

Per iniziare il nostro corso proponiamo la lettura di tre testi.

Il primo è il Salmo 8

O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi?

Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

Chi è l’uomo? Chi sono io? Da dove veniamo? Perché ci siamo e siamo così?

Perché la nostra circostanza di vita? Dove vado? Sono domande che risuonano

ancora oggi.

Un secondo testo del Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et

Spes1

«In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi dall’avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell’umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l’audacia di quanti, stimando l’esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione. Con tutto ciò, di fronte all’evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos’è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l’uomo alla società, e cosa può

1 GS 10; 22.

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attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita? Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli. Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo».

Questo il testo di Gaudium et Spes che presenta l’uomo in tutto il dramma della

realtà della vita personale inserito nel dramma dell’umanità e della storia

dell’umanità. Il documento conciliare cerca di indirizzare il dramma umano ver-

so il vero Uomo, l’Ecce Homo: Gesù Cristo.

Un terzo testo proviene da una rock band inglese, i Genesis, ed è tratto

dall’album Calling All Stations2 (Sto chiamando tutte le stazioni)

Calling all stations / Can anybody tell me, tell me exactly where I am / I've lost all sense of direction / Watching the darkness closing around me / Feel the cold all through my body / Tha-t's why I'm calling all stations / In the hope that someone hears me / A single lonely voice

“Sto chiamando tutte le stazioni, c’è qualcuno che sa dirmi esattamente dove sono? Ho perso la strada, ho perso ogni indicazione. Sto osservando le tenebre che mi circondano. Sento il freddo sul mio corpo. Per questo sto chiamando tutte le stazioni, nella speranza che ci sia qualcuno che mi ascolti, nella speranza che qualcuno ascolti una voce solitaria”.

Questa canzone esprime i sentimenti di molti ragazzi e giovani di oggi che si sentono persi nella modernità del mondo. Nonostante tutte le tecniche più a-vanzate essi non trovano più indicazioni che possano mostrare un cammino di vita. Vedono buio, oscurità e la notte intorno a loro, sentono il freddo sul loro corpo, il freddo: la mancanza di amore in questo mondo. I tre testi proposti: il salmo 8, la Gaudium et Spes 10 e la canzone dei Genesis Calling All Stations, esprimono, ognuno a proprio modo, la realtà della vita u-mana e le grandi questioni che la vita ci pone. Le domande: Chi sono io, da dove vengo, dove posso andare, che significato ha la mia vita? Il dolore, la morte, co-me posso trovare la vera felicità? Con il corso che iniziamo proponiamo questa domanda: c’è qualcuno che può dare risposta ai nostri interrogativi? Non vogliamo dare una soluzione prefab-bricata, ma desideriamo intraprendere un cammino, scrutando la nostra tradi-zione francescana, per cercare una risposta ai nostri interrogativi. Vogliamo metterci in movimento come ricercatori della vita, della felicità, della verità e della profondità. Nella tradizione francescana è stato compreso il dramma umano; i francescani si comprendono viatori in questo mondo ricer-

2 Calling All Stations è il sedicesimo album del gruppo inglese dei Genesis, l’ultimo realizzato in studio dalla band nel 1977.

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cando la pienezza in quell’Aldilà che si è incarnato nell’humus di questa terra e di questo mondo. Le tappe del corso

• Antropologia teologica: visione globale

• Lineamenti di una teologia francescana in vista di una antropologia

• Alcuni autori delle diverse scuole francescane: S. Francesco, S. Antonio

da Padova, Alessandro di Hales, S. Bonaventura, Pietro Giovanni Olivi,

Giovanni Duns Scoto. Vedremo che cosa ci offrono per poter creare

lineamenti antropologici di una vita francescana attuale.

• Se riusciamo vedremo la visione antropologica di Leonardo Boff

• Elaborazione di lineamenti di una antropologia francescana.

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La visione dell’Antropologia teologica

La visione globale di cosa è l’antropologia teologica. Al tempo dei primi france-

scani il trattato di Antropologia Teologica non esisteva come tale. Infatti il ter-

mine “teologia” (lo dice la parola stessa) tratta di Dio e non dell’uomo. Mentre il

soggetto dell’antropologia è l’uomo in vari aspetti (psicologia, biologia etc.).

Infatti il trattato dell’Antropologia teologica è una materia moderna che non e-

siste prima della fine del 1800.

Da Platone fino a Hegel in prima fila metafisica dello spirito

Nella filosofia, da Platone a Hegel, si parla di una metafisica dello spirito, e

questi autori, in questo contesto, parlano dell’uomo. Vedete come l’indirizzo va

verso una specie di dualismo, parlando di una metafisica dello spirito e non

dell’uomo come creatura integrale “spirito-corpo”.

Tommaso: corporeità come parte integrale: l’uomo nella sua unità

In questo lungo percorso, da Platone ad Hegel, troviamo anche delle eccezioni:

Tommaso d’Aquino si sforzò di presentare una visione unitaria e integrale

dell’uomo corpo e anima (ma anche lui presenta l’uomo solo in quanto

sottomesso alla teologia su Dio).

Ludwig Feuerbach: dottrina della sensualità

A partire da Feuerbach (filosofia del 700/800) parliamo di una dottrina della

sensualità, si inizia ad interpretare l’uomo a partire dai sensi-sensualità.

Nietzsche: Superuomo; il corpo è la misura dell’uomo;

Poi Nietzsche presenta il super-uomo: il corpo diventa misura dell’uomo.

Notiamo questo balzo: prima la misura dell’uomo era lo spirituale, poi avviene

un cambiamento radicale, la misura dell’uomo diventa il corpo.

Scienze empiriche sull’uomo

Contemporaneamente a questo grande cambiamento iniziano a svilupparsi le

scienze empiriche, nel vero significato moderno, che trattano dell’uomo.

Filosofia di vita e Marxismo: distacco dalla metafisica rottura con la visione dell’uomo nella sua unità > Prassi

Dopo Nietzsche, si sviluppa una teologia di vita che è il Marxismo, che

sostituisce la teologia di Dio con una teologia - perché di questo si tratta - di

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pura vita umana materialistica. Con le due filosofie di Nietzsche e di Marx

abbiamo una nuova rottura della visione dell’uomo che distrugge la sua unità. Analisi antropologica delle scienze umane: la conoscenza di se stesso

Si sviluppano le scienze umane come antropologia, come conoscenza di se

stesso, si pensi a Freud: l’uomo diventa l’orizzonte di se stesso.

Orizzonte dell’antropologia d’oggi. (cfr. Pesch 49 ss.)

Prima se si parlava dell’uomo l’orizzonte era l’aldilà, il divino, lo spirito, Dio,

Gesù Cristo, ora l’orizzonte è cambiato radicalmente, non si guarda né l’aldilà,

né al Figlio di Dio incarnato in questo mondo.

Alla fine del 1800, per la prima volta, si inizierà a parlare anche nella Teologia di

una antropologia. Nasce nell’ambito della teologia protestante il trattato di

Antropologia teologica.

Di fronte a questa radicale frattura emersa dalle dottrine filosofiche in cui si

vede l’uomo “misura di se stesso” e non più in relazione a un aldilà, a Dio, a

Gesù Cristo incarnato. Nel protestantesimo, che nello stesso periodo ha

introdotto l’esegesi con i metodi moderni, si pone la questione di parlare

dell’uomo come lo fa il mondo contemporaneo, ma di riportare l’uomo alla sua

vera unità, ad una visione più grande.

Il soggetto dell’Antropologia teologica è l’uomo. A partire dall’uomo si cerca Dio

[fino a questo momento si cercava di comprendere l’uomo a partire da Dio].

Presentiamo quattro autori che rappresentanto altrettanti filoni:

Wolfhart Pannemberg riassume la tradizione protestante dell’Antropologia

Teologica.3 Il titolo della sua opera Antropologia in prospettiva teologica ci

dimostra che il punto di vista è cambiato: si parla dell’uomo (antropologia) non

di Dio, ma in una “prospettiva teologica”. L’autore parte dalla realtà della vita,

della cultura e della politica europea (si limita all’ambito da lui conosciuto), per

rivolgersi verso la rivelazione divina, per chiedersi se la situazione dell’uomo

nella sua realtà, trova una risposta nella divina rivelazione adeguata ad essa.

La teologia cattolica aveva bisogno di tempo per riassumere l’Antropologia

teologica. Questo avviene dopo la seconda guerra mondiale e in particolare nel

Concilio Vaticano II.

Hermann Otto Pesch4. È un teologo cattolico tedesco, che ha la cattedra di

3 W. PANNEMBERG: Antropologia in prospettiva teologica, Queriniana Brescia 1987. 4 H.O.PESCH, Liberi per grazia, Queriniana Brescia 1988.

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Teologia cattolica nell’Università protestante di Amburgo. Egli parte dalla

visione dell’uomo peccatore, dell’uomo perso nelle difficoltà della vita e non più

capace, attraverso i suoi sforzi, di redimere se stesso [si rifà al mito greco di

Sisifo]. Pesch confronta questo uomo perso, con l’uomo della grazia, con l’uomo

cristico. Egli sviluppa una teologia della grazia come dono della liberazione. A

partire dall’incontro con Cristo l’uomo-Sisifo viene liberato dal male e vivendo

la grazia di Cristo (grazia liberante) l’uomo diventa cristico.

Ignazio Sanna 5. Egli parte da una visione biblica dell’uomo nell’AT e nel NT.

Egli sviluppa il problema anima/spirito-corpo/materia per chiarire la

personalità dell’uomo. La presentazione dell’uomo sulla base dei testi biblici

nella sua integrità non corrisponde con il dualismo che esplode quando entra la

filosofia e visione greca nel cristianesimo. Sanna si pone il problema di un

ritorno che porti ai testi biblici. L’uomo è l’essere nel mondo e l’essere creato nel

mondo, sono le sue due interpretazioni antropologiche.

Bruno Forte 6. L’Autore parte da una visione della storicità dell’uomo. Spiega

la struttura umana come principio del dialogo, crea una antropologia dialogica.

L’uomo è creato per il dialogo con gli uomini, con le creature e con il suo

Creatore Dio. Sviluppa una forte idea teologica della presenza della eternità nel

tempo che si esprime con la sua parola: il Verbum. Se l’uomo è una creatura

chiamata al dialogo, a questo essere creatura dialogica, da parte di Dio

corrisponde il Verbum. Dio vuole entrare in dialogo con le sue creature

attraverso l’uomo, per questo l’eternità entra nella storia attraverso il Verbum.

Questo Verbum non rimane una parola filosofica/spirituale, prende carne, ossa

cioè nella persona del Figlio prende carne in questo mondo ha un sitz im leben

(una sede, un posto concreto) nella realtà della creazione. In questo concetto

dialogico Bruno Forte segue e cita un autore francescano: Giovanni Duns Scoto.

5 I. SANNA, Immagine di Dio, Borla, 1992 6 B. FORTE, L’eternità nel tempo, Paoline 1993

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Antropologia teologica explicatio terminorum

Come l’antropologia prende in considerazione l’uomo nella sua realtà L’esperienza umana del mondo e della propria esistenza è punto di partenza per

la domanda sulla realtà di Dio. L’uomo è soggetto di tutte le esperienze.

I risultati di tutte le altre discipline dell’antropologia devono essere rispettati e

presi in considerazione. I fenomeni della vita umana sono considerati sotto la

loro rilevanza teologica.

Biologia umana = uomo come specie

Sociologia = forme comuni dei rapporti sociali

Psicologia = comportamento umano e le sue cause

Scienze della storia = sviluppo della vita umana durante il tempo

Scienze della religione = rapporto dell’uomo con il soprannaturale

Filosofia = riflessione dell’esistenza umana

Teologia = rapporto dell’uomo con il divino (Pannenberg 11-22)

Antropologia = assume i risultati di tutte queste scienze sulla vita umana per

dire tutto quello che è possibile sull’uomo.

Antropologia teologica = vuole aiutare l’uomo a rispondere alle sue domande

esistenziali: come può affrontare la vita con le sue sfide e con le sue difficoltà

per trovare una vita degna e umana, con una comprensione di fede nella

rivelazione divina.= in modo specifico intende dare la risposta alla domanda

sull’uomo: chi è, da dove viene, dove va, ponendo in ascolto di ciò che Dio ha

detto sull’uomo, considerando tutta la realtà umana alla luce della fede e in

prospettiva soprannaturale. (Sanna 7)

Il posto dell’antropologia nella teologia e nella spiritualità Come la teologia prende in considerazione la rilevanza della rivelazione divina per l’esistenza Domanda fondamentale: Come può l’uomo vivere la sua esistenza concreta nella

luce della fede?

Visione della fede: non basata su una verifica sperimentale, né su una deduzione

razionale, né su un’intuizione incontrollabile, ma basata sulla libertà umana,

(Pesch 32 s.) di voler ricercare una risposta alle domande esistenziali della vita

sulla base della rivelazione divina.

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antropologia teologica = deve parlare dell’uomo concreto davanti a Dio. = il

tentativo riflesso dell’uomo volto a raggiungere la comprensione di sé per mezzo

della Rivelazione; lo studio del fenomeno umano alla luce e sotto la guida della

parola di Dio, nella cornice d’una visione cristiana del mondo; l’uomo nel suo

legame essenziale al mistero di Dio. (Sanna 21)

L’antropologia teologica = mediata dalla cristologia, la quale dà all’uomo la

possibilità di conoscere il senso della sua esistenza nel piano concreto storico

della creazione (Sanna 8)

Teologia - Cristologia - Antropologia teologica

Perché un’antropologia teologica: Dio stesso è diventato uomo in Cristo Gesù;

Dio stesso vuole andare incontro alla realtà della vita umana.

Non era facile che il tema dell’Antropologia fosse introdotto nella teologia. La

teologia o i teologi dicevano che la teologia tratta di Dio e non dell’uomo. Tratta

di Dio e delle conseguenze sull’uomo, l’uomo non è in prima fila nel discorso

teologico.

In ambito cattolico sarà un forte dibattito e alla fine emergeranno due risposte

alla domanda “perché parlare dell’uomo nella teologia ?”

1. L’Antropologia Teologica dice che è lo stesso Dio che si interessa dell’uomo,

abbiamo il diritto di mettere l’uomo al centro della teologia perché Dio ha un

interesse speciale per l’uomo e a lui si rivolge, si indirizza con tutto il Suo

Essere, il Figlio incarnato.

2. Questo interesse si concretizza nell’incarnazione dove Dio è divenuto uno-di-

noi nel suo Figlio Gesù Cristo. A partire dall’Incarnazione di Cristo si deve

parlare di uomo e di Dio. In Cristo l’uomo trova un posto nella Antropologia.

Che cosa vuole l’Antropologia teologica?

Vuole aiutare l’uomo a rispondere alle sue domande esistenziali. In più vuole

aiutare l’uomo ad affrontare le sfide e le difficoltà della vita quotidiana per

vivere una vita degna della fede.

L’Antropologia teologica intende rispondere alle alle domande: Chi è l’uomo?

Da dove viene? E dove va? ponendosi in ascolto di ciò che Dio ha detto, cioè

ponendo la fede in prospettiva soprannaturale.

Al centro sta l’uomo e la risposta alle sue domande in prospettiva di Dio e della

fede. Come teologia prende in considerazione la Rivelazione, Parola divina nella

concretezza della vita quotidiana.

Come può vivere l’uomo nella sua esperienza concreta di fede?

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Questa ricerca è basata sulla libertà umana per dare risposta alle domande

esistenziali sulla base della rivelazione divina.

L’Antropologa teologica chiede la libertà di voler cercare risposte su se stesso in

ascolto di Dio.

La tematica della libertà e della volontà la troviamo negli autori francescani.

Senza la libertà non si può ricercare Dio.

L’Antropologia teologica vuole educare a vivere nella libertà. Solo nella libertà

l’uomo diventa capace di interrogare la sua vita alla luce della fede.

L’Antropologia teologica parla dell’uomo concreto davanti a Dio, della

situazione reale dell’esistenza. Non lasciamo indietro la nostra realtà quando

entriamo in Chiesa.

Il tentativo riflessivo dell’uomo volto a capire se stesso di fronte alla rivelazione,

studio del fenomeno umano alla luce della Parola di Dio, ecco cosa è

Antropologia Teologica.

L’Antropologia teologica diventa possibile in quanto mediata dalla cristologia

che dà all’uomo la possibilità di conoscere il senso della sua esistenza nella

creazione. Connessione quindi tra Teologia, Cristologia e Antropologia.

Metodi di lavoro

Il soggetto dell’Antropologia teologica è l’uomo.

Abbiamo quattro metodi di lavoro:

1. a priori7 trascendentale Vuole interrogare l’esistenza dell’uomo davanti

a Dio: Che cosa dice la rivelazione su di noi ? Cosa dice il suo Verbum

sull’uomo ?

2. a posteriori8 categoriale. Vuole riflettere, alla luce della Parola divina,

la nostra esperienza. Vuole interrogare il mondo concreto della vita e una

analisi dell’uomo e della sua situazione storica. La nostra esperienza, di

fronte alla rivelazione, espressa in categorie.

3. analisi storica. L’antropologia vuole descrivere non la singolare

esperienza ma l’ambito più grande in cui l’uomo vive. Questo metodo fa

una analisi critica della storia alla luce della parola divina. È importante

7 Secondo Kant “a priori” è tutto quello che non dipende dalla nostra esperienza. Per esempio a priori sono i principi che valgono in sè, danno un orientamento indipendentemente dal fatto che, secondo il nostro parere, siano buoni o cattivi. Ciò che la ragione ricava dalla propria interiorità e si fonda su principi. 8 Secondo Kant “a posteriori” indica quanto che deriva dalla nostra esperienza o ne dipende e la condiziona > empirica

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per l’antropologia francescana perche gli autori francescani erano maestri

nell’analizzare i tempi e la storia.

4. escatologico-trascendentale. Alla luce del Verbum di Dio vuole

illuminare il destino dell’uomo in una vita che trascende la nostra storia.

Anche in questo i nostri autori francescani sono maestri nel legare l’oggi al

domani che viene incontro nel ritorno di Gesù Cristo.

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I protagonisti di un’antropologia francescana I fondamenti teologici e spirituali di un’antropologia francescana

Dio - Sommo Bene Il punto di partenza è Dio, non gli attributi di Dio, ma la ricerca su Dio e sul suo

Essere, la realtà della sua presenza come fonte creativa, generativa, formativa,

e plasmante: Sommo bene. I nostri autori quando chiedevano di Dio, volevano

sapere se Dio è presente. Non interessava tanto se Dio è grande, sapiente… ma

se Dio esiste è presente o meno.

La risposta della Antropologia francescana: Dio si rivela nella vita e nella

creazione; il Dio trino è oggetto di venerazione e di imitazione: Dio è la meta

della vita. La scoperta di Dio come fonte creativa è stata riassunta da Francesco

nel titolo Sommo bene!

L’uomo - creatura secondo protagonista è l’uomo nella sua libertà di agire, per questo è protagoni-

sta. È chiamato a prendere in mano la sua vita. L’uomo è sempre visto come

creatura. Creato da Dio nella sua unità e totalità. Peccatore e “Homo viator”,

misero e debole, bisognoso, redento, ricercatore di felicità. Un microcosmo nella

universalità di tutto il creato. Il grande interrogativo nell’antropologia

francescana non è Dio, ma l’uomo e il suo cuore.

Il Creato Ulteriore protagonista non presente in tutti i filoni dell’antropologia teologica è

il creato. Tutto è creato in vista dell’uomo, ma il creato trova una sua propria di-

gnità: non è solo un oggetto a disposizione dell’uomo ma, accanto all’uomo è

protagonista.

La Fraternità - nucleo del pensiero francescano Il pensiero e la teologia francescana si sviluppano all’interno di una forte

esperienza di fraternità. Non si intende una fraternità universale. Le discussioni

e le lotte che avvengono sono fatte al fine di elaborare un pensiero teologico e

filosofico unitario. Quello che i Maestri francescani insegnano e pubblicano

nasce da un vivace dibattito all’interno del mondo francescano.

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L’Oggi Ultimo protagonista è l’oggi, questo momento, questa ora. L’interpretare e stu-

diare si rivolge a questo momento. L’oggi c’entra con le sue sfide e le sue do-

mande.

L’Antropologia Teologica è una materia “moderna”, non esiste un trattato come

tale, per questo l’antropologia dei nostri autori si deve ricavare dove si parla del-

la Trinità, dove si parla del Verbum divino, ma specialemente del Verbum in-

carnatum, e si deve ricavare la descrizione dell’uomo dove si parla di una visio-

ne del futuro, dove porta lo spirito, la grazia.

Una Antropologia francescana è elaborata nell’attualità, nei nostri tempi. Si de-

ve fare una lettura di questi trattati per scoprire che questi Autori, in un certo

senso, ci hanno anticipato… essi vogliono parlare di un Dio che si relaziona, al

Creato e all’Uomo.

Parlare di Dio ha importanza in quanto vogliamo scoprire più approfonditamen-

te la relazione che Dio porta a compimento le sue creature.

La Scolastica culmina in domande assai astratte e metafisiche che i teologi fran-

cescani hanno rifiutato.

L’indirizzo di fare Teologia è quello relazionale: si vuole conoscere sulle realtà

trascendentali in quanto importante per la nostra vita e per rispondere alle do-

mande che abbiamo nei nostri cuori.

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La visione dell’uomo in San Francesco la situazione dell’uomo al tempo di Francesco

Visione teologica e filosofica dell’uomo Il secolo XII e XIII porta ad una rinascita intellettuale. L’interesse si occupa di

più dell’uomo. Questo coincide con l’incontro fra culture, pensieri e religioni.

Siamo nell’epoca in cui si incontrano la fede cristiana con la cultura pagana

greca, la religione e filosofia arabo-islamica e la teologia e filosofia ebraica. Si

fondano grandi scuole attraverso le quali si riscopre la tradizione antica e il

patrimonio umano, vengono riscoperti i testi dei filosofi, matematici, di

medicina che vengono tradotti nella lingua corrente latina. Nascono le scuole

monastiche, le scuole delle cattedrali e le prime università (Parigi, Oxford).

Cur homo ? Cur Deus Homo ? Per la prima volta oggetto di studio è l’uomo nel suo rapporto con Dio.

La nuova domanda è Cur homo? Perché l’uomo? Perché Dio ha creato l’uomo?

Qual è il suo posto nella creazione, qual è il suo ruolo nell’universo? Quale il de-

stino? Seguono gli interrogativi sulla vita umana: perché il dolore, la sofferenza,

la morte ?

Cur Deus Homo è la seconda domanda: perché Dio è diventato uomo? Perché

Dio ha assunto la fragilità di un corpo umano, la morte e la situazione peccami-

nosa della vita umana?

Nascono tre scuole distinte, ognuna con una impostazione differente:

la scuola di Chartres, la scuola cirstercense e la scuola di San Vittore.

Le scuole 1. Chartres è una scuola della cattedrale, fondata dal vescovo e condotta dal

clero. Punto forte di questa scuola è il platonismo intellettuale9, la filosofia

delle idee. [Scienza della mente] Ogni cosa creata dal platonismo intellettuale

deriva da una idea sui generis non da una idea generica. Dio pensa all’uomo

concreto, pensa ad ogni uomo… Non è pensata l’umanità, ma è pensato ogni

uomo come persona.

Per rispondere alla domanda Cur homo? è importantissimo usare la mente,

l’intelligenza, è una scuola intellettuale.

L’impostazione di questa Scuola parte dal fatto che l’originale di ognuno è in

9 Filosofia delle idee: le cose che esistono in questo mondo, già prima di esistere materialmente, esistono, già come idea, nell’al di là. Questa visione è stata ‘battezzata’ affermando che queste idee presenti nell’al di là - nella visione cristiana - esistono in Dio. È Dio che pensa le idee delle cose che possono essere realizzate attraverso un atto creativo. Dio pensa all’uomo concreto, pensa ad ogni uomo…

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Dio. Siamo creati in vista del nostro originale che è in Dio. L’uomo è chiamato

con la sua creazione a incominciare il cammino per diventare se stesso in Dio.

Rischio è un intellettualismo che punti totalmente sulla mente e sulla ragione

che prende corpo, ma il corpo è secondario, strumentale, è solo un mezzo per

vivere nel creato. Punto si partenza per un certo dualismo che, nel mondo di

oggi, porta alla prepotenza intellettuale della ragione .

2. Scuola Cistercense. Nasce nell’ambito della rete dei monasteri che hanno

seguito la riforma benedettina di Bernardo di Chiaravalle.

Parte dalla Mistica pura. Dio è un Mistero e solo nella mistica si può rispondere

alle domande: chi è l’uomo e perché Dio si è fatto uomo?

Per questa scuola Fede e devozione sono più importanti di una scienza della

mente [la ragione riposa e il cuore parla]. I Cistercensi non vogliono fondare

una scuola intellettuale, ma portare con una vita autentica alla scienza

dell’amore. L’origine dell’uomo non è individuato nella mente divina ma

nell’amore di Dio. Nel primo francescanesimo questa scuola avrà notevole

influsso sul francescanesimo femminile (clarisse di san Damiano) a causa del

fatto che i primi visitatori canonici dei monasteri clariani erano cistercensi.

C’è un rischio in questa impostazione: l’esclusione dell’intelletto e della ragione

e sottomettendosi solo al linguaggio del cuore si può cadere nel soggettivismo e

nel devozionalismo.

3. Scuola di San Vittore è la terza scuola, fondata a Parigi accanto alla Chiesa

di San Vittore da un gruppo di Canonici che seguono la regola agostiniana.

Cerca di creare una sintesi tra le due scuole precedenti. Introducono il

platonismo intellettuale ma non trascurano l’unità integrale della vita

progredendo anche nella conoscenza pura della mistica per una conoscenza

della scienza dell’amore. Tentativo di salvaguardare l’unità tra ragione e sensi.

I vittorini propongono un cammino di spiritualizzazione/purificazione dei

sensi corporali indirizzandoli verso le cose spirituali (i sensi purificati diventano

strumenti dello spirito).

Nella prassi dell’epoca il cammino era legato ad una forte vita ascetica, quasi

impossibile ai laici, rimanenendo possibile nell’ambito della vita religiosa

monastica. Il passaggio alla fede popolare avviene attraverso varie forme di

devozione con il rischio del devozionalismo.

In questa scuola si può parlare di una certa dualità in quanto viene riconosciuto

il valore del corpo/materia e dello spirito senza contrapporli l’uno all’altro.

- 15 -

Visione dell’uomo e fondamento dell’Antropologia nel Medioevo

Un nuovo concetto della natura La natura, scoperta nella sua realtà profana, assume un valore religioso.

L’armonia del cosmo e le leggi della natura rivelano la presenza di Dio. La nuova

teologia comporta un’antropologia in cui l’economia cristiana s’illumina della

conoscenza della natura e dell’uomo.

L’uomo: Macrocosmo - Microcosmo; composto di corpo e di anima; occupa il

posto intermedio tra Dio e il mondo. Creato ad immagine e somiglianza = fon-

damento dell’antropologia medievale.

• L’uomo è creato ad immagine e somiglianza10 di Dio, ciò si concretizza nel

Libero Arbitrio: la capacità umana di scegliere il bene o il male.

L’essere immagine di Dio risiede nel Libero arbitrio. La somiglianza è la

capacità umana di vivere le virtù cioè che corrisponde all’essere creato da Dio

senza difficoltà quasi in modo naturale.

• Che cosa rimane di questo nell’uomo dopo il peccato originale? Il peccato

originale è la conseguenza sia sull’essere immagine e somiglianza, infatti l’essere

somiglianza sparisce, ha perso quella capacità naturale di vivere l’obbedienza

verso Dio senza sforzo. L’uomo non è più capace di essere sé stesso.

Il libero arbitrio rimane molto oscurato, bloccato, disorientato, come afferma S.

Paolo11. L’uomo deve faticare e ricade sempre di più nel peccato.

In questo contesto è presente il dibattito sul riferimento tra corpo e anima

nell’uomo. Gli autori medievali pensano che l’anima sia un organo del corpo

umano: la persona è pensata come una piramide.

Il punto culmine è l’anima, punto più alto dell’anima è la mente (mens),

l’intelligenza (intellectus).

Mens è il punto dell’anima che è capace di creare la relazione con il divino.

L’intelligenza ha il compito di riconoscere Dio e le cose in Dio12.

Lo Spirito di Dio quando interviene con i suoi doni prende possesso della mens

e dell’intellectus dell’uomo. Lo spirito prende possesso della mens, luogo dove

Dio e l’uomo si possono incontrare. 10 A causa della traduzione errata in latino e secondo le conoscenze esegetiche dell’epoca il testo biblico di Genesi 1,26 descriveva la modalità di creazione dell’uomo in due attributi distinti: “a immagine e somiglianza di Dio”. 11 Rm 7,18ss “Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.”. 12 Anche se a causa del peccato la mens è oscurata…

- 16 -

La parte più bassa dell’uomo, più lontana dalla mente e dall’anima, sono gli

istinti umani, la parte “animale”.

• A causa di questa possibilità dell’anima di incontrare Dio, si riconose la

dignità dell’uomo. La dignità dell’uomo è la dignità dell’anima. Solo l’anima

ha dignità per la possibilità di essere toccata da Dio. Il corpo è vita!

Ugo di San Vittore, S. Bernardo e Innocenzo III affermano che “tutto il corpo è

viltà, non ha nessuna dignità”.

Un altro autore, Bruno Artensis, che segue Tertulliano, quasi l’unico ad

insegnare che tutto l’uomo ha una dignità; comunemente si afferma che l’uomo

è spaccato, l’unica cosa degna è l’anima.

Nasce un dualismo metafisico, l’anima è superiore al corpo. Normalmente si

insegna che “il corpo è un carcere” (Alcherio, I. III) l’anima è nel carcere del suo

corpo. Per Guglielmo di Conches “Il corpo è un vaso impuro” e questo per colpa

del peccato originale. In senso positivo si parla di veste, abito che l’anima deve

prendere per poter vivere la condizione temporale (Ugo di San Vittore).

Con Alchesio inizia a svilupparsi il dibattito in cui si afferma che “l’anima si uni-

sce al corpo in un legame di amicizia”. Guglielmo di S. Thierry insegna che

“l’anima è la compagna del corpo in una distanza metafisica”.

Un testo che diverrà riferimento per i monasteri del tempo è De miseria

humane conditionis 13 descrive la situazione dell’uomo in questa terra come la

valle di lacrime ed il desiderio di finire al più presto questo passaggio per

arrivare nell’al di là. “L’uomo – scrive Innocenzo III – è formato da una parte di

polvere e fango è ancora più cattivo di sporco seme motivo del suo

concepimento la concupiscenza ardente…”.

In parallelo a questo testo possiamo leggere un brano di Francesco di Assisi,

contemporaneo di Innocenzo III (RegNB 23,1):

“Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo (Gv 7,11) e giusto, Signore Re del cielo e della terra (Cfr. Mt 11,25), per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l'unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso (Cfr. Gn 1,26 e 2,15). E noi per colpa nostra siamo caduti. E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù”.

13 De miseria humane conditionis (La miseria della vita umana) di Lotario de Segni, futuro papa Innocenzo III.

- 17 -

I catari La visione negativa del corpo assumerà una forma estrema con i catari. Essi

predicheranno un dualismo puro: la parte materiale del corpo è cattivo perché

creato da un dio malvagio o demonio. Dall’altra parte vi è l’anima, la parte

creata dal Dio buono. Queste due divinità, in lotta fra loro, hanno il campo di

battaglia nella vita dell’uomo. L’unica cosa da fare è liberarsi dal maligno

distruggendo il materiale, il corpo. I più puri erano quelli che vivevano una vita

totalmente ascetica punendo la parte corporale. I catari culminavano la loro

vita con il suicidio per liberare l’anima dal corpo.

Condizione sociale del medioevo Abbiamo la struttura feudale che riprende l’immagine piramidale dell’anima:

in basso i poveri, i lebbrosi, i servi della gleba, la classe nascente: la borghesia,

più su l’apparato di vassallaggio, la nobiltà e l’alto clero fino all’imperatore e al

papa.

Accanto a questa struttura feudale c’è una piccola rivoluzione che capovolge

questa struttura, perché non era possibile salire dal basso in alto, ma adesso lo

sviluppo del commercio crea una nuova borghesia che possiede una nuova

ricchezza. Il mondo feudale va in crisi per la carenza dei mezzi economici e per

l’impoverimento continuo. La borghesia sorveglia con gelosia i suoi diritti. Si

crea così una nuova povertà che non ha niente neanche la terra da coltivare.

Nelle città si crea la divisione tra maiores e minores; guerre cittadine (Assisi

contro Perugia). Queste guerre come sappiamo fanno parte della vita di

Francesco. Siamo nell’epoca delle crociate.

- 18 -

Antropologia di Francesco L’uomo secondo gli scritti di Francesco

Francesco non ha detto né scritto sull’uomo, ma dai suoi scritti emergono

elementi che noi interpretiamo per poi creare una antropologia francescana.

Quindi è un discorso relativo quello che noi facciamo14.

ontologia dell’uomo Se iniziamo a cercare una antropologia in Francesco, troviamo una ontologia

dell’uomo, perché lui prende sempre in considerazione l’essere dell’uomo nel

suo essenziale: chi è?

Vi sono due testi da prendere in considerazione che aiutano a realizzare una

elaborazione più schematica dopo la morte di Francesco: il capitolo 23 della

Regola Non Bollata e la V Ammonizione.

Questi testi danno avvio ad una riflessione che poi si esprimerà in termini

elaborati nella teologia intellettuale. Essi manifestano una positività che

contrasta con la visione pessimista dell’epoca, attraverso una visione più lucida

e positivita che non deriva dalla capacità, sensibilità o intelletto umano.

Francesco, realisticamente, riconosce l’uomo come peccatore, per la sua

intellettualità male orientata e la mancanza di sensibilità. Nonostante questo,

Francesco fa emergere la positività a partire da Dio creatore. Questa visione è

frutto della positiva esperienza di Dio vissuta da Francesco.

creatura Prendendo in considerazione il testo della RegNB 23

“Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra

Dio è riconosciuto come Padre, Santo e Giusto in quell’epoca queste tre parole

hanno un significato importante. L’uso del termine padre non identifica il

genere “maschile”, ma indica la capacità generativa: origine, fonte, donatore di

vita. Dio è riconosciuto come fonte della vita: vivificante.

Il santo, nella spiritualità dell’epoca, esprime la pienezza, cioè Dio è fonte della

vita, donatore di vita nella sua pienezza.

Il termine giusto è legato a un altro termine: misericordia. C’è un dibattito

biblico che si domanda a che cosa corrisponda la giustizia di Dio. La risposta e

14 GNIECHI, La visione dell’uomo negli scritti di S. Francesco, Roma 1987

- 19 -

che la giustizia di Dio si rivela nella sua misericordia. Dio agisce in modo giusto

attraverso la sua misericordia.

Dio donatore della vita, vivificante, nella sua pienezza che agisce in modo giusto,

cioè attraverso la sua misericordia. [va ricordata l’importanza che per Francesco

assume la misericordia > Lettera ad un Ministro]

Dio, Re del cielo e della terra

è un chiaro riferimento agli scontri con i catari che parlavano di due divinità un

dio cattivo (materia) e un dio buono (lo spirito)

Per Francesco la regalità di Dio è sullo spirituale e sul materiale.

“per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l'unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali”

Dio ha creato per sua volontà perché voleva. Dio vuole la creatura. Nel dibattito

dell’epoca volere va interpetrato non tanto come desiderio di possesso (voglio

avere, possedere) ma come volere qualcosa per sé stesso nel senso di amarlo.

La volontà non è legata al possesso, quanto al volere che l’altro sia, esista.

“come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato”

Francesco lega il volere che l’altro sia nel contesto dell’amore.

Nasce il volontarismo francescano interpretato nella direzione di volere

(non possedere) che ci sia l’altro e di volerlo bene. Visione antropologica che

intende le creature come volute da Dio. Francesco utilizza il noi legame fra la

fraternità umana e Dio

Leggiamo la Ammonizione V

“Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine di lui secondo lo spirito. E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. E nep-pure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo croci-figgi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. Di che cosa puoi dunque gloriarti?”

Francesco si rifà all’interpretazione del testo del Genesi comune nel Medioevo in

cui si distingueva la creazione dell’uomo ad immagine da quella a somiglianza.

Dio ha creato l’uomo per amore. La creazione è per Francesco il primo atto di

una economia della salvezza, dare cioè un’interpretazione al creato e

all’esistenza dell’uomo a partire dal piano e dalla prospettiva della salvezza,

tutto in vista della redenzione.

In questa visione Dio è il centro, alfa e omega, origine e principio della

- 20 -

creazione. Il creato viene dalla bontà divina, l’uomo intero corpo e anima. Il

corpo per Francesco è un mezzo per andare incontro a Dio. La corporeità è

presenza nel mondo, strumento di rapporto e relazione. Francesco per tutta la

vita ha maltrattato il suo corpo e quindi il suo atteggiamento non corrisponde

alla visione lucida del corpo e al termine della vita si scusa con lui per questo

maltrattamento.

Come persona è oggetto di donazione, ha posto in paradiso. Essere creatura per

Francesco è essere oggetto della gratitudine e della donazione. In questo l’uomo

è aperto alla trascendenza.

imago Dei L’uomo è creato ad immagine del figlio di Dio, Gesù Cristo. Il corpo dell’uomo è

creato ad immagine del corpo del figlio di Dio.

L’uomo è creato ad immagine e somiglianza in quanto creato ad immagine del

Figlio incarnato nella natura umana. È creato a somiglianza del Figlio secondo

lo Spirito in quanto Dio, partecipe della divinità del Padre nello Spirito.

L’uomo è creato ad immagine e somiglianza del Dio-Uomo: partecipa

dell’umanità di Cristo figlio, ma partecipa anche alla sua divinità.

L’uomo nella sua totalità e unità è creato, con corpo e spirito, ad immagine e

somiglianza di Dio: uomo cristocentrico.

Troviamo in Francesco una rivalutazione del corpo umano, con una dignità

propria, per il fatto che egli è ad immagine del Figlio di Dio Gesù Cristo. La

somiglianza porta al superamento dell’abisso che c’era fra Dio e l’uomo.

Francesco attinge fortemente alla teologia giovannea, Cristo Dio, incarnato fino

alle estreme conseguenze nella carne umana: è l’Ecce Homo mostrato da Pilato

alla folla. Cambia la visione siamo creati ad immagine non solo del Dio glorioso,

ma anche del Figlio Dio che soffre, piange e va fino alla morte per l’uomo.

Siamo creati ad immagine di Cristo, del suo corpo, del suo essere uomo

realizzato in pienezza, con la gioia e la sofferenza. Creati a somiglianza dello

Spirito che lo inabita e del Cristo glorificato e risorto.

La sequela Christi ci chiama a divenire “vero uomo” in Cristo. L’invito è

personale, rivolto all’individuo, al “tu”. Ognuno è a proprio modo a immagine e

somiglianza.

La RegNB ci presenta l’essere creati a immagine e somiglianza della Trinità, del

Padre che ha creato con la sua volontà, attraverso il Figlio e lo Spirito. Non solo

l’individuo, secondo Francesco, è creato a immagine e somiglianza, ma il “noi”.

- 21 -

Uomo teocentrico in quanto creato dal Dio è Uno e Trino (unità amorosa fra

Padre, Figlio e Spirito Santo) il nostro essere creature di relazione che culmina

in Francesco nell’idea di essere fratelli e sorelle.

peccato e miseria dell’uomo

Disse il Signore a Adamo: “Mangia pure i frutti di qualunque albero, ma dell'albero del-la scienza del bene e del male non ne mangiare”. Adamo poteva dunque mangiare i frutti di qualunque albero del Paradiso; egli, finché non contravvenne all'obbedienza non peccò. Mangia, infatti dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; e così, per suggestione del diavolo e per la trasgressione del comando, è diventato per lui il frutto della scienza del male. Bisogna perciò che ne sopporti la pena. Adm 2

Il peccato viene dalla volontà di appropriarsi dei beni che Dio ha donato. Non

voler riconoscere che Dio è il Signore Re del cielo e della terra (RegNB 23) e che

tutto quello che l’uomo possiede è un dono di Dio; il peccato consiste

nell’appropriarsi cioè togliere la proprietà a Dio. Per Francesco il peccato più

grande è l’appropriazione della propria volontà.

La volontà di Dio è che l’altro sia (si compia e si realizzi il suo destino). Quando

l’uomo si appropria della volontà non è in funzione del compimento e

realizzazione dell’altro, bensì in funzione di sé stesso, con tutte le conseguenze.

Dio il Creatore, nel suo amore, vuole che noi siamo.

Appropriarsi della propria volontà porta alla conseguenza di non volere che

l’altro sia ma volere me stesso (egocentrismo).

Per Francesco nonostante la creazione, l’uomo è essere incompiuto, alienato dal

desiderio di piena realizzazione, col peccato si è staccato dal principio vitale. Da

qui la tendenza dell’uomo verso il male che lo rende schiavo del mondo.

L’uomo ha perso la sua identità di immagine e somiglianza a causa dell’egoismo.

All’immago Dei si contrappone l’uomo carnale. Se vogliamo parlare del

dualismo di Francesco non è quello tra corpo e spirito ma tra essere imago Dei e

la realtà dell’uomo carnale.

All’uomo, secondo Francesco, appartengono vizi e peccati perché la bontà della

realtà creata viene da Dio. Che cosa è per S. Francesco l’uomo carnale nel

peccato?

È l’uomo che si appropria della sua volontà; il peccato sta nella appropriazione

della propria volontà. L’uomo nel suo egoismo esce dalla creazione come trinità

e passa al canale egoistico dell’Io. È la negazione di essere creatura. Solo se

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creatura è in rapporto al Creatore. La povertà per Francesco è l’unica strada per

lasciare l’appropriazione di ciò che è mio, povertà è non sono mio ma sono di

Dio. Creazione, proprietà di Dio – peccato, proprietà mia.

destino dell’uomo Francesco sviluppa un destino dell’uomo15. A partire dalla creazione, con tutto il

creato, l’uomo è destinato alla convivenza con Dio, alla salvezza, alla relazione

che man mano si intensifica16, alla libertà totale di se stesso e delle cose, libero

per vivere la comunione dell’amore. Base della libertà poi sviluppata: essere

libera da se stessi, dalle cose per vivere la comunione universale dell’amore, per

essere liberi di rapportarsi al tu del fratello, perché il peccato ha eliminato

questa libertà.

Francesco ha una visione ultraterrena nel compimento definitivo. L’uomo vive

una storia che porta alla salvezza: creazione, incarnazione, parusia. Solo alla

fine, nella parusia, si rivela la piena realizzazione dell’uomo.

L’uomo, allora, è creato in senso dinamico deve maturare verso un tu, verso i

fratelli. Francesco propone un compimento finale della creazione per tornare al

pieno amore di Dio. Questo destino dell’uomo non è più conciliabile con l’essere

uomo dei vizi e dei peccati.

sequela Christi La sequela indicata da Francesco assume una nuova importanza: la prima

sequela era finalizzata a realizzare l’uomo cristico, indipendentemente dal

peccato. Ora, con il peccato, la sequela riceve una interpretazione nuova:

divente il cammino per ristabilire quella relazione con il Dio Uno e Trino, con il

creato e con i fratelli, che il peccato ha rotto. L’uomo deve vincere i peccati con

le virtù per diventare uomo spirituale e poter vivere l’unione con Dio in Cristo.

Questa sequela si realizza vincendo il peccato sulla via dell’amore fraterno e

materno, anche a livello affettivo. La sequela Christi in Francesco è virtù per

vivere l’affetto materno. Questo vincere l’uomo carnale si basa su una

spiritualità evangelica. Il Vangelo diventa norma e progetto di vita (per

Francesco la regola era il Vangelo). Lui lo sviluppa come vita di penitente (vedi

il Testamento) che è conversione, tornare a Cristo.

15 Cfr. RnB 23; Adm V; EpFidII 23,7; EpLeo. 16 “Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora; e sono figli del Padre celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo” EpFid 5

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Rimedio all’appropriazione per Francesco è la restituzione e, di conseguenza,

la scelta della povertà come libertà e piena disposizione per se e per gli altri,

restituendo i doni ricevuti da Dio.

tema della nudità e povertà

«Vissi un tempo nel paradiso del mio Dio (Ap 2,7), dov’era l’uomo nudo, anzi, nell’uomo e con l’uomo ignudo andavo passeggiando per tutto quello splendido paradiso, senza timori né incertezze né sospetto di qualche sventura. Pensavo di restare con lui per sempre, perché egli dall’Altissimo era stato creato giusto, buono, sapiente, e collocato in un luogo assai ridente e bellissimo. Ero colma di gioia e mi dilettavo davanti a lui in ogni istante (Pr 8,30), perché, non possedendo nulla, egli era tutto di Dio». «Ma ahimè! sopravvenne improvvisa una sventura del tutto inaudita dalla creazione dell’uomo, quando quello sciagurato, che un tempo per la sua bellezza perse irrimediabilmente la sapienza, introdottosi in un serpente, lui che era stato escluso dal cielo, con inganno tentò l’uomo, perché diventasse come lui trasgressore del comando divino. Credette l’infelice al cattivo consigliere e gli diede retta, e dimenticando Dio suo creatore (Dt 32,18), seguì l’esempio del primo prevaricatore e trasgressore. Prima era nudo, dice di lui la Scrittura, ma non ne arrossiva (Gen 2,25), perché la sua innocenza era perfetta. Ma quando ebbe peccato, si accorse di essere nudo, e per la vergogna corse a farsi delle cinture con foglie di fico» (Gen 3,9). Sacrum Commercium 25

Questo testo ci presenta il tema della nudità che è importante in Francesco.

Ricordiamo tre momenti

1. La conversione di fronte al Vescovo di Assisi in cui si spoglia dei suoi vestiti e

li restituisce al padre dicendo: “non chiamo più Pietro di Bernardone padre mio,

ma dico Padre nostro che sei nei cieli”. Nel momento del restituire simbolica-

mente le vesti al padre essendo nudo e senza vergognarsi diventa capace di

riconoscere il Padre che è nei cieli”

2. Seguire nudo il nudo Cristo La frase non appartiene a Francesco, è ripresa in

alcuni testi biografici, ma originariamente deriva da Bernardo di Chiaravalle.

Francesco è presentato nella sua sequela come il discepolo che “nudo segue il

nudo Cristo”. Il Cristo nudo è quello spogliato alla fine della sua vita terrestre a

cui l’uomo peccatore strappa le vesti. Sulla croce Cristo denudato è il modello

della sequela del restituire.

3. Morendo volle essere deposto nudo sulla nuda terra. Francesco, alla fine

della sua vita, percepisce quanto aveva formulato nel Cantico delle creature,

aggiungendo una strofa su “sorella morte”. Nudo sulla nuda terra diventa

capace di accogliere la morte, non come il furto della sua vita ma, come dono

della “sorella” che lo porta fra le braccia di Dio.

Il tema della povertà francescana, del restituire, legato al tema della nudità

francescana. Solo l’uomo nudo - così come è creato - è capace di vivere la

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profondità della relazione con il suo Dio creatore. Solo l’uomo nudo riesce a

vivere la profondità di quell’amore che non tiene nulla per sé, ma dona tutto se

stesso per la redenzione del mondo e del creato.

La povertà = conquista della libertà.

La povertà è vista come libertà e piena disposizione per Dio e gli altri. Restituire

i doni ricevuti a Dio. Vivere come forestiero nel mondo. Vivere nella chiesa il

mistero pasquale = il tempo escatologico. La partecipazione ai sacramenti uni-

sce già nel mondo con la salvezza eterna. La vita della grazia come inizio della

vita futura nel regno di Dio. Testimoni del Regno.

Test; RB 1,1 s.; RNB 9,1 ss.; EpFid II, 48 ss.

La povertà, il restituire, il vivere la nudità diventano base per la libertà

incondizionata che permette di vivere la relazione di amore.

Per Francesco la sequela di Cristo non dipende tanto dalle forze dell’uomo,

“all’uomo appartengono solo i suoi vizi e i peccati”, “anche se tu parlassi tutte le

lingue, se conoscessi tutti i segreti” ma è la stessa grazia di Dio, realizzata e

donata in Cristo, che aiuta a compiere il cammino della sequela. Il peccatore

ritrova la sua vera dignità diventando fratello. Egli insieme a fratelli e sorelle in

cammino ritrova la grandezza della sua dignità radicata in Dio. Il valore

dell’uomo come persona si fonda nell’accettazione di Dio e di tutto il bene che

deriva da Lui. Questa dignità, secondo Francesco, richiede valori umani: la

misericordia, la giustizia, il perdono, l’amicizia, l’affetto materno-fraterno.

Questi valori costituiscono la vera dignità dell’uomo che fa il cammino della

sequela insieme a tutto il creato nella pienezza dell’amore del vangelo rivelato.

L’uomo diventa protagonista della sua vita - non è solo passività - ma il

richiamo ad un Ethos concreto.

gli ethos in Francesco precisiamo la distinzione tra i termini etica ed ethos. L’etica descrive l’agire, il

comportamento, mentre l’ethos descrive i valori interiorizzati e mediante i quali

il soggeto agisce. Una lettura superficiale degli scritti di Francesco porterebbe

immediatamente a rilevare in essi una etica. Se invece facciamo una lettura

approfondita risulta evidente che l’intenzione di Francesco non riguarda solo il

cambiamento dell’agire, il comportamento. La sequela porta alla interiorizza-

zione dei valori evangelici e, sulla base di essi costruire l’agire. Per lo studio di

Francesco adotteremo il termine ethos.

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Nell’antropologia francescana identifichiamo tre linee:

1. Ethos della vita17 Attraverso gli scritti ed il suo vissuto, emerge Francesco

come uomo della vita vissuta fino in fondo. Egli vive la gioia della vita, ma anche

la profondità della sofferenza e del pianto. Egli vive la sicurezza della fede, ma

anche la disperazione di riceercare sempre di nuovo la presenza di Dio nella sua

esistenza. Egli non fugge comunque, la vita è accettata come dono di Dio.

a. Vivere l’essere creatura di Dio, che si realizza in Francesco nella sua

nudità. Ne abbiamo alcune immagini: S. Francesco nudo davanti al vescovo

quando si spoglia dei suoi averi; e Francesco nudo posto sulla nuda terra

quando muore. Creaturalità come nudità, come appartenenza totale a Dio.

Povertà nel suo vivere senza nulla di proprio. La povertà che Francesco

sceglie corrisponde a questo essere nudo davanti a Dio; ciò che ha e riceve

viene da Dio. Liberarsi di tutto corrisponde a questa realtà di essere nudo.

Egli vive nudo, senza maschere. Sine proprio, senza nulla di proprio

corrisponde anche a questa nudità, suo proprietà è il peccato, il vizio. L’ethos

della vita, allora, spinge a vivere la creaturalità a questi tre livelli: nudo,

povero, e senza nulla di proprio.

b. Vivere la fratellanza universale. Francesco comprende se stesso come

parte del creato proveniente da un solo Creatore e Padre. Vivere questa realtà

porta sulla scia della fratellanza non intesa come gruppo ristretto ma aperta a

tutti: ricchi e poveri, cristiani e musulmani, potenti e schiavi…

2. Ethos dell’eros e dell’agape.

L’eros è legato al desiderio, l’agape e riferito al dare. A partire da influssi

manichei l’eros era quasi totalmente legato alla sessualità, era considerato

l’amore pagano, mentre l’agape era l’amore cristiano. Nella primitiva tradizione

francescana ritroviamo eros e agape intese come doni di Dio. A partire da

Francesco, in vari autori si nota che nella loro visione dell’uomo fanno una

integrazione di queste due forze come parte integrante della vita umana.

Cercano di bilanciare eros e agape indirizzando queste forze. La forza dell’eros

nel senso di ricerca e desiderio. La forza umana di ricercare e desidera l’ethos

17 Poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. E beato quel servo (Cfr. Mt 24,46), che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri.(FF 169).

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della vita verso Dio. Eros vuol dire desiderare sopra tutto Dio18. L’eros diventa

strumento per la ricerca dell’altro. Indirizzare la forza dell’eros e del desiderio

verso Dio. Ecco cosa vuole dire Francesco: indirizzare il bene verso un bene

superiore, mentre nel medioevo ci sono altre piste che tendono ad eliminare il

desiderio.

L’agape diventa la forza che rende capaci di donare e di restituire. Questa idea

si basa su questa frase di Francesco di «restituire il bene ricevuto da Dio»19.

Capacità di restituire e di donare fino in fondo.

C’è anche tensione tra queste due forze dell’eros e dell’agape, eros come forza

umana di andare fino in fondo, contemplazione, è l’unione per trovare Dio.

3. Ethos della kenosis. È una termine che non si ricorre nei testi di Francesco

ma è presente il significato teologico. La vita dell’uomo – in Francesco – è

impostata sulla vita di Gesù Cristo. In particolare sulla povertà che Cristo ha

vissuto come cammino di abbassamento ed espropriazione di sé stesso. Va visto

il legame fra kenosis e sequela.

a. Sequela Cristi20 Diventa un movimento che segue l’abbassamento di Cristo,

la scia del servo di Jahwe. L’umiltà non è una delle virtù di una vita devota,

ma va compresa secondo il significato dell’epoca di Francesco. Significa stare

vicino all’humus della realtà della vita, vicino alla durezza dell’esistenza che è

contingente, segnato dalla morte. L’umiltà è uno stile di essere che riflette la

coscienza di essere creatura. La sequela di Gesù povero ed umile significa

18 Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza (Mc 12,30 e 33), con tutta l’intelligenza, con tutte le forze (Lc 10,27), con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio (Mc 12,30), il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati (Cfr. Tb 13,5), redenti, e ci salverà per sua sola misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi. (RegNB, XXIII, 8). (FF 69) 19 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con l’esempio, all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene (FF 156) 20 Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ri-cordino che nient’altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l’apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare (Cfr. 1Tm 6,8). E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada. E quando sarà necessario, vadano per l’elemosina. E non si vergognino, ma si ricordino piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo (Gv 11,27), onnipotente, rese la sua faccia come pietra durissima (Is 50, 7), né si vergognò; e fu povero e ospite, e visse di elemosine lui e la beata Vergine e i suoi discepoli. E quando gli uomini facessero loro vergogna e non volessero dare loro l’elemosina, ne ringrazino Iddio, poiché per tali umiliazioni riceveranno grande onore presso il tribunale del Signore nostro Gesù Cristo. E sappiano che l’umiliazione è imputata non a coloro che la ricevono ma a coloro che la fanno. (FF 29-31).

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avvicinarsi e vivere fino in fondo al succo della vita della terra. A partire da

questa comprensione nasce una fratellanza fra tutti quelli che condividono lo

stesso humus. La sequela della kenosis ci porta in mezzo a tutti quelli che

condividono la stessa sorte.

b. Sottomissione intesa servizio presente spesso nei testi di Francesco21. Base

per poter conferire all’altro la vita, la salvezza e la redenzione. Sottomissione

agli uomini, bestie, fiori, ecc… Questo brano trova una interpretazione nella

scia di Cristo della sottomissione come servizio.

Lo stile della vita di Francesco è caratterizzato da questi tre livelli di ethos (vita,

eros e agape, kenosis).

21 La santa obbedienza confonde tutte le volontà corporali e carnali e ogni volontà propria, e tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza allo spirito e per l’obbedienza al proprio fratello; e allora l’uomo è suddito e sottomesso a tutti gli uomini che sono nel mondo, e non soltanto ai soli uomini, ma anche a tutte le bestie e alle fiere, così che possano fare di lui quello che vogliono per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore (Cfr. Gv 19,11). (FF 258).