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Cerco l’uomo!

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Cerco l ’uomo!

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Moltissimi anni fa..ancor prima della nascita di Cristo, Diogene di Sinope, girovagava per le città con una lanterna accesa,in pieno giorno, affermando che servisse per cercare l’uomo..

..la stella più grande..

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Una famosa pagina del pensatore tedesco Nietzsche,inizia così:

“Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino,corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: cerco Dio!Cerco Dio!”

Sembra un segno di follia decidere di accendere una lanterna quando attorno c’è la luce piena del mattino,ma in realtà anche l’Europa di oggi comincia a sentire l’esigenza di riaccendere una nuova luce proprio quando tutto attorno è illuminato.

La luce che viene dal secolo dei “lumi”,dalla ragione,dalle scienze,non appare più sufficiente per il nostro cammino..

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NIETZSCHE..Apollineo e dionisiaco…” L ’OLTREUOMO”

“..la vita è un brivido che vola via..è tutto un equilibrio sopra la follia..” VASCO ROSSI

MATISSE “La danza”

I FAUVES

PIRANDELLOl ’io infranto,l’umorismo,impossibilità di essere se stessi..la maschera..-“La carriola” (testo)

JAMES ENSOR“Ingresso di Cristo a Bruxelles”

MARZIALEL ’osservazione dell’uomo e dei suoi comportamenti..

“A voi che dall’albero della vita cogliete le foglie e trascurate i frutti” Silvano Agosti-libro di Fabio Volo“E ’ una vita che ti aspetto”

TINA ANSELMI..capacità di scelta-Staffetta partigiana-Resistenza

SAMUEL BEKETT “Waiting for Godot”-Theatre of the absurd”

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 I temi decadenti aprono e contraddistinguono il fenomeno culturale del ventesimo secolo. Se l ’ottocento è stato l’epoca della pienezza del sentimento e della realtà di una visione ordinata,compatta, oggettiva del mondo, dell’unità della coscienza, il Novecento appare caratterizzato dall’angoscioso smarrimento della coscienza di fronte al non-senso della vita,dalla frantumazione dell’io, oppure anche, all’estremo opposto, dall’idea esaltante di un modo rivoluzionario di essere (il superuomo).La letteratura del Novecento segna una profonda reazione al dominio della scienza e alle conclusioni della filosofia positivistica.

Essa esprime uno stato di irrequietezza e un forte bisogno d’interiorità, ma anche grande ostilità verso la cultura tradizionale.

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E ’ un periodo caratterizzato da personalità incerte,deboli,che rifiutano addirittura la propria psiche.

A questa intensa crisi,la cultura tenta di dare diverse soluzioni; come l ’interesse verso il dinamismo della vita moderna,l’ andare contro ogni valore morale tipico dell’ “oltreuomo” nietzschiano,il disprezzo verso gli ideali borghesi,manifestato più volte da James Ensor nei suoi dipinti e l ’elaborata struttura psicanalitica adoperata da Pirandello.Malattia,pazzia e molteplici personalità sono tutti temi affrontati dai letterati del ‘900 che vedono nelle opere pirandelliane l’apice delle loro analisi.

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Tre diversi ambienti influirono sulla formazione psicologica e culturale di Pirandello:quello siciliano,quello tedesco e quello romano.La sua celebrità si fonda in massima parte sul suo teatro.La foltissima produzione teatrale di Pirandello,costituì il naturale sviluppo della lunga sperimentazione da lui condotta nelle opere di narrativa:la scena gli si presentò infatti come il luogo più idoneo alla piena espressione della sua creatività,incentrata sui temi dell’esistenza. Il teatro è la forma di rappresentazione artistica che più pretende al realismo,in quanto cose,persone e fatti ci si presentano direttamente davanti agli occhi,ma è anche quella in cui il grado di artificio è più alto,poiché tutto quello che vediamo è un inganno:gli eroi sono uomini travestiti,le passioni sono recitate e gli eventi simulati.

1867-1936

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Pirandello esalta questa ambiguità e la fa esplodere,per indagare le ambiguità della vita stessa.

La riflessione ha sempre un posto centrale,sia nella narrativa che nel teatro.I personaggi sono dei ragionatori, e buona parte dell’azione è raddoppiata dall’indagine sull’azione stessa e dalla ricerca del suo significato.A questa riflessione si aggiunge quella dell’autore sul teatro,in quanto allegoria della vita:ecco dunque l’aspetto metateatrale del “teatro nel teatro”.

Il contrasto fra “vita” e “forma”,fra realtà e finzione,fra persona e personaggio,acquista sulla scena un’evidenza straordinaria.

Il teatro,con i suoi specifici meccanismi,diventa così uno straordinario strumento di conoscenza e di critica.

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Nel complesso mosaico della drammaturgia pirandelliana,si possono individuare facilmente i punti focali del pensiero del grande autore agrigentino:

-- l’inesistenza della realtà oggettiva e quindi l’impossibilità di raggiungere verità assolute;-- la molteplicità delle forme,cioè delle apparenze,sotto cui ogni individuo si presenta agli altri,costretto a recitare ed indossare una maschera;-- l’assurdità di una vita passata a “recitare”

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La chiave di lettura di molte opere di Pirandello è l ’umorismo.Egli infatti, subendo influenze dalla psicanalisi freudiana(la quale sostiene l ’esistenza di due vite parallele:vita pubblica,caratterizzata dal soffocamento dell’individuo,e autocoscienza,basata su una passione irrazionale che allontana l’individuo dalla realtà),distingue l’umorismo dalla comicità.

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Per Pirandello la realtà nel suo profondo è inconoscibile e dunque l’uomo si pone continuamente interrogativi su se stesso,ma scopre amaramente la sua incerta identità.

È SOLO UNA MASCHERA CHE L’UOMO INCONSCIAMENTE ASSUME PER ADEGUARSI A COMPORTAMENTI COLLETTIVI.

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“La carriola” (dalle Novelle per un anno) Pirandello rappresenta un avvocato, padre di famiglia, professore universitario. E’ un uomo di successo a cui tutti, studenti, clienti, familiari, chiedono di essere saggio. La sua posizione sociale diviene quindi la sua forma, per la quale ha lottato.Il dramma comincia quando una persona esce dalla sua forma e si vede vivere; questo significa uscire dalla propria situazione e vedersi dall’esterno. Una volta, tornando in treno, l’avvocato vede attraverso il finestrino la campagna toscana. Improvvisamente ha la sensazione della vita che vive, che non gli piace, non è sua ma di un altro. Mentre riflette su questo si assopisce e quando si sveglia se ne è già dimenticato. Torna a casa e davanti a questa nota una targa con i suoi titoli di dottore, avvocato, …. All’improvviso questo “lui” gli sembra estraneo; non gli piace cosa fa e nemmeno la sua forma fisica. C’è stato quindi uno sdoppiamento: l’avvocato è uscito dalla sua forma. Questi apre poi la porta di casa e supera la sua situazione grazie all’amore dei figli, ma ormai si è visto vivere e non potrà più accettare la vita com’è. Si ribella, ma questa è una ribellione momentanea, perché la società è una morsa forte e si finisce comunque sempre per ritornare alla propria situazione iniziale. L’avvocato si reca tutti i giorni al suo studio con una vecchia cagnetta, chiude la porta, prende la cagnetta per le zampe posteriori e le fa fare la carriola, poi riapre la porta e riprende il suo lavoro, la propria forma. Questa situazione rappresenta una rivendicazione dell’essere sempre un saggio e per un momento della vita riesce ad uscire anche se solo momentaneamente dalla sua forma. Dalla forma l’individuo non può uscire e la ribellione è per questo sempre momentanea.

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L ’impossibilità di essere se stessi..e la molteplicità frammentaria dell’io nell’arte..

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Ensor sente la necessità di ricorrere al colore puro per manifestare un simbolismo non più teso al sublime e al misterioso,ma calato nella “commedia umana”.

I suoi dipinti,resi in un cromatismo dai toni violenti e squillanti,sono satire del mondo borghese,dominato dalla menzogna e dalla morte spirituale,da cui riprende i personaggi trasformandoli in maschere beffarde. Egli con la sua pittura,aggredisce la società del suo tempo rivelando,dietro la facciata di rispettabilità borghese,i segreti dell’inconscio di classe: la superstizione,il vizio,la paura della morte.

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Ensor è il primo a scandagliare con la pittura i meandri dell’inconscio collettivo,rappresentandolo con scheletri e maschere grottesche. In adempimento con le nuove esigenze post-impressioniste,egli si serve della forma e del colore per comunicare il proprio stato d’animo,rappresentando temi e argomenti sociali,utilizzando l’arte come mezzo di provocazione e reazione ai valori della società borghese di fine secolo,presa dal vortice della produzione e del profitto.

“L ’ingresso di Cristo a Bruxelles”è una delle opere più significative a riguardo.

Il tema del quadro,la cui forza espressiva è generata dall’intensità dei colori contrastanti e distesi in modo piatto,dalla luminosità e dalla stessa ampiezza della tela,è religioso e si riallaccia all’entrata di Gesù in Gerusalemme.

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Ensor trasporta il fatto dell’antica città in una moderna metropoli tumultuosa e vociante.L’immensa folla che avanza a schiere parallele e che si perde sul fondo in una miriade di puntini,che accompagna Cristo in un corteo festante,non è composta da uomini,o esseri pensanti autonomamente.Sul volto di ciascuno,infatti,v’è una maschera grottesca che esaspera gli elementi salienti,fissandole per sempre in un atteggiamento caricaturale.La turba chiassosa è dunque una massa anonima di fantocci privi di anima e di idee,pronti ad osannare Gesù oggi e ad ucciderlo domani, strumentalizzati dalla pubblicità,con il fragore eccitante della banda.In mezzo a questa grande folla,Cristo,in cui l’autore si identifica sentendosi respinto da una società in sfacelo,quasi scompare,inghiottito,trascinato,annullato da coloro che lo esaltano.

Il quadro,malgrado l’apparenza festaiola,è una vera e propria accusa violenta alla società,composta da veri e propri pupazzi,schiavi delle mode che si succedono rapidamente l’una scacciando l’altra.

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Nato intorno al 40 d.C. a Biblis,una piccola città della Spagna meridionale,anche lo scrittore latino nella sua attività letteraria riflette sull’uomo.

Marziale affronta svariati temi,dall’amore alla morte,dall’amicizia al sesso,dall’adulazione allo sbeffeggiamento,dalla vita privata alla vita pubblica,dalla ricchezza alla miseria,ma tutti legati fra loro da un unico filo conduttore,l’osservazione dell’uomo e dei suoi comportamenti.

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Nel ritrarre l’uomo ed i suoi comportamenti spesso ridicoli,Marziale vuole trasmettere un’immagine della vita quotidiana che appaia,ad una prima lettura,giocosa e divertente,ma che sia anche capace di spingere alla riflessione e all’autocritica,proprio come moltissimi anni dopo, ha fatto Pirandello.

Seguendo le orme di Persio,Marziale sostiene di colpire i difetti,non le persone.Nasce così una galleria di maschere dai tratti spesso grotteschi,che si muovono in una Roma sovraffollata,volgare,rumorosa,corrotta dai vizi e dai piaceri.

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Il poeta è un osservatore che si limita a descrivere con arguzia e con crudo realismo ciò che lo circonda ed enfatizza gli aspetti comici del quotidiano evitando condanne e giudizi morali.

Marziale padroneggia con incredibile abilità gli strumenti tipici dell’epigramma ellenistico,ovvero lo spirito di osservazione,la concisione,l’ironia pronta e sottile.

L ’epigramma,soprattutto quello breve è articolato in due fasi: una ,di carattere descrittivo,destinata a creare attesa nel lettore,e l’altra che risolve la situazione con un’arguta battuta,spesso basata su un gioco di parole.In tal modo l’epigramma si chiude in maniera giocosa,spesso con un motto di spirito,destinato a rimanere ben impresso nella mente del lettore.

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Se da un lato si assiste alla frammentazione dell’io e alla sua crisi esistenziale in relazione alla collettività, riscontrabile in varie epoche,al suo opposto vi è la necessità di affermarsi singolarmente e di slegarsi dalla massa,oltrepassando quei valori comuni e quei limiti imposti dalla società.

A tal proposito,ho voluto attualizzare questa seconda sfumatura che si cela nella ricerca della propria identità,citando alcune parole di una canzone di un artista contemporaneo a me molto caro. . . VASCO ROSSI

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Il desiderio di vivere oltre,sopra,una vita che è

“..un brivido che vola via,è tutto un equilibrio sopra la follia..”, è un enigma insoluto lasciato al suo mistero nella fervente attesa dell’avvento di se stessi.L ’insistente invito di Vasco a provare sensazioni sempre più forti,è infatti riconducibile al dionisiaco impulso alla vita che F.Nietzsche ha identificato,nell’interpretazione complessiva del mondo greco,con l’affermazione entusiastica della vita stessa,intesa come esplosione di istinti naturali: intensa e profonda,tesa a valicare ogni limite,senza inibizioni e senza riserve,come un’accettazione incondizionata del divenire in tutte le sue forme,compresi gli aspetti contraddittori e tragici della realtà;accettazione della gioia e del dolore resa possibile in virtù dell’energia creatrice che nasce proprio come esigenza di superamento delle contraddizioni stesse.

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La realtà, secondo Nietzsche, è generata dall’incontro-scontro di due principi opposti:rifacendosi alla mitologia greca li individua nelle divinità di Dioniso ed Apollo.

Lo spirito dionisiacoLo spirito dionisiaco è l’elemento dell’affermazione della vita,della spontaneità dell’istinto umano,della giocosità.E’ l ’impulso vitale proprio dell’ oltreuomo,è l’ ebbrezza che scaturisce dall’accettazione della vita e trova la sua manifestazione più compiuta nella musica e nella danza.

Lo spirito apollineoLo spirito apollineo invece è l’impulso umano che fugge di fronte al caos,che concepisce l’essenza del mondo come ordine e spinge l’uomo a produrre forme rassicuranti e armoniose.

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Apollo è il dio dell’equilibrio e della misura,del sogno e dell’illusione.Gli uomini,perciò, si cullano nel mondo dell’apollineo per escludere il dolore della vita e per poter continuare a vivere senza guardare la faccia triste e dolorosa dell’esistenza.

Nietzsche,dunque,parla di OLTREUOMO,evidenziando i caratteri di colui che vuole valicare qualsiasi limite,ma senza schiacciare gli altri.Il nuovo uomo ha valori differenti dalla massa,accetta la vita in tutte le sue manifestazioni,è in grado di sostenere la morte di Dio,di collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno,di porsi come volontà di potenza.

La metafora del fanciullo incarna la figura dell’oltreuomo che si è liberato dai pesi della tradizione e dai fardelli metafisici ed etici ed ha ricongiunto l’apollineo e il dionisiaco.

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Se “la maschera” di Pirandello trovava la sua massima espressione artistica in Ensor,lo spirito dionisiaco dell’oltreuomo nietzschiano e l’atteggiamento evasivo di Vasco,sono strettamente collegati artisticamente alla pittura dei FAUVES.

La loro posizione è la conseguenza estrema ed esplosiva della polemica antimpressionista,in atto già da qualche decennio in nome della libertà espressiva,contrapponendo cioè alla teoria della pittura come riproduzione delle impressioni suscitate dalla realtà nell’artista,quella della pittura come espressione esclusiva dell’^io^.

L ’artista vede la realtà in modo diverso da come appare agli altri,perché la sente così e così la rende,soggettivamente,proiettando in essa il proprio sentimento,senza obbedire a regole esteriori uguali per tutti.

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Henri Matisse,più degli altri fauves,riesce a liberarsi del tutto dall’impressionismo.

La sua pittura non è mai strumento di rappresentazione del mondo esterno,bensì di espressione del mondo interno.

“La Damza” è un’opera significativa che esprime il prorompere inarrestabile della vita,il suo continuo rinnovarsi,il suo eterno movimento,una sorta di ondata che cresce e si organizza nell’evoluzione creatrice.

Egli afferma di cercare nell’oggetto la “verità intima” della sua forma,che non è quella che ci appare:per questo è necessario,secondo Matisse,semplificarla.

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Samuel Becket nella famosa opera teatrale

“ Waiting for Godot”riflette sulla personalità dell’uomo,dunque anche qui vi è una ricerca insistente dell’io.

Egli inaugura in teatro dell’assurdo,dominato dalla credenza che la vita dell’uomo sia senza senso e senza scopo,e dall’incomunicabilità fra gli esseri umani.

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The main features of the theatre of the absurd are:

-absence of a real story or plot

-vagueness about time,place and the characters

-extensive use of pauses,silences,miming

-incoherent babbling made up the dialogue

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“Waiting for

Godot “

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“A voi che dall’albero della vita

cogliete le foglie e trascurate i frutti”

Questa citazione di Silvano Agosti,all’inizio del libro di Fabio Volo,”E ’ una vita che ti aspetto”,fa molto riflettere.Ho voluto accennare a questo libro per evidenziare il contrasto che vi è tra lo stile di vita di molti giovani di oggi rispetto a quello di generazioni passate.

Nel libro si parla di un normale trentenne di oggi, dai comportamenti studiati in base alle persone e alle circostanze con cui si trova a che fare,incapace di compiere delle scelte personali.Proprio l’opposto di una donna che invece ha saputo scegliere rischiando anche la propria vita: Tina Anselmi.

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Tina Anselmi è nata a Castelfranco Veneto in provincia di Treviso nel 1927.La sua notorietà deriva dal contributo da lei dato personalmente alla Resistenza italiana e dall’attività politica svolta nel dopoguerra. E’ la guerra partigiana che ha determinato le sue scelte.Tina Anselmi,infatti,decise da che parte schierarsi quando, giovanissima,vide un gruppo di partigiani portati al martirio dai fascisti.Prese parte all’età di sedici anni alla staffetta della brigata autonoma Cesare Battisti,con il compito di mantenere contatti tra le diverse formazioni ed informare le bande sugli spostamenti dei tedeschi.Nel 1944 si iscrisse alla DC,partecipando attivamente alla vita del suo partito,non dimenticando mai le ragioni più profonde della sua scelta antifascista.Nel dopoguerra l’ Anselmi ha ricoperto diverse cariche.E’ stata dirigente sindacale,vice presidente dell’unione Europea Femminile,parlamentare dalla quinta alla decima legislatura eletta nella circoscrizione Venezia-Treviso.Ha fatto parte delle commissioni del lavoro e previdenza sociale,igiene e sanità,affari sociali,occupandosi molto della famiglia e delle donne.E’ stata la prima donna ministro ed è stata presa più volte in considerazione da politici e società civile,per la carica di presidente della Repubblica.

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A partire dal 1942 il dominio nazifascista in Europa trovò un valido avversario non solo negli eserciti alleati,ma anche nell’opposizione e nella resistenza armata delle popolazioni civili,impegnate al fianco degli alleati in operazioni di guerriglia e sabotaggio dietro le linee nemiche,

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L ’estate del 1943 fu decisiva per la guerra in Italia:

Il 25 luglio il Gran consiglio del fascismo votò infatti la sfiducia nei confronti di Mussolini,che fu costretto a dimettersi e che venne successivamente arrestato su ordine del re. L’8 settembre fu annunciato l ’armistizio di Cassibile e l’Italia cessò le ostilità contro le forze inglesi e statunitensi.

Senza lasciare alcun ordine,il Re e il maresciallo Badoglio cercarono di mettersi in salvo lasciando Roma per dirigersi a Pescara e poi a Brindisi.

La fuga del re e del governo,lo sbandamento dell’esercito dopo la notizia della firma dell’armistizio,le violente ritorsioni tedesche e il senso della disfatta morale,furono il contesto in cui nacque la Resistenza italiana.

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La varietà d ’ispirazione ideologica della Resistenza si rifletteva nella composizione del Comitato di liberazione nazionale(CLN),organo rappresentativo dei partiti antifascisti.

Dopo l’8 settembre 1943,l’Italia si trovò divisa in due parti:

Nel centro-nord,di fatto sotto occupazione tedesca,fu creato,dopo la liberazione di Mussolini a opera dei tedeschi,un nuovo stato fascista,la Repubblica sociale italiana;

nel Mezzogiorno,occupato dagli eserciti alleati dopo lo sbarco in Sicilia(luglio 1943) e il successivo sbarco ad Anzio(estate 1944),si era invece formato il Regno del sud,sotto il sovrano Vittorio Emanuele III.

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A partire dall’estate 1944 la Resistenza assunse una rilevante dimensione militare nell’Italia centro-settentrionale,con l’appoggio fornito dalle formazioni partigiane alle armate alleate attraverso operazioni di guerriglia e sabotaggio.

Il 25 aprile 1945 i partigiani liberano Milano dall’occupazione dei nazisti e dai fascisti. Anche la popolazione civile insorge e vaste zone dell’Italia settentrionale - e molte città - vengono liberate prima dell’arrivo delle truppe anglo-americane che, dopo aver superato l’ultimo ostacolo della Linea Gotica in Toscana, incalzano le truppe tedesche in ritirata nella pianura Padana.

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La guerra è costata milioni di morti,la distruzione di un patrimonio artistico e culturale,ma ha concorso anche ad una distruzione di quel valore che sinteticamente si riferisce alla tutela dei diritti umani.

La Resistenza è stata dunque la partecipazione ad una guerra che voleva recuperare la persona come riferimento essenziale in ogni impegno sociale,politico,culturale.

“Per cambiare il mondo bisognava esserci”come scrisse Tina Anselmi in un libro.

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..Ancora oggi..dopo tante ricerche..se accendessimo una lanterna in pieno giorno per cercare l’uomo..

..non lo troveremmo..

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“La ricerca del proprio io”

TESINA D’ESAME – 7 LUGLIO 2007

A cura di:

SARA CIABATTONI

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