13 - FERRAGOSTO pag. 113 a . 120 · succulento e le grida di chi s' arrampica sull'albero della...
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FERRAGOSTO
Non s'è ancora spenta l'eco dei « botti dà fest'à Madònna
d'acèddi »l che già cominciano quelli « dà Misericòrdia » 2 .
Le luci « ntò vaddùni » e nella « ciùmàra » (3) forse perché
servono a far da lucerna e non solo festa , forse perché meno
pretenziose , non ti fanno la pena delle lampadine sparse nella
« còsta »4 come un campo di fiori senza vita . / < Misericordia >. (M.C.)
che fa da bavaglino al “Mankarrù” .
Se il colore dei festoni soddisfa la
tipologia « dà festa ‘rànni » , guardare il
colle da lontano mette una certa tristezza
con tutte quelle lucette da garofano
appassito . - Non sarebbe meglio far
risaltare la maschia asprezza del
Mànkarrùna , del castello , dei profili del
paese e richiamare il viandante a
consumare un sogno in questa valle , che
merita più attenzione ?. .
Francamente , a pensarci , amo più
le lampadine a pera della festa di
campagna che la prosopopea della festa
grande . - La campanella chiama la
gente alla chiesina ed indovino già il
profumo del basilico nella cesta all'ingresso , il piacere discreto di
quella messa , l'incontro pacato di gente col vestito della festa che
sorride e calza comode scarpe vecchie.
Ricordo in proposito enormi fette di cocomero , rosso , maturo ,
succulento e le grida di chi s' arrampica sull'albero della cuccagna (à
ntìnna) e più tardi “cresciuto” , quando la passione venatoria dominava
la mia estate , le partenze « pà Jìnèstra »(5) dopo lo sparo dei « bòtti »
al suono dei ballabili eseguiti sul greto del Mela dai musicanti alla
fine del concerto bandistico .
Note : 1 = Fuochi d’artificio del 5 agosto ; 2 = 15 agosto ; 3 = Fiumara, greto del Mela ;
4 = Costa qui significa quella parte scoscesa del Mànkarrùna sotto il castello ; 5 = verso
Ginestra località nella Valle del Mela .
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Mi dispongo a riscoprire un paradiso perduto ed esco a
respirare l'aria frizzante del mattino .
E m’accoglie lo scoppiettio di stoppie che bruciano ed un fumo
acre m'avvolge di malumore .
Cos'è che non và ? - Cos'è che sento mancare ?
La « ristùccia » 6 del mio campo brucia a ferragosto , tu
« massàru » attizzi qua e là e la mia terra resta mutilata dal color
dell'oro ed offesa da informi macchie nere .
T'ho visto zappare e potare , innaffiare ed accudire , e mi parevi
un angelo , il protettore , un fratello , l'amante corrisposto , la vita . -
T'ho visto cogliere i frutti , vendemmiare , trebbiare ed ho colto nei
tuoi occhi la gioia e 1' orgoglio , la vita .
Ora sei là , a dar fuoco , demone avvolto dal fumo acre delle
stoppie che la brezza capricciosa spinge verso di me comunque mi
giri . --: Perché vuoi essere la morte ?
Falciare il grano , mietere il fieno , spogliare le piante dei suoi
frutti è ancora un rapporto d'amore , è ancora vita , ma spogliare la
terra del colore giallo della « ristùccia » frammisto al verde della
« spinèdda » (salsola spinosa/soda salicornia) è violenza , è morte . -
Perché denudare , umiliare così la tua amante ?
Perché bruciarle il vestito ? e la pelle ?
Abbi pietà , spegni quel fuoco , fermane lo stupro ...
Ignaro dei miei pensieri continui ad attizzare ed io mi avvicino
a chiederti con un filo di voce ed un groppo alla gola -:
Perché ? … Perché il fuoco ?
« S'ànnu bruciàtu sèmpri i fràschi . … Nò ! ? ! » (7)
Si è vero , ma i nostri avi li raccoglievano ed al rintocco della
campana , “ solo allora” , gli davano fuoco .
E' vero « ì fràschi s'ànn'à brùciàtu sèmpri » , ma per far corona
e coro alla festa della signora del Mànkarrùna e la terra era lieta di
darti la sua veste colorata per glorificare la Madonna .
C'era ancora rapporto d'amore fra il contadino e la sua terra ; la
denudavi un po’ alla volta cogliendo il giallo delle stoppie , che
ammucchiavi distante dagli alberi perché non soffrissero del fuoco .
Note : 6 = Stoppie, gambo del grano che resta attaccato a terra dopo la mietitura ; 7
= Le Frasche si sono bruciate sempre .
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C'era sacralità e amore mentre appiccando semplicemente il
fuoco è distruzione , è violenza , è brutalità .
—: Non vedi che il fumo ti avvolge , non vedi che devi
continuamente incendiare ed attizzare , non vedi che la
gramigna si oppone al tuo fuoco ?
Penso d'aver gridato , ma forse no , e tu continui a sfregar
fiammiferi fra le frasche e non ricordi , o scacci dalla tua mente ,
i sentimenti che ragazzo suscitava in te quella campana .
Non ricordi la preghiera che sgorgava dal petto di tua madre
con un grido : — « Oh ! Sànta campàna pènsaci tù 'pì mia ! » 8)
Nel sommesso mormorio del prosieguo della preghiera , ti
prendeva la voglia di correre verso la festa , verso la vita e le
sue promesse , mentre tuo padre con apparente calma dava fuoco
al mucchio di « ristùccia » , colta per tale funzione vespertina e
raccolta con la sacrale dignità d'un sacerdote .
« A' fèsta 'rànni » si preparava da un mese ed i sabati la
campana radunava i fedeli in preghiera in cima al colle .
La novena poi era un coro di canti e di preghiere .
Senza bisogno dell'amplificatore sgorgava dalla voce dei
presenti in santuario e dal cuore di chi stava ancora nei campi
intorno a sudare .
La massaia , sciogliendo il fazzoletto « à 'rùnneddu » 8 , si
segnava e pregava informale e con riservatezza , continuando « ù
sò chiffàri » 9 , e lui , il « massàro » , spingeva sugli scarti delle
stoppie un ciuffo di « ristùccia » buona per foraggio dandovi fuoco
Noi ragazzi , dalla balconata o dal terrazzo del santuario ,
contavamo i falò e riscontravamo quanti se ne accendevano prima
e quanti dopo lo sparo « dì sùffalòra » (10) . - : « Vàrda ddà ,
e ddà ... e ddà — Quàntu bàmpanàrì stasìra ! »
L'occhio nero rimasto non offendeva la mia terra come ora
offende quel dar fuoco qua e là , fine a sé stesso , che fa appassir
le foglie al fico .
E poi al suono della campana far , della « ristùccia »
affastellata dei falò («bàmpanàrie») era un rito , era magia , era
N0te : 8 = Oh! Santa campana pensaci tu per me . (rùnnèddu) Legato stretto intorno alla testa ;
9 = Il suo daffare (lavoro) ; 10 = Di razzi – Guarda li e là .. quanti falò stasera ! .
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festa e fede e quei falò tutt'intorno nella valle erano il simbolo
tangibile della corale preghiera degli umili .
Al suono della campana lo zappatore « ch'hàvia ì tèrri à stàgghiu »11
cessava di rivoltare « ì màrzi » (12) e col ferro in spalla moveva
verso casa da cui s'era partito , con pane e cipolla , prima dell'alba .
/ < Foto : Nicola Amico “Grotta dú sàutu ì làpa”> .
Mi dirai che la cenere è concime ed io inghiottirò a vuoto senza
parlare , vago e frastornato come sono . Poi , a suo tempo , pensoso
e grave seminerai e vedrò
che madre terra , lavata dalle
lacrime del cielo , eccitata
dalle estenuanti carezze
dell'aratro meccanico ,
scorderà la violenza e
raccoglierà nel suo grembo
generoso il seme , e sarà
ancora vita . - Io sono felice
/ <grotta sàutu ì lapa (M.C.) > // per te, se oggi la fatica è più mite anche
se il pane è sempre duro e ti chiedo perdono sé invocando le
sacre tradizioni vado a rimestare i tempi andati , forse i più difficili .
Nella mia coerenza , ricavata da un insieme di contraddizioni ,
invoco il sacro e ci credo anche se non ho più fede ed , intanto che
m'arrovello in questo dramma , incombe su di noi l'orrida nube che
Note :: 11 = Che aveva le terre a cottimo . 12 = Grosse zolle ;
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il così detto progresso mette nella nostra aria inquinandola a morte .
- Ricordo un passar di coturnici fra le frasche , dov'ero appostato . -
Incantato non sparai , ché m'era parsa vigliaccheria non aspettare il
frullo delle ali e restai disteso sotto un noce accanto al « ciàccolìo »
dell'acqua d'un ruscello . - Ripenso alla dolcezza « dù pàni schìttu »13
dopo ore di marcia ; alla / Foto : Nicola Amico <Felci val. Mandrazza>.
frescura delle felci , che
san di ciliegie ; al gusto
sovrano dell'acqua ,
trovata in un « pàg-
ghiàru » ; al sapore del
vino di « fràgula »
offertomi , di tutto cuore ,
assieme ad un mazzo di
fascine da bruciare per
asciugare i vestiti dalla
pioggia ed un pugno di fave da arrostire a quel fuoco . - Sogno
« ì stìghiòli àrrustùti » 14 ed il castrato , ed il riposo nel fienile dopo
aver mangiato col più vecchio «ntà nà cùppa di lìgnu»15 , e la gioia
di una preda , e la scoperta di un fungo , ma soprattutto il sorriso
ospitale e lo sguardo limpido della mia gente . - Mi chiedo perché
chi tanto si dà da fare per governarti non ha pensato alle tue case ,
alle strade , alla diga , al tuo lavoro nella nostra valle ; non s'è
adoperato affinché tu - (M.C *) 16
Note ::; 13 = Schietto cioè (così com’è) senza null’altro
quando si tratta di Pane. Da non confondere con
schèttu che significa scapolo parlando di un giovane
(picciottu) e “picciòtta schètta” parlando di ragazza
nubile ; 14 = E’ una specialità fatta con le budella dei
capretti arrostite sul fuoco ; 15 = Dentro una coppa
(piatto fondo) ; 16 = (M.C.*) -L’immagine
riproduce ciò che resta di uno dei pozzi di
captazione delle acque, fatti qualche secolo fa nel
greto del Mela . Notare come l’opera muraria
abbia resistito alla erosione delle piene
lasciandone la struttura e la forma a testimoniare
altra e più valida ingegneria idraulica antica .<Altro
che il Consorzio del Mela>
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avessi un habitat migliore , costringendo i tuoi figli ad
emigrare fra le brume del nord . - Non capirò mai perché ti
eleggi amministratori che siedono dormendo in Municipio ; che
aiutano a morire «à màstrànza» (artigianato) , non ricercando soluzioni
adeguate allo sviluppo economico della nostra comunità (manifesto
Appendice) ; non aiutano la trasformazione agricola, la cooperativiz-
zazione , la valorizzazione turistica ed inerti tengono questa sacca
/ < Il minatore – Esposiz. Brera Ott. 1888 > / di sottosviluppo da cui lo stato
ricavò « stuppàgghi 'ì cànnuni » (Soldati,
turaccioli di cannone) da mandare in
guerra e ricava oggi “carne da
vendere sul mercato del lavoro nel
giro dei potenti” … in cambio di
materie prime ( penso ai minatori presi
dalle miniere chiuse di Sicilia e
mandati , in cambio di carbone , nella
“Marcinelle” di Belgio).
“ Il problema del Mezzogiorno è
il più grande problema attuale ; la
libertà e l'avvenire d'Italia sono nella
soluzione di questo problema “ -
diceva Nitti : (Nord e Sud 1900) - ed
oggi , nel 1980 , ti senti ancora dire che bisogna risolvere il
problema del Mezzogiorno. - Per te Mezzogiorno vuol dire cosa
mettere in tavola e non riesci a spiegarti come gli insediamenti
industriali finanziati dall'omonima cassa e dalla tua Regione non
diano lavoro a tuo figlio , eterno spalatore del sottoproletariato .
Chi , unificata l'Italia sotto i Piemontesi , col ricavato / sottratto
dell'economia delle “due Sicilie” ha favorito lo sviluppo industriale
al Nord , considera ”ancora” la nostra una “terra di conquista” da
riempire coi prodotti di quelle industrie .
Nulla è cambiato , la storia è coerente , da granaio di Roma a
terra di espansione e respiro per l'economia di chi produce ciò , che
serve ad impiantare qui le industrie più inquinanti ed inopportune ,
destinate , se non a restare improduttive , a lasciare insoluti i nostri
problemi occupazionali .
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Ti fanno raffinerie ed acciaierie dove era opportuno impiantare
serre e conserviere , ove era logico sviluppare il turismo e
l'agricoltura . - Intanto tuo figlio , se vuole lavorare , va dove
lo chiamano « Cìnk » (Tschìnq in Zùri deutsch ) con disprezzo nella
voce ed un gesto della mano come volessero scrollar via qualcosa
d’indecente .
Oh « massàro » , che hai scordato la sacralità dei nostri
costumi , io ti perdono perché ti amo e prego Dio ché tuo figlio ,
quando viene a trovarti « pà fést'à Madònna » , non dica : — « Io
tengo » ... ma « Jò hàiu » ... e non strapazzi , senza averne colpa
peraltro , la lingua nazionale , ma usi senza arrossire « chìdda chi
cì 'nzìgnàu sò màdri »18 perché quella è la sola ricchezza che
nessuno ci può levare , quello che dobbiamo difendere perché ci
identifica con la nostra terra .
Note : 18 = Quella che gli ha insegnato sua madre .
< ù pàgghiàru d’ìntra e fòra > - Foto : Nicola Amico .
120< La piramide dei gatti (che non c’è più) > -(Ruggero Vasari il futurista).
.
< La Valle del Mela . ( M.C. ) >
< Da Pizzo Làndo, Inàrdu, Parrinu a Rocca Timogna. (M.C.) >