125831659 Samuel Beckett Poesie

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Samuel Beckett Poesie cascando (1936) I. perché no semplicemente la deprecata occasione della effusione verbale? non è meglio abortire che essere sterili? le ore dopo la tua partenza sono così plumbee cominciano sempre troppo presto a trascinare i rampini a artigliare ciecamente il letto della mancanza svellendo le ossa i vecchi amori orbite già riempite di occhi come i tuoi tutto sempre è meglio troppo presto che mai il nero bisogno spruzzato sulle loro facce di nuovo dicendo nove giorni mai fecero galleggiare l'amato né nove mesi né nove vite 2. di nuovo dicendo se non mi insegni non imparerò di nuovo dicendo anche per le ultime volte c'è un'ultima volta ultime volte di mendicare ultime volte di amare di sapere di non sapere di fingere un'ultima anche per le ultime volte di dire se non mi ami non sarò amato se non ti amo non amerò il battiburro di parole stantie di nuovo nel cuore amore amore amore tonfo del vecchio pistone che pesta l'inalterabile siero di parole di nuovo atterrito di non amare di amare e non te di essere amato e non da te di sapere di non sapere di fingere fingere io e tutti gli altri che ti ameranno se ti amano 3. a meno che ti amino

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romanzo russo

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Samuel Beckett Poesie

cascando (1936)

I.

perché no semplicemente la deprecata

occasione della

effusione verbale?

non è meglio abortire che essere sterili?

le ore dopo la tua partenza sono così plumbee

cominciano sempre troppo presto a trascinare

i rampini a artigliare ciecamente il letto della mancanza

svellendo le ossa i vecchi amori

orbite già riempite di occhi come i tuoi

tutto sempre è meglio troppo presto che mai

il nero bisogno spruzzato sulle loro facce

di nuovo dicendo nove giorni mai fecero galleggiare l'amato

né nove mesi

né nove vite

2.

di nuovo dicendo

se non mi insegni non imparerò

di nuovo dicendo anche per le ultime

volte c'è un'ultima volta

ultime volte di mendicare

ultime volte di amare

di sapere di non sapere di fingere

un'ultima anche per le ultime volte di dire

se non mi ami non sarò amato

se non ti amo non amerò

il battiburro di parole stantie di nuovo nel cuore

amore amore amore tonfo del vecchio pistone

che pesta l'inalterabile

siero di parole

di nuovo atterrito

di non amare

di amare e non te

di essere amato e non da te

di sapere di non sapere di fingere

fingere

io e tutti gli altri che ti ameranno

se ti amano

3.

a meno che ti amino

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Puttanoroscopo

Cos'è questo?

Un uovo?

Per i fratelli Boot! puzza di fresco.

Daglielo a Gillot.

Galileo come va

e le sue terze parallele!

Quel vecchio infame archipenzolatore figlio di un cantiniere!

Ci muoviamo disse eccoci lanciati - Porca Madonna!

come un nostromo, o un Pretendente sacco-di-patate alla carica.

Quello non è muoversi, è muoversi.

Cos'è questo?

Una frittatina verde o una fungosa?

Due ovari frustati al prostisciutto?

Quanto l'inuterò, la pennuta?

Tre giorni e quattro notti?

Daglielo a Gillot.

Faulhaber, Beeckman e Pietro il Rosso,

venite adesso nella nebulosa valanga o nuvola cristallina rosso-sole di Gassendi

e vi cristallerò tutte le vostre da gallina-e-mezzo

o una lente sotto il piumino a mezzo-giorno.

Pensare che era mio fratello, Pietro Pugni-di-ferro,

e non ci avreste tirato fuori un sillogismo

come se il Babbo ci fosse ancora dentro.

Ehi! dammi quelle monete

dolce sudore zigrinato del mio fegato ardente!

Ai giorni che sedevo nella stufa scagliando gesuiti dal lucernario.

Chi è quello? Hals?

Che aspetti.

La mia bircietta stinta!

Mi nascondevo e cercavi.

E Francine frutto mio prezioso di un feto da casa-e-salotto!

Che esfogliazione!

La sua piccola epidermide grigia scorticata e le tonsille scarlatte!

Figlia mia unica

fiagellata dalla febbre fino al sangue, scuro, stagnante... sangue!

O Harvey amato

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come faranno il rosso e il bianco, i molti nei pochi,

(caro Harvey batti-sangue)

a turbinare attraverso quel frullatore fesso?

E il quarto Enrico venne alla cripta della freccia.

Cos'è questo?

Quanto tempo?

Covalo.

Un vento maligno scagliava il mio sconforto senza speranza

contro le aguzze torri dell'unica signora:

non una né due volte bensí...

(Bordello di Cristo covalo!)

in un solo annegamento di sole

(Gesuitastri prego copiare).

Dunque avanti con la calza di seta sulla maglia, e il morbido cuoio

- ma che dico! il gentile canovaccio -

e via a Ancona sul brillante Adriatico

e addio per un po' alla chiave giall dei Rosacrociani.

Non sanno ciò che il maestro di color che fanno fece,

che il naso è toccato dal bacio di ogni aria immonda e pura,

e i timpani, e il trono della cala fecale,

e gli occhi dai suoi zigzag.

Cosí Lo beviamo e Lo mangiamo

e l'annacquato Beaune e i cubi raffermi di Hovis

perché Egli può tarantellare

tanto vicino tanto lontano dalla Sua Tarantellante Essenza

e tanto mesto tanto vivace quanto il calice o il vassoio richiedano.

Che ne dici, Antonio?

In nome di Verulamio vuoi pollarmi quell'uovo!

Dovrò ingoiare fantasmi di grotta?

Anna Mari!

Legge Mosè e dice che il suo amore è crocifisso.

Leider! Leider! Fiorí e s'appassi,

pallido pappagallo abusivo su una finestra del corso.

No, ci credo dalla prima all'ultima parola ti giuro.

Fallor, ergo sum!

Vecchio pudico sfioratore!

Un gran « tolle » e « lege »

poi si abbottonava il panciotto da redentorista

Non fa niente, lascia perdere.

Sono uno sfacciato lo so

dunque non sono figlio mio

(anche se fossi portinaio)

né di Joachim mio padre

ma scheggia di un ceppo perfetto che non è vecchio né nuovo,

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petalo isolato di un'alta grossa rosa splendente.

Sei finalmente maturo,

esile pallido tordo mio dal doppio-petto?

Come odora bene

questo aborto di pulcino!

Lo mangerò col coltello da pesce.

Bianco e tuorlo e piume.

Poi mi alzerò e mi avvierò

verso Raab delle nevi,

l'amazzone assassina mattiniera confessata dal Papa,

Cristina la sventrattice ".

O Weulles risparmia il sangue di un franco

che ha salito le amare scale

(René du Perron ... ! )

e concedimi la mia seconda

ora inscrutabile senza stelle.

1930.

Enueg I

Exco in uno spasmo

stanco del rosso sputo della mia cara

dalla Clinica Privata Portobello

i suoi segreti

e mi trascino verso la cresta dell'onda del ponte erto pericoloso

e scivolo svogliato sotto l'urlo della staccionata

intorno alla dura vistosa vistosa della staccionata

in un ovest nero

soffocato di nuvole.

Sulle dimore gli alberi di algummim

le montagne

il mio cranio uggiosamente coagolo di collera

schidionato in alto strozzato nella gogna del vento

morde come un cane ribelle al castigo.

Adesso rotolo via rapidamente sui miei piedi rovinati

al livello del canale livido;

a Ponte Parnell una chiatta morente

col suo carico di chiodi e di legno

dondola dolcemente nel chiostro spumoso dello sbarramento;

sull'altra sponda una squadra di poveracci sembra che stia aggiustando una trave.

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Poi per miglia e miglia soltanto vento

e le scie che strisciano appresso sull'acqua

e il mondo che si apre verso il sud

attraverso una finta campagna verso le montagne

e la sera nata morta che volge al verdesporco

concimando il fungo della notte

e la mente annullata

nàufraga nel vento.

Guazzai accanto a un vecchietto dall'aria stanca,

Democrito,

che camminava in fretta tra una stampella e un bastone,

col moncone raccolto orribilmente, come un artiglio, sotto il calzone,

fumando.

Poi siccome un prato a sinistra scoppiò in una fiammata improvvisa

di grida e fischi urgenti e magliette scarlatte e azzurre

mi fermai e mi arrampicai sulla scarpata per vedere la partita.

Un bambino irrequieto accanto al cancello mi gridò:

« Possiamo entrare capo? » « Certo, - dissi, - puoi ».

Ma intimorito si allontanò per la strada.

« Allora, - gli gridai, - perché non entri? »

« Oh, - disse, consapevole, -

ci sono già stato e mi hanno messo alla porta ».

Così via,

derelitto,

come da un cespuglio incendiato sulla montagna di notte,

o, a Sumatra, l'imene della giungla,

la sempre odorosa rafflesia.

Poi:

una lamentevole famiglia di galline grige tignose,

morenti sul prato avvallato,

tremanti, mezzo addormentate, contro la porta chiusa di una baracca,

senza potersi appollaiare.

Il grosso fungo morbido,

verde-nero,

colando su dietro di me,

inzuppando il cielo cencioso come un inchiostro di peste,

nel mio cranio il vento che imputridiva,

l'acqua...

Poi-

sul colle che scende dalla Volpe e le Oche verso Chapelizod

un capretto malevolo, esiliato sulla strada,

che remotamente investiva il cancello del suo recinto;

i Magazzini Isotta una grande perturbazione di eroi sudati,

coi vestiti della domenica,

scesi in fretta per una pinta di nepente o di erba moli o metà-e-metà

dopo aver guardato i lanciatori su a Kilmainham.

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Chiazze di giallo dannato nel pozzo della Liffey;

le dita delle scalette agganciate al parapetto,

invitanti;

un flotto di gabbiani vigili nel vomito grigio della fogna.

Ah la bandiera

la bandiera della carne sanguinante

sulla seta dei mari e i fiori artici

che non esistono.

Enueg Il

mondo mondo mondo mondo

e il viso tomba

nuvola contro la sera

de morituris nibil nisi

e la faccia si disfa timidamente

troppo tardi per rabbuiare il cielo

arrossendo via nella sera

rabbrividendo via come una gaffe

veronica mundi

veronica munda

dacci una strofinata per amore di Cristo

sudando come un Giuda

stanco di morire

stanco dei poliziotti

i piedi in marmellata

traspirando profusamente

il cuore in marmellata

fumo più frutta

il vecchio cuore il vecchio cuore

erompendo extra congresso

eppure ti assicuro

sdraiato sul ponte O'Connell

guardando stupito i tulipani della sera

i tulipani verdi

brillanti all'angolo come un antrace

brillanti sulle chiatte della Guinness

il soprattono la faccia

troppo tardi per rischiarare il cielo

però però ti assicuro

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alba

prima dell'alba sarai qui

e Dante e il Logos e tutti gli strati e i misteri

e la luna segnata

oltre il piano bianco di musica

che stabilirai qui prima dell'alba

seta grave soffice cantante

chìnati sul nero firmamento di areche

pioggia sui bambù fiore di fumo viale di salici

chi anche se ti chini con dita di pietà

a avallare la polvere

non aggiungerà alla tua munificenza

la cui bellezza sarà un foglio davanti a me

una dichiarazione di se stessa stesa attraverso la tempesta di emblemi

sicché non c'è sole e non c'è rivelazione

e non c'è ostia

soltanto io e poi il foglio

e massa morta ....

Sanics 1

tutta una viva lunga strada quest'oggi di dolci acquazzoni da Portrane sulla costa

Donabate tristi cigni di Turvey Swords

pedalando a tre marce come una sonata

scroto in sella come un Cavaliere atra cura in fretta

Botticelli dall'inguine in giù pestando la trasmissione

gomme sanguinanti svuotantisi zììp la strada maestra

tutto il cielo nello sfintere

lo sfintere

staaaaaaanco adesso

strafaticando adesso tra i passeggiatoti

questa fida tutt'acciaio questa super-reale

di ritorno a casa da buon ragazzo

dove son nato di botto col verde dei larici

ah tornare nell'amnio senza fiducie

senza dita senza amore guasto

catenando nel frattempo aggrappato alla bicicletta

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le ondate dei nubile i relitti di sudario

bravo-in-pentola anamniotico cinto di cenci scappellato

per mamma babbo pollo e pancetta

calda tomba pure di' la parola

giorni felici spezza lo stelo versa una lacrima

quest'oggi Nozzedì della Spia sette lustri fa

oh i larici il dolore strappato come un tappo

il glande che egli portò una giornata a spasso su e giù per colli e vallate

con un ponderoso sorriso dalla Londra e Globo di Liverpool

dietro le ombre si allungano i sicomori singhiozzano

per il budino oh per me bimbo da sculacciare

secchi di spumante letto da bambino è lavoro da sete

per la levatrice è insanguinato

per l'orgoglioso genitore ingoia un groppo di allegria

per il piedigonfio Acate ansima pure la sua gioia

scintillando pungiglioni per me

stanco adesso capelli in riflusso gengive in riflusso in riflusso a casa

come d'oro adesso nel fiore degli anni dopo una breve prodigalità

sì e soave

soave urbano al di là del bene e del male

aspettando il mio turno senza rancore puoi giurartelo

stravolto mezzo storto corteggiando i clisprezzi di questi fauni queste ninfe brillanti

pinzettato come pederasta al pantalone

succhiando la mia lanterna affumicata dietro a una Wild Woodbine

cinghiato a morte in uno sporco impermeabile

scagliando innanzi l'orgoglioso Swift di petto alla marea degli Störmer

vedo infine il mio verbo principale

lei l'unica che nell'accusativo

ho smontato per amare

scivolandomi incontro impavida danzatrice indiana sulle acque

impavida figlia dei desideri col suo vecchio nero e fenicottero

vattene adesso prendi il sei il sette l'otto o il vaporetto

prendi l'autobus che me ne frega cammina ricatta un passaggio

torna al ragno della tua tela a Holles Street

e lascia che sorrida ancora la tigre

nei nostri cuori che finanzia strade di ritorno

Sanies Il

c'era un paese felice

l'American Bar

di Rue Mouffetard

c'erano delle uova rosse lì

ho una schifosa dico gallinorroide

tornando dal gabinetto

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il vapore la delizia il sorbetto

lo chagrin dei vecchi pelle e ossa

sgangherato corpo felice

perso nel mio vecchio vestito lurido

navigando barcollando su fino a Puvis il guantone di tulipani

frusta frustami con tulipani gialli mi tirerò giù

questi luridi vecchi pantaloni

il mio amore mi ha cucito vive le tasche vive-oh davvero disse meglio così

immacolato poi entro gli stracci marroni scivolando

verso l'affresco risalendo libero il fiordo di uova tinte e strisce di cuoio con

campanelli

sparisco pensate nel locale

i ruffiani giocano a bigliardo eccoli che gridano i punti

la Barfrau fa molta impressione col suo potente didietro

ci sono Dante e la beata Beatrice

prima della Vita Nuova

le palle cozzano scalogna amico

Gracieuse è là Belle-Belle giù nello scarico

Percinet stivalato colla mascella al cobalto

fanno giochi ingobbia-ingobbia

succhia succhiare non cambia nulla

l'Alighieri se n'è andato au revoir a tutto questo

crollo del tutto in una risatina di dispetto

sentite

sulla sala un terribile silenzio

un brivido sconvolge Madame de la Motte

si spande scampana giù lungo le sue fettine

il gran didietro schiumeggia e si calma

presto presto il cavalletto i mollatori per il rito

vivas puellas mottui incurrrrrsant boves

oh subito subito prima che rinvenga la gogna bambù per la bastonatura

una luna amara sculacciata alla moda

oh Becky smetti non ti ho fatto niente smettila maledetta

smettila mia buona Becky

metti via le tue vipere Becky ti pagherò lo stesso

Signore abbi pietà di

Cristo abbi pietà di noi

Signore abbi pietà di noi

Serena I

uscendo dal vecchio grandioso Museo Britannico

Talete e l'Aretino

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in grembo al Regent's Park il flogo

crepita sotto il tuono

bellezza scarlatta in questo mondo pesce morto alla deriva

tutte le cose piene di dèi

spremuti e sanguinanti

un uccello tessitore è mandarino l'arpia è ormai spacciata

anche il condor col suo boa spellacciato

guardano fisso attraverso il colle delle scimmie gli elefanti

l'Irlanda

la luce cala lungo il loro vecchio canyon familiare

mi succhia via verso quella vecchia certezza

il c.lo ardente di Giorgio il trapano

ah di là una vipera

addenta il suo topo

bianco come neve

nel suo abbagliante forno flusso di peristalsi

limac labor

ah padre padre che sei in cielo

mi trovo a confondere il Crystal Palace

con le Isole Beate da Primrose Hill

ahimè debbo essere quel genere di persona

andiamo a Ken Wood chi mi troverà

l'alito trattenuto in mezzo ai cespugli

nessuno fuorché i piú rintanati amanti

mi sorprendo commosso dai molti fumaioli piegati

in omaggio al ponte della Torre

riverenza del serpente che esce dalla City o rientra

finché nell'imbrunire una chiatta

cieca di orgoglio

scosta via la sciarpa delle basculle

poi nella grigia stiva dell'ambulanza

pulsando sull'orlo marca di sospiri

poi giù mi immergo tra la canaglia

fìnché un tizio dannati i suoi occhi cerchiati

mi chiede se ho finito col giornale

zoppico via infuriatissimo sotto le Stanze degli Sposati

Torre boia

e via via lontano in gran fretta verso il gigante spaccone di Wren

e maledico la giornata ingabbiato ansimante sulla banchina

sotto la caldaia lucida

non sono nato Defoe

a Ken Wood però

chi mi troverà

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mio fratello la mosca

la mosca domestica

trascinandosi dal buio alla luce

si aggrappa al suo posto sotto il sole

si arrota le sei zampe

si compiace dei suoi piani dei suoi bilichi

è l'autunno della sua vita

non poteva servire al tifo e a Mammona

Serena II

questa terra clonica

su e giú offuscata dal sonno

è grassa mezzo morta il resto gira a vuoto

squarcia la peluria nera il cuoio

è guado cenerognolo

grugnisci urla nel bosco sveglia tutti gli uccelli

bracca le puttane dai felci

questo imbecille crepuscolo che batte il sottobosco

belando perché lo dissanguino

questo silenzio crapulento

strappagli il cuore

nei suoi sogni trema ancora

ricorda i vecchi giorni bui ansimante

nelle grinfie dei Pins nell'ansietà della sua ora

la vecchia befana si contorce crede di morire

la luce manca è tempo di sdraiarsi

baia di Clew vasca eli fiori xantici

Croagh Patrick si ridusse indù per far dispetto a un pellegrino

è pronta si è sdraiata su tutte le isole di gloria

e ora sforza questa sera sabbatica di ghirlande

con un oh-issa-oh di cigni fisicamente validi

dalla terra dannata le loro scogliere di trecce

in un pantano lascia cadere i suoi piccoli

le balene della baia della Torba Nera ballano

gli asfodeli arrivano di corsa gli iridi dietro

crede di star morendo si vergogna

mi portò su fino a uno spartiacque

da dove come le rubriche di un'infanzia

guarda Meath che brilla attraverso una fessura dei monti

brigate di larici non si può piú tornare

uno sbandamento di sentieri e torrenti che scappano verso il mare

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Kindergarten di guglie e poi il porto

come una donna che tenta di coprirsi il seno

e mi lasciò

qualunque sia il credito di panico con cui uscimmo

con lo stesso credito ritorneremo

non ci sarà spreco di panico tra l'uomo e il suo cane

per cagna che egli sia

pacchetto bagnato di Churchman

museruola del tumulo

è peggio del sogno

la cagna chiassosa della luce non è facile

questa terra clonica

tutti questi fantasmi rabbrividendo sfuocati

è inutile chiudere gli occhi

tutte le corde della terra rotte come accordi di pianista

i rospi di nuovo in giro nei soliti posti

strisciando verso i loro agguati

le favole di Meath finite

dunque dite le vostre preghiere e a letto

le preghiere prima che le lampade comincino a cantare dietro i larici

qui presso questi ginocchi di pietra

quindi ciao-ciao sugli ossi

Serena III

fissa questa manciata di bellezza su questa tavolozza

non si sa mai potrebbe essere finale

oppure lasciala è il paradiso e poi

velluta imeni suoi globi dei tuoi occhi

o sul ponte di Butt arrossisci di vergogna

la mista declinazione di queste mammelle

rizza la tua luna tua e soltanto tua

su su su fino alla stella della sera

svieni sull'archi-gassometro

garofano fresco di Misery Hill

svieni sulla piccola rossa

casa di preghiere

qualcosa cuore di Maria

il Bull e il Pool le gettate che non si incontreranno mai

almeno in questo mondo

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invece sfreccia tra i fusti caracollanti

rovescia il ponte Victoria bravo

rallenta striscia giù per Ringsend Road

Irishtown Sandymount cerca trova il Fuoco dell'Inferno

gli AppartamentiMerrion segnati da un trilione di sigma

il Dito di Gesucristo Figlio di Dio Salvatore

ragazze sorprese mentre si spogliano bravo

sul frangiventi e onde di Bootersgrad

la marea pànico dei gabbiani bigi

le sabbie si smuovono nel tuo cuore caldo

nasconditi non nella Rocca non ti fermare

non ti fermare

da tagte es

redimi gli addii surrogati

il foglio fluente nella tua mano

che altro non hanno per la terra

e il vetro terso sopra i tuoi occhi

ossi dell'eco

asilo sotto il mio passo tutto il giorno

i loro festini smorzati mentre la carne cade

erompendo senza paura né vento favorevole

le guantilope del senso e del nonsenso corrono

prese dai vermi per quel che sono

1935.

2.

Saint-Lô

Vire serpeggerà in altre ombre

non nato tremerà per le vie lucide

e la vecchia mente dimenticata dallo spirito

sprofonderà nel suo disastro

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1946.

Malacoda

tre volte venne

l'uomo delle pompe funebri

impassibile dietro la bombetta squamosa

a misurare

non lo pagano per misurare?

questo incorruttibile nell'ingresso

questo malebranca guazzante nei gigli

Malacoda fino ai ginocchi nei gigli

Malacoda nonostante l'esperto terrore

che felpa il suo perineo smorza il segnale

sospirando nell'aria greve

sarà? deve essere deve essere

cerca le gramigne occupali in giardino

sentite lei può vedere non c'è bisogno

per seppellire

con gli ungulati assistenti

cerca le gramigne distrai la loro attenzione

sentire lei deve vedere non c'è bisogno

per coprire

certo copri copri bene tutto

la tua targa permettimi tieni il tuo zolfo

divino vetro canicolare sereno

aspetta Scarmiglione aspetta aspetta

metti questo Huysum sulla cassa

attento all'imago è lui

sentire lei deve vedere deve

tutti a bordo tutti i

morti a mezz'asta sì sì

Quattro poesie

I

Dieppe

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ancora l'ultimo riflusso

i ciottoli morti

il mezzo giro poi i passi

verso le vecchie luci

1937.

2

seguo questo corso di sabbia che scorre

tra i ciottoli e la duna

la pioggia d'estate piove sulla mia vita

su me la mia vita che mi sfugge mi insegue

e finirà il giorno del suo inizio

caro istante ti vedo

in questa tenda di bruma che indietreggia

dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili

e vivrò il tempo di una porta

che si apre e si richiude

1948.

3.

che farei senza questo mondo senza faccia né domande

dove essere non dura che un attimo dove ogni istante

si versa nel vuoto nell'oblio di essere stato

senza quest'onda dove alla fine

corpo e ombra sprofondano insieme

che farei senza questo silenzio abisso dei bisbigli

ansimante furioso verso il soccorso verso l'amore

senza questo cielo che si innalza

sulla polvere delle sue zavorre

che farei farei come ieri come oggi

guardando dal mio oblò se non sono solo

a errare e girare lontano da ogni vita

in uno spazio burattino

senza voce tra le voci

rinchiuse con me

1948.

4.

vorrei che il mio amore morisse

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che piovesse sul cimitero

e sui vicoli dove passo

piangendo quella che credette di amarmi

1948.

l'avvoltoio

trascinando la sua fame per il cielo

del mio cranio guscio di cielo e terra

scendendo verso i proni che dovranno

presto raccogliere la loro vita e muoversi

derisi da un tessuto che non può servire

finché fame terra e cielo saranno putridume

Dortmunder

Nella magica penombra omerica

oltre la guglia rossa di santuario

io nullo lei scafo regale

di fretta verso la luce viola verso l'esile musica K'in della mezzana.

Lei mi è davanti nel padiglione illuminato

a reggere le schegge di giada

lo sfregiato segnacolo della calma dei puri

gli occhi gli occhi neri finché l'oriente plagale

non risolverà la lunga frase della notte.

Poi, come un rotolo, piegata,

e la gloria della sua dissoluzione ingrandita

in me, Abacúc, feccia dei peccatori.

Schopenhauer è morto, la mezzana

mette da parte il suo liuto.

SENZA

Rovine vero rifugio finalmente verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi. Spazi

senza fine terra cielo confusi non un rumore tutto immobile. Faccia grigia due

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azzurro pallido corpo minuto cuore che batte solo in piedi. Spento aperto quattro

pareti cadute all'indietro vero rifugio senza uscita.

Rovine sparse confuse con la sabbia grigio cenere vero rifugio. Cubo tutto luce

bianco assoluto facce senza tracce nessun ricordo. Sempre e soltanto aria grigia senza

tempo chimera la luce che passa. Grigio cenere cielo riflesso della terra riflesso dei

cielo. Sempre e soltanto questa fissità immutabile sogno l'ora che passa.

Maledirà Dio come in quei giorni benedetti faccia verso il cielo aperto l'acquazzone

passeggero. Corpo minuto faccia grigia lineamenti fessura e buchetti due azzurro

pallido. Facce senza tracce bianco assoluto occhio calmo finalmente nessun ricordo.

Chimera la luce sempre e soltanto aria grigia senza tempo non un rumore. Facce

senza tracce quasi raggiunte bianco assoluto nessun ricordo. Corpo minuto saldato

grigio cenere cuore che batte faccia fissa lontano. Lo bagnerà la pioggia come nei

giorni benedetti dell'azzurro la nuvola passeggera. Cubo vero rifugio finalmente

quattro pareti all'indietro nessun rumore.

Cielo grigio nessuna nuvola non un rumore tutto immobile terra sabbia grigio cenere.

Corpo minuto come la terra il cielo le rovine solo in piedi. Grigio cenere tutt'intorno

terra cielo confusi spazi senza fine.

Si muoverà nelle sabbie movimento in cielo nell'aria le sabbie. Sempre e soltanto in

sogno bel sogno non avere che un tempo da scontare. Piccolo corpo piccolo blocco

cuore che batte grigio cenere solo in piedi. Terra cielo confusi infinito nessun rilievo

corpo minuto solo in piedi. Nelle sabbie nessun appiglio ancora un passo verso spazi

senza fine lo farà. Silenzio non un alito stesso grigio dappertutto terra cielo corpo

rovine.

Nero lento con rovina vero rifugio quattro pareti all'indietro nessun rumore. Gambe

blocco unico braccia incollate ai fianchi corpo minuto faccia fissa lontano. Sempre e

soltanto in sogno svanito il passare dell'ora lunga breve. Solo in piedi corpo minuto

grigio liscio niente di più di qualche buco. Un passo tra le rovine le sabbie sulla

schiena verso spazi senza fine lo farà. Sempre e soltanto sogno notti e giorni fatti di

sogni di altri giorni notti migliori. Rivivrà il tempo di un passo albeggerà di nuovo

cadrà la notte su di lui gli spazi.

Spaccato in quattro all'indietro vero rifugio senza uscita rovine sparse. Piccolo corpo

piccolo blocco genitali invasi culo blocco unico solco grigio invaso. Vero rifugio

finalmente senza uscita in pezzi sparsi quattro pareti all'inclietro nessun rumore.

Spazi senza fine terra cielo confusi tutto immobile non un alito. Facce bianche senza

tracce occhio calmo testa ragionante nessun ricordo. Rovine sparse grigio cenere

tutt'intorno vero rifugio finahnente senza uscita.

Grigio cenere corpo minuto solo in piedi cuore che batte faccia fissa lontano. Tutto

bello tutto nuovo come in quei giorni benedetti regnerà l'infelicità. Terra sabbia

grigia come l'aria il cielo il corpo le rovine sabbia fine grigio cenere. Luce rifugio

bianco assoluto facce senza tracce nessun ricordo. Infinito nessun rilievo corpo

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minuto solo in piedi stesso grigio dappertutto terra cielo corpo rovine. Faccia verso

bianca calma quasi raggiunta occhio calmo finalmente nessun ricordo. Ancora un

passo uno solo da solo nelle sabbie nessun appiglio lo farà.

Spento aperto vero rifugio senza uscita verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi.

Sempre e soltanto silenzio così grande che in innnaginazione quelle risate da pazza

quelle grida. Testa attraverso l'occhio calmo tutta luce bianca calma nessun ricordo.

Chimera la luce l'aurora che dissipa le chimere e l'altra chiamata crepuscolo.

Andrà sulla schiena faccia verso il cielo riaperto su di lui le rovine le sabbie gli spazi.

Aria grigia senza tempo terra cielo confusi grigi come le rovine spazi senza fine.

Albeggerà di nuovo cadrà la notte su di lui gli spazi l'aria cuore batterà di nuovo.

Vero rifugio finalmente rovine sparse grigie come le sabbie.

Faccia verso occhio calmo quasi raggiunto tutto bianco tutto calmo nessun ricordo.

Sempre e soltanto immaginato l'azzurro chiamato ceruleo in poesia soltanto folle

immaginazione. Piccolo vuoto grande luce cubo tutto bianco facce senza tracce

nessun ricordo. Sempre e soltanto aria grigia senza tempo tutto immobile non un

alito. Cuore che batte solo in piedi corpo minuto faccia grigia lineamenti invasi due

azzurro pallido. Luce bianco quasi raggiunto testa attraverso l'occhio calmo ben

ragionante nessun ricordo.

Corpo minuto grigio come la terra il cielo le rovine solo in piedi. Silenzio non un

alito stesso grigio dappertutto terra cielo corpo rovine. Spento aperto quattro pareti

all'indietro vero rifugio senza uscita.

Grigio cenere cielo riflesso della terra riflesso del cielo. Aria grigia senza tempo terra

cielo confusi grigi come le rovine spazi senza fine. Nelle sabbie nessun appiglio

ancora un passo verso spazi senza fine lo farsa. Albeggerà di nuovo cadrà la notte su

di lui gli spazi l'aria cuore batterà di nuovo.

Chimera la luce sempre e soltanto aria grigia senza tempo nessun rumore. Spazi

senza fine terra cielo confusi tutto immobile non un rumore. Lo bagnerà la pioggia

come nei giorni benedetti dell'azzurro la nuvola passeggera. Cielo grigio nessuna

nuvola nessun rumore tutto immobile terra sabbia grigio cenere.

Piccolo vuoto grande luce cubo tutto bianco facce senza tracce nessun ricordo.

Infinito senza rilievo corpo minuto solo in piedi stesso grigio dappertutto terra cielo

corpo rovine. Rovine sparse confuse colla sabbia grigio cenere vero rifugio. Cubo

vero rifugio finalmente quattro pareti all'indietro nessun rumore. Sempre e soltanto

questa fissità immutabile sogno l'ora che passa. Sempre e soltanto aria grigia senza

tempo chimera la luce che passa.

Spaccato in quattro all'indietro vero rifugio senza uscita rovine sparse. Rivivrà il

tempo di un passo al- begger@a di nuovo cadrà la notte su di lui gli spazi sen- za

fìne. Faccia verso calma luce bianca quasi raggiunta occhio calmo finalmente nessun

ricordo. Faccia grigia due azzurro pallido corpo minuto cuore che batte solo in piedi.

Andrà sulla schiena faccia verso il cielo ria- perto su di lui le rovine le sabbie gli

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spazi. Terra sab- bia grigia come l'aria il cielo il corpo le rovine sabbia fìne grigio

cenere. Facce senza tracce quasi raggiunte bianco assoluto nessun ricordo.

Cuore che batte solo in piedi corpo minuto faccia grigia lineamenti invasi due

azzurro pallido. Solo in piedi corpo minuto grigio liscio niente più di qualche buco.

Sempre e soltanto sogno notti e giorni fatti di sogni di altre notti giorni migliori. Si

muoverà tra le sabbie movimento in cielo nell'aria le sabbie. Un passo tra le rovine le

sabbie sulla schiena verso spazi senza fine lo farà. Sempre e soltanto silenzio così

grande che in immaginazione queste risate da pazza queste grida.

Vero rifugio finalmente rovine sparse grige come le sabbie. Sempre e soltanto aria

grigia senza tempo tutto immobile non un alito. Facce bianche senza tracce occhio

calmo testa ragionante nessun ricordo. Sempre e soltanto in sogno svanito il passare

dell'ora lunga breve. Cubo tutto luce bianco assoluto facce senza tracce nessun

ricordo.

Spento aperto vero rifugio senza uscita verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi.

Testa attraverso l'occhio calmo tutto bianco calma luce nessun ricordo. Tutto bello

tutto nuovo come in quei giorni benedetti regnerà l'infelicità. Grigio cenere

tutt'intorno terra cielo confusi spazi senza fine. Rovine sparse grigio cenere

tutt'intorno vero rifugio finalmente senza uscita. Sempre e soltanto in sogno bel

sogno non avere che un tempo da scontare. Corpo minuto faccia grigia lineamenti

fessura e buchetti due azzurro pallido.

Rovine vero rifugio finalmente verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi. Sempre e

soltanto immaginato l'azzurro chiamato ceruleo in poesia immaginazione folle. Luce

bianco quasi raggiunto testa attraverso l'occhio calmo ragionante nessun ricordo.

Nero lento con rovina vero rifugio quattro pareti all'indietro senza rumore. Terra

cielo confusi infinito senza rilievo corpo minuto solo in piedi. Ancora un passo uno

solo da solo nelle sabbie nessun appiglio lo farà. Grigio cenere corpo minuto solo in

piedi cuore che batte faccia fissa lontano. Luce rifugio bianco assoluto facce senza

tracce nessun ricordo. Spazi senza fine terra cielo confusi non un rumore tutto

immobile.

Gambe blocco unico braccia incorate ai fianchi corpo minuto faccia fissa lontano.

Vero rifugio finalmente senza uscita in pezzi sparsi quattro pareti cadute all'indietro

nessun rumore. Facce senza tracce bianco assoluto occhio calmo finalmente nessun

ricordo. Maledirà Dio come in quei giorni benedetti faccia verso il cielo aperto

l'acquazzone passeggero. Faccia verso occhio calmo quasi raggiunto tutto bianco

tutto calmo nessun ricordo.

Piccolo corpo piccolo blocco cuore che batte grigio cenere solo in piedi. Corpo

minuto saldato grigio cenere cuore che batte faccia fissa lontano. Piccolo corpo

piccolo blocco genitali invasi culo blocco unico solco grigio invaso. Chimera la luce

l'aurora che dissipa le chimere e l'altra chiamata crepuscolo.

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