125831659 Samuel Beckett Poesie
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Samuel Beckett Poesie
cascando (1936)
I.
perché no semplicemente la deprecata
occasione della
effusione verbale?
non è meglio abortire che essere sterili?
le ore dopo la tua partenza sono così plumbee
cominciano sempre troppo presto a trascinare
i rampini a artigliare ciecamente il letto della mancanza
svellendo le ossa i vecchi amori
orbite già riempite di occhi come i tuoi
tutto sempre è meglio troppo presto che mai
il nero bisogno spruzzato sulle loro facce
di nuovo dicendo nove giorni mai fecero galleggiare l'amato
né nove mesi
né nove vite
2.
di nuovo dicendo
se non mi insegni non imparerò
di nuovo dicendo anche per le ultime
volte c'è un'ultima volta
ultime volte di mendicare
ultime volte di amare
di sapere di non sapere di fingere
un'ultima anche per le ultime volte di dire
se non mi ami non sarò amato
se non ti amo non amerò
il battiburro di parole stantie di nuovo nel cuore
amore amore amore tonfo del vecchio pistone
che pesta l'inalterabile
siero di parole
di nuovo atterrito
di non amare
di amare e non te
di essere amato e non da te
di sapere di non sapere di fingere
fingere
io e tutti gli altri che ti ameranno
se ti amano
3.
a meno che ti amino
Puttanoroscopo
Cos'è questo?
Un uovo?
Per i fratelli Boot! puzza di fresco.
Daglielo a Gillot.
Galileo come va
e le sue terze parallele!
Quel vecchio infame archipenzolatore figlio di un cantiniere!
Ci muoviamo disse eccoci lanciati - Porca Madonna!
come un nostromo, o un Pretendente sacco-di-patate alla carica.
Quello non è muoversi, è muoversi.
Cos'è questo?
Una frittatina verde o una fungosa?
Due ovari frustati al prostisciutto?
Quanto l'inuterò, la pennuta?
Tre giorni e quattro notti?
Daglielo a Gillot.
Faulhaber, Beeckman e Pietro il Rosso,
venite adesso nella nebulosa valanga o nuvola cristallina rosso-sole di Gassendi
e vi cristallerò tutte le vostre da gallina-e-mezzo
o una lente sotto il piumino a mezzo-giorno.
Pensare che era mio fratello, Pietro Pugni-di-ferro,
e non ci avreste tirato fuori un sillogismo
come se il Babbo ci fosse ancora dentro.
Ehi! dammi quelle monete
dolce sudore zigrinato del mio fegato ardente!
Ai giorni che sedevo nella stufa scagliando gesuiti dal lucernario.
Chi è quello? Hals?
Che aspetti.
La mia bircietta stinta!
Mi nascondevo e cercavi.
E Francine frutto mio prezioso di un feto da casa-e-salotto!
Che esfogliazione!
La sua piccola epidermide grigia scorticata e le tonsille scarlatte!
Figlia mia unica
fiagellata dalla febbre fino al sangue, scuro, stagnante... sangue!
O Harvey amato
come faranno il rosso e il bianco, i molti nei pochi,
(caro Harvey batti-sangue)
a turbinare attraverso quel frullatore fesso?
E il quarto Enrico venne alla cripta della freccia.
Cos'è questo?
Quanto tempo?
Covalo.
Un vento maligno scagliava il mio sconforto senza speranza
contro le aguzze torri dell'unica signora:
non una né due volte bensí...
(Bordello di Cristo covalo!)
in un solo annegamento di sole
(Gesuitastri prego copiare).
Dunque avanti con la calza di seta sulla maglia, e il morbido cuoio
- ma che dico! il gentile canovaccio -
e via a Ancona sul brillante Adriatico
e addio per un po' alla chiave giall dei Rosacrociani.
Non sanno ciò che il maestro di color che fanno fece,
che il naso è toccato dal bacio di ogni aria immonda e pura,
e i timpani, e il trono della cala fecale,
e gli occhi dai suoi zigzag.
Cosí Lo beviamo e Lo mangiamo
e l'annacquato Beaune e i cubi raffermi di Hovis
perché Egli può tarantellare
tanto vicino tanto lontano dalla Sua Tarantellante Essenza
e tanto mesto tanto vivace quanto il calice o il vassoio richiedano.
Che ne dici, Antonio?
In nome di Verulamio vuoi pollarmi quell'uovo!
Dovrò ingoiare fantasmi di grotta?
Anna Mari!
Legge Mosè e dice che il suo amore è crocifisso.
Leider! Leider! Fiorí e s'appassi,
pallido pappagallo abusivo su una finestra del corso.
No, ci credo dalla prima all'ultima parola ti giuro.
Fallor, ergo sum!
Vecchio pudico sfioratore!
Un gran « tolle » e « lege »
poi si abbottonava il panciotto da redentorista
Non fa niente, lascia perdere.
Sono uno sfacciato lo so
dunque non sono figlio mio
(anche se fossi portinaio)
né di Joachim mio padre
ma scheggia di un ceppo perfetto che non è vecchio né nuovo,
petalo isolato di un'alta grossa rosa splendente.
Sei finalmente maturo,
esile pallido tordo mio dal doppio-petto?
Come odora bene
questo aborto di pulcino!
Lo mangerò col coltello da pesce.
Bianco e tuorlo e piume.
Poi mi alzerò e mi avvierò
verso Raab delle nevi,
l'amazzone assassina mattiniera confessata dal Papa,
Cristina la sventrattice ".
O Weulles risparmia il sangue di un franco
che ha salito le amare scale
(René du Perron ... ! )
e concedimi la mia seconda
ora inscrutabile senza stelle.
1930.
Enueg I
Exco in uno spasmo
stanco del rosso sputo della mia cara
dalla Clinica Privata Portobello
i suoi segreti
e mi trascino verso la cresta dell'onda del ponte erto pericoloso
e scivolo svogliato sotto l'urlo della staccionata
intorno alla dura vistosa vistosa della staccionata
in un ovest nero
soffocato di nuvole.
Sulle dimore gli alberi di algummim
le montagne
il mio cranio uggiosamente coagolo di collera
schidionato in alto strozzato nella gogna del vento
morde come un cane ribelle al castigo.
Adesso rotolo via rapidamente sui miei piedi rovinati
al livello del canale livido;
a Ponte Parnell una chiatta morente
col suo carico di chiodi e di legno
dondola dolcemente nel chiostro spumoso dello sbarramento;
sull'altra sponda una squadra di poveracci sembra che stia aggiustando una trave.
Poi per miglia e miglia soltanto vento
e le scie che strisciano appresso sull'acqua
e il mondo che si apre verso il sud
attraverso una finta campagna verso le montagne
e la sera nata morta che volge al verdesporco
concimando il fungo della notte
e la mente annullata
nàufraga nel vento.
Guazzai accanto a un vecchietto dall'aria stanca,
Democrito,
che camminava in fretta tra una stampella e un bastone,
col moncone raccolto orribilmente, come un artiglio, sotto il calzone,
fumando.
Poi siccome un prato a sinistra scoppiò in una fiammata improvvisa
di grida e fischi urgenti e magliette scarlatte e azzurre
mi fermai e mi arrampicai sulla scarpata per vedere la partita.
Un bambino irrequieto accanto al cancello mi gridò:
« Possiamo entrare capo? » « Certo, - dissi, - puoi ».
Ma intimorito si allontanò per la strada.
« Allora, - gli gridai, - perché non entri? »
« Oh, - disse, consapevole, -
ci sono già stato e mi hanno messo alla porta ».
Così via,
derelitto,
come da un cespuglio incendiato sulla montagna di notte,
o, a Sumatra, l'imene della giungla,
la sempre odorosa rafflesia.
Poi:
una lamentevole famiglia di galline grige tignose,
morenti sul prato avvallato,
tremanti, mezzo addormentate, contro la porta chiusa di una baracca,
senza potersi appollaiare.
Il grosso fungo morbido,
verde-nero,
colando su dietro di me,
inzuppando il cielo cencioso come un inchiostro di peste,
nel mio cranio il vento che imputridiva,
l'acqua...
Poi-
sul colle che scende dalla Volpe e le Oche verso Chapelizod
un capretto malevolo, esiliato sulla strada,
che remotamente investiva il cancello del suo recinto;
i Magazzini Isotta una grande perturbazione di eroi sudati,
coi vestiti della domenica,
scesi in fretta per una pinta di nepente o di erba moli o metà-e-metà
dopo aver guardato i lanciatori su a Kilmainham.
Chiazze di giallo dannato nel pozzo della Liffey;
le dita delle scalette agganciate al parapetto,
invitanti;
un flotto di gabbiani vigili nel vomito grigio della fogna.
Ah la bandiera
la bandiera della carne sanguinante
sulla seta dei mari e i fiori artici
che non esistono.
Enueg Il
mondo mondo mondo mondo
e il viso tomba
nuvola contro la sera
de morituris nibil nisi
e la faccia si disfa timidamente
troppo tardi per rabbuiare il cielo
arrossendo via nella sera
rabbrividendo via come una gaffe
veronica mundi
veronica munda
dacci una strofinata per amore di Cristo
sudando come un Giuda
stanco di morire
stanco dei poliziotti
i piedi in marmellata
traspirando profusamente
il cuore in marmellata
fumo più frutta
il vecchio cuore il vecchio cuore
erompendo extra congresso
eppure ti assicuro
sdraiato sul ponte O'Connell
guardando stupito i tulipani della sera
i tulipani verdi
brillanti all'angolo come un antrace
brillanti sulle chiatte della Guinness
il soprattono la faccia
troppo tardi per rischiarare il cielo
però però ti assicuro
alba
prima dell'alba sarai qui
e Dante e il Logos e tutti gli strati e i misteri
e la luna segnata
oltre il piano bianco di musica
che stabilirai qui prima dell'alba
seta grave soffice cantante
chìnati sul nero firmamento di areche
pioggia sui bambù fiore di fumo viale di salici
chi anche se ti chini con dita di pietà
a avallare la polvere
non aggiungerà alla tua munificenza
la cui bellezza sarà un foglio davanti a me
una dichiarazione di se stessa stesa attraverso la tempesta di emblemi
sicché non c'è sole e non c'è rivelazione
e non c'è ostia
soltanto io e poi il foglio
e massa morta ....
Sanics 1
tutta una viva lunga strada quest'oggi di dolci acquazzoni da Portrane sulla costa
Donabate tristi cigni di Turvey Swords
pedalando a tre marce come una sonata
scroto in sella come un Cavaliere atra cura in fretta
Botticelli dall'inguine in giù pestando la trasmissione
gomme sanguinanti svuotantisi zììp la strada maestra
tutto il cielo nello sfintere
lo sfintere
staaaaaaanco adesso
strafaticando adesso tra i passeggiatoti
questa fida tutt'acciaio questa super-reale
di ritorno a casa da buon ragazzo
dove son nato di botto col verde dei larici
ah tornare nell'amnio senza fiducie
senza dita senza amore guasto
catenando nel frattempo aggrappato alla bicicletta
le ondate dei nubile i relitti di sudario
bravo-in-pentola anamniotico cinto di cenci scappellato
per mamma babbo pollo e pancetta
calda tomba pure di' la parola
giorni felici spezza lo stelo versa una lacrima
quest'oggi Nozzedì della Spia sette lustri fa
oh i larici il dolore strappato come un tappo
il glande che egli portò una giornata a spasso su e giù per colli e vallate
con un ponderoso sorriso dalla Londra e Globo di Liverpool
dietro le ombre si allungano i sicomori singhiozzano
per il budino oh per me bimbo da sculacciare
secchi di spumante letto da bambino è lavoro da sete
per la levatrice è insanguinato
per l'orgoglioso genitore ingoia un groppo di allegria
per il piedigonfio Acate ansima pure la sua gioia
scintillando pungiglioni per me
stanco adesso capelli in riflusso gengive in riflusso in riflusso a casa
come d'oro adesso nel fiore degli anni dopo una breve prodigalità
sì e soave
soave urbano al di là del bene e del male
aspettando il mio turno senza rancore puoi giurartelo
stravolto mezzo storto corteggiando i clisprezzi di questi fauni queste ninfe brillanti
pinzettato come pederasta al pantalone
succhiando la mia lanterna affumicata dietro a una Wild Woodbine
cinghiato a morte in uno sporco impermeabile
scagliando innanzi l'orgoglioso Swift di petto alla marea degli Störmer
vedo infine il mio verbo principale
lei l'unica che nell'accusativo
ho smontato per amare
scivolandomi incontro impavida danzatrice indiana sulle acque
impavida figlia dei desideri col suo vecchio nero e fenicottero
vattene adesso prendi il sei il sette l'otto o il vaporetto
prendi l'autobus che me ne frega cammina ricatta un passaggio
torna al ragno della tua tela a Holles Street
e lascia che sorrida ancora la tigre
nei nostri cuori che finanzia strade di ritorno
Sanies Il
c'era un paese felice
l'American Bar
di Rue Mouffetard
c'erano delle uova rosse lì
ho una schifosa dico gallinorroide
tornando dal gabinetto
il vapore la delizia il sorbetto
lo chagrin dei vecchi pelle e ossa
sgangherato corpo felice
perso nel mio vecchio vestito lurido
navigando barcollando su fino a Puvis il guantone di tulipani
frusta frustami con tulipani gialli mi tirerò giù
questi luridi vecchi pantaloni
il mio amore mi ha cucito vive le tasche vive-oh davvero disse meglio così
immacolato poi entro gli stracci marroni scivolando
verso l'affresco risalendo libero il fiordo di uova tinte e strisce di cuoio con
campanelli
sparisco pensate nel locale
i ruffiani giocano a bigliardo eccoli che gridano i punti
la Barfrau fa molta impressione col suo potente didietro
ci sono Dante e la beata Beatrice
prima della Vita Nuova
le palle cozzano scalogna amico
Gracieuse è là Belle-Belle giù nello scarico
Percinet stivalato colla mascella al cobalto
fanno giochi ingobbia-ingobbia
succhia succhiare non cambia nulla
l'Alighieri se n'è andato au revoir a tutto questo
crollo del tutto in una risatina di dispetto
sentite
sulla sala un terribile silenzio
un brivido sconvolge Madame de la Motte
si spande scampana giù lungo le sue fettine
il gran didietro schiumeggia e si calma
presto presto il cavalletto i mollatori per il rito
vivas puellas mottui incurrrrrsant boves
oh subito subito prima che rinvenga la gogna bambù per la bastonatura
una luna amara sculacciata alla moda
oh Becky smetti non ti ho fatto niente smettila maledetta
smettila mia buona Becky
metti via le tue vipere Becky ti pagherò lo stesso
Signore abbi pietà di
Cristo abbi pietà di noi
Signore abbi pietà di noi
Serena I
uscendo dal vecchio grandioso Museo Britannico
Talete e l'Aretino
in grembo al Regent's Park il flogo
crepita sotto il tuono
bellezza scarlatta in questo mondo pesce morto alla deriva
tutte le cose piene di dèi
spremuti e sanguinanti
un uccello tessitore è mandarino l'arpia è ormai spacciata
anche il condor col suo boa spellacciato
guardano fisso attraverso il colle delle scimmie gli elefanti
l'Irlanda
la luce cala lungo il loro vecchio canyon familiare
mi succhia via verso quella vecchia certezza
il c.lo ardente di Giorgio il trapano
ah di là una vipera
addenta il suo topo
bianco come neve
nel suo abbagliante forno flusso di peristalsi
limac labor
ah padre padre che sei in cielo
mi trovo a confondere il Crystal Palace
con le Isole Beate da Primrose Hill
ahimè debbo essere quel genere di persona
andiamo a Ken Wood chi mi troverà
l'alito trattenuto in mezzo ai cespugli
nessuno fuorché i piú rintanati amanti
mi sorprendo commosso dai molti fumaioli piegati
in omaggio al ponte della Torre
riverenza del serpente che esce dalla City o rientra
finché nell'imbrunire una chiatta
cieca di orgoglio
scosta via la sciarpa delle basculle
poi nella grigia stiva dell'ambulanza
pulsando sull'orlo marca di sospiri
poi giù mi immergo tra la canaglia
fìnché un tizio dannati i suoi occhi cerchiati
mi chiede se ho finito col giornale
zoppico via infuriatissimo sotto le Stanze degli Sposati
Torre boia
e via via lontano in gran fretta verso il gigante spaccone di Wren
e maledico la giornata ingabbiato ansimante sulla banchina
sotto la caldaia lucida
non sono nato Defoe
a Ken Wood però
chi mi troverà
mio fratello la mosca
la mosca domestica
trascinandosi dal buio alla luce
si aggrappa al suo posto sotto il sole
si arrota le sei zampe
si compiace dei suoi piani dei suoi bilichi
è l'autunno della sua vita
non poteva servire al tifo e a Mammona
Serena II
questa terra clonica
su e giú offuscata dal sonno
è grassa mezzo morta il resto gira a vuoto
squarcia la peluria nera il cuoio
è guado cenerognolo
grugnisci urla nel bosco sveglia tutti gli uccelli
bracca le puttane dai felci
questo imbecille crepuscolo che batte il sottobosco
belando perché lo dissanguino
questo silenzio crapulento
strappagli il cuore
nei suoi sogni trema ancora
ricorda i vecchi giorni bui ansimante
nelle grinfie dei Pins nell'ansietà della sua ora
la vecchia befana si contorce crede di morire
la luce manca è tempo di sdraiarsi
baia di Clew vasca eli fiori xantici
Croagh Patrick si ridusse indù per far dispetto a un pellegrino
è pronta si è sdraiata su tutte le isole di gloria
e ora sforza questa sera sabbatica di ghirlande
con un oh-issa-oh di cigni fisicamente validi
dalla terra dannata le loro scogliere di trecce
in un pantano lascia cadere i suoi piccoli
le balene della baia della Torba Nera ballano
gli asfodeli arrivano di corsa gli iridi dietro
crede di star morendo si vergogna
mi portò su fino a uno spartiacque
da dove come le rubriche di un'infanzia
guarda Meath che brilla attraverso una fessura dei monti
brigate di larici non si può piú tornare
uno sbandamento di sentieri e torrenti che scappano verso il mare
Kindergarten di guglie e poi il porto
come una donna che tenta di coprirsi il seno
e mi lasciò
qualunque sia il credito di panico con cui uscimmo
con lo stesso credito ritorneremo
non ci sarà spreco di panico tra l'uomo e il suo cane
per cagna che egli sia
pacchetto bagnato di Churchman
museruola del tumulo
è peggio del sogno
la cagna chiassosa della luce non è facile
questa terra clonica
tutti questi fantasmi rabbrividendo sfuocati
è inutile chiudere gli occhi
tutte le corde della terra rotte come accordi di pianista
i rospi di nuovo in giro nei soliti posti
strisciando verso i loro agguati
le favole di Meath finite
dunque dite le vostre preghiere e a letto
le preghiere prima che le lampade comincino a cantare dietro i larici
qui presso questi ginocchi di pietra
quindi ciao-ciao sugli ossi
Serena III
fissa questa manciata di bellezza su questa tavolozza
non si sa mai potrebbe essere finale
oppure lasciala è il paradiso e poi
velluta imeni suoi globi dei tuoi occhi
o sul ponte di Butt arrossisci di vergogna
la mista declinazione di queste mammelle
rizza la tua luna tua e soltanto tua
su su su fino alla stella della sera
svieni sull'archi-gassometro
garofano fresco di Misery Hill
svieni sulla piccola rossa
casa di preghiere
qualcosa cuore di Maria
il Bull e il Pool le gettate che non si incontreranno mai
almeno in questo mondo
invece sfreccia tra i fusti caracollanti
rovescia il ponte Victoria bravo
rallenta striscia giù per Ringsend Road
Irishtown Sandymount cerca trova il Fuoco dell'Inferno
gli AppartamentiMerrion segnati da un trilione di sigma
il Dito di Gesucristo Figlio di Dio Salvatore
ragazze sorprese mentre si spogliano bravo
sul frangiventi e onde di Bootersgrad
la marea pànico dei gabbiani bigi
le sabbie si smuovono nel tuo cuore caldo
nasconditi non nella Rocca non ti fermare
non ti fermare
da tagte es
redimi gli addii surrogati
il foglio fluente nella tua mano
che altro non hanno per la terra
e il vetro terso sopra i tuoi occhi
ossi dell'eco
asilo sotto il mio passo tutto il giorno
i loro festini smorzati mentre la carne cade
erompendo senza paura né vento favorevole
le guantilope del senso e del nonsenso corrono
prese dai vermi per quel che sono
1935.
2.
Saint-Lô
Vire serpeggerà in altre ombre
non nato tremerà per le vie lucide
e la vecchia mente dimenticata dallo spirito
sprofonderà nel suo disastro
1946.
Malacoda
tre volte venne
l'uomo delle pompe funebri
impassibile dietro la bombetta squamosa
a misurare
non lo pagano per misurare?
questo incorruttibile nell'ingresso
questo malebranca guazzante nei gigli
Malacoda fino ai ginocchi nei gigli
Malacoda nonostante l'esperto terrore
che felpa il suo perineo smorza il segnale
sospirando nell'aria greve
sarà? deve essere deve essere
cerca le gramigne occupali in giardino
sentite lei può vedere non c'è bisogno
per seppellire
con gli ungulati assistenti
cerca le gramigne distrai la loro attenzione
sentire lei deve vedere non c'è bisogno
per coprire
certo copri copri bene tutto
la tua targa permettimi tieni il tuo zolfo
divino vetro canicolare sereno
aspetta Scarmiglione aspetta aspetta
metti questo Huysum sulla cassa
attento all'imago è lui
sentire lei deve vedere deve
tutti a bordo tutti i
morti a mezz'asta sì sì
Quattro poesie
I
Dieppe
ancora l'ultimo riflusso
i ciottoli morti
il mezzo giro poi i passi
verso le vecchie luci
1937.
2
seguo questo corso di sabbia che scorre
tra i ciottoli e la duna
la pioggia d'estate piove sulla mia vita
su me la mia vita che mi sfugge mi insegue
e finirà il giorno del suo inizio
caro istante ti vedo
in questa tenda di bruma che indietreggia
dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili
e vivrò il tempo di una porta
che si apre e si richiude
1948.
3.
che farei senza questo mondo senza faccia né domande
dove essere non dura che un attimo dove ogni istante
si versa nel vuoto nell'oblio di essere stato
senza quest'onda dove alla fine
corpo e ombra sprofondano insieme
che farei senza questo silenzio abisso dei bisbigli
ansimante furioso verso il soccorso verso l'amore
senza questo cielo che si innalza
sulla polvere delle sue zavorre
che farei farei come ieri come oggi
guardando dal mio oblò se non sono solo
a errare e girare lontano da ogni vita
in uno spazio burattino
senza voce tra le voci
rinchiuse con me
1948.
4.
vorrei che il mio amore morisse
che piovesse sul cimitero
e sui vicoli dove passo
piangendo quella che credette di amarmi
1948.
l'avvoltoio
trascinando la sua fame per il cielo
del mio cranio guscio di cielo e terra
scendendo verso i proni che dovranno
presto raccogliere la loro vita e muoversi
derisi da un tessuto che non può servire
finché fame terra e cielo saranno putridume
Dortmunder
Nella magica penombra omerica
oltre la guglia rossa di santuario
io nullo lei scafo regale
di fretta verso la luce viola verso l'esile musica K'in della mezzana.
Lei mi è davanti nel padiglione illuminato
a reggere le schegge di giada
lo sfregiato segnacolo della calma dei puri
gli occhi gli occhi neri finché l'oriente plagale
non risolverà la lunga frase della notte.
Poi, come un rotolo, piegata,
e la gloria della sua dissoluzione ingrandita
in me, Abacúc, feccia dei peccatori.
Schopenhauer è morto, la mezzana
mette da parte il suo liuto.
SENZA
Rovine vero rifugio finalmente verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi. Spazi
senza fine terra cielo confusi non un rumore tutto immobile. Faccia grigia due
azzurro pallido corpo minuto cuore che batte solo in piedi. Spento aperto quattro
pareti cadute all'indietro vero rifugio senza uscita.
Rovine sparse confuse con la sabbia grigio cenere vero rifugio. Cubo tutto luce
bianco assoluto facce senza tracce nessun ricordo. Sempre e soltanto aria grigia senza
tempo chimera la luce che passa. Grigio cenere cielo riflesso della terra riflesso dei
cielo. Sempre e soltanto questa fissità immutabile sogno l'ora che passa.
Maledirà Dio come in quei giorni benedetti faccia verso il cielo aperto l'acquazzone
passeggero. Corpo minuto faccia grigia lineamenti fessura e buchetti due azzurro
pallido. Facce senza tracce bianco assoluto occhio calmo finalmente nessun ricordo.
Chimera la luce sempre e soltanto aria grigia senza tempo non un rumore. Facce
senza tracce quasi raggiunte bianco assoluto nessun ricordo. Corpo minuto saldato
grigio cenere cuore che batte faccia fissa lontano. Lo bagnerà la pioggia come nei
giorni benedetti dell'azzurro la nuvola passeggera. Cubo vero rifugio finalmente
quattro pareti all'indietro nessun rumore.
Cielo grigio nessuna nuvola non un rumore tutto immobile terra sabbia grigio cenere.
Corpo minuto come la terra il cielo le rovine solo in piedi. Grigio cenere tutt'intorno
terra cielo confusi spazi senza fine.
Si muoverà nelle sabbie movimento in cielo nell'aria le sabbie. Sempre e soltanto in
sogno bel sogno non avere che un tempo da scontare. Piccolo corpo piccolo blocco
cuore che batte grigio cenere solo in piedi. Terra cielo confusi infinito nessun rilievo
corpo minuto solo in piedi. Nelle sabbie nessun appiglio ancora un passo verso spazi
senza fine lo farà. Silenzio non un alito stesso grigio dappertutto terra cielo corpo
rovine.
Nero lento con rovina vero rifugio quattro pareti all'indietro nessun rumore. Gambe
blocco unico braccia incollate ai fianchi corpo minuto faccia fissa lontano. Sempre e
soltanto in sogno svanito il passare dell'ora lunga breve. Solo in piedi corpo minuto
grigio liscio niente di più di qualche buco. Un passo tra le rovine le sabbie sulla
schiena verso spazi senza fine lo farà. Sempre e soltanto sogno notti e giorni fatti di
sogni di altri giorni notti migliori. Rivivrà il tempo di un passo albeggerà di nuovo
cadrà la notte su di lui gli spazi.
Spaccato in quattro all'indietro vero rifugio senza uscita rovine sparse. Piccolo corpo
piccolo blocco genitali invasi culo blocco unico solco grigio invaso. Vero rifugio
finalmente senza uscita in pezzi sparsi quattro pareti all'inclietro nessun rumore.
Spazi senza fine terra cielo confusi tutto immobile non un alito. Facce bianche senza
tracce occhio calmo testa ragionante nessun ricordo. Rovine sparse grigio cenere
tutt'intorno vero rifugio finahnente senza uscita.
Grigio cenere corpo minuto solo in piedi cuore che batte faccia fissa lontano. Tutto
bello tutto nuovo come in quei giorni benedetti regnerà l'infelicità. Terra sabbia
grigia come l'aria il cielo il corpo le rovine sabbia fine grigio cenere. Luce rifugio
bianco assoluto facce senza tracce nessun ricordo. Infinito nessun rilievo corpo
minuto solo in piedi stesso grigio dappertutto terra cielo corpo rovine. Faccia verso
bianca calma quasi raggiunta occhio calmo finalmente nessun ricordo. Ancora un
passo uno solo da solo nelle sabbie nessun appiglio lo farà.
Spento aperto vero rifugio senza uscita verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi.
Sempre e soltanto silenzio così grande che in innnaginazione quelle risate da pazza
quelle grida. Testa attraverso l'occhio calmo tutta luce bianca calma nessun ricordo.
Chimera la luce l'aurora che dissipa le chimere e l'altra chiamata crepuscolo.
Andrà sulla schiena faccia verso il cielo riaperto su di lui le rovine le sabbie gli spazi.
Aria grigia senza tempo terra cielo confusi grigi come le rovine spazi senza fine.
Albeggerà di nuovo cadrà la notte su di lui gli spazi l'aria cuore batterà di nuovo.
Vero rifugio finalmente rovine sparse grigie come le sabbie.
Faccia verso occhio calmo quasi raggiunto tutto bianco tutto calmo nessun ricordo.
Sempre e soltanto immaginato l'azzurro chiamato ceruleo in poesia soltanto folle
immaginazione. Piccolo vuoto grande luce cubo tutto bianco facce senza tracce
nessun ricordo. Sempre e soltanto aria grigia senza tempo tutto immobile non un
alito. Cuore che batte solo in piedi corpo minuto faccia grigia lineamenti invasi due
azzurro pallido. Luce bianco quasi raggiunto testa attraverso l'occhio calmo ben
ragionante nessun ricordo.
Corpo minuto grigio come la terra il cielo le rovine solo in piedi. Silenzio non un
alito stesso grigio dappertutto terra cielo corpo rovine. Spento aperto quattro pareti
all'indietro vero rifugio senza uscita.
Grigio cenere cielo riflesso della terra riflesso del cielo. Aria grigia senza tempo terra
cielo confusi grigi come le rovine spazi senza fine. Nelle sabbie nessun appiglio
ancora un passo verso spazi senza fine lo farsa. Albeggerà di nuovo cadrà la notte su
di lui gli spazi l'aria cuore batterà di nuovo.
Chimera la luce sempre e soltanto aria grigia senza tempo nessun rumore. Spazi
senza fine terra cielo confusi tutto immobile non un rumore. Lo bagnerà la pioggia
come nei giorni benedetti dell'azzurro la nuvola passeggera. Cielo grigio nessuna
nuvola nessun rumore tutto immobile terra sabbia grigio cenere.
Piccolo vuoto grande luce cubo tutto bianco facce senza tracce nessun ricordo.
Infinito senza rilievo corpo minuto solo in piedi stesso grigio dappertutto terra cielo
corpo rovine. Rovine sparse confuse colla sabbia grigio cenere vero rifugio. Cubo
vero rifugio finalmente quattro pareti all'indietro nessun rumore. Sempre e soltanto
questa fissità immutabile sogno l'ora che passa. Sempre e soltanto aria grigia senza
tempo chimera la luce che passa.
Spaccato in quattro all'indietro vero rifugio senza uscita rovine sparse. Rivivrà il
tempo di un passo al- begger@a di nuovo cadrà la notte su di lui gli spazi sen- za
fìne. Faccia verso calma luce bianca quasi raggiunta occhio calmo finalmente nessun
ricordo. Faccia grigia due azzurro pallido corpo minuto cuore che batte solo in piedi.
Andrà sulla schiena faccia verso il cielo ria- perto su di lui le rovine le sabbie gli
spazi. Terra sab- bia grigia come l'aria il cielo il corpo le rovine sabbia fìne grigio
cenere. Facce senza tracce quasi raggiunte bianco assoluto nessun ricordo.
Cuore che batte solo in piedi corpo minuto faccia grigia lineamenti invasi due
azzurro pallido. Solo in piedi corpo minuto grigio liscio niente più di qualche buco.
Sempre e soltanto sogno notti e giorni fatti di sogni di altre notti giorni migliori. Si
muoverà tra le sabbie movimento in cielo nell'aria le sabbie. Un passo tra le rovine le
sabbie sulla schiena verso spazi senza fine lo farà. Sempre e soltanto silenzio così
grande che in immaginazione queste risate da pazza queste grida.
Vero rifugio finalmente rovine sparse grige come le sabbie. Sempre e soltanto aria
grigia senza tempo tutto immobile non un alito. Facce bianche senza tracce occhio
calmo testa ragionante nessun ricordo. Sempre e soltanto in sogno svanito il passare
dell'ora lunga breve. Cubo tutto luce bianco assoluto facce senza tracce nessun
ricordo.
Spento aperto vero rifugio senza uscita verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi.
Testa attraverso l'occhio calmo tutto bianco calma luce nessun ricordo. Tutto bello
tutto nuovo come in quei giorni benedetti regnerà l'infelicità. Grigio cenere
tutt'intorno terra cielo confusi spazi senza fine. Rovine sparse grigio cenere
tutt'intorno vero rifugio finalmente senza uscita. Sempre e soltanto in sogno bel
sogno non avere che un tempo da scontare. Corpo minuto faccia grigia lineamenti
fessura e buchetti due azzurro pallido.
Rovine vero rifugio finalmente verso cui da tanto lontano dopo tanti falsi. Sempre e
soltanto immaginato l'azzurro chiamato ceruleo in poesia immaginazione folle. Luce
bianco quasi raggiunto testa attraverso l'occhio calmo ragionante nessun ricordo.
Nero lento con rovina vero rifugio quattro pareti all'indietro senza rumore. Terra
cielo confusi infinito senza rilievo corpo minuto solo in piedi. Ancora un passo uno
solo da solo nelle sabbie nessun appiglio lo farà. Grigio cenere corpo minuto solo in
piedi cuore che batte faccia fissa lontano. Luce rifugio bianco assoluto facce senza
tracce nessun ricordo. Spazi senza fine terra cielo confusi non un rumore tutto
immobile.
Gambe blocco unico braccia incorate ai fianchi corpo minuto faccia fissa lontano.
Vero rifugio finalmente senza uscita in pezzi sparsi quattro pareti cadute all'indietro
nessun rumore. Facce senza tracce bianco assoluto occhio calmo finalmente nessun
ricordo. Maledirà Dio come in quei giorni benedetti faccia verso il cielo aperto
l'acquazzone passeggero. Faccia verso occhio calmo quasi raggiunto tutto bianco
tutto calmo nessun ricordo.
Piccolo corpo piccolo blocco cuore che batte grigio cenere solo in piedi. Corpo
minuto saldato grigio cenere cuore che batte faccia fissa lontano. Piccolo corpo
piccolo blocco genitali invasi culo blocco unico solco grigio invaso. Chimera la luce
l'aurora che dissipa le chimere e l'altra chiamata crepuscolo.