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  • Iconografia del mito

    di Margot Schmidt

    Storia dellarte Einaudi 1

  • Edizione di riferimento:da I Greci. Storia Cultura Arte Societ, 2. Una storiagreca, II. Definizione, a cura di Salvatore Settis, Ei-naudi, Torino 1997

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  • Indice

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    Prima parte1. Gli oggetti figurativi e la loro funzione 62. Trasformazione del repertorio 9

    Seconda parte1. Le immagini del mito e il loro pubblico 172. Immagini e rappresentazione di valori 28

  • Le riflessioni che seguono sulliconografia dei mitigreci si articolano in due parti, che hanno funzioni dif-ferenti. Nella prima vengono fornite le basi oggettivedellanalisi, mostrando in quali ambiti dellarte e dellavita dei Greci le rappresentazioni mitologiche abbianoavuto un ruolo, quale sia stato il valore rispettivo deidiversi media della rappresentazione, e infine la funzio-ne che loggetto artistico e con esso limmagine stes-sa poteva esercitare; e tenteremo di caratterizzare bre-vemente la molteplicit tematica delliconografia delmito. Nella seconda parte verranno messe in risaltoimplicazioni generali di teoria della comunicazione, peresempio il problema della leggibilit delle immagini, ilrapporto fra parola e immagine, le variegate strutture delracconto, il ruolo dellesecutore e del fruitore, il signi-ficato delle immagini in quanto mediatrici di norme divalore e di comportamento.

    Il materiale alla base di queste riflessioni derivaprevalentemente dallarte figurativa dellAtene arcaicae classica del vi e v secolo a. C. Non esiste altra polisdellantica Grecia che abbia una documentazione cosricca e cos varia come quella della citt attica. Leimmagini mitologiche di Atene ci permettono di inten-dere il complesso di immagini prodotte in questa cittcome un sistema coerente (anche se soggetto a muta-menti storici), nel quale ogni singola testimonianza

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  • dispiega interamente il proprio significato in quantoconnessa con altre.

    I Greci hanno convissuto con i loro miti, che senti-vano onnipresenti e reali. Attraverso la loro iconografiapossiamo cogliere le diverse forme particolari in cui ilmito entrava nel loro mondo visibile: poich nella rap-presentazione iconografica dei miti prendeva forma ciche era altrimenti soltanto immaginato e raccontato. Lefamose tradizioni degli eroi che vennero in soccorso deiGreci in battaglia durante le guerre persiane dimostra-no la facilit con cui il mito stesso poteva prenderecorpo e diventare presenza visibile. Cos ad esempioleroe nazionale, Teseo, fu visto combattere sul campodi battaglia di Maratona come un fsma, unappari-zione, e alcuni anni dopo proprio le ossa di Teseo piprecisamente, le spoglie mortali considerate apparte-nenti alleroe dallisola di Sciro furono trasportate, periniziativa di Cimone, nella patria Attica.

    Lepoca degli eroi era preistoria e storia reale nellostesso tempo; nella coscienza della Grecia classica laguerra di Troia non era considerata meno autenticadelle guerre persiane. Il ricordo, registrato dal mito, delpassato comune a tutti i Greci o a tutti i cittadini dellapolis agiva come elemento unificante. La comunit erafondata sul possesso collettivo dei miti come sullese-cuzione dei riti e sulla celebrazione delle feste ricor-renti.

    Losservatore moderno, di fronte alle immaginimitologiche, deve avere una chiara coscienza del fattoche per gli antichi le figure mitologiche, di o eroi, nonrappresentavano soltanto figure letterarie conosciuteattraverso determinati testi. Ed perci necessarioimmaginare quellesperienza irripetibile che era per lavita di una polis il rapporto vivo con gli di e gli eroi(precisamente con le tradizioni degli di e degli eroi)nella celebrazione dei riti e delle feste.

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  • Prima parte

    1. Gli oggetti figurativi e la loro funzione.

    Le immagini mitologiche si differenziano a secondadel loro carattere pi o meno pubblico. I cittadini, oanche gli stranieri, che visitavano una citt o un tempioavevano agio di osservare le decorazioni del tempio, lefigure del frontone e i rilievi, o ancora di ammirare, negliedifici pubblici, dipinti (spesso famosi) di grandi dimen-sioni. Oggi tutte queste opere di pittura sono andateperse, ma alcune vengono citate o descritte in modo det-tagliato nelle fonti letterarie. Per esempio Pausania,ancora nel ii secolo d. C., pot descrivere ci che avevaosservato: nella Sto Poikile, nellagora di Atene, quat-tro dipinti classici (non chiaro se concepiti come unciclo unitario) con temi in parte mitici e in parte stori-ci (una distinzione moderna, che come abbiamo vistonon era valida per i Greci), e nella Lesche degli Cnidi aDelfi due dipinti (di grandi dimensioni) con rappresen-tazioni dellIliuperside e degli Inferi. Anche i dipintivotivi donati dai vincitori degli agoni teatrali mostra-vano raffigurazioni dei miti rappresentati nei drammi.

    Chi oggi si aggiri tra le rovine di un tempio antico,a Delfi o a Olimpia, deve far uso della fantasia perimmaginarsi labbondanza di offerte votive che untempo si trovavano lungo tutto il cammino. Qui il visi-tatore antico poteva vedere raffigurazioni mitiche anche

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  • tridimensionali, gruppi di statue non di rado in gran-dezza naturale o anche pi grandi del vero: rappresen-tavano ora una schiera di singoli eroi come il famosodono votivo offerto a Delfi in ricordo della battaglia diMaratona, opera di Fidia ora unazione in movimen-to, in un certo senso unimmagine vivente, come peresempio il gruppo di Atena e Marsia, opera di Mirone(che possiamo immaginarci sulla base delle copie roma-ne), collocato in antico sullAcropoli di Atene. Le duefigure bronzee recitavano una scena drammatica, lin-contro tra la giovane e leggiadra dea e il rude satiro almomento in cui Atena inventa il doppio flauto: la deaha gettato lontano lo strumento che pareva danneggiarela sua bellezza, e Marsia osa ugualmente raccoglierlo.Molti altri gruppi votivi avevano un elemento narrativo;se ne ha notizia dalla letteratura di solito dalle indica-zioni del diligente Pausania e dagli esigui resti dellebasi originali. A Olimpia, per esempio, esisteva un grup-po composto da almeno dieci figure, opera dello sculto-re protoclassico Onata, che rappresentava una scenaomerica: il sorteggio mediante il quale i Greci deciserolantagonista nel duello contro Ettore. La figura centra-le era il canuto Nestore, che teneva in mano un elmo conle sorti. Non bisognerebbe mai sottovalutare il ruoloche questi gruppi mitologici, che si trovavano allaper-to, esercitavano nella trasmissione dei miti, a prescinderedalle intenzioni pi o meno propagandistiche per cuierano stati eretti si trattava per lo pi di dediche distato ad opera di una polis. Questi gruppi, con la lorodisposizione scenografica, avevano storie da raccontare,e possiamo immaginarci i bambini greci per mano ai loropadri, pieni di curiosit e desiderosi di saperne di pi.

    Di questo polimorfo mondo figurativo allapertonon rimasto quasi nulla, a parte i resti delle scultureche decoravano edifici templari1. La maggior parte di ciche oggi sappiamo delliconografia del mito si conser-

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  • vata invece tramite un medium che apparteneva preva-lentemente alla sfera privata dei cittadini: i vasi dipinticon figure. Bisogna daltra parte ritenere che non tuttoci che i pittori raffiguravano sui vasi di terracotta erastato concepito per questi oggetti, ma anzi rifletteva tal-volta iconografie elaborate negli altri generi artistici. Ipittori vascolari rielaboravano anche ci che avevanovisto nei templi, nelle pubbliche sale di riunione, nellacosiddetta grande pittura; nonostante ci, la pitturavascolare non pu per essere considerata un genereartistico totalmente derivato, che sia da studiare solo incaccia dei suoi modelli perduti.

    Le immagini mitologiche sono strettamente legatealla funzione delloggetto sul quale sono raffigurate.Anche per le figure dipinte sui vasi quindi necessariodomandarsi a quale scopo questi contenitori erano desti-nati. In ogni caso la ceramica dipinta aveva maggiorvalore rispetto al vasellame non decorato; nelle case deicittadini veniva riservata per i conviti festivi, e percila maggior parte delle raffigurazioni mitologiche si tro-vano su recipienti in cui veniva mescolato il vino, sullecoppe per bere e su vasi di diversa forma usati nel sim-posio. Le immagini potevano cos rispecchiare i temi diconversazione preferiti dai convitati, le recitazioni poe-tiche, oppure anche offrire spunti per conversazioni,recitazioni e canti.

    Ma in assoluto la parte pi rilevante dei vasi antichiche ci sono pervenuti stata ritrovata nelle necropoli,non nelle abitazioni: e dunque quei vasi potevano esserdestinati a un uso funerario solo in un secondo tempo,oppure (e se ne ha spesso indizio) furono concepiti findallinizio come oggetti funerari. Nel secondo caso bi-sogna chiedersi se la scelta dei temi mitologici sia in re-lazione con il loro impiego nella tomba; una riflessione,questa, che necessaria anche quando la tomba non siastata la destinazione primaria di questi oggetti, anche se

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  • in tal caso il processo della produzione aveva mirato adaltri scopi. I vasi con raffigurazioni mitologiche eranoinoltre offerti anche nei templi, come doni votivi. A que-sto scopo solo in alcuni luoghi furono sviluppate formespecifiche; in generale, si dava piuttosto per scontato chepotessero risultare graditi agli di gli stessi recipienti che,per esempio, avevano allietato un convito per larmoniadelle forme e la leggiadria delle immagini. Evidente-mente la scelta dei temi figurativi per la decorazione scul-torea dei templi fu ugualmente vasta o per meglio direcomplessa. Ma nel corso di questo saggio avremo anco-ra motivo di riflettere sui programmi iconografici (chespesso ci appaiono eterogenei) delle sculture templari, esullo sfondo concettuale che offra gli agganci di conte-nuto utili a proporne una lettura unitaria.

    2. Trasformazione del repertorio.

    Com ovvio, nel corso del vi e del v secolo linsie-me dei temi mitici trattati nellarte non rimane costan-te. I mutamenti politici, sociali e della storia del pen-siero, in una parola il passaggio dallepoca arcaica a quel-la classica, influenzano il mondo dellimmagine. Alcunitemi di lunga durata vengono rappresentati sotto formediverse, da differenti angolature; altri si concentrano inuno spazio di tempo pi limitato, e inducono perci achiedersi se il loro sorgere sia da attribuirsi a un moti-vo determinato. Ad esempio limprovvisa popolarit,allinizio del v secolo, della raffigurazione di Borea stata messa in relazione con la tradizione secondo laquale il dio del vento aveva favorito con il suo inter-vento le sorti dei Greci durante la battaglia navale pres-so il Capo Artemisio intorno al 480 a. C.2

    Osservando il repertorio dei vasi a figure nere del visecolo colpisce la preponderante presenza dei miti di

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  • Eracle e Dioniso. Eracle viene raffigurato non soltantoin scene ricche di azione, mentre combatte contro diver-se creature mostruose o nellAmazzonomachia, ma dopola met del vi secolo diviene specialmente frequente lascena festosa della sua apoteosi (lingresso di Eracle nel-lOlimpo era tra laltro il tema di un piccolo frontoneframmentario dellAcropoli). Viene ripetutamente sot-tolineata la relazione tra leroe e Atena: la dea lo accom-pagna come suo protetto nellOlimpo; lo saluta come unsuo pari con una significativa stretta di mano; lo rinvi-gorisce con una bevanda divina o gli offre del vino peruna libagione.

    Lappariscente dominanza della figura di Dionisonellarte figurativa arcaica dellAtene del vi secolo vienecollegata col fatto che il culto di questo dio, esistente giin epoca pi antica, venne favorito energicamente daltiranno Pisistrato: a lui infatti risale listituzione delleGrandi Dionisiache, le feste che furono cos importan-ti per la storia del teatro classico. Spesso gli di sono raf-figurati in azioni collettive: talora pu unirsi a loroanche Dioniso, che altrimenti tende piuttosto a stare perconto suo nellOlimpo e che, con il suo seguito di sati-ri e menadi, costituisce un suo separato ambito nelli-conografia.

    Uno dei grandi temi della comune attivit degli di,presente fino alla fine dellarte greca (ricordiamo lemetope orientali del Partenone e laltare di Pergamo) la Gigantomachia, nella quale gli di confermano defi-nitivamente la loro sovranit, il trionfo del mondo deglidi sui ribelli. Degno di nota il fatto che le immaginiarcaiche e classiche danno risalto alla versione del mitoin cui questa vittoria non pot esser raggiunta senza ilcontributo di Eracle. Per Atene la Gigantomachia avevaun significato particolare, dato che la sua raffigurazio-ne, in cui Atena assunse un posto predominante, eraintessuta nel peplo che, rinnovato ogni quattro anni,

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  • veniva offerto alla dea durante le Panatenaiche per rive-stire la sua immagine di culto.

    Altre riunioni divine sono predilette in modo par-ticolare nellarte figurativa arcaica: gli di appaiono inun corteo festoso al matrimonio di Peleo e Teti, i futu-ri genitori di Achille (ad esempio sul cratere di Clizia edi Ergotimo, il cosiddetto Vaso Franois conservato aFirenze, e sul grande dinos di Sofilo del BritishMuseum, entrambi della prima met del vi secolo);danno il benvenuto alla neonata Atena, che esce dallatesta di Zeus un tema figurativo arcaico che ancoranel frontone orientale del Partenone assumer una posi-zione centrale, ma in una versione, per quel che sap-piamo, del tutto nuova ; o ancora, accolgono Eraclenella loro cerchia. caratteristico delliconografia arcai-ca che gli di non vengano mostrati in ozio sullOlim-po, quasi vi conducano una vita senza scopo e senzatempo, ma anzi vengono rappresentati solo in relazio-ne con specifici avvenimenti. Cos si giustamentericonosciuto, nella riunione degli di sulla parte ester-na di una grossa kylix arcaica a figure rosse di Tarqui-nia, del pittore Oltos (del 520 circa), un excerptum dauna scena del benvenuto a Eracle sullOlimpo, anche sequi leroe non c. La coppa del Pittore di Sosia con-servata a Berlino e quella di Macrone a Bochum (data-te intorno al 500 e 480 a. C.) segnano mete importan-ti nellevoluzione della rappresentazione di tali assem-blee divine. Gli di, a coppie e nello stesso tempo lega-ti fra loro in un insieme pi grande, si preparano a unalibagione: sulla coppa di Sosia Ebe riempie la coppa diZeus, su quella di Bochum i coppieri sono Ganimede eNike. Anche se Eracle non ha ancora preso posto fisi-camente in mezzo a loro, il festoso svolgimento dellalibagione manifesta che gli di desiderano salutare con-venientemente il nuovo venuto. Le immagini di unacoppa classica del Pittore di Codro conservata al Briti-

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  • sh Museum mostrano invece come gli di venivano vistidiversamente allepoca della guerra del Peloponneso.Qui nessun evento esterno, nessun nuovo venuto dalmondo degli uomini influenza lintimit delle cinquecoppie di di radunate per il simposio. Ogni dio e la suacompagna sono in un esclusivo rapporto di coppia,come se le altre coppie e i coppieri non fossero presen-ti. Questa non dunque una lieta festa di saluto, mauna solenne riunione di di, e la zona centrale dellacoppa, il medaglione interno, riservata agli di degliInferi, Plutone e Persefone.

    Quasi contemporaneamente alla coppa del Pittore diCodro fu eseguito il fregio del Partenone. Il lungo cor-teo che si stende sui tre lati della cella seduce losserva-tore per la sua apparente fedelt e ricchezza di dettaglioggettivi. In realt oggi si concordi nel dire che qui nonviene rappresentato un corteo databile a un preciso mo-mento storico, ma in certo qual modo viene portata di-nanzi ai nostri occhi lidea del corteo delle Panatenaichecome un continuum eterno e sempre ripetibile. Il conte-nuto di questa sequenza di rilievi non mitico nellu-suale accezione della parola; isolati tentativi di identifi-care nel corteo precise figure mitologiche non hanno tro-vato consenso. Si pu invece cogliere in questo fregio,con sfumature diverse, lindicazione di una sorta di svi-luppo storico della polis ateniese. Nella disposizione chia-ramente identificabile a gruppi di quattro e a gruppi didieci, allinterno del corteo in movimento, si riflettonola condizione pi antica e quella pi recente, cio la fa-se antica delle quattro fula ioniche, a cui si sovrappo-ne la divisione in dieci fula fatta da Clistene, mentrenella parte occidentale del fregio si rimanda allepoca mi-tica, secondo linterpretazione che ne ha offerto E. Har-rison3? O piuttosto, secondo linterpretazione di LuigiBeschi, linsieme del corteo raffigurato da intenderecome un monumentale dono votivo in onore della dea,

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  • che comprende in una grandiosa sintesi il divenire sto-rico, conservando forme pi antiche accanto a quelle pirecenti4? Ma cosa accade nel fregio orientale, al terminedel lungo corteo che si biforca? Prima di tutto, i due seg-menti di testa della processione si arrestano per far po-sto agli eroi eponimi delle fula ( questa linterpreta-zione generalmente accolta di questi dieci uomini da-spetto dignitoso), disposti in due gruppi, quattro da unlato e sei dallaltro. Seguono, al centro, gli di dellO-limpo, che guardano verso lesterno, a quel che pare sen-za far caso alla scena centrale, la cosiddetta consegna delpeplo. Quale lettura possono aver dato i cittadini del-lAtene classica delle varie sezioni del fregio orientale?Avranno inteso gli eroi delle fula e gli di come ap-partenenti a ununica categoria mitica, pi o menochiaramente distinta dal carattere reale del corteo chesi spinge fino a questa parte del fregio? E soprattutto:quale grado di realt aveva per loro la scena centrale, nel-la quale secondo linterpretazione comunemente so-stenuta larconte basilej prende in consegna il nuo-vo peplo per la dea, mentre la sacerdotessa di Atena Po-liade riceve due fanciulle che portano sgabelli? Qui, perlinterpretazione dei dettagli, regna ancora fra gli stu-diosi un grosso disaccordo. Cosa accade realmente? Nep-pure il sesso del giovane partner dellarconte basilej chiaro. Dovendo qui trattare delliconografia mitica, iparticolari di questa discussione scientifica sono di inte-resse secondario; ma dobbiamo piuttosto sottolineare chela gamma delle interpretazioni della cosiddetta consegnadel peplo oscilla tra la concreta raffigurazione di un at-to di culto e la sfera del mito. forse questa la prima,mitica offerta del peplo, e quindi bisogna attribuire allepersone raffigurate nomi mitologici? Si persino tenta-to, spingendo questa interpretazione al limite, di ricon-durre tutta la scena centrale a un mito attico che ver-rebbe raccontato qui. Secondo questa interpretazione

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  • proprio il pi importante anello di congiunzione con ilculto di Atena, il peplo, verrebbe eliminato; ma essa, an-che a prescindere da questa circostanza, difficilmentecolpir nel segno5.

    Il fregio del Partenone un capolavoro polifonicoche sembra sottrarsi a un giudizio univoco: e proprioper questo esso di esemplare importanza in questavisione dinsieme sulliconografia del mito greco, inquanto chiaro come sia impossibile distinguervi net-tamente le categorie del mito, del culto, dellet dei pro-genitori e del presente vissuto nellAtene classica. Senon vado errata, il mito non vi compare come lintrec-cio di un racconto, ma su un piano pi generaleimpregna lintero fregio, infondendogli un tono eleva-to, suggerendo termini di passaggio aerei e leggeri e unalibera coesistenza di uomini, eroi e di (nel fregio orien-tale), che un diverso legame con la realt, che si mani-festasse per esempio mediante concreti rapporti spa-ziali, avrebbe drasticamente limitato.

    Nel fregio del Partenone, gli di non agiscono.Distinguendosi luno dallaltro per la sottile caratteriz-zazione delle loro identit individuali, essi siedono pio meno rilassati uno accanto allaltro guardando versoil corteo, come farebbero degli ospiti eminenti in postiprivilegiati, e osservano benevolmente le attivit degliuomini. Quando, al contrario, gli di si presentano comevendicatori, sar messo in azione un altro aspetto dellapotenza divina. La punizione degli empi, che sianouomini o eroi, rappresentata specialmente in epocaprotoclassica, in raffigurazioni spesso di grande impe-gno; a questo insieme tematico, anche quando non ingioco il dominio degli di, legato quello della Gigan-tomachia. Alcuni esempi: Apollo e Tizio su una coppadel Pittore di Pentesilea conservata a Monaco e su uncratere del Pittore di Egisto al Louvre; Artemide conAtteone sul cratere del Pittore di Pan a Boston; Apollo

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  • e la sorella Artemide che uccidono spietatamente i figlidi Niobe con le loro frecce per vendicare loffesa fattaalla loro madre Leto, nella famosa raffigurazione del cra-tere a calice parigino del Pittore dei Niobidi. Anchenelle scene in cui un dio insegue unamata di condizio-ne mortale, fortunate gi nellepoca protoclassica, gli dipossono assumere un aspetto minaccioso: cos nelleimmagini in cui una fanciulla spaventata scappa mentreil dio, inseguendola da vicino, rende sommamente chia-ra la propria superiorit brandendo il proprio attributodivino, lo scettro di Zeus o il tridente di Posidone. Glidi possono anche essere destinatari invisibili delle azio-ni umane, come nella toccante immagine del solitarioAiace che, inginocchiato a terra nudo, solleva le maninellatto di accusare gli di, prima di togliersi la vita(sulla lekythos di Basilea del Pittore di Alchimaco).

    Mentre nelle raffigurazioni dellet classica la popo-larit di Eracle diminuisce rispetto a quelle dellet arcai-ca, al termine del vi secolo ad Atene vediamo in primopiano Teseo come vero e proprio eroe nazionale degliAteniesi. Cos sono ormai legate a Teseo, e pi rara-mente a Eracle, anche la maggior parte delle immaginidellAmazzonomachia (che non potevano sorgere senzai modelli offerti dalla pittura monumentale). Ai granditemi figurativi che raggruppano molti soggetti partico-lari e coinvolgono il destino individuale di molti perso-naggi appartiene lIliuperside, che entr nel repertoriodei pittori di vasi gi nel vi secolo e conobbe una nuovae pi profonda interpretazione nellepoca della tragedia.Impressionante la raffigurazione di questo mito nel-lIdria Vivenzio del Pittore di Cleofrade di Napoli,dipinta allinizio del v secolo, alla soglia dellepoca clas-sica. Vi ritroviamo i famosi protagonisti che conoscia-mo attraverso i testi letterari, ma anche donne anonime,che subiscono, facendolo rivivere allosservatore, il ter-rore della guerra e della disfatta. Una giovane Troiana

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  • si piega a terra e alza le mani sul capo, in un disperatotentativo di difendersi e di nascondersi alla vista, men-tre accanto a lei Cassandra viene strappata dalla statuadi culto di Atena presso cui si era rifugiata, e dietro dilei, su un altare, il canuto Priamo inondato di sangue,con il nipote appena morto sulle ginocchia, attende ilcolpo mortale dalla mano di Neottolemo. La palma die-tro lanonima Troiana si piega come sferzata dalla tem-pesta, simboleggiando che in questa citt tutta la vita minacciata dalla rovina.

    LIliuperside appartiene ai temi significativi spessorappresentati anche in altri generi artistici. Tra i dipin-ti descritti dalle fonti antiche, di cui si detto al prin-cipio, ci sono due grandi raffigurazioni dellIliupersidedel pittore classico Polignoto. Nelle sculture del Parte-none la caduta di Troia messa a contrasto con altreimmagini di battaglie. LAmazzonomachia poteva, comelIliuperside, venire interpretata come un esempio delcontrasto tra Greci e barbari, mentre la battaglia deiLapiti con i Centauri poteva esser letta come allusionealle controversie fra le diverse stirpi greche. Tuttavia, iproblemi dei programmi iconografici complessi vannoben oltre il semplice inventario iconografico dei temirappresentati, poich mettono in gioco domande daltranatura, sui criteri di scelta e sulle intenzioni dei com-mittenti, di cui si parler nella seconda parte di questosaggio. A un ambito pi vasto appartiene anche il giu-dizio sullaccresciuta popolarit di cui poterono godereAfrodite e la sua cerchia, i favoriti della dea e il suomondo idilliaco, proprio in quel momento, cos difficileper gli Ateniesi, che segu alla guerra del Peloponneso.

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  • Seconda parte

    1. Le immagini del mito e il loro pubblico.

    Come venivano intese nellantica Grecia le imma-gini del mito? Oggi non si pu certo trovare una rispo-sta esauriente a questa domanda, ma il materiale che ci stato tramandato ci consente di fare alcune osserva-zioni e ipotesi ben fondate. In un primo tempo, desi-deriamo per quanto possibile a un interprete moder-no assumere il punto di vista dellosservatore che, pio meno passivamente, riceve il messaggio trasmessodalle immagini, lasciando per il momento da parte tuttii problemi relativi al punto di vista del produttore diquelle immagini lartista-artigiano o del commit-tente. Bisogna anche, al tempo stesso, tenere ben pre-sente il fatto che i limiti tra il fruitore passivo e il pro-duttore attivo sono fluidi, dato che i cittadini greci, cioi potenziali osservatori, influenzavano il contenuto delleimmagini che li circondavano. Erano in gran parte pro-prio le loro richieste, i loro interessi e le loro preferen-ze a costituire i criteri di scelta, avendo dunque unruolo centrale nella decisione di rappresentare (o di evi-tare) determinati temi. Nel ricco repertorio delle imma-gini mitiche dipinte sui vasi greci, che spettano in pre-valenza alla sfera privata dei cittadini (se si prescindedalle rappresentazioni standardizzate dipinte sulle anfo-re date in premio dallo stato ai vincitori delle Panate-

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  • naiche), entrano in gioco gli interessi dei fruitori, men-tre daltro canto larte ufficiale della polis, attraverso iprogrammi iconografici degli edifici pubblici, potevafungere da trendsetter e influenzare liconografia dellaceramica e dellarte artigianale.

    Che cosa rendeva leggibili le immagini del mito,come era possibile che gli osservatori greci potessero dinorma identificarne i temi, anche se molto spesso nonerano aiutati da iscrizioni esplicative? La leggibilit sibasava probabilmente in prevalenza su un meccanismodi riconoscimento, su una certa ridondanza delle unitfigurative allinterno di un pi ampio sistema formatoda segni ben conosciuti. Losservatore antico, comequello moderno, sommando, con un procedimento pio meno rapido e spesso appena consapevole, le singoleimpressioni di segni noti, arrivava a un primo livello diidentificazione del contenuto dellimmagine, primaancora di porsi un qualsiasi interrogativo sul suo signi-ficato pi profondo. Se si trattava di un uomo conuna pelle di leone e la clava, la denominazione Eraclepoteva immediatamente coincidere con la percezione(pur superficiale) dellimmagine, mentre per altri temi ilprocedimento di addizione delle singole osservazioni,fino ad arrivare a una soluzione felice, richiedeva pitempo, e pertanto era avvertibile come un processointerpretativo. Le rappresentazioni figurative si divido-no in gruppi, in schemi, che sicuramente anche losser-vatore antico riusciva a classificare: le scene di battagliasi differenziano al primo sguardo dalle pi tranquille riu-nioni degli di; allinterno dei gruppi pi complessi diimmagini si possono osservare delle particolarit chepermettono di circoscrivere sempre pi specificamenteil contenuto della rappresentazione. Un Greco potevaidentificare per lo pi senza difficolt i protagonistidelle immagini mitiche, determinati di o eroi. La deno-minazione esatta gli veniva offerta dalla situazione e,

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  • soprattutto nelle immagini arcaiche, dagli attributi carat-teristici di ogni singola figura mitica.

    Possediamo almeno una testimonianza dellepocaclassica anche se fittizia dalla quale si desume comepotevano essere lette e identificate le rappresentazionifigurative dei miti. Nello Ione di Euripide le donne delcoro le schiave che hanno accompagnato Creusa a Del-fi vedono le figure della decorazione del tempio e lecommentano, facendo notare luna allaltra le singoleimmagini: in questa scena ci possibile apprezzare i di-versi gradi del meccanismo di lettura e identificazioneiconografica. Alcune immagini vengono riconosciute im-mediatamente: Eracle che combatte contro lIdra cheviene chiamata di Lerna; anche larma usata per questaavventura, la rph, risulta ben nota alle donne. Il com-pagno di Eracle, al contrario, viene allinizio solo de-scritto, come un uomo con una torcia fiammeggiante; eil suo nome, Iolao, le donne della tragedia di Euripidelo ricavano non dal ricordo di immagini viste in prece-denza, ma dai racconti ascoltati nella stanza della tessi-tura. In questo caso certamente significativo che a par-lare siano donne e schiave alle quali negato laccessoal simposio, che era una possibilit di entrare in rela-zione con i miti attraverso la parola e limmagine. Male accompagnatrici di Creusa reagiscono in modo anco-ra diverso di fronte allimmagine di Bellerofonte in sel-la a Pegaso: stavolta esse non pronunciano alcun nome,ma si limitano a descrivere ci che vedono, un mostrocon tre corpi, e sembra proprio che non riescano aidentificare questo mito (che nellAtene classica era rap-presentato piuttosto raramente). Euripide invece sot-tolinea il fatto che alle donne particolarmente fami-liare un tema di cui ricca la tradizione dellarte attica,quello della Gigantomachia. Esse non sono soltanto ingrado di riconoscere uno per uno gli di che combatto-no naturalmente la loro dea protettrice della citt e

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  • Dioniso armato di tirso ma anche di attribuire il no-me a due dei Giganti.

    Questo testo drammatico circoscrive una scala rela-tivamente esigua di possibilit di lettura delle immagi-ni mitologiche: possiamo immaginare che essa corri-sponda al bagaglio iconografico minimale di un cittadi-no medio della polis. Con laumento delle immaginidisponibili, ora dipinte sui vasi del simposio, ora scol-pite nelle decorazioni dei templi, aument certamenteanche la potenziale abilit di identificare i temi delle rap-presentazioni mitiche.

    Per dare un nome alla figura di Iolao, le donne delloIone devono ricorrere ai racconti che avevano ascoltato.La parola ricordata viene in aiuto allimmagine vista, perpoterla chiarire con pi precisione. Bisogna arguirneche limmagine di un avvenimento presuppone almenouna rudimentale base linguistica, con lausilio della qualeviene definito il rapporto dei personaggi tra loro? Inrelazione con la domanda sulla leggibilit delle imma-gini bisogna ricordare che, anche se le immagini appar-tengono in primo luogo a una categoria espressiva diver-sa da quella del racconto verbale, esse tendono, nellac-quisizione cognitiva da parte di chi le osserva, a ritra-sformarsi in forma verbale. un processo simile a quel-lo della descrizione narrativa, che un esito di opera-zioni logiche attraverso le quali losservatore cerca dichiarire non soltanto i rapporti formali ma anche quel-li di contenuto delle figure e degli oggetti rappresenta-ti nellimmagine mitica. Limmagine mitologica sembrapossedere uno stato daggregazione dotato di una suaspeciale instabilit, che tende a condensarsi (parzial-mente) nella parola utilizzata per descriverla. Al con-trario, il mito tende a rendersi visibile o attraverso larappresentazione in immagine o attraverso la presenzacorporea nel rito. Limmagine del mito si differenziasostanzialmente dalla sua forma verbale per una strut-

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  • tura narrativa di ben diversa natura, per la sua diversasintassi. Molti collegamenti che nella narrazione let-teraria e orale possono essere facilmente realizzati, nonsono possibili in unimmagine: per esempio, non vi sipossono rappresentare chiaramente le relazioni tempo-rali, il prima e il dopo, e le possibilit di far riferi-mento al futuro sono estremamente limitate; inoltrelimmagine ha possibilit molto limitate di indicare nessicausali.

    Perch lira di Achille? Le immagini che hanno peroggetto lambasceria di Odisseo e dei suoi compagninon possono, in ogni caso nella limitata forma di una sin-gola immagine, rendere visibile il motivo per cui Achil-le sordo alle preghiere dei compagni e vuole star lon-tano dalla battaglia. Soltanto le armi, in un certo sensoeloquenti, poste in secondo piano nella raffigurazionefanno pensare alla particolare circostanza che adesso learmi devono stare a riposo, ma anche che, nella storiache condurr alla morte di Patroclo e infine anche aquella di Achille, le armi svolgono un ruolo fatale. Quan-do il Pittore di Trittolemo, sullo stamnos conservato aBasilea, raffigura proprio nel centro dellimmagine, difronte ad Achille irato, un isolato elmo che dalle vuoteorbite oculari sembra indirizzare uno sguardo pieno diammonimento verso leroe, ci troviamo di fronte a unesempio che illustra le specifiche potenzialit di unim-magine; nella narrazione lelmo appeso non avrebbe pos-seduto certamente un significato di uguale pregnanza.Esempio simile quello della palma nellimmagine del-lIliuperside del Pittore di Cleofrade. Limmagine dellostamnos di Basilea non ci spiega comunque la causa dellarabbia di Achille.

    Il pittore vascolare Macrone sul suo skyphos del Lou-vre6 usa uno dei pochi mezzi a disposizione della sua ar-te per fornire una precisazione causale, raffigurando sul-laltro lato del vaso lallontanamento di Briseide, cio la

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  • causa che aveva scatenato lira di Achille. Il Pittore diBriseide, cos denominato da questo mito, mostra su en-trambe le facce esterne della coppa del British Museum7

    il tragitto di Briseide che viene portata via da Achille edata ad Agamennone. Sul bordo della coppa seduto,nella sua tenda, Achille ammantato, quindi gi in quel-latteggiamento che caratterizza la sua lunga e implaca-bile ira, in particolare nelle raffigurazioni dellambasce-ria (come quella del Pittore di Trittolemo). Le immagi-ni si collegano fra loro in un sistema, costituendo un re-pertorio noto e pi volte ripetuto; e allinterno di quelsistema il singolo tipo di immagine come, in questo ca-so, Achille seduto e ammantato pu ampliare le po-tenzialit sintattiche della raffigurazione. Losservatoreche conosce la storia e le immagini in questo caso nonmeno importanti in grado di dedurre le conseguenzedel rapimento di Briseide: Achille adirato, seguir li-nutile ambasceria, lazione successiva si svilupper in mo-do inarrestabile.

    La successione temporale raffigurabile nella singo-la immagine soltanto per gradi: sulla coppa di Londra siassiste al lento allontanamento di Briseide dalla tenda diAchille; per i passi successivi, che descrivono un momen-to posteriore e la fine di un movimento, il pittore ha biso-gno di una seconda immagine, laltra faccia della coppa.

    Le rappresentazioni cicliche, nelle quali gli stessi pro-tagonisti vengono rappresentati pi volte, sono un mez-zo per indicare una sequenza che non si svolge secondoun ritmo uniforme, ma frammentaria, dato che si pusupporre che tra i singoli episodi ci sia un intervallo ditempo indeterminato. Nel vi e v secolo si fatto uso diquesta possibilit non molto comune per illustrare le va-rie imprese di Eracle o di Teseo, soprattutto con imma-gini particolarmente adatte, quelle che si sviluppano in-torno a una coppa. Un esempio significativo quello delfregio dentro la grande coppa del Pittore di Pentesilea

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  • di Spina conservata a Ferrara, che corre tuttintorno almedaglione interno. Si ha un diverso effetto quando leimmagini sono distribuite in un fregio metopale, dove latipologia architettonica incoraggia la creazione di im-magini singole, come per esempio nel tesoro degli Ate-niesi a Delfi, dove sono illustrate le imprese di Eracle eTeseo. I rilievi del cosiddetto qhsaurj di Foce del Se-le presso Paestum dimostrano tuttavia che, nonostanteil ritmo costante dellalternanza di metope e di triglifi,la narrazione mitologica di ununica scena poteva di-sporsi con generosa noncuranza occupando pi di un qua-dretto metopale.

    Alcuni artisti classici hanno cercato di esprimere nelleloro immagini la durata dellattimo una speciale qua-lit, su cui ha richiamato lattenzione Keats nella sua Odeon a Grecian Urn mettendo a fuoco ci che in apparenza effimero, il carattere transitorio di un avvenimento,con determinati segni figurativi particolarmente contra-stanti con la statica monumentale dellopera architetto-nica o del vaso the Grecian Urn. Nel frontone orienta-le del Partenone la nascita di Atena avviene tra gli diche indicano listante in cui comincia il giorno: Elios, chesorge dalloceano sul suo carro, e Selene, che si immer-ge nellacqua. Non invece sicuro che sul frontone occi-dentale dello stesso tempio si vedesse listante in cui ilfulmine di Zeus si abbatteva tra Atena e Posidone, deci-dendo del possesso della terra attica. La stessa scena rappresentata comunque in unidria di Pella, di una gene-razione pi tarda, in cui presente di fatto limmaginedel fulmine: un altro impressionante esempio della pos-sibilit di arrestare con limmagine il momento decisivo,come estendendone la durata.

    Gli edifici, ma anche i vasi, sono opere composte damolti elementi e come tali adatte a immagini disposte insequenza. stato dimostrato che gli artisti hanno usatoquesta circostanza per compensare certe manchevolez-

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  • ze dellimmagine singola, come per esempio per rende-re evidente la relazione di causa e effetto tra gli avve-nimenti. Due o pi immagini possono, invece di aggiun-gersi luna allaltra, essere poste in contrasto fra loro.Potenzialit espressive ancor pi ampie si hanno quan-do sullo stesso monumento vengono raffigurate imma-gini di miti diversi in relazione fra loro, che, nella deco-razione templare, possono disporsi in veri e propri pro-grammi iconografici. Queste serie di immagini richie-devano allosservatore contemporaneo (ma anche a quel-lo moderno) unosservazione pi intensa.

    Le schiave dello Ione di Euripide, che ci appaiono letipiche rappresentanti di un pubblico senza una prepa-razione approfondita, si accontentano semplicemente diidentificare i singoli temi rappresentati; n veniamo asapere se fossero in grado di stabilire relazioni di signi-ficato tra le singole rappresentazioni che esse ammiranocon lingenuo piacere di riconoscerle e dar loro un nome.Un osservatore pi esigente deve comportarsi in mododiverso, e tentare subito di inserire limmagine identifi-cata in uno o pi sistemi di riferimento. Un tal passag-gio dallanalisi iconografica a quella semantica nondovrebbe esser fatto in modo affrettato e improvvisato.Soltanto quando il campo iconografico stato quanto pipossibile definito, quando si analizzato linsieme dellerappresentazioni di ogni singolo tema con tutte le sueramificazioni, diventa possibile riconoscere i tratti costi-tutivi di unimmagine data, constatarne le deviazioni, leomissioni e le aggiunte rispetto agli schemi figurativi cor-renti, e finalmente trarne le possibili deduzioni finali.Nella fase successiva (e pi complessa), le immaginidiventano patrimonio dellosservatore attraverso lana-lisi semantica, nella quale il giudizio soggettivo ha unruolo pi grande; essa fa passare in seconda linea la sem-plice domanda iconografica sul che cosa rappresen-tato a favore del come?, perch?, a quale scopo?.

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  • Lattenzione si sposta sui partners del fruitore: lartistae il committente, a cui va attribuita la responsabilit delprogramma iconografico. Non di rado losservatoremoderno correr il pericolo di costruire (invece di ri-costruire) programmi che non corrispondono alle inten-zioni dellantico realizzatore. (Non discuteremo qui lalegittimit di tale attivit del fruitore, che quasi ricrealopera darte mediante la propria interpretazione; dal-tronde anche losservatore antico poteva compiere uno-perazione simile, basandosi su associazioni personali o sufecondi errori di lettura). In vari casi il nesso intenzio-nale tra le immagini si pu arguire con certezza o connotevole verosimiglianza, poich coincide con i topoiconosciuti attraverso la letteratura classica, in particola-re le opere degli oratori attici.

    Abbiamo gi accennato allaccostamento di diversicicli mitologici sulle metope suddivise sui quattro lati delPartenone: Iliuperside, Amazzonomachia, Centauro-machia e Gigantomachia. La relazione concettuale traqueste rappresentazioni , in un certo senso, evidente:si tratta di battaglia, vittoria e sconfitta nella lotta con-tro i barbari, ma anche contro altri Greci e nelle meto-pe orientali del trionfo degli di sui loro avversari(anche se tuttora oggetto di discussione il significatodelle metope centrali del lato sud, di cui sono rimasti sol-tanto dei frammenti). In vari altri monumenti la com-binazione dei diversi miti non ci porta a riconoscereunidea dominante; sembra dunque di poterne dedurreche ci troviamo di fronte a princip di accostamento deidiversi miti fra loro che sono per noi di ben difficileaccesso, a forme di associazione pi libere, che richia-mano semmai il particolare carattere delle similitudiniomeriche. In questa forma letteraria, la situazione evo-cata nella similitudine coincide spesso solo in alcunipunti con quella della narrazione principale. La simili-tudine viene introdotta proprio sulla base di questa par-

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  • ziale coincidenza, e il suo pregio sta proprio nel fatto chenoi percepiamo s i punti di contatto fra un piano e lal-tro, ma anche, e al tempo stesso, intravediamo tuttaunaltra realt, evocata dalla similitudine inserita nellanarrazione principale. Un altro parallelo pu essere cer-cato anche nella lirica corale, in particolare nelle odi diPindaro, in cui il poeta mette in rapporto fra loro varimiti che non hanno uno stretto legame fra loro: anche iprogrammi iconografici, apparentemente eterogenei, dialcuni edifici sacri potrebbero essere interpretati secon-do un analogo meccanismo.

    significativo, per esempio, che gli interpretimoderni non siano riusciti a trovare ununica chiave dilettura per la sequenza delle metope del qhsaurj arcai-co di Foce del Sele, anche se in questo caso bisogna con-siderare che esiste unulteriore difficolt metodologica,dato che una parte dei rilievi, frammentari, non si pos-sono attribuire con certezza a un determinato ciclo mito-logico. Del resto, sembra che ricerche recenti abbianomesso in dubbio lappartenenza di tutte le metope ad ununico edificio. La peculiarit di unassociazione piincerta delle immagini mitologiche diventa ancor pichiara se si confronta con un tipico ciclo ellenistico. ACizico, Eumene II e Attalo II fecero costruire nel ii seco-lo a. C. un tempio in onore della loro madre, che ador-narono con una serie di stulopinkia (probabilmentetavole poste su pilastri). Il tema generale era lamore tramadri e figli, rappresentato in numerosi esempi trattidalla mitologia e dalla storia. Allorigine di questo pro-getto unitario, che aveva un unico punto di vista e untitolo chiaro, fu lattivit degli eruditi dediti alla rac-colta sistematica dei miti, il cui esito finale furono poile opere mitografiche dellepoca pi tarda. Si pensi adesempio ai semplici princip ordinativi dei titoli di Igino:madri che hanno ucciso i propri figli, assassini di fami-liari, donne scellerate, donne caste...

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  • In considerazione della ricchezza dei miti rappre-sentati, il cratere attico di Clizia ed Ergotimo (circa570 a. C.) si pu paragonare a un edificio sacro. Nel suoprogramma figurativo la scelta di determinate figuremitologiche e delle loro imprese pu essere motivata dainteressi genealogici rivolti verso la successione di gene-razioni mitiche. Cos il matrimonio di Peleo e Teti, cheoccupa molta parte della decorazione, rimanda al lorofiglio Achille, che si trova in una posizione centrale inaltri fregi del cratere, e alla fine, dopo che caduto inbattaglia, viene trasportato via dal suo compagno Aiace.Ma in che rapporto con la storia di Achille e dei suoigenitori sono gli altri miti cui viene dato ugualmente unampio spazio: Teseo a Creta (questa probabilmente lacorretta interpretazione della scena con Arianna), la cac-cia al cinghiale calidonio e il ritorno di Efesto? Una par-ticolarit di questo importante vaso che lautore sicompiace nello scrivere i nomi: e Clizia non scrive sol-tanto i nomi degli uomini, degli eroi, ma anche deglioggetti anche dellidria caduta a terra e della fontananella scena con Achille e Troilo con uno zelo degno diAdamo nel Paradiso terrestre. Particolarmente degno dinota per il fatto che i giovani e le fanciulle che hannoaccompagnato Teseo a Creta portano nomi dellanticatradizione attica, come stato fatto giustamente nota-re. evidente che qui entra in gioco un interesse genea-logico indirizzato non solo alla successione mitologicadelle generazioni, ma anche a legittimare tradizioni loca-li. Tali tradizioni specificamente locali sono probabil-mente un fattore importante che contribuiva alla sceltadei temi adatti per la decorazione di un tempio, accan-to a un pi ampio e debole meccanismo di associazioniche ammetteva, e anzi favoriva, combinazioni di mitidifficili da giustificare razionalmente. Il riferimentolocale riveste evidentemente un ruolo importante neifrontoni del Partenone: anche se la grandiosa composi-

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  • zione del frontone orientale comprende tutto il mondocircondato dallOceano fino alla cima centrale dellO-limpo, la collocazione dei singoli di fa riferimento allaconcreta topografia di Atene e alla posizione, in essa, deiloro templi; il tema del frontone occidentale, la lotta traAtena e Posidone per il possesso della terra attica, lega-to ad Atene come nessun altro.

    2. Immagini e rappresentazione di valori.

    Il sistema figurativo della polis, in cui tutto sembracollegarsi con tutto, adatto per veicolare norme divalore. Tuttavia, sembra a prima vista difficile pensareche anche le raffigurazioni sui vasi e non solo quellesui monumenti ufficiali siano state realizzate regolar-mente e intenzionalmente allo scopo di trasmettere talinorme. Ma il repertorio della pittura vascolare facevaparte di un insieme pi vasto; rifletteva un clima cultu-rale, una Weltanschauung condivisa dalla maggior partedei cittadini allinterno della protettiva societ dellapolis. Il gruppo degli ideatori del programma figurativodel Partenone (certamente non si tratt del solo Fidia,ma semmai di artisti che lavorarono fianco a fianco coninfluenti cittadini dellera di Pericle) non formul unanuova versione di miti antichi e venerati, ma ne sotto-line determinati aspetti.

    In generale si pu osservare che non soltanto larteufficiale ma anche la pi o meno privata iconografiadei vasi mostra un carattere decisamente assertivo: insostanza, vi vengono affermate le condizioni di ci cheesiste; vengono tramandati i giudizi di valore dominan-ti nella societ della polis. La funzione stabilizzatricedelle immagini mitologiche dei Greci corrisponde a quel-la del mito stesso, come anche a quella delle cerimonierituali in uso nella polis. sorprendente il fatto che le

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  • irriverenti commedie non hanno lasciato quasi nessunsegno nellarte attica diversamente da ci che acca-duto nellItalia meridionale, la patria delle rappresenta-zioni dei cosiddetti fliaci. Sembra che nellAtene del-lepoca classica gran parte degli artisti figurativi abbia-no considerato sospetta lidea della comicit; ne trovia-mo invece non poche espressioni divertenti nellartedellepoca tardo-arcaica. In relazione con la predomi-nanza del carattere serio il fatto che alcuni pittori divasi, gi al culmine dellepoca classica, mostravano ten-denze che gli osservatori moderni sono tentati di defi-nire classicistiche. Il classicismo incomincia dunquegi nellepoca classica?

    Tale carattere assertivo, sul quale abbiamo richia-mato lattenzione, visibile anche nelle raffigurazionidegli di. Sembra proprio che le loro azioni non sianostate oggetto di una cosciente teodicea. Raramente nelleimmagini viene data forma a unaccusa (come quella diCreusa abbandonata da Apollo nella tragedia di Euripi-de Ione). Rappresenta uneccezione limmagine del vasogi citato di Basilea che raffigura Aiace, immediata-mente prima del suicidio, nellatto di accusare gli didella sua sorte crudele.

    evidente che molte immagini greche che rifletto-no lideale eroico del guerriero intendono trasmetteregiudizi di valore e norme di comportamento corrispon-denti. In questo ambito, le rappresentazioni mitologichein senso pi stretto quelle che hanno come protagoni-sti eroi chiaramente identificabili si legano quasi senzasoluzione di continuit al gruppo delle immagini (stiliz-zate e per nulla realistiche) della vita umana. Un eroe delmito parte per la battaglia, prende commiato dalla suafamiglia e compie il rito dovuto, la libagione, propriocome gli anonimi guerrieri che potevano rappresentaretutti i cittadini ateniesi; e le figure mitiche, un Ettore oun Achille, hanno la precedenza per il loro valore esem-

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  • plare. Talora anche possibile osservare, sullo stessovaso, una transizione fluida tra il mondo del mito ela vita degli uomini: alcuni esempi caratteristici si pos-sono indicare fra le raffigurazioni del Pittore di Amasidella seconda met del vi secolo. Ingeborg Scheibler hamostrato in modo convincente che i giovani rappresen-tati secondo il tipo del kouros arcaico che ricorrono nelleaustere composizioni di questo pittore, ai margini o comespettatori, possono rappresentare i giovani cittadini dellapolis qui ancora prima dellepoca della democrazia ate-niese classica , ai quali viene additato come esempio ilcomportamento eroico e aristocratico8.

    Ma lintero sistema dei segni figurativi era davveroorganizzato come assertivo di norme di vita della polis,o esistevano evasioni, spazi completamente privati?Certamente una grossa parte delle immagini dei vasi,almeno su quelli destinati ai simposi, rifletteva unmondo cittadino pi privato, anche se presupponeva,seguendole nel dettaglio, le stesse norme culturali. proprio da questo settore dellimagerie che possiamoimmaginarci il tipo degli prgmonej, dei cittadini nonattivi in politica, che dovevano esserne consumatori efruitori. Questo concetto di pragmosnh indica lal-lontanarsi dalle occupazioni pubbliche, la scelta di unavita tranquilla. Nel discorso sui caduti riferito da Tuci-dide (che certo lo rimaneggi in modo sostanziale)9 Peri-cle rimprovera questa astinenza dalla politica: ad Atene,chi non si occupava dei doveri della polis, della politica,veniva definito non (solo) un prgmwn (non attivo) mapiuttosto un creoj (inutile).

    Allpragmosnh erano inclini certamente alcunidegli agiati figli dellaristocrazia, come i giovani elegan-ti bellimbusti, contemporanei dei figli di Pisistrato, chevediamo rappresentati dal Pittore di Andocide. Lartefigurativa tardo-arcaica, che rappresent i kouroi delPittore di Amasi come, un po di tempo dopo, i giova-

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  • ni eleganti del Pittore di Andocide, sembra oscillare travalori assai diversi fra loro: disponibilit a mettersi allaprova in battaglia e raffinato gusto di vivere. Nellico-nografia dellinizio e del culmine dellepoca classica ilprincipio edonistico (stilizzato) viene invece retrocessoin secondo piano. Infine, verso la fine del v secolo,dopo le sfortunate esperienze della guerra del Pelopon-neso, lideale dellpragmosnh si manifesta di nuovonelle immagini, in forma diversa e con nuovo contenu-to, come tornando a un mondo mitico trasfigurato,espresso da Afrodite ed Eros, insieme a giovani di gran-de bellezza come Adone, Dafni o Faone.

    In alcuni casi possibile leggere, nel senso letteraledel termine, le rappresentazioni dei valori veicolati tra-mite le immagini, dato che le figure sono accompagna-te da scritte. D ragione di riflettere il fatto che tali elo-quenti iscrizioni, che offrono non solo semplici nomi dipersonaggi mitologici, ma spesso anche di personifica-zioni di concetti positivi, si trovano pi frequentemen-te proprio nelle immagini idilliache e apparentemen-te lontane dalla realt del tardo v secolo. Esempio carat-teristico una lekythos a figure rosse di Berlino10 sullaquale solo da poco Irma Wehgartner ha scoperto treiscrizioni: il giovane e bellAdone accompagnato dadue donne dai nomi eloquenti di Eunomia e Eukleia buona legislazione e buona fama che, come Wehgart-ner ha giustamente interpretato, devono illustrare li-deale di un amore dominato dalla moderazione, e ciproprio in relazione con Adone, loggetto damore perantonomasia. Anche su altri vasi di questepoca ricor-rono gli stessi nomi o altri nomi di personificazioni.Ritorna qui dunque la domanda sul raggio dazione deimessaggi, sui loro destinatari. Bisogna supporre che ilsistema di valori propagato da queste immagini vasco-lari classiche non voglia n possa rivendicare ideali vin-colanti per gran parte della polis, come invece dobbia-

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  • mo supporre nelle pi antiche rappresentazioni dei guer-rieri in partenza? In ogni caso i nuovi (?) ideali non-eroi-ci non si tramandano pi attraverso le immagini di guer-rieri e di kouroi allenati per le gare sportive. Le carat-teristiche delle accompagnatrici di Adone sulla lekythosdi Berlino sarebbero di ben poco interesse se ci limitas-simo al solo piano delliconografia, ma ci resterebberoindifferenti anche sul piano semantico se non ci fosse-ro le iscrizioni esplicative. In casi come questo neces-sario che la parola esplicativa, il sostantivo che descri-ve un concetto venga in aiuto dellimmagine.

    Nelle osservazioni precedenti, allo scopo di illu-strare alcune circostanze basilari, abbiamo dato perscontato un presupposto che in realt fittizio: che li-conografia di Atene sia stato un sistema completamen-te autoreferenziale, creato esclusivamente dagli Ate-niesi per gli Ateniesi e perci comprensibile soltanto inrelazione alla societ di questa citt. In realt non cosper una gran parte della ceramica attica, particolar-mente per quella di cui ci interessiamo, appartenente alvi e v secolo a. C., dato che moltissimi vasi furonoesportati da Atene nellepoca della loro produzione(come durante lepoca arcaica anche da altri centri diproduzione, per esempio da Corinto); e i loro principaliacquirenti furono gli Etruschi. Le rappresentazionifigurative dovevano dunque essere apprezzate e com-prese anche dai clienti etruschi, anche se le connota-zioni significative per gli Etruschi non coincidevano deltutto con quelle valide per gli Ateniesi. In questa sedesi pu solo dare un rapido cenno di questo problema,utilizzando come esempio le raffigurazioni vascolari delmito eleusino, in particolare la missione di Trittolemo.Questo, che sembra un motivo tipicamente attico, inrealt specialmente frequente, come dimostrano i rin-venimenti archeologici, sui vasi esportati in Etruria eCampania: bisogner quindi concluderne che il culto

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  • eleusino aveva in queste regioni un gran numero diseguaci.

    I vasi, che hanno occupato un cos ampio spazio nelnostro panorama sui singoli aspetti delliconografia, sidistinguono dagli altri generi artistici per singolare abbon-danza e variet, e perci offrono una base attendibile perrecuperare almeno una grossa parte delliconografia cheera elemento obbligato nella vita di unantica polis. Essiinoltre, come abbiamo rilevato parlando della loro espor-tazione, sono caratterizzati dalla loro mobilit. I grandiedifizi sacri o profani, la pittura murale e i gruppi monu-mentali votivi o celebrativi erano legati a un luogoconcreto, mentre i vasi greci, attraverso le loro immagi-ni, riuscirono a portare anche il loro contenuto ideale interritori lontani del mondo abitato, lokoumnh. La loroazione sulla periferia, la risposta dei non-Greci alle pro-vocazioni e alle sfide che venivano lanciate dalle imma-gini, sono argomento per una ricerca che varrebbe la penaintraprendere e per la quale rimane ancora molto da fare.

    1 Cfr. la fig. 28 del saggio di T. Hlscher (Apollo, dal frontoneoccidentale del tempio di Zeus a Olimpia).

    2 erodoto, 7.189.3 e. harrison, Time in the Parthenon frieze, in e. berger (a cura

    di), Parthenon-Kongress Basel, Basel-Mainz 1984, pp. 230 sgg.; id., TheWeb of history. A conservative reading of the Parthenon frieze, in j. neils(a cura di), Worshipping Athena. Panathenaia and Parthenon, Madison1996, pp. 198 sgg. Per la bibliografia dettagliata degli studi che riguar-dano il fregio del Partenone pi di recente e. berger e m. gisler-huwi-ler, Der Parthenon in Basel. Dokumentation zum Fries, Basel-Mainz1996.

    4 l. beschi, Il fregio del Partenone. Una proposta di lettura, in AttidellAccademia Nazionale dei Lincei. Rendiconti, serie 8, XXXIX(1984), pp. 173 sgg.

    5 j. b. connelly, The Parthenon frieze and the sacrifice of the Ere-chtheids: reinterpreting the peplos scene, in American Journal ofArchaeology, XCVII (1993), pp. 309-10; id., Parthenon and Parthe-

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  • noi: a mythological interpretation of the Parthenon frieze, ivi, C (1996),pp. 53 sgg.

    6 Parigi, Louvre G 146 (ARV 458, 2, con bibliografia). Buone illu-strazioni in Antike Kunst, XXVI (1983), tav. 32, 1-4; pi recente:n. kunisch, Makron (Kerameus, 10), Mainz 1997.

    7 Londra, British Museum E 76 (ARV 406, 1 con bibliografia).Illustrazioni dei due lati della coppa: k. friis johansen, The Iliad inGreek Art, Copenhagen 1967, pp. 158-59, figg. 58-59.

    8 i. scheibler, Die Kuroi des Amasismalers, in Proceedings of the3rd Symposium on Ancient Greek and Related Pottery, Copenhagen1987, pp. 547 sgg.

    9 tucidide, 2.40.3.10 Berlino, Staatliche Museen F 2705 (ARV 1317, 2). i. weh-

    gartner, Das Ideal massvoller Liebe auf einem attischen Vasenbild. Neueszur Lekythos F 2705 im Berliner Antikenmuseum, in Jahrbuch desDeutschen Archologischen Instituts, CII (1987), pp. 185 sgg., figg.1-2, 5-6. Cfr. anche r. hampe, Eukleia und Eunomia, in Mitteilun-gen des Deutschen Archologischen Instituts (Rmische Abteilung),LXII (1955), pp. 107 sgg.; h. a. shapiro, Personifications in Greek Art,Zrich 1993, pp. 70 sgg.; j.-m. moret, LApollonisation de limagerielgendaire Athnes dans la seconde moiti du ve sicle, in RevueArchologique, 1982, p. 120.

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