1929/1945: la percezione del mito sovietico e del mito ... · In realtà le fabbriche sono ... Il...

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Francesco G. Manetti https://www.ereticamente.net/2014/05/19291945-la-percezione-del-mito-sovietico-e-del-mito-statunitense-in-due-grandi-autori-del-fumetto-prima-parte-herge-tintin.html Hergé di Francesco G. Manetti Questo intervento potrebbe anche essere considerato un “proseguimento logico” dell’articolo pubblicato sulle pagine di EreticaMente il 5 maggio scorso ( Léon Degrelle, ultimo atto: l’amore per il fumetto e il libro “eretico” messo al rogo! ). Si trattò allora di una recensione il più possibile approfondita e ragionata dell’ultimo libro di Léon Degrelle – terminato nel 1994, apparso inizialmente in Francia nel 2000, sequestrato, bruciato e uscito per la prima volta in Italia solo nel 2014. Il mio amico Tintin è un volume, fortemente autobiografico, dedicato ai rapporti di Degrelle con Georges “Hergé” Remi, il padre di Tintin, il Maestro belga del fumetto, l’inventore della scuola stilistica e artistica della Linea Chiara. Remi e Degrelle, a cavallo fra gli anni ’20 e ’30, lavorarono entrambi per il quotidiano cattolico- conservatore Le Vingtième Siècle di Bruxelles; Hergé collaborò con preziose illustrazioni e copertine ad alcune realizzazioni a stampa delle Éditions Rex di Degrelle. Fin qui una breve sintesi di ciò che abbiamo già pubblicato, tanto per “fare il punto”. Adesso andiamo ad analizzare come Hergé – lasciando parlare, tramite i suoi personaggi, le sue idee e la sua sensibilità sociale – traspose sulle sue tavole a fumetti la percezione che aveva di quei due fronti geopolitici che si stavano già delineando e che negli anni a venire si sarebbero scontrati senza esclusione di colpi arrivando fin quasi a scatenare il Genio della Lampada nucleare: l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche di Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, e gli Stati Uniti d’America, nell’epoca di Herbert Hoover, del Proibizionismo e della Grande Depressione economica. In un successivo articolo vedremo invece come, sugli stessi “argomenti globali”, scrisse e disegnò uno dei più grandi autori del fumetto italiano, l’immortale Benito Jacovitti – le planche originali delle cui storie hanno oggi una rilevanza museale. Sperduti nella Giungla delle Edizioni Per il supplemento giovanile Le Petit Vingtième del giornale diretto con piglio di ferro dal battagliero abate Norbert Wallez, il nostro Hergé realizzò a puntate otto avventure del giovane reporter Tintin e del suo cagnolino Milou, a partire dal 10 gennaio 1929; la nona avventura rimase a metà, quando, con il numero del 9 maggio

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Hergé

di Francesco G. ManettiQuesto intervento potrebbe anche essere considerato un “proseguimento logico”dell’articolo pubblicato sulle pagine di EreticaMente il 5 maggio scorso (LéonDegrelle, ultimo atto: l’amore per il fumetto e il libro “eretico” messo al rogo!). Sitrattò allora di una recensione il più possibile approfondita e ragionata dell’ultimolibro di Léon Degrelle – terminato nel 1994, apparso inizialmente in Francia nel2000, sequestrato, bruciato e uscito per la prima volta in Italia solo nel 2014. Il mioamico Tintin è un volume, fortemente autobiografico, dedicato ai rapporti di Degrellecon Georges “Hergé” Remi, il padre di Tintin, il Maestro belga del fumetto,l’inventore della scuola stilistica e artistica della Linea Chiara. Remi e Degrelle, acavallo fra gli anni ’20 e ’30, lavorarono entrambi per il quotidiano cattolico-conservatore Le Vingtième Siècle di Bruxelles; Hergé collaborò con prezioseillustrazioni e copertine ad alcune realizzazioni a stampa delle Éditions Rex diDegrelle.

Fin qui una breve sintesi di ciò che abbiamo già pubblicato, tanto per “fare il punto”.Adesso andiamo ad analizzare come Hergé – lasciando parlare, tramite i suoipersonaggi, le sue idee e la sua sensibilità sociale – traspose sulle sue tavole afumetti la percezione che aveva di quei due fronti geopolitici che si stavano giàdelineando e che negli anni a venire si sarebbero scontrati senza esclusione di colpiarrivando fin quasi a scatenare il Genio della Lampada nucleare: l’Unione delleRepubbliche Socialiste Sovietiche di Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, e gliStati Uniti d’America, nell’epoca di Herbert Hoover, del Proibizionismo e dellaGrande Depressione economica.In un successivo articolo vedremo invece come, sugli stessi “argomenti globali”,scrisse e disegnò uno dei più grandi autori del fumetto italiano, l’immortale BenitoJacovitti – le planche originali delle cui storie hanno oggi una rilevanza museale.Sperduti nella Giungla delle EdizioniPer il supplemento giovanile Le Petit Vingtième del giornale diretto con piglio diferro dal battagliero abate Norbert Wallez, il nostro Hergé realizzò a puntate ottoavventure del giovane reporter Tintin e del suo cagnolino Milou, a partire dal 10gennaio 1929; la nona avventura rimase a metà, quando, con il numero del 9 maggio

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1940 – a causa della guerra – il periodico sospese, per sempre, le pubblicazioni. Diquesti iniziali episodi in bianco-e-nero della saga avventurosa tintiniana i primi trefurono raccolti in volume dalla piccola casa editrice collegata al quotidiano (LesÉditions du Petit Vingtième), fra il 1930 e il 1932: Tintin au Pays des Soviets, Tintinau Congoe Tintin en Amerique. I cinque episodi completi successivi furono stampatida altri editori (come Casterman, che ancora oggi “vede e provvede”): Les cigares duPharaon, Le lotus bleu, L’oreille cassée, L’île noir e Le sceptre d’Ottokar.L’avventura interrotta – Tintin au Pays de l’or noir – fu ripresa e rielaborata solomolti anni dopo; in bianco-e-nero Hergé realizzò invece per Le Soir – sua nuova sedelavorativa dal settembre 1940 – un episodio nuovo di zecca, ovvero Le crabe auxpinces d’or.

La copertina della prima raccoltain volume dell’avventura di Tintin in Russia

L’incursione in Russia – a differenza delle storie ambientate in Congo, in America, inEgitto, in Cina e così via – non avrebbe mai avuto una versione postbellica(totalmente ridisegnata e poi a colori) e non sarebbe mai stata ristampata nei paesifrancofoni europei per ben 4 decenni! Nel Belpaese, addirittura, si sarebbe dovutoattendere gli anni ’90 per avere una traduzione in italiano, grazie alla romana ComicArt. In tutto questo lungo periodo di assenza dalle librerie i Sovieti ebbero numeroseedizioni “pirata”, mentre l’album originale saliva sempre più nelle quotazioni delmercato collezionistico.Fu lo stesso Remi a “disconoscere” quel suo primo, acerbo parto fumettistico conTintin. O almeno così si racconta, nelle biografie ufficiali e dotate di nulla-osta deglieredi. In realtà l’autore fu gentilmente invitato dai nuovi editori del Belgio“rinormalizzato” ed “epurato” a mettere la sordina al suo debutto “politico”,consigliandolo di rinnegare lo spirito “destrorso” di Tintin nel Paese dei Sovieti.Quando poi si trattò di ridisegnare le altre storie in bianco-e-nero, e poi nuovamentedi riadattarle ai nuovi gusti “colorati” del pubblico internazionale, persino quellefurono ritoccate nei testi – qualora ci fossero stati accenti che il moderno lettoreavrebbe potuto scambiare per irriguardosi contro certe etnie, lingue e culture… Talerevisionismo, tale “correttezza politica” si impose soprattutto nelle versionistatunitensi, soprattutto per quanto riguardava gli alcolici, il colore della pelle (molte“comparse” negre vennero sostituite da “comparse” bianche) e i nomi dei personaggidi contorno, etc.

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C’era una volta, nel Paese dei Sovieti…Tintin aux Pays des Soviets inizia con un’esplosione. Il giovane inviato belga,accompagnato dall’inseparabile e intelligentissimo fox-terrier Milou (o Milù, in certeversioni italiane), sta viaggiando per un reportage in treno verso Mosca, transitandovia Berlino, quando un anarchico fa esplodere una di quelle bombe a mano neresferiche di foggia ottocentesca (ma sempre attuale nei fumetti e nei cartoni animatiumoristici), distruggendo l’intero convoglio e facendo una carneficina. L’eroe dalciuffo biondo riesce a scampare alla morte e – dopo essere fuggito dalla galeradentro il quale era stato gettato con l’accusa di aver ordito l’attentato – riesce araggiungere l’URSS. Al commissariato di frontiera di Stolbtzy gli agenti del GPU(Gosudarstvennoe političeskoe upravlenie – il “direttorato politico dello Stato”, inforza fino al 1934, ex CEKA e antesignano del KGB) progettano immediatamente disopprimere il giornalista occidentale ficcanaso, ma non sparandogli un banale colpoalla nuca, bensì sperando di fracassargli il cranio facendolo scivolare su una bucciadi banana! Rimessosi Tintin in strada verso la capitale con un mezzo di fortunacapace di percorrere le rotaie, un bolscevico lo fa deragliare, ricevendo però incompenso un sacco di botte. Più avanti, in un villaggio industriale con il cieloperennemente oscurato dai fumi degli stabilimenti, un gruppo di comunisti inglesi intweed ammira con sospiri estasiati le meraviglie della produzione pesante delParadis Rouge che viaggia a pieno rendimento e profitto. In realtà le fabbriche sonofinte, poco più di quinte teatrali: il fumo nero viene prodotto bruciando fieno bagnatoe il clangore degli attrezzi degli operai è un effetto speciale da “rumoristi”hollywoodiani: martelli battuti su lamiera ondulata!

La copertina di un numero delPetit Vingtième contenente

una puntata della storiadi Tintin in URSS

I poliziotti segreti tentano poi di “infinocchiare” Tintin sfruttando la pietà borgheseverso i disadattati: il solito ceffo si traveste da barbone, elemosina una zuppa alreporter e tenta invano di arrestarlo, rimediando ancora pugni e ceffoni! Ecco poiuna libera sessione elettorale, per alzata di mano. Compagni– arringa la folla unpolitico dal palco – tre liste sono presenti. Una è quella del Partito Comunista! Chi sioppone a questa lista alzi la mano! Dunque, chi si dichiara contrario a questa lista?Nessuno? Proclamo perciò la lista comunista votata all’unanimità! Il tutto sotto il tirodi pistole automatiche… Successivamente Tintin, per sfuggire ai cekisti, indossa un

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lenzuolo fingendosi un terribile fantasma (dello zarismo?), scappa per le fogne, e poi– cambiando motoscafi e automobili a ogni angolo – giunge finalmente a Mosca. Qui,con la scusa che il passaporto non è in regola, il ragazzo viene gettato in unasquallida prigione (molto probabilmente una parodia della Lubjanka) dove la saladelle torture – con tanto di ferri roventi e letti di chiodi dal gusto medievale – ègestita da perfidi cinesi.Un’altra fuga rocambolesca permette finalmente a Tintin di osservare la situazioneper le strade della capitale. A poco più di dieci anni dalla Rivoluzione di Lenin Moscaè ridotta all’ombra di se stessa: bande di giovincelli vagabondi e orfani, ridotti ascheletri umani dall’inedia, fanno la fila davanti al banco di un commissario delpopolo, che dona loro un tozzo di pane solo se ammettono di essere comunisti. Sennòcalci nel sedere! L’imberbe giornalista riesce persino a infiltrarsi – travestito dasoldato – in una spedizione punitiva contro una fattoria di kulaki, i cosiddetti“contadini ricchi”, a caccia di grano per la metropoli affamata. Sfuggito allafucilazione per aver difeso i kulaki, Tintin vaga per la campagne innevate finchécapita in una struttura ultra-segreta dove Lenin, Trotzky e Stalin hanno ammassato itesori rubati alla popolazione, come ammette serenamente il pingue guardiano. Fraquesti “tesori” ci sono il grano, il caviale, la vodka (per la propaganda)… il tuttostoccato con la dinamite e la polvere da sparo (per fomentare il terrorismo)! Prima dipoter tornare sano e salvo nella natia Bruxelles – con tutta una folta e succosa seriedi articolesse sulla nuova Russia stalinista – il nostro baldo reporter del PetitVingtième dovrà vedersela ancora con le trappole che gli tende la rete di spionaggiodella GPU in Germania.

La copertina di un altro numerodel Petit Vingtième conall’interno una puntata

di Tintin nel Paese dei Sovieti

Il “mito sovietico” (un “inferno dei lavoratori”) viene dunque sfatato per i giovanilettori del “reazionario” settimanale belga attraverso gli occhi di un (fittizio) giovanetestimone. Hergé – poco più che ventenne quando sceneggiò e disegnò le 121 tavoleche compongono la storia sita in Russia – si cala nei panni del suo ancor più giovaneprotagonista. Scrive di getto, senza quel solido sostegno documentativo che, apartire dagli anni Trenta inoltrati, sarà la base dell’estremo realismo checaratterizzerà (fino a oggi!) le storie della scuola della Ligne Claire. Da qui – unragazzo racconta ai ragazzi – la necessaria “semplificazione ideologica”, senza

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nessun approfondimento culturale del discorso socio-politico. Il messaggioanticomunista comunque voluto dall’autore e, soprattutto, dall’editore, nella suabrutalità espressiva, passa però inequivocabile, secco e chiaro – ovviamentepescando nei luoghi comuni, ben noti a tutti. Ecco dunque sfilare – come calcando leassi del palcoscenico parigino del Grand Guignol – il terrore “ghepeuista”, il continuorischio di incarcerazione e di esecuzione sommaria, gli attentati politici, la vita chenon vale più un soldo bucato, la fame endemica, i furti ai danni del proletariato innome del proletariato stesso, le elezioni farsa, la burocrazia cialtronesca, il crollodella produzione industriale, la carestia dilagante, la paura dell’apparato, la casta alpotere sempre ben “in carne”, l’annientamento delle tradizioni e del passato in nomedi un radioso sol dell’avvenire che tarda indefinitamente a sorgere.…e vissero infelici e scontenti a ChicagoE il “mito statunitense”? Il Nuovo Mondo evocato dalle pagine di Tintin en Amérique(apparsa a puntate sul Petit Vingtième nel 1931) è ben diverso da quello patinato,scintillante e dorato come appare nelle pellicole della Fabbrica dei Sogni. Al cinemaperò Hergé si ispira, come a una certa letteratura “popolare”, a quei dime novel(ovvero i romanzi su rivista che costavano un dime, nomignolo della moneta da diecicentesimi di dollaro, e venivano stampati su pulp, cioè su carta a bassa prezzoricavata dalla polpa di cellulosa) che stanno anche alla base del fumetto giallo esoprattutto western tradizionale italiano (pensiamo a Tex e ai suoi precursori suigiornali per ragazzi pubblicati con straordinario successo durante l’Era Fascista –un’altra avvincente storia da narrare).

Il primo album che raccolsel’episodio completo di

Tintin in America

La Mosca disastrata del Paese dei Sovieti si trasfigura a Ovest in una Chicagoviolenta dove la malavita governa ogni ambito della vita cittadina. A comandare legang c’è addirittura Al Capone, come nella realtà storica. Il periodo è quelloimmediatamente successivo alla Strage di San Valentino (avvenuta il 14 febbraio1929, quando gli uomini del criminale di Capone sterminarono i “rivali” di BugsMoran, l’irlandese). Siamo negli anni della Grande Depressione (che durò dal 1929 al1935, creando disastri e morti) e del Proibizionismo (1919 – 1933, quando il VolsteadAct e l’introduzione del XVIII emendamento alla Costituzione avevano vietato lafabbricazione, l’importazione, il trasporto e la vendita – praticamente anche il

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consumo – di ogni genere di alcolici, nel più puro spirito puritano americano).Depressione e Proibizionismo furono terreno fertile per ogni sorta di banditismourbano.Il Sindacato del Crimine (come i cekisti russi nella storia del 1929) individua subitoin Tintin il nemico da abbattere. La molla che spinge tutta una serie di brutti ceffimal sbarbati a “fare la pelle” a Tintin non è più l’ideologia e la politica, ma il verdefrusciare del dollaro: Capone, a tale scopo, gira imbottito di “verdoni” più di undisneyano Paperone! La Chicago di Hergé è una città che pare l’antitesi di uninurbamento europeo, come potrebbe essere Parigi, nota come Ville Lumière. E’ unametropoli oscura. I loschi figuri che la popolano vivono mascherati, si servono dibotole ad apertura controllata che fanno precipitare il malcapitato in livellisotterranei che sembrano collegare come catacombe zone diverse e quartieri diversi.Agiscono dopo il crepuscolo, nell’ombra. La cinematografia gangsteristica vienenuovamente in soccorso a Hergé. I grattacieli notturni sono semplici silhouetterettangolari punteggiati dalle luci delle finestre. La disumanizzazione del “liberismo”è ben rappresentata da queste facciate di cemento tutte uguali.La fuga verso la campagna di un capobanda del traffico illegale di whisky permetteall’autore di dividere simmetricamente la storia in due parti uguali. Dalla narrativagialla si passa bruscamente al romanzo western! E’ vero che le cosiddette GuerreIndiane erano terminate una quarantina d’anni prima dello svolgimento di Tintin inAmerica, con il Massacro di Wounded Knee del 1890. Ma Hergé rievoca dalle tombedelle praterie quel passato sanguinario sfruttando l’arma della parodia e della satira.

Petit Vingtième:copertina di un numero

che contiene una puntatadi Tintin in America

Da Chicago l’azione si sposta dunque a Redskincity, la Città dei Pellerossa. Ilvillaggio dei “visi pallidi” è contiguo alla riserva indiana. Ma l’arrivo dello scontrocittadino fra tutori della legge e criminali sconvolge il delicato equilibrio dicoesistenza etnica. Gli Indiani scendono nuovamente sul piede di guerra, aizzaticontro Tintin dal capobastone. Ed è qui che la satira anti-americana di Hergé, in unostretto giro di vignette, si fa feroce. Tintin trova casualmente il petrolio propriodentro i confini della riserva. L’accadimento scatena subito gli speculatori chesperano di convincere gli Indiani a evacuare in mezz’ora quello che era rimasto deiloro antichi territorio dietro un miserevole compenso di 25 dollari (quando lo stessoCapone ne pagava 500 di taglia per catturare il giovane giornalista)! Gli Indiani

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rifiutano. Un’ora dopo l’esercito americano spinge via in punta di baionetta papoosee squaw. Due ore dopo i muratori cominciano già a costruire edifici. Tre ore dopo c’ègià in piedi la Petroleum & Cactus Bank con tanto di portiere negro di guardia. Lamattina successiva, dove c’era la pacifica riserva di Redskincity, c’è una megalopoliaffogata di traffico!La parodia del Far West continua altrove. Hergé prosegue nel geniale uso deglistereotipi letterari. Stereotipi fino a un certo punto, però! Tintin, scambiato per unladrone messicano, rischia il linciaggio con corda e sapone e solo per una casualità ilcappio si spezza permettendogli di darsela a gambe. Esemplare di come un ventenneengagé, come poteva esserlo il fumettista Remi nei primi anni ’30, vedesse l’Americadall’Europa è la trasmissione radio che sta ascoltando uno sceriffo ubriacone sedutonel suo ufficio: Ed ecco gli avvenimenti della giornata trascorsa, a cura del Prof. W.R. Law esperto in statistica. 24 banche hanno chiuso i battenti. 24 banchieri sonostati arrestati. Sono stati rapiti 35 bambini. 44 negri sono stati linciati. 150 galloni dicandeggina trasformata in champagne sono stati sequestrati dalla polizia: il coronere 29 poliziotti sono all’ospedale!Non solo i riferimenti alle crisi delle banche ci rimandano non al 1929, bensì al 2008,ma in poche righe Remi ci delinea un sistema legislativo/giudiziario/economicoamericano carente e in preda alla corruzione! Numerosi gli accenni ai rapimenti, chesarebbero culminati nel 1932 con la sparizione di Baby Lindbergh, figlio di Charles,l’asso americano dell’aviazione civile.

Un’altra copertina americanadel Petit Vingtième

Di ritorno in città dalle sconfinate praterie, la solfa non cambia. La satira di Hergépunge il sistema americano sul piano della produzione del denaro. Il cane Milou èstato rapito per ricattare Tintin e la ricerca del botolo porta il nostro eroe a scoprireil volto non tanto nascosto dell’America. Sono i particolari che ci rivelano l’ideapolitico-sociale che aveva dell’America il nostro Hergé. La cella in cui il reporter èrinchiuso per una notte è popolata da ubriachi, barboni e cinesi – in una sorta dimelting pot della galera. Quella che sembra una statua di un personaggio famoso, sirivela la squallida, pacchiana pubblicità di cibo in scatola. Ben in vista all’ingresso diun locale campeggia il cartello Ai gangster riuniti – Distilleria clandestina – byAppointment to Presidence of USA (in inglese anche nell’originale, come quando laCasa Reale britannica sponsorizza una marca di tè). I rapitori hanno messo in essere

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un’industria del sequestro, identificando ogni ostaggio in base al compenso chepossono riscuotere per la liberazione dello stesso. E in parallelo alla catena dimontaggio dei rapiti il capo della banda spiega la nuova idea commerciale dietrol’impresa criminale. Per combattere la crisi facciamo degli scambi. Le fabbricheautomobilistiche ci spediscono le loro vecchie macchine, con le quali noi produciamolattine per conservare la carne, di qualità garantita. Da parte nostra noi consegniamoalle fabbriche le lattine che i nostri uomini raccolgono un po’ dovunque e quelli cicostruiscono i modelli di automobili sportive che tanto successo riscuotono! E’ ilnastro di Moebius perfetto. Il ciclo di produzione infinito che riproduce all’infinito sestesso. Come nel vecchio film di fantascienza Soylent Green con Charlton Heston,dove a un’umanità sulla soglia dell’estinzione non rimane che cibarsi dei suoi stessicadaveri, ridotti a crackers verdi!L’episodio termina con una classica ticker-tape parade, detta anche “canyon deglieroi”. Si tratta di una sfilata in un centro urbano americano (in una strada dominatadai grattacieli, che creano per l’appunto un “canyon” artificiale) dove l’eroe di turno,in piedi su una Limousine cabriolet, viene festeggiato con il lancio dai palazzi dimilioni di striscioline di carta che plasmano un efficace “effetto neve”. Ma l’ultimo,ingegnoso sberleffo di Hergé sta proprio qui. Nel “canyon degli eroi”, per aversconfitto la mala di Chicago, non sfila un americano – ma un giovane europeo!