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La sequenza di sale -Le raccolte del vaticano -Un museo che diventa modello -Le sale a tema Come nel caso della collezione allestita in Palazzo Nuovo in Campidoglio, il nucleo della raccolta in seguito esposta nel futuro museo Pio Clementino in Vaticano ha origine nel XVI secolo, esattamente nel 1506, quando Giulio II della Rovere acquisisce il Laocoonte appena sco- perto. In Vaticano, nel bramantesco Cortile delle Statue, cominciano ad accu- 32 ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE MUSEALI 1 1.2 Il museo Pio Clementino nei musei vaticani 1.2.1. Michelangelo Simonetti e Giuseppe Camporesi, Museo Pio Clementino, cortile ottagono, da Letaroully, Paul, Le Vatican et la Basilique de Saint-Pierre de Rome, VTE A. Morel et CIE Éditeurs, Paris 1882.

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La sequenza di sale

-Le raccolte del vaticano-Un museo che diventa modello-Le sale a tema

Come nel caso della collezione allestita in Palazzo Nuovo inCampidoglio, il nucleo della raccolta in seguito esposta nel futuro museoPio Clementino in Vaticano ha origine nel XVI secolo, esattamente nel1506, quando Giulio II della Rovere acquisisce il Laocoonte appena sco-perto.In Vaticano, nel bramantesco Cortile delle Statue, cominciano ad accu-

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ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE MUSEALI

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1.2 Il museo Pio Clementino nei musei vaticani

1.2.1. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, cortile ottagono, daLetaroully, Paul, Le Vatican et laBasilique de Saint-Pierre de Rome,VTE A. Morel et CIE Éditeurs, Paris1882.

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mularsi pezzi famosi come l’Apollo del Belvedere, il Torso del Belvedere,il Tevere, Ercole e Telefo e altri.Dall’inizio del XVIII secolo, dopo un periodo di minore interesse, si for-mano prima le collezioni del Museo Ecclesiastico, grazie a Clemente XIAlbani, e poi quelle della Biblioteca Apostolica Vaticana definite MuseoCristiano.Papa Clemente XIV Manganelli, nel 1770 concede la vendita della colle-zione di Ciriaco Mattei in deroga al testamento e ne dispone l’acquistoper impedire che venga allontanata da Roma.Il numero e la qualità delle statue presenti rende indispensabile unanuova sistemazione

L’origine del museo, nel senso dell’edificio, risale all’ultimo quarto delXVIII secolo, quando il Papa decide di riutilizzare le sale del palazzo diInnocenzo VIII, facendo progettare e realizzare all’architetto AlessandroDori la Galleria delle Statue e la Sala dei Busti; si comincia ad allestire laStanza dei Fiumi (ora sala degli Animali) e a trasformare l’esistente cor-tile delle Statue nel Cortile Ottagono. L’architetto Michelangelo Simonetti continua dal 1772 l’opera del prede-cessore Dori.Il Pontefice successore, Pio VI Braschi, riprende i lavori completando leopere sospese e decidendo di procedere alla realizzazione di nuove sale.Le nuove sale costituiscono la prima vera costruzione appositamente rea-lizzata a fini espositivi - se si escludono le gallerie private dei palazzinobiliari - progettata pensando alle architetture romane più famose, ilPantheon e le terme: «Se la galleria delle statue in Vaticano, con il suolineare asse visivo, s’inscrive senza sforzo nella tipologia delle grandi gal-lerie barocche dirette a provocare stupore e meraviglia, il cortile ottago-no e le fabbriche intorno ad esso sviluppano altri temi: la necessità di unarazionale costruzione planimetrica per una funzionale successione degliargomenti»1.

L’architettura romana è presente concretamente nell’edificio attraverso ilriuso di colonne e capitelli e di mosaici, inseriti per rendere l’ambientepiù coerente alle opere esposte.Alcuni temi dell’architettura del cinquecento, come il portico, vengono

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IL MUSEO PIO CLEMENTINO

1.2.2. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, cortile ottagono, 1780.

1 Mazzi, Maria Cecilia, op. cit., pp.112-115.

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riproposti nella moderna evoluzione vista a villa Albani, con riferimentiall’antico per un abbandono degli eccessi barocchi.I lavori vengono proseguiti e ultimati da Giuseppe Camporese con lachiusura della loggia di Clemente XIII che costituisce la Galleria deiCandelabri, la costruzione dell’ingresso e della sala della Biga.Si era soliti fare visite notturne alla luce delle torce, per accentuare l’ef-fetto di meraviglia nei confronti di opere esposte certamente di eccezio-nale valore (come l’Apollo del Belvedere, l’Ercole e Anteo, il Torso delBelvedere).

Altra analogia che accomuna il Pio Clementino a Palazzo Nuovo è la pre-senza di studiosi che seppero indirizzare il progetto di allestimento, sele-zionando le opere e predisponendo un vero e proprio progetto scientifi-co ante litteram.Il Commissario alle antichità Giambattista Visconti e poi suo figlio EnnioQuirino, ordinano gli argomenti e scelgono il percorso e la successionedelle opere.L’enorme successo del Museo viene interrotto soltanto dalle vicendepolitiche: lo Stato pontificio, in seguito al Trattato di Tolentino, deve

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1.2.3. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, Galleria delle statue,1780.

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consegnare cento tra le migliori opere d’arte alla Francia che sta allesten-do il museo del Louvre.Il periodo dell’amministrazione francese, anche se contraddistinto dallaspoliazione delle migliori opere, stabilisce la definitiva acquisizione dinumerose caratteristiche del museo moderno come ad esempio l’apertu-ra al pubblico senza distinzione; infatti proprio con la dominazione fran-cese gli ideali dell’Illuminismo si diffondono e con essi la nuova funzio-ne educatrice dell’arte, l’importanza del pubblico, il tema del restauro.

La situazione spinge all’intervento Pio VII Chiaramonti: oltre a imporreregole rigide che limitassero la sottrazione di opere d’arte da Roma, isti-tuisce una somma fissa annua per l’acquisizione di opere d’arte antica.La nomina a ispettore generale di Belle Arti di Canova contribuisce ariattivare la politica di accrescimento del museo. L’operazione ha talmen-te successo che in breve le opere confiscate dai Farncesi vengono sostui-te e si rende necessario costruire un altro museo.Nel 1808 apre il Museo Chiaramonti. Meno ricco del Pio Clementino, è

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1.2.4. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, Sala rotonda, sezione, daLetaroully, Paul, Le Vatican et laBasilique de Saint-Pierre de Rome,VTE A. Morel et CIE Éditeurs, Parigi1882.

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costituito da sale allungate che accolgono sulle pareti l’allestimento,costituito gruppi da tre statue e una coppia di mensole per i busti.La caratteristica innovativa sta nel superamento dell’allestimento “gerar-chico” e quindi dell’evoluzione dell’impostazione museografica:«L’ordinamento non era un concetto scientifico: accanto ad una giustap-posizione di opere spesso guidata dal gusto personale del collezionista edei suoi esperti, assai frequente fu, nei musei di questa generazione, chearriva fino alla fine del XVIII secolo, l’ordinamento decorativo e/o ico-nografico, quello tematico, o quello “gerarchico”, come l’allestimentodelle sculture del Museo Pio Clementino in Vaticano, che si sviluppavaper argomento e culminava nella Rotonda, dove erano presentate nontanto le opere di maggior pregio quanto le divinità più importanti»2.

2Huber, Antonella, Il Museo italiano,Edizioni Lybra Immagine, Milano,1997, p. 34.

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1.2.5. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, Sala rotonda, vista, daLetaroully, Paul, Le Vatican et laBasilique de Saint-Pierre de Rome,VTE A. Morel et CIE Éditeurs, Paris1882.

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I musei romani avevano fatto scuola e il Louvre era stato allestito comeil Pio Clementino. Roma, sotto la spinta delle idee del Canova, proponescelte innovative: nel Museo Chiaramonti si cerca l’integrazione traarchitettura, opere antiche e moderne e puntando anche sulla quantità siafferma per la prima volta l’importanza del confronto.«Si tratta della conseguenza museografica della battaglia culturale diQuatremère de Quincy che, mediante le Lettres a Miranda, s’era oppostoai sequestri francesi, difendendo per la prima volta in maniera struttura-ta e organica le ragioni del contesto»3.La fine del dominio napoleonico consente il recupero di molte delle

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IL MUSEO PIO CLEMENTINO

1.2.6. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, Galleria dei Vasi e deiCandelabri, vista, da Letaroully, Paul,Le Vatican et la Basilique de Saint-Pierre de Rome, VTE A. Morel etCIE Éditeurs, Paris 1882.

3 Liverani, Paolo, Museo Pio-Clementino, Le Antichità in Vaticano,in Mazzi, Maria Cecilia, op. cit., p.114.

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opere e rende necessaria la costruzione del Braccio Nuovo del MuseoChiaramonti, progettato da Raffaele Stern con le indicazioni dello stessoCanova e terminato nel 1822. I Precis des Leçons d’Architecture di Durand sono pubblicati nel 1802-09,i grandi musei di Schinkel e Von Klenze sono degli anni venti dell’otto-cento, posteriori al Braccio Nuovo; in tutti questi esempi sono molti iriferimenti all’architettura italiana e in particolare al Pio Clementino,come del resto il museo ideale di Durand ripropone l’architettura delPantheon per la sala più importante in modo analogo a quanto faCamporesi in Vaticano.La capacità di tracciare la strada dello sviluppo della tipologia musealesembra insita nella storia dell’architettura a Roma e si materializza inconcreto con l’allestimento del primo museo pubblico ben prima diquanto succede in altri paesi.Non a caso si verificano le condizioni perché emergano le istanze già pre-senti nelle architetture a carattere privato, in un ambiente intriso diamore per l’antico e ricchissimo di materiali per i collezionisti.Certamente il contatto con la cultura francese, nella rielaborazione degliideali dell’Illuminismo, contribuisce a portare in primo piano le caratte-ristiche proprie del museo moderno come emergeranno in concreto conla nascita, nel XIX secolo, dei più grandi musei europei.

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1.2.7. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, 1780, Sala delle Muse.

A pagina seguente:

1.2.8-9. Michelangelo Simonetti eGiuseppe Camporesi, Museo PioClementino, vista del cortile ottago-no e ingresso, da Letaroully, Paul, LeVatican et la Basilique de Saint-Pierrede Rome, VTE A. Morel et CIE Édi-teurs, Paris1882.

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La “nuova” capitale è dotata di spazi espositivi

-Il museo del Regio Ufficio Geologico e il Palazzo delle Esposizioni-Il cinquantenario della capitale: Roma 191

La città che il generale Cadorna espugna il 20 settembre 1870 è già daalcuni anni in fermento per l’attività riformatrice del Papa. Pio IX Mastai, accortosi dei mutamenti che interessavano le altre capita-

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1.3 La nuova capitale è dotata di spazi espositivi

1.3.1. Pio Piacentini, Palazzo delleEsposizioni, incisione, fine Ottocento.

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li europee, pensa sia necessario che Roma non rimanga ferma sulle sueposizioni e promuove numerosi cambiamenti, tra i quali la costruzionedella rete ferroviaria, fedele all’immagine riformista che lo accompagna.Proclamata Roma capitale d’Italia nel 1871, si pone il problema di ren-dere la città del potere pontificio funzionale al suo nuovo ruolo e rappre-sentativa del potere del nuovo stato.Dal punto di vista dell’architettura museale, tutto è fermo alla realizza-zione del Braccio Nuovo, ad eccezione di alcuni interventi di sistemazio-ne o di modifica di situazioni preesistenti; gli interventi di adeguamentoal ruolo di nuova capitale riguarderanno anche edifici a carattere esposi-tivo.Il primo dei numerosi concorsi banditi è per il Palazzo delle Esposizioni,nel 1876, in un momento di vivaci polemiche a causa del nuovo Piano

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1.3.2. Pio Piacentini, pianta degli edi-fici definitivi e provvisori perl'Esposizione di Belle Arti, 1883.

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Regolatore del Viviani. Tutti i concorsi banditi in quegli anni riguardano il tracciato di viaNazionale, nuovo asse di collegamento tra la stazione Termini e il centro,che assume una posizione di notevole rilevanza nell’ambito del ridisegnodella città1.Dalla lettura del bando per il primo concorso del Palazzo delleEsposizioni emerge l’incertezza su molti punti fondamentali: non vieneindicata l’area e le prescrizioni sembrano scritte pensando soltanto agliinevitabili problemi economici del Governo.Il secondo concorso bandito nel 1877 indica l’area attuale come planime-tria di progetto.Dopo un complesso iter di valutazione2, sono selezionate, tra i settanta-quattro progetti presentati, le soluzioni di Giulio Podesti e di PioPiacentini.Il risultato, a favore di Piacentini, è impugnato dagli altri concorrenti, madopo alcuni anni di incertezza nel 1880 il cantiere inizia la sua attività.

1 Per un quadro completo degli avve-nimenti che riguardano via Nazionalee il Piano del Viviani cfr, Pasquarelli,Silvio, Immagini per l’architettura diuna capitale: via Nazionale e i concorsialla fine dell’ ‘800, in Siligato Rossellae Tittoni e Maria Elisa, Il Palazzodelle Esposizioni, catalogo dellamostra, Carte Segrete, Roma 1990,pp. 17-20.

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Il progetto di Piacentini soddisfa la volontà della committenza di dareun’immagine alle nuove istituzioni, ma è fonte di varie polemiche per lescelte stilistiche e architettoniche3: l’arco di trionfo riprodotto sulla fac-ciata di via Nazionale rappresenta il monumento del nuovo stato italia-no.L’ordine corinzio inquadra la facciata e la contraddistingue insieme allenumerose statue e ai bassorilievi; tra le tante rappresentazioni si ricorda-no le personificazioni delle arti maggiori e i maggiori artisti comeMichelangelo, Bramante e Raffaello, Canova, Bernini, Cellini, DellaRobbia.Costantino Dardi, ordinatore di numerose mostre e progettista dellaristrutturazione del 1988, descrive il carattere del Palazzo delleEsposizioni che si distingue «…per la ricerca di mediazione tra impian-to accademico ed ispirazione purista, per il recupero della trattazioneclassicista e la sovrimpressione di elementi di gusto francese, ma soprat-tutto per l’invenzione della rotonda centrale, verso la quale convergonodirettrici e spazi del palazzo, efficacemente trascritta su strada proiettan-done in facciata l’intelaiatura attraverso il grande porticato, ma distac-candola a sua volta da questa tramite scalinata ed arretramento. Il temadella cupola sferica, inscritta entro un colonnato ottagonale, perimetratada un deambulatorio quadrato che distribuisce sei aule basilicali, unafigura che pare originata da concrezione di elementi concentrici, come ilsasso nello stagno, o l’iterata compenetrazione delle scatole cinesi, èimpronta così profonda del palazzo che nel successivo ampliamentoverso monte, a raggiungere Via Piacenza, l’addizione sarà esattamentereplica speculare di questo impianto, organizzandosi alla fine della nava-ta centrale un secondo fuoco con ottagono, quadrato e sei sale che daquesto si dipartono, tutto fortemente simile salvo la dimensione conte-nuta e la trattazione dei volumi spoglia di qualsiasi apparato decorati-vo»4.

E a proposito delle caratteristiche propriamente espositive degli ambien-ti e della loro relazione rispetto ai percorsi, Dardi precisa:

«… lo spazio interno del palazzo è soprattutto segnato dal tema dellavisibilità: guardare e traguardare appare obiettivo costante della progetta-zione, dalla strada verso l’interno e dall’interno verso strada, dall’alto inbasso e dal basso in alto, dalle scale alle sale e dalle sale alle scale, apren-do prima lo sguardo alle viste lunghe e successivamente diaframmando

2 Ivi, p. 24.3Cfr. Accasto, Gianni, Fraticelli,Vanna, Nicolini, Renato,L'Architettura di Roma Capitale 1870-1970, Edizioni Golem,Roma, 1971 pp. 61-70.

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1.3.5. Pio Piacentini, prospetto delPalazzo delle Esposizioni, tavola diconcorso, 1877.

Nella pagina precedente:

1.3.4. Pio Piacentini, progetto divariante per una scalinata di accesso,1905.

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queste con telai, cornici, riquadri, schermi che in alcune aree virano allapenombra la luminosità del palazzo, e mandano in controluce gli spazialle loro spalle. Risoluzione morfologica ed impianto tipologico congiun-tamente concorrono a tal fine»5.

Il Palazzo delle Esposizioni, nato per l’Esposizione delle Belle Arti del1883 che prevede anche padiglioni provvisori nello spazio a fianco, divie-ne sede della Quadriennale e lega il suo destino alle vicende della mani-festazione.Istituite nel 1927 dal Governatorato di Roma, le EsposizioniQuadriennali d’Arte Nazionale hanno sede ufficiale proprio nella strut-tura di via Nazionale. L’edificio utilizzato per numerose attività sembra però essere inadattoalle nuove esigenze.Nel 1930 Enrico Del Debbio progetta l’ampliamento e l’ammoderna-mento degli impianti: la serra giudicata troppo simile ad una coperturadi stazione ferroviaria è demolita e sono realizzate sei nuove sale intornoall’ambiente centrale.Pietro Aschieri si occupa dell’allestimento che si propone di mitigare lamonumentalità dell’edificio riconfigurando gli ambienti attraverso l’alle-stimento; si osserva, in questa occasione per la prima volta, la messa inatto di una strategia poi riutilizzata in più occasioni da Adalberto Liberafino a Costantino Dardi.La mostra riscuote successo e Luigi Piccinato nota come : « Negliambienti di rappresentanza poi, cioè nel Vestibolo, nel Giardinod’Inverno, nelle scale, nei corridoi, là dove il tono neutro non era piùnecessario, essi hanno potuto liberamente fare dell’architettura»6.Altri avvenimenti importanti segnano la storia dell’edificio e delle espo-sizioni in genere: nel 1928 la Prima Mostra di Architettura Razionale(M.I.A.R.), nel 1932 la Prima Mostra della Rivoluzione Fascista, nel 1937la Mostra Nazionale dell’Istruzione Tecnica.Negli anni ’50, dopo un periodo di declino caratterizzato dagli usi piùdisparati, dormitorio militare, ufficio elettorale, officina dei tram, ripren-de l’attività espositiva con le Quadriennali e altre manifestazioni promos-se dal comune.Le esposizioni, oltre ad essere momenti di incontro culturale, assumonospesso il ruolo di banco di prova nel campo dell’architettura, come ricor-da sempre Dardi, spesso protagonista in quelle situazioni: « Nel corso ditale periodo si è sviluppata ed affinata anche una destinazione, non mar-ginale, del palazzo quale laboratorio di ricerca e sperimentazione archi-tettonica: un luogo ove idee di architettura più generali, pur nei tempicontratti di un allestimento o di un’installazione, ed entro la dimensione

4 Dardi, Costantino, La casa dei muli-ni di luce, Siligato Rossella e Tittoni,Maria Elisa, op. cit., p. 45.5 Ivi, p. 46.6 Piccinato, Luigi, La Quadriennale di

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1.3.6. Pio Piacentini, sezione delPalazzo delle Esposizioni, tavola diconcorso, 1877.

Nella pagina seguente:

1.3.7. Costantino Dardi, ristruttura-zione del Palazzo delle Esposizioni, imulini di luce, 1990.

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effimera di un’architettura dall’esistenza a termine, vengono messe apunto e verificate, sperimentate e valutate»7.

Dopo quasi cento anni di vita, il Palazzo delle Esposizioni subisce unradicale rinnovamento che riguarda vari aspetti: consolidamento statico,rifacimento delle coperture, norme di sicurezza, barriere architettoniche,impianti, servizi per i visitatori.L’intervento di Dardi si contraddistingue per la volontà di recuperare laspazialità del progetto originario, alterata con il passare degli anni,un’“atmosfericità passante” palese nelle viste longitudinali e diagonaliche attraversano l’edificio.

Roma nel Palazzo delle Esposizioni, in

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Anche l’elemento caratteristico dell’intervento, i lucernari, sono pensatiper restituire agli ambienti l’originaria luminosità, dovuta esclusivamen-te all’illuminazione zenitale e falsificata dalla sostituzione degli originarisistemi in ferro e vetro con tetre voltine in vetrocemento.

«La misura delle nuove strutture, infatti, è scandita secondo moduli cheriprendono il disegno ed il ritmo del cassettonato delle volte a botte dellesale, così come la nuova figura è costruita per mezzo di aste diagonali eradiali che ne intercettano la superficie cilindrica tramite un’esatta colli-mazione geometrica e comuni tracciati generativi. Differente dall’anticotesto è la concezione strutturale a reticolo spaziale, ma affine è l’omaggioalla carpenteria metallica dell’ottocentesca architettura del ferro piutto-sto che l’avveniristica immagine che affiora dalle aste e dai nodi di ana-loghe strutture contemporanee. Su queste strutture grandi telai quadratidi tela bianca regolati da meccanismi automatici regolati a fotocellule,ruotano lentamente graduando lungo l’arco delle diverse ore del giornol’intensità della luce in relazione alla luminosità della volta celeste, rego-landone l’afflusso alle diverse sale, in rapporto alle specifiche esigenzeespositive, con il ritmo lento, solenne e biologico, naturale e primario diun orologio solare, accendendosi d’un moto improvviso al rapido muta-re della luce ed al veloce trascorrere delle nuvole in cielo, in una ventosagiornata di marzo. Italo Mussa li ha chiamati mulini di luce»8.

La suggestione evocata da Dardi ha però avuto soltanto parziale riscon-tro, a causa dei problemi di funzionamento del sistema, a partire dallaparziale riapertura del 1989 per la mostra “Dall’URSS in URSS” e daquella integrale del 1990.Lo stesso edificio è stato sottoposto nuovamente ad una serie di interven-ti tra il 2002 e il 2005, Con gli interventi di ricostruzione della serra sullacopertura praticabile del gruppo ABDR9, il nuovo allestimento della salaproiezioni, e la nuova ristrutturazione di Michele De Lucchi e FirouzGaldo10.

Il museo del regio ufficio geologicoL’architettura del ferro non ha un grande sviluppo a Roma.Tra il 1885 e il 1887, Giulio De Angelis realizza lo stabilimento dei fra-telli Bocconi, chiamato poi La Rinascente su indicazione di GabrieleD’Annunzio e alcuni anni più tardi completa, insieme a Riggi e Settimjl’isolato Sciarra-Colonna, che comprende la Galleria Sciarra, tra viaMinghetti e piazza dell’Oratorio11.Nello stesso periodo Raffaele Canevari realizza il museo del Regio

«Domus», marzo 1931, p. 12.7 Dardi, Costantino, op. cit., p. 48.8 Ivi, p. 48.9 Cfr. «Metamorfosi», n. 59, marzo-aprile 2006, pp. 36-39.10 Cfr. Abruzzese, Alberto, DeLucchi Michele, Galdo Firouz, IlPalazzo di Roma, luca sossella editore,Roma 2003.11 Per approfondire l’argomento cfr.Accasto, Gianni, Fraticelli, Vanna,

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1.3.8. Raffaele Canevari, Museo delRegio Ufficio Geologico, vista internadi una sala, 1887.

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Ufficio Geologico.Il riferimento al South Kensington Museum, poi Victoria and AlbertMuseum, sembra evidente.L’edificio creato appositamente nel 1856 per accogliere le collezioni chenel 1852 avevano costituito il Museum of Manifactures, aveva definitoun modello.A seguito della Prima Esposizione Universale di Londra del 1851, diven-ta infatti centrale il problema delle Arti applicate e della qualità dei pro-dotti industriali.Il contributo rivoluzionario del museo londinese consiste soprattutto nelmutato rapporto con il pubblico, definito attraverso conferenze a tema,ma anche tramite l’apertura serale, resa possibile dall’illuminazione a gas.Il distacco tra le opere e il pubblico si assottiglia e i visitatori sono coin-volti al fine di comprendere meglio divertendosi.Il Regio Museo Artistico-Industriale sorge a Roma nel 1874 ma non avràmai una sede appositamente costruita12.

La Galleria d’Arte ModernaL’esplosione della bolla speculativa legata al valore delle aree edificabili,e i conseguenti fallimenti tra i quali quella della Banca Romana, portanonei due decenni a cavallo del XIX e XX secolo ad una situazione di stal-lo nel settore delle costruzioni.L’occasione per far ripartire il settore è L’Esposizione internazionale del

Nicolini, Renato, op. cit., p. 65.12 Per la articolata storia del museocfr. Associazione culturale Lignarius(a cura di), Il Museo ArtisticoIndustriale di Roma, Storia e Attualitàdi un’esperienza, s. e., Roma s.d.

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La nuova capitale è dotata di nuovi spazi espositivi

1.3.9. Raffaele Canevari, Museo delRegio Ufficio Geologico, prospetto,1887.

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1911 organizzata per celebrare il cinquantenario della proclamazione diRoma Capitale.La manifestazione si poneva come il primo grande incontro tra la nuovacapitale e le altre città d’Europa e del mondo.Il sito scelto per la realizzazione degli edifici temporanei è la piazzad’Armi, attuale piazza Mazzini, mentre l’area a ridosso di villa Borghese,vicino a Villa Giulia e alla Galleria Borghese viene scelta come sede dellanuova Galleria d’Arte Moderna.

Il concorso del 1905 prevede la realizzazione di un edificio permanentedi massimo 5000 mq, la sistemazione dell’area dei padiglioni provvisorie la realizzazione dell’ingresso attraverso un percorso da villa Borghese.Il progetto vincitore, di Cesare Bazzani, viene rapidamente realizzatoinsieme al progetto di sistemazione dell’area, con le variazioni di quota ela suddivisione dei lotti ancora oggi leggibile nonostante le modifiche.L’edificio, simmetrico rispetto all’ingresso monumentale a sud, è diforma rettangolare allungata nella direzione est-ovest.Sul prospetto principale caratterizzato dalle grandi colonne binate, oltreche dalla grande scalinata, si trova il fregio di Giovanni Prini, “L’artistae le battaglie artistiche”.L’accesso è costituito dalla successione ingresso-atrio-vestibolo, ciascunoilluminato da lucernari, che introduce alla sala maggiore.Gli spazi sono articolati dalla compressione dovuta alle due nicchie late-rali che contengono ”Idealità e Materialismo” di Giulio Monteverde del1911 e “A Segantini” di Leonardo Bistolfi del 1906.Alla successione dell’asse centrale corrispondono i corpi laterali, costitui-ti da grandi sale poste sull’asse longitudinale est-ovest, circondate da salepiù piccole, tre sui lati lunghi, e una sui lati corti.Le corti al centro del corpo di fabbrica, non visibili attualmente, defini-scono gli spazi di distribuzione, curvilinei per un lato. Nel 1933 Bazzani progetta l’ampliamento dell’edificio sull’area a norddestinata ai padiglioni provvisori, all’interno del quale si conservano,fino alla seconda guerra mondiale, i materiali della mostra del Decennaledel Fascismo, organizzata al Palazzo delle Esposizioni nel 1932, destina-ti al Palazzo Littorio, mai costruito.L’ampliamento, simmetrico e di dimensioni analoghe, si accosta al primoedificio ma non aderisce: le tre connessioni definiscono due nuove corti

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ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE MUSEALI

1.3.10. Cesare Bazzani, prospettiva avolo d’uccello dell’areadell’Esposizione, 1911.

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La nuova capitale è dotata di nuovi spazi espositivi

1.3.11. Cesare Bazzani, planimetriadelle sistemazioni dell’areadell’Esposizione, 1911.

1.3.12. Cesare Bazzani, pianta dellaGalleria Nazionale d’Arte Moderna,1911.

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non visibili dall’interno e una sull’asse principale visibile e accessibile tra-mite scale semicircolari.Lo schema è diverso dal precedente ed è costituito da due grandi sale,con asse nord-sud appena ruotato, circondate da tre sale più piccole perlato, di forma quadrangolare. Ai lati di questo sistema, ulteriori sale orga-nizzate intorno all’asse trasversale est-ovest.Il carattere delle nuove sale è diverso, come anche la luminosità, in fun-zione anche delle caratteristiche diverse delle opere del XX secolo inesso contenute. Il pavimento e le pareti sono trattate con colori chiari elo zoccolo e i portali delle sale sono costituiti da una semplice fascia ditravertino. Nel 1956 si decide di procedere ad un nuovo ampliamento, e dopo unprimo contatto con Gropius, l’incarico viene conferito a Luigi Cosenzanel 1965. L’ingegnere napoletano elabora una soluzione che rispecchia lasua posizione razionalista.Il tema espositivo e l’inserimento del nuovo edificio in un ambiente

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ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE MUSEALI

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1.3.13. Cesare Bazzani, prospettivadel fronte posteriore della GalleriaNazionale d’Arte Moderna, 1911.

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molto complesso vengono risolti con raffinata sensibilità, integrando glispazi verdi ai tre corpi di fabbrica.Il linguaggio scelto richiama le opere già felicemente portate a termineda Cosenza, come lo stabilimento Olivetti a Pozzuoli, ed è basato sul-l’uso del cemento armato e del mattone.Come lo stesso progettista precisa nella relazione, l’obiettivo è progetta-re uno spazio espositivo che permetta alle opere di esprimere il loro valo-re, attraverso l’uso della luce e degli elementi architettonici.La realizzazione dell’edificio è molto lunga e travagliata e di fatto nonarriva mai alla conclusione: dopo aver inaugurato la galleria principalenel 1988, i lavori per il completamento dell’auditorium e della bibliote-ca subiscono ritardi e interruzioni.

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La nuova capitale è dotata di nuovi spazi espositivi

1.3.14. Cesare Bazzani, immaginedella copertura della GalleriaNazionale d’Arte Moderna e dellasistemazione dell’area, 1911.