12 Il faro nel mondo antico

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12 XVI, 3. Settembre - Dicembre 20 l O: RICERCHE linio il Vecchio (Storia Naturale, XXXVI, 83) aveva dei dubbi sulla luce prodotta dai fari in epoca ro- mana: una luce fissa poteva essere scam- biata dal navigante per quella di una stella. Questa ed altre osservazioni furono pre- sentate negli ormai storici studi sui fari an- tichi di L.A.Veitmeyer, (Leuchtfeur in der Antike, 1900) e di HeThiersch (Pharos, Antike und Islam, 1909). Entrambi erano in- gegneri interessati alla storia del faro nel mondo antico non tanto in sé, quanto per que tioni tecniche e architettoniche: il primo ad illustrare l'innovazione della lam- pada Fresnel a luce interrnittente, il secondo la derivazione dei minareti islarnici dal faro di AIe sandria. L'idea di ~ are col - oca ai naviganti è antichis ima e. in origi . 'e'O uno - po offensivo: durante la guerra di Troi _-au- plio, per vendicare la morte del fig '0 Pala- mede, ale ulle roe e del promontorio Ì- geo e segnala col fuoco quel punto alle navi nemiche, che si schiantano contro il pro- montorio. Da questa leggenda pare tragga origine la torre poi costruita in quel luogo e riconosciuta da Filostrato Minore come quella rappresentata nella Tabula Iliaca, oggi conservata ai Musei Capitolini di Roma. Già Omero (Iliade, XVIII, 207-214) para- gonava il fulgore dello scudo che Atena aveva donato ad Achille alle luci dei fuochi accesi sui promontori per segnalare alle navi. 'Tucidide (La Guerra del Pelopon- neso, II, 94) racconta come durante la guerra tra Ateniesi e Plateesi sorse una grande confusione: entrambi gli schiera- menti avevano iniziato ad usare il fuoco per le segnalazioni e quindi nessuno capiva se fossero segnali amici o nemici. In ef- fetti, già nell'VIII secolo a.C. il poeta Le- schete nella Piccola lliade aveva consi- gliato alcuni metodi poi riportati da Enea Tattico (IV, 6, 12) e perfezionati nel II se- colo a.C. dagli Stratagemmi di Polieno (X, 44 ss.), ma duramente criticati da Polibio (VI, 16 ss.). Dunque le segnalazioni luminose sono al- l'origine del faro: da un punto alto, pro- montorio, collina, falesia, indicare la via con la luce. Di giorno, una montagna come l'Etna, o antichi menhir che giacevano sulla battigia come quello di Locmariaquer in Bretagna, chiamato dai Romani colonna del L'ARCHEOLOGO ~SUBACQJJEO Il faro nel mondo antico: una rivoluzione tecnologica Nord, nonché dei colossi come quelli di Rodi o Portus Raphti che mai in epoca an- tica funsero da fari, erano già un ottimo aiuto al navigante. portato da edifici collocati alla stessa altez- za su altri punti oppure ad edifici di più pic- cole dimensioni chiamate Lanterne (Leptis Magna), Specula (Capri) o torri-faro (Cen- tumcellae). Il faro di Thasos si presenta, allo stato attuale, costruito in pietra e di dimen- sioni modeste. Sicuramente era più grande e doveva essere dotato di una scala esterna, verosimilmente in legno, per accedere al pia- no dove era allestito il braciere. Torri di que- sto tipo che comunicassero tra di loro era- no assai frequenti sulla costa illirica: nel- l'odierna isola di Hvar (il cui antico toponimo Pharos è più che eloquente), sulla collina di Tor presso Jelsa rimangono i resti della tor- re di Maslinovik. che era probabilmente utilizzata sia come torre di avvistamento che come faro. Questo non dovette essere il solo faro u una costa assai frastagliata, lungo la quale numerose isole rendono insidiosa la na- vigazione. Ancora intorno al VI sec. a.C. è databile il basamento della la torre-faro di origine pu- nica che G. Pesce scoprì a Nora, in Sarde- gna. e che purtroppo venne demolita per fare lo piazzo di fronte all'omonima torre aracena: una struttura a pianta quadrango- lare. in grossi blocchi in pietra, che si in- nalzava ulteriormente sulla collinetta del Coltellazzo. on solo Grecia e Croazia si erano po te il problema di segnalare i peri- coli alle na i: qualche anno fa (anche se la scoperta risale agli anni sessanta del secolo scorso) furono individuati nelle acque della località nota come Marsa Sabratha (area ex villa Paternò Moncada), in Libia, numerosi blocchi squadrati anche se non parallelepi- pedi ascrivibili ad una struttura-faro prero- mana, forse coeva a quella di Nora. Dunque, è possibile che già in epoca feni- cia, o almeno punica, quell'abile popolo di navigatori, dopo aver scoperto l'orienta- mento stellare, avesse anche inventato le prime torri che potremmo tranquillamente definire fari, tre secoli prima che Sostrato di Cnido costruisse il Faro di Alessandria. Ef- fettivamente già Livio informava che, in epoca punica, in Africa e in Spagna erano numerose torri di avvistamento (forse anche con funzione di faro) e che Annibale ne possedeva una ad Adrumeto, il basamento del cui faro di epoca romana, voluto da Giuba II, furono trovati sull'isolotto Join- ville: cambia la forma, ottagonale, ma le di- Thasos, Cap Pyrgos. La tomba-faro diAk.èratos. È possibile he prima della costru.z:ione del faro di _ non - ro torri on la medesima funzione? La risposta è no. almeno fino al 1. a.c. ~-on è impo i- bile. ma del tutto ongemrrale. he alcuni nuraghe ardi po ano aver volto questa funzione già in epoche remote: tuttavia. prima dell 'Egitto tolemaico, alcuni indizi che alludono a questa e igenza sono già ri- feribili ai Fenici e ai Greci. essun periplo fenicio nomina esplicitamente dei fari, ma vi sono spesso menzionate purgoi (torri), collocate in luoghi ad essi idonei. Inoltre, prima della creazione della torre alessan- drina, avvenuta nel III secolo a.C. sull'isola di Pharos, dalla quale prese il nome che poi venne dato a tutte le strutture di quella ti- pologia, non si usa mai la parola faro ma purgos, la cui radice -pur indica il fuoco; città come Pyrgi o Pirano potrebbero dun- que avere derivato il proprio nome proprio dalla presenza di una o più strutture faree. In effetti, nel VI sec. a.c. il nobile Akèratos fa costruire sulla collina di Thasos, non a caso chiamata Cap Pyrgos, una torre-tomba cir- colare con l'iscrizione: "questo è il monu- mento di Akèratos, figlio dei Friaseridi, è sta- to posto sulla rada, segnale di protezione per le navi e i naviganti". Oltre ad esso vi era- no altre due strutture, all'entrata del porto e sulla collina di Phanari. I fari non erano mai costruzioni isolate come la pittura romantica di fine Ottocen- to ha trasmesso. Ve ne era uno principale sup-

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RICERCHE

linio il Vecchio (Storia Naturale,XXXVI, 83) aveva dei dubbi sullaluce prodotta dai fari in epoca ro-

mana: una luce fissa poteva essere scam-biata dal navigante per quella di una stella.Questa ed altre osservazioni furono pre-sentate negli ormai storici studi sui fari an-tichi di L.A.Veitmeyer, (Leuchtfeur in derAntike, 1900) e di HeThiersch (Pharos,Antike und Islam, 1909). Entrambi erano in-gegneri interessati alla storia del faro nelmondo antico non tanto in sé, quanto perque tioni tecniche e architettoniche: ilprimo ad illustrare l'innovazione della lam-pada Fresnel a luce interrnittente, il secondola derivazione dei minareti islarnici dal farodi AIe sandria.L'idea di ~ are col - oca ai naviganti èantichis ima e. in origi . 'e'O uno - pooffensivo: durante la guerra di Troi _-au-plio, per vendicare la morte del fig '0 Pala-mede, ale ulle roe e del promontorio Ì-geo e segnala col fuoco quel punto alle navinemiche, che si schiantano contro il pro-montorio. Da questa leggenda pare traggaorigine la torre poi costruita in quel luogo ericonosciuta da Filostrato Minore comequella rappresentata nella Tabula Iliaca, oggiconservata ai Musei Capitolini di Roma.Già Omero (Iliade, XVIII, 207-214) para-gonava il fulgore dello scudo che Atenaaveva donato ad Achille alle luci dei fuochiaccesi sui promontori per segnalare allenavi. 'Tucidide (La Guerra del Pelopon-neso, II, 94) racconta come durante laguerra tra Ateniesi e Plateesi sorse unagrande confusione: entrambi gli schiera-menti avevano iniziato ad usare il fuocoper le segnalazioni e quindi nessuno capivase fossero segnali amici o nemici. In ef-fetti, già nell'VIII secolo a.C. il poeta Le-schete nella Piccola lliade aveva consi-gliato alcuni metodi poi riportati da EneaTattico (IV, 6, 12) e perfezionati nel II se-colo a.C. dagli Stratagemmi di Polieno (X,44 ss.), ma duramente criticati da Polibio(VI, 16 ss.).Dunque le segnalazioni luminose sono al-l'origine del faro: da un punto alto, pro-montorio, collina, falesia, indicare la viacon la luce. Di giorno, una montagna comel'Etna, o antichi menhir che giacevano sullabattigia come quello di Locmariaquer inBretagna, chiamato dai Romani colonna del

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Il faro nel mondo antico:una rivoluzione tecnologica

Nord, nonché dei colossi come quelli diRodi o Portus Raphti che mai in epoca an-tica funsero da fari, erano già un ottimoaiuto al navigante.

portato da edifici collocati alla stessa altez-za su altri punti oppure ad edifici di più pic-cole dimensioni chiamate Lanterne (LeptisMagna), Specula (Capri) o torri-faro (Cen-tumcellae). Il faro di Thasos si presenta, allostato attuale, costruito in pietra e di dimen-sioni modeste. Sicuramente era più grandee doveva essere dotato di una scala esterna,verosimilmente in legno, per accedere al pia-no dove era allestito il braciere. Torri di que-sto tipo che comunicassero tra di loro era-no assai frequenti sulla costa illirica: nel-l'odierna isola di Hvar (il cui antico toponimoPharos è più che eloquente), sulla collina diTor presso Jelsa rimangono i resti della tor-re di Maslinovik. che era probabilmenteutilizzata sia come torre di avvistamento checome faro. Questo non dovette essere il solofaro u una costa assai frastagliata, lungo laquale numerose isole rendono insidiosa la na-vigazione.Ancora intorno al VI sec. a.C. è databile ilbasamento della la torre-faro di origine pu-nica che G. Pesce scoprì a Nora, in Sarde-gna. e che purtroppo venne demolita perfare lo piazzo di fronte all'omonima torrearacena: una struttura a pianta quadrango-

lare. in grossi blocchi in pietra, che si in-nalzava ulteriormente sulla collinetta delColtellazzo. on solo Grecia e Croazia sierano po te il problema di segnalare i peri-coli alle na i: qualche anno fa (anche se lascoperta risale agli anni sessanta del secoloscorso) furono individuati nelle acque dellalocalità nota come Marsa Sabratha (area exvilla Paternò Moncada), in Libia, numerosiblocchi squadrati anche se non parallelepi-pedi ascrivibili ad una struttura-faro prero-mana, forse coeva a quella di Nora.Dunque, è possibile che già in epoca feni-cia, o almeno punica, quell'abile popolo dinavigatori, dopo aver scoperto l'orienta-mento stellare, avesse anche inventato leprime torri che potremmo tranquillamentedefinire fari, tre secoli prima che Sostrato diCnido costruisse il Faro di Alessandria. Ef-fettivamente già Livio informava che, inepoca punica, in Africa e in Spagna eranonumerose torri di avvistamento (forse anchecon funzione di faro) e che Annibale nepossedeva una ad Adrumeto, il basamentodel cui faro di epoca romana, voluto daGiuba II, furono trovati sull'isolotto Join-ville: cambia la forma, ottagonale, ma le di-

Thasos, Cap Pyrgos. La tomba-faro diAk.èratos.

Èpossibile he prima della costru.z:ione delfaro di _ non - ro torri onla medesima funzione? La risposta è no.almeno fino al 1 .a.c. ~-on è impo i-bile. ma del tutto ongemrrale. he alcuninuraghe ardi po ano aver volto questafunzione già in epoche remote: tuttavia.prima dell 'Egitto tolemaico, alcuni indiziche alludono a questa e igenza sono già ri-feribili ai Fenici e ai Greci. essun periplofenicio nomina esplicitamente dei fari, mavi sono spesso menzionate purgoi (torri),collocate in luoghi ad essi idonei. Inoltre,prima della creazione della torre alessan-drina, avvenuta nel III secolo a.C. sull'isoladi Pharos, dalla quale prese il nome che poivenne dato a tutte le strutture di quella ti-pologia, non si usa mai la parola faro mapurgos, la cui radice -pur indica il fuoco;città come Pyrgi o Pirano potrebbero dun-que avere derivato il proprio nome propriodalla presenza di una o più strutture faree.In effetti, nel VI sec. a.c. il nobile Akèratosfa costruire sulla collina di Thasos, non a casochiamata Cap Pyrgos, una torre-tomba cir-colare con l'iscrizione: "questo è il monu-mento di Akèratos, figlio dei Friaseridi, è sta-to posto sulla rada, segnale di protezione perle navi e i naviganti". Oltre ad esso vi era-no altre due strutture, all'entrata del porto esulla collina di Phanari.I fari non erano mai costruzioni isolatecome la pittura romantica di fine Ottocen-to ha trasmesso. Ve ne era uno principale sup-

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mensioni, a giudicare dal diametro, furonosenza dubbio ragguardevoli.È tuttavia nel III sec. a.C. che Tolomeo I So-tèr, che forse aveva visto la tomba di Akè-ratos a Thasos, decise di affidare all'archi-tetto Sostrato di Cnido la costruzione dellasua tomba (che aveva alla base le statuesue e di sua moglie, divinizzati come Osi-ride ed Iside) e che si sarebbe rivelata unagrande innovazione tecnologica: il Faro diAlessandria.La sua altezza doveva aggirarsi tra i 90 e i100 m; venne costruito sull'isola di Pharos,collegata alla terraferma creando un lungopontile di 7 stadi, per questo chiamato Hep-tastadion. La struttura, in base alle fontiiconografiche (principalmente mosaici econii monetali), presentava un primo pianoquadrato, sopraelevato di 15 metri sul li-vello del mare, raggiungibile con una scalache poi proseguiva all'interno a spirale, rag-giungendo il piano della lanterna. Il se-condo piano era ottagonale: al centro eraun'iscrizione di Tolomeo che dedicava ilmonumento ai naviganti ma che il furboarchitetto, dopo la morte del sovrano,ascrisse a se stesso sostituendo il nome delsovrano con il proprio; agli angoli eranoquattro statue di Tritoni che avrebbero av-vertito dell' entrata in porto delle navi suo-nando la buccina. L'ultimo piano, cilin-drico, aperto con colonne su tutti i lati perdiffondere, grazie ad un giro di specchiustori, la luce della lanterna a 3600

, erachiuso da una cupola sulla quale era una sta-tua maschile: forse Tolomeo divinizzato,Zeus Sotèr o, più probabilmente, Poseidonecon patera e tridente.Il Faro di Alessandria non era però l'unicopunto notevole per i naviganti: non lon-tano, lo ricorda il poeta Posidippo, era iltempio di Arsinoe, sulla cima del quale po-tevano essere accesi fuochi per facilitare ilnavigante anche di notte. In effetti in Gre-cia l'abitudine era quella di segnalare lacosta ai naviganti tramite fuochi accesi sullasommità dei templi: alcuni esempi sono aCapo Sounion, al tempio di Venere sullacima del Colle Guasco ad Ancona, al tem-pio della Dea Cupra a Cupra Marittima, aquello di Atena a Punta Campanella, al tem-pio E di Seilinunte, al tempio di Afrodite(come è stato recentemente proposto) aCaulonia o a quello di Apollo Aleo a CiròMarina. I commentatori di Diodoro Siculomenzionano sull'isola di Ongia, a poca di-stanza dal porto di Catania, un tempio de-dicato alla dea eponima che nel tempo verràchiamato anche sepolcro e poi addiritturafaro. In epoca etrusca, attesta Rutilio Na-maziano, si era soliti fare fuochi ai navigantidagli altari posti in cima ai santuari ex-traurbani che, come noto, erano collocatipresso i porti, come nei casi di Gravisca e

A sinistra: intaglio vitreo con faro di Alessandria, Isis Pharia e Poseidone.A destra: emissione numismatica di Commodo con ilfaro sul quale sono bene evidenti i Tritoniangolari.

Pyrgi. Un noto mosaico da Palestrina rap-presenta una colonna sulla quale brilla unfuoco. La tradizione letteraria identifica lacolonna proprio come il resto di uno di que-sti templi, tanto che, erroneamente, a suotempo si pensò che anche le colonne postepresso il porto di Brindisi svolgessero que-sta funzione.Tornando al faro alessandrino, e anche allaricostruzione che ne fece Thiersch, nessunosi sofferma sulla presenza di un lungo por-ticato alla base del faro. Tale porticato do-veva ospitare numerosi negozi presso i qualichi fosse approdato ad Alessandria, oltre acommerciare vari generi alimentari e non,avrebbe anche potuto comprare uno di que-gli ex-voto-souvenirs che sono stati trovatiin siti assai lontani dal mare come Vulci oLibarna. Questa tipologia di negozio erapresente in tutti i fari di una certa impor-tanza, legata certo alle attività economichedel porto in cui la struttura era inserita.Ecco perché all'interno erano presenti nu-merose stanze abitabili dedicate sia ai com-mercianti che ai soldati es endo i fari. giànell'antichità, distretti militari.Con il passare del tempo il faro di Ale an-dria diventa modello di ispirazione per tantealtre costruzioni con la stes a funzione, acui si aggiunge anche un elevato valoresimbolico. A soli 40 chilometri, un tale Phi-lon si costruisce una tomba sul modello delfaro alessandrino, ancora visibile presso ilLago Mareotide ad Aboukir, l'antica Tapo-siris Magna. Le fonti sono sempre moltoscarse di menzioni di fari ed è già molto cheindichino esattamente la loro ubicazione;ecco perché le ipotesi di ricostruzione deifari antichi sono sempre differenti e affidateall'inventiva dei moderni che, troppospesso, non sfruttano le innumerevoli fontiiconografiche. Il primo grande edificio acompetere con il faro di Alessandria fu il Ti-

bereium, gigantesca torre che Erode costruìpresso il suo palazzo e la cui collocazione èstata recentemente arretrata, rispetto al-l'imbocco del porto, dagli studi di Ch. Bran-don. Flavio Giuseppe fornisce una descri-zione un po' più lunga del solito rispetto alfaro di Alessandria citandone anche la por-tata luminosa che quantifica in 300 stadi(quasi 50 km), ma in realtà esagera i dati perdimostrare come il faro di Erode sia di granlunga migliore dell' edificio tolemaico chesupera sia in altezza che in portata lumi-nosa. Dunque, non gli interessa parlare diAlessandria ma delle torri di Caesarea Ma-ritima nell'odierna Palestina, l'antica Iu-daea. L'archeologia subacquea sta dando ungrande contributo alla scoperta di nuovestrutture interpretabili come fari: si pensialle recenti scoperte presso la costa con ilfaro di Phykous o all'imponente basamentodel faro neroniano di Patara, sulla costaturca. Le ricerche subacquee hanno indivi-duato trutture con funzione di faro a Kymein Turchia, ad Ampurias in Spagna, al Ca-nale S. Felice nella Laguna veneta, senzatralasciare i molteplici ritrovamenti che av-vengono presso l'isola di Pharos pressoAlessandria ma che ancora non hanno indi-viduato con certezza il vero basamento delfaro che tanti dubbi potrebbe chiarire.In generale molti sono i dubbi sui materia-li costruttivi. Per Alessandria pare sia statousato il marmo di Assuan, non siamo sicu-ri se il faro di Ostia fosse in mattoni se-squipedali, come quello trovato dall'Ugge-ri nelle valli di Comacchio presso Baro Za-velea, o se fosse invece rivestito di marmo.Quello che l'imperatore Caligola fece co-struire sulla Manica presso il Pas-de-Calais a Boulogne sur Mer, l'antica Geso-riacum, pare fosse stato realizzato in tufo didiversi colori per un'altezza di circa 64 m,comprendendo la falesia sulla quale si ergeva

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Palestrina (RM), Museo Archeologico Nazio-nale. Mosaico con colonna su cui brilla unfuoco.

per dodici piani. Tuttavia, i due fari antichirimasti, sia quello denominato Torre di Er-cole di Brigantium (La Corufia) in Galizia,sia quello che Claudio fece costruire nel Kenta Dover, dall' altra parte della Manica rispettoa quello di Caligola, sono in mattoni. Ef-fettivamente, il mattone, pur non essendo cer-to un materiale pregiato, aveva il vantaggio,rispetto ad alcune pietre più pregiate ma an-che più delicate, di essere assai resistente,qualità fondamentale per sopportare il cor-rosivo salmastro marino: possiamo dunqueallirnite immaginare delle strutture in mat-toni, talvolta rivestite di pietre pregiate. Manon è sempre così. Infatti, se anche la su-perstite torre-faro del Lazzareto di Cen-tumcellae (Civitavecchia) nonché la tra-sformata Torre di Caligola a Jesolo presen-tano una struttura in laterizio, molto spessoin altre località vengono utilizzate le pietrelocali, come avviene per il faro di arbona(Narbonne) che utilizza le cave della vicinaisola di Santa Lucia; anche in numerosi fariantichi della costa turca è stata utilizzata lapietra locale. Possiamo supporre che ciò siaavvenuto anche per il faro di Salona in Croa-zia, che avrebbe unito in sé un materiale ele-gante e resistente al tempo stesso come la pie-tra d'Istria, oppure per il faro di Tergeste(Trieste), come suggeriva già P. Kandler, da

Rilievo medioevale incastonato nella Torre di Pisa con la rappresentazione di un faro.

localizzare pre o l'area dell'ottocentescofaro chiamato Zucco. La medesima pietra ola pietra d'Aurisina con la quale era sicura-mente costruito il faro alle bocche del Ti-mavo, presso la scomparsa isola diSant' Andrea a breve distanza dal Villaggiodel Pescatore, in prossimità della chiesa diSan Giovanni in Tuba che forse ne riutiliz-zò anche parte dei materiali.Ma i fari non erano fatti solo di pietra e mat-toni, ma, soprattutto, di uomini. Attorno alfaro ferveva tutta una serie di lavoratori. Ipiù nobili erano i procuratores, tra i quali,noti da epigrafi, sono quelli alessandrinicome Marco Aurelio Fileto. Vi erano poi ipraefecti, dei quali conosciamo quello diSalona, Lucio Anito Petinato. Seguivanogli architetti: al già citato Sostrato di Cnidoper il faro di Alessandria, potremmo ag-giungere Gaius Sevius Lupus per la Torre diErcole. A questi, come avveniva spesso peri comandanti navali in pensione, si pensi alcelebre caso di quelli impiegati al Colosseoper alzare e abbassare il velarium, mentre aigubernatores veniva dato l'incarico di porsiad un piano intermedio del faro per dare in-dicazioni sulla manovra ai naviganti chestavano entrando in porto.Oltre ai comandanti in pensione, vi erano,come abbiamo visto, militari che presidia-vano la struttura, ne siamo sicuri per quantoriguarda il caso di Leptis Magna e, proba-bilmente, di Dover, Boulogne e dellaCampa Torres presso Gijòn; commerciantiche dovevano vendere i loro souvenirs maanche schiavi il cui compito era quello diaccendere il braciere della lanterna, portarealla sommità dell' edificio il materiale com-bustibile per mezzo di animali o carriole(ecco perché all'interno dei fari dovevaspesso essere allestita una rampa), e altrischiavi che azionassero gli specchi. Ilfuoco, alimentato con legna, pece, olio dipesce, a volte colza, ma anche con fibrevegetali, era posto su un braciere presumi-

bilmente in ferro, come è stato trovato sulfaro di St. Catherine presso l'isola di Scilly,attorno al quale giravano una serie di spec-chi ustori, ovvero quegli specchi già utiliz-zati dalla Syrakosia di Archimede nellaguerra siracusana a scopo offensivo e quiimpiegati per diffondere la luce a 3600

Talvolta i fari assumevano anche un fortevalore politico e commerciale. Questi edi-fici esigevano un costo elevato sia per larealizzazione sia per il mantenimento. Inol-tre, un porto dotato di faro era consideratoattrezzato e quindi rispecchiava anche ilgrande valore di emporio commerciale dellacittà dove era stato costruito. Ecco perchérisultano assai numerose, per la verità spe-cialmente in Oriente, le emissioni numi-

...

~;(~+à.~+,>;Aboukir, la tomba-faro di Philon presso Tapo-siris Magna.

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smatiche con la rappresentazionedel faro, come ad esempio:Laodicea di Siria, Apamaeadi Siria, Heraclea Pontica,Ege, Corinto, CasesareaMaritima, Perga, Ales-sandria, Ostia, Palermo,Boulogne.Le evidenze archeologi-che, come si sarà ormaievinto dal testo, sono assaiscarse. Nulla o quasi rimanedei monumentali fari di Ales-sandria, Ostia, Caesarea Maritimae Ravenna, il cui faro romano, più volte er-roneamente scambiato con il campaniledella chiesa di S. Apollinare in Classe oaddirittura con il basamento quadrato diquello di Santa Maria in Porto Fuori, non èmai stato trovato, mentre i recenti scavi alMausoleo di Teodorico hanno restituito ilbasamento di quello medioevale. In effettianche l'archeologia urbana di emergenzapuò essere utile per riscoprire questi im-portantissimi quanto misconosciuti manu-fatti dell'antichità: è successo, presso Dyr-rachium (Durazzo), di riscoprire ilbasamento del probabile faro ellenisticodella città portuale che certo non dovevamancare di avere una struttura anche impo-nente. Purtroppo tsunarni, terremoti, allu-vioni e invasioni barbariche hanno spessodistrutto i vecchi fari che, talvolta, sonocrollati per il loro eccessivo peso in conse-guenza dell'insabbiamento del porto. Fariche vanno da un' altezza minima di 20-25 m(le torri faro che servivano i fiumi e dove-vano quindi dialogare con imbarcazioni achiglia piatta di esigue dimensioni), a voltedi 34 m, come quelli di Boulogne e Dover,posti su falesie altrettanto alte, sino ad arri-vare ai 100 m circa del faro di Alessandria.Un'altezza superiore come quella fantasti-cata dal viaggiatore arabo Ibn Battuta in160 m, era totalmente inutile perché la luce

Moneta da Laodicea di Siria con un gu-bernator che aiuta un proreta nel-

l'entra/a in porto.

sarebbe stata troppo altaper essere vista dal navi-gante che l'avrebbe scam-biata per quella di unastella.

Il faro assume poi il valoresimbolico, come testimo-

niano i numerosi sarcofagi,di arrivo nel porto della salvezza,

di luce guida per un arrivo sicuro.Non è anche la Stella Cometa un faro inmovimento che guida i Re Magi verso Gesùe quindi verso la luce? Non si dice ancoraoggi, anche in gergo calcistico, che un gio-catore è il faro di una squadra? In epoca an-tica, spesso i sarcofagi univano lo statussociale di una persona, fosse esso semplicemarinaio o comandante, alla rappresenta-zione del navigium vitae e cioè del viaggioultra terreno che già nel mondo egizio eraguidato dal dio Ra e quindi dal Sole e cioèla luce. La luce del faro, sia esso Alessan-dria, Ostia, Miseno, Capri, Anzio o Trieste,guida il defunto verso il porto della sal-vezza, concetto fatto proprio dall'arte cri-stiana come ricordano sia Gregorio di Nissache i numerosi sarcofagi cristiani, in cuinon appaiono neanche più gli uomini masolo la nave e il faro.Le numerose devastazioni naturali edumane costrinsero Rutilio Namaziano a tor-nare in Gallia via mare osservando, ormai,i ruderi dell'impero romano e delle struttureda esso costruito, ivi compresi i fari, le tur-res geminae, di Centumcellae. Per resistereagli attacchi pirateschi prima e saraceni poimolti ruderi di fari vengono convertiti intorri costiere, tornando quindi a quella fun-zione di avvistamento e offensiva che neaveva in fin dei conti decretato la nascita.Tuttavia, ancora nel XII secolo d.C., se le

navi sono ormai cam-biate, permane l'idea difaro come struttura pi-ramidale a piani digra-danti verso l'alto di cuil'ultimo cilindrico comedimostra un rilievo in-castonato nella torre diPisa, almeno fino allacostruzione di quellache riunirà in sé faro,torre di avvistamento efortezza e cioè la Lan-terna di Genova. Solo inpieno rinascimento, coni grandi architetti chevanno da Leon BattistaAlberti sino a TeofiloGallacini, insieme alla

Città del Vaticano, Museo Pio Cristiano. Sarcofago di Firmia Victo-ria (111sec. d.C.) dal cimitero della Vigna degli Euslachi (Via Latina,Roma) con raffigurazione di nave efaro.

Rimini, Museo della Città. Inserviente che ac-cende il braciere per far brillare la luce dellalanterna.

riscoperta delle epoche passate, vi sarà an-che quella dei fari antichi che, tuttavia, oggiattendono una nuova rinascita e nuovi re-stauri per essere ancora vigili sentinelle nonsolo del mare, ma anche di un glorioso pas-sato architettonico che solo l'avvento del-l'ottica Fresnel prima e della tecnologia poiha potuto, solo in parte, affievolire. L'inse-rimento della Torre di Ercole (A Corufia)nell 'Unesco potrebbe essere un primo passoverso la valorizzazione che io, personal-mente, proporrei anche per Dover il cuifaro, sopravvissuto solo perché inglobatonel castello normanno ed utilizzato comecampanile, è ancora quello che Claudiovolle costruire nel 43 d.C.

B.G.

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