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11 CONCILIO LATERANENSE V (1512-1517)

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CONCILIO LATERANENSE V (1512-1517)

DISCORSO INAUGURALE DEL CONCILIO LATERANENSE V

DI EGIDIO DI VITERBO1

(3 maggio 1512)

1) Importanza dei concili

[…] Se è vero che Dio ha detto: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io vengo presso di loro e

sono in mezzo a loro [cfr. Mt 18, 20], quanto più volentieri egli viene là dove si riuniscono non

soltanto due o tre persone, bensì capi della Chiesa in così grande numero! Infatti, poiché Giovanni

chiama Angeli i pastori delle chiese [Ap 2 e 3], cosa vi è che una tale folla di angeli ed una tale

assemblea non possa chiedere a Dio od ottenere con le sue preghiere? […]

Beate le epoche che hanno accolto i sinodi! Insensate quelle che non li avranno riconosciuti,

disgraziate quelle che non li avranno permessi!

E poiché noi abbiamo rapidamente affrontato i benefici degli antichi sinodi, sfioriamo ora, nel modo

più conciso possibile, quelli del nostro attuale sinodo. Mi rivolgo dunque a te, Giulio II, Sovrano

Pontefice; l’Altissimo si rivolge a te, lui che ha voluto che tu detenessi il suo posto sulla terra; lui

che, in mezzo a questo senato, ti ha scelto in anticipo e ha scelto te solo; lui che, da otto anni, ha

difeso te, che sei lo sposo della sua Chiesa; lui che ti ha dato intelligenza nella riflessione e potenza

nell’azione più di quanto abbia mai fatto per ognuno dei tuoi predecessori, poiché ti ha permesso di

cacciare i briganti, di ripulire le strade, di sopprimere le rivolte, di elevare al Signore i templi più

splendidi che si siano mai visti2, di aver reso - cosa che nessuno era riuscito a fare fino ad ora – le

armi della Chiesa temibili per i grandi re, cosicché tu estendessi il tuo impero e recuperassi Rimini,

Faenza, Ravenna e molti altri luoghi. E anche se il nemico può riprendersi tutto, non può tuttavia far

sì che tu, primo tra i pontefici, non abbia compiuto tutte queste azioni. Poiché non è dal successo o

dalla sconfitta che si deve giudicare il valore dei grandi principi, ma dai loro progetti e dalle loro

azioni.

Da allora, perché queste gesta fossero complete, due sole cose mancavano: convocare un sinodo e

dichiarare guerra al nemico comune dei cristiani; e questi atti, che fin dal principio tu hai sempre

meditato, promesso, deciso, donarli ora a Dio, al gregge cristiano, alla tua pietà così come alla tua

fede. E sappilo: tu hai fatto sorgere in tutti gli uomini di buona volontà una speranza, poiché se la

guerra e le circostanze infelici ti hanno costretto a rimandarli, né le minacce, né gli intrighi né le

1 MANSI XXII 669-6762 La basilica di San Pietro a Roma

sconfitte sono riusciti a spingerti ad abbandonarli e a rinunciarvi […].

2) Crisi della Chiesa e appello alla coscienza del Papa

Io lo vedo, sì, lo vedo: se tramite questo concilio o in qualche altra maniera non poniamo un limite

ai nostri modi di agire, se non costringiamo la nostra cupidigia dei beni umani, fonte di tanti mali, a

lasciar posto all’amore per i beni divini, è finita la repubblica cristiana, è finita la religione, sono

finite anche le ricchezze stesse che i nostri padri acquisirono grazie al progresso del culto divino,

ma che noi, che lo trascuriamo, siamo destinati a perdere. […] Ascoltate le voci divine che

risuonano da ogni parte: da ogni parte esse chiedono con insistenza il sinodo, la pace e questa santa

spedizione [contro i turchi].

Quando mai, infatti, la nostra vita è stata più rammollita? Quando l’ambizione più sfrontata?

Quando l’avidità più ardente? Quando lo straripare del peccato più impudente? Quando mai

l’audacia nel parlare, nel disputare, nello scrivere contro la religione è stata tanto frequente o meno

arrischiata? Quando, tra i popoli, non solo l’indifferenza ma anche il disprezzo delle cose sacre, dei

sacramenti, del potere della Chiesa, dei santi precetti sono stati più grandi? Quando la nostra

religione e la nostra fede sono state tanto apertamente oggetto di derisione, anche per il popolo

semplice? Quando, ahimè, vi è mai stato nella Chiesa uno scisma più funesto? Quando mai una

guerra più pericolosa? Quando un nemico più potente? Quando un esercito più terribile? Quando

mai il cielo ci ha minacciati, quando la terra ci ha spaventati con l’apparizione di mostri, di presagi,

di prodigi più numerosi o più orribili? Quando mai si è visto (ah, le lacrime mi impediscono di

parlare) un massacro, un disastro più sanguinoso di quello di Brescia o di Ravenna? Quando mai,

dico, tra i giorni funesti se n’è levato uno più doloroso o più disastroso di quello che ha illuminato

la santissima luce del Cristo risorto?3

E tutto questo, a meno che noi siamo fatti di marmo, che cos’è, se non parole che il cielo ci rivolge?

Poiché le parole di Dio, secondo quanto afferma Proclo, sono i fatti, ed è di Dio soltanto che i santi

oracoli dicono: egli disse e fu creato [Sal 148,5]. E noi troviamo nei libri segreti degli Ebrei che

l’universo intero fu creato con le dieci parole che si leggono nella Genesi [Gn 1]. Sono dunque

parole, questi avvenimenti ai quali assistiamo, sono parole di Dio che avvertono e comandano che

tu indica un sinodo, che tu riformi la Chiesa, che tu faccia cessare la guerra tra questi due uomini,

che da una parte e dall’altra tu restituisca la pace alla tua sposa attaccata da ogni dove, che tu

distolga dalla Città e dall’Italia le spade che minacciano di sgozzarle, che tu ponga un freno alla

dissolutezza della nostra vita che ferisce la Chiesa nel più profondo delle sue viscere – poiché ciò

3 La battaglia di Ravenna si concluse il giorno di Pasqua 1512

che importa non è la quantità di terra che possediamo, ma il grado della nostra giustizia, della nostra

pietà, del nostro zelo per le cose divine – e che infine, dopo tanti mali, tanti danni, tanti flagelli, tu

ascolti il Cristo Signore quando mostra a Pietro e ai suoi successori che l’unico rimedio a tutti i

mali, l’unico porto per la barca in pericolo il solo modo di affermare la repubblica cristiana, è il

sinodo: Tu Pietro, dice, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. [Lc 22,32]. […]

VIII

BOLLA «SUPERNAE DISPOSITIONIS»

SULLA RIFORMA DELLA CURIA4

(5 maggio 1514)

[…] E poiché i cardinali di santa Romana Chiesa precedono in onore e dignità tutti gli altri membri

della Chiesa, fatta eccezione per il sommo pontefice, è conveniente e giusto che essi risplendano più

di tutti per l’onestà della loro vita e il fulgore delle loro virtù. […] Che tutti i cardinali siano vigili e

assidui agli uffici divini e alla celebrazione della messa, abbiano le loro cappelle in luogo

conveniente, come del resto è loro abitudine. Abbiano un seguito, una mensa e un arredamento che

non possano essere criticati né per il lusso o la pompa, né per il loro essere superflui, né per qualche

altro motivo, perché non nasca da ciò occasione di peccato e di eccessi, ma meritino, invece, come è

giusto, di essere chiamati specchi di modestia e di sobrietà. Che si impegnino dunque a cercare ciò

che esprime la modestia sacerdotale, che trattino sia in pubblico che in privato con bontà e onore i

prelati e le altre personalità che vengono alla curia romana e si incarichino di trattare con gratuità e

generosità davanti a noi e ai nostri successori gli affari di costoro.

Nelle loro case non impieghino per servizi indecorosi né vescovi né prelati perché questi che sono

stati formati per comandare agli altri e sono stati rivestiti del carattere sacro, non si abbassino a vili

servizi, e non espongano al pubblico disprezzo l’ufficio pastorale. I vescovi e i prelati che avessero

già nelle loro case o che avranno in futuro, li trattino con onore come fratelli e nel modo adatto al

loro stato. Poiché essi assistono il romano pontefice, padre comune di tutti i fedeli cristiani, sarebbe

sconveniente se facessero eccezioni in ragione delle persone. Inoltre stabiliamo che essi non

favoriscano nessuna parte, né assumano il ruolo di promotori o difensori di capi di Stato o di altre

persone contro altri se non nei limiti richiesti dalla giustizia, dall’equità e consentiti dalla loro

dignità e condizione; ma estranei a ogni passione privata, si impegnino e si applichino con zelo a

pacificare e regolare i processi, qualunque siano le parti in causa; siano pietosi nel sostenere le

giuste cause dei principi e di ogni altra persona, in particolare dei poveri e dei religiosi e aiutino

secondo le loro forze e il dovere delle loro funzioni, coloro che sono oppressi e ingiustamente 4 MANSI XXXII 874-885.

angariati.

Visitino almeno una volta all’anno - personalmente, se sono presenti in curia, per mezzo di un loro

vicario idoneo, se sono assenti – il territorio della basilica di cui sono titolari. Si informino con

diligenza sul clero e sul popolo delle chiese che dipendono dalla loro basilica; vigilino sul culto

divino e sui beni di queste chiese; soprattutto esaminino con cura i costumi e la vita del clero e dei

parrocchiani, e li esortino paternamente a vivere con rettitudine e onestà. Per lo sviluppo del culto

divino e per la salvezza della propria anima, ciascun cardinale doni durante la vita o lasci in eredità

al momento della morte alla propria basilica una somma sufficiente per mantenervi dignitosamente

un prete: o, qualora la chiesa avesse bisogno di restauri o di qualche sovvenzione, lasci o doni a essa

ciò che la sua coscienza riterrà giusto.

E’ assolutamente disdicevole trascurare parenti e alleati, specialmente se meritevoli o poveri; è

invece giusto e lodevole venire loro in aiuto; tuttavia, non riteniamo opportuno colmarli di un tal

numero di benefici e di rendite ecclesiastiche, da far torto agli altri con una larghezza eccessiva e far

nascere scandali. […]

XI

COSTITUZIONE «SUPERNAE MAIESTATIS PRAESIDIO»

SULLA PREDICAZIONE 5

[…] Ci è stato riferito da persone veramente degne di fede che alcuni predicatori, in questi nostri

tempi (e lo diciamo con dolore) non considerano a sufficienza che essi esercitano il compito che fu

del Cristo e degli apostoli […], dei santi dottori della Chiesa e degli teologi, i quali, nell’assistenza

che hanno continuamente dato ai cristiani si oppongono ai falsi profeti, che agiscono per sovvertire

la vera fede, manifestando così la perpetua invulnerabilità della Chiesa militante. Né riflettono che

devono solo trattare ciò che, meditato e messo in pratica, è utile al popolo che accorre alle loro

prediche, per estirpare i vizi, onorare le virtù e infine per la salvezza delle anime dei fedeli. Al

contrario, essi tengono al popolo predicazioni che, in molti punti e in diversi modi, si oppongono

agli insegnamenti e agli esempi che abbiamo richiamato, e che talvolta sono scandalose.

[…] Essi osano infatti predicare contrariamente alla verità e parlano di terrori, minacce e molti mali,

ormai imminenti, senza appoggiarsi ad alcuna legittima argomentazione ma seguendo soltanto le

proprie idee; e minacciano, descrivono e affermano che questi mali sono già presenti, e per la

maggior parte del tempo osano inculcare nel popolo idee vane, inconsistenti ecc., affermando, cosa

più grave ancora, che le hanno ricevute dalla luce dell’eternità, o per l’insegnamento o l’infusione

dello Spirito Santo. Questi predicatori, aiutandosi con la menzogna di finti miracoli, seminano molti 5 MANSI XXXII 944-947.

errori e inganni, e allontanano dalla salvezza i popoli che li ascoltano, quei popoli che avrebbero

dovuto diligentemente istruire nella dottrina evangelica e mantenere e conservare nella vera fede,

proprio allontanandosi nei loro discorsi dal modo di sentire e dai precetti della Chiesa universale, e

dalle le sante costituzioni che avrebbero dovuto diligentemente osservare. Queste affermazioni e

altre simili allontanano le persone più semplici, facili a farsi ingannare, dalla via della salvezza e

dall’obbedienza della Chiesa romana, e li conducono così con facilità verso errori di ogni genere.

[…] Certamente questi predicatori non possono recare danno o scandalo maggiore al popolo

semplice come quando predicano cose che non bisogna dire, o quando insegnano cose false e

inutili, inducendolo in errore. […]

Con il consenso del santo concilio stabiliamo e ordiniamo che nessuno, sia egli chierico secolare o

membro di un ordine mendicante, sia che abbia la facoltà di predicare in base al diritto o per

consuetudine, privilegio o altro motivo, sia ammesso a esercitare questa funzione senza essere stato

precedentemente esaminato con ogni cura dal proprio superiore (e noi facciamo di questo esame un

grave obbligo in coscienza per tale superiore) e senza che sia stato riconosciuto idoneo e consono a

tale ufficio per l’onestà dei costumi, l’età, la dottrina, la probità, la prudenza e l’esemplarità della

vita. E stabiliamo e ordiniamo che egli, dovunque si rechi per predicare, esibisca ai vescovi e agli

altri ordinari locali la legittima attestazione di aver sostenuto questo esame e di essere stato

dichiarato idoneo mediante lettere autentiche o altro documento dell’esaminatore.

Comandiamo inoltre a tutti coloro che hanno il compito di predicare ora e nel futuro, di predicare e

di spiegare la verità evangelica e la sacra scrittura secondo le spiegazioni, le interpretazioni e i

commenti che la Chiesa o il lungo uso hanno approvato e accolto fino ad oggi e accoglieranno in

futuro, senza aggiungere nulla che sia contrario e si scosti dal senso suo proprio, ma anzi aderiscano

sempre alle opinioni che si accordano con le parole della sacra Scrittura e con le interpretazioni

rettamente comprese dei predetti dottori. E non abbiano più assolutamente la presunzione per

proclamare o predire il momento esatto in cui si verificheranno i mali futuri, o la venuta

dell’anticristo o il giorno preciso del giudizio; la verità ci dice infatti: non spetta a voi conoscere i

tempi e i momenti che il Padre ha stabilito nella sua potenza (At 1,7) […]

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CONSILIUM DE EMENDANDA ECCLESIA(rapporto sulla riforma della chiesa letto davanti a Paolo III il 9/03/1537)

XII CONSILIUM DE EMENDANDA ECCLESIA

XIV

RAPPORTO SULLA RIFORMA DELLA CHIESA1

LETTO DAVANTI A PAOLO III

(9 marzo 1537)

Beatissimo Padre! Magari le nostre parole potessero esprimere l’immenso ringraziamento che la

Repubblica cristiana deve rendere a Dio grandissimo e buono, per averti scelto in questi tempi

come pontefice e come pastore del suo gregge e per averti dato la disposizione di spirito che hai:

il nostro pensiero dispera di poterti esprimere questo ringraziamento che il mondo cristiano

deve rendere a Dio. Poiché questo spirito di Dio che assicura la forza dei cieli, come dice il

profeta, ha deciso di restaurare tramite te la Chiesa di Cristo che cadeva, che crollava persino, e

di contenere grazie alla tua mano questa rovina, di riportare la Chiesa alla sua altezza originaria

e di restituirle la sua antica bellezza. Noi, che la Tua santità ha convocato per comandarci di

farti conoscere, senza tenere conto del tuo interesse o dell’interesse di chiunque, gli abusi,

malattie tanto gravi di cui la chiesa di Dio e soprattutto la Curia romana soffrono già da lungo

tempo, vogliamo ritenere che questo disegno divino si realizzerà certamente; a causa di questi

abusi, con un lento e impercettibile processo, questi mali mortali non hanno fatto che aumentare

e hanno causato la rovina che è sotto i nostri occhi.

I

L’origine della decadenza della Chiesa

La tua Santità, istruita dallo Spirito Santo (che, come dice sant’Agostino, parla al cuore senza il

suono delle parole), ha visto che il principio di questi mali è stato che alcuni papi tuoi

predecessori, dalle orecchie ansiose, come dice l’apostolo, si sono trovati dei maestri secondo i

loro desideri, non tanto per apprendere da loro quello che dovevano fare quanto per ottenere

dalla loro scienza e dalla loro scaltrezza un motivo per autorizzare ciò che piaceva loro, ed è

accaduto (oltre al fatto che l’adulazione accompagna ogni potere come l’ombra segue il corpo e

che la verità ha sempre camminato in modo non semplice verso le orecchie dei principi) che si

sono anche trovati dei dottori per insegnare che il papa è il maestro di tutti i benefici e che

quindi, poiché il maestro vende a buon diritto ciò che gli appartiene, ne consegue

necessariamente che il papa non può cadere nella simonia e anche che la volontà del papa,

qualsiasi sia, è la norma direttrice delle sue operazioni e delle sue azioni; il risultato indubitabile

1 CT XII 131-145.

V

Abusi da riformare a Roma

Avendo spiegato quanto abbiamo potuto tutto quanto riguarda il pontificato della Chiesa

universale, ci resta da dire qualcosa su alcuni punti che riguardano il vescovo di Roma. Questa

città e questa chiesa di Roma è la madre e la maestra delle altre chiese: è una delle ragioni per

cui vi brillino il culto divino e l’onesta dei costumi. Ecco perché, Santissimo Padre, tutti gli

stranieri si scandalizzano quando entrano nella chiesa di San Pietro in cui preti sordidi, incolti,

vestiti di ornamenti o di abiti che non potrebbero essere utilizzati decentemente nemmeno in una

stamberga, celebrano messa. E’ un grave scandalo per tutti. Bisogna dunque ordinare al

reverendissimo arciprete e la reverendissimo penitenziere di vegliare e di sopprimere questo

costume. Lo stesso per le altre chiese.

In questa città, le cortigiane passeggiano adornate come donne sposate o cavalcano muli,

accompagnate in pieno giorno da nobili familiari di cardinali e di chierici. In nessun’altra città

abbiamo visto questa corruzione, se non in quella che è modello di tutte. Esse abitano in dimore

sontuose. Si deve correggere questo abuso vergognoso.

Vi sono anche in questa città odi ed inimicizie tra privati che è dovere del vescovo ridurre

riconciliando i cittadini. Grazie a dei cardinali, soprattutto romani, che potrebbero essere i più

idonei, si dovrebbe porre fine a queste inimicizie e a riconciliare gli spiriti dei cittadini.

In questa città vi sono degli ospedali, degli orfani, delle vedove. Occuparsi di loro è compito in

primo luogo del vescovo e del governante secolare. Tua santità potrà, tramite cardinali

integerrimi, prendersi cura facilmente di tutto questo.

Ecco dunque, Santissimo Padre, ciò che ora il nostro povero spirito ha ritenuto di dover

raccogliere e che ci è sembrato che dovesse essere corretto. Per te, che la tua bontà e la tua

saggezza regolino tutto. Per noi, se l’ampiezza della questione supera di gran lunga le nostre

forze, abbiamo almeno soddisfatto la nostra coscienza, non senza sperare con ardore che sotto il

tuo governo, noi possiamo vedere la chiesa di Dio purificata, bella come una colomba,

armoniosamente unita, volenterosa di costituire un solo corpo, eterna memoria del tuo nome. Tu

hai assunto il nome di Paolo; tu imiterai, speriamo, la carità di Paolo. Egli è stato scelto come un

vaso che portasse il nome di Cristo attraverso le nazioni. Noi speriamo che tu sia stato eletto

perché il nome di Cristo dimenticato dalle nazioni e da noi, i chierici, tu ce lo renda nei nostri

cuori e nelle nostre opere, che tu guarisca le nostre malattie, che tu riporti all’unico ovile il

gregge di Gesù, che tu allontani da noi la collera di Dio e il castigo che meritiamo, già preparato

e pronto a cadere su di noi.

Gaspare, card. Contarini; Gian Pietro (Carafa) card. Teatino; Jacopo card. Sadoleto;

Reginald(Pole) card. d’Inghilterra; Federico (Fragoso) arcivescovo di Salerno; Gerolamo

(Aleandro) arcivescovo di Brindisi; Gian Matteo (Giberti) vescovo di Verona; Gregorio, abate di

S. Giorgio, Venezia; Fr. Tommaso (Badia, o.p.) maestro del Palazzo Sacro.

13

LE 95 TESI DI LUTERO (1517)

Il testo delle 95 tesi [modifica]

1. Il Signore e maestro nostro Gesù Cristo dicendo: "Fate penitenza ecc." volle che tutta la vita dei fedeli fosse una penitenza.

2. Questa parola non può intendersi nel senso di penitenza sacramentale (cioè confessione e soddisfazione, che si celebra per il ministero dei sacerdoti).

3. Non intende però solo la penitenza interiore, anzi quella interiore è nulla se non produce esteriormente varie mortificazioni della carne.

4. Rimane cioè l'espiazione sin che rimane l'odio di sé (che è la vera penitenza interiore), cioè sino all'ingresso nel regno dei cieli.

5. Il papa non vuole né può rimettere alcuna pena fuorché quelle che ha imposte per volontà propria o dei canoni.

6. Il papa non può rimettere alcuna colpa se non dichiarando e approvando che è stata rimessa da Dio o rimettendo nei casi a lui riservati, fuori dei quali la colpa rimarrebbe certamente.

7. Sicuramente Dio non rimette la colpa a nessuno, senza sottometterlo contemporaneamente al sacerdote suo vicario, completamente umiliato.

8. I canoni penitenziali sono imposti solo ai vivi, e nulla si deve imporre in base ad essi ai moribondi.

9. Lo Spirito Santo dunque, nel papa, ci benefica eccettuando sempre nei suoi decreti i casi di morte e di necessità.

10.Agiscono male e con ignoranza quei sacerdoti, i quali riservano penitenze canoniche per il purgatorio ai moribondi.

11.Tali zizzanie del mutare una pena canonica in una pena del Purgatorio certo appaiono seminate mentre i vescovi dormivano.

12.Una volta le pene canoniche erano imposte non dopo, ma prima dell'assoluzione, come prova della vera contrizione.

13.I morituri soddisfano ogni cosa con la morte, e sono già morti alla legge dei canoni, essendone sollevati per diritto.

14.La integrità o carità perfetta del morente, porta necessariamente con sé un gran timore, tanto maggiore quanto essa è minore.

15.Questo timore e orrore basta da solo, per tacere d'altro, a costituire la pena del purgatorio, poiché è prossimo all'orrore della disperazione.

16.L'inferno, il purgatorio ed il cielo sembrano distinguersi tra loro come la disperazione, la quasi disperazione e la sicurezza.

17.Sembra necessario che nelle anime del purgatorio di tanto diminuisca l'orrore di quanto aumenti la carità.

18.Né appare approvato sulla base della ragione e delle scritture, che queste anime siano fuori della capacità di meritare o dell'accrescimento della carità.

19.Né appare provato che esse siano certe e sicure della loro beatitudine, almeno tutte, sebbene noi ne siamo certissimi.

20.Dunque il papa con la remissione plenaria di tutte le pene non intende semplicemente di tutte, ma solo di quelle imposte da lui.

21.Sbagliano pertanto quei predicatori d'indulgenze, i quali dicono che per le indulgenze papali l'uomo è sciolto e salvato da ogni pena.

22.Il papa, anzi, non rimette alle anime in purgatorio nessuna pena che avrebbero dovuto subire in questa vita secondo i canoni.

23.Se mai può essere concessa ad alcuno la completa remissione di tutte le pene, è certo che essa può esser data solo ai perfettissimi, cioè a pochissimi.

24.È perciò inevitabile che la maggior parte del popolo sia ingannata da tale indiscriminata e pomposa promessa di liberazione dalla pena.

25.La stessa potestà che il papa ha in genere sul purgatorio, l'ha ogni vescovo e curato in particolare nella propria diocesi o parrocchia.

26.Il papa fa benissimo quando concede alle anime la remissione non per il potere delle chiavi (che non ha) ma a modo di suffragio

27.Predicano da uomini, coloro che dicono che subito, come il soldino ha tintinnato nella cassa, l'anima se ne vola via.

28.Certo è che al tintinnio della moneta nella cesta possono aumentare la petulanza e l'avarizia: invece il suffragio della chiesa è in potere di Dio solo.

29.Chi sa se tutte le anime del purgatorio desiderano essere liberate, come si narra di S. Severino e di S. Pasquale?.

30.Nessuno è certo della sincerità della propria contrizione, tanto meno del conseguimento della remissione plenaria.

31.Tanto è raro il vero penitente, altrettanto è raro chi acquista veramente le indulgenze, cioè rarissimo.

32.Saranno dannati in eterno con i loro maestri coloro che credono di essere sicuri della loro salute sulla base delle lettere di indulgenza.

33.Specialmente sono da evitare coloro che dicono che tali perdoni del papa sono quel dono inestimabile di Dio mediante il quale l'uomo è riconciliato con Dio.

34.Infatti tali grazie ottenute mediante le indulgenze riguardano solo le pene della soddisfazione sacramentale stabilite dall'uomo.

35.Non predicano cristianamente quelli che insegnano che non è necessaria la contrizione per chi riscatta le anime o acquista lettere confessionali.

36.Qualsiasi cristiano veramente pentito ottiene la remissione plenaria della pena e della colpa che gli è dovuta anche senza lettere di indulgenza.

37.Qualunque vero cristiano, sia vivo che morto, ha la parte datagli da Dio a tutti i beni di Cristo e della Chiesa, anche senza lettere di indulgenza.

38.Tuttavia la remissione e la partecipazione del papa non deve essere disprezzata in nessun modo perché, come ho detto [v. tesi n°6], è la dichiarazione della remissione divina.

39.È straordinariamente difficile anche per i teologi più saggi esaltare davanti al popolo ad un tempo a prodigalità delle indulgenze e la verità della contrizione.

40.La vera contrizione cerca ed ama le pene, la larghezza delle indulgenze produce rilassamento e fa odiare le pene o almeno ne dà occasione.

41.I perdoni apostolici devono essere predicati con prudenza, perché il popolo non intenda erroneamente che essi sono preferibili a tutte le altre buone opere di carità.

42.Bisogna insegnare ai cristiani che non è intenzione del papa equiparare in alcun modo l'acquisto delle indulgenze con le opere di misericordia.

43.Si deve insegnare ai cristiani che è meglio dare a un povero o fare un prestito a un bisognoso che non acquistare indulgenze.

44.Poiché la carità cresce con le opere di carità e fa l'uomo migliore, mentre con le indulgenze non diventa migliore ma solo più libero dalla pena.

45.Occorre insegnare ai cristiani che chi vede un bisognoso e trascurandolo dà per le indulgenze si merita non l'indulgenza del papa ma l'indignazione di Dio.

46.Si deve insegnare ai cristiani che se non abbondano i beni superflui, debbono tenere il necessario per la loro casa e non spenderlo per le indulgenze.

47.Si deve insegnare ai cristiani che l'acquisto delle indulgenze è libero e non di precetto. 48.Si deve insegnare ai cristiani che il papa come ha maggior bisogno così desidera

maggiormente per sé, nel concedere le indulgenze, devote orazioni piuttosto che monete sonanti.

49.Si deve insegnare ai cristiani che i perdoni del papa sono utili se essi non vi confidano, ma diventano molto nocivi, se per causa loro si perde il timor di Dio.

50.Si deve insegnare ai cristiani che se il papa conoscesse le esazioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di S. Pietro andasse in cenere piuttosto che essere edificata sulla pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelle.

51.Si deve insegnare ai cristiani che il papa, come deve, vorrebbe, anche a costo di vendere - se

fosse necessario - la basilica di S. Pietro, dare dei propri soldi a molti di quelli ai quali alcuni predicatori di indulgenze estorcono denaro.

52.È vana la fiducia nella salvezza mediante le lettere di indulgenza. anche se un commissario e perfino lo stesso papa impegnasse per esse la propria anima.

53.Nemici di Cristo e del papa sono coloro i quali perché si predichino le indulgenze fanno tacere completamente la parola di Dio in tutte le altre chiese.

54.Si fa ingiuria alla parola di Dio quando in una stessa predica si dedica un tempo eguale o maggiore all'indulgenza che ad essa.

55.È sicuramente desiderio del papa che se si celebra l'indulgenza, che è cosa minima, con una sola campana, una sola processione, una sola cerimonia, il vangelo, che è la cosa più grande, sia predicato con cento campane, cento processioni, cento cerimonie.

56.I tesori della Chiesa, dai quali il papa attinge le indulgenze, non sono sufficientemente ricordati né conosciuti presso il popolo cristiano.

57.Certo è evidente che non sono beni temporali, che molti predicatori non li profonderebbero tanto facilmente ma piuttosto li raccoglierebbero.

58.Né sono i meriti di Cristo e dei santi, perché questi operano sempre, indipendentemente dal papa, la grazia dell'uomo interiore, la croce, la morte e l'inferno dell'uomo esteriore.

59.S. Lorenzo chiamò tesoro della Chiesa i poveri, ma egli usava il linguaggio del suo tempo. 60.Senza temerarietà diciamo che questo tesoro è costituito dalle chiavi della Chiesa donate per

merito di Cristo. 61.È chiaro infatti che per la remissione delle pene e dei casi basta la sola potestà del papa. 62.Vero tesoro della Chiesa di Cristo è il sacrosanto Vangelo, gloria e grazia di Dio. 63.Ma questo tesoro è a ragione odiosissimo perché dei primi fa gli ultimi. 64.Ma il tesoro delle indulgenze è a ragione gratissimo perché degli ultimi fa i primi. 65.Dunque i tesori evangelici sono reti con le quali un tempo si pescavano uomini ricchi. 66.Ora i tesori delle indulgenze sono reti con le quali si pescano le ricchezze degli uomini. 67.Le indulgenze che i predicatori proclamano grazie grandissime, si capisce che sono

veramente tali quanto al guadagno che promuovono. 68.Sono in realtà le minime paragonate alla grazia di Dio e alla pietà della croce. 69.I vescovi e i parroci sono tenuti a ricevere con ogni riverenza i commissari dei perdoni

apostolici. 70.Ma più sono tenuti a vigilare con gli occhi e le orecchie che essi non predichino, invece del

mandato avuto dal papa, le loro fantasie. 71.Chi parla contro la verità dei perdoni apostolici sia anatema e maledetto. 72.Chi invece si oppone alla cupidigia e alla licenza del parlare del predicatore di indulgenze,

sia benedetto. 73.Come il papa giustamente fulmina coloro che operano qualsiasi macchinazione a danno

della vendita delle indulgenze. 74.Cosi molto più gravemente intende fulminare quelli che col pretesto delle indulgenze

operano a danno della santa carità e verità. 75.Ritenere che le indulgenze papali siano tanto potenti da poter assolvere un uomo, anche se

questi, per un caso impossibile, avesse violato la madre di Dio, è essere pazzi. 76.Al contrario diciamo che i perdoni papali non possono cancellare neppure il minimo peccato

veniale, quanto alla colpa. 77.Dire che neanche S. Pietro se pure fosse papa, potrebbe dare grazie maggiori, è bestemmia

contro S. Pietro e il papa. 78.Diciamo invece che questo e qualsiasi papa ne ha di maggiori, cioè l'evangelo, le virtù, i

doni di guarigione, ecc. secondo I Corinti 12 [1COR, 12]. 79.Dire che la croce eretta solennemente con le armi papali equivale la croce di Cristo, è

blasfemo. 80.I vescovi i parroci e i teologi che consentono che tali discorsi siano tenuti al popolo ne

renderanno conto.

81.Questa scandalosa predicazione delle indulgenze fa si che non sia facile neppure ad uomini dotti difendere la riverenza dovuta al papa dalle calunnie e dalle sottili obiezioni dei laici.

82.Per esempio: perché il papa non vuota il purgatorio a motivo della santissima carità e della somma necessità delle anime, che è la ragione più giusta di tutte, quando libera un numero infinite di anime in forza del funestissimo denaro dato per la costruzione della basilica, che è una ragione debolissima?

83.Parimenti: perché continuano le esequie e gli anniversari dei defunti e invece il papa non restituisce ma anzi permette di ricevere lasciti istituiti per loro, mentre è già un'ingiustizia pregare per dei redenti?

84.Parimenti: che è questa nuova di Dio e del papa, per cui si concede ad un uomo empio e peccatore di redimere in forza del danaro un'anima pia e amica di Dio e tuttavia non la si redime per gratuita carità in base alla necessità di tale anima pia e diletta?

85.Ancora: perché canoni penitenziali per se stessi e per il disuso già da tempo morti e abrogati, tuttavia a motivo della concessione delle indulgenze sono riscattati ancora col denaro come se avessero ancora vigore?

86.Ancora: perché il papa le cui ricchezze oggi sono più opulente di quelle degli opulentissimi Crassi, non costruisce una sola basilica di S. Pietro con i propri soldi invece che con quelli dei poveri fedeli?

87.Ancora: cosa rimette o partecipa il papa a coloro che con la contrizione perfetta hanno diritto alla piena remissione e partecipazione?

88.Ancora: quale maggior bene si recherebbe alla Chiesa, se il papa, come fa ogni tanto, così cento volte ogni giorno attribuisse queste remissioni e partecipazioni a ciascun fedele?

89.Dato che il papa con le indulgenze cerca la salvezza delle anime piuttosto che il danaro perché sospende le lettere e le indulgenze già concesse, quando sono ancora efficaci?

90.Soffocare queste sottili argomentazioni dei laici con la sola autorità e non scioglierle con opportune ragioni significa esporre la chiesa e il papa alle beffe dei nemici e rendere infelici i cristiani.

91.Se dunque le indulgenze fossero predicate secondo lo spirito e l'intenzione del papa, tutte quelle difficoltà sarebbero facilmente dissipate, anzi non esisterebbero.

92.Addio dunque a tutti quei profeti, i quali dicono al popolo cristiano "Pace. pace", mentre non v'è pace.

93.Valenti tutti quei profeti, i quali dicono al popolo cristiano «Croce, croce», mentre non v'è croce.

94.Bisogna esortare i cristiani perché si sforzino di seguire il loro capo Cristo attraverso le pene, le mortificazioni e gli inferni.

95.E così confidino di entrare in cielo piuttosto attraverso molte tribolazioni che per la sicurezza della pace.