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Segue a pag. 4 Segue a pag. 8 Segue a pag. 23 Segue a pag. 28 Colui che con più profonda ne- cessità desiderò sempre ralle- grarsi nel Signore come pure contemplare il Suo volto, da... Usa sempre frasi ad effetto Papa Francesco, frasi capaci di andare dritte al cuore di chi lo ascolta e di rimanere ben impresse nella... Un convegno di studio intenso e interessante, un coro di voci di indubbia levatura dal mondo ac- cademico italiano e spagnolo... A Margine del Convegno Scien- tifico allestito in occasione del XXVI cammino nazionale delle Confraternite abbiamo avuto... San Giovanni da Matera La salvezza non si compra, è gratis XXVI Cammino Nazionale delle Confraternite Intervista al Card. Ravasi 11 12 30 GIU 2019 copia € 1,20 • abb. € 20,00

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Segue a pag. 4 Segue a pag. 8 Segue a pag. 23 Segue a pag. 28

Colui che con più profonda ne-cessità desiderò sempre ralle-grarsi nel Signore come pure contemplare il Suo volto, da...

Usa sempre frasi ad effetto Papa Francesco, frasi capaci di andare dritte al cuore di chi lo ascolta e di rimanere ben impresse nella...

Un convegno di studio intenso e interessante, un coro di voci di indubbia levatura dal mondo ac-cademico italiano e spagnolo...

A Margine del Convegno Scien-tifico allestito in occasione del XXVI cammino nazionale delle Confraternite abbiamo avuto...

San Giovannida Matera

La salvezzanon si compra, è gratis

XXVI Cammino Nazionaledelle Confraternite

Intervista al Card. Ravasi

11 1230 GIU 2019

copia € 1,20 • abb. € 20,00

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SOMMARIO

San Giovanni da Matera ........................

Saluto dell’Arcivescovo Caiazzo ...........

XXVI Cammino Confraternite ...............

Saluto del Presidente Antonelli ...........

iCammini ....................................................

Intervista al Card. Ravasi .......................

Abitare lo spazio e il tempo ..................

Vero motore è donare .............................

Donare i farmaci non scaduti ...............

La salvezza non si compra, è gratis ....

La Cultura strizza l’occhio ......................

Montemilone .............................................

Ragazzi sempre in viaggio .....................

Sinodo diocesano ....................................

Biagio Cilento ............................................

Integrazione: a volte basta poco .........

Giambattista Capolupo .........................

Grottole: sport e benessere ...................

DIRETTORE RESPONSABILEAntonella Ciervo

REDAZIONEGiuditta Coretti, Anna Maria Cammisa,Domenico Infante, Mariangela Lisanti,Marta Natale, Paolo Tritto, Filippo Lombardi, Eustachio Di Simine, Nino Vinciguerra,Giuseppe Longo, Antonello Di Marzio,Rosanna Bianco, Angelo D’Onofrio, Lindo Monaco.

COLLABORATORIFrancesco Antonetti, Francesco Sportelli,Elisa Acanfora, Angelo Lucano Larotonda,Antonella Forlenza, Beatrice Gnudi,Pippo De Vitis.Chiuso il 25 giugno 2019

SEDE LogosVia dei Dauni, 20 - 75100 Matera

PROGETTO GRAFICODream Graphics di Antonio [email protected]

STAMPAD&B stampagrafica BongoVia Cartesio, 8 - Gravina in Puglia (Ba)

La redazione si riserva la facoltà di pubblicare o meno gli articoli o lettere inviati e, qualora fosse necessario, di intervenire sul testo per adattarlo alle esigenze di impaginazionee renderlo coerente con le linee editoriali.

Quindicinale della Diocesi di Matera - Irsina

Iscrizione n°1/2009 - Registro della stampa del

Tribunale del 03/02/2009

n. iscrizione ROC 22418 Anno XI

n. 11/12 del 30/06/2019

Contributo libero € 1,20 - Abbonamento € 20,00

ccp n° 12492757 - causale: Logos 2019

intestato a: Arcidiocesi di Matera-Irsina

Scrivici o invia il tuo articolo [email protected]

WWW.LOGOSMATERA.NET

a cura di Paolo TrittoCURIOSITÀ

Dopo le elezioni si fa la con-ta di vincitori e vinti: quanti deputati, quanti presiden-

ti, quanti sindaci, quanti seggi hanno preso le alleanze di de-stra e quelle di sinistra, quanti ne sono andati a quelle liste che invece, come i Cinquestelle, non vogliono alleanze né a destra né a sinistra. Alla fine vengono fuo-ri delle cifre che dovrebbero far capire chi ha vinto e con quale punteggio. Non sempre però c’è un vincitore e un vinto. Uno di questi rarissimi casi si è verifica-to nella nostra regione, a Banzi, dove i due candidati alla carica di sindaco, Giuseppina Duca di “Cambiamo Banzi” e Pasquale

Caffio di “Uniti per Banzi”, hanno ottenuto esattamente lo stesso risultato: 447 voti. La legge pre-vede che si torni a votare però soltanto nei comuni che supe-rano i 15mila abitanti e se nes-suno dei candidati a sindaco, al primo turno, raggiunge la mag-gioranza assoluta. Ma come fare nel comune di Banzi con i suoi 1300 abitanti? Se non il ballot-taggio, almeno uno spareggio era necessario, come nello sport. Speriamo che questo caso dello spareggio di Banzi faccia recu-perare, in queste competizioni elettorali, un po’ di quello spirito sportivo necessario per mettere da parte tante faziosità e rancori.

Fuori ondaSpareggi

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di Antonella Ciervo

I recenti dati dell’Istat sui consumi delle famiglie ita-liane indicano segnali per alcuni versi incoraggianti ma per altri tristemente eloquenti. Nell’ultimo anno, infatti, i consumi per beni culturali sono au-mentati del 3,1%. Gli ita-liani, insomma, dedicano a cinema, teatro, concerti, una spesa pari a 130 euro mensili a dimostrazione che la tendenza del Paese si sta muovendo in modo incontestabile in ambiti diversi rispetto a quelli tradizionalmente previsti. Le note dolenti arrivano però dalla lettura dei dati territoriali che indicano, come accade ancora mol-to spesso, un’Italia divisa a metà dove ad arrancare è sempre il Sud. I 150 al mese del nord superano di gran lunga i 90 euro al mese che spendono gli abitanti delle regioni del Mezzogiorno per seguire iniziative culturali. Stride in particolare, poi, la posizione della Basilicata che risulta 18ma, ovvero terzultima, nella classifi-ca sui consumi culturali. La regione che ospita la capitale europea della cultura, spende il 67,81% del valore complessivo, superando solo Calabria e Sicilia.Le riflessioni lasciano aperte una serie di ap-profondimenti che non possono non tenere in considerazione i valori del reddito medio che conti-nua a segnare una profon-da linea di demarcazione fra le due aree italiane continua a non ridursi. Lo confermano i dati sull’oc-cupazione che lasciano

ancora indietro il Mez-zogiorno e che la cultura non ha ancora contribu-ito a migliorare. Eppure i segnali di potenzialità in crescita in questo settore, lascerebbe pensare ad opportunità di occupazio-ne che proprio la cultura, insieme al turismo, po-trebbero rappresentare. Ma a frenare in modo drammatico questa ten-denza ci pensa l’atavica mancanza di infrastrut-ture. Da quelle stradali a quelle tecnologiche, per il sud è ancora impossibile parlare di sistema di rete, di collegamento comples-sivo. Ancora oggi strumen-ti fondamentali come la copertura wifi, per molte aree è ancora un obiettivo da raggiungere. E questi sono spesso gli stessi ter-ritori che ospitano giovani in cerca di occupazione che tentano anche attra-verso l’associazionismo di creare sistemi di relazioni e conoscenza. E mentre il nord, e prima ancora il resto dell’Europa, attraverso le reti supera steccati e si pone come interlocutore credibile nei confronti delle istituzioni comunitarie, nel Mez-zogiorno ci sono ancora piccole realtà nelle quali la stessa copertura telefoni-ca mobile è un sogno. La mappa descritta dall’I-stat, in termini di tempo, è solo l’ultimo tassello scrostato di un puzzle che ancora oggi stenta a comporsi, un mosaico che le istituzioni devono con-tribuire a rendere meno incancrenito nella sua immobilità. La vera sfida è questa.

L’EDITORIALE

La festa della Bruna 2019, la 630°, è davve-ro speciale; è in piena sintonia con quanto Matera sta vivendo come Capitale europea

della cultura. “La fede genera cultura” è il tema molto ben raffigurato dalla scena centrale, ispi-rata a un passo degli Atti degli Apostoli 17,15.22-34, il noto discorso di Paolo all’Areopago di Ate-ne; e dalle altre figure che arredano le fiancate, il retro e il davanti del carro. Da una statua di San Benedetto, Patrono d’Europa, a Notre Dame de Paris, dai Santi teologi Agostino e Tommaso, ai Santi evangelizzatori in terre di Missione: Mat-teo Ricci che ha portato il Vangelo in Cina a San Giustino de Jacobis, di origini lucane di San Fele, che ha evangelizzato l’Eritrea: un vero e pro-prio excursus sull’inculturazione della fede, una rappresentazione molto realistica della mis-sione della Chiesa, così come la desidera Papa Francesco, una Chiesa che porta a tutti la gioia del Vangelo. C’è l’Europa con le sue radici cri-stiane, l’incontro delle diverse culture che hanno trovato cittadinanza a Matera lungo la sua ricca e lunga storia, c’è, soprattutto, il Vangelo che incontra gli uomini e le donne di tutti i tempi per esaltarne l’umanità.Il Carro 2019 è opera collettiva coordinata da Raffaele e Claudia Pentasuglia. O.I.

“La fede genera cultura”Il Carro della Bruna 2019

Consumi in culturaIl sud è ancora indietro ma a nessuno sembra importare

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San Giovanni da MateraLettera di Papa Francesco

In occasione dell’880° anniversario della morte diS. Giovanni da Matera

Al Venerabile Nostro FratelloANGELO Sua Eminenza Reverendissima Cardinale AMATO, Società Don Bosco

Prefetto Emerito della Congregazione per le cause dei Santi

Colui che con più profonda necessità desiderò sempre rallegrarsi nel Signore come

pure contemplare il Suo volto, da giovane disse addio ai piaceri della famiglia e del mondo, ricercando una vita umile e tranquilla, l’esem-pio e la regola di San Benedetto poi imitò. La memoria di questo uomo, vale a dire San Giovanni da Matera, abate, sino a questo momento con-tinua ad essere viva. Infatti egli, insi-gne nell’austerità e nella predicazio-ne, fondò nella regione Garganica la Congregazione Pulsanese, eletto padre e maestro dei monaci e degli eremiti resse l’abbazia di Pulsano e Foggia, ove morì in odore di santi-tà il giorno 20 del mese di Giugno dell’anno 1139. Papa Alessandro III lo proclamò Santo nell’anno 1177. In onore di San Giovanni, le cui reliquie sono riposte nella Basilica Cattedrale dell’Arcidiocesi di Mate-ra-Irsina, in quel luogo il Venerabile Fratello Antonio Giuseppe Caiazzo, solerte Antistite per le cose sacre della stessa diocesi, ha disposto una celebrazione straordinaria nel giorno in cui sono trascorsi 880 anni

dal suo transito nel regno dei cie-li. Allo stesso modo, inoltre, insieme con il clero ed il popolo dei fedeli, ha richiesto a Noi che inviassimo un Delegato speciale per questa com-memorazione giubilare.Senza alcun dubbio, Venerabile Nostro Fratello, abbiamo rivolto il nostro pensiero a te, che idoneo all’assolvimento di questo compi-to abbiamo stimato adeguato. Tu, infatti, sei nato nella vicina regione Puglia ed hai sempre venerato in modo particolare i santi della Chie-sa, hai adempiuto vari incarichi di grande importanza, soprattutto in qualità di Prefetto della Congrega-zione per le Cause dei Santi.Ben volentieri, per questo nominia-mo Te, Nostro Inviato Speciale per l’880° anniversario della beata morte di San Giovanni da Matera, nel giorno della memoria il 20 del prossimo mese di giugno, solen-nemente celebrato nel menzio-nato tempio. Presiederai a Nostro nome alle celebrazioni liturgiche e significherai il Nostro saluto be-nevolo a tutti. Perché i più rigogliosi frutti della fede, speranza e carità

possano essere gustati dal popolo, Noi favoriamo con preghiere la tua missione. Tu, con animo attento e in verità esorterai i sacerdoti ed i fedeli laici a perseverare nella fede e nel-la tradizione cattolica del culto dei santi, come finora hanno fatto per secoli qui in questo luogo i loro avi. In verità sembra ora questo il tempo più opportuno, data l’esigenza della nuova evangelizzazione, preservare devotamente e diligentemente tra-mandare ai posteri gli antichi pre-ziosi tesori dell’umanità e della cri-stianità.Infine, elargiamo a te, o Venera-bile Nostro Fratello, l’Apostolica benedizione, l’annuncio di grazie celesti e la testimonianza della Nostra volontà: a nome Nostro vogliamo che tu ne faccia par-tecipe con affetto il diletto Arci-vescovo di Matera-Irsina e tutti i partecipanti a questo memorabi-le evento.Dalla Sede Vaticana il giorno 24 del mese di maggio dell’anno 2019, set-timo del nostro pontificato.

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Festa di San Giovanni di Matera e Solennità del Corpus Domini

Annuncio che S. Giovanni da Matera già nel 1830era stato dichiarato

Patrono minore principale della Città di Matera

Sua Eccellenza Mons Arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo - alla presenza dell’invia-to speciale di sua Santità, il Signor Cardinale

Angelo Amato - desidera ricordare che il suo vene-rabile predecessore S.E. Mons. Camillo Cattaneo della Volta, arcivescovo di Matera ed Acerenza, volle dichiarare san Giovanni da Matera patrono minore principale della Città di Matera nell’an-no 1830. Ora, è suo fervente desiderio presentare

alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti l’approvazione del formulario pro-prio della messa secondo la nuova traduzione del messale romano, con la seguente formula: 20 giu-gno festa di san Giovanni da Matera, abate. Com-patrono della Città di Matera e dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina.Dal Palazzo Arcivescovile di Matera, il 20 giugno 2019, quarto di episcopato.

Em.za Rev.ma, è con gioia che, a nome dell’intero presbiterio dell’Arcidiocesi di Matera-Irsi-na e del popolo santo di Dio, La saluto e La ringrazio per la Sua presenza in mezzo a noi, qua-le Delegato Pontificio di Papa Francesco.

La ricorrenza dell’880° anni-versario della morte di S. Gio-vanni da Matera (S. Giovanni Scalcione) quest’anno ha una singolare Dioincidenza: la so-lennità del Corpus Domini.L’amore che Giovanni aveva per l’Eucaristia è stato da sempre amore per la vita eterna pro-messa da Gesù ai suoi fedeli: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna”. Eucaristia che il nostro santo cittadino ha saputo celebrare nella quotidianità servendo Cri-sto e la Chiesa nei fratelli e nelle situazioni di vita che visitava o gli venivano presentate.Nel silenzio dei luoghi dove si ritirava, viveva l’ardore e il desi-derio di sentire il cielo che scen-deva sulla terra e la terra che saliva verso il cielo. Quest’in-tima comunione spirituale lo ha reso particolarmente doci-le all’azione dello Spirito San-to nel desiderare e fare solo la volontà del Padre, rispondendo così alla chiamata di Gesù fin dalla sua fanciullezza.L’evento storico dell’anniver-sario della nascita al cielo di S. Giovanni ci dona l’opportunità

d’incontrarci come Chiesa di Matera-Irsina attorno alla men-sa della Parola e dell’Eucaristia, per adorare la presenza reale del Verbo che si è fatto carne, nel mentre celebriamo il primo Sinodo Diocesano e in prossi-mità dei festeggiamenti in ono-re della Madonna della Bruna.Chiedo a Lei, Eminenza, di rin-graziare, a nome mio personale e di questa Chiesa locale, Sua Santità, Papa Francesco, per l’attenzione particolare e unica che ha voluto avere, inviando Lei, quale Delegato Pontificio, per questa solenne circostan-za.E mentre assicuriamo la nostra continua e sentita preghiera per il Suo ministero petrino, vivia-mo, anche, l’attesa di una Sua venuta in mezzo a noi. Per Ma-tera e la Basilicata sarebbe un grandissimo evento dopo quel-lo indimenticabile di S. Giovan-ni Paolo II del 27 aprile 1991.Grazie ancora, Eminenza, per questi giorni e momenti che ha voluto condividere con noi e per quanto ci ha donato e ci darà ancora.

SALUTO DELL’ARCIVESCOVO CAIAZZO

A S. Em. Signor Cardinale Angelo AmatoBasilica Cattedrale 20.06.2019

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Angelo Card. Amato, SDB

1. Cari fedeli, sono onorato di es-sere stato inviato da Papa France-sco a presiedere la speciale cele-brazione in onore di san Giovanni da Matera, vostro illustre concit-tadino, le cui reliquie sono vene-rate in questa maestosa Basilica Cattedrale. Oggi, infatti, 20 giugno 2019, ricorrono 880 anni dal suo transito al regno dei cieli. Ringra-zio anche Sua Eccellenza l’Arcive-scovo per l’accoglienza fraterna riservatami e ringrazio tutti voi per la vostra presenza e preghiera.Celebrare un santo è sempre una gioia e una festa per la Chiesa.

2. Conoscete bene la storia alta-mente edificante. San Giovanni da Matera - Giovanni Scalcione, era il suo nome da laico - nac-que in questa storica città intorno al 1070 e morì il 20 giugno 1139 a Pulsano, in Puglia. Era di famiglia agiata. Un giorno, nonostante le resistenze dei suoi cari, abbando-na ricchezze e onori e su di un asi-no si dirige verso l’isola di S. Pietro nel golfo di Taranto. Giunto presso il monastero, chiede ospitalità e si offre come custode di animali. Svolge il suo compito con sempli-cità e letizia, ricordando l’umiltà di Giacobbe e di Davide (cfr. Gn 25,27; I Sam 16,11s), anch’essi pa-stori, e l’esortazione di Gesù impa-rate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29).Dopo varie peripezie in Calabria e in Puglia, diede vita presso Monte Sant’Angelo sul Gargano alla Con-gregazione Pulsanese, facendosi Padre e Maestro dei monaci e go-vernando le abbazie eremitiche di Pulsano e di Foggia, dove si spen-se nel Signore il 20 giugno 1139. Fu proclamato santo da Papa Ales-sandro III nel 1177. In suo onore, l’arcivescovo, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, ha fis-sato per oggi una speciale cele-

brazione nel giorno in cui ricorrono 880 anni dal suo transito al regno dei cieli.

3. Sono tre i messaggi che possia-mo raccogliere dalla celebrazione odierna. Anzitutto, Matera capi-tale europea della cultura, diven-ta oggi, con San Giovanni Abate, capitale della santità. Come la cultura è indispensabile per la crescita umana della società, così la santità è necessaria per la no-stra formazione spirituale. I santi sono maestri di vita cristiana. Con la loro fede ci insegnano a vive-

re di fede. Con la loro speranza ci educano a sollevare lo sguar-do verso la patria celeste. Con la loro carità ci incoraggiano a vivere nell’amore e ad agire con amore. In tal modo essi immettono nella società i semi del bene, creando quella cultura dell’accoglienza e della solidarietà, che dà linfa e vi-gore a una civiltà autenticamente umana e fraterna. Fortunatamente, la Chiesa non ha ancora messo la parola “fine” al suo prezioso e voluminoso libro dei santi, le cui pagine aumentano di giorno in giorno. Con il profumo

SAN GIOVANNI DA MATERAOmelia

Matera, 20 giugno 2019 - 880° della morte del Santo

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della loro bontà, i santi ci ricon-ciliano con la vita, ci spingono a convertirci, ci spronano a non aver paura di “osare” di più, di salire il Tabor della trasfigurazione e il Calvario della Passione, per gioire nella gloria del Cristo risorto. I san-ti, infine, non sono persone irrag-giungibili. Il segreto della loro riu-scita è semplice. Essi, come Maria, come san Giovanni abate, hanno accolto la grazia con un “sì” gene-roso e perseverante. Oggi più che mai urge una cultura della santità, che spinga piccoli e grandi a vivere con coerenza le beatitudini evan-geliche. 4. In secondo luogo, ci possiamo chiedere: come diventare santi? Diciamo subito che - come ci in-segna Papa Francesco - «per es-sere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o reli-giosi. Molte volte abbiamo la ten-tazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le di-stanze dalle occupazioni ordina-rie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi viven-do con amore e offrendo ciascu-no la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposa-to? Sii santo amando e prenden-doti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servi-zio dei fratelli. Sei genitore o non-na o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lot-tando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi per-sonali». (n. 14). 1 La porta della santità è quindi aperta a tutti. Spesso la santità è fatta di piccoli gesti. A casa, ad esempio, il papà o la mamma,

1 Papa Francesco, Es. ap. Gaudete et exultate, n. 14.2 Acta SS. Saturnini, Dativi et aliorum plurimorum martyrum in Africa, 7,9,10: PL 8,707.709-710. Traduzione italiana: G. MICUNCO, Sine dominico non possumus. I martiri di Abitene e la Pasqua domenicale, Ecumenica Editrice, Bari 2004.

anche se stanchi, si siedono ac-canto ai loro piccoli, li ascoltano e rispondono con pazienza e bene-volenza ai loro mille perché. Altri piccoli gesti quotidiani sono il perdono continuo, la compren-sione, il sacrificio, la preghiera, la gentilezza. Insomma, non bisogna aver paura della santità, che non toglie forza, vita e gioia. Al contra-rio, si diventa più sereni, più gioiosi, più contenti di sé.

5. Possiamo ancora chiederci (ed è il terzo messaggio): quali sono le risorse spirituali che la Chiesa mette a disposizione per questa nostra formazione e conversione alla santità? La risposta è semplice: c’è la pre-ghiera, il sacramento del perdo-no, per ricostituire gli abiti virtuosi indeboliti dalle mancanze e dal peccato, e c’è soprattutto l’euca-ristia. Sono queste le risorse che favoriscono e nutrono la santità.«Sine dominico non possumus vivere» diceva il sacerdote Satur-nino all’inizio del secolo quarto durante una delle più feroci per-secuzioni cristiane, quella di Dio-cleziano nel 304 d.C. Accusato di aver celebrato l’Eucaristia per la sua comunità, Saturnino ammet-te senza reticenza: «Senza l’Eu-caristia non possiamo vivere». E una delle martiri aggiunse: «Sì, sono andata all’assemblea e ho celebrato la cena del Signore con i miei fratelli, perché sono cristia-na». Per questa loro fedeltà eu-caristica, i 49 martiri nordafricani furono condannati a morte. Gesù eucaristico era la vera vita per Sa-turnino e per i suoi compagni mar-tiri di Abitine, nell’Africa proconso-lare. 2 Preferirono morire piuttosto che privarsi del cibo eucaristico, pane di vita eterna.L’Eucaristia è la presenza viva di Gesù tra noi e il nutrimento del-la vita di fede. L’Eucaristia costi-tuisce il filo dorato che, a partire dall’ultima cena, annoda tutti i se-coli della storia fino a oggi. Le pa-

role della consacrazione «Questo è il mio corpo» e «Questo è il mio sangue» sono state pronunciate sempre e dovunque in tempi di libertà e in quelli di persecuzione, nei gulag sovietici come nei lager nazisti o nei laogai cinesi. È su questo orizzonte eucaristico che la Chiesa fonda la sua fedel-tà a Cristo, la sua missione, la sua perseveranza nella fede, la sua santità.

6. Cari fedeli, celebrando un santo il suo messaggio non può essere che un invito alla santità. San Gio-vanni da Matera ci invita ad am-mirare la sua vita, a usufruire della sua intercessione, ma soprattutto a imitarlo, vivendo di fede, speran-za e carità. Egli oggi ci tende la mano per invi-tarci ad uscire dalla mediocrità di una esistenza piatta e banale. Ci ispira pensieri e propositi di matu-rità evangelica. In questa impresa spirituale, ci sono due colonne alle quali dob-biamo ancorare saldamente la nostra esistenza per non naufra-gare nell’oceano della vita. C’è la colonna dell’Eucaristia, cibo spi-rituale che ci nutre, ci rafforza e ci sostiene, e c’è la colonna della Madonna della Bruna, la nostra madre celeste, protettrice dell’ar-cidiocesi, che stende il suo manto per consolarci, difenderci e pro-teggerci da ogni male. Sia lodato Gesù Cristo.

Papa Francesco@Pontifex_it

L’esempio di San Giovanni Battista ci invita ad essere una Chiesa sempre al servizio della Parola di Dio; una Chiesa che non vuole attirare a sé, ma a Gesù Cristo.

24 Giu 2019

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11/12 - 30 GIU 2019 SAN GIOVANNIda MATERA

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Un convegno di studio intenso e interessante, un coro di voci di indubbia levatura dal mon-

do accademico italiano e spagnolo - con il prof. Pedro Gonzales dell’u-niversità di Valladolid, specializzata in studi sulla pietà popolare - or-ganizzato da un comitato ad hoc con don Filippo in prima linea ac-canto all’Arcivescovo, ha preceduto il XXVI Cammino Nazionale delle Confraternite, un raduno che ha luogo ormai annualmente nel mese di giugno e quest’anno non poteva che svolgersi nella nostra città, Ca-pitale Europea della Cultura. Quale inizio più opportuno per il convegno, dato il ruolo che riveste quest’anno Matera, della prolusione del card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura? Non da meno, il prof. mons. Cosimo D. Fonseca, primo rettore nonché fondatore dell’Università della Ba-silicata, 86 anni di una vita dedicata allo studio e una mente di una fre-schezza invidiabile anche dai giova-ni, presidente del tavolo scientifico, introduttore e conclusore della ‘due giorni’. Una valida finestra sul mon-do delle confraternite per coloro che di una congrega non fanno par-te, una fonte di riflessioni per viver-ne in modo più corretto e fruttuoso l’appartenenza per gli altri. Per tutti, l’invito a vivere il laicato - le confra-ternite sono da sempre, in sostanza, forme di aggregazione laicale - in modo responsabile, come già il Va-ticano II ci insegnava: il card. Ravasi, nell’applauditissima prolusione dal titolo ‘Il fondamento biblico-teo-logico dell’impegno laicale e delle confraternite’, ha evidenziato che

“anima delle confraternite è la ca-rità” e ha suggestionato il pubblico con le immagini bibliche, esemplifi-cative ed esortative, dei dodici che “Gesù scelse perché stessero con lui, andassero a predicare e scac-ciassero i demoni” (cfr Mc 3,13-14), degli “apostoli, che con Maria e al-cune donne perseveravano nella preghiera” dopo la Resurrezione (cfr At 1,14) e di quella prima co-munità assidua “nell’insegnamento degli apostoli, nella fraternità, nella frazione del pane e nella preghie-ra” (cfr At 2,42). Eppure - metterà all’indomani in evidenza il prof. An-gelo Larotonda - non sempre c’è un atteggiamento credibile presso i confratelli. «E questo che c’entra con Dio?», è stata la risposta che, proprio nella nostra regione, il prof. Larotonda ha ricevuto quando ha osservato meravigliato che alcuni confratelli e un priore evadessero il fisco o un altro vivesse con la com-pagna, dopo aver lasciato prima moglie e figli di primo letto. Come incide in Basilicata la presenza di 35 confraternite, 1308 feste religiose e circa 200 processioni all’anno sulla morale di una regione che è al set-

timo posto per l’obesità dei bambi-ni, al terzo per la pratica dell’aborto e al settimo per il divorzio? Qual è la fede che generano le confrater-nite, i cui associati - interrogati an-che su questo - hanno ammesso di pregare poco? È un interrogativo che impegna tutto il laicato in una revisione di vita: cultura è carità, sentiamo spesso dire quest’anno, ma forse ancor prima abbiamo bi-sogno di riscoprire di quell’incontro col Risorto perché siamo portato-ri di quella cultura che è testimo-nianza coerente dei valori cristiani in un mondo confuso e bisognoso di bene. E le confraternite, nono-stante qualche zona d’ombra - ha sottolineato la prof. M. Luisa De Natale nell’introdurre la seconda parte del convegno - hanno un alto potenziale educativo insito nella re-lazione interpersonale che presup-pongono (oggi spesso sostituita dalla relazione virtuale) e nel vivere la dimensione associativa e corale. Dunque, viva le confraternite, come gruppo per sostenersi vicendevol-mente e, così, crescere nella fede e nella virtù delle virtù, la carità!

Giuseppe Longo

Un denso convegno di studio il 14 e 15 giugno all’Istituto “S. Anna”

Una finestra sul mondo delle confraternite Relatori il card. Ravasi, il prof. Fonseca e un docente venuto dalla Spagna

~ XXVI CAMMINO DI FRATERNITA’ ~

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NFRATERNITE DIOCESI D’ITALIA ~ MATERA, 14-16 GIUGNO

2019

“Gesù in persona camminava con loro”Le confraternite per la cultura dell’incontro

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Vestire gli ignudi, curare gli am-malati, insegnare agli ignoran-ti, seppellire i morti, ospitare gli

emigranti (già secoli e secoli fa!), as-sistere legalmente i poveri condanna-ti a morte, ricevere benefici funerari e suffragi dopo la morte… le opere di mi-sericordia e l’attenzione al destino del-la propria anima sono state il motore delle confraternite. Ma non sono solo i frutti di carità - pure eccezionali, in una stagione in cui non c’era il concetto di servizi sociali né tanto mai di ‘welfa-re’ - a scaturire da esse, quanto anche un ricchissimo patrimonio culturale, di tale spessore e valore da reggere all’usura dei secoli. Tante cappelle cit-tadine - a Napoli più di quaranta, con dentro tante opere artistiche di livello come le “Sette opere di Misericordia” di Caravaggio - e cimiteriali (quante an-che nel cimitero di Matera!), interi ci-miteri e bellissime chiese, ospedali ed edifici scolastici… È la cosiddetta arte “confraternale”. A Matera, si deve alla forza e all’impegno economico della confraternita di S. Francesco da Paola la costruzione dell’omonimo santuario di via XX Settembre, con una facciata (si legge sull’architrave la data 1774) che recepisce le novità architettoniche del barocco pugliese - ha fatto notare la prof. Elisa Acanfora - e ci consente di vantare il possesso di opere pittori-che di rilievo come il “Martirio postumo di S. Francesco di Paola” del Conversi, priore della congrega, recentemente restaurato, e i dipinti di Francesco Oli-va, principale pittore della Basilicata

del ‘700. Non di minor valore, le tele - coeve e dello stesso Oliva - della chie-sa del Purgatorio, dovuta anch’essa ad una confraternita, quella delle Ss. Ani-me del Purgatorio. Altri esempi di arte confraternale locale sono due dipinti ora esposti nella mostra “Il Rinasci-mento visto da Sud”: la “Madonna della Misericordia” di Venosa e il “Cristo alla colonna” di S. Mauro Forte, entrambe con una folla di confratelli al seguito delle figure di Maria e Gesù. O anco-ra, e non ultimi, i bellissimi dipinti del “Corpus Domini” della chiesa madre di Ripacandida eseguito su committenza della confraternita del Ss. Sacramen-to nel XVII sec., la statua settecente-sca dell’Addolorata della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo in Montescaglioso... Una miriade di beni materiali (case, suppel-lettili liturgiche preziose, campi, opere d’arte, un tempo pecore, cospicue ren-dite tali da divenire in certi casi istitu-ti di prestito…) erano il possesso delle confraternite che, pur nell’ideale di una Chiesa povera, sono state strumento di azione per il bene della società e per questo - ha sottolineato la prof. Rosa-lia Coniglio - è quanto mai opportuno registrarli sempre con attenzione negli atti formali. Frutto rituale e sociale del-le confraternite - ne ha parlato il prof. Mirizzi - sono anche le manifestazioni della Settimana santa che hanno an-cora oggi l’epicentro nel Cilento e nel Tarantino, con ampia produzione mu-sicale, forte richiamo turistico e una forma di spiritualità particolare.

G.L.

Quale legame tra congreghe e Matera2019?

Le confraternite: alveo fecondo di cultura Ricchezze materiali e immateriali

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Le confraterniteanche tra i MusulmaniLe confraternite non sono solo una creazione dell’Europa cattolica, ma - hanno illustrato i proff. Dom Donato Giordano e Ferdinando Mirizzi - an-che del mondo ortodosso e… musulmano. In ogni caso, le confraternite sono state espressioni di fratellanza locale di ispirazione religiosa, con caratteri di tipo assisten-ziale e devozionale, nate in alveo religioso ma non sempre rimaste legate all’ortodossia della fede. In ambito cattolico, quasi sempre raccolgono gen-te umile e solo talvolta le confraternite sono espressione di un ordine sociale e lavorativo ben definito. Nel mondo mu-sulmano, invece, hanno spesso raccolto i dotti, rivestito un ruolo più politico, ed erano gruppi attivi di società civile che hanno esercitato un ruolo militare e hanno contri-buito alla diffusione della “religione del libro”.

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In dialogo con il dott. AntonettiPresidente Confederazione Nazionale Confraternite

Logos ha intervistato il dott. Francesco Anto-netti per recepire, attra-

verso lo sguardo del Presi-dente della Confederazione Nazionale delle Confrater-nite esteso all’intera realtà italiana, spunti di riflessione e proposte implicite di impe-gno concreto.Logos - Quando nasce la Confederazione Nazionale delle Confraternite? Dott. Antonetti - Il 14 aprile 2000: dopo 11 anni di lavoro insieme, tutti i delegati dio-cesani per le Confraternite ritennero opportuno avere un organo di coordinamento.L. - Cosa significa esserne presidente? A. - Il ruolo del presidente, eletto dal presidente della CEI [oggi il card. Gualtiero Bassetti, n.d.r.] su sugge-rimento dei confratelli che esprimono tre preferenze, è quello della mediazione tra le esigenze che nascono so-prattutto dal modo con cui ci si comunica.L. - Quando parla di esigen-ze cosa intende? A. - Ad esempio, come ge-stire un cammino confrater-nale, quali gli argomenti dei convegni...L. - Lei unico presidente sin dalla nascita della Confe-derazione? A. - Sì, è previsto un man-dato di 5 anni che mi è stato sempre rinnovato… sinora.L. - Quali differenze tra Confraternite del nord e quelle del sud Italia? A. - Le differenze nascono dal modo in cui la società agisce. Al nord si dà più va-lore all’immediatezza della risoluzione, mentre al sud è più importante il modo con cui poterlo comunicare. Inol-tre, al nord diversi riti sono stati snelliti, mentre al sud

le confraternite sono rimaste legate a riti più complessi an-tichi… Ci sono poi aspetti che legano tutte le realtà confra-ternali, ma anche tutto il po-polo cristiano: un certo “fa-riseismo”… ma, grazie a Dio che esistono le confraternite, perché sanno conservare un tesoro antico!L. - Quale valore aggiun-to dà appartenere ad una confraternita? A. - La fratellanza, il soda-lizio, espressione di amore verso l’altro. Poi ogni confra-ternita ha una caratteristica specifica che cura in modo particolare, con una forma di preghiera o di spiritualità, dandosi il compito di vivere un’opera di misericordia par-ticolare…L. - Quale sfida per le con-fraternite oggi? A. - Tornare ad esercitare l’a-more fraterno, la “sodalità”.L. - Un messaggio per la nostra Chiesa materana? A. - Proseguite nella vita confraternale, aiutatevi nel-la formazione, fate riscoprire le confraternite antiche e già morte, chiedendo ai Vescovi di valorizzarle, ma sforzia-moci di essere buoni cristia-ni.L. - Grazie della sua dispo-nibilità!A. - È stato un piacere!

G. L.

Qualche pennellata storica

Le confraternitein BasilicataLe confraternite - ha spiegato il prof. Francesco Sportelli nel suo chiaro in-quadramento storico - rappresentano nel Medioevo quello “spazio intermedio tra i semplici fedeli e le congregazioni religiose” in cui si svolgeva la vita di fede di molti cristiani. La loro genesi si perde nella notte dei tempi e trae il suo model-lo dall’organizzazione comunitaria tipica già dei dodici attorno al Divin Maestro. Dobbiamo aspettare il 1475 perché veda la luce questa forma associativa in Basili-cata con la confraternita di S. Maria degli Angeli a Potenza. Il ‘600 fu il secolo d’oro delle confraternite in Basilicata. Un inizio e una fine tardivi che hanno ritardato, tra l’altro, l’affermarsi dell’Azione Cattolica al sud Italia e reso una “lotta sfortunata” i tentativi di azione pastorali dei Vescovi. Quasi mai le confraternite sorgevano per impulso del clero, ma erano spesso il frut-to delle missioni locali. Talvolta un prete era però interessato ad entrare in una confraternita, allettato dai pur gli scarsi benefici economici che ne avrebbe rica-vato dalle celebrazioni eucaristiche o per-ché vi apparteneva già la famiglia. Evento topico nella storia delle confraternite, il Concilio di Trento che sanciva (1562) che la confraternita venisse approvata per la sua fondazione e controllata nella sua vita dal Vescovo diocesano. Nella realtà, il dettame tridentino fu spesso eluso e naturale epilogo fu il Concordato Vaticano - Regno di Napoli del 1741, con cui la Chiesa affidava le confraternite al controllo dello Stato e, così, queste visse-ro sempre più una vita parallela a quella della Chiesa ufficiale. 110 congreghe esi-stevano all’indomani del Concordato, con una popolazione metà di quella attuale, a fronte delle 35 oggi presenti, inserite però con il Concilio Vaticano II nell’alveo di una maggiore ortodossia.

Quantità di confraternite oggi presenti in Basilicata distinte per Diocesi:Acerenza n. 2Matera-Irsina n. 12Melfi-Rapolla-Venosa n. 15Potenza-Muro-Marsico n. 3Tricarico n. 1Tursi-Lagonegro n. 2

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Dalla viva voce di Mons. ParmeggianiAssistente Spirituale Confederazione Nazionale Confraternite

Di seguito l’intervista a Mons. Mauro Parmeggiani, vesco-vo delle Diocesi di Tivoli e di

Palestrina, nonché Assistente Spi-rituale della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Ita-lia. Dalla sua esperienza sull’inte-ro Paese scaturiscono suggestio-ni che possano fungere da guida pratica nella vita confraternale o semplicemente laicale.Logos - Cosa significa per lei es-sere Assistente Spirituale della Confederazione delle Confra-ternite delle Diocesi d’Italia?Mons. Mauro Parmeggiani - In-nanzitutto, scoprire una realtà che conoscevo molto poco, fatta di laici che sentono il desiderio di vivere da cristiani, ma anche il bi-sogno di essere aiutati a riscoprire ciò che fonda la vita di una confra-ternita. Già Giovanni Paolo II - poi anche Benedetto XVI e Francesco - raccomandava alle confraternite evangelicità, ecclesialità e missio-narietà. Credo siano queste le ca-ratteristiche che dobbiamo risco-prire per non cadere in quel “si è sempre fatto così” che fa morire la vita della Chiesa e ammazza ogni cosa, togliendo quella fantasia di Dio che è lo Spirito Santo. L. - Quali i punti di forza e quali, invece, i punti da rafforzare nel-le confraternite?

P. - Punti di forza: oggi, più che mai, in questo contesto sociale e culturale, l’aggregazione non vir-tuale ma reale. Punti da potenzia-re, come un po’ in tutta la Chiesa: le radici del “perché sono cristia-no”, che vanno ricercate in profon-dità per mettere in pratica ciò che le confraternite hanno ereditato dalle generazioni precedenti o vogliono scoprire e vivere, non la-sciando prevalere una vita tiepida - del compromesso - su una vita che invece tutti siamo chiamati a rendere autenticamente cristiana. Dobbiamo essere coerenti con il Vangelo se vogliamo essere cre-dibili ed essere evangelizzatori af-finché - come dice papa France-sco - sappiamo attrarre.L. – Ha conosciuto alcune con-fraternite lucane? P. – In realtà, solo questa mattina, quella di S. Francesco da Paola. Ma conosco benissimo Rino Bisi-gnano, delegato per le confrater-nite di Basilicata, che con tanta passione e abnegazione ha orga-nizzato questo convegno.L .- C’è qualche esperienza edifi-cante che ha vissuto come assi-stente delle confraternite?P. - Mi vengono in mente le confra-ternite della Regione Lazio. Furono tra le prime a partire per Amatrice per portare soccorsi in occasione del terremoto, in maniera anche quasi disorganizzata.

L. – Un ricordo del cammino del-lo scorso anno?P - A Milano. Fu molto bello per-ché eravamo nel centro di questa città modernissima e secolarizza-ta, capitale della movida e della moda, che ha visto – dicevano gli organizzatori – sfilare, dopo non so dopo quanti anni, tanti crocifis-si liguri in piazza Duomo. Eravamo a cena da Eataly e la giovane cas-siera, mi chiese: Ma siete qui per un’evangelizzazione? E io: Sì, più o meno. Iniziammo a parlare e rima-nemmo più di un’ora. Aveva biso-gno di dialogare con un sacerdote: questo mi ha fatto riflettere sulla capacità di farsi trovare disponibili ad essere missionari, sacerdoti e laici formati, capaci di rendere ra-gione della speranza che è in noi.L. – Un messaggio per Logos?P. - Comunicate bene, ciò che è essenziale e fa bene al cuore del-la gente. Andate al cuore della gente. Noi cattolici cerchiamo di comunicare i fatti nella verità e di leggere i fatti del mondo globale con l’occhio del cristiano, senza aggressione di nessuno ma nella verità.L. - Grazie della sua disponibili-tà!P. - Grazie a lei e a tutto il comitato organizzatore, in particolare all’Ar-civescovo!

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Un saluto A lei Em.za Rev.ma Signor Cardinale Gianfranco Ravasi, al vescovo diocesano

S.E.za Rev.ma Mons. Antonio Giu-seppe Caiazzo, al nostro Assistente Ecclesiastico, Vescovo di Tivoli e Pa-lestrina, S.E.za Rev.ma Mons. Mau-ro Parmeggiani, al presidente del comitato organizzatore il Prof Mon-signor Cosimo Damiano Fonseca., al quale mi uniscono ricordi legati agli inizi del mio mandato, il sinda-co Avvocato Raffaello De Ruggeri. Saluto tutti i relatori e quanti di voi Consorelle e Confratelli ascolterete questo importante convegno.Ho sempre sostenuto da anni nei miei interventi che i beni cultura-li, artistici delle confraternite han-no qualcosa in più dei semplici, se semplici si possono definire, oggetti d’arte.Mentre la Committenza più “nobi-le” veniva da mecenati illuminati e danarosi quella delle Confraternite nasceva dal popolo, dalla gente più semplice, dalla spinta devozionale di quanti desideravano onorare con il massimo splendore il Signore, la Beata Vergine i propri Santi patroni. Consorelle o confratelli che sape-vano privarsi del poco che avevano per la gloria di Dio e la salvezza del-le loro anime,Per questo Il patrimonio delle Co-munità Ecclesiali e quindi delle

Confraternite può intendersi come qualcosa di estremamente prezio-so, ma anche di intangibile legato agli affetti, alla spiritualità, ai Valori, al culto, alla cultura, all’espressione della Pietà Popolare.Dobbiamo considerare che cia-scuna comunità credente, come le confraternite, ha investito nel corso del tempo notevolissime energie spirituali per accumulare i beni le-gati al culto e alla carità per poter esprimere nelle azioni liturgiche la propria Fede e il proprio specifico servizio caritativo. Quindi questi beni non sono sem-plici accessori, ma costituiscono l’i-dentità stessa della Confraternita. Questi beni insieme ai confratelli ed il loro operare costituiscono il cuore pulsante e sono gli abiti, i loro colori, la foggia dell’abito, le insegne, i re-liquiari, le immagini sacre insieme al loro uso vivo che diventa straor-dinariamente ricco e fragile. A volte nelle grandi processioni assistiamo allo scorrere di magnifiche statue, Crocifissi, Stendardi, Immagini sa-cre come se fossero Cattedrali am-bulanti.Mi piace ricordare che San Giovanni Paolo secondo in occasione del giu-bileo internazionale delle confrater-nite del 1984 diceva: “Oggi l’urgen-za dell’evangelizzazione esige che anche le confraternite partecipino

più intensamente e più direttamen-te all’opera che la Chiesa compie per portare la luce, la redenzione, la grazia di Cristo agli uomini del no-stro tempo… E proseguiva “A questo scopo apostolico può e deve servire anche l’imponente patrimonio arti-stico accumulato dalla confrater-nita… tutto ciò può e deve servire all’apostolato ecclesiale, special-mente liturgico e catechistico”.Tra le fragilità c’è spesso la scarsa conoscenza dei beni, la mancanza di un inventario, che li rende vulne-rabili e di potenziale dispersione, furti, cattivo uso, incendi, ecc.). Al-tra fragilità la scarsa cura dei beni.Ogni confraternita deve essere at-tenta nell’uso che non significa mu-sealizzarli, ma saperli preservare, custodire, difendere non solo ma-terialmente, ma anche conoscendo quelle norme giuridiche e ammini-strative che possa governarle.Mi auguro che questo convegno possa fornire alle comunità confra-ternali utili conoscenze per meglio utilizzare i propri beni e difenderli dall’aggressione del l’uso, del tem-po e da cattivi consiglieri.Il Giovane Beato Piergiorgio Fras-sati, patrono delle Confraternite, interceda per realizzare queste no-stre intenzioni.

Francesco AntonettiPresidente

Saluto del Presidente Antonetti

al Convegno Beni Culturali Confraternali e Pietà Popolare Matera 14 e 15 Giugno 2019

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Per tutto il medioevo le confrater-nite in Italia rappresentano un luogo naturale nel quale si inca-

nala la vita spirituale dei laici credenti in uno spazio intermedio tra quello dei semplici fedeli e quello dei religio-si. La guida laica delle confraternite porta ad errori di interpretazione dei precetti spirituali della Chiesa e ne in-debolisce la compattezza. Per questi motivi nel settembre 1562 il concilio di Trento prescrive l’approvazione del vescovo per la fondazione delle con-fraternite, dandogli la facoltà di visi-tarle e obbligando gli amministratori a rendere annualmente conto della gestione.

1 - Il MezzogiornoNel Seicento si assiste nel Mezzogior-no al sorgere di nuove confraternite che nascono per lo più dopo le gran-di missioni cittadine come quelle dei gesuiti, dei cappuccini o dei teatini, per rendere duraturi i frutti di queste missioni. All’inizio del Settecento la Chiesa re-gistra una graduale marginalizzazio-ne del proprio ruolo nella vita delle

confraternite meridionali, con una chiara sconfitta nella applicazione delle riforme tridentine. Anche per questo la realtà confraternale é og-getto del Concordato fra Santa Sede e Regno di Napoli firmato nel 1741. Questo Concordato rappresenta la consegna delle realtà confraternali da parte della Chiesa allo Stato che da allora le gestirà. Agli inizi dell’Ottocento nel Regno di Napoli operano circa 3630 confra-ternite, come risulta dai Regi assensi rilasciati. Dopo il Concordato del 1741 questo grande numero di associazio-ni laicali confraternali agiscono non più in sintonia con le direttive episco-pali, ma quasi in parallelo con la vita stessa della chiesa istituzionale. Nel Novecento le chiese meridiona-li non tagliano i ponti con le confra-ternite, unica esperienza realmente vissuta dai cattolici meridionali, visto che al Sud la parrocchia continua a rimanere un elemento burocratico della Chiesa, mentre la confraternita é una comunità piccola dove si riceve amicizia, rispetto e visibilità. Il Conci-lio Vaticano II (1962-1965) rivaluta il

patrimonio religioso e culturale delle confraternite.

2 - La BasilicataConsistenza numerica. Il periodo di maggiore diffusione delle confrater-nite in Basilicata é quello che va dalla seconda metà del XVI secolo alla pri-ma metà del XVII secolo. Una fase di riduzione del numero delle confrater-nite lucane é registrata nella secon-da metà del Seicento, in particolare dopo la peste del 1656. Vita devozionale. A favore delle con-fraternite lucane diffondono la loro spiritualità e i loro schemi di culto i francescani, i domenicani, gli agosti-niani, i carmelitani e i gesuiti.La vita organizzata degli appartenen-ti alle confraternite lucane é tradi-zionalmente impostata sui doveri di confessarsi almeno a Pasqua e nella festa specifica alla quale la confra-ternita é dedicata. Le norme statuta-rie per il reclutamento permettono di individuare le prevalenti classi sociali degli istituti confraternali lucani.

Francesco Sportelli

Intervenendo sul tema delle confraternite e luoghi pii in Basilicata nell’età moderna, in convegno tenutosi a Potenza e a Matera nel 1975, Rocchina M. Abbondanza così apriva la sua comunicazione:“Nel Mezzogiorno è sinora assai esigua l’attenzione rivolta alla storia delle confraternite e dei luoghi pii in genere e per quanto concerne la presenza di essi sul-le sue varie regioni e per quanto attiene alla loro vita spirituale ed organizzativa nel suo vario atteggiarsi at-traverso il tempo. Per la Basilicata in particolare non è stato possibile reperire alcuna indagine (…) ad ecce-zione del breve ed interessante lavoro della Vitale”, che era dedicato alla confraternita potentina di Disciplinati che si riuniva nella chiesa di San Michele. A distanza di un trentennio, la situazione storiografica, almeno nel quadro generale dei contributi sul Meridio-ne, è decisamente mutata. Come ha osservato, infatti, Cosimo Damiano Fonseca nel 2005, “l’universo con-fraternale del Mezzogiorno d’Italia ha conosciuto negli ultimi tre decenni del secolo appena decorso una mole straordinaria di studi e ricerche”. Affermazione fondata e pienamente condivisibile quest’ultima, che illumina il processo che ha portato a un radicale cambiamen-to di visione sull’argomento. La situazione, così lucida-

mente descritta, sembra contraddetta unicamente dal caso isolato della Basilicata, rimasto del tutto ai margi-ni dell’interesse critico. Se infatti l’associazionismo laicale e in specie il movi-mento confraternale ha costituito, anche per la Puglia finitima, terreno fertile al moltiplicarsi di indagini – vol-te in specie agli aspetti liturgici e culturali connessi alla storia della pietà, come pure ai meccanismi della com-mittenza –, per il territorio lucano, per converso, non si può che prendere atto, ancora allo stato attuale, della penuria di attenzione al riguardo. Per la Basilicata va altresì osservato che la prospettiva dei pochi studi condotti sinora, orientata a indagare gli scopi e l’organizzazione confraternale focalizzandosi sull’analisi degli statuti, risulta del tutto insoddisfacen-te in un approccio storico-artistico, interessato a rico-struire il patrimonio d’arte di tali associazioni laicali, in un’analisi che ne ripercorra le dinamiche del mecenati-smo, le preferenze iconografiche e di gusto. L’intervento vuole aprire allo studio del patrimonio d’arte delle Confraternte lucane, prendendo come caso di studio i beni della Confraternita di San France-sco di Paola a Matera.

Elisa Acanfora

Il movimento confraternale nelle Chiese lucaneDal concilio di Trento al concilio ecumenico Vaticano II

Il patrimonio storico artisticodelle Confraternite della Basilicata

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11/12 - 30 GIU 2019 MATERA 14-16 Giugno 2019

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“Lettera aperta” sulla condi-zione culturale delle Con-fraternite in Basilicata in

relazione al quadro antropologico e sociale della regione e alla nuova religiosità popolare.

1. Nell’immaginario collettivo luca-no le Confraternite appaiono come simbolo di una istituzione tanto antica da sembrare un poco sbia-dita. L’articolata descrizione e la conseguente riflessione conduco-no alla domanda: è ancora “un se-gno distintivo” appartenere ad una Confraternita, in Basilicata? 2. Da una serie di “incontri” avuti in alcuni paesi con degli iscritti al so-dalizio, le risposte ricevute rivelano quanto vaga e opaca sia l’idea di Dio e il rapporto con Lui. La quasi totalità dei confratelli non conosce, o conosce relativamente, le sette opere di misericordia, sia corporale che spirituale. Rappor-tando le statistiche sui consumi e la religiosità in Basilicata emerge l’assunzione da parte loro di qua-si tutti gli aspetti – positivi e non – della “nuova cultura” e dei com-

portamenti connessi [3°posto per spesa di un matrimonio; 4° per obesità degli anziani e 8° per quel-la dei bambini; 5° per la pratica dell’aborto; 7° per la pratica del di-vorzio; 14° per evasione fiscale; 16° per parco macchine; mezzo quin-tale al giorno di cibo buttato, ecce-tera]. In questo quadro d’insieme anche le Confraternite lucane vivono nella mancanza di identità e, pertanto, mancano di relazione col tempo attuale; vivono la pratica della re-ligiosità popolare dell’”apparire” vecchio stile non privo di pigrizia spirituale.3. La proposta per un loro rinno-vamento consiste nel tornare a pensare il sacro. Un riferimento importante e utile è rappresenta-to dall’Evangeli gaudium di Papa Francesco. Essa invita a mettere mano ad un “progetto pastorale di cambiamento” per rispondere alle sfide della cultura del postmoder-no. Il che significa, tra l’altro:

a) ri-strutturare la lettura e la comprensione della Parola ve-rificandola e vivificandola nel

costante rapporto con gli altri. Rapporto inteso e vissuto come valore umano indispensabile e, quindi, versus dell’egoismo e dell’individualismo.b) insistere sulla necessità della Preghiera, non come atto forma-le, ma come occasione d’incontro con Dio. In sostanza essa deve rappresentare l’incontro quoti-diano “con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est. 1).c) Rileggere il Vangelo, viverlo nella gioia, aprirsi agli altri. Far capire che la chiusura dei singo-li toglie loro il potere di donarsi. Ciò posto, detto in linea di mas-sima, una Confraternita lucana deve tornare a dare testimonian-za di quella utopia religiosa che si manifesta attraverso la trasfor-mazione di individui ‘agiti’ dalla grazia che può condurre, anche un confratello, alla convinzione di essere “una lettera di Cristo scrit-ta sulle tavole di carne del proprio cuore” (2 Cor. 3,3).

Angelo Lucano Larotonda

Le Confraternite lucane ai tempi di internet

14 Logos - Le ragioni della verità

11/12 - 30 GIU 2019MATERA 14-16 Giugno 2019

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Un saluto A lei S.E.za Rev.ma Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, al nostro Assisten-

te Ecclesiastico, Vescovo di Tivoli e Palestrina, S.E.za Rev.ma Mons. Mauro Parmeggiani, a Mons. Fi-lippo Lombardi vera locomotiva di questo Cammino, al Prof. Lindo Monaco, al Coordinatore regiona-le Dott. Rino Bisignano, ai membri dirigenti della Confederazione qui presenti. Saluto quanti di voi Con-sorelle e Confratelli ascolterete questo importante convegno.La scelta di Matera per questo XXVI Cammino di Fraternità non è stata certo casuale. Non è solo un dono alla città perché capitale europea della cultura, ma per re-galare a quanti interverranno ul-teriori emozioni a quelle che già si vivono partecipando ad un cam-mino di fraternità. Emozioni che nascono dal trovarsi tra le vie di questa città i cui colori e ambienti avvicinano alla città santa di Ge-rusalemme. Ricordo che “Le confraternite sono associazioni di fedeli che si radunano per determinati scopi di preghiera, di carità e di pubblico culto, canonicamente istituite ed organizzate sotto la dipendenza dell’Autorità Ecclesiastica. “. I pro-pri fini e modalità di azione sono racchiusi in un proprio Statuto e annesso Regolamento.Ancora oggi le confraternite sono fedeli ai mandati plurisecolari ri-cevuti che sono quello del culto mediante la preghiera nei loro ora-tori e manifestazioni della Pietà popolare come usiamo vedere nei momenti liturgici più importanti e quello della Carità, dell’assistenza ai più deboli e bisognosi.Sono a conoscenza di confra-ternite che aiutano immigrati, praticano adozione a distanza, raccolgono alimenti per donarli ai bisognosi, aiutano missiona-ri, gesticono banchi alimentari e mense dei poveri, portano aiuti ai detenuti (confederazione di Cata-nia) e alle loro famiglie (Confra-ternita del Carmine di Taranto),

alle comunità per il recupero dei tossicodipendenti (Confr. Carmi-ne di Taranto), visitano in casa an-ziani ( Confr. San Rocco di Varaz-ze), ed ammalati (confr. Carmine Nola), esercitano accoglienza (Confraternita del SS Crocifisso di Avenza) ed assistenza ai pelle-grini (confraternita della Carnia), donazione di sangue (confraterni-ta S: Chiara di Bogliasco), attuano soccorsi in occasione di calamità naturali o provocate dall’uomo (confraternite del levante genove-se) , assistono famiglie di bambini ammalati (Confraternita S. As-sunta di Genova Nervi), praticano il culto per i defunti, curano aspetti culturali sia organizzando incontri su vari argomenti che finanziando recuperi di importanti beni cultu-rali delle confraternite o magari scrivendo libri sulle realtà cultuali del proprio territorio, curando la custodia di Chiese e oratori. In questi ultimi decenni le Con-fraternite hanno incontrato tre grandi Pontefici che hanno avuto parole di apprezzamento, stima e incoraggiamento.San Giovanni Paolo secondo in occasione del giubileo internazio-nale delle confraternite del 1984 diceva: “Oggi l’urgenza dell’evan-gelizzazione esige che anche le confraternite partecipino più in-tensamente e più direttamente all’opera che la Chiesa Benedetto XVI in occasione dell’udienza alle confraternite ri-chiesta dalla nostra Confedera-zione, il 10 novembre 2007, ci ha detto che “, la Chiesa in Italia ha bisogno anche di voi, cari ami-ci, per far giungere l’annuncio del Vangelo della carità a tutti”. Ha poi proseguito” ed io vi incoraggio a moltiplicare le iniziative ed atti-vità di ogni vostra Confraternita. Vi chiedo soprattutto di curare la vostra formazione spirituale e di tendere alla santità, seguendo gli esempi di autentica perfezione cristiana, che non mancano nella storia delle vostre Confraternite”.Papa Francesco, in occasio-

ne della giornata mondiale della Pietà popolare organizzata dal Pontificio Consiglio per La Nuova Evangelizzazione insieme alla no-stra Confederazione il 5 maggio 2013, sollecita le confraternite di-cendoci: le Confraternite sono sta-te fucine di santità di tanta gente che ha vissuto con semplicità un rapporto intenso con il Signore. …E prosegue: …Voi avete una mis-sione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraver-so la pietà popolare… E in questo spirito siate sempre attenti alla carità……Non dimenticate! Evan-gelicità, ecclesialità, missiona-rietà…”.Inoltre, nella Esortazione Aposto-lica Evangelii gaudium il Santo Padre ci dice che: “Nella pietà po-polare, poiché è frutto del Vange-lo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare…”.

La nostra Confederazione, voluta dalla CEI sin dal 2000 si è attivata nei settori del mandato statuta-rio e ha organizzato insieme alle diocesi ospitanti 26 cammini na-zionali, due i cammini internazio-nali, che include la giornata mon-diale della Pietà popolare insieme a Papa Francesco, 68 cammini re-gionali. Numerosi i Cammini dio-cesani ai quali la Confederazione ha offerto il proprio patrocinio e ha divulgato attraverso i propri mezzi.Per Curare la Formazione e l’in-formazione ha pubblicato Cinque sussidi catechetici, un libro del de-cennale della confederazione, un opuscolo a cura di Don Benedetto Fiorentino, esplicativo sul signifi-cato e carisma delle confraterni-te, due pubblicazioni in omaggio al nostro primo assistente eccle-siastico Mons. Armando Bram-billa oltre 50 i numeri del nostro organo ufficiale, ora denominato Tradere, pubblicati, istituzione e aggiornamento continuo del sito Web e delle pagine face book.

Saluti del Presidente Antonetti al

Convegno XXVI Cammino di Fraternità Matera 15 Giugno, ore 17:00

15Logos - Le ragioni della verità

11/12 - 30 GIU 2019 MATERA 14-16 Giugno 2019

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Per Favorire i rapporti tra le confrater-nite e quindi la cultura dell’incontro: Ol-tre che a trovare spazio nei vari cammini e convegni tante confraternite si rivolgo-no alla Confederazione per mettersi in relazione con confraternite affini e per conoscere le loro esperienze. Tra i vari esempi quelli delle raccolte fondi tra le confraternite destinate alle confraterni-te che hanno subito danni nei terremoti dell’Aquila del 2009 e del centro Italia del 2016.Per Coadiuvare le confraternite con le istituzioni civili è stata istituita una commissione giuridica che ha già dato decine risposte di carattere giuridico, amministrativo ad altrettante richieste.Per la promozione e la conservazio-ne, la valorizzazione e il recupero dei beni culturali, architettonici, artistici, storici, archivistici delle Confraternite, pubblichiamo articoli sono già stati pub-blicati su Tradere e siamo stati i promo-tori per il convegno sui beni della Pietà popolare qui a Matera.

Tutto questo è stato possibile grazie all’o-pera di tanti volontari molti di loro che sono parte del nostro Consiglio direttivo e dei coordinamenti regionali ormai pre-senti in quasi tutte le regioni italiane.Il futuro continuerà a vedere le confra-ternite sempre più impegnate nel culto, Pietà Popolare e solidarietà, ma sempre con grande attenzione alla formazione, perchè non possiamo attuare la missio-narietà se non abbiamo la conoscenza e la ricchezza spirituale. Pensiamo che un ulteriore spazio per le confraternite sarà quello di aiutare i sacerdoti nel ser-vizio alle molte chiese ormai prive della presenza costante di sacerdoti, sempre meno numerosi.Chiudo il mio intervento ricordandovi un importante appuntamento. Stiamo or-ganizzando insieme alla Confraternita San Carlo Borromeo di Lugano e alle al-tre Confraternite della Diocesi di Lugano (UCDL) un cammino e relativo convegno delle confraternite europee nei giorni 25 e 26 Febbraio 2020, proprio a ridosso del Convegno su San Carlo Borromeo che l’omonima confraternita organizzerà. Lascerò poi la parola a Umberto Angelo-ni che desidera invitare quanti vorranno partecipare.Affidiamo al nostro Patrono il Beato Pier-girgio Frassati le nostre intenzioni e pro-getti per il bene delle confraternite.

Francesco AntonettiPresidente

16 Logos - Le ragioni della verità

11/12 - 30 GIU 2019MATERA 14-16 Giugno 2019

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Il Rinascimento, periodo culturale e artistico di massimo splendore in Italia, ha lasciato in eredità capolavori dal valore inestimabile. Tra questi si rintraccia la Bibbia di Federico da Montefeltro custodita accuratamente nella Biblioteca Apostolica Vaticana, con una tiratura limitata di 500 copie di cui solo 20 rimaste in Italia. Una riproduzione dell’originale è stata acquistata dal Museo diocesano di

OPERERINASCIMENTALILA BIBBIA DIFEDERICO DA MONTEFELTRO

Acerenza e sarà esposta nel corso del mese di luglio 2019.La Bibbia di Federico da Montefeltro è definita come una maestosa opera dell’arte della miniatura e rientra tra i numerosi e preziosi codici della biblioteca del duca di Urbino. L’opera imponente, per numero di pagine e grandezza, è suddivisa in due volumi dove risaltano 35 grandi scene miniate che tratteggiano gli incipit dei singoli libri biblici.

alla scoperta delle tracce di religiosità nel territorio della Basilicata

»

TRA RADICI E FUTURO Il contributo della Arcidiocesi di Matera-Irsina al percorso di Matera 2019

C8 IL CAMMINO DELLE LETTURE

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Photo credit: Stefan Karpiniec on Visualhunt / CC BY-NCTERRE DI LUCE RADICI E PERCORSI

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Photo credit: Stefan Karpiniec on Visualhunt / CC BY-NC

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ARCIDIOCESI DI Matera-Irsina

SUPPLEMENTO A “LOGOS LE RAGIONI DELLA VERITÀ”, N. 11-12/2019 DEL 30.06.2019

La diocesi di Tursi-Lagonegro è innestata pienamente nell’esaltante percorso de I Cammini. Lo certifica la significativa partecipazione riscontrata in occasione del concerto dell’Orchestra di Matera e Basilicata, di scena a Tursi, e in particolar modo il grande successo rilevato nei due appuntamenti – a Senise e San Chirico Raparo – sul pittore Simone da Firenze che introduce lo stile innovativo del Cinquecento.Il referente de I Cammini per la diocesi Tursi-Lagonegro, Don Michele Crocco, descrive l’eccellente esito della manifestazione: “L’evento inaugurale, tenuto a Senise con la presentazione del catalogo scientifico e del video 3D su Simo de Florentia, ha avuto la risonanza maggiore. In quell’occasione si è avvertita la conferma di seguire anche la strada della cultura per soddisfare il bisogno di bellezza della gente”. La curiosità attorno all’artista è giustificata dalla complessa e diversificata produzione dell’artista, di cui molte opere si ritrovano in Basilicata e arricchiscono il panorama artistico rinascimentale italiano. Guardando attentamente in ottica più ampia, gli appuntamenti de I Cammini vogliono individuare una linea di continuità tra religione e cultura in tutto il territorio lucano. Dalle reazioni positive della comunità diocesana di Tursi-Lagonegro, il nobile obiettivo sembra centrato: “Il progetto è stato accolto con curiosità ed entusiasmo. L’iniziativa – continua il sacerdote – rappresenta un’opportunità data a tutta la Basilicata. E Matera è inserita in un contesto vitale specifico”.“La via della bellezza avvicina a Dio” come ha osservato Padre Ermes Ronchi agli albori del progetto de I Cammini. Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano le affermazioni dell’Arcivescovo della diocesi Tursi-Lagonegro, mons. Vincenzo Carmine Orofino, in merito all’iniziativa religioso-culturale: “Il progetto ‘I Cammini’ ricorda che ogni forma di conoscenza è un percorso, la fede stessa è un cammino. La nostra diocesi puntando su Simone da Firenze ha voluto battere la via della Bellezza attraverso le arti figurative”. Cultura che rimanda al trascendente: “Occasione importante – conclude mons. Orofino – non solo dal punto di vista culturale ma anche spirituale: la cultura come veicolo della nuova evangelizzazione, un tramite tra la Chiesa e il mondo! Ad maiora, dunque, per questa strada!”.

C8 IL CAMMINO DELLE LETTURE

I Cammini, la Diocesi Tursi-Lagonegro promuove LA VIA DELLA BELLEZZA

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Non si tratta meramente di miniature ma di pregiate opere di pittura, incorniciate in un passepartout pergamenaceo, che rievocano gli splendori dell’arte rinascimentale italiana. Federico da Montefeltro commissionò la realizzazione dei volumi nel 1475 a diversi artisti rinascimentali. I volumi furono redatti da Ugo Comminelli da Mézières e decorati a Firenze in un breve lasso di tempo (1477-1478) da Francesco di Antonio del Chierico, miniatore di grande successo di allora, concesso temporaneamente con generosità al duca urbinate da Lorenzo de’ Medici. Alla messa a punto dell’opera contribuirono anche altri celebri miniatori come Attavante degli Attavanti, Francesco Rosselli e presumibilmente Davide Ghirlandaio.Interessante e ricca di aneddoti risulta la storia del duca di Urbino. Nell’era rinascimentale Federico si colloca come uno dei più importanti personaggi: sofisticato mecenate, valido condottiero, stratega di governo. Nel 1444 diventò signore di Urbino e governò senza soluzione di continuità la città e le sue conquiste fino alla morte dell’anno 1482. Il ducato di Urbino visse un periodo molto florido: grazie alle ricchezze accumulate, conseguenza delle numerose guerre vinte, Federico iniziò un gran volume di lavori chiamando a sé diversi artisti.Riguardo l’arte della guerra, Federico da Montefeltro prestò il proprio servizio da condottiero alla corte di Ferdinando I re di Napoli nel 1460. Successivamente affiancò Papa Pio II nella vittoria contro Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468), signore di Rimini, così ampliando il proprio Stato attorno al 1463. A capo della Lega italica vinse a Molinella contro Venezia nel 1467 e, in seguito, si oppose alle mire espansionistiche dei papi. Il duca, tra l’altro, collezionò una pregiata serie di manoscritti, in gran parte miniati e vergati, attualmente conservati all’interno della Biblioteca apostolica vaticana.

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È evidente - in questo nostro tempo - un deficit di fede, di moralità, una eclissi della di-

mensione comunitaria come dei sentimenti di fraternità. Sembra avanzare inesorabilmente la cul-tura dell’esclusione, dello scarto, dell’individualismo.Questa nostra storia sembra vo-lersi svuotare di relazioni, di lega-mi, di responsabilità reciproche, divenendo così friabile e inconsi-stente. Tutti noi, a motivo del frenetico quotidiano in cui talvolta restiamo irretiti, rischiamo di rimanere tra-volti da questo comportamento individualista che sembra impe-rante. E’ importante sottolineare che non esiste solo un individuali-smo personale, esiste - purtroppo - anche un individualismo comu-nitario. Ma in questa logica, che vorrebbe la fraternità come un fatto ideale non come una concreta esperien-za, emerge la testimonianza cri-stiana di una fede vissuta in pie-nezza ed in autenticità.La prima esperienza della perso-na è l’esperienza del “tu” e quindi del “noi”. È il principio antropologi-co di base: So chi sono definendo e riconoscendo l’altro da me!Il mio professore di antropologia culturale spiegava più semplice-mente: So di essere italiano per-chè ai confini dell’Italia riconosco l’Austria, la Francia. So di essere lucano perchè ai confini della mia Regione riconosco comporta-menti e stili che sono propri del-la Puglia, della Calabria o della Campania.La relazione e l’identità parte dal tu, poi dal noi...mai dall’io!Il senso più alto della cultura è l’introduzione nella realtà del noi, dell’incontro, del pluralismo, dell’ampio spettro di vedute. La prima definizione del termine cultura, al netto della definizio-ne etimologica (verbo colere, so-stantivo cultus) ha a che fare con quelle abitudini e quelle capacità acquisite dall’uomo quale mem-bro di un contesto comunitario (società). - Taylor, 1871 –

L’uomo oltre che essere un pro-duttore di cultura è un prodotto della sua cultura.È vero, siamo nel tempo della globalizzazione, tempo che ride-finisce i limiti spazio-temporali ridisegnando gli scenari della vita quotidiana e privata degli indivi-dui ma è pur vero che, la persona esiste soltanto nella misura in cui esiste per gli altri, al punto che essere-esistere, cristianamente, sono sinonimi di amare. Sembra che il bisogno di sentir-si “vivi”, “al mondo”, non avvenga più attraverso la normalità delle buone relazioni quotidiane – in famiglia, nell’amicizia, nel lavo-ro…– ma nel brivido del disprezzo della vita: propria e altrui.Il mondo ha bisogno di questa testimonianza cristiana secon-do cui il verbo esistere-essere ed amare sono sinonimi. È la ragione per cui nel nostro progetto “i cam-mini”, abbiamo messo al centro il tema della Cultura e della Carità: sottolineando che non può esser-vi cultura senza carità, nè carità senza cultura. Questa è la cultura dell’incontro.Può esserci mai una carità, una attenzione all’altro, che non pro-duca relazioni, che non ci immer-ga nel reale, che non ci consen-ta di intravedere l’altro come un dono?Al contrario, può esistere una ca-rità che nell’esercizio del suo es-sere non produca cultura?Perché ciò avvenga, sono neces-sari gli sforzi concentrati e co-stanti degli operatori culturali ed educativi ad ogni livello. La cultu-ra dell’incontro e dei legami può essere il tessuto della vita e ren-de solida e affidabile la società intera. Il punto fondamentale, per i cristiani che si interessano della cultura, non è favorire un siste-ma di erudizione o intravedere la cultura come esperienza di alcuni dotti o saggi. Il punto fondamen-tale è, e rimarrà sempre, l’espe-rienza del Vangelo, della bellezza nella nostra vita cristiana, della bellezza di Gesù stesso: lui, vera e grande bellezza!

Se questa realtà sembra volerci assorbire nella logica individua-lista, a motivo della nostra fede, noi siamo chiamati a testimonia-re che la bellezza della vita di una persona sta proprio nell’incontro con l’altra persona. Del resto, tutto nella nostra vita nasce grazie ad un incontro: l’in-contro personale che abbiamo fatto col Signore. Dalla radice di questo incontro è generato il no-stro desiderio ed il nostro bisogno di incontrare. Incontriamo (andiamo incontro) perché incontrati (Dio stesso è ve-nuto incontro a noi). Vi è, come ovvio, un aspetto reali-stico e una spinta positiva in que-sto atteggiamento: occorre fare la propria parte per ridonare agli altri ciò che abbiamo ricevuto, in ter-mini di vita, salute, cultura, di tra-dizioni, di relazioni, di patrimonio umano, di fede. Ma, se il principio del meritarsi il posto tra gli altri è vissuto con spi-rito egoistico oppure con la rigidità di chi riconosce solo i propri criteri di giudizio, inizia l’emarginazione di alcuni. Quando riteniamo che il posto nella società ci sia dovuto e non ci pensiamo come esseri relaziona-li inizia l’emarginazione, lo scarto, l’individualismo.Per questo la cultura dell’incon-tro confligge con la cultura della rivendicazione di spazi sociali o culturali. I cristiani non rivendica-no spazi sociali o culturali, al più fanno spazio - nella società - a quel Dio di cui hanno fatto espe-rienza concreta. La fraternità, fon-data sull’esperienza personale, va comunque sempre approfondita e purificata, non va mai ritenuta scontata.La cultura è un processo che coin-cide con lo sviluppo dell’uomo, della sua vita, dei suoi spazi e fi-nanche dei suoi desideri.Chiunque vive l’incontro con l’altro, in famiglia, sul lavoro, in casuali in-contri, si accorge che tra persone si instaura un’alleanza immediata e quasi istintiva. Noi cristiani sap-piamo che questa istintiva allean-

Per una Cultura... dell’incontro

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za che si instaura tra gli uomini ha una radi-ce divina: tutto ha origine da Dio, gli uomini sono coeredi di Cristo. Risiede nel cuore di ogni uomo quell’anelito di fraternità che ci fa sentire tutti patrimonio dell’altro. Occorre però esercitarsi nella fraternità, non solo parlarne, non solo indignarci per le scel-te che si fanno contro questa o quella perso-na, contro gruppi e appartenenze. Papa Francesco ha osservato, che le perso-ne spesso si “incrociano fra loro, ma non si incontrano, si vedono ma non si guardano”.Che il Signore ci conceda di fermarci, di guar-dare e non solo di vedere, di incontrare e non solo di incrociare.

Lindo Monaco

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Intervista alCard. Ravasi

a cura di Lindo Monaco

A margine del Convegno Scien-tifico allestito in occasione del XXVI cammino nazionale

delle Confraternite abbiamo avuto modo di porre qualche domanda al Card. Ravasi

Eminenza, il dialogo da sempre fecondo tra fede e cultura rende oggi ragione della bellezza della vita cristiana?Per secoli e secoli, arte e fede, cul-tura e fede, sono state sorelle tra di loro e quindi questo non può non essere ora un elemento che dob-biamo riproporre. L’uso delle fede deve essere fatto non soltanto di-cendo Dio, ma dicendo il modo bel-lo e infinito di Dio.

In che modo gli operatori della cultura possono contribuire alla nuova evangelizzazione?Gli operatori della cultura possono cercare di trascrivere il messaggio cristiano con un nuovo linguaggio, contemporaneo. Ad esempio: ora la cultura digitale invita a coniare delle forme espressive che riesco-no a raggiungere i giovani, il mondo dei nativi digitali, tutto quel mondo che ha ormai una nuova gramma-tica espressiva. Tutto ciò vale per le arti come per le altre manifesta-zioni sociali. Il Cristianesimo è una religione incarnata, che obbedisce sempre alle coordinate del tempo,

entrando in esse non per adeguar-visi ma come seme che feconda.

Qual è il rapporto che c’è tra im-pegno laicale e promozione cul-turale?La promozione culturale è propria di ogni individuo e di una comuni-tà intera. La promozione cultura-le per questo non è solo compito del laicato o del mondo ecclesiale. In passato i grandi committenti di opere d’arte erano tanto i Vescovi quanto i Principi. Ora l’arte nasce di più dal popolo, nasce da una co-munità. In effetti anche in passato le grandi cattedrali non venivano costruite soltanto dall’intuizione dell’architetto che le progettava, tanto è vero che non conosciamo i nomi dei progettisti della maggior parte delle Cattedrali, ma veniva-no edificate attraverso il respiro di un popolo che partecipava con la sua visione, con le sue concezioni. Gli artisti ed i costruttori erano in perfetta sintonia con il popolo per il quale nasceva la cattedrale. Anche oggi è necessario che quando si fa un’opera d’arte, come quando si costruisce una Chiesa ci sia da par-te dei costruttori come dei parroci questo ascolto della comunità per cui sorge una determinata opera.

La Nostra Chiesa di Matera-Irsi-na con il Patrocinio del Pontificio

Consilio della Cultura e per il tra-mite del Parco Culturale Eccle-siale “Terre di Luce” ha allestito il Progetto “iCammini”, il con-tributo della nostra Arcidiocesi all’esperienza di Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019. Come secondo lei rendere stabile questo lavoro che da un lato si sta rivelando missionario e dell’altro potrebbe creare sviluppo in quel-la che è l’impresa culturale sul territorio lucano?La bontà del progetto “i Cammini” nasce dal fatto che non si tratta semplicemente di una serie di spet-tacoli o di iniziative ma è un proget-to che appartiene ad una specie di arcobaleno di temi.Questa architettura tematica che sta alla base del progetto è indi-spensabile che sia permanente. Forse non lo si farà in futuro in una forma così intensa come quella che è stata allestita per quest’anno in cui converge su Matera l’attenzio-ne italiana ed europea. Ma siamo chiamati ad allestire forme diverse di progetto. E’ indispensabile che la Chiesa sappia ancora, che la fede sappia ancora, essere presente nell’interno dei grandi crocevia che sono per esempio: la musica, l’arte, la società nelle sue espressioni più alte, la letteratura, il conoscere, il vedere e l’ammirare tutto ciò che fa parte del patrimonio di un popolo.

23Logos - Le ragioni della verità

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Sabato 22 giugno scorso, Ma-tera ha ospitato il convegno “Abitare lo spazio e il tem-

po. La cultura dell’unità al servizio della città”, organizzato dalla co-munità materana del Movimento dei Focolari e dall’Associazione l’Elicriso, espressione a livello so-ciale e culturale della comunità stessa. Il titolo non è casuale: in un mo-mento storico in cui appare diffi-cile costruire relazioni significative tra le persone e stabilire dialoghi costruttivi con le istituzioni, in una città che vive con orgoglio e pas-sione questo 2019 come capitale europea della cultura, il convegno ha proposto una sfida: è possibile abitare la città, le città, in modo da renderle accoglienti e dialoganti, comunità nelle quali tutti i cittadi-ni, in particolare le giovani genera-zioni, siano protagonisti, vivendo lo spazio e il tempo di oggi con lo sguardo attento al passato e pro-teso verso il futuro.A rispondere a queste domande sono stati invitati Maria Voce e Jesús Morán, rispettivamente Pre-sidente e Co-presidente del Mo-vimento dei Focolari, che, grazie alle esperienze maturate nei più

vari contesti internazionali, hanno offerto interessanti riflessioni uti-li a rispondere in maniera attiva e propositiva ai temi proposti.

Nella sala convegni della Casa di spiritualità Sant’Anna sono

convenute da tutta la Basilicata e anche dalla Puglia più di 500 per-sone; collegati in streaming circa 250 punti di ascolto.All’incontro sono intervenuti an-che l’Arcivescovo di Matera-Irsina, S.E. Mons. Antonio Giuseppe Ca-iazzo, il Segretario della fondazio-ne Matera-Basilicata 2019, dott. Giovanni Oliva e, in rappresen-tanza del sindaco, il consigliere comunale dott. Gaspare L’Episco-pia, che nelle loro parole di salu-to hanno messo in luce gli aspetti costitutivi della città e del suo per-corso di crescita che l’ha portata a diventare promotrice di cultura e di cambiamento a livello europeo.Il Vescovo, citando San Paolo, l’apostolo che ha fatto della sua debolezza la sua forza, sottoline-ando che Matera ha dimostrato di essere forte perché, in un’epoca in cui sembra che ateismo e indiffe-renza regnino sovrani, tanti suoi abitanti continuano a testimonia-

re la loro fede nei luoghi che “abi-tano” sottolineando il carattere “comunitario” della città. Gaspare L’Episcopia riferendosi al bene co-mune, ha messo in luce che non può ridursi a slogan senza conte-nuti, ma che deve essere il fine di ogni politica che guarda ai citta-dini. Il dott. Oliva ha ricordato l’a-pertura al futuro della città, sinte-tizzata nello slogan “Open future”, che ha convinto la Commissione a conferire a Matera il titolo tanto ambito. Al termine dell’intervento, ha donato ai due ospiti il passa-porto di Matera 2019, suggellan-done così l’ingresso tra i cittadini materani.

Gianni Bianco, giornalista RAI, moderatore dell’incontro, ha

delineato con pochi tocchi effica-ci il tema dell’abitare la città ren-dendola “comunità integrata”, in grado di coniugare la dimensione identitaria e l’apertura al nuovo. Spazio e tempo possono conside-rarsi gli assi cartesiani sui quali si innesta il vivere da cittadini attivi nelle città, nell’oggi delle decisioni necessarie a migliorarne il presen-te e progettando il domani.In questo ampio e articolato con-

Abitare lo spazio e il tempo,ovvero l’utopia della fraternità nella cittàLa Presidente e il co-presidente del Movimento dei Focolari a Matera

a cura di Antonella Forlenza e Beatrice Gnudi

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testo, la proposta di Maria Voce e Jesús Morán ha un timbro preciso, quello della “cultura dell’unità”, che scaturisce dal Carisma del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich a Trento negli anni della Seconda guerra mon-diale e diffuso oggi in 182 nazioni, tra persone di ogni razza, credo e ceto sociale. Come dunque questa cultura può “servire” la città? Contribuendo a edificarla come comunità at-traverso la fraternità, il valore più negletto tra quelli enunciati nel triplice motto della Rivoluzio-ne francese, all’interno del quale molta più attenzione è stata riser-vata alla libertà e all’uguaglianza. Così Maria Voce, che cita un testo di Chiara Lubich del 2001: “La fraternità consente a tutti gli uomini, pur nella varietà delle loro culture e fedi, di riconoscersi uguali per l’aspirazione più profonda pre-sente in ciascuno: quella di amare

ed essere ama-to all’interno di una comunità di fratelli”.La fraternità vissuta nel-le città genera una partecipa-zione attiva e costruttiva da parte dei cit-tadini, che di-ventano cu-stodi attenti del “bene co-

mune”, promotori di pace e di ac-coglienza: la Presidente cita gli esempi di due comunità, una in Sardegna, che si batte, “con osti-nazione e mitezza”, per ottenere la riconversione di una fabbrica di armi, e l’altra in Polonia, che favo-risce l’accoglienza degli immigrati.

Piccoli gesti di fraternità sono quelli emersi nella testimo-

nianza della comunità locale del Movimento dei Focolari, che, at-traverso alcuni rappresentanti di varie generazioni, ha raccon-tato come l’esigenza di costru-ire rapporti autentici con tutti, fino a “morire per la propria gen-te”, abbia segnato le tappe della sua storia ormai cinquantennale, dall’assistenza data ai terremo-tati dell’Irpinia ospitati nella casa di riposo “Brancaccio”, ad azioni di rigenerazione urbana fatte con i giovani, all’accoglienza di ragazzi in difficoltà, al dialogo ecumenico.

L’intervento di Jesús Morán par-te dal titolo di Matera capitale

europea della cultura per analiz-zare il concetto di Europa alla luce del nuovo contesto stori-co-politico che sembra appan-nare sempre più l’originario slancio profeti-co che vide na-scere l’Unione. Le difficoltà at-tuali, afferma Morán, non de-

vono farci dimenticare che il pro-getto dell’Europa unita può essere un modello per tutti i progetti di unificazione a livello mondiale.Ma anche all’interno dell’Europa la dimensione della città è fonda-mentale, è un termometro per ca-pire lo stato di salute di una civiltà. E’ evidente che le città oggi sono luoghi di grandi contrasti, appa-rentemente insanabili, di tipo eco-nomico, sociale, culturale, religio-so.Eppure, la vocazione della città, oggi come ieri, è l’unità, e, anche se la polis oggi è diventata ko-smopolis, il suo fine è sempre l’u-nità, il confronto, l’armonia. Tutto ciò può sembrare utopistico, ma è ormai evidente che il mito del pro-gresso inarrestabile e la ragione senza ideali non hanno prodotto risultati positivi.Bisogna, dunque, tornare all’uto-pia, un’utopia che, però, deve es-sere sostenuta da una vera e pro-pria “rivoluzione culturale”, come quella che oggi vede protagonista Papa Francesco: la sua proposta di un nuovo umanesimo si fonda su una “conversione comunitaria”, che abbandoni le logiche indivi-dualistiche a favore di reti comu-nitarie, unica possibilità di cam-biamento reale e unica soluzione ai complessi problemi sociali e ambientali della nostra epoca.Le città, dunque, possono essere il punto di partenza di queste “reti” non virtuali, ma fatte di uomini e donne che si spendono per realiz-zare questa nuova cultura dell’u-nità e della fraternità.

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Vero motoredell’economiaè donare

Si parla molto frequente-mente, almeno negli ultimi dieci anni, di crisi economica

e di quanto questa condizioni oggi la vita, soprattutto delle persone più deboli. Ma evidentemente non è in crisi l’economia in senso stret-to che invece rappresenta, per definizione, una risposta positiva alle varie criticità che si presenta-no. Sono in crisi, più propriamen-te, dei modelli economici come quello oggi imperante e che pone al centro i consumi. Molto forte, rispetto a questo modello, è la critica che viene mossa dal magi-stero di papa Francesco, quando si parla di “cultura dello scarto”. Appare ovvio che in un’ottica con-sumistica, tutto ciò che non può essere consumato, viene scartato. E questo scarto può divenire, a un certo punto, un peso troppo gran-de e troppo ingombrante, tanto da poter mettere a rischio se non la stessa sopravvivenza umana, come pure alcuni temono, almeno il benessere della società. Oltre a compromettere la giustizia socia-le, dal momento che tutto ciò che viene scartato è in qualche modo sottratto a qualcuno. Questi sono problemi enormi che però han-

no una risposta molto semplice, risposta che ci viene dalle perso-ne più semplici e dalle esperienze più elementari: tutto ciò che non può essere consumato, potrebbe essere donato. Così, tutto ciò che non viene consumato non rap-presenta più un rifiuto, ma il suo contrario; può diventare dono. La “cultura del dono” si contrappo-ne dunque a quella dello scarto. È questo lo spirito del cosiddetto Terzo settore, una realtà socia-le che soltanto apparentemente si colloca fuori del mercato e che invece sempre più spesso rap-presenta un’importante voce nel-le dinamiche economiche. Se si guarda con attenzione alla natura del dono, ci si rende conto del suo valore e forse si potrebbe dire che può diventare talvolta il vero mo-tore dell’economia. Tutta la spesa per la crescita dei figli e per l’edu-cazione, per esempio, è un dono che non ha un ritorno per chi la sostiene. Nonostante ciò, l’edu-cazione dei figli è l’investimento più redditizio per la famiglia, il più formidabile generatore di ricchez-za, di gran lunga superiore anche agli investimenti nel settore im-mobiliare. A questo spesso non si

pensa e ciò non fa parte nemme-no della cultura gli istituti di cre-dito che investono davvero molto poco in questo senso. Come non si pensa, altro esempio, alla ric-chezza prodotta da una charity impegnata nell’assistenza ai disa-bili. Se da un lato ha dei costi as-sistere un disabile e fornirgli degli ausili per potere vivere dignitosa-mente, dall’altro non si può non riconoscere il grande contributo all’innovazione tecnologica che è venuto da questo settore, innova-zione poi divenuta indispensabile anche nella vita della generalità della popolazione. Basti pensa-re alla messaggistica telefonica messa a punto per i non udenti e che invece, rispetto alla conver-sazione vocale, ha finito per esse-re preferita da chiunque, oppure all’uso generalizzato del terminale per i pagamenti POS inizialmente concepito per consentire opera-zioni tramite tastiera Braille. Ma su questo l’elenco si potrebbe fare un elenco lunghissimo. C’è biso-gno di un cambio di mentalità che permetta di riconoscere il vero va-lore, anche economico, di queste realtà di caritativa.

Paolo Tritto

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Presentato il progetto per donare

i farmaci non scaduti

È stato presentato a Matera, presso il centro Caritas di via Cappuccini, il progetto per il

recupero dei farmaci non scaduti da donare a quelle persone, pur-troppo sempre più numerose, che non possono permettersi di ac-quistarli. Il progetto è frutto di un accordo tra la Fondazione Banco Farmaceutico, una consolidata realtà che promuove un’azione caritativa anche nel nostro terri-torio, e Banca Intesa che è uno dei maggiori gruppi bancari europei. Dopo i saluti della direttrice Ca-ritas, Anna Maria Cammisa, e di Concetta Sarlo della Fondazione Matera2019, ha preso la parola Elena Jacobs, responsabile Va-lorizzazione del sociale di Intesa Sanpaolo. Nel suo intervento, Ja-cobs ha manifestato la volontà del gruppo bancario di sostene-re questo progetto, non soltanto per andare incontro elle esigenze delle persone maggiormente bi-sognose ma anche perché la rac-colta dei farmaci non usati rap-presenta un risparmio di risorse e

di ambiente e capace di generare ricchezza. L’iniziativa è stata ac-colta con particolare entusiasmo anche da Federfarma di Matera e dal suo presidente Antonio Guer-ricchio che si è fatto portavoce dalle tante farmacie che quoti-dianamente devono fare i conti con situazioni di povertà che non lasciano certamente indifferenti gli operatori del settore. Per tante famiglie, infatti, comprare farma-ci diventa sempre più difficile. Pa-squale Imperatore, presidente dei farmacisti materani, ha ricordato che il 40% della spesa farmaceu-tica è a carico delle famiglie e si tratta di una spesa cui non è pos-sibile rinunciare perché nessun farmaco è inutile. A questo pro-posito il presidente di Sicomoro, Michele Plati, ha sostenuto che se è vero che una parte della popo-lazione a volte non può far fronte alle proprie necessità e non riceve assistenza e sostegno, è vero an-che che c’è tanta gente che vuol fare qualcosa per aiutare que-sta gente ma non trova un luogo

dove riferirsi; c’è bisogno dunque di azioni di infrastrutturazione per creare un’adeguata rete di soste-gno. Per Francesco Guido, diret-tore dell’area meridionale di Inte-sa Sanpaolo, al di là del bilancio economico e dei depositi e presti-ti, compito di una banca è fare in modo che una società sia meno dipendente dal bisogno e que-sto si traduce anche in un valore economico che crea ricchezza, la solidarietà infatti crea sempre benessere. Concludendo, è inter-venuta l’assessore Marilena Anto-nicelli del Comune di Matera che ha detto di essere rimasta colpita dalla realtà del bisogno farma-ceutico come è stato presentato nel corso dell’incontro e questa è la prova che quando l’analisi delle situazioni parte dal basso riesce a coinvolgere tutti i soggetti inte-ressati, compresa la finanza, e in questa maniera si può contribuire non poco ad affrontare più ade-guatamente i bisogni della comu-nità

P.T.

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Usa sempre frasi ad effetto Papa Francesco, frasi capaci di andare dritte al cuore di chi

lo ascolta e di rimanere ben impres-se nella mente. È quanto è successo anche lo scorso 29 maggio quando il Papa, durante l’udienza generale del mercoledì, ha inaugurato “un percorso di catechesi attraverso il Libro degli Atti degli Apostoli” che mostra “il meraviglioso connubio tra la Parola di Dio e lo Spirito San-to”. La parola umana non diventa efficace grazie alla retorica, l’arte del bel parlare, ma tramite lo Spiri-to Santo che è “la dýnamis di Dio, la sua forza”. Lo Spirito “ha il potere di purificare la parola, di renderla ap-portatrice di vita”. È quanto ha af-fermato Francesco, sottolineando che la parola può aprire vie nuove, può diventare dinamite. Altro che discorsi! “Quando lo Spirito visita la parola umana essa diventa dina-mica, come ‘dinamite’, capace cioè di accendere i cuori e di far saltare

schemi, resistenze e muri di divisio-ne, aprendo vie nuove e dilatando i confini del popolo di Dio”. Il Libro degli Atti degli Apostoli scritto da san Luca Evangelista, ha ricordato il Santo Padre, ripercorre “il viaggio del Vangelo nel mondo” mostran-do “il meraviglioso connubio tra la Parola di Dio e lo Spirito Santo”, una “coppia vivace ed efficace”. “Colui - ha detto il Papa - che dà sonorità vi-brante e incisività alla nostra parola umana così fragile, capace persino di mentire e di sottrarsi alle proprie responsabilità, è solo lo Spirito San-to”. Il battesimo nello Spirito Santo, ha aggiunto Francesco, è l’espe-rienza che permette “di partecipare alla volontà salvifica e universale di Dio”: “Non c’è dunque da lottare per guadagnarsi o meritare il dono di Dio. Tutto è dato gratuitamente e a suo tempo. Il Signore dà tut-to gratuitamente. La salvezza non si compra, non si paga: è un dono gratuito”. “Chiediamo al Signore -

ha detto Francesco - di essere non fabbricatori, ma strumenti dell’o-pera salvifica” di Dio: “Il Risorto in-vita i suoi a non ‘fabbricare’ da sé la missione, ma ad attendere che sia il Padre a dinamizzare i loro cuori con il suo Spirito, per potersi coinvolge-re in una testimonianza missionaria capace di irradiarsi da Gerusalem-me alla Samaria e di travalicare i confini di Israele per raggiungere le periferie del mondo”. Come atten-dere - ha domandato infine il Papa - lo Spirito, “la sua forza”? “Pregan-do in unità e con perseveranza. È con la preghiera, infatti, che si vin-ce la solitudine, la tentazione, il so-spetto e si apre il cuore alla comu-nione. La presenza delle donne e di Maria, la madre di Gesù, intensifica questa esperienza: esse hanno im-parato per prime dal Maestro a te-stimoniare la fedeltà dell’amore e la forza della comunione che vince ogni timore”.

Giuditta Coretti

La Parola e lo Spirito

“La salvezza non si compra, è gratis”L’evangelizzazione vista da Francesco

Matera, la Città dei Sassi, ha spiccato il volo, raggiun-gendo mete impensabili fino a qualche decennio fa. Essa è divenuta contemporaneamente una delle mete più ambite da turisti ed amanti della cultura desiderosi di conoscere la storia di una città sconosciuta. Per sod-disfare tale curiosità culturale Matera apre ogni sito per accogliere i visitatori che rimangono estasiati davan-ti alla bellezza primitiva e naturale della Città che ha custodito le proprie caratteristiche nonostante l’inter-vento dell’uomo che non ne ha deturpato la singola-rità. È questo il motivo per cui l’Associazione “Arte per Le Marche” grazie alla collaborazione dell’Associazione “Patrimonio Rupestre” impegnata nel promuovere il Bene per i Giovani, viene accolta in questi luoghi sug-gestivi della Capitale Europea della Cultura anno 2019. Questo sodalizio è inteso a produrre Cultura, secondo i principi di un nuovo umanesimo che esalti la centralità dell’essere umano ed educhi all’accoglienza che rap-presenta una opportunità di arricchimento e crescita. Nella speranza che questa notorietà internazionale della città, dia la possibilità di creare posti di lavoro ne-gli anni a venire, si è pensato di organizzare eventi cul-turali di grande interesse. Due eventi che porterà “Arte per le Marche” a Matera meritano particolare attenzio-

ne non solo dal mondo culturale ma anche da quello istituzionale. Il popolo materano è invitato dal 15 Giu-gno al 12 Luglio presso la chiesa di Sant’Antonio Abate a partecipare alla Mostra dal titolo “Liquidi Globali” di Ma Lin e Shi Liang, due artisti cinesi che mostreranno le loro opere alla città e attraverso uno scambio culturale, intendono far conoscere alla loro terra di origine: Ma-tera, una città rupestre, ricercata. Shi Liang uno degli artisti cinesi più noto nel suo Paese, esporrà a Matera in particolare una produzione di opere, alcune delle quali, dai contenuti cristiani: un messaggio personale che sia di buon auspicio a favorire il dialogo tra le religioni.Soltanto un cenno per la mostra che dal 24 agosto sarà ospitata nell’Ipogeo di San Francesco di Ioan Sbarciu per rinsaldare il legame di amicizia che c’è tra la Basi-licata e Lo Stato della Romania, di cui Ioan Sbarciu è uno dei massimi esponenti nel mondo della pittura. La Mostra sarà dedicata a Dino Ademesteanu stimato ar-cheologo, molto legato alla nostra terra lucana, sotto il Patrocinio dell’Ambasciata della Romania in Italia. Le iniziative proposte da “Arte per le Marche” godono del Patrocini di Atenei di ARD&NT, dell’Accademia di Brera e Politecnico di Milano, Università di Macerata e Acca-demia di Belle Arti di Macerata.

Marta Natale

La Cultura strizza l’occhio al futuro dei giovani

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a cura di Rosanna Bianco

ART

E E

TERR

ITO

RIOUn altro borgo tutto da scoprire

Montemilone

Visitare i diversi paesi della Basilicata è come andare alla ricerca di gemme pre-

ziose incastonate nei luoghi e nel tempo, piccoli cuori pulsanti di una terra tutta da scoprire.I differenti borghi rivelano cia-scuno qualcosa di magico e di misterioso, nonché di estrema originalità, tanto da regalare a chi ha la fortuna di visitarli sen-sazioni uniche, lontane dal tem-po reale e difficili da dimenticare. Uno tra i tanti borghi meritevo-le di attenzione è Montemilo-ne, la cui singolare collocazione geografica (tra l’Altopiano delle Murge a est, la depressione bra-danica a sud, poco distante da Venosa e il Tavoliere delle Puglie a nord) offre la possibilità di go-dere di un paesaggio a dir poco sorprendente. E’ un piccolo paese immerso nel verde, a 320 metri di altitudine, dove l’acqua della diga del Loco-ne, affluente di destra del fiume Ofanto, segna il confine tra Pu-glia e Basilicata.Importanti testimonianze ar-cheologiche rivelano antiche presenze sul luogo, come quella romana: l’acquedotto te-stimonia l’influenza che la città romana di “Venusia”, l’attuale Venosa, ebbe su Montemilone.A pochi chilometri dal pa-ese, su una collinetta im-mersa nel verde e circon-data da boschi, è situato un antico santuario maria-no, uno dei primi santuari mariani sorti in Basilicata a cura di un gruppo di fra-ti benedettini: il santuario mariano della Gloriosa, chiamato anche santuario della Madonna del Bosco, con l’annesso eremo dei frati, risalente al 1189, di im-pianto romanico-bizantino.L’area abitativa più antica di Montemilone, di epoca medievale, è raccolta intor-

no alla piazza del Municipio dove, attraverso scalinate, atri nasco-sti, resti di un antico maniero, si possono raggiungere spazi a dir poco singolari, dai quali si può godere di una straordinaria vista panoramica, unica nel suo gene-re. Il centro storico è caratterizza-to anche da colorate e pregevoli pitture murarie, i moderni custo-di della storia di vita del paese.La Chiesa Madre di Montemilo-ne, edificata nel 1861 su un pre-esistente edificio sacro in stile gotico, è dedicata a S. Stefano protomartire che, insieme alla Madonna del Bosco, è compa-trono del paese.Nel corso dei secoli, la chiesa è stata arricchita da affreschi e da ulteriori rimaneggiamenti per meglio custodire il gruppo scul-toreo ligneo della Madonna del Bosco, la preziosa “Gloriosa”, ri-salente al XVII secolo, insieme ad un prezioso Crocifisso in car-tapesta del 1800 situato sull’al-tare maggiore.Un’altra chiesa che ospita im-portanti opere d’arte sacra è la chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al XVII secolo, in cui si

venerano la Madonna del Carmi-ne e San Filippo Neri; al suo inter-no è custodita una piccola pala d’altare, raffigurante l’Assunzio-ne della Vergine al Cielo, della scuola di Corrado Giaquinto, uno tra i più importanti rappresen-tanti del barocco napoletano e la scultura lignea policroma del-la Pietà attribuita a Nicola Fumo, anch’egli considerato uno dei maggiori esponenti del barocco napoletano.Nel piano seminterrato dell’edi-ficio sacro e precisamente nella cripta, antico luogo di sepoltura, si conserva un vero tesoro: l’An-tiquarium Civico, una vasta rac-colta di reperti archeologici di età romana, tra i quali le lastre tombali risalenti al II secolo d. C.Un’altra opera dello scultore Nicola Fumo è custodita nella chiesa dell’Immacolata Conce-zione: si tratta della statua della Madonna Immacolata. Di parti-colare rilevanza artistica è anche la Tavola Dipinta della Deposi-zione, recentemente restaurata e con molta probabilità realizza-ta da un pittore nato e operante nella zona di Montemilone.

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Non è importante dove si va, ma come e perché. Il viaggio oggi è visto non tanto come il

raggiungimento di un luogo, quan-to come un’esperienza di crescita. Il turismo sta vivendo una stagione d’oro e qui a Matera ne sappiamo qualcosa. C’è il viaggio di piacere e di divertimento e il viaggio d’av-ventura, il viaggio nella fantasia e il viaggio nello spazio, il viaggio per conoscere nuove culture e nuove popolazioni e chi più ne ha più ne metta. Il viaggio è sempre un even-to importante per la creazione della propria identità e socialità, ed è an-che una metafora della vita. C’è chi sceglie di viaggiare per l’a-more verso l’arte, chi ama la natura e va alla ricerca di nuovi ed incan-tevoli paesaggi naturali, chi ama la musica e il folklore e viaggia per la gioia di assistere ad una festa po-polare in colorati abiti tradizionali o per partecipare ad un rito religioso in un piccolo paesino di montagna sperduto. Ognuno ha un motivo personale e intimo che lo porta a mettersi in movimento. Tuttavia molti oggi viaggiano per

necessità. La valigia non è più di cartone, ma il contenuto è quello di sempre: pochi indumenti e tan-ti sogni. E la speranza di trovare un lavoro, visto che a casa propria non ce n’è. Le storie dei giovani che lasciano il sud sono tante, tutte di-verse e tutte simili. Le accomunava spesso la parola magica “Ryanair”, la compagnia aerea che offre voli low cost per tutta Europa, purché si parta con il solo bagaglio a mano, dove può entrare meno che niente. I ragazzi che vanno via sono tantis-simi e il fenomeno non sembra vo-lersi arrestare. Non si tratta solo della voglia di co-noscere nuovi Paesi, di fare nuove esperienze, di girare il mondo e di studiare. Si tratta invece di vere e proprie migrazioni, viaggi pensati per cercare lavoro. Sono diverse le motivazioni che portano alla scel-ta di partire, ma sono tutte acco-munate da un forte sentimento di frustrazione e sfiducia nei confronti dell’Italia, che non ha voglia di cam-biare, a differenza dei paesi ospi-tanti, visti come dinamici e ricchi di possibilità. C’è, nei giovani, tutto

il dispiacere per un’Italia che non sembra in grado di trattenerli, ma anche un forte legame con la terra d’origine e il desiderio di tornare.Ma anche a trovarlo un lavoro, biso-gna poi adattarsi e accontentarsi. Spesso infatti chi viene assunto vie-ne a trovarsi ad un rango inferiore ri-spetto alla propria qualifica profes-sionale e anche i laureati - che pure risentono meno della crisi - devono accettare il demansionamento. La cosiddetta “sovraistruzione” riguar-da una buona fetta degli under 35, e i più penalizzati sono i dottori in scienze sociali e umanistiche, an-che se la crisi ha colpito perfino ingegneri e medici, le cui categorie professionali erano considerate ad impiego sicuro. A partire non sono solo cervelli in fuga, né più soltanto figli. Sono anche padri, madri, ope-rai, camerieri, banconisti, segretari d’azienda, autisti. Così il Sud si va svuotando e il Nord a malapena resiste in quello che possiamo sicu-ramente definire come un grande movimento migratorio.

Giuditta Coretti

Il trolley a portata di mano

Ragazzi sempre in viaggio Per studio o in cerca di lavoro

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la Chiesa che vorrei SINODO

Il lavoro del gruppo è iniziato riflet-tendo sulla parola “carità” e, in par-ticolare, sulla difficoltà di capire il

suo significato autentico e profondo e, di conseguenza, di vivere appieno questa formidabile virtù senza la quale niente è gradito e accetto a Dio. Nel pensiero comune capita di confondere la carità con le piccole o grandi elemosine fatte a favore di qualche indigente oppure identi-ficarla con qualche pur importante e meritoria azione di assistenza o di volontariato. Ma sappiamo che non è così. La carità, identità stessa di Dio, è l’amore con il quale il Padre ci ama ed è lo stesso amore con il qua-le dobbiamo amare Dio attraverso i fratelli. E seppur la fede è un sì “per-sonale” detto a Dio, la verifica del-la sua autenticità è l’incontro con il prossimo, chiunque esso sia, con le sue diversità, le sue povertà e le sue ricchezze, consapevoli che il fratello ci appartiene, è per noi un dono da custodire e di cui siamo responsabi-li, in lui siamo chiamati a scoprire il corpo di Cristo. Con umiltà è neces-sario riconoscere che siamo lontani

dall’amare come Dio ci ama; siamo lontani dalla gratuità che dovrebbe caratterizzare il nostro agire; siamo lontani dall’accogliere la “diversità” di colore, di cultura, di religione che, ancora, tanto ci spaventa. È sempre necessaria e opportuna questa ve-rifica per capire in che modo siamo capaci di rendere storia concreta il Vangelo attraverso la cura del fra-tello; in che modo siamo voce del più debole; in che modo il nostro agire personale e comunitario cam-bia in meglio le realtà degli ambien-ti che frequentiamo, la qualità delle relazioni, la gestione del bene co-mune; quanto siamo disposti a la-sciarci “coinvolgere” per accogliere e a “coinvolgere” per integrare. Pur-troppo la visione evangelica della carità non è chiara neanche a molti operatori delle caritas parrocchiali che si riducono ad essere “distribu-tori” di alimenti. Di qui la proposta di un’adeguata formazione degli ope-ratori caritas, affinché sia rivalutata la funzione prevalentemente peda-gogica della caritas per far sì che il suo agire apri nuovi percorsi in cui la

carità diventi lo stile di vita di ogni cristiano, promuovendo la fraterni-tà, la collaborazione, la responsa-bilità, la partecipazione, la difesa di diritti, la cura della vita e della casa comune; carità che abbia come ori-gine e meta Dio stesso; carità che faccia entrare in tutte le dinamiche sociali quella linfa vitale che è la grazia e l’amore di Gesù Cristo; ca-rità che sia “segno” di Dio. Si tratta di un processo difficile ma indi-spensabile per avviare quel neces-sario cambiamento di stile, che più volte è stato ribadito nelle sessioni sinodali, dove la priorità non è “fare” cose nuove ma è “essere” otri nuovi, seguendo l’unica via possibile: Gesù Cristo. È solo nella misura in cui la-sceremo regnare Dio tra di noi, che tutta la vita sociale diventerà spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. È compito e voca-zione personale di ognuno, trasfigu-rare le relazioni, gli affetti, il lavoro, la cultura, l’economia, la politica, affinché in esse ci sia l’impronta di Dio e il lieto annuncio della salvezza possa arrivare a tutti.

Sinodo diocesano - Nona sessione

La formidabile virtù della caritàe gli esiti sul bene comune

Il lavoro dei gruppiCi si chiede spesso come si svolga il lavoro nei gruppi del sinodo, come si rilancino e sviluppino le tematiche dell’Instrumentum Laboris e quali dinamiche portino poi a far emergere punti di speranza per il territorio. In questo numero di Logos proponiamo la sintesi di uno dei gruppi (il gruppo nove) che ha lavorato durante la sessione del 30 maggio 2019, dedicata al capitolo: La dimensione sociale dell’evangelizzazione e la testimonianza della carità come accoglienza degli ultimi e integrazione nella comunità; la cura della “casa comune”.

Matera 2019 è crocevia del mondo, delle culture, delle esperienze più varie, per questo Biagio Cilento, di origi-ni campane, ha scelto Matera per presentare, il pome-riggio del 25 maggio scorso, il suo libro “Quel Crocifisso in ferro battuto”, presso la parrocchia Maria Madre della Chiesa. È un testo autobiografico che ci fa co-noscere una persona guarita dalla fede, che si racconta con semplicità, senza la pretesa di insegnare qualcosa, ma con l’audacia di chi vuole testimoniare come la fede riscatta il senso di un’intera esi-stenza. Da uomo di mare a tecnico alla siderurgica di Taranto, ad Algeri per la costruzione di un gasdotto, esperienze che lo hanno allontanato dalla famiglia e che ha poi ha riscoperto come il bene più prezioso. Le prove dell’allontanamento

dal lavoro per la sua onestà intellettuale nel denun-ciare i guasti di una società che mette al primo posto il profitto sulla persona, il guadagno al di sopra della

salute, le sofferenze per le conseguen-ze dell’inquinamento, la voglia di lottare e, soprattutto, di credere e di affidarsi a quel Crocifisso in ferro battuto, fanno di Biagio un uomo tenace e forte, libero e determinato nel volere il bene non solo suo personale ma per tutti. L’incontro con frate Gino e il legame con il santua-rio di San Vittorino, la fraterna amicizia con don Agostino Marchetto, poi vesco-vo presso la Segreteria di Stato in vatica-no, la fede ritrovata sono stati momenti fondamentali per Biagio che a ragione può raccontare la sua ricca esperienza e il suo amore per la vita. F.L.

Biagio Cilento cittadino del mondo

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A volte basta poco. Anche un bicchiere di tè freddo ed un minitorneo improvvisato di

calcio balilla e distanze, paure e pregiudizi vanno a farsi benedire.E’ quanto si è direttamente speri-mentato presso la Comunità Em-manuel di Salandra, dove le perso-ne accolte nel Centro per risolvere i propri problemi di dipendenza da sostanze hanno condiviso un po-meriggio con i giovanissimi ospiti di Tolbà, associazione operante a poche centinaia di metri di distan-za grazie allo Sprar, per il contrasto ad un altro genere di dipendenza. Quella di chi, solo perché nato in una determinata parte del mondo, è costretto a subire l’indifferenza (e a volte anche molto peggio) di

qualcuno più fortunato. Accompa-gnati dall’operatrice Rosanna Ia-covino (settimanalmente presente anche all’Emmanuel, in veste di ca-techista) e dall’operatore Onofrio Di Lella, due ragazzi del Senegal e due eritrei, Mané, Demba, Herman e Hashim, hanno condiviso qual-che ora decisamente diversa dalle solite, ma soprattutto hanno trova-to un sorriso nuovo, quasi impen-sabile fino a poco tempo fa. Tutti i dieci ragazzi attualmente ospitati grazie allo Sprar (attivo a Salandra dal maggio del 2014) hanno infatti vissuto il dramma di un lungo esilio, culminato in una di quelle traversa-te di cui purtroppo spesso narrano le cronache. A Salandra cercano una difficile integrazione, dapprima

impadronendosi della lingua e poi tentando un inserimento lavorativo, difficile ma non impossibile, per chi voglia davvero riscattare la propria vita e la propria dignità di uomo.E il bello è che sono stati proprio Mané, Demba, Herman e Hashim a notare un aspetto comune del-la loro esperienza con quella degli ospiti dell’Emmanuel. “Anche voi siete lontani da casa” hanno detto infatti a chi è venuto a Salandra per curarsi. Una considerazione che potrà an-che far sorridere, se passata al va-glio della fredda razionalità, ma che forse racchiude in sé una grande le-zione per tutti.

Pippo De Vitis

Integrazione: a volte basta poco All’Emmanuel di Salandra incontro tra gli ospiti del Centro e i ragazzi dello Sprar

IN BUS COL PASSAPORTO LA POESIA DI RIVIELLO Per agevolare la mobilità alternativa e limitare il traffico veicolare, a Matera i possessori del “passaporto” per assistere a tutte le manifestazioni previste quest’anno - in occasione di Matera Capitale europea della Cultura - potranno viaggiare gratis sui mezzi pubblici della città da sabato 1 giugno al 31 gennaio 2020. Il “passaporto” per le manifestazioni di Matera 2019 è in vendita al prezzo di 12 euro per i residenti in Basilicata e di 19 euro per tutti gli altri. Per chi lo utilizza sui mezzi pubblici di Matera - dove sono attive in totale 16 linee - è necessario avere anche un documento di identità, da esibire in caso di controlli.

“Vito Riviello è stato uno dei grandi uomini lucani che hanno arricchito e arricchiscono la cultura italiana e internazionale con una nuova dialettica poetica, originale e a tratti ironica. In lui riconosciamo sensibilità, grande conoscenza, spirito critico e la capacità di saper andare oltre. In lui vedo il cambiamento, quello che io ho intrapreso anche se con formule diverse”. Così dichiara, in una nota dell’ufficio stampa del Consiglio regionale della Basilicata, il presidente dell’assemblea, Carmine Cicala, presentando il libro “Vito Riviello, tutte le poesie”. Il volume, realizzato dall’università La Sapienza di Roma e il Consiglio regionale, raccoglie l’opera omnia del poeta, nato a Potenza nel 1933 e morto nel 2009 a Roma.

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a cura di Nino Vinciguerra

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Giambattista Capolupo nac-que a Matera il 17 dicembre 1653. Suo padre si chiama-

va Donato Antonio. Sin da piccolo Giambattista dimostrò sensibilità e interesse verso i valori religiosi ed entrò in seminario. Ordinato pre-sbitero, fu assegnato alla chiesa parrocchiale di San Pietro Caveo-so e rivestì incarichi anche in arci-vescovado. Don Capolupo fu un sacerdote colto e un ricercato oratore. Dopo alcuni anni si tra-sferì a Napoli accolto dal Car-dinale Antonio Pignatelli che fu arcivescovo della città campana tra il 1686 e il 1691. Pignatelli apprezzò le doti del giovane sacerdote materano e infatti, quando il 12 luglio 1691 fu eletto Papa con il nome di In-nocenzo XII, lo portò con sé come segretario con il privilegio di familiare commensale. Giambatti-sta Capolupo frequentò l’Archiginnasio romano della Sapienza e conseguì la laurea di dottore in Utroque Iure (locuzione latina, in utroque iure, che tradotta letteralmente significa “nell’uno e nell’altro diritto” e veniva utilizzata nelle prime università europee per indicare i dottori laureati in diritto civile e in diritto canonico). Inoltre, Capo-lupo fu nominato Cavaliere dello “Speron d’oro” (Ordine della Milizia Aurata, meglio conosciuto con il nome di Ordine dello Speron d’oro, è un ordine cavalleresco pontificio conferito a coloro che si sono prodigati per diffondere il messaggio della Chiesa, o a coloro che abbiano contribuito con qualsiasi atto alla gloria della Chiesa), Conte Palatino e Patrizio Romano. Il 13 settembre 1694 mons. Capolupo fu nominato Vescovo di Poli-gnano (diocesi suffraganea di Bari soppressa il 27 giugno 1818 con la bolla “De utiliori” da Pio VII). Fu consacrato nella chiesa dei santi Apostoli ed en-trò in possesso della Sede tramite il Vicario Ge-nerale Michele Antonio Gentile. Fu generoso con i poveri e attento ai giovani, fece restaurare cap-

pelle, palazzo vescovile e cattedrale e rese fruttiferi i terreni incolti appar-

tenenti alla diocesi. Un appezza-mento in cui aveva fatto piantare

un frutteto fu oggetto di reiterato vandalismo da parte di un giovane

a cui fu posto il veto per il diacona-to. Colto sul fatto ci fu una collutta-zione con chi gestiva il terreno nel corso della quale il giovane morì. I mezzadri furono condannati e rin-chiusi nel castello svevo di Bari; anche mons. Capolupo ne subì le conseguenze. Infatti, chiamato

a Roma, fu ritenuto responsabile dell’accaduto e costretto a vivere

nel convento francescano del Foro Boario. Mons. Capolupo, addolorato, terminò in quel convento romano i suoi giorni il 3 maggio 1716 e fu sepolto nell’attigua chiesa dei Santi Cosma e Damiano dove, tutt’oggi, è visibile al centro del pavimen-to la lapide con il suo stemma. Dopo due anni di sede vacante la diocesi di Polignano ebbe un nuovo vescovo: Pietro Antonio Pini (dal 1718 al 1736), dottissimo giureconsulto, Vicario Generale a Bari e precedentemente canonico della Catte-drale di Matera.(Bibliografia: A. Giampietro, Personaggi della storia matera-na, Ed. Altrimedia, 1999).

Giambattista Capolupo Segretario di Innocenzo XII, Vescovo di Polignano

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“Il carro e il leone” di Andrea Semplici sarà presentato giovedì 27 giugno 2019, ore 18, a Palaz-zo Lanfranchi, Matera. Interver-ranno: Marta Ragozzino, Andrea Semplici, Raffaele Pentasuglia, Antonio Sansone, Michele Plati.La storia del Carro della Festa della Bruna è quasi sempre una storia al contrario: parte dal suo finale, come se il carro trionfale fosse soltanto la sua distruzione.“Il Carro e il leone” racconta invece la storia della costruzione del car-ro, le alchimie i segreti e le tradi-zioni di famiglia che si consumano

in un luogo inaccessibile per mesi e - soprattutto - è la storia della colo-ratissima comunità che quest’anno ha dato vita e mani a questo sim-bolo potentissimo della città di Matera. È la prima volta nella storia centenaria della festa che un libro prova ad aprire idealmente le porte della fabbrica in cui nasce la festa.Centosessantotto giorni, dal 7 gennaio al 23 di giugno, raccontati in un diario. È la cronaca quotidiana della rinascita di una grande scultura mobile, il carro Trionfale in cartapesta costruito da una piccola comu-

nità di artigiani che quest’anno si è arricchita della presenza di ragazzi stranieri rifugiati e artisti non locali. Il libro nasce per volontà della coo-perativa sociale il Sicomoro, legata a doppio filo quest’anno alla festa della Bruna. La cooperativa è infatti ente gestore del progetto di acco-glienza per rifugiati del Comune di Matera, che ha permesso a Kingsley, Ismaila, Savane e altri di partecipare attivamente alla costruzione del carro. C’è però un altro legame tra il Sicomoro e il 2 luglio legato ad un nome che i materani sono abituati ad associare unicamente alla resi-denza per anziani gestita dalla cooperativa: è il nome di Mons. Bran-caccio. Nel testamento del Brancaccio si legge infatti “Voglio che con la Rendita del Capitale della Masseria si tenga in città una Festività di nostra signora sotto il titulo della Bruna nostra Avvocata, e Protettrice, che si Celebra a due di luglio e sia solennizzata da musici et Istrumenti scelti da loro spendendo in ogn’anno cinquanta ducati. E così conti-nuare sempre et in infinitum”. Il vescovo dei poveri, istitutore del monte frumentario da cui prese vita la casa di riposo, nel 700 fu il primo a dare alla festa della Bruna la forma e le regole con cui tutti noi ancora oggi la celebriamo. Un legame forte quello tra la festa e la Residenza Mons. Brancaccio che il Sicomoro intende onorare destinando il ricavato della vendita del libro al sostegno delle rette degli anziani in situazione di solitudine e povertà ospiti della Residenza Brancaccio.

“Il carro e il leone” è in distribuzione in via Ridola 22, nella Residenza Brancaccio e nelle librerie e attività convenzionate

Nella fabbrica della festa: dove nasce il Carro della BrunaLe storie e i volti del luogo più misterioso di Matera per la prima volta raccontati in un libro

In linea con…Rocco Iacovino. Sguardo sincero, sorriso rassicu-rante, grande determinazione: si presenta così il grottolese Rocco Iacovino, promosso la scorsa estate assistente di linea

nel campionato di calcio di serie D, agli studenti della Scuola Secondaria di I grado di Grottole. I ragazzi hanno realizzato con lui un approfondimento sull’importanza dello sport nelle picco-le comunità, come fonte di aggregazione sociale e di benessere psico-fisico. Iniziamo con una curiosità: lei, come è noto, lavo-ra nella ristorazione. Come riesce a coniugare una dieta sana ed equilibrata con le numerose tentazioni alimentari della sua attività? Non perdo mai di vista l’obiet-tivo: le soddisfazioni fanno pesare meno i sacrifici che sono costretto a compiere, ahimè, ogni giorno per mantenermi in forma. Come si fa a scegliere una dieta perfetta? L’alimentazione degli sportivi è una questione molto seria: ci sono re-gole precise da seguire prima e dopo la pratica sportiva. Bisogna comunque sta-re alla larga dai cibi fritti, limitare le carni rosse ma soprattutto evitare gli alcolici e il fumo. Sono sacrifici che però ripagano, perché il benessere fisico si riflette sul be-nessere psicologico; e quando sei in for-ma non hai voglia di rovinare tutto con il fumo e l’alcol. Ci racconta come è arriva-to all’arbitraggio? Sin da piccolo avevo la passione per il calcio, ma i miei genitori non volevano che io praticassi questo sport per dedicarmi esclusivamente allo studio. A scuola ero svogliato, e non ero felice. Poi, un giorno, i miei – per accon-

tentarmi – mi fecero iscrivere alla scuola calcio di Grottole. Tutto cambiò, ero euforico e il mio rendimento scolastico migliorò ra-pidamente. Non ero di certo il migliore, ma mi divertivo tanto e ricordo quegli anni con grande spensieratezza. Purtroppo poi la scuola calcio chiuse, smisi di praticare sport ed ingrassai di ben 18 kg! Casualmente, quasi per gioco, inviai un modulo per entra-re nel campo dell’arbitraggio e così cominciò questa bella av-ventura. Crede di essere maturato grazie allo sport? Certamente sì: nell’arbitraggio si viaggia tanto, si conoscono tante persone, si apprezzano le diversità, ma si accettano anche delle piccole

angherie. Spesso i tifosi ti provocano dagli spalti, ma è necessario mantenere l’autocontrollo: questo ti fa crescere e maturare mentalmente, permettendoti di acquisire una giusta professionalità sul campo. Che rapporto c’è tra lo studio e lo sport? Alla fine di ogni gara è necessario stilare un referto dettagliato che deve essere inviato al giudice sportivo. Perciò a distanza di anni ho rivalutato l’impor-tanza dello studio: saper scrivere, sapersi esprimere correttamente è fondamen-tale in qualsiasi ambito - sia sportivo che lavorativo. Quindi è meglio studiare o fare sport? Io vi consiglio di fare tutte e due le cose, coltivando sempre le vostre passioni. Lo sport ti insegna a rispettare le regole e a capire il valore della con-vivenza civile, che vi servirà anche nel mondo del lavoro.

CLASSE II^A, I.C. MIGLIONICO,SCUOLA SECONDARIA - PLESSO DI GROTTOLE

Newspapegame sport e benessere

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Fra III e IV secolo d. C., in un periodo di forti tensioni per l’Impero Romano, a Cesarea, in Palestina, videro la luce due opere straordinarie, oggi purtroppo per-dute: gli Hexapla di Origene e la Cronaca di Eusebio. Gli Hexapla raccoglievano, su più colonne, le principali traduzioni greche del Vecchio Testamento e il loro originale ebraico; la Cronaca narrava in parallelo le vicende storiche di Greci, Romani, Ebrei e degli altri popoli pre-senti nella Bibbia. Gli autori ricostrui-

scono la genesi delle due opere, la loro forma libraria, l’ambiente culturale in cui videro la luce, grazie a tutti gli indizi che la filolo-gia e l’archeologica permettono di recuperare. Il racconto delle imprese di Origene ed Eusebio, con tutte le difficoltà affrontate e le innovazioni tecniche e intellettuali conseguite, tratteggia uno straordinario affresco storico, che svela al lettore la natura più profonda delle radici culturali dell’Occidente.

Accompagnare i genitori che chiedono a Dio, attraverso la Chiesa, il Sacra-mento del Battesimo per i propri figli, è come tracciare degli argini entro cui far scorrere fiumi di acqua viva. I parroci e i catechisti incaricati di questo servizio sono chiamati a preparare il terreno che accoglierà quei semi di Grazia che por-teranno frutto a suo tempo nel cuore di ogni Figlio di Dio. Il libro propone criteri, tracce e strumenti per guidare gli incon-tri di preparazione al Battesimo. Il ma-

nuale è un aiuto per Parroci e per catechisti incaricati di condurre incontri di preparazione al Battesimo. Contiene tracce pratiche, spunti e criteri già sperimentati in ambito parrocchiale.

Come si affronta la sfiducia che pervade il nostro tempo? Come si trasforma il sentimento di delusione verso il presen-te in cui viviamo? Con uno sguardo inna-morato. Il primo passo per trasformare la realtà è innamorarsene. Ermes Ronchi e Marina Marcolini ci invitano a un viaggio umano, poetico, spirituale per scopri-re quanta vastità, quanta profondità, quanta bellezza possiamo trovare nel nostro quotidiano, se lo guardiamo con occhi innamorati. Perché la realtà cam-bia, intanto, se cambiamo noi.

Pochi conoscono le tradizioni che si nascon-dono dietro gli attuali usi a tavola. Una storia che dall’antica Roma arriva a noi, anche grazie al passato delle famiglie nobiliari dell’Italia pre-unitaria. Scritto da Gloria Salazar e curato da Sofia Fabrizi, il libro è diviso in due parti. La prima ripercorre la storia degli usi e costumi a tavola; la seconda spiega cosa è rimasto oggi delle tradizioni del passato, che - come sempre - ha molto da insegnare.

A. GRAFTON, M. WILLIAMS, Come il cristianesimo ha trasfor-mato il libro, Editore Carocci, pp. 360, 2019, € 17.00

A. AFFORTUNATI, Rinati dall’acqua e dallo Spirito, di Irene Grigioni, Tau Editrice, 2019, € 10.00

M. MARCOLINI, E. RONCHI, Innamorarsi della realtà, Fraterni-tà di Romena Onlus, pp. 96, 2019, € 8,00

G. SALAZAR, L’arte del convivio. L’apparecchiatura della tavola in Ita-lia: storia, usi e consigli pratici, Tau Editrice, pp. 236, 2019

RENDICONTO EROGAZIONI 8x1000DELL’ARCIDIOCESI DI MATERA-IRSINA

ESERCIZIO FINANZIARIO 2018

1. ESIGENZE DI CULTO E PASTORALE

ESIGENZE DEL CULTO € 35.467,67 Nuovi complessi parrocchiali € 65.762,25 Conservazione o restauro edifici di culto già esistenti o altri beni culturali ecclesiastici € 2.000,00 Sussidi liturgici

ESERCIZIO E CURA DELLE ANIME € 12.756,91 Attività pastorali straordinarie € 170.828,14 Curia diocesana e centri pastorali diocesani € 26.680,81 Mezzi di comunicazione sociale a finalità pastorale € 24.717,68 Istituto di scienze religiose € 10.474,96 Archivi e biblioteche di enti ecclesiastici € 41.175,55 Manutenzione straordinaria di case canoniche e/o locali di ministero pastorale € 28.029,65 Parrocchie in condizioni di straordinaria necessità € 16.000,00 Istituti di vita consacrata in straordinaria necessità

FORMAZIONE DEL CLERO € 74.921,00 Seminario diocesano, interdiocesano, regionale € 400,00 Rette di seminaristi e sacerdoti studenti a Roma o presso altre facoltà ecclesiastiche € 20.955,68 Formazione permanente del clero

CATECHESI ED EDUC. CRISTIANA € 6.329,70 Iniziative di cultura religiosa nell’ambito della Diocesi

RIEPILOGO (Esigenze di Culto e Pastorale) € 536.741,82 Totale delle somme da erogare per l’anno 2018 € 536.500,00 Totale delle erogazioni effettuate per l’anno 2018 € 241,82 Differenza (non erogato)

2. INTERVENTI CARITATIVI

DISTRIB. PERSONE BISOGNOSE € 16.178,00 Da parte della diocesi € 156.022,00 Da parte delle parrocchie € 90.000,00 Da parte della Caritas Diocesana

OPERE CARITATIVE DIOCESANE € 37.700,00 In favore di extracomunitari € 200.000,00 In favore di altri bisognosi € 5.000,00 Fondo antiusura (diocesano)

OPERE CARITATIVE ALTRI ENTI € 3.000,00 In favore di tossicodipendenti € 10.000,00 In favore di anziani

RIEPILOGO (Interventi Caritativi) € 517.964,30 Totale delle somme da erogare per l’anno 2018 € 517.900,00 Totale delle erogazioni effettuate per l’anno 2018 € 64,30 Differenza (non erogato)

Papa Francesco@Pontifex_it

Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno.

22 Giu 2019

201 734 5180

35Logos - Le ragioni della verità

11/12 - 30 GIU 2019 RECENSIONI

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