wikiLex 10...E DICONO CHE NON ABBIAMO INVENTIVA! Direttore responsabile Director ELSA rivista Art...

12
numero 10 Autunno 2013 wikiLex LA RIVISTA DI ELSA TRENTO L’iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziario dell’Università degli Studi di Trento e dell’Opera Universitaria DIARIO DI VIAGGIO: STUDENTI TRENTINI, CITTADINI EUROPEI. VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE. E DICONO CHE NON ABBIAMO INVENTIVA!

Transcript of wikiLex 10...E DICONO CHE NON ABBIAMO INVENTIVA! Direttore responsabile Director ELSA rivista Art...

numero 10 Autunno 2013

w i k i LexLA RIVISTA DI ELSA TRENTO

L’iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziariodell’Università degli Studi di Trento e dell’Opera Universitaria

DIARIO DI VIAGGIO:STUDENTI TRENTINI, CITTADINI EUROPEI.VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE.

E DICONO CHE NON ABBIAMO INVENTIVA!

Direttore responsabile

Director ELSA rivista

Art director & Impaginazione

Marketing

Cruciverbista

Alessandro Zaltron

Alessandro Castelletti

Alessandro Castelletti

Alessandro Castelletti

Kevin Zomer

RIVISTA DI ELSA TRENTO - Periodico dell’Asso-ciazione ELSA Trento Registro Stampe del Tribu-

nale n° 1111 del 30.11.2002

Tiratura: 500 copie

Stampa: Centro Stampa Università degli Studi di Trento

Chiunque fosse interessato a collaborare si rivolga alla direzione e redazione:ELSA Trento c/o Facoltà di Economia, via Inama 5 38122 Trento

[email protected] www.elsatrento.org

seguici suwww.elsatrento.org e su

pag. 3COME DAVIDE E GOLIA,CONSIGLIO D’EUROPA E UNIONE EUROPEA.

pag. 7CAMMINANDO PER STRADA, ALLA RICERCA DI CITTADINI EUROPEI

pag. 8ACT, REACT, IMPACT

pagg. 9,10AZZECCAGARBUGLI

pag. 5UN COLLAGE DI MOMENTI

pag 3UN SALUTO DAL PRESIDENTE DI ELSA TRENTO

FAI UNA COSA HUMANA: dona il tuo contributo insieme a noi

Il 10 dicembre, Giornata mondiale dei diritti umani, ELSA Trento allestirà una piccola raccolta fondi per sostenere HUMANA Onlus presso la Facoltà di Giurisprudenza.

CONTRIBUISCI!

Raccontare dell’esperienza in cui si è stati catapultati per quattro intensi giorni di tocca-ta e fuga a Strasburgo può ap-parire difficile da sintetizzare

per la molteplicità delle diverse situazioni affrontate, delle impressioni scaturite e del-le immagini, dei discorsi, delle emozioni an-cora impresse nella memoria.Una study visit, quella ad alcune delle isti-tuzioni europee, organizzata ELSianamente, da giuristi con spirito attivo e organizzativo, per studenti di giurisprudenza e non.Si rimane letteralmente conquistati dalla Petite France, quartiere situato sulla Gran-de Île, che grazie ai suoi meravigliosi canali, è il luogo più caratteristico del centro storico

di Strasburgo: non meraviglia affatto che dal 1988 sia patrimonio dell’umanità UNE-SCO. Certo, curiosità che ho appreso solo dopo è che Il quartiere trae il proprio nome dal cosiddetto hospice des vérolés, costruito alla fine del XV secolo per accogliere i ma-lati di sifilide, chiamata comunemente anche il «male francese». Se ci si chiede perché è proprio qui, in questa città così evocativa, che alcune delle istituzioni europee hanno scelto la loro sede, una delle risposte è che Strasburgo rappresenta simbolicamente tutto ciò che le istituzioni stesse hanno come loro fine ultimo: la riconciliazione, la pace, la stabilità tra i paesi d’Europa, dopo anni di guerre lace-ranti ed autodistruttive che hanno mostrato

COME DAVIDE E GOLIA,CONSIGLIO D’EUROPA E UNIONE EUROPEA.

di Irene Alfano

1 Ateneo. 5 Facoltà. 50 persone. Solo alcuni dei numeri della prima visita alle Istituzioni europee della sezione trentina di ELSA (The European Law Students’ Association). La prima visita alle istituzioni europee finanziata ed effettuata al di fuori dei confini della Provincia autonoma di Trento.La prima di quella che spero diventi una lunga tradizione in ELSA Trento e che ho avuto l’onore (e la fatica!) di guidare. Un gruppo numeroso, non omoge-neo e quindi variegato, e la possibilità per questi studenti di sentirsi parte di un complesso meccanismo decisionale che influenza le nostre vite di cittadini, vite di “cittadini europei”. Sfatare miti creandone altri, più reali, non stereotipati come quelli che ci vengono imposti dai mass media e dalla politica, ma conditi di praticità e di quell’ efficienza che il nostro Paese non conosce: gli studenti dell’Università degli Studi di Trento hanno vissuto un’esperienza degna di essere raccontata e di cui hanno voluto darci riscontro personalmente.

Federica Simonelli - Presidente di ELSA Trento

STUDENTI TRENTINI, CITTADINI EUROPEI.VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE.

tutt’altro che un clima incline alla transna-zionalità, all’unione, al multiculturalismo eu-ropeo. Strasburgo era una delle città della regione storica dell’Alsazia-Lorena, contesa tra Francia e Germania a partire dal XVII secolo, ad opera di Luigi XIV che la sot-trasse al Sacro Romano Impero Germanico, fino a dopo la fine della seconda guerra mondiale che la rivide tornare nelle mani francesi. Per quanto riguarda i tempi più recenti, basti pensare che in soli 75 anni, dal 1870 al 1945, l’Alsazia-Lorena ha cambiato nazione per ben quattro volte.E’ per questo che il teatro dei secolari scon-tri in Europa è stato scelto come luogo ultimo in cui simbolicamente, innalzare le bandiere dei 47 stati membri del Consiglio d’Europa, porre la sede della Corte Europea dei Di-ritti dell’Uomo e la sede ufficiale del Parla-mento Europeo.

Niente è stato più esplicativo della vita di un parlamentare europeo del fuori-onda di Sergio Cofferati (una tra le nostre gui-de), “Sono arrivato ieri sera e devo riparti-re oggi pomeriggio. Che vita di [censura]” perché al Parlamento Europeo si lavora, e tanto. E se c’è una sede che i parlamentari abolirebbero tra quella ufficiale e quella di Bruxelles, sarebbe proprio quella di Stra-sburgo, perché dotata di pessimi mezzi di collegamento: come ogni perla, è ben ce-lata dall’ostrica, troppo mal collegata per l’efficiente rete istituzionale europea.Tra le discussioni in aula dei parlamentari relatori o di chi ha qualche ora da dedicare al tempo libero, il lavoro ci è stato descrit-to come frenetico perlopiù all’interno degli uffici dei deputati, che devono essere pronti a scattare a mezzogiorno per le votazioni che si susseguono velocemente – sbaglia chi s’immagina le lungaggini del nostro parla-mento nazionale - ed incessantemente -o

almeno finché le interpreti non staccano dal lavoro alle sette e mezza-. Qualche volta, però, su temi troppo troppo complessi, le sessioni sono addirittura continuate nella sola lingua inglese fino a tarda sera.Decisamente diverso è il clima che si respira alla Corte EDU e al Consiglio d’Europa: un clima di accoglienza, certo, e forse di di-fesa, auto-protezione. Forse perché, a det-ta di una delle nostre guide, davanti alla grande Unione Europea,il Consiglio d’Euro-pa non è ora altro che Davide di fronte a Golia.La confusione ingenerata dall’adozione dello stesso simbolo e dello stesso inno tra le due diverse istituzioni è comune e radi-cata perfino nelle testate giornalistiche più comuni a livello nazionale. Proprio questa stessa confusione porta a tacciare il Con-siglio di non smuoversi, di rimanere inerte e di “non fare nulla”; quando in realtà, ad uno sguardo più attento, ci si accorge che il Consiglio non doveva fare nulla. Mi spiego: questo Davide cerca, come può, di chiarire quali sono i suoi compiti, ben di-versi e molto meno ampi di quelli dell’Ue, nati per differenti e più assai omogenei scopi: quelli di promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.Questo significa che è la sottile arma della diplomazia a contendersi il campo, e nella maggior parte dei casi, si rivela un’arma silenziosa, il cui favorevole esito è desumi-bile solo a contrariis: se nessun conflitto è scoppiato, allora è stata ben utilizzata. Ma si sa che i non-conflitti non attirano partico-larmente l’attenzione, come tutto ciò che è nel campo del non essere.

Questo viaggio mi ha fatto sen-tire parte di qualcosa. Parte dell’università, parte della Pro-vincia, che ha sovvenzionato l’i-niziativa. Parte di un gruppo di studenti come ELSA. Ma anche

parte di qualcosa di più grande.Abbiamo avuto la possibilità non solo di vi-sitare il Parlamento Europeo, la Corte EDU e il Consiglio d’Europa, ma anche e soprattutto di parlare con chi quell’ambiente lo vive tutti i giorni. Mi è piaciuto, mi ha fatto riflettere su cosa potrebbe riservarmi il futuro, quali po-trebbero essere le strade da intraprendere per una ragazza che, come me, studia giu-risprudenza e sa tre lingue oltre alla propria (ancora troppo poche, a quanto pare, per es-sere competitivi in Europa). Ho pensato, poi, al ruolo che tutti noi, in quanto giovani studenti, cittadini italiani ed europei,

possiamo svolgere all’interno di quest’enorme macchina. Gli stati e le varie istituzioni sono come degli ingranaggi, tutti collegati. Noi sin-goli individui ci siamo dentro, che lo vogliamo o no. Capire, informarsi, parlare con le perso-ne per entrare nell’ordine di idee che siamo noi a dare il mandato ai parlamentari, noi che decidiamo da chi farci rappresentare. Quindi, come coinvolgere i cittadini per fargli capi-re che possiamo rendere più “nostra” questa Europa? La risposta l’ho trovata appena ar-rivata al Parlamento Europeo, dove spiccava lo slogan “ACT. REACT. IMPACT”. Si tratta di un progetto che non servirà solo a spiegare i nuovi poteri del Parlamento europeo e le loro implicazioni per le persone che vivono nell’Unione europea, ma ad organizzare an-che degli eventi interattivi nelle città europee per mettere in evidenza alcuni temi chiave. Credo che lo slogan voglia sottolineare che

gli elettori eu-ropei possono esercitare il loro potere recandosi alle urne, per de-terminare il futuro asset-to dell’Euro-pa. Tornata a casa, mi sono chiesta come spiegare, an-che visivamen-te, in un report quel senso di appartenen-za che è stato il sentimento preponderan-te in tutto il viaggio.

UN COLLAGE DI MOMENTI

di Silvia Lo Faro

La nostra intenzione non era quella di fare una statistica, ma piuttosto di utilizzare il metodo socratico: andare a chiacchiera-re con i cittadini della nostra città “adottiva” e chiedere loro cosa

ne pensano dell’Europa, cosa vorrebbero co-noscere delle sue istituzioni, quanto si sentono cittadini europei. Come l’illustre filosofo gre-co inseguiva la verità per le strade di Ate-ne, cercare l’Europa tra i cittadini di Trento.

A bb i a m o iniziato po-nendo, a chi sembrava disposto a f e r m a r s i a parlare con noi, una s e m p l i c e domanda: “Lei si sen-te cittadino europeo?”. La risposta che abbia-mo ricevuto è stata, in molti casi, un convintissimo sì, a volte anche arricchito di riflessioni sui valori comuni e di democrazia che l’Europa potrebbe rap-presentare. Una cittadina polacca che vive in Italia ci ha confessato che lei si sente più cit-tadina d’Europa che di qualsiasi altro Stato e che è soddisfatta del livello di integrazione raggiunto. Qualcuno, pur sentendosi cittadino europeo, chiede regole più chiare e più tra-sparenti, oltre ad una legislazione ancor più

uniformata. Ad ogni modo, tutte le persone con cui abbiamo parlato ci hanno detto di sa-pere che in Maggio si terranno le elezioni per il Parlamento Europeo.Abbiamo ottenuto, però, anche dei preoccu-panti no: “Mi sento trentina, non europea”. Altri sostengono, invece, che non si sentiranno davvero cittadini europei fino a che non si avrà un governo unico, una fiscalità unica o perlo-meno, aggiungono alcuni, un’attenzione dei

mass media ai lavori dell’Unione Europea che sia almeno pari a quel-la che viene d e d i c a t a alle istituzio-ni nazionali: “Vorrei che ci fosse un programma t e l e v i s i vo d e d i c a t o al l ’Unione E u r o p e a , vorrei sa-pere la sua composizio-ne istituzio-

nale, ma anche le tematiche che sta affron-tando e quali sono le proposte di legge. In generale, vorrei conoscere meglio il lato posi-tivo dell’Unione, poiché sui media essa è solo criticata”. Una signora ci ha detto di sentirsi una citta-dina europea ma ha aggiunto “non amo la politica”, e ciò ci ha fatte riflettere sulla neces-sità di recuperare un significato positivo della parola “politica”, che in questo periodo al no-

CAMMINANDO PER STRADA, ALLA RICERCA DI CITTADINI EUROPEI

di Irene Domenici e Elisa Cofini

stro Paese sfugge, ma, soprattutto, abbiamo pensato che l’idea di Europa che vorremmo restituire al territorio è molto diversa. Infatti, molte delle persone con cui abbiamo parlato ci hanno detto di avere un’ idea di Europa in-centrata unicamente sull’Europa della politica, dei tagli, delle imposizioni. A noi piacerebbe invece parlare delle istituzioni europee in sen-so più ampio - sia di Unione che di Consiglio d’Europa - un’Europa grazie alla quale possa-no fare dei passi avanti sia la politica che la democrazia, sia la cooperazione tra i governi che l’unione dei popoli, un’Europa che si occu-pi anche della promozione dei diritti dei cit-tadini europei e del rispetto dei diritti umani.

In questa occasione di scambio e testimonian-za vorremmo restituire lo spirito dell’Europa, quel profumo che noi abbiamo avuto la for-tuna di sentire da vicino. L’aria che abbiamo respirato in quei grandi palazzi era molto di-versa da quella che immaginavamo prima di partire. Non c’era l’aria viziata del potere, né quella soffocante della burocrazia. L’Europa che abbiamo visto è efficienza, è entusiasmo, è speranza, è imprescindibilmente legata al nostro futuro.Strasburgo o Bruxelles? E’ una domanda ricorrente in questo periodo. I tagli “che chi chiede l’Europa”, le istituzioni del’Unione li pretendono anche al loro interno. Mantenere due strutture è costoso e scomodo, e sembra che proprio Strasburgo risulterà soccombente perché “più scomoda”.Vorremmo spezzare una lancia in senso con-trario: l’Europa è nata non solo per una ragio-ne economica, ma anche simbolica e questo suo spirito è tuttora fieramente incarnato dal Consiglio d’Europa (forse il vero destinatario del Nobel per la pace dello scorso anno- che anche ad Oslo confondano Consiglio europeo e Consiglio d’Europa?).Anche oggi, come negli anni ’50, l’Europa è in macerie. La povertà materiale conseguente alla crisi, si accompagna ad una vera e pro-pria fame di speranza. Ai suoi cittadini, so-

prattutto più giovani, mancano i simboli e lo spirito di unità che la pervadeva quando è stata fondata. I tagli che “ci chiede l’Europa” ci stanno riducendo alla fame di ideali comuni.A Strasburgo basta sbagliare tram per fini-re in Germania. Ed è stata scelta proprio per questo come sede sia del Parlamento Europeo che del Consiglio d’Europa, per la sua posi-zione fortemente simbolica, per il suo essere una città senza frontiere (anche se devo am-mettere che i suoi abitanti hanno un’identità alsaziana molto marcata!). A Strasburgo l’Eu-ropa dei 28, quella dei mercati e delle leggi, lavora gomito a gomito con l’Europa dei 47, quella dei principi, degli ideali, delle rivendi-cazioni dirette dei diritti. E, proprio per que-sta ragione, riteniamo Strasburgo un simbolo irrinunciabile. Ci ha colpito molto anche la struttura di inter-pretariato presente nel Parlamento Europeo, spesso criticamente assimilata ad una Babele. Con le sue 24 lingue per 28 paesi, la mole di lavoro svolta dagli interpreti nei lavori quo-tidiani dell’istituzione è impressionante. Non mancano da anni le proposte di ridurre le lin-gue ufficiali alle sole 3 lingue di lavoro (ingle-se, francese e tedesco), o addirittura al solo inglese. Ovviamente sarebbe molto più sem-plice, e permetterebbe un risparmio di dena-ro e tempo. Ma la scelta dell’Unione finora è stata diversa: ogni lingua ha una sua ragion d’essere. Perché l’Europa è l’Europa di tutti i popoli e tutti i cittadini che la compongono, con le loro culture e identità, veicolate anche dalle lingue. L’unificazione in questo caso com-porterebbe una razionalizzazione, ma non a favore della democrazia, ma dell’appiatti-mento.

In conclusione, in questo viaggio abbiamo ap-preso che:L’Europa è un processo continuo.L’Europa non ha tutte le risposte, essa pone alcune domande comuni.L’Europa… siamo noi, “uniti nella diversità”.

di Daniela Di Pascale.

ACT, REACT, IMPACT

« Agir, Réagir, Accomplir » (Agire, Reagire, Decidere). Tre grandi parole bianche a carat-teri cubitali troneggiano su Parlamento Euro-peo. Si tratta dello slogan per la campagna delle prossime elezioni parlamentari, lanciata quest’anno in concomitanza con l’anno euro-peo del cittadino. Molti giovani come me avranno l’occasione di votare per la prima volta alle elezioni UE e di partecipare attivamente ad un percorso di cambiamento verso cui viaggia l’Unione.In questo contesto s’incastra perfettamente la nostra study visit a Strasburgo, con un obietti-vo primario : guardare da vicino le istituzioni europee, acquisendo coscienza di cosa signifi-chi essere cittadini europei.

Questa spedizione nel cuore dell’Europa ha permesso agli studenti di Giurisprudenza o Studi Internazionali di incontrare fuori da ma-nuali e sentenze le istituzioni di cui inevitabil-mente sentono tanto parlare, ma soprattutto ha avvicinato gli studenti di altri dipartimenti ad una realtà molto spesso sconosciuta se non gravemente deformata dalle descrizioni sem-

plicistiche e demoniache dei nostri quotidiani e politici nazionali.

Vero è che l’Unione Europea ha molti difet-ti, primo tra tutti il gap di democraticità e la prevalenza di un UE economica su quella dei diritti. Questi aspetti negativi purtroppo fini-scono pesso per assorbire tutto ciò che viene fatto di buono. Così parole come troika, spre-ad, direttive comunitarie, entrano a far parte di un vorticoso sistema che richiama alla men-te del comune cittadino -giovane, anziano o bambino- grandi sacrifici sotto il marchio UE. Per non parlare dell’euro, additato come il grande buco nero che ha trascinato tutti nella crisi. Invece UE significa comunità, più diritti e tutele, libertà di circolazione e di stabilimen-to, significa nuovi posti di lavoro e maggiore competività.Andare alle urne senza percepire l’appartenenza ad una comunità (una grande comunità che comprende ben 28 Stati), senza percepire che l’UE -ed in particolare il Parla-mento- lavora per noi cittadini, rappresenta il suicidio di questo lento percorso democratico che sta cercando di ripartire.

Una grande ossessione emerge dal funziona-mento del Parlamento : il tempo.L’ordine del giorno è dettagliatissimo, c’è un orario di apertura e di chiusura, non esisto-no sedute ad oltranza salvo casi eccezionali (poichè il più delle volte non è possibile ga-rantire il multilinguismo dei lavori) e vi è una rigidissima ripartizione dei tempi di intevento dei parlamentari. L’ossessione per il timing ha un riflesso diretto anche sulle modalità di vo-tazione in plenaria : si predilige il voto per alzata di mano in quanto impiega poco più di 3 secondi contro i 10 circa del voto elettroni-

co. A quest’ultimo si ricorre nel caso in cui chi presiede l’assemblea non riscontra una con-gruenza tra le indicazioni dei capigruppo ed i parlamentari.

Strasburgo è una città simbolo per il nostro continente. Qui si sono consumate molte del-le più feroci guerre della nostra storia, e non a caso la capitale dell’Alsazia è stata scel-ta come teatro di pace e collaborazione dal Consiglio d’Europa e dall’Unione Europea. Du-rante il nostro percorso e gli incontri, numerosi sono stati i richiami insistenti sulla grande dif-ferenza che intercorre tra questi due sistemi, spesso erroneamente confusi tra loro. Il primo è sotto tutti i punti di vista un’organizzazione internazionale a cui appartengono 47 Stati europei, il secondo è un sistema giuridico a sè dotato di proprie peculiarità e a cui appar-tengono solo 28 Stati. Entrambi sono nati per rafforzare i legami tra i diversi membri e pro-muovere la pace, ognuno ha avuto il proprio autonomo sviluppo. L’equivoco è stato frutto di alcune scelte sbagliate come simboli mol-to simili e nomi uguali (pensiamo al Consiglio d’Europa ed al Consiglio come istituzione UE).L’incongruenza tra queste diverse istituzioni deve essere ben chiara e ci deve far riflette-re sull’utilizzo indiscriminato ed inappropriato che facciamo del temine « Europa ».Le visite alle istituzioni del Consiglio d’Europa ci hanno permesso di conoscere alcuni organi-smi di cui si sente parlare pochissimo : la Com-missione di Venezia, un organo consultivo su questioni costituzionali ed il Congresso dei po-teri locali e regionali istituito per rafforzare la democrazia, le prestazioni di servizi degli enti locali e svolgere funzioni di monitorag-gio. Tutte le strutture del Consiglio d’Europa gravitano intorno alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, la CEDU per la tutela dei diritti umani. Il cittadino degli stati membri del consiglio (tra cui figurano tutti gli stati UE) può adire la corte se accusa una violazione dei diritti sanciti dalla Convenzione previo esauri-mento dei gradi di giudizio nazionali.

Cerco di guardare all’esperienza non come studentessa di Giurisprudenza ma come sem-plice cittadina. Gurdando i ragazzi che non hanno mai avuto a che fare con le istituzioni visitate, la riflessione sorge spontanea e deve essere rivolta anche guardando il nostro ordi-namento nazionale : è possibile che i cittadini di una comunità non abbiano idea di come questa funzioni e quali ne siano i meccanismi ed i principi fondamentali ?Questa è una grande lacuna italiana. Molti giovani e giovanissimi non conoscono i fonda-menti del nostro stesso diritto costituzionale. L’educazione civica nazionale ed europea deve essere una componente essenziale della nostra crescita e non deve essere esclusiva-mente una conoscenza appartenente a studi superiori specialistici.Ecco allora l’idea- forse un po’ eccentrica- che dovrebbe animarci, approfittando delle elezioni parlamentari UE e della campagna d’informazione che dovrebbe esserci : parti-re dalla coscienza di una cittadinanza dell’UE per arrivare alla coscienza di una cittadinan-za anche nazionale.

Probabilmente per la mia generazione essere cittadino europeo significa Erasmus, inesisten-za delle frontiere fisiche, ma bisogna andare oltre. Essere cittadino ha origine prima di tut-to dal sentirsi membro di una comunità, dal nutrire fiducia verso gli apparati istituzionali e percepirli come efficientemente funzionanti ma soprattutto avere coscienza che la pro-pria partecipazione attiva è fondamentale. E questo viaggio ha dato un suo fondamentale contributo a tutto ciò.

L’UE sarà troika, austerità, governo delle ban-che se lasceremo che continui ad esserlo sem-plicemente con la nostra indifferenza.

Per questo bisogna Agire, Reagire, Decide-re, con consapevolezza.

AZZECCAGARBUGLIAZZECCAGARBUGLI

Secondo i dati Almalaurea, lo scorso anno in Italia si sono laureate in giurisprudenza 13.093 persone.

TREDICIMILA E NOVANTATRE!!

1100 al mese. 35 al giorno. 1.5 all’ora.

Per capirci, ci mettete 20 minuti a docciar-vi, imbellettarvi come macachi e vestirvi fighi per lo spritz con la moretta veneta del corso di Commerciale. 5 minuti per farvi da Via Rosmini a Piazza Fiera. Altri 5 minuti per ritornare sacra-mentando in Via Rosmini, che non ricorda-te più una roba sul Principio di Precauzio-ne nel Diritto Penale, e se non ve la levate subito la scimmia vi rimane addosso tutta la sera. Di nuovo 10 minuti per tornare in Piazza Fiera, comprensivi di pit-stop strategico in farmacia, a procurarvi un altro tipo “pre-cauzione”, e in men che non si dica siete in Via Verdi. Avete ancora un capitale di 20 minuti per far accomodare la tipa, offrirgli un drink, farle gli occhi dolci e sentirvi dire che no, avete frainteso, tra voi e lei non può es-serci nulla, che lei è già innamorata persa del tizio strafigo del corso di Commercia-le, un piteco all’ottavo anno fuori corso convinto che l’institore serva a spegnere

gli incendi. Però -dice lei- potete pur sem-pre rimanere amici!

(Non mi chiedete se è roba autobiografi-ca che non rispondo!)

Stop! Sono passati esattamente 60 mi-nuti. E mentre voi siete ancora lì sotto le guglie delle cattedrale che integrate l’il-lecito ex art. 724 cp (Invettive o parole oltraggiose contro la divinità), da qualche parte in Italia qualcuno sta barcollando per la strada mezzo ubriaco vestito come un incrocio tra l’ape maia, il pagliaccio di McDonald e una drag queen. Si è appe-na laureato in giurisprudenza. E’ uno dei 13.093

Cosa se ne fa l’Italia di 13.000 nuovi giu-reconsulti all’anno? Come smaltirli?Un quesito invero annoso. Tante le pro-poste: c’è chi suggerisce di introdurre nell’ambiente dei loro predatori natura-li, chi propone di lanciarli dai canadair sui roghi estivi, chi progetta di venderli in blocco a Putin come forza lavoro per le miniere della Kolyma (che comunque -detto fra noi- sempre meglio del prati-cantato)

Ma fintanto che nessuna di queste soluzio-ni verrà attuata, starà a noi singoli giu-reconsulti (o aspiranti tali) darci da fare.

di Stefano Conese

E DICONO CHE NON ABBIAMO INVENTIVA!

Servono idee nuove. Intuizioni innovative. Lampi di genio. Si, serve qualcosa...qual-cosa come...come uno STUDIO LEGALE - KEBABBERIA!

Eureka! Ho trovato!

Immaginatevi: il cliente entra nel mio stu-dio/negozio dalla grande porta con bat-tente a forma di leone e tenda di perline. Si accomoda all’ ingresso: divani in pelle di zibellino e sgabelli da fast-food, vide-opoker con donnine discinte sotto a auste-re oleografie ottocentesche, sottofondo di Bach e Vivaldi intervallati da Fabri Fibra.Dopo pochi minuti la compita segretaria in tailler (con chewin-gum in bocca) fissa il prossimo appuntamento e batte lo scon-trino.Indi i praticanti, rigidi nel completo d’ordi-nanza gessato nero e cappellino di Topo-lino, passano a prendere i dati e riempire i formulari di rito, intanto che tiran fuori una Peroni o una Coca dal congelatore.Infine il cliente accede al mio ufficio, e mentre mi espone le specifiche della lo-cazione, della compravendita o della ser-vitù, io tiro giù le fettone di pollo e gli farcisco lo shawarma, controllando occa-sionalmente i voluminosi codici disposti fra una vaschetta di condimenti e l’altra.Già mi vedo, col doppiopetto nero, la mia cravatta elegante, e giù il grembiulone bianco luccicante di unto:

“Il suo è un caso interessante, Ingegner Ber-toldi, sicuramente risolvibile alla luce della recente lettura del 2043 cc data dalla Su-prema Corte. La vuole la salsina piccante nel kebab??”

“Dottor Boscardin, credo che nel suo caso sia d’uopo far riferimento al recente Rego-

lamento Europeo che ridisciplina il settore di nostro interesse. Ce la metto la cipolla e il pomodoro??”

“Certo Professor Moser, certo. Ricorreremo in Appello e se necessario anche in Cassa-zione. I nostri esperti stanno già vagliando il caso. Non lasceremo nulla di intentato. Lo shawarma da prendere adesso a da portar via??”

Lo studio, inizialmente, avrebbe sede dal-le parti della Stazione. Una location ide-ale, poichè attirerebbe tutto quel vivace sottobosco di donnine allegre, utilizzatori finali, contestatori dell’ordine costituito e persone diversamente rispettose dell’isti-tuto della proprietà privata. Gente che verrebe da me a mangiare una cosa ve-loce e poi, già che c’è, si farebbe anche rappresentare per i vari spaccio, concor-so in omicidio, rapina a mano armata, o chessoio.Questo per iniziare. Ovvio che col tem-po ci espanderemmo verso i quartieri alti. E chissà che un giorno, dopo tanto duro lavoro, il sottoscritto non arrivi ad avere uno studio legale/kebbabberia in Piazza Duomo, con tre associati e quattro stelle Michelin.

“Pergiorgiomaria, che ne diresti stasera di andare a mangiare sushi in via Goccia-doro insieme al Dottor Pedrotti e all’Inge-gner Ferrari?”“Ma no Giovannacarlotta. Andiamo piut-tosto alla Conese & Associati, così piglia-mo due kebab e intanto vedo come mi procede la causa per falso in bilancio!”

Poi dicono che noi giovani non abbiamo inventiva!