1 . Smarrimento e sgomento all’inizio del percorso che porta al Piano

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Studium Com bonianum M ISSIONARIICOM BONIANI CO RDIS IESU Workshop nel 150° del Piano * Quali risposte comboniane alle urgenze missionarie di oggi? Roma, 15-19 settembre 2014

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Studium Combonianum

MISSIONARII COMBONIANI CORDIS IESU

Workshop nel150° del Piano

*Quali risposte

comboniane alle urgenze

missionarie di oggi?

Roma, 15-19 settembre 2014

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MISSIONARII COMBONIANI CORDIS IESU

1. Smarrimento e sgomento all’inizio del percorso che porta al Piano

«Che dobbiamo fare dunque, o mio carissimo? Nient’altro che rassegnarsi lietamente alla volontà del Signore, benedire in eterno le sue adorabili disposizioni, ritornare per ora alla patria, ed aspettare nuovi movimenti dello Spirito di Dio, pronto sempre a sacrificare ogni cosa e vincere tutto, per seguire ed adempiere la volontà del Signore.»

Comboni sceglie mi mettersi in gioco ascoltando lo Spirito.Lo ascolta nella mistica – contemplazione di Gesù Trafitto sulla Croce,

come sorgente e modello della missione.Lo ascolta nella storia – accogliendo le istanze umane e cristiane del suo

tempo e dei luoghi dove si trova: dignità di ogni uomo, autodeterminazione dei popoli, dignità ecclesiale e missionaria di ogni battezzato…

Dio va ascoltato sempre «oggi», perché ha sempre qualcosa di nuovo da dire. Proprio la capacità di ascoltarlo «oggi» – argomentava Buber – distingue i veri dai falsi profeti.

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2. Atteggiamento di fondo: prontezza a percorrere vie nuove

Abbandonare il «sentiero fino ad ora seguito,mutare l’antico sistema,

e creare un nuovo piano».

Con il tempo Comboni costata che l’operazione più difficile è appunto l’abbandono della consuetudine, l’essere stanato dalle proprie sicurezze, il lasciare i nidi ideali, gettando le reti in una direzione nuova. Il nuovo non viene naturale esige l’umiltà di collocarsi nell’atteggiamento del discepolo, andando oltre la paura nel mettersi completamente in gioco.

Il Battista scorge nei tempi di Dio un «prima» e un «dopo di me». Anche Gesù attende la fine della missione di Giovanni per iniziare la sua: vi sono cose che devono finire perché altre, nuove, diventino possibili.

Nella Evangelii Gaudium papa Francesco invita «tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità.» (EG 33)

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3. Intuizioni/sfide per un nuovo progetto «oggi»

a) Procedere empirico-euristico

Uno dei concetti che più frequentemente compaiono nel Piano è proprio quello dell’esperienza, quella di altri e quella propria.Con un atteggiamento ritenuto non molto ortodosso nel suo tempo, Comboni insiste di quanto proprio l’esperienza sia un mezzo efficace per progettare nuove vie di sviluppo per la missione. Si può imparare sia dai fallimenti sia successi avuti.

b) Trasferire i centri sui confini

Una delle intuizioni che Comboni più sottolinea nel suo Piano è quella dell’incontro del doppio confine climatico, che vede possibile il convivio di europei e africani. L’esigenza è che entrambi si mettano in cammino, lasciando i centri dei propri ambiti geografici e spingendosi verso luoghi dove entrambi possono vivere. Proprio in questi confini Comboni propone l’edificazione degli istituti fondamentali della missione.L’immagine mi sembra molto suggestiva anche per le tante attività dove siamo impegnati: uscire dalle nostre aree di conforto e cercare aree comuni.

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3. Intuizioni/sfide per un nuovo progetto «oggi»

c) Sinergia vocazionale e carismatica

In un’epoca in cui rinasceva la percezione delle dignità di ogni singolo essere umano e della capacità di costituire partendo da loro la società (contrattualismo), Comboni afferma senza esitare la comune chiamata di tutti all’apostolato missionario.Uomini o donne, ecclesiastici, religiosi o laici… tutti sono chiamati a partecipare e a contribuire per l’efficacia dell’Opera. Questo vale anche per i membri di diversi ordini religiosi. Da «elementi eterogenei» Comboni pensa di trarre la «perfetta armonia».

d) Collegialità e sussidiarietà nel discernimento e nel governo

Comboni ha un’altissima stima per il senso della fede dei fedeli, al quale papa Francesco attribuisce la capacità di indicare il cammino anche ai pastori.La comunità – nella sua versione qualificante di Cenacolo – cercata e vissuta come luogo di crescita e di potenziamento personale: a) nell’ascolto condiviso della Parola, b) nella scoperta dell’altro come con-discepolo e con-apostolo e della diversità come spiraglio per un’azione complementare, e c) nell’acquisizione di una competenza relazionale dialogica e sinergica.

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3. Intuizioni/sfide per un nuovo progetto «oggi»

e) Emergenze esistenziali e concretezza operativa

Conosciamo tutti molto bene il testo dell’omilia con cui Comboni nel 1873 inaugurava il suo ministero come pastore della Chiesa sudanese. Lui manifesta una disponibilità totale verso tutti e il desiderio di fare «causa comune» con loro.È proprio questa apertura interiore verso l’altro che lo porta servire ogni persona che ne ha bisogno. In Europa come in Africa, in Egitto come nel Sudan. In ogni luogo lui identifica gli ultimi e si colloca al loro servizio.

f) Imprevedibilità della vita secondo lo Spirito

La legge – anche quando si presenta come sana tradizione – istituzionalizza nella forma di Regole, Atti Capitolari, decisioni di assemblee… Questa è necessaria come cornice di un’azioni concorde. Comboni non si sottrai a un tale sforzo di codificazione, ma ne riconosce la provvisorietà e vi inserisce dall’inizio clausole di continuo rinnovamento: fomentare visite apostoliche «affine di correggere, confermare e migliorare»; «raccogliere i progressi e dalla pratica esperienza trarre istruzioni per migliorare»; «studiare e mettere in opera i mezzi più efficaci per migliorare il sistema del Piano».

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4. Tra «meschini interessi» e «una luce che piove dall’alto»?

Quale è il punto ultimo di riferimento – il fine non dichiarato – della nostra riflessione e della nostra azione? Il bene dell’istituto dei Missionari Comboniani e la sua crescita o il Regno di Dio?

Che orizzonte di fondo motiva i nostri sforzi di rinnovamento e di programmazione? Il bene di fratelli e sorelle concreti che vivono vere situazioni di «schiavitù»? O la conservazione di strutture e di «sane tradizioni»?

Cerchiamo la nostra realizzazione personale o l’abbondanza della vita per le persone e gruppi umani «più poveri e abbandonati?»

Qual è per me la messa in gioco in un processo di rinnovamento? Sono disposto a lasciarmi stanare, a spogliarmi, a sporcarmi? Per Comboni accogliere l’intuizione del Piano ha significato proprio rinunciare ad ogni sorta di sicurezza, sia umana sia finanziaria…