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INTRODUZIONE

Ho sentito parlare di sorella Nina ai tempidella mia fanciullezza, quando, attraverso l’in-contro con alcune persone, arrivava l’eco di que-sta donna straordinaria che, dal suo letto di do-lore, era diventata per tanti madre, maestra, te-stimone dell’amore di Dio.

Durante gli anni di seminario, ho risentitoparlare di lei attraverso l’incontro con un gio-vane di Brusciano che aveva deciso di seguireDio nella via del sacerdozio, Antonio Vaia.

In quegli anni sorella Nina era molto presen-te nella mia vita a motivo dei continui aggior-namenti degli incontri che Antonio aveva conlei. Ogni volta che me ne parlava era come unosquarcio di luce che si apriva e invadeva le no-stre anime.

Dopo gli anni del seminario, con il ministeropastorale, le nostre strade hanno avuto direzio-ni diverse. Ogni tanto facevo visita a don Anto-nio Vaia e, sempre, sorella Nina occupava i no-stri discorsi fino a far nascere in me il desideriodi incontrarla. Questo desiderio non si è mai re-alizzato... occorreva che si compisse il Tempo diDio.

Nel settembre 2002 la Provvidenza mi man-da a Brusciano come parroco della Parrocchia

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di S. Sebastiano Martire e, da quel momento,riaffiora forte nella mia mente “il ricordo diquell’incontro tanto sperato con quella donna,madre, maestra, testimone dell’amore di Dio”.

Finalmente l’incontro si realizza!L’idea di ristampare la vita di sorella Nina,

con l’aggiunta di alcune delle tantissime testi-monianze, vuole essere un invito per il popolobruscianese a riscoprire questo fiore che Dio hafatto sbocciare tra noi.

Non possiamo tacere davanti a questo mira-colo di donna che consuma la sua vita nell’amoreai fratelli con l’offerta del suo dolore.

Non è poca cosa “resistere” 54 anni inchio-data in un letto, senza piaghe e senza pieghe,con la gioia stampata sul volto dell’incontro conl’Amore-Crocifisso.

Occorre ringraziare Dio perché ha donatosorella Nina a questa nostra città piena di lucied ombre, di angosce e speranze, di fallimenti erisalite.

Sorella Nina con la sua testimonianza vuoledire alla nostra comunità che Dio non si stancadi amarci, che dopo ogni caduta possiamo rial-zarci, che l’amore vince il dolore, che il dolore èoro colato dalle mani di Dio. Questo ci insegnasorella Nina: il dolore offerto per amore.

Un grazie a tutti coloro che hanno tenutaaccesa la lampada di sorella Nina e, in modo

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particolare, al compianto don Antonio Vaia, apadre Pancrazio Scanzano che ha donato la suatestimonianza, a Mons. Andrea Ruggiero che haraccolto “la vita” di sorella Nina, a Sua Ecc.zaMons. Francesco Toppi che mi ha “regalato”l’anima di sorella Nina e mi ha fatto gustare lagioia della sua presenza.

Che la nostra comunità coltivi questo fioresbocciato nella nostra città e, accogliendo il suomessaggio, diventi segno e speranza di un mon-do migliore, secondo il cuore e il disegno di Dio.

don GIOVANNI LO SAPIO

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PRESENTAZIONE

Non è facile scrivere di Nina Lanza, questacara sorella che il Padre ha voluto associare allaPassione del Figlio per oltre mezzo secolo. Lasua vita fu tutta nascosta con Cristo in Dio inuna immolazione silenziosa, profonda, sempreuguale e serena. Una vicenda avvolta nel Miste-ro Pasquale, con un ritmo continuo, costante, incui il tempo sembrava si fosse fermato, quasisenza storia.

Dobbiamo essere grati a Mons. AndreaRuggiero che non si è lasciato scoraggiare daquesta difficoltà e ci ha offerto di sorella Nina,prima, un profilo interiore e adesso ci delineaun bozzetto biografico, raccogliendo con sanodiscernimento quanto di meglio è a portata dimano, di notizie e testimonianze.

Col suo paziente impegno, Mons. Ruggierosoddisfa insistenti richieste che giungono d’ogniparte, perché si cominci a porre sul candelabroquesta lampada accesa dallo Spirito Santo eperché splenda nella Chiesa a gloria del Padre,a edificazione e sollievo dei fratelli, specie quelliche soffrono.

FRA FRANCESCO SAVERIO TOPPI

Nola, 7-X-1988Memoria della B. V. del S. Rosario

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C’era una volta...La vita di Sorella Nina1 ha in sé qualche cosa

di così originale e proprio, così fuori dell’ordi-nario, che viene naturale iniziarne con queste pa-role un breve profilo. Eppure la sua vita non èuna fiaba, frutto di fantasia; è una realtà che hala sua storia semplice e lineare.

Nata in una famiglia benestante, viene edu-cata al sentimento religioso nell’ambito della tra-dizione, attaccata ai valori della vita, quelli veri,quelli che non passano. La sua giovinezza, dopole ansie e i timori suscitati dalla Guerra mondia-le, scorreva semplice e tranquilla sotto l’azionedello Spirito divino, che elargiva in abbondanzagrazia e gioia.

Il piccolo fiore cresceva tra le mura domesti-che e si caricava di soave profumo. Gli occhiluminosi e intelligenti, il portamento semplice,il volto sereno, incorniciato da una lunga chio-ma nera, il sorriso spontaneo e sincero, tutto par-lava in lei di bontà e la mostrava come una ra-gazza di belle speranze. Anche gli studi, com-

1 Per l’anagrafe Giovanna Lanza, nata il 15-8-1907 edeceduta il giorno 8-2-1987 a Brusciano.

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piuti in casa, contribuirono a darle una educa-zione scelta, come si addiceva in quel tempo allefamiglie più in vista nell’antico borgo diBrusciano, che si stendeva lungo la via Nazio-nale in direzione di Napoli.

Al di sopra di tutto concorreva alla sua forma-zione una viva pietà eucaristica e mariana, fattadi pratiche religiose semplici. Nella Chiesa par-rocchiale aveva il suo posticino, sempre lo stes-so. Lì era quasi abituata a stare a colloquio conGesù, sotto lo sguardo materno di Maria. Nulla diesteriore che potesse colpire lo sguardo degli al-tri. La sua era una maturazione interiore che sisviluppava giorno dopo giorno. Un seme era sta-to gettato dal buon Dio nel suo cuore e quel seme,fecondato dalla grazia e coltivato nella preghiera,metteva radici. Ben presto sarebbe diventato fio-re profumato e poi frutto dolcissimo.

Il grande incontroDio ha sempre i suoi disegni sulle anime e li

attua o con la forza suadente della sua parola ocon l’intimo richiamo dell’amore.

Sorella Nina era attesa ad un grande incon-tro, l’incontro che avrebbe deciso del suo avve-nire e dato alla sua vita una svolta definitiva. Isuoi 26 anni, fiorenti di gioventù, le avevanoormai dato la maturità umana e soprannaturale,necessaria per la grande vocazione.

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Studiando questo momento cruciale della suavita alla luce degli eventi posteriori, si è portatia riconoscere in lei un’azione potente e soavedella grazia, che trova la corrispondenza più per-fetta e generosa nella sua volontà. Questi incon-tri di grazia, pur nella loro irripetibile e singola-re realtà, vanno guardati sotto il riflesso dellaParola di Dio, nella cui profondità possiamo cer-care le radici di una missione.

Due aspetti sono rilevanti nella Parola divinaper quanto riguarda la scelta dell’amore croci-fisso. Nel Cantico Dio prende il linguaggio del-lo Sposo, che si dona all’anima in un rapportomisterioso di grazia.

«Ora parla il mio diletto e mi dice:“Alzati, amica mia,mia bella e vieni!Perché, ecco, l’inverno è passato,è cessata la pioggia, se n’è andata;i fiori sono apparsi nei campi,il tempo del canto è tornatoe la voce della tortora si fa sentirenella nostra campagna”».

(Cant. 2, 10-13)

Non vi è poesia più ricca di affetto e più cari-ca di sentimento di questa in ogni letteratura. Dioè il grande innamorato della sua creatura, che

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Egli stesso ha fatto così bella per innamorarse-ne. E la creatura è trascinata in questa onda diamore come una barchetta che nel meriggio don-dola sulle acque, fasciata di sole.

L’Apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, de-termina la scelta e la chiamata di Dio con unaespressione scultorea:

«Dio ha scelto ciò che è nel mondo deboleper confondere i forti... Ed è per lui chevoi siete in Cristo Gesù, il quale per ope-ra di Dio è diventato per noi sapienza, giu-stizia, santificazione e redenzione, perché,come sta scritto: Chi si vanta si vanti nelSignore».

(1 Cor. 1, 27.30-31)

L’amore sponsale del Dio del Cantico si ècaricato di umanità nelle fattezze di un Uomo, ilsuo Figlio, che è disceso alla ricerca dell’uomoper farsene giustizia, sapienza, santificazione eredenzione.

È il Cristo che irrompe nella storia e nelleanime dall’alto di una Croce – scandalo e stol-tezza! – apre le braccia e il cuore alla creaturalacerata dal male. Manca al grande binomio soloil sì della sposa, il sì della creatura, il sì dell’amo-re. E poi il vincolo sarà stretto, il ponte sarà get-tato, le nozze saranno celebrate. Teresa di Lisieux

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la illuminò con la sua meravigliosa «Storia diun’anima» insegnandole la via della semplicitàe dell’offerta fiduciosa.

È quanto avvenne per Nina in un dolce matti-no di primavera davanti al Cristo Eucaristico.L’anello nuziale stringerà per sempre il cuoredella fanciulla in un amplesso di dolore e diamore per tutta la vita.

«Vuoi? Vuoi? Vuoi?» chiese a lei il Cristocrocifisso. E lei rispose: «Voglio, Signore, tiamo». La festa dell’Immacolata del 1932 segnòil grande mistico evento. La proposta divina fudefinitivamente accettata.

Da quel momento la vita di Nina prese unasvolta irreversibile. Sarà la piccola crocifissa conCristo per il mondo.

Perché, o Signore?La domanda è ovvia per ogni uomo, che si

trova dinanzi a certi eventi misteriosi: perché lacrocifissione a questa creatura innocente e de-bole? Una prima risposta ce la dà l’ApostoloPaolo:

«Sono lieto nelle sofferenze che sopportoper voi e completo nella mia carne quelloche manca ai patimenti di Cristo a favoredel suo corpo che è la Chiesa».

(Col. 1, 24)

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Paolo mette insieme la gioia e la sofferenza,la partecipazione ai patimenti di Cristo e il benedella Chiesa.

La risposta è luminosa, ma ci lascia ancoraperplessi. Che cosa può mancare, difatti, aipatimenti di Cristo, che hanno un valore infinitoe sono sufficienti al riscatto di infiniti mondi?Perché allora coinvolgere in questa tragedia unapovera creatura?

Ancora l’Apostolo Paolo, dopo aver appro-fondito il mistero della Chiesa-Corpo di Cristo,ci illumina:

«Dio ha composto il corpo, conferendomaggior onore a ciò che ne mancava, per-ché non vi fosse disunione nel corpo, maanzi le varie membra avessero cura le unedelle altre. Quindi se un membro soffre,tutte le membra soffrono; e se un membroè onorato, tutte le membra gioiscono conlui. Ora voi siete corpo di Cristo e suemembra, ciascuno per la sua parte».

(1 Cor. 12, 24-27)

Ecco la risposta al quesito! C’è una circola-zione di grazia che, in forza della carità, animala Chiesa, corpo di Cristo. Per questo c’è unacorresponsabilità che coinvolge le singole mem-bra per il bene di tutti e c’è una parte specifica,

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una vocazione, un carisma, un ministero perogni membro in rapporto al tutto. Sorella Ninaebbe la sua parte, quella della sofferenza, ebbela sua Croce per la salvezza dei fratelli. In lei siattuò in modo visibile la legge della solidarie-tà, cioè della carità, che unisce e salda le giun-ture e le comunicazioni del corpo ecclesiale.La sofferenza di Nina fu assunta da Dio ed èassociata alla Croce di Cristo, di Maria, di tuttii santi, cioè di tutti i battezzati. Siamo in unasfera che sfugge alle leggi dell’uomo. Non pos-siamo capire se non ci addentriamo nel mes-saggio delle Beatitudini, se non ci rendiamoconto che «se il chicco di grano caduto in ter-ra non muore, rimane solo: se invece muore,produce molto frutto» (Gv 12, 24).

Solo nel cielo capiremo che il bianco lettino,dove giacque immobile per 54 anni quelmucchietto di ossa lacerate dal dolore, ha fattopiù bene alla storia dell’uomo di tutte le scoper-te della scienza e della tecnica, dell’economia edella politica.

Ci sono delle verità che solo i santi, a cui èstato dato, possono percepire.

Senza storia...Nel 1932 comincia per Nina un cammino lun-

go, solitario, tante volte oscuro, spesso arido, chesi chiuderà l’8 febbraio 1987.

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54 anni senza storia. Ora dopo ora, giornodopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.Eppure quel corpo, a cui non mancava la vita,avrebbe voluto correre per le vie del paese, sal-tare sul verde dei prati, spaziare per i vasti campicircostanti, intrecciare rapporti, viaggiare. No,niente di tutto questo. Solo e sempre l’immo-bilità assoluta, scandita da sempre nuove fittedi dolori, schiacciata dalla sensazione del pesodei peccati del mondo, lì tra quattro mura, as-sediate dal grido dell’umanità sofferente ed in-vocante aiuto.

L’unico sollievo era l’incontro ogni giornocon Gesù, che veniva a nutrirla con le sue carniimmacolate e il suo sangue vivo. E questo in-contro si prolungava per ore ed ore. I due, l’As-soluto di Dio e il relativo della creatura, si guar-davano, si comprendevano fino all’identificazio-ne totale. Le ferite dell’Uno erano le ferite del-l’altra, le spine scarnificanti il Capo dell’Unoscarnificavano il capo dell’altra, accecavanol’Uno e accecavano l’altra e i chiodi... oh! queichiodi che penetravano sempre più addentro elaceravano senza pietà. E la lancia apriva adambedue il costato...

Questa era l’identificazione del fisicodolorante, ma c’era anche l’identificazione de-gli spiriti. La paura, il tedio, il rifiuto che assali-rono il Morente prima nell’orto e poi sulla cro-

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ce, assalivano anche lei, la piccola fragile crea-tura. Questa è la storia o la non-storia, se si vuo-le usare un criterio umano, dei 54 anni di croci-fissione di Nina. Nessuno avrebbe potuto resi-stere, anche il più forte degli uomini, il più duroai colpi della sventura. Ma lei resistette e scrissesospirando la sua storia divina, la sua non-storiaumana. C’era Cristo che tornava a morire in leiper il mondo.

Sono pochi gli spiragli aperti su questoabisso.

Certe preghiere: «Gesù, Maria, non fra le brac-cia mi dovette tenere, ma nel cuore, stretta stret-ta, altrimenti io cado», erano il segno del cuorelacerato da Satana, a cui Gesù dava la prova piùforte, quella della solitudine e del silenzio. C’èin questa preghiera una traccia dell’impotenzaumana alla ricerca della Potenza divina. Cosìsempre, di notte e di giorno, per 54 lunghissimianni. Chi può spiegare questa misteriosa vicen-da verificatasi non in una superdonna, ma in unapiccola donna, senza l’intervento del Crocifis-so-Risorto? L’edificio umano sarebbe sprofon-dato senza Cristo, la pietra angolare, che sta si-cura tra i flutti crucciosi della storia. Nina non sifermò, pur cadendo lunga la salita al Calvariorimase estranea alla storia, che gli uomini cre-devano di scrivere con la loro potenza e la lorolibertà. La seconda Guerra mondiale con le sue

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infinite distruzioni e lacrime, il dopoguerra coisuoi mille problemi della fame e della ricostru-zione, la primavera del Concilio Vaticano II, ilpost-concilio, con tutte le crisi interne ed ester-ne alla Chiesa, il terrorismo, le lacerazioni deisequestri di persona, della droga passarono sulsuo cuore calpestandolo e insanguinandolo. Que-sta è la sua non-storia nella storia delle sciagureumane.

La missione dell’amoreL’amore non si ferma, perché si identifica

con Dio, che è l’Amore che tutto muove. L’amo-re si dona senza fine. A chi? e perché? Vi è unaduplice direttiva dell’amore, l’una che si spin-ge ed urge verso l’alto alla ricerca dell’Assolu-to, l’altra che si spinge ed urge verso l’orizzon-te del relativo umano. Sono due direttive che siunificano, perché non sono parallele – del re-sto anche le parallele si uniscono all’infinito –, ma sono convergenti, Nina, andando versoDio, andava verso i fratelli, specie quelli che sistancavano di camminare, che affondavano nel-le sabbie mobili del peccato o venivano abba-gliati dal miraggio di falsi beni o urtavano ca-dendo contro le barriere dell’odio o venivanosommersi nelle mefitiche gore del piacere.

Tanti approdavano a lei, a quella casa antica,circonfusa di silenzio, contrassegnata dal nume-

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ro civico 338, che non si riesce a cancellare dal-la memoria. Là era un Cenacolo, dove Gesù con-tinuava a pregare col cuore e le labbra della pic-cola Nina per l’unità della Chiesa, là era un Cal-vario, dove Gesù continuava ad invocare il Pa-dre: «Perdona, perdona», col cuore e le labbradella vittima offerta e immolata. Parlare a Dioera l’azione che riempiva i silenzi dei giorni edelle notti, ma parlare di Dio era la missione esal-tante della piccola profetessa. Quante ore di stan-chezza, quante parole di amore, quanti accentidi sorella donati ed offerti a chi cercava un po’di certezza, a chi aveva bisogno di un sorriso, achi cercava il perdono, a chi invocava la pace!Uomini e donne di ogni condizione: sacerdoti,religiosi e religiose, laici, mamme, sorelle, spo-se, peccatori ribelli, figli prodighi, presi dallanostalgia della casa paterna, anche semplici cu-riosi venivano e l’assediavano incessantemente.E lei senza dire mai di no parlava a tutti di Dio,di pace, di perdono, di ritorno, di cielo. E scoprivatalvolta la sua storia segreta, perché, diceva, lemeraviglie di Gesù devono essere conosciute. Pertutti aveva una benedizione, per tutti una parolacome le veniva suggerita dallo Sposo.

«Digli... Dille». Era Gesù che la riempiva disé; Gesù che benediceva attraverso di lei.

Ella era una voce... Come quella di Giovanniil precursore, che preparava le vie del Signore.

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Solo una voce come la corda di una cetra tocca-ta da Cristo, come uno strumento riempito dallospirito di Cristo. Lo spirito che correva sopra leacque della creazione, correva anche nella suavoce bella, chiara, suadente, melodiosa, conso-lante, esortante e conquistava. Quella camerapiena di luce e quel bianco lettuccio conserve-ranno per sempre tanti sospiri segreti che soloDio conosce.

Ecco chi era la sorella Nina, missionaria cro-cifissa dell’amore.

La maestraÈ possibile alzare un velo sulla sua anima per

guardarvi dentro e cogliervi un’idea, un ricor-do? Lo farà certamente la Chiesa se e quando ilSignore, dominatore del tempo, lo vorrà.

Un cenno, però, lo vogliamo anche noi, unpensiero che fecondi il nostro desiderio di luce.

Due invocazioni, a mo’ di giaculatorie, si co-glievano spesso sulle sue labbra. Quando la sof-ferenza diminuiva di intensità, allora la piccolavittima si lamentava col suo Sposo: «Gesù, nonmi ami più? Mi stai togliendo il dolore?». Amo-re e dolore, ecco il divino binomio dei santi. Eccola sapienza di Paolo che si proclamava stolto einfermo, felice solo quando si sentiva crocifissocon Cristo. Ecco l’invocazione di S. Maddalenadei Pazzi: Soffrire e non morire. Ecco il magi-

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stero di Teresa di Lisieux morente. Ecco il ricor-do di Nina.

La sofferenza è la pienezza dell’amore diDio. A chi le domandava una preghiera facevaripetere: «Gesù, amore del mio amore, Maria,madre nostra dolcissima, consumateci perfet-tamente nel vostro amore». L’amore di Gesù ela dolcezza di Maria sono invocati per la no-stra consumazione perfetta nell’amore. È untrattato di ascetica. Consumare significa annien-tare, ma anche, nella valenza semantica del ter-mine, portare al sommo, al limite massimo, acui possa giungere una creatura umana nel rap-porto con Dio.

Torna il “motivo” fondamentale della spiri-tualità di Nina: nell’amore perfetto si esalta ilrapporto e l’identità del relativo della creaturacon l’Assoluto del Creatore. E questa spirituali-tà Nina non l’ha certamente appresa sui libri. Edallora? Gliel’ha rivelata l’Amore di Cristo.

L’umanità di una sorellaPotrebbe apparire questa spiritualità disin-

carnata e qualcuno potrebbe addirittura definir-la disumana. E direbbe una falsità. Nina avevaun cuore di donna sensibile, affettuoso, tenero,delicato, gentile. C’era in lei una femminilitàinconfondibile, che le dava la possibilità di ri-cordarsi di tutti, di tener presenti i problemi e i

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crucci di tutti, di aver una parola adatta per tutti,di attendere tutti con ansia e pazienza, di saluta-re tutti la sera prima che gli altri andassero a ri-poso e lei andasse incontro all’oscurità oppri-mente della croce della notte, di mandare a tuttiil suo Angelo custode come consolatore.

Chi la conosceva una volta non la dimentica-va più. Chi le si avvicinava trepidante una volta,ritornava come un mendicante a cercarla.

Il suo piccolo volto, diventato candido comela cera, nel quale gli anni scavavano inesorabilie la sofferenza lasciava il segno, era come unfiore profumato, che sembrava dire a ciascuno:Vieni! Gesù ti ama, ti aspetta, ti perdona, ti pre-para il Paradiso.

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Alla scuola di NinaAttingendo ad appunti lasciati da persone

degne di fede e ad una registrazione della suaviva voce, raccogliamo qui alcuni pensieri checostituiscono il magistero di Nina. Sono parolesemplici e profonde insieme, che vanno accoltein silenzio e meditate. Nella piccola crocifissa èCristo che parla. Gesù difatti le diceva: «Parladi te, perché tu possa dimostrare me».

Altrimenti non avrebbe parlato.«Mi disse Gesù: Ti crocifiggo, tu devi essere

la dimostrazione della mia esistenza. Ed io glirisposi: Come ti dimostrerò se non so dire nien-te di te? Rispose: Quando ti crocifiggo tu deviricevere tutti, sacerdoti, laici, suore, uomini,donne, bambini. Così parlerai di te a tutti e di-mostrerai la mia esistenza e quella della miamamma...

Per questo io parlo, altrimenti non avrei par-lato mai. Se non mi avesse fatto sentire questeparole non avrei mai parlato di me. Essere sem-pre e solo la vittima d’amore soffrendo tutto neldolce segreto tra Lui e me».

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Alle radici della santità«Gesù non mi ha mai dato nulla senza aver-

mene prima dato il desiderio». Gesù è la veraed unica radice, Lui dà non solo di condurre atermine il bene, ma anche la volontà di farlo.Lo ha capito bene Nina quando ha sperimenta-to in sé, e chiaramente lo dice, questo itinera-rio dell’opera divina nell’uomo. Il tralcio rice-ve tutto dalla vite a cui è unito: l’essere, il vo-lere, il frutto. È verità di fede questa, ma è an-che vero che non deve mancare quel sia purminimo elemento umano che segna l’adesionedella libera creatura.

«Vidi un giorno due vie: una magnifica, co-moda, risonante di canti e un’altra piena di ciot-toli e di spine, attraversata da reticolati, angustae solitaria... Scelsi questa... vidi in fondo una lucemeravigliosa, mentre l’altra finiva in una tene-bra, il cui solo ricordo mi agghiaccia ancora».

L’immagine è di Gesù: le due vie diverse nelpercorso e nella meta sono la proposta concre-ta in cui l’anima, aiutata dalla grazia, fa la suascelta.

Sulle orme di Francesco d’Assisie Teresa di Lisieux

La spiritualità francescana, che non ha maicessato di suscitare entusiasmo nelle anime piùsensibili ai richiami di Dio, ha trovato in Sorella

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Nina un terreno fertile. Basta a farcelo capire unasemplice annotazione in cui ella, dopo aver par-lato della santità del suo primo padre spirituale(il francescano P. Bonaventura Pugliese), aggiun-ge: «Mi vestì da terziaria francescana. Comeamo S. Francesco, che gioia nell’annoverarmitra le sue figlie! Amo la sua povertà e il suoamore a Gesù Crocifisso... Voglio imitarlo».

Sarebbe interessante uno studio approfondi-to dei punti di convergenza tra la spiritualità diS. Teresa del B. Gesù e quella di Nina. I santihanno sempre un tratto speciale che licontraddistingue nel carattere, nei metodi, nellasensibilità. Dio non li fa in serie. Eppure rima-niamo perplessi al leggere una confessione diNina che si accosta alla «Storia di un’anima» ene trae ispirazione. Si rileva in ambedue quellasemplicità, quella dolcezza, quel coraggio diaccettazione delle prove, quella “femminilità”che ci affascina. Teresa, come un piccolo fiore,china il capo tra le braccia di Gesù a 24 anni,Nina continua a spargere profumo fino a 80 anni.Mistero della grazia divina che sceglie, pianta,irriga, coltiva e miete a tempo opportuno.

«Nel 1925 fu portata nella nostra chiesa par-rocchiale la statua di S. Teresina. Mi sentii for-temente attirata ed espressi il desiderio di cono-scerne la vita. Un’amica mi diede la Storia diun’anima. Quando finii di leggerla – era una

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sera di luglio 1926 – avvertii un tocco misterio-so della grazia. In uno slancio del cuore dissiforte a Gesù: Voglio amarti come ti ha amatosanta Teresina. Feci l’offerta all’Amore miseri-cordioso e da allora la rinnovai molto spesso.Sentii di essere esaudita. La mia vita, però, con-tinuò come prima tra lo studio e le faccendedomestiche. Voglio tanto bene a santa Teresina,la santa sorellina dell’anima mia. È venuta duevolte ad assicurarmi che Gesù è contento di me».

«Il 1° ottobre 1932 un’amica di famiglia andòa Lisieux a visitare la casa di S. Teresina del B.G. Al ritorno ci portò un bel quadro della Santae il libro «Storia di un’anima». Non appena vidiquel quadro me lo abbracciai. Baciai S. Teresae dissi: Anch’io voglio essere come te!

Gesù mi ispirò: Prendi il libro, aprilo a metàe leggi i due righi scritti alla metà della pagina,poi gira tre pagine, leggi sotto i primi due righi,alla fine l’atto di consacrazione a Me, che hoispirato a S. Teresa.

Chiesi il permesso all’amica, che iniziava ilracconto del suo viaggio ai presenti, mi ritirainello studio e lessi: La prova maggiore del no-stro amore a Gesù, gliela diamo nella sofferen-za e gli salviamo le anime».

Con tutto lo slancio del mio cuore dissi: – OGesù, Amore del mio amore, una volta che laprova maggiore del nostro amore te la diamo

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nella sofferenza e salviamo le anime, dài anchea me una grande sofferenza.

Voltai la pagina e lessi che avevano regalatoalla famiglia di S.. Teresa un cestino di fiori didiverse specie. Le sorelle scelsero chi un fiore,chi un altro. S. Teresa disse: Io non scelgo per-ché la vittima di amore accetta tutto quello cheGesù le dà. Poi lessi l’atto di consacrazione.Gesù mi disse di recitarlo ogni giorno. Ancoralo recito perché me lo disse Gesù».

Nella consonanza di ideali tra Teresa e Ninaemerge un pensiero: il primato lo ha sempre esolo Gesù. «Ricevetti con grande gioia una reli-quia di santa Teresina e me la posi sul petto.Sembrandomi, però, di esservi un po’ attaccata,la misi da parte. Non voglio nessun legame, fos-se anche a cose e persone sante. Voglio esserelegata solo a Gesù».

Non vi è amore più grande...«Ho conservato il mio cuore sempre libero

da ogni legame, non ho mai voluto accettare al-cun affetto terreno. Gesù soltanto ho voluto pa-drone esclusivo del mio cuore».

«Quando andrete incontro alle anime, amateGesù solo».

«Gesù si è nascosto, ma io per mezzo dellaMamma lo cercherò e lo ritroverò... Come pos-so vivere senza di lui? Cadrei subito... sono un

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nulla... sono tanto debole... Vivo in una conti-nua e semplicissima comunione spirituale:«Gesù, ti amo. Rimani in me!» e nella aridità«Gesù, vieni in me!».

«Sento sempre nell’anima mia il cantico del-l’amore e della riconoscenza».

«Signore, mi domandano com’è la tua bel-lezza; come devo rispondere?... È la bellezza cheimparadisa il Paradiso. Il Signore è per mel’Amore. Quando medito la sua Passione nonmi invade la pietà, ma l’infinito amore che haavuto per gli uomini».

Alla sorella che le diceva: L’immagine delVolto di Gesù misericordioso mi attira più del-le altre... rispose: «Io non trovo nessuna (im-magine) bella come quella che vedo col miopensiero».

Dopo una lunga malattia (1985) la piccolavittima dice:

«Sono stata molto sofferente, ma nell’animamia sempre il cantico dell’amore e della ricono-scenza. Ero proprio grave e Gesù mi disse: Vuoirestare ancora sulla terra a diffondere il mioregno d’amore o vuoi venire in cielo?».

«O Gesù, amore del mio amore, la tua ado-rabile volontà l’ho sempre fatta con prontezza econ amore e solo per l’infinito amore che tu haiavuto per me dall’eternità, perché mi hai sceltaper vittima d’amore e da vittima d’amore voglio

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vivere e da vittima d’amore voglio morire. Fa’come vuoi tu».

«Per me è sempre notte, però non ho la nottenell’anima, ma se tu, o Signore, vuoi darmi an-che questa, sia!».

Nella vita di Nina la parola “amore torna in-sistente come il leit-motiv della sua spiritualità.Sull’amore si leva l’edificio della sua offerta. Senon ci fosse l’amore, quello che unifica e fa didue realtà una cosa sola, non si spiegherebbenulla in lei. Solo un sacro rispetto per questoamore angelico mi trattiene dal ripetere qui dueversi famosi del Poeta:

«Amor, che a cor gentil ratto s’apprende...Amor che a nulla amato amar perdona..»

(Dante, Inf. V, 100.103)

Ma chissà qual è il valore dell’amore nellavita di Dio!

Come vuole Lui...

«Io non desidero niente, soltanto di non pec-care».

«Al posto della mia volontà metto quella delSignore».

«Questo dolore alla schiena che mi penetrafino alle ossa è un nuovo dono del Signore per il32° anniversario della mia crocifissione (8 dic.1964). Io la sofferenza l’adoro, perché è l’amo-

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re del Signore, che si è messo in me, indegnasua serva. Adorando la sofferenza io intendoadorare il Signore. Voglio riparare per tutti quelliche non riparano».

«Il mio dolore sarebbe se non dovessi soffri-re. Ma quando mi sento cuore a cuore con Lui...Com’è bello! Quel giorno pieno di sofferenze peramore me ne sarei voluta andare con Lui. Peramore, non perché non voglio più soffrire. Siafatta la sua volontà! Uno è stato il mio deside-rio: Gesù, solo Lui, la sua gloria».

«In tutto il mio essere Gesù ha posto il tesorodella Croce. Al capo ho continuamente un cer-chio di ferro, spesso per il dolore non posso apri-re gli occhi; in questa Quaresima ero come unacieca. La posizione immobile per anni ed annimi fa sentire il dorso come una sola piaga. Quan-te volte sento il bisogno di voltarmi su un fian-co, ma non posso. Gesù non cambiò spalla nelportare la Croce. Sono continuamente in un ba-gno di sudore.

Talvolta mi sembra che il cuore stia per spez-zarsi. Soffro di calcoli e di appendicite. La flebitemi tiene così immobile ed enormemente gonfianegli arti inferiori.

Dal ‘36 al ‘46 ogni anno Gesù mi ha regala-to una estrazione di unghia ai piedi. Frequente-mente ho dolori acuti di stomaco. Sono malatadi fegato.

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Quest’anno mi è stata data la Croce sullespalle e il peso si fa sentire fino al petto. Vedosolo un puntino bianco, sento dolori acuti allemani, ai piedi, al fianco; talvolta mi sento mar-tellare. Non posso fare il minimo lavoro; a sten-to posso, accompagnata, mettere la firma.

Gesù Crocifisso mi è sempre dinanzi agli oc-chi e mi infonde coraggio e vigore.

Quanto mi hai amato, o Gesù! mi hai donatoil tesoro più prezioso: la Croce! Soffro con gio-ia... sono avida, avida di soffrire... Vorrei soffri-re, Gesù, tutto ciò che tu hai sofferto!

Vorrei soffrire tutto ciò che si può soffrire;voglio soffrire per quelli che non sanno soffrire.Il dolore è la prova dell’amore.

Voglio amarti, o Gesù, come non sei stato maiamato sulla terra!

Vorrei avere i cuori di tutti gli uomini perdonarli a Te! Se nascessi mille volte, mille voltesceglierei la via per cui mi hai voluto.

Mi sembra ieri che mi posi a letto. Ci stareifelicissima fino alla fine dei tempi per glorifi-carti!

La sofferenza è la medicina del mondo.Voglio aggirarmi per tutti gli ospedali, al ca-

pezzale di ogni sofferente per far comprenderequanto valore e quanto amore abbia la Croce».

«Considerando Gesù crocifisso, provo unvivissimo desiderio di assomigliarmi a lui, una

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avidità insaziabile di soffrire. Quando sentiròin me tutto il mistero del tuo Cuore e del tuoCorpo? Dammi di soffrire tutti i dolori che tuhai sofferto per me. Quale gioia nel soffrire! Nonsaprei vivere senza soffrire».

«Signore, quanta ne (di sofferenza) vuoi tu,ne voglio anch’io».

«O Signore, aiutami a glorificarti col mio sof-frire. Sento sempre nell’anima mia il canticodell’amore e della riconoscenza».

«Fin dall’infanzia il Signore mi ha dato un’at-trattiva irresistibile per la sua Croce. Avevo seianni, ricordo quando prendevo tra le mani ilCrocifisso, lo stringevo al petto e gli dicevo cheavrei voluto soffrire al posto suo».

«In uno dei primi giorni del 1932 ero sola incamera a lavorare a maglia. Cantavo il Veni,Creator Spiritus... giunta al versetto: Accendelumen sensibus, mi sentii fuori di me in una pacee in una luce ineffabile. «Accetti di parteciparealla mia corona di spine? – Sì, o Signore».

«Non credevo di poter soffrire così senzamorire. Sarei morta di amore e sarebbe stata unagrande gioia, ma il Signore vuole che io vivaancora. E sono contenta di fare la tua volontà:vivere o morire, come vuoi Tu».

Una storia di sofferenza e di assimilazione alCrocifisso. La conformità a Cristo come segnodi elezione, predestinazione, vocazione, giusti-

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ficazione e glorificazione, di cui parla Paolo nellalettera ai Romani (8, 29-30) sta tutta qui. SorellaNina l’ha vissuta tutta intera senza mai voltarsiindietro.

Per noi, abituati a leggere gli eventi della sto-ria in chiave di lotta per il benessere, rimane tut-to oscuro. Per Sorella Nina, come per tutti i pic-coli, tutto è rivestito di luce.

La verginità«La verginità! Gesù, amore del mio amore,

Tu lo sai, ho consacrato a Te il mio cuore sindall’uso di ragione! Tu sai come desidero por-tarti immacolato il giglio del mio candore. Piut-tosto morire che il più piccolo neo».

Ricordando la malattia del vaiuolo, che lacolpì all’età di un anno, diceva: «Signore, fa’che io ritorni da Te come ero allora; fammi cre-scere di corpo, ma fa’ che la mia anima riman-ga bambina».

«Mi hanno portato un tulipano, si apre digiorno e si chiude di notte. L’ho piantato nel miocuore che vuol essere aperto solo a Gesù e chiu-so ad ogni altro».

L’immagine di questo fiore è meravigliosa.Suscita in noi un senso di altissima poesia, quel-la poesia che solo i santi sanno percepire e can-tare. Nina fu ella stessa un fiore che sbocciò inquesta misera terra e inondò di profumo la vita

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«quasi a miracol mostrare», poi chinò la suacorolla e sparse immacolati i suoi petali nel cuo-re di Cristo. Amore, martirio, purezza: ecco letre cantiche del suo poema divino!

Cantavo sempre...«Quando ero alzata (cioè negli anni giovani-

li) amavo tanto il canto e cantavo sempre. Oracantano le mie sofferenze in lode e ringrazia-mento al Signore» (1 dic. 1966).

Il canto è la gioia, la musica trasumanantedella vita, è il cuore che diventa armonia. Leanime donate non possono non cantare, non rie-scono ad appendere agli alberi le cetre come gliEbrei sui fiumi di Babilonia. Anche nell’esiliocantano la gioia della patria.

Come un cielo sereno«Se mai avessimo la minima traccia di malu-

more, lavoriamoci affinché si ristabiliscano laserenità e il sole nella nostra coscienza, convin-ti che il Signore opera sempre per il trionfo del-l’innocenza» (19 ott. 1957). «La mia gioia su-prema è fare la volontà di Dio. È gioia se soffro,è gioia se non soffro».

In un mistico colloquio con lo Sposo:«Gesù: Qual è la tua più grande gioia?Nina: Signore, il mio soffrire nel tuo soffrire.Gesù: Qual è il tuo più grande dolore?

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Nina: Signore, se non avessi più il tuo soffri-re in me».

«Il Crocifisso è il mio libro, ove leggo instan-cabilmente e senza fine, sempre cose nuove».

«Vivere per glorificare il Signore, altrimentiperché vivere?».

Chi non ha avuto la sorte di guardare nel cie-lo infinito in un dolce mattino di primavera eavvertirne sulla pelle la carezza soave, non riu-scirà mai a capire questi pensieri di Nina.

La serenità e la calma sono le linee più auten-tiche della sua anima.

Fiducia in Gesù«Mi offro fidando nell’aiuto di Gesù non

fidando in me».Fiducia e abbandono all’Amore segnano il

ciglio della strada oscura percorsa da Nina. Frale braccia di Dio ella riposava tranquilla, anchequando il nemico si agitava per spaventarla, an-che quando la morsa del dolore si faceva piùstretta. L’Amore ha le sue luci e le sue sicurezzeche sfuggono alle ricerche umane.

«Sono stata due anni con tentazioni continuecontro la fede. Non riesco a pregare (settembre1950); non posso fare il segno della croce, nonposso stringere la corona del Rosario, non pos-so pronunziare neppure il nome di Gesù. In cer-ti momenti il folletto invade la mia fantasia, la

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mia memoria, mi riempie la mente di bestem-mie, paralizza tutte le mie energie; non possoformulare un buon pensiero, chiedere un soc-corso, soffro allora indicibilmente, mi sento stac-cata da Dio, abbandonata, immersa come inun’atmosfera di peccato.

Gesù, fammi morire, prendimi se devo dar-ti il minimo disgusto, non posso vivere senzadi Te. Che ci faccio quaggiù lontana da Te?Così non posso, non voglio stare. Mi sembradi far male a tutti. Come può ancora soppor-tarmi la terra? Gesù mio amatissimo, sarà sta-ta allora tutto un sogno la mia vita? Non hodesiderato te solo? Adesso non ne posso pro-prio più...

Padre, se è possibile, passi da me questocalice, però non la mia, ma la tua volontà siafatta!

Il folletto mi ispira disprezzo per i sacerdoti,mi presenta il Signore come un tiranno crudele,dice che mi ha abbandonata, mi insinua che luipuò staccarmi da Dio. Mi ispira una noia di tut-to e di tutti, mi promette ogni bene, mi dà unaindifferenza per l’Eucaristia; stamattina mi sug-geriva che l’avrei ricevuto sacrilegamente, avreipreferito così che non venisse...

Subito dopo la Comunione sono caduta in unsonno profondo, inesplicabile... ho una pauraimmensa... mi ha portato in una via oscura (e

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tremava tutta parlando)... Che minacce e bestem-mie e brutti ceffi e fuoco... non sapevo dove an-dare, mi stringeva nei suoi artigli e mi dicevache non sarei potuta più sfuggire dalle sue mani.

Non ne posso proprio più... Ma in un mo-mento di calma ho detto a Gesù che accettoquesto tormento come e per quanto tempo eglilo permette...

Nel profondo dell’anima c’è sempre la pacee la certezza che Gesù non mi abbandona e vin-ce in me l’avversario...».

Tutti i santi hanno attraversato questi momentiumanamente insuperabili, ma tutti hanno trova-to nel Cuore del Cristo la vittoria.

Ansia di luce«Signore, come è bello vedere!... Ma sia fat-

ta la tua volontà».Negli appunti assai ristretti lasciati dalla sorel-

la Felicetta troviamo un problema emergente conincredibile insistenza, l’affievolirsi e poi la perdi-ta totale della vista. Prima avvisaglie del male chevanno e vengono, poi l’oscurità per sempre.

Togliere ad una persona il moto, il canto, laluce significa toglierle tutto, ridurla ad un tron-co. Nina ebbe tutto questo, ma forse della lucesentì più lancinante la perdita.

Come è bello correre! Come è bello cantare!Come è bello vedere!

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Sentinella dell’amore«Il mio lavoro continuo è la vigilanza sul mio

cuore».Alla domanda: Qual è il mezzo per essere

sempre raccolta in Dio? rispose: «Ho dinanzi agliocchi continuamente Gesù Crocifisso, contem-plo i più minuti particolari della sua Passioneovvero è Lui stesso che mi partecipa volta pervolta qualche particolare della sua Passione.Questa Quaresima mi ha tenuta a fargli compa-gnia nel suo viaggio al Calvario, ho sentito sul-le spalle il peso della Croce e non ho potuto aprirbocca...».

«Lotto contro le insinuazioni diaboliche contutte le forze fino a restarne sfinita. Voglio pri-ma morire che cedere a un minimo pensiero con-tro la fede e la speranza. La mia anima è tuttaprotesa verso Gesù Crocifisso e abbandonato.La Mamma desolata, anche se non si fa sentire,mi sta vicina e mi aiuta».

La via della santità non si può intraprenderee tanto meno percorrere senza idee chiare sullameta da raggiungere, sulla propria debolezza,sulle difficoltà da superare, sugli strumenti indi-spensabili per il cammino da fare: lavoro, vigi-lanza, lotta coraggiosa e costante contro il male,esercizio della presenza di Dio. I tre brani ripor-tati ci dicono chiaramente che Nina ha visto benele difficoltà che avrebbe incontrato, le tendenze

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della sua natura estremamente sensibile ed halottato con tutte le sue forze cercando nella pre-ghiera e nella contemplazione del Cristo Croci-fisso il gran segreto della vittoria. Ed ha vinto.

Nello splendore dell’EucarestiaVivere l’Eucarestia è il modulo su cui si ritma

il cammino della Croce, ma è anche il cibo indi-spensabile per l’anima, che questo cammino devepercorrere. Nina, anche in certo modo fisicamen-te, tra i tanti mali che le impedivano spesso unaconveniente alimentazione, viveva dell’Eu-carestia. Una giornata senza Gesù sarebbe stataper lei un tormento, un tunnel tenebroso. La suaComunione eucaristica era quasi sempre accom-pagnata da lunghe ore di estasi beate, dalle qualitornava trasformata sui lidi battuti dalle onde diquesta misera terra.

«Ho chiesto al Signore che almeno l’ultimomese venga a me ogni mattina. Lui conosce ilmio desiderio e non manca di appagarlo, tal-volta anche straordinariamente. Quando sem-bra che non venga, so di certo che non mi ab-bandona. Non comprenderei allora il suo Cuo-re? Il desiderio che ho di riceverlo non me loinfonde Lui? Cosa sarei se non ci fosse Lui?Verrei subito meno... no, non potrei soffrire dasola se Lui non mi sostenesse. Quando vienesacramentalmente, la notte non mi fa dormire».

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Cosa stia a significare quest’ultima frase nonpotremo mai capirlo se non in cielo. Certi rap-porti tra l’anima e Dio – come questo «non mifa dormire» – sfuggono ad ogni valutazioneumana.

In alcuni foglietti troviamo spesso annotatala sua immersione nell’oceano dell’amore diCristo eucaristico.

«Dopo la S. Comunione rimane fino a seraestranea, assente dalla terra, ripresasi, mi diceche è stata con Gesù nel deserto» (1° giorno diQuaresima 1962).

Nella luce di MariaAlla Madonna si rivolge: «Vedi, in questo me-

se non posso recitare un rosario, non ho potutoascoltare la lettura della meditazione...». E laMadonna le rispose: «Il tuo rosario è il soffrire».

«Nel 1928 (aveva 21 anni) stavo per finire,colpita dalla peritonite, ricevei anche l’Estre-ma Unzione. In sogno la Madonna mi prese inbraccio e mi scampò come da un precipizio...poco dopo guarii».

«L’8 dicembre 1932 era una giornata grigiae piovigginosa. La zia non mi voleva lasciareuscire di casa. Contro il mio solito insistetti. Lavinsi. Era la festa della Mamma e non potevoprivarmi della S. Messa. Al Sanctus sentii cal-carsi come un cerchio di ferro sul mio capo, non

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vidi e non compresi più nulla, stavo per soccom-bere; a stento potei giungere alla fine e ricevereGesù che mi fece comprendere che era giunta lamia ora... Sostenuta dalle sorelle, tornai a casadove ebbi un forte rimprovero dalla zia. Mi misia letto quel giorno e vi sono rimasta fino ad oggi.Veramente pregai Gesù che facesse comprende-re ai miei essere sua volontà la via per cui michiamava. Il 2 febbraio 1933 (altra festa dellaMadonna) riuscii ad alzarmi e restai in piedi peralcuni giorni; poi ricaddi a letto definitivamente.Gesù non mi ha mai dato nulla senza ispirarme-ne prima il desiderio».

«Amo tanto la Mamma celeste... sono natanel giorno della sua Assunzione (1907)... miposi a letto il giorno dell’Immacolata... le suefeste hanno segnato le date più belle della miavita...

L’8 maggio del 1948 mi strinse al cuore e michiamò “figlia”».

«Ho avuto un momento di riposo tra le brac-cia della Mamma celeste: Non posso stare sen-za di Lei... quando sto con Lei so di certo cheGesù è con me, anche se non lo sento».

«Nelle notti insonni e dolorose unisco le miesofferenze alle molte sofferenze di Gesù e dellaMadonna desolata, le metto nelle mani dellaMadonna desolata e così supero le nottate in-sonni e dolorose».

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Il cuore di Maria, la sua maternità spiritualenei rapporti dei redenti e dei santificati, il suoesempio, luminoso di fede, la sua profonda umil-tà, il suo continuo cantico di lode hanno suscita-to un fascino incommensurabile sulle anime scel-te. Tra queste c’è Nina, che in un certo sensovisse in una continua atmosfera mariana, cheguardò a Maria come a modello da perseguire eMamma da amare.

I sacerdotiL’amore purissimo di Nina trovò una figura

umana, in cui meglio si riflette e opera il Croci-fisso risorto, per farne oggetto delle sue misti-che cure. Il sacerdote! E lo disse con una schiet-tezza sconvolgente ed esaltante insieme. Il sa-cerdote come operatore dell’Eucaristia è nel cuo-re della Chiesa. Non è concepibile Chiesa senzaEucaristia, né Eucaristia senza sacerdozio.

Nina, che come Teresa di Lisieux aveva tro-vato nella vita del Corpo mistico la sua funzionenel Cuore, sentì e manifestò palpiti ardenti edoffrì, come una generosa sorella, la sua soffe-renza perché i preti fossero santi. Li accolse, liincoraggiò, li ammonì, li aiutò, li convertì, lispinse in alto, li difese.

Ecco come si esprime nei loro riguardi:«I sacerdoti sono la pupilla degli occhi miei;

quando li toccano, ne soffro come di un’offesaai miei consaguinei.

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Vedo Gesù nel sacerdote. Come mi sento si-cura vicino al sacerdote!

Fu Gesù a farmi sapere che i sacerdoti pos-sono anche mancare.

Quanto soffre Gesù per i sacerdoti! Quantoli ama e come vorrebbe essere riamato!

Offro la mia vita per i sacerdoti.Voglio offrirmi in tutte le Ostie, in tutti i cali-

ci, per tutte le intenzioni di Gesù.Vorrei perciò essere nell’anima di tutti i sa-

cerdoti...Gesù mi diede il desiderio di avere dei sacer-

doti come fratelli spirituali... me ne ha mandatogià una quindicina, vorrei averne migliaia!

Desideravo di averne uno missionario in unaterra mai evangelizzata e me lo ha dato nell’ago-sto del ’47. Quante volte mi sento con lui, nellecapanne dei neri... camminare per quelle terreimpervie... sento la sua stanchezza, vivo nellasua stessa vita.

Soffriamo e preghiamo per i sacerdoti!Quando vengono delle anime che si lamenta-

no dei sacerdoti, dico loro che è per colpa no-stra; il Signore non ci manda santi sacerdotiperché non ne siamo degni.

Quante anime si perdono perché mancanosacerdoti santi!

Offro tutta me stessa anche per un solo sa-cerdote.

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Quanto soffro per i sacerdoti!Sulla fronte del sacerdote le anime dovreb-

bero leggere Gesù.Come ho bisogno della luce e della grazia

del sacerdote!Gesù mi fa dipendere totalmente dal mio Pa-

dre spirituale».

I peccatori...Le anime che vivono intensamente la vita

della Chiesa non possono non avvertire lo stra-zio di questa Madre per la lontananza dei pecca-tori e la responsabilità per il loro ritorno. La vitadi Nina, il perché delle sue sofferenze, i palpitidel suo cuore, le mistiche ascensioni del suo spi-rito, la sua corona di spine, tutto è raccolto qui:allontanare il peccato, liberare dal peccato, espia-re il peccato, vincere il peccato, convertire dalpeccato. Una semplice citazione dei suoi senti-menti per un suo familiare lontano da Dio ci dàla misura della sua partecipazione al dramma delpeccatore.

«Soffriamo indicibilmente per lui... Aspettocon fiducia e con calma l’ora Dio. Verrà di cer-to... forse qualche nostro difetto la ritarda. IlSignore vuol provare la nostra fede... Crediamonella sua misericordia infinita».

La piccola vittima, che ha accettato la soffe-renza della crocifissione per aiutare il Signore e

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salvare le anime, si sente personalmente respon-sabile del ritardato ritorno di un lontano. Ma nondubita. La grazia ha i suoi momenti e i suoi trionfisegnati.

Una parola di conclusioneIl capolavoro di Mario Pomilio «Quinto

Evangelio», dopo il racconto delle affannose edestenuanti ricerche compiute dal protagonistaper rinvenire il manoscritto di un altro Vange-lo, giunge alla conclusione che questo quintoVangelo esiste, ma non è tramandato dai codiciantichi. Il santo è il Vangelo vissuto. Questa èla sua testimonianza, questo il suo annunzio,questa la sua missione. Vi è un Vangelo scrittoda Matteo, Marco, Luca e Giovani. La Chiesalo custodisce, lo venera, lo incensa, lo legge almondo con insistenza, con amore fino alla ve-nuta del Giudice.

Ve n’è un altro, quello vissuto dai santi, edanche questo la Chiesa nutre e difende.

Vi è un Cristo vissuto nella storia, nato daMaria, morto e risorto; vi è un Cristo nascostosotto i veli eucaristici, fatto Pane e Vino; vi èancora un Cristo che vive nei poveri, negliemarginati, nei santi. È sempre lo stesso.

Sorella Nina ha scritto il suo Vangelo, ha com-piuto la sua identificazione con Cristo. Nel modoa lei dato dallo Spirito. Ci ha impiegato 80 anni.

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Non ha lasciato alcuno scritto. Non ha compiutonulla di grande agli occhi del mondo. Ha prega-to, ha sofferto, ha offerto, ha parlato, ha annun-ziato il Regno dell’amore. Eppure la sua vitanascosta in Dio ha avuto nella storia risonanzeinfinite, un ruolo unico ed irripetibile. Il suo ruoloqui sulla terra è trascorso, si è chiuso nel silen-zio. Gliene resta un altro che non passerà. Il Van-gelo che scrisse, inchiodata alla Croce, ora con-tinua. Nelle giunture del Corpo mistico scorre,oggi più di prima, anche la linfa vitale del suodolore, unito alla Passione di Cristo.

A noi l’impegno perché nulla vada perdutodella sua missione.

«Sentir e meditar» scriveva il Manzoni. Sen-tire l’onda di grazia che lo Spirito attraverso dilei fa scorrere nelle nostre anime. Meditare il suoVangelo, riflettere sul suo esempio.

E viverlo con calma serena, con fede pura,con amore ardente.

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Fratelli e sorelle carissimi,la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, attra-

verso le letture di questa Santa Messa, special-mente quella del Vangelo, ci hanno dato la spie-gazione di quella gioia che, spontaneamente, unmese fa il popolo di Dio manifestava per le viedi Brusciano, quando una bara attraversava levie del paese. Cosa insolita, perché generalmen-te, davanti a una bara si è tristi e si piange. Da-vanti alla bara di Giovanna Lanza, Sorella Nina,il popolo era esultante, applaudiva, manifestavala sua gioia.

Trascrizione dalla registrazione dell’omelia

tenuta dal

PADRE GIANMARIA TRAVAGLINO

il 9-3-1987

per la Messa in suffragio

di GIOVANNA LANZA

(a cura di ANTONIO VAIA)

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Questa esultanza di popolo viene conferma-ta, viene ratificata dalla Parola di Dio che abbia-mo ascoltato. Perché, abbiamo sentito che si puòessere beati, che si è beati, che si è nella gioia,nella felicità quando si cammina per certe vie. Eci sono state indicate queste vie che portano allabeatitudine e quindi bene faceva il popolo cheacclamava, che l’acclamava beata. Non stiamoqui per fare delle sterili commemorazioni; stia-mo qui per pregare; pregare per Nina ma, piùancora, pregare con Nina. Vogliamo sentirci unitia lei in questa celebrazione eucaristica, che noioffriamo al Signore uniti al Cristo e nell’unionecon Cristo vediamo ancora una volta unita so-rella Nina. Così come gli è stata unita in tutta lasua vita. Anche in questa celebrazione la vedia-mo unita al sacrificio di Cristo, per dare lode alPadre; per implorare grazie, misericordia, per-dono per chi ne ha bisogno, per impetrare grazieper tutti quanti noi. Vogliamo dare questo signi-ficato a questa celebrazione. Nessuna comme-morazione che potrebbe distrarci dalla riflessio-ne, dalla meditazione, dalla preghiera che vo-gliamo compiere insieme. Perciò qualche paro-la che vi dirò vuol’essere soltanto un invito auna riflessione, un invito a una meditazione, perpoter poi trovare, in noi stessi, un proposito, unostimolo a camminare per quelle vie nelle qualipotremo incontrare alla fine sorella Nina nella

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gloria. Abbiamo sentito cosa ci ha detto la Paro-la di Dio: «Le anime dei giusti sono nelle manidi Dio». Sorella Nina fu un’anima giusta, l’ani-ma di una donna giusta è nelle mani di Dio.

Abbiamo sentito dall’Apocalisse, secondalettura, che Giovanni vede una nuova Gerusa-lemme, vede terre nuove e cieli nuovi, e sorellaNina sta nella celeste Gerusalemme, vive nei cielinuovi, nella terra nuova. Ma, soprattutto, abbia-mo sentito la parola di Gesù, di quel discorso,che è noto come il discorso della montagna. Ildiscorso delle beatitudini, quell’indicazione chia-ve, precisa, riguardante la via che bisogna per-correre se si vuol essere cristiani e discepoli inmaniera radicale; se si vuole imboccare la viadella beatitudine, della felicità eterna.

«Beati poveri in spirito...» con quello che se-gue. Ed io rivedo, per mia edificazione, per mioricordo, rivedo quello che ho conosciuto di Nina,nelle linee generali, nei 46 anni in cui ho avutoil privilegio di poterle stare spiritualmente ac-canto. E l’ho vista così: come colei che ha sapu-to interpretare e vivere le beatitudini del Vange-lo. Non mi riferisco a fatti straordinari, non èmio compito, non è il momento di parlare diqueste cose, mi riferisco alla sua vita cristiana,di un cristianesimo eroico, costante, profondo,sentito. Il cristianesimo delle beatitudini in ma-niera semplice, ma in maniera profonda insie-

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me. «Beati i poveri in spirito». Se vogliamo an-dare verso quella beatitudine, dice il Vangelo,dobbiamo camminare nella via della povertà inspirito. Non si tratta soltanto, né principalmen-te, della povertà materiale, della povertà di beni,della povertà che è privazione di beni o che èmiseria; no, si tratta soprattutto di povertà inspirito.

La povertà di Cristo che, ricco della sua divi-nità si fa povero, si svuota per farci ricchi dellasua povertà. Quella povertà che significa farespazio, svuotandosi da tutto quello che nasce,che viene dal proprio “io” o dalle cose terrene.Lasciare spazio a Dio, liberare l’anima da tuttoquello che impedisce la presenza e il possessodo Dio; questa la povertà che sorella Nina seppepraticare. Povertà in spirito, seppe svuotare sestessa: piccola, povera, umile, semplice, non siapparteneva più, nulla apparteneva a lei. Soltan-to Dio era il suo tutto e ripeteva la parola di S.Francesco: «Mio Dio e mio tutto». La parola diS. Francesco che ella amava e seguiva, non sol-tanto per una devozione che forse aveva impa-rato in famiglia ma, per una appartenenza a Fran-cesco come figlia; perché nel 1937, nel mese disettembre, sorella Nina divenne terziariafrancescana; terziaria francescana! Si potrebbepensare a un fatto devozionale, garantirsi la be-nedizione e la protezione di S. Francesco; altri

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privilegi, no, per sorella Nina terziaria france-scana significava vivere la vita di Francesco,mettersi al seguito di Francesco e Francesco fuil Poverello insieme a tante altre cose. France-sco fu colui che seppe dire: «Mio Dio mio tutto»e sorella Nina viveva così la sua vita: Dio era ilsuo tutto». Povera totalmente, interiormente,nulla aveva di suo, nulla le apparteneva, tuttoera di Dio e tutto era Dio per lei.

«Beati gli afflitti perché saranno consolati».La beatitudine della sofferenza. E qui ci sia-

mo in pieno, sappiamo tutti per quanti anni so-rella Nina è stata immobile su un letto: 54 annie più.

Di una sofferenza misteriosa ma di una sof-ferenza accettata, desiderata, implorata, offer-ta: offerta a Dio in maniera continua e in ma-niera sempre crescente. Una sofferenza che launiva a Cristo sulla croce. Una sofferenza cheaveva una motivazione molto profonda e so-prannaturale. Bisogna stare molto attenti a ca-pire questo. Si potrebbe cadere in delle falseinterpretazioni; viceversa, perché Nina Lanzavoleva soffrire? perché guardava Cristo croci-fisso! Guardava la Madonna ai piedi della cro-ce. E il suo desiderio di conformarsi a Cristo laportava ad amare la sofferenza. Capiva il valo-re della sofferenza di Cristo e voleva dare ilsuo apporto, il suo contributo. Forse inconscia-

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mente attuava quello che Paolo diceva a se stes-so: «Voglio completare nel mio corpo quelloche manca alla passione di Cristo». Nulla man-ca alla Passione di Cristo oggettivamente, magli manca la partecipazione del Corpo Misticodi Cristo, delle membra del Corpo Mistico edel valore di quelle anime privilegiate che sonochiamate a partecipare alla sofferenza di Cristoin maniera piena. E così noi vediamo sorellaNina: la crocifissa con Cristo crocifisso; conquelle intenzioni che teneva Cristo sulla croce,che lo fece offrire al Padre dall’alto della cro-ce. La sua è stata un’immolazione, una offertasacrificale, secondo le intenzioni di Cristo e loripeteva molto spesso. Quindi non sofferenzaper la sofferenza ma, sofferenza per imitazionedi Cristo, per implorare dal Padre Celeste mi-sericordia e perdono per i peccatori.

«Beati i miti; beati i mansueti». L’altra beati-tudine: la dolcezza, la mitezza, la mansuetudi-ne, il sorriso. Cose che potrebbero sembrare as-surde in una persona sofferente, in quella ma-niera come lei soffriva, ma chi l’ha conosciuta,e tanti l’avete conosciuta, l’ha vista sempre conun sorriso sulle labbra, ha ascoltato sempre conuna parola dolce, buona, suadente.

È la mitezza, la mansuetudine di Cristo chedice: «Imparate da me che son mite ed umile dicuore». Non posso dilungarmi, devo andare

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avanti in questa rassegna che, ripeto, vuole es-sere un ricordo per me stesso.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giu-stizia».

Che cos’è la giustizia? Chi è l’autore dellagiustizia? Chi è il giusto? La giustizia è Dio! ÈDio che è autore della giustizia. E sorella Ninaaveva fame e sete della giustizia propria che èDio. Ecco il suo anelito profondo, la sua ansiadi ogni giorno: andare a Dio, sentire Dio, volereDio. Aveva veramente fame e sete della giusti-zia che è Dio e questo spiega anche la fame e lasete della sofferenza; è la fame e la sete di Diogiusto, Dio buono, misericordioso. Questa famee sete la manifestava nella sua preghiera conti-nua, nella sua contemplazione profonda, nel suodesiderio di unirsi a Cristo nell’Eucaristia, nellasua gioia della Comunione Eucaristica. Questafame di sete la manifestava nel desiderio di es-sere tutta di Dio e fu tutta di Dio, perché sorellaNina fu consacrata soltanto mediante il Battesi-mo, ma ci è stata una consacrazione totale.

Forse non tutti possiamo capire il significatodi questa consacrazione totale; una consacrazio-ne che ci fa essere sempre di Dio, tutti di Dio,esclusivamente di Dio e sorella Nina aveva fat-to questo atto di consacrazione totale a Dio. Pri-ma privatamente, con il suo confessore, poi en-trando in un Istituto Secolare, cioè, quegli istitu-

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ti di persone che rimangono nel mondo, per ilmondo, per la santificazione del mondo, ma con-sacrandosi totalmente a Dio, appunto per valo-rizzare così la loro missione apostolica. E nelsilenzio, nel sacrificio, nella sofferenza di ognigiorno sorella Nina viveva questa consacrazio-ne per il bene del mondo.

Ecco perché il Vescovo disse quella parolache mi colpì (perché veniva dalla massima auto-rità della diocesi): «Sorella Nina era il paraful-mine della Diocesi». La sua consacrazione a Dioper la santificazione, per la consacrazione delmondo, delle realtà temporali, sono un altro se-gno della fame e sete che ella aveva di Dio.

«Beati i misericordiosi perché troverannomisericordia».

Forse potrebbe sembrare che nella vita diNina non ci sia spazio per questa beatitudinedella misericordia. Tutti le volevano bene, nonaveva da perdonare a nessuno. Allora non hapraticato questa norma? Non ha seguito questavia? E l’ha seguita certamente questa via! Per-ché ha condiviso l’amore misericordioso di Dio,di Cristo, e ha avuto misericordia per i pecca-tori, per i fratelli che avevano bisogno dellamisericordia di Dio. Li sentiva fratelli, li ama-va di un amore particolare, amava le loro ani-me. Certo, non amava il peccato che commet-tevano: orrore per il peccato, ma amore per i

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peccatori. Ecco la misericordia, ecco beati quelliche sono misericordiosi. In questo senso, so-rella Nina era misericordiosa per quelli che ave-vano bisogno della misericordia di Dio. E lasua preghiera e il suo sacrificio erano appuntoper questo e la sua offerta di vittima all’Amoremisericordioso dice, appunto, la sua praticadella misericordia.

«Beati i puri di cuore». La purezza non è sol-tanto del corpo e della mente e del cuore, intesacome osservanza derivante dal sesto e nono co-mandamento ma, quella purezza integrale che èlimpidità, rettitudine, che è luce interiore, che èsemplicità di vita. Questa è la purezza di NinaLanza. La purezza che l’ha portata alla beatitu-dine e alla visione di Dio.

Dice, appunto, così il Vangelo: «Beati i puridi cuore, perché vedranno Dio». E Nina ha vistoe vede Dio, lo speriamo nella speranza cristia-na. E ancora una parola: «Beati gli operatori dipace, perché saranno chiamati figli di Dio».

Che cosa poteva fare una creatura, che havissuto la sua vita a letto, per la pace? La pacedeve essere promulgata e promossa con parolee azioni, e sorella Nina come ha potuto lavora-re per la pace stando immobile per tanti anninel suo letto? Eppure, proprio dal suo letto, piùdi tante altre persone che si fanno araldi, a pa-role, della pace, ella ha svolto una missione di

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pace. La sua parola è stata sempre una parolapacificatrice e ha saputo portarla nelle coscien-ze, in tante coscienze. Con la sua parola sem-pre semplice ma nello stesso tempo molto pro-fonda, riusciva a portare la pace in tanti cuori,in tante famiglie. Non è possibile fare una de-scrizione o passare in rassegna quello che haoperato sorella Nina per portare pace nelle ani-me di persone o di gruppi o di categorie che alei si presentavano.

«Beati i perseguitati a causa della giustizia,perché di essi è il regno dei cieli». Nina non èstata perseguitata da nessuno e da nessuna par-te. Forse dalla sofferenza? Ma ella l’ha accet-tata con amore. Ebbene, se vogliamo accostarela sofferenza di Nina alla beatitudine dei per-seguitati possiamo, come detto sopra, ben direche ella ha meritato il regno dei Cieli. E siamonel giusto se oggi viviamo nella gioia, anche sesiamo nella tristezza di non averla più fisica-mente tra noi. La sappiamo e la vediamo beatanel Cielo. E nel suo cammino, sorella Nina si èlasciata accompagnare da una mano materna:la Madonna. La Madonna che ha vissuto primadi lei le beatitudini che Cristo ha insegnato atutti i suoi discepoli.

E si è lasciata guidare per mano. Tutti abbia-mo potuto scoprire in lei la devozione profondache ella aveva per la Madonna. Non quelle de-

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vozioni così sentimentali, facili, che nascono daemozioni del momento, davanti a Colei che chia-miamo mamma.

Una devozione che affondava radici nellateologia; nella missione della Madonna. Mariache è la compagna, la socia di Cristo; Mariache è associata a Cristo nel mistero dell’Incar-nazione e nell’Opera della Salvezza. Ha guida-to per mano sorella Nina nella sua unione econformità a Cristo crocifisso. Quanta dolcez-za nelle sue parole quando parlava di Maria!Da lei prendeva in prestito le parole delMagnificat. Quante volte avrete sentito ripete-re quelle parole: «L’anima mia magnifica il Si-gnore e il mio spirito esulta in Dio, mio salva-tore» una espressione che ripeteva tanto spes-so. Fratelli e sorelle, non ho inteso farepanegirico anticipato, non ho inteso, assoluta-mente, esagerare, ho detto che volevo ricorda-re a me stesso quello che ho visto, ho constata-to di persona nei miei rapporti spirituali consorella Nina. E d’altra parte, penso di aver resoun servizio fraterno verso di voi qui presenti.Voi che avete voluto bene e volete bene a so-rella Nina. Credo che abbiate gradito questoricordo che potrà giovarvi e aiutarvi a viveresecondo le indicazioni che ella vi dava. Per-ché, anche questo mi piace sottolineare, sorel-la Nina non stava in cattedra per dare insegna-

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menti, non si sentiva la santa che voleva faremiracoli. Era umile, semplice, sorella Nina,voleva dire solo parole di esortazione, volevaessere come un portavoce di Dio. Svolgeva lasua missione profetica: parlare nel nome di Dio.E allora, ecco, l’esempio della sua vita rimaneper noi un richiamo, una raccomandazione,un’esortazione a vivere nelle vie delle beatitu-dini evangeliche. L’insegnamento del Signorenon è soltanto per poche anime, ma per tutti icristiani che vogliono essere autentici e fedelialle sue parole.

L’esempio e l’esortazione di sorella Nina chequesta sera abbiamo ricordato, mentre ci sentia-mo vicino a lei nella preghiera e nell’offerta delSacrificio, siano per noi di incoraggiamento e disprone a realizzare quanto ella ci ha mostratocon la sua vita e ci ha insegnato con la sua paro-la. Sforziamoci di attuare sempre di più in noi laconformità con Cristo e con i suoi insegnamen-ti, vivendo con fedeltà il nostro cristianesimo.Solo così potremo dare gioia al cuore di sorellaNina che certamente dal cielo vede e conosce esa i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le vie chepercorriamo.

Concludiamo con un proposito che vogliamomettere anche nel cuore di Sorella Nina, perchélo convalidi con la sua preghiera. Se la sua pre-ghiera era efficace durante la sua vita terrena,

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non lo è certamente meno ora che è nella gloriadel cielo. Perciò, noi affidiamo a lei il nostroproposito di voler ricordare i suoi esempi, i suoiinsegnamenti e di volerli mettere in pratica peressere cristiani autentici; per essere fedeli allanostra vocazione. Per esser di esempio agli altrie svolgere anche noi, nelle diverse condizioni incui ci troviamo, quella missione di pace e di beneche sorella Nina ha svolto per tutta la sua vita.

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Carissimi amici di sorella Nina,durante la Quaresima dell’anno 1985 e preci-

samente il giorno 6 marzo, sorella Nina si trova-va in uno stato di profonda sofferenza, come lecapitava sempre durante questo tempo di grazia.

Nonostante il suo grande soffrire volle rice-vermi ugualmente e volle parlarmi. E parlò cosìlentamente che scandiva le parole. Nella sua vocesi notava un riflesso delle sue pene.

Mi fu possibile trascrivere tutto quello chedisse e che ora sto per leggervi. Certamente moltidi voi avranno ascoltato direttamente da lei quan-to disse a me quel giorno. Ritengo una graziaaver potuto raccogliere le sue parole che oggisono per noi una testimonianza forte del suo sta-to di vittima.

In esse c’è un accenno specifico alla Passio-ne di Gesù, è per questo che ritengo molto im-portante doverlo ricordare.

Ascoltiamo come se fosse lei a parlare e rin-graziamo insieme il Signore per averci messo acontatto con questa creatura tanto privilegiatadall’amore e dal dolore salvifico di Cristo Gesù.

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«Soffrire è la mia missione che mi è tantocara. Questa missione voglio soffrirla per lasalvezza delle anime. Offrire è l’unico scopodella mia vita... Non voglio negare niente aGesù... L’otto dicembre 1932 mi tuffai nel dol-cissimo mare dell’amore infinito divino per ri-manerci annegata... Per me non c’è cosa di piùbello, di più perfetto, di più santo che essere unacosa sola con Gesù... Gesù tutto in me ed io tut-ta in Lui, lasciandomi adoperare come Lui vuo-le, senza alcun desiderio da parte mia... anzi conl’unico desiderio di volere il suo amore e la suagloria...

I dolori dei chiodi di Gesù nelle mie mani...I dolori dei chiodi di Gesù nei miei piedi...La lancia al costato di Gesù nel mio co-

stato...I colpi della flagellazione che a volte mi fer-

mano anche il respiro...Sulla spalla destra mi sento il peso della Cro-

ce che grava su tutto il corpo...D’interno mi dice Gesù, in tutto il mio soffri-

re... Ora anche di portare la Croce al Calva-rio... e mi sento un peso su tutta la spalla de-stra... Sono immobile... ma io avverto tutte lesofferenze, come Gesù sulla croce.

Mi disse Gesù: ti crocifiggo, non ti paraliz-zo, perché anch’io sulla croce avvertii tutte lesofferenze nel mio corpo...

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Sono caduta sotto il peso della croce con leginocchia per terra, che era fatta come dibreccioline... Io sono coperta con le lenzuola cosìlisce, ma sulle ginocchia sento tutte le punturecome se stessi per terra... Mi sento tutte le pun-ture...

Quanto ha sofferto Gesù per noi...Mi sento il capo coperto tutto di spine... così

coprirono Gesù.Le spine, le cui punture mi penetrano fino agli

occhi... così a Gesù.Mi presentarono con la corona di spine, dice

Gesù... Ma io sentii come se avessi avuto unacuffia di spine... Così la sento io la corona dispine... Gesù mi avverte prima, e poi mi dà lasua sofferenza.

Mi interna sul suo soffrire di croce... Mi sen-to come Lui... il viso stretto da una morsa sem-pre più attanagliante... le punture sono più for-ti... Ho sete... che sete ho... forte proprio comequella di Gesù... Mi danno un dito d’acqua...ma io sento il fiele e l’aceto, amaro come quelloche dettero a Gesù...

Sento in me tutta la crocifissione di Gesù...Mi disse Gesù: ti crocifiggo, tu devi essere ladimostrazione della mia esistenza. Ed io Gli ri-sposi: come ti dimostrerò se io non so dire nien-te di te? Rispose: quando ti crocifiggo tu deviricevere tutti: sacerdoti, laici, suore, uomini,

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donne, bambini. Così parlerai di me a tutti e di-mostrerai la mia esistenza e quella della miamamma... Per questo io parlo, altrimenti nonavrei parlato mai. Se non mi avesse fatto sentirequeste parole non avrei mai parlato di me. Es-sere sempre e solo la sua vittima d’amore sof-frendo tutto nel dolce segreto tra Lui e me.

Ma Gesù ha voluto che io parlassi. E le miesofferenze della crocifissione di Gesù in me nonhanno avuto tregua nell’anima mia il canticodell’amore e della mia riconoscenza.

...L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore,Amore del mio amore!...

Così l’ho sempre chiamato da piccola GesùCrocifisso!

Avevo sei anni, lo ricordo bene, e vidi il Croci-fisso, e provai un grande dolore e dissi:... perchéti hanno crocifisso?... Gesù voglio soffrire io!

Gesù mi ha preparata ispirandomi di direquelle parole... perché come avrei potuto direio, a quella età, quelle parole!

Gesù mi preparò e così divenni la vittima delsuo amore: Gesù, amore del mio amore!... Cosìsempre Lo chiamo io... Ogni volta che Gesù michiede una nuova sofferenza prima mi prepara:

Quanta sofferenza!... passo notti e giornichiari... senza dormire. E non so come ringra-

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ziare i misericordiosi disegni di Dio... comeringraziarLo per tutto ciò che ha concepito neimiei riguardi!... Mi ha riempita sempre più delsuo amore e dell’amore della sua mamma, laMadonna!...

E la Madonna mi disse: Ti sono vicina, comesono stata vicino al mio Figlio crocifisso... saròvicino a te “crocifissa”... e io Le risposi:... No,mamma mia celeste non devi starmi solo vici-na... ma devi tenermi stretta tra le tue braccia,come tenevi il bambinello Gesù, perché io sonodebole e se tu non mi tieni stretta... io posso ca-dere...» (a questo punto fece una lunghissimapausa... aveva un volto sereno, ma molto soffe-rente)... poi continuò...

«E veramente Gesù e la Madonna non mi la-sciano mai, perché altrimenti cadrei... Chi nonsi attacca fortemente a Gesù e a Maria è giàcaduto!...

Il mio pensiero è sempre nel beatificante pen-siero di Gesù... anche quando parlo con le per-sone... Non mi stacco mai dal beatificante pen-siero di Dio... Non mi ha mia lasciata Gesù intutti questi anni... Una sola volta mi lasciò... nonmi sentii avvilita, né disperata... ma sentii diimpazzire senza di Lui... fu per un istante... quan-do ritornò mi lamentai dolcemente con Lui....dicendoGli: Amore del mio Amore, mi hai la-sciata?... hai visto cosa stava accadendo?...

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Tu conosci la mia anima... non mi lasciarepiù!... e Gesù mi rispose:... vedrai perché ti holasciata!...

Il giorno seguente venne un signore da moltolontano: disse a mia sorella che gli avevano par-lato di me e voleva un colloquio... Mia sorella lofece entrare... io dissi: Gesù parla Tu, perché ionon so dire niente.

Stette a parlare... mi fece tante domande quelsignore... un colloquio di circa tre ore:... Gesùrispondeva per mezzo mio.

Lui mi disse: sorella, io penso che da tanti anniche stai in questa posizione, io penso che tu stairesistendo per forza di abitudine... E io gli rispo-si: non è proprio possibile resistere per forza diabitudine.. se non ci fossero Gesù e la Madonnache mi sostengono... e gli raccontai:... Ieri Gesùmi ha lasciata... come ho detto prima... Quel si-gnore rimase in silenzio per un quarto d’ora...dopo questo silenzio prolungato disse:... Ho sba-gliato, ora ho una grande fede... posso ritornareconducendo con me le mie sorelle?...

Sì gli risposi, conducete chi volete.Il giorno seguente venne con le sorelle le quali

mi dissero:Sorella Nina, come vi dobbiamo ringraziare,

perché nostro fratello era in peccato e ora è cam-biato!...

Allora Gesù mi disse: ricevi tutti... e sii comeun confessore... e questa è la mia missione!...».

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Ecco, cari amici, quanto mi disse quel giornosorella Nina. L’ho conservato con me fino adoggi. Ma ora che Lei ha concluso la sua missio-ne sento il dovere di far conoscere a voi questomessaggio.

Come ho ricordato all’inizio, solo in questaconversazione Sorella Nina ha accennato espli-citamente alla Passione di Gesù nel suo corpo.La flagellazione, la coronazione di spine, il viag-gio al Calvario, le cadute sotto la croce, la croci-fissione... la sete... la lancia al costato...

Sorella Nina ha potuto ripetere con l’Aposto-lo Paolo:

«Sono stato crocifisso con Cristo: non sonopiù io che vivo, ma è Cristo che vive in me... chemi ha amato e ha dato Sé stesso per me» (Gal. 2,19-20).

E noi siamo stati i testimoni della sua Croci-fissione!

Non dimentichiamo la sua dolce figura e cor-rispondiamo alla grazia con cui il Signore havoluto manifestarci, tramite sorella Nina, il suoamore, il suo dolore, il valore della sofferenzaper la salvezza dell’umanità... per cui dobbiamosforzarci di dimostrare, noi pure, con la nostravita «il potere della morte e della risurrezione diGesù» (Phil. 3, 10).

Padre PANCRAZIO SCANZANO

Airola, 18/2/1987

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« S O R E L L A N I N A »

Ho conosciuto Sorella Nina circa sette annifa, precisamente, il 16 giugno 1980.

Come Superiora Generale della Congregazio-ne, dopo che ci siamo conosciute, sono ritornatada lei molte volte per chiedere preghiere e con-sigli, per camminare secondo i disegni e la vo-lontà di Dio e di farli attuare nel miglior modopossibile nella Congregazione.

Presto Sorella Nina fece notare che avevapreso veramente a cuore la nostra Congrega-zione, i suoi membri e i suoi problemi. Questo,naturalmente, era per noi motivo di grande gioiae riconoscenza. Subito si stabilirono tra lei enoi profondi legami di affetto e di amicizia spi-rituale. Ella seguiva, con amore ed interesse par-ticolare, come se fosse stata responsabile inprima persona, qualsiasi iniziativa intrapresacon l’aiuto anche del suo consiglio, come l’aper-tura della nostra missione nelle Filippine, perla quale, possiamo dire, che Sorella Nina di-mostrava un “debole”. Ci ha aiutato ad impian-tarla e a portarla avanti, non solo con la pre-

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ghiera e con l’incoraggiamento, ma anche conla raccolta di offerte. E questo ci commuovevatanto. Per quanto riguarda questa missione po-trà dire molto la sorella Titina che nella sem-plicità, nello spirito missionario e nello zelo perla salvezza delle anime, formava un tutt’unocon Sorella Nina.

Una persona che molto frequentava Sorel-la Nina ha affermato: «Tutti, ella amava; noncon amore generico, ma con amore particola-re, personale. Per voi, Madre carissima, nutri-va un amore particolare. Sempre vi seguivacon la sua preghiera; tutte le volte che andavoda lei mi invitava a pregar per voi e per tuttele Suore del vostro Istituto, in modo partico-lare, per i vostri viaggi e per la vostra missio-ne nelle Filippine».

Quando esponevo a lei qualche problema odifficoltà, sentivo che li faceva suoi e, natural-mente, si avvertiva la sicurezza che li avrebbepresentati al Signore, con tutto il suo interesse econ tutta la sua carica spirituale.

Impressionava la sua “memoria” per i pro-blemi precedentemente esposti, tanto che quasiogni volta che andavo da lei, domandava comeprocedevano le situazioni che le erano state rife-rite altre volte. Quando qualche difficoltà era piùpesante, incoraggiava con queste parole pienedi sensibilità e di partecipazione:

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«Non ti preoccupare...pregheremo di più... offriremoqualcosa a Gesù per questo...».

Una volta siamo andate da lei una quarantinadi Suore. Era il 28 luglio, verso mezzogiorno; ilcaldo afoso era terribile quel giorno. Nonostan-te ciò Sorella Nina si trattenne a parlare con noiper molto tempo, con vigore eccezionale. Il suoparlare entusiasta, la sua consapevolezza di vit-tima (anche al posto di vittime mancate), la suagioia contagiante, il suo amore alla sofferenza,le sue accorate esortazioni a vivere in pienezzala vita religiosa, a consumarsi per amore a Gesùe ai fratelli, furono motivo e sprone a fare pro-positi santi, propositi di amore e fedeltà alla vo-cazione religiosa e alla vita francescana dellaCongregazione. Fu un incontro che le suore ri-cordano con riconoscenza al Signore per averloloro concesso.

Impressionava la sua semplicità di vita. Arri-vando lì ci si trovava davanti ad una persona aletto, immobile, senza nessuna vistosità, però cisi accorgeva subito che da quel lettuccio biancosi sprigionava qualcosa di misterioso, di sopran-naturale, che infondeva gioia, speranza e forzaper affrontare le difficoltà ed i problemi che lavita presenta.

Impressionava ancora il suo amore alla sof-ferenza, alla croce.

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Veramente crocifissa per più di 54 anni si eratotalmente consumata nell’amore al suo GesùCrocifisso. Questo amore ella cercava di infon-dere nelle anime che le si avvicinavano. Con unavoce che faceva trasparire il fuoco che interior-mente le bruciava, esortava a ripetere:

«Gesù, Maria,consumateci perfettamentenel vostro amore!».

Dal suo letto impartiva lezioni di amore aGesù Crocifisso, alla Madonna, alla Chiesa,al Papa, ai Sacerdoti, per la cui santificazioneaveva offerto la sua vita e per la salvezza del-le anime.

Sono sicura che il passaggio di Sorella Ninasu questa terra è stato un grande dono di Dioalla Chiesa, alla Diocesi e, perché non dirlo?,anche alla nostra Congregazione, che ha avutola fortuna di avvicinarla e di affidare alle suepreghiere e al suo affetto le sue pene, le sue an-sie e le sue gioie e speranze.

Dal Cielo ottenga per l’umanità travagliata lagrazia del ritorno a Dio di ogni cuore, della pacee dell’amore tra i fratelli.

Suor ELISABETTA GNERRESuperiora Generale

Suore Francescane Immacolatine

Pietradefusi, 14 marzo 1987

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RICORDI DI NINA LANZA

Ho conosciuto Nina nell’età della mia adole-scenza, condotta a lei per la sua vita esemplare egià straordinaria. Erano i primi anni della secondaguerra mondiale.

Nina era immobile a letto già da una decinad’anni e la sua posizione era distesa, supina, ri-gida e con le coperte che, all’altezza dei piedi,erano sollevate da un sostegno ad arco in modoche non pesassero sulle estremità e questo per-ché, per la posizione del suo corpo or ora de-scritta, la circolazione del sangue non arrivava asufficienza alla punta dei piedi e le unghie mar-civano e, di tanto in tanto, bisognava estir-pargliele. Questo modo di essere coperta è dura-to fino alla morte e chiunque l’ha conosciuta,può attestarlo.

Aveva già bisogno di essere imboccata e nonriusciva nemmeno a farsi il segno della croce. Inseguito mi confidò che il suo corpo non era im-mobile perché paralizzato e pertanto insensibilealle sofferenze, ma che al contrario era sensibi-lissimo e avvertiva tutta l’acutezza dei dolori dicui Gesù le faceva dono.

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Ma la cosa che più mi colpì fu la sua pace, lasua serenità, la sua gioia. Mai una parola di stan-chezza o di impazienza per la sua condizione;anzi, era così felice da desiderare di soffrire dipiù, perché la sofferenza era per lei l’unica pro-va che Gesù le era vicino, l’amava e l’univa aSé. Questa sete di soffrire con Gesù e in Gesù,per salvare le anime, in Nina è stata costante e diintensità sempre crescente, fino alla morte. Lasorella Titina mi ha confidato che spesso, du-rante le delicate operazioni di igiene personaleche i familiari dovevano praticarle, Nina così silamentava: «Oh che dolore, mi sento venir meno!Ma se dovessi morir or ora per il troppo dolore,voi non ne avete nessuna colpa».

Tanti e tanti siamo ricorsi a lei: credenti e non,religiosi e laici, nubili e coniugati, vecchi e gio-vani e bambini, da vicino e da lontano, e per tut-ti Nina ha avuto la parola giusta, il consiglio il-luminato.

Non c’è stata sorta di dolore che non abbiaalleviato, perché lei condivideva le nostre ango-sce, le faceva sue, le portava a Gesù trasmetten-doci il Suo volere e ci rendeva il carico menopesante, ridandoci pace, fede, fiducia, speranza,coraggio. Da Nina si tornava alle proprie cosesostenuti, rasserenati, rinati. L’ho avvicinataripetutissime volte nell’arco di tempo che va dalmio primo incontro alla sua morte; la incontra-

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vo a distanza di mesi e qualche volta anche dianni a motivo del riacutizzarsi delle sue soffe-renze che le impedivano per lunghi tempi di po-ter ricevere persone e anche quando poteva rice-vere, c’era sempre un’anticamera colma di per-sone venute d’ogni dove in attesa. E lei volevasempre ricevere tutti, fino a che le rimaneva unabriciola di forza.

Ora cerco di scrivere quello che ricordo delletante cose che mi ha detto nei tanti colloquicelestiali che mi ha dedicato.

«Ho avuto sempre, fin da quando ero bambi-na, un’attrazione particolare per il Crocifisso. Eromolto piccola e ogni sera, nell’andare a dormi-re, prima di mettermi sotto le coperte, mi arram-picavo alla spalliera del letto per baciare il Cro-cifisso. Ma non ci arrivavo ed i miei mi aiutava-no ad arrampicarmi mettendomi dei cuscini sot-to i piedi».

«Da grande studiavo prendendo lezioni damio fratello professore e intendevo prendere untitolo definitivo di scuola superiore per inserir-mi nel campo del lavoro e devolvere i guadagnial bene dei fratelli, soprattutto poveri e bisogno-si. Ma leggendo in una lettura spirituale che Gesùha salvato l’umanità con la sua passione e mortedi croce, mi sono detta: anch’io, Gesù, vogliosalvare le anime con la sofferenza».

E fu presa in parola.

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«Era la festa dell’Immacolata 1932. Ero inchiesa per la Messa. Ero inginocchiata alla ba-laustra per ricevere la S. Comunione. Fui colpi-ta da un dolore acutissimo alla testa: «Gesù, comefaccio a tornare al mio posto?» – «Non ti preoc-cupare, il mio angelo ti accompagnerà» –. Nonso come feci a tornare a posto. Mi accompagna-rono a casa. Iniziò così, per le mani della Mam-ma, la mia missione di sofferenza».

E di anno in anno, all’Immacolata, li conta-va: 20, 30, 40, 50, fino a 54 nell’8-12-1986.

«Le mie sorelle mi hanno rifatto il materassoe il cuscino e mi hanno detto: ora sarai più soffi-ce». Ma esse non sanno che io non ne ho alcunsollievo, perché il mio letto è duro come il legnodella croce di Gesù».

«Una mattina non riuscivo a concentrarmi perla meditazione, perché mi dava fastidio un fa-scio di margherite che m’impediva di guardareil volto di Gesù. Ero per dire alle mie sorelle chelo spostassero. Improvvisamente, ecco cosavedo: i petali delle margherite cadono uno dopol’altro ed i fiori perdono tutto il loro fascino. Edecco la voce di Gesù: «come perché il fiore siabello occorre che i petali siano tutti uniti nel for-mare la corolla, così i cristiani devono essereuniti tra loro nella fede intorno al Papa».

«Gesù mi appare sempre con la croce. AncheGesù Bambino mi appare con la croce».

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«Tutto il mio corpo è dolorante, non ne èescluso nessun membro, pur senza nessuna ma-nifestazione visibile esternamente».

«Mamma, tienimi stretta tra le tue braccia, nonle allentare, perché io soccomberei sotto il pesodelle sofferenze».

«Ti lascio ancora in vita, perché mi devi aiu-tare a salvare le anime, devi farmi conoscere».«O Gesù, e come posso io farti conoscere? Ioche sto su un letto di sofferenza e non posso per-correre le strade del mondo...?». «È parlando dite che parlerai di me e così mi farai conoscere».

«È per ordine di Gesù che io parlo delle miesofferenze, diversamene vorrei vivere nascostain Lui».

«Onore al medico. Sono sempre obbedienteai consigli, alle prescrizioni dei medici (primaun cognato, poi un nipote ed altri amici visitato-ri) per dimostrare loro che le mie sofferenze nonsi alleviano con le medicine perché sono di origi-ne divina».

«La corona di spine che fu messa sul capo diGesù era a forma di cuffia e le spine erano lun-ghissime. Una di esse mi è penetrata nell’occhiosinistro. Ne ho provato un dolore acutissimo dadare un grido. Spaventate le mie sorelle sonoaccorse e hanno trovato che dall’occhio era uscitotanto sangue da inzuppare un pannolino sotto ilmento che le mie sorelle mi mettevano per as-

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sorbire il sudore». (La sorella vivente confermatutto e aggiunge che un amico oculista, chiama-to d’urgenza, le riscontrò una ferita all’occhiosinistro. Da allora l’occhio perse la vista e portòsempre bendato).

«Oh, se esiste il diavolo e quant’è brutto! unavolta, dopo aver ricevuto il signor X (un pescegrosso convertito da lei), mi si è presentato conun... in mano e mi ha scaraventata giù dal letto»(la sorella conferma ed aggiunge dei particolari:ad uno strano rumore, accorsero in camera diNina e la trovarono caduta sul pavimento e conil materasso addosso. La rimisero a letto e leirideva, rideva).

«Gesù mi ha detto che devo ricevere tutti, an-che i bambini».

– In occasione di un intervento chirurgico percarcinoma: «Non ti preoccupare, io prego per te,hai tanto bene ancora da fare...». E la salute vabene.

– In occasione di un necessario cambiamentodi casa: «Io prego per voi, che il Signore vi fac-cia trovare bene nella nuova casa, vi dia pace, viliberi dai ladri». Sento che questa sua preghieracontinua tuttora, anche a distanza dalla sua mor-te, perché i ladri sono realmente venuti e, soloper protezione di sorella Nina, dopo aver presoqualcosa di soldi, se ne sono andati via senzaincontrare una persona di famiglia che pur era in

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casa e a cui avrebbero potuto fare del male, purdi estorcere altro. Durante tutto il tempo del-l’azione dei ladri, questa persona è rimasta prov-videnzialmente a fare le sue cose nel garage dicasa, ignara di quanto avveniva nel piano supe-riore. Grazie, Nina, e proteggici sempre.

«Ogni sera ti mando il mio Angelo a salu-tarti».

«O Gesù, consumaci perfettamente nel fuocodel tuo amore»!

M.V.

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Rev.ndo Parroco,mi chiamo S. A. e sono un insegnante

cinquantatreenne di Napoli. Vi scrivo questa in-solita lettera per avere notizie di una vostra san-ta compaesana, da tempo volata in Cielo, da meconosciuta nel suo lettino di sofferenza nella lon-tana Pasqua del 1967 o giù di lì.

Il suo nome è Nina Lanza, una vera santa cheoffriva le sue inaudite sofferenze per la conver-sione dei peccatori e per la salute anche fisica diquanti si affidano alla misericordia del Buon Dio.Fu mia madre a condurmi da lei, perché in quelperiodo ero affetto da una grave forma di de-pressione, che nessun farmaco riusciva a sana-re. E il miracolo è poi avvenuto: già da tempo,grazie all’intercessione della cara Nina, sonoridiventato una persona normale e serena. Miamadre è anch’ella morta da tempo. Era moltodevota a Nina Lanza e la conosceva da tempo.Oggi non ho più notizie su questa santa persona.Me ne rimane vivido e caro il ricordo, ma di leiso solo che viveva in una casa nel centro storicodi Brusciano. Ricordo che di domenica questacasetta era meta di visite da parte di numerosi

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pii e devoti fedeli, anche giovani. Ora, poichémi è venuta l’idea di scrivere qualcosa su questasanta a mo’ di testimonianza (sia pure tardiva ein segno di immutata gratitudine, Vi chiedo dirispondermi dandomi, se Vi è concretamentepossibile, sue notizie, a cominciare da quelleanagrafiche. (Come sarebbe bello se su di Leiesistesse un sia pur breve scritto!). Non so nep-pure dove giacciono le sue spoglie mortali, per-ché io possa venire a Brusciano per deporre sul-la tomba un fiore!

Nella speranza di essere in qualche modoesaudito in questa mia richiesta, invio sincerisaluti e auguri per Voi e le anime a Voi affidate.

Dev.mo S.A.

Napoli, 9/2/2000

Quanto è contenuto nel presente profiloha valore puramente umano e non im-pegna alcun giudizio da parte dellaChiesa.

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INDICE

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Introduzione . . . . . . . . pag. 5

Presentazione . . . . . . . . » 9

PARTE PRIMA

C’era una volta . . . . . . . » 13Il grande incontro . . . . . . . » 14Perché, o Signore? . . . . . . » 17Senza storia . . . . . . . . » 19La missione dell’amore . . . . . » 22La maestra . . . . . . . . . » 24L’umanità di una sorella . . . . . » 25

PARTE SECONDA

Alla scuola di Nina . . . . . . » 29Alle radici della santità . . . . . » 30Sulle orme di Francesco d’Assisi e

Teresa di Lisieux . . . . . . » 30Non vi è amore più grande . . . . » 33Come vuole Lui . . . . . . . » 35La verginità . . . . . . . . » 39Cantavo sempre . . . . . . . » 40Come un cielo sereno . . . . . » 40Fiducia in Gesù . . . . . . . » 41Ansia di luce . . . . . . . . » 43Sentinella dell’amore . . . . . » 44

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Nello splendore dell’Eucarestia . . pag. 45Nella luce di Maria . . . . . . » 46I sacerdoti . . . . . . . . . » 48I peccatori . . . . . . . . . » 50Una parola di conclusione . . . . » 51

TESTIMONIANZE

Padre Gianmaria Travaglino . . . . » 55Padre Pancrazio Scanzano . . . . » 69Suor Elisabetta Gnerre . . . . . » 77M.V. . . . . . . . . . . . » 81S.A. . . . . . . . . . . . » 89

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Finito di stampare nel mese di Febbraio 2004nella Tipolitografia “Edizioni Anselmi s.r.l.”

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6 sedicesimi