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1 ramma comun1s1a GISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx, a Lenin, a livorno 1921, alla lolla della sinistra contro la degenerazione di Mom, al rifiuto dei blocchi partigiani, la dura opera del restauro dalla dcllrina e dell'organo rivoluzionario, a conlallo con la classe eperaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco. organo del partito comunista internazionalista 20 giugno - : 3 luglio 1958 - Anno VII - N. ]2 !L PROGRAMMA COMUNI~TA - Cas. Post. 982 MI LANO Una copia L. 30 Sped. in Abbonamento postale Gruppo Il DeDl oerazia Quale p iù solenne e sanguinosa I tel10 di cui si rivestono le spietate 1,mentita dell a tronfi a fr aseo logra esigenze del! ïmperiali smo. democratica, venga essa da acciden- te o da oriente, che i fatt i di questi giorni? Non sono, quest i , l'improvvi- so scoppio di una febbre occasioria- Je; sono semplicemente l' alzarsi di un piccolo velo sull a realt à quot i- diana. La lezione è unica, chiara: dietro la finzrorie dell a libertà e dell a pacifica marcia verso un « av- venire migliore "· il capitalismo sno- da la sua t rag ica realt à di violenza, di oppressione e di sangue. Invano si tenta, in occasioni si- milr. o di presentare l'eruzione di una selvaggia violenza nei termini di un confli tto ideologico, o di addi- tare in questo o quel punto del l'o- rtzzonte un « criminale di turno "· L'accidente democratico-parlamen- tare (parlamentare resta ancora la Franci a di De Gaull e: non si è an- cora vista una ditt atura borghese aperta che non goda dei crismi del- la legalità e!ettorale), che inscena la periodica manifestazione di sde- gno morale sull e esecuzioni di Bu- dapest, non ha, a sua volta, nern- meno una lacrima da versare sull e condanne a morte che, proprio in questi giorni, sono state pronunci a- te in A!geria. L'ori ente democrati- co-popolare che tenta di gabell are per atto riv0Iuz10nario ed espres- sione di un confli tto ideologico e di cl asse le pall ottole e la corda in Un- gheria, è alt rett anto cinicamente i- pocrita di quel li che finanziano ed armano governi di paesi semicolo- niali contra i « ri bell i JJ, col pretesto che li si decidono le sort.i degli eter- ni principii insidiati da! blocco so- vietico. In entrambi i casi, le sup- poste ideologie non sono che il man- Delizie del viver qootidiano Si !egge che negli ulti mi due me- si i Cantieri Navali di Taranto, città che conta ait re ventimil a di- . soccupatt, hanno proceduto al li- cenztamento di alt ri 770 operai, e mtnacctano addirittura di chiudere : i battenti se non riceveranno ait re .commesse e , naturalmente' , alt ri crc- .diti. Per megli o dire, le commesse ,ci sono gîà, ma non ci sono soldi. E qui vlene il bell o, almeno stan- -do al « Giorno », che dovrebbe in- ·tendersene: il ministero del Tesoro, 'interpell ato per concorde decisione (".i el vescovo, del prefetto e dell e organizzazîoni sindacali , ha r isposto -di ignorare « in quali mani sia fi. ntti; il pacehett o azionario di mag- giQ,- i,i,za, per cui è prati camente impo~~ibile all 'autorità governativa jntavolare trattative con i proprie- tari "· mentre non si è riusciti nern- meno a stabili re « a quale cifr a am- montinn î credit i dei Cantieri Na- -val i verso lo Stato "· La cosa è davvero rivelatrice: lo Stato finanzia, ma « non sa " chi, nè in quale misura. Si <lice che la tu- rela contro la pirateria dei privati capitali stl è nell a gestione, indiret- -ta o diretta, dell e industrie da par- ie dcgli orgam « pubblici »: in réal- -tà, dier ro il sipario de!l 'intervento statale i più all egri giri di mana e .colpi dr scena sono possibili , certo più all egri, sfr ontati e lucrativi di quell i che avvenivano nell a suppo- st a economia « privata » a base {< libera lniziativa » -- tanto è vero che lo Stato è uno strumento doci - le di chi ti ra i fili dell a commedia. Percio giureremmo che quanta suc- cede dei Can_tieri Navali succedc di mill e aitre aziende finanziate, rile- vate, ossigenate da S.M. lo Stato. Chiedete a quest'ult imo a chi ha dato i soldi, e quanti, ed esso vi ri- sponderà: « Non saprei ». G!i inte- ressati, dietro le quinte, si fr egano le mani, e si li sciano i baffi . Hanna -,ben motiva di farl o! Il « monito » che, con le sue ese- cuzioni, l'imperiali smo russo lancia ai satelli ti è forse diverso da quell o che la Francia lancia ai rivoltosi, co lpevol i di non apprezzare i « do- ni" di cui la ci vilt à democrati ca li ha aed iceriternerite colmati? E, vice- versa, le esplosioni a catena in Pae- si vissuti da un seco lo nell e deli zie dell a dominazione coloniale dell e grandi potenze di antico cap it ali- smo hanno forse unor igine diversa da quell e che, in aitre forme e con altri metodi ma con g!i stessi r isul- tati, il pugno di ferro dell a satelli z- zazione orientale ha Ioment ati ? E contra chi si eserci ta la violenza or- ganizzata degli imperiali smi dorni- nanti se non contro forz e politi ca- è mente dell a stesso segno, anch'esse democratiche e imbevute di ideolo- gie tratt e dall 'arsenale borghese, SI chiamino con nomi ungheresi, a Ig e- rini, jugoslavi o Jibanesi, a patente dimostrazione che non si tratt a di batt agli a fr a princi pii e in difesa di platoniche idee, ma di urto spietato d ïnteressi, di rapporti di forz a? Che casa voleva Nagy se non la derno- crazia predicata dai Krusciov corne dagli anti-Krusciov? Che casa i ri- bell i coloniali, se non la libertà sbandierata da tutti g li att ori del teatrino democratico internazionale? Nessuna dell e due parti che bat- tono il can-can in questi giorni ha percià il diritto (se mai il diritto di cui si ciancia a vesse un peso) di presentarsi sull a scena pubbli ca nel- la veste dell 'angelo custode, del fi- faseislll o lantropico tutore dell 'umanit à insi- diata da! m a l i g no, Il mostro feroce ed implacabile è que llo che entram- bi servono: la civiltà dell a merce. E' a questa chc gli uni e gli alt ri osannano; è in essa che il bastone dell a vio!enza organizzata e la ca- rota dell a libertà, eguaglianza e fr a- ternità, sono g l i strumenti indispen- sabili e complementarï' dell a domi- nazione di cl asse. Se sdegno deve fiammeggiare ne! cuore del proleta- riato rivoluzionario, non è già per le figure nell e quali la classe domi- nante vorrebbe concentrare la sua attenzione per scaricare sull e sp al- le del concorrente le colpe e i de- litti propri, ma per un regime in- carnato da enlrambi che puo reg- g e rs i solo attraverso l' esercizio quo- tidiano dell a sfr uttamento. Nessuno si salva, in questo putrido gioco; nessuno di questi cinici mercanti puo arr ogarsi di parlare in nome di un'umanità da esso in pari grado tormentata. Tutt i insieme la to r- mentano, ad est e ad ovest, ad ove st e ad est, sotto tutti i meridiani e i parall eli , contra agni colore dell a pell e; tutti coprono lo spietato ese r- cizio dell a loro violenza dietro la retorica di sacr i ideali . La li bertà di cui tutti sr riempiono la bocca non ha eletto domicili o nè da que- sta nè da quell a parte dell a cortina di ferro. In entrambe c'è solo la li- bertà del pesce grande d'inghiottire a piacimento il piccolo. Gli aff ari sono affari. Finita la re- cita dei virtuosi sdegni reciproci , i mercanti passeranno ... all 'ordine del giorno, cioè a traffi care. FASTI DELLA COLONIZZAZIONE FRANCESE IN ALGERIA In questi giorni m cui De ulle batte il tam-tam sulle virtù storiche della colonizzazione [rancese del- l'Algeria, ed of fre ai musulmanz l'alto onore d'essere integrati nel- la « generosa » terra metropolita- na illuminata dal faro di Pariai, è opportuno ricordare quanto, nel 1912, scrisse la Luxenburg, pro- prio su quest'argomento, nel ca- pitolo XXVII della sua monumen- tale opera « Die Akkumulation des Kapitals ». Rosa Luxenburg ricorda come, fino alla metà del secolo scorso ed anche ai principii del nostro, esi- stesse fra le triarabo-cabiliche - per ammissione anche di storici borghesi, quali !'Hanotaux e il Le- tourneux --, una forma di comuni- mo przmitivo, in forza del quale ogni Cabila possedeva in comune la ierrà, gli attrezzi, perfino il ve- stiario e gli oggetti preziosi, laPn- rava in comune il suolo, preparava e consumapa in comune i prodotti agricoli o, quando i membri degli aggregati di famiglie erano troppo numerosi, li dividePa nel rispetto di un'assoluta e(!uità. Perfino la Pi- ta nomade era regolata in base a criteri di giustizia, e le migrazioni stagionali âo; deserto alla costa e viceversa si compivano su tratturi e con luoghi di sosta ben stabiliti. Già il regime turco aveva incisa in questa tradizione incamerando terrent che il sco conduceva di- rettamente o metteva all'asta a fa- Pore di mercanti ed usurai; ma è una favola che l'Impero ottoman» apesse ito confiscaio, Infatti - e qui lasciamo la parola alla gran- de compagna -- riservandoci di sviluppare il tema: « Ai tempi dell a conquista fr an- cese [ dal 1831 in avanti] il quadro era il seguente: 1,5 mili oni di et- tari formavano il demanio turco, alt ri 3 mil. erano sottoposti all o Stato corne « propr'ietà comune di tutti i fedeli di All ah » in quanta terreno incolto; la proprietà priva- ta abbracciava 3 mil. di ettari in possesso dei berberi dai tempi di Roma, e 1,5 mil. di ett ari caduti in man] turche. In proprietà comune indivisa dell e tribù arabe restavano 5 mili oni di ettari, più 1,5 mil. ne! Sahara ... I fr ancesi, trasformata in colonia l'Algeria, cominciarono con grande fr astuono la loro opera civi lizza- tr ice, Da quando, nel XVIII sec., aveva cominciato a scroll are il giogo turco, l'Algeria non era for- se divenuta un cava di pirati che rendeva malsicuro il Mediterraneo e prati cava il commercio degli schiav i cristiani? A questa man- canza di scrupoli dichiararono guerra implacabil e perfi no la Spa- gna e il Nord America, che pure, in fatto di commercio degli schiavi, ne avevano fatte di tutti i colori; e anche durante la grande rivolu- zione fr ancese fu indetta una cro- ci ata contra l' anarchia algerina. La sott omissione dell 'Algeria fu quin- di portata a termine sotto la ban- diera dell a « latt a contra lo schia- vismo » e dell'« introduzione di rapporti civili e ordinati "· La prassi doveva mostrare ben presto che cosa si nascondesse dietro que- ste parole dor diri e. Nei 40 anni t rascor sr nell a conquista dell 'Alge- ria, nessun Stato europeo passé> at- traverso t ari t] cambiamenti di si- stema poli tico quanta la Francia. All a restaurazione seguirono la ri- voluzione di Juglio e la mori archi a borghese,a questa la rivoluzione di febbraio, la II repubbli ca, il II im- pero, infi ne il croll o del 1870 e la III repubblica, Ma, in questa suc- cessicne di eventi, un polo immu- iabil e rimase la pol itica fr ancese in Alger ia, che dal principio all a fine ebbe un solo scopo, e svelè ne] modo migli ore, ai marg ini del deserto afr icano, che tutti i r ivol u- zionamenti dell a sovrastrutt ura po- lit ica nell a Francia del sec. XIX ruotavano intorno a un unico in- teresse fondamentale: il dominio dell a borghesia capitali stica e del- le sue forme di proprietà. . - La proposta di !egge sottornes- sa al vostro studio - diceva l'on. Humbert il 30 giugno 1873 all'as- semblea nazionale fr ancese in qua- lità di re]atore dell a commissione sul l'ord'inamento agrario in Aige- ria - non è che il coronamento delle diücio le cui basi furono get- tate da una serie di ordinanze, de- creti , leggi e senatoconsulti, che tutti insieme, e ciascuno a sè, perseguono lo stesso fine: l'intr o- duzione dell a proprietà privata fr a gli arabi ». La soppressione e di vt- sione pianifi cata dell e proprietà comuni, ecco il polo immutabile verso il quale l' aga della poli tica coloniale fr ancese, malgrado tutte le tempeste dell a vit a statale in- terna, rimase per mezzo secolo o- rientato, e ciè per due interessi lu- cidamente intesi. Prima di tutto, la distruzione dell a proprietà comune doveva mett er fine all a potenza del- le tribù ara be corne unità socialt, e quindi spezzare la caparbia resi- stenza al giogo fr ancese che, mal- grado la strapotenza militare dell a Francia, si manifestava in intermi- nabili rivolte dell e Cabil e e aveva per conseguenza uno stato di guer- ra ininterrotto nell a colonia (« dob- biamo aff rettarci - dichiarava nel 1851 l'on. Didier - a sciogliere le comunità tribali, perché esse sono la leva di agni opposizione al no- stro dominio »). In seconda luogo , la distruzi one dell a proprietà co- mune era la premessa per sfr utta- re ecohomicamente la terra conqui- stata, ci oè per togli ere agli arabi il suolo che questi possedevano da un mill ennio e trasferirlo nell e ma- ni di capit alisti fr ancesi. A questo scopo servi la finzione a no] già nota secondo cui l'intero suolo era in base all e leggi musulmane, pro~ prietà del sovrano di fatt o. Esatta- mente corne gli inglesi nell 'India britannica, i governatori di Luigi Fili ppo in Algeria procl amarono c< impossibil e » l' esistenza di una proprietà comune d'intere tribù <! famigli e, e, sull a base di questa fin- zione, la maggior parte dell e terr~ incolt e, ma soprattutt o le terre comunali , i boschi e i pascoli vennero dichiarati proprietà statale e messi a profit to dell a colonizza- zione. Sorse cosi tutt o un sistema di cantonnements, in cui, in mezzo 31 terreni dell e Cabil e, si sarebber'.l install ati coloni francesi, ma le Ca- bil e stesse sarebbero state ridotte al minimo di suolo coltivabil e. Que- sti furti a dan no, dell e proprietà comuni dell e tribù arabe vennero « legali zzati " dai decreti 1830, 1831, 1840, 1844, 1845 e 1846; ma questo sistema di insediamento, lungi da! portare a una colonizzazione del suolo, ebbe il solo eff etto di ali- mentare la speculazione e 1 us ura. Nell a maggioranza dei casi, gli - ara- bi riuscirono a ricomprare le terre loro rubate, ma per far cià si ca- ricarono di debiti. N ell o stesso sen- sa agi l' onere fiscale imposto dall a Francia. La legge del 16 giugno 1851, poi, che dichiarava proprietà statale tutti i boschi e rubava agli indigeni 2,4 mil ioni di ett ari a pa- scolo o a brughiera, privà l'all eva- mento ovino dell e sue stesse basi. Sott a la pioggia dei decreti, dell e ordinanze e dei provvedimenti am- ministrativi, un caos indescrivibil e si determinà nei rapporti di pro- prietà del suolo. Sfr uttando la feb- brile speculazione sui terreni, e nell a speranza di presto riconqui- stare il perduto, moiti indigeni ce- dett ero i loro fondi, spesso venden- do a due o tre compratori lo ste~- so terreno che poi si rivelava non proprietà loro, ma proprietà co- mune ina!i enabile di una tribù ... !'<e segui una serie interminabile di processi, in cui le corti fr ancesi appoggiarono in !inea di principio tutt e le divisionI e le pretese degli acquirenti. L'incertezza dei rappor- ti di proprietà, l' usura, la specul'l- zione, l'anarchia divennero genera- li. Ma il piano del governo metro- pol-itano di crearsi, in mezzo all a popolazione araba, un forte appog- gio in una massa di coloni fr an- cesi falli miseramente. Percià, sot- to il seconda impero, la poli tica pa- rigina cambià registra: il governo, che, dopo 30 anni di cocciuta ne- gazione dell a proprietà comune, a- veva aperto gli occhi, riconobbe in via uffi ciale l' esistenza dell a pro- prietà indivisa dell e tribù, ma solo per proclamare, nell 'atto stesso, la necessità di una sua divisione for- zata. E' questo il doppio senso del senatoconsult o 22 april e 1863. « Il governo - dichiarà ne! Consigli o di Stato il gen. All ard - non per- de di vista il fatto che lo scopo ge- nera le dell a sua politica è di inde- boli re l' influenza dei capi tribù e scioghere le Cabil e. In ta! modo sarà eli minato !'ult imo residuo di feudalismo ( ! ) di cui si presentano corne difensori i nemici dell e pro- poste del governo... La creazione dell a proprietà privata, l'insedia- mento di coloni europei in mezzo all e triarabe ... sono i mezzi PPI sicuri per accelerare il processo di dissoluzione dell e associ azioni di tribù >>. La legge 1863 creà, ai fini deli a divisione dell e terre, com- (continua in 2.a pag.) Scandale qua, scandalo là I repubblicani USA salirono al governo su un'onda di cosiddetta reazione morale agli « scandali >> dell'amministrazione democratica: il regime ?: corrotto - dissero - e noi lo salveremo. '"Ora la ruota ha fatti un giro completo, e accusato di cor- ruzione è, nientemeno, il consigliere privato del Presidente e rampoll,i di una famiglia puritana che ha mandato alla C9-sa Bianca, in una Lunga storia, due predecessori rti Ike; è da prevedere che i democra- tici batteranno la grancassa eletto- rale sullo scandalo di turno. La grande azienda capitalistica non ha bisogno di « dare », perchè lo Stato, il sua comitato esecutivo, fac- cia la politica che piace a lei; pre- feribilmente, rifiuta di dare, minac- cia di « tagliare i Piveri » alla muc- ca statale; ricatta, non sborsa. Eli- minate la corruzione spicciola; avrete soltanto circoscritto in mani sempre più « scelte » la normale, moralissima corruttela del regime. Democratico o repubblicano, per usare ; termini statunitensi, la real- tà dello Stato came oroano di clas- se non cambia: la condanna del funzionario che si ?! « lasciato cor- rompere " è solo lŒ condanna del- l'inabile, 4ell'inesperto, del « pivel- lino », di colui che si lascia pren- dere, egli e S.M. il potere esecutivo, con le mani nel sacco. La moralità borghese consiste ne,ll'arte di fre- gare il prossimo nel pieno e assolu- to rispetto della legge: il codice è Lo scudo della pirateria dei Big, la frusta per la coglioneria dei « pe- sci piccoli ». Non v'è dimostrazione più schiac- ciante dell'ipocrisia borohese, che queste periodiche ondate moraliz- zatrici. Scandalizzandosi di un alto funzionario, preferibilmente purita- no e di illibata « moralissima » fa- miglia, che ha accettato la bustare!- la da un industriale in cerca di fa- vori o di commesse, e magari sot- toponendolo solennemente ad in- chiesta, esse mirano ad accreditare la convinzione che lo Stato si-a dav- Pero un organo al disopra delle classi, non legato agli interessi di nessuno e sollecito unicamente del amnesia dei lettori. Quando, l'8 « bene generale ». maggio 1945, gli algerini pretesero In realtà, l'indus(riale che « cor- il conta delle promesse fatte loro rompe» il funzionario è solo un durante la guerra, e, nella repres- piccolo concorrente alla legalissima sione che ne segai, « diverse deci ne corruzione che i grossi pirati del di migli aia di musulmani » furono capitale esercitano con ben altri uccisi ( e 1'.loi si dice dei tedeschi!), mezzi e spesa molto minore, con chi era ai governo con De Gaulle, l'arma di una pressione non deter-1 se non il « compagno » Thorez, vi- minabile in ci fra, non regütrata in ce-presidente del generale come og- nessun canto m albergo o m banca. gi Mollet? IL TRIONFO Dl TARTUFO Un colpo al cerc~io e mille alla botte I tristi « gentiluomini " riunitisi a Bruxelles come rapprsentanti del- l'Internazionale Socialista avrebbe- ro doPuto sudare sette camicie - se per 1potesi assurda conservasse- ra un minimo di pudore ~ quando si è trattato di redigere le storiche mozi.oni sulla situazione francese ed algerina. L 'han no fatto dando un colpo al cerchio e mille alla botte. Bontà loro, hanno « espresso in- quietudine " per la prima, dichia- randosi solidali coi « democratici f rance si nella loro vigilanza ( !! ! ) e nella loro risoluzione (!!!) ad agi- re contro tutti gli elementi che po- trebbero tentare di imporre al po- polo francese una costituzione di carattere non democratico » ( e di urazia, che cosa è aPvenuto, intan- to?). Evidentemente, essi non os a- va no nominare il compagno Mollet, trionfalmente assiso al potere con De Gaulle: l'hanno quindi tacita- mente compreso nella categoria dei « vigilanti >> e dei « risoluti" e, par- tecipi della sua « inquietudine », oli hanno dato una preventiva sana- toria. Qualunque cosa faccia o non faccia l'amico, gli resterà sempre la scusa di aver ... risolutamente vi- gilato. Quanto all'Algeria, l'Internaziona- le Socialista ha ribadito che essa « difende il principio della libertà di tutte le nazioni », ma, siccome nella pratica le cose sono più com- plesse, e in Algeria « l'interdipen- denza economica e l'associazione culturale hanno creato tra la Fran- cia e l'Algeria relazioni che sono quasi senza precedenti », si è « au- gurata » che non si giunga agli e- stremi, e che la « libertà >> e i « ne- goziati pacifici » Padano di pari pas- sa, o meglio non facciano nessun serio passo avanti --, giacchè nè dai francesi nè dagli algerini si puà attendere « una capitolazione preli- minare » (e da chi, allora?). Anche qui, un colpa alla « libertà » e mille alle calende greche delle trattative diplomatiche, in piena guerra. Cosi, con l'« amarezza" nel cuore ma con la coscienza a posto (la co- scienza di decenni di tradimento e di ipocrisia) i iristi signori hanno ripreso il treno da Bruxelles. f acce di bronzo A proposito deuli apvenimenti francesi, l'« Unità » è andata a ri- spolverare il « Diciotto Brumaio » di Marx ;per ricordare a se stessa e agli altri che « la vocazione della borghesia è il Jascismo » Questa brava gente, fedele alla tradizione mai smenttta della più insigne faccia di tolla, ha perà sa- puto leggere in Marx non già la de- nunzia del carattere intrinseca- mente dittatoriale, putrido e « fa- scista " della democrazia, bensi proprio l'opposto: Pi ha letto il rimpianto per il « seppellimento, con tutti ; funebri riti di una falsa legalità, della democrazia parla- mentare ». Marx scriPe il XVIlI Brumaio appunto per di7llostrare la conti nuità ferrea fra il regime de- mocratico e il regime imperiale-bo- napa rtista: l'« Unità » vi legge la dimostrazione di una rottura (mal- vagia, perversa rottura, da sanar- si al più presto) fra i due regimi. Marx scrive che « la Francia di og- gi [di Napoleone III] era già tutta intera nell a repubblica parlamenta- re »; l'« Un-ità » piange sulla repub- blica parlamentare, verginella pro- ditoriamente violata, e chiama gli operai a rifarle la plastica. Marx scrive per ricordare aali operai che proprio nella « legalità " è lo strumento della sua oppressione; l'« Unità » versa lacrime appunto sulla legge calpestata, Si noti bene, fra l'altro, che è il pianto dell'impotente, giacchè, dopa tante chiacchiere sulla decisione di scendere in piazza il giorno che la borghesia passasse all'offensiva, i « compagni francesi » si sono ben guardati dal lanciare parole d'or- dine del genere, essi che furono fra i primi a votare le leggi eccezio- nali Pflimlin che prepararono il corredo alla sposa-De Gaulle. Troppo comodo è giocare sulla

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• 1 • ramma comun1s1a GISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx, a Lenin, a livorno 1921, alla lolla della sinistra contro la degenerazione di Mom, al rifiuto dei blocchi partigiani, la dura opera del restauro dalla dcllrina e dell'organo rivoluzionario, a conlallo con la classe eperaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

organo del partito comunista internazionalista

20 giugno - :3 luglio 1958 - Anno VII - N. ]2 !L PROGRAMMA COMUNI~TA - Cas. Post. 982

MI LANO

Una copia L. 30 Sped. in Abbonamento postale Gruppo Il

DeDloerazia Quale p iù solenne e sanguinosa I tel10 di cui si rivestono le spietate

1,mentita della tronfia fr aseo logra esigenze del! ïmperialismo. democratica, venga essa da acciden­ te o da oriente, che i fatti di questi giorni? Non sono, quest i , l'improvvi­ so scoppio di una febbre occasioria­ Je; sono semplicemente l'alzarsi di un piccolo velo sulla realtà quot i­ diana. La lezione è unica, chiara: dietro la finzrorie della libertà e della pacifica marcia verso un « av­ venire migliore "· il capitalismo sno­ da la sua t rag ica realtà di violenza, di oppressione e di sangue.

Invano si tenta, in occasioni si­ milr. o di presentare l'eruzione di una selvaggia violenza nei termini di un conflitto ideologico, o di addi­ tare in questo o quel punto del l'o­ rtzzonte un « criminale di turno "· L'accidente democratico-parlamen­ tare (parlamentare resta ancora la Francia di De Gaulle: non si è an- cora vista una dittatura borghese aperta che non goda dei crismi del­ la legalità e!ettorale), che inscena la periodica manifestazione di sde­ gno morale sulle esecuzioni di Bu­ dapest, non ha, a sua volta, nern­ meno una lacrima da versare sulle condanne a morte che, proprio in questi giorni, sono state pronuncia­ te in A!geria. L'oriente democrati­ co-popolare che tenta di gabellare per atto riv0Iuz10nario ed espres­ sione di un conflitto ideologico e di classe le pallottole e la corda in Un­ gheria, è altrettanto cinicamente i­ pocrita di quel li che finanziano ed armano governi di paesi semicolo­ niali contra i « ri belli JJ, col pretesto che li si decidono le sort.i degli eter­ ni principii insidiati da! blocco so­ vietico. In entrambi i casi, le sup­ poste ideologie non sono che il man-

Delizie del viver qootidiano

Si !egge che negli ultimi due me­ si i Cantieri Navali di Taranto, città che conta aitre ventimila di­ . soccupatt, hanno proceduto al li­ cenztamento di altri 770 operai, e mtnacctano addirittura di chiudere :i battenti se non riceveranno aitre .commesse e , naturalmente', altri crc­ .diti. Per meglio dire, le commesse ,ci sono gîà, ma non ci sono soldi.

E qui vlene il bello, almeno stan­ -do al « Giorno », che dovrebbe in­ ·tendersene: il ministero del Tesoro, 'interpellato per concorde decisione (".iel vescovo, del prefetto e delle organizzazîoni sindacali, ha r isposto -di ignorare « in quali mani sia fi. ntti; il pacehetto azionario di mag­ giQ,-i,i,za, per cui è praticamente impo~~ibile all'autorità governativa jntavolare trattative con i proprie­ tari "· mentre non si è riusciti nern­ meno a stabilire « a quale cifra am­ montinn î crediti dei Cantieri Na­ -val i verso lo Stato "·

La cosa è davvero rivelatrice: lo Stato finanzia, ma « non sa " chi, nè in quale misura. Si <lice che la tu­ rela contro la pirateria dei privati capitalistl è nella gestione, indiret­ -ta o diretta, delle industrie da par­ ie dcgli orgam « pubblici »: in réal­ -tà, dierro il sipario de!l'intervento statale i più allegri giri di mana e .colpi dr scena sono possibili, certo più allegri, sfrontati e lucrativi di quelli che avvenivano nella suppo­ st a economia « privata » a base •1Î

{< libera lniziativa » -- tanto è vero che lo Stato è uno strumento doci­ le di chi tira i fili della commedia. Percio giureremmo che quanta suc­ cede dei Can_tieri Navali succedc di mille aitre aziende finanziate, rile­ vate, ossigenate da S.M. lo Stato. Chiedete a quest'ultimo a chi ha dato i soldi, e quanti, ed esso vi ri­ sponderà: « Non saprei ». G!i inte­ ressati, dietro le quinte, si fregano le mani, e si lisciano i baffi. Hanna

-,ben motiva di farlo!

Il « monito » che, con le sue ese­ cuzioni, l'imperialismo russo lancia ai satelliti è forse diverso da quello che la Francia lancia ai rivoltosi, co lpevol i di non apprezzare i « do­ ni" di cui la civiltà democratica li ha aed iceriternerite colmati? E, vice­ versa, le esplosioni a catena in Pae­ si vissuti da un seco lo nelle delizie della dominazione coloniale delle grandi potenze di antico cap it ali­ smo hanno forse unor igine diversa da quelle che, in aitre forme e con altri metodi ma con g!i stessi r isul­ tati, il pugno di ferro della satelliz­ zazione orientale ha Ioment ati ? E contra chi si esercita la violenza or- ganizzata degli imperialismi dorni­ nanti se non contro forze politica-

è mente della stesso segno, anch'esse democratiche e imbevute di ideolo­ gie tratte dall'arsenale borghese, SI chiamino con nomi ungheresi, a Ig e­ rini, jugoslavi o Jibanesi, a patente dimostrazione che non si tratta di battaglia fra principii e in difesa di platoniche idee, ma di urto spietato d ïnteressi, di rapporti di forza? Che casa voleva Nagy se non la derno­ crazia predicata dai Krusciov corne dagli anti-Krusciov? Che casa i ri­ belli coloniali, se non la libertà sbandierata da tutti g li attori del teatrino democratico internazionale? Nessuna delle due parti che bat­

tono il can-can in questi giorni ha percià il diritto (se mai il diritto di cui si ciancia a vesse un peso) di presentarsi sulla scena pubblica nel­ la veste dell 'angelo custode, del fi-

faseislllo lantropico tutore dell'umanità insi­ diata da! m a l i g no, Il mostro feroce ed implacabile è que llo che entram­ bi servono: la civiltà della merce. E' a questa chc gli uni e gli altri osannano; è in essa che il bastone della vio!enza organizzata e la ca­ rota della libertà, eguaglianza e fr a­ ternità, sono g l i strumenti indispen­ sabili e complementarï' della domi­ nazione di classe. Se sdegno deve fiammeggiare ne! cuore del proleta­ riato rivoluzionario, non è già per le figure nelle quali la classe domi­ nante vorrebbe concentrare la sua attenzione per scaricare sulle sp al­ le del concorrente le colpe e i de­ litti propri, ma per un regime in­ carnato da enlrambi che puo reg­ g e rs i solo attraverso l'esercizio quo­ tidiano della sfruttamento. Nessuno

si salva, in questo putrido gioco; nessuno di questi cinici mercanti puo arrogarsi di parlare in nome di un'umanità da esso in pari grado tormentata. Tutti insieme la to r­ mentano, ad est e ad ovest, ad ove st e ad est, sotto tutti i meridiani e i paralleli, contra agni colore della pelle; tutti coprono lo spietato ese r­ cizio della loro violenza dietro la retorica di sacr i ideali. La libertà di cui tutti sr riempiono la bocca non ha eletto domicilio nè da que­ sta nè da quella parte della cortina di ferro. In entrambe c'è solo la li­ bertà del pesce grande d'inghiottire a piacimento il piccolo.

Gli affari sono affari. Finita la re­ cita dei virtuosi sdegni reciproci, i mercanti passeranno ... all'ordine del giorno, cioè a trafficare.

FASTI DELLA COLONIZZAZIONE FRANCESE IN ALGERIA In questi giorni m cui De Gâulle

batte il tam-tam sulle virtù storiche della colonizzazione [rancese del­ l'Algeria, ed offre ai musulmanz l'alto onore d'essere integrati nel­ la « generosa » terra metropolita­ na illuminata dal faro di Pariai, è opportuno ricordare quanto, nel 1912, scrisse la Luxenburg, pro­ prio su quest'argomento, nel ca­ pitolo XXVII della sua monumen­ tale opera « Die Akkumulation des Kapitals ». Rosa Luxenburg ricorda come,

fino alla metà del secolo scorso ed anche ai principii del nostro, esi­ stesse fra le tribù arabo-cabiliche - per ammissione anche di storici borghesi, quali !'Hanotaux e il Le­ tourneux --, una forma di comuni- mo przmitivo, in forza del quale ogni Cabila possedeva in comune la ierrà, gli attrezzi, perfino il ve­ stiario e gli oggetti preziosi, laPn­ rava in comune il suolo, preparava e consumapa in comune i prodotti agricoli o, quando i membri degli aggregati di famiglie erano troppo numerosi, li dividePa nel rispetto di un'assoluta e(!uità. Perfino la Pi­ ta nomade era regolata in base a criteri di giustizia, e le migrazioni stagionali âo; deserto alla costa e viceversa si compivano su tratturi e con luoghi di sosta ben stabiliti. Già il regime turco aveva incisa in questa tradizione incamerando terrent che il fïsco conduceva di­ rettamente o metteva all'asta a fa­ Pore di mercanti ed usurai; ma è una favola che l'Impero ottoman» apesse iiüto confiscaio, Infatti - e qui lasciamo la parola alla gran­ de compagna -- riservandoci · di sviluppare il tema:

« Ai tempi della conquista fr an­ cese [ dal 1831 in avanti] il quadro era il seguente: 1,5 milioni di et­ tari formavano il demanio turco, altri 3 mil. erano sottoposti allo Stato corne « propr'ietà comune di tutti i fedeli di Allah » in quanta terreno incolto; la proprietà priva­ ta abbracciava 3 mil. di ettari in possesso dei berberi dai tempi di Roma, e 1,5 mil. di ettari caduti in man] turche. In proprietà comune indivisa delle tribù arabe restavano 5 milioni di ettari, più 1,5 mil. ne! Sahara ...

I francesi, trasformata in colonia l'Algeria, cominciarono con grande frastuono la loro opera civi lizza­ tr ice, Da quando, nel XVIII sec., aveva cominciato a scrollare il giogo turco, l'Algeria non era for­ se divenuta un cava di pirati che rendeva malsicuro il Mediterraneo e praticava il commercio degli schiav i cristiani? A questa man­ canza di scrupoli dichiararono guerra implacabile perfino la Spa­ gna e il Nord America, che pure, in fatto di commercio degli schiavi, ne avevano fatte di tutti i colori; e anche durante la grande rivolu­ zione francese fu indetta una cro­ ciata contra l'anarchia algerina. La sottomissione dell'Algeria fu quin­ di portata a termine sotto la ban­ diera della « latta contra lo schia­ vismo » e dell'« introduzione di rapporti civili e ordinati "· La prassi doveva mostrare ben presto che cosa si nascondesse dietro que-

ste parole dor dirie. Nei 40 anni t rascor sr nella conquista dell'Alge­ ria, nessun Stato europeo passé> at­ traverso t arit] cambiamenti di si­ stema politico quanta la Francia. Alla restaurazione seguirono la ri­ voluzione di Juglio e la moriarchi a borghese,a questa la rivoluzione di febbraio, la II repubblica, il II im­ pero, infine il crollo del 1870 e la III repubblica, Ma, in questa suc­ cessicne di eventi, un polo immu­ iabile rimase la pol itica francese in Alger ia, che dal principio alla fine ebbe un solo scopo, e svelè ne] modo migliore, ai marg ini del deserto africano, che tutti i r ivol u­ zionamenti della sovrastruttura po­ litica nella Francia del sec. XIX ruotavano intorno a un unico in­ teresse fondamentale: il dominio della borghesia capitalistica e del­ le sue forme di proprietà. . - La proposta di !egge sottornes­

sa al vostro studio - diceva l'on. Humbert il 30 giugno 1873 all'as­ semblea nazionale francese in qua­ lità di re]atore della commissione sul l'ord'inamento agrario in Aige­ ria - non è che il coronamento dellediücio le cui basi furono get­ tate da una serie di ordinanze, de­ creti, leggi e senatoconsulti, che tutti insieme, e ciascuno a sè, perseguono lo stesso fine: l'intro­ duzione della proprietà privata fra gli arabi ». La soppressione e di vt­ sione pianificata delle proprietà comuni, ecco il polo immutabile verso il quale l'aga della politica coloniale francese, malgrado tutte le tempeste della vita statale in­ terna, rimase per mezzo secolo o­ rientato, e ciè per due interessi lu­ cidamente intesi. Prima di tutto, la distruzione della proprietà comune doveva metter fine alla potenza del­ le tribù arabe corne unità socialt, e quindi spezzare la caparbia resi­ stenza al giogo francese che, mal­ grado la strapotenza militare della Francia, si manifestava in intermi­ nabili rivolte delle Cabile e aveva per conseguenza uno stato di guer­ ra ininterrotto nella colonia (« dob­ biamo affrettarci - dichiarava nel 1851 l'on. Didier - a sciogliere le comunità tribali, perché esse sono la leva di agni opposizione al no­ stro dominio »). In seconda luogo , la distruzione della proprietà co­ mune era la premessa per sfrutta­ re ecohomicamente la terra conqui­ stata, cioè per togliere agli arabi il suolo che questi possedevano da un millennio e trasferirlo nelle ma­ ni di capitalisti francesi. A questo scopo servi la finzione a no] già nota secondo cui l'intero suolo era in base alle leggi musulmane, pro~ prietà del sovrano di fatto. Esatta­ mente corne gli inglesi nell'India britannica, i governatori di Luigi Filippo in Algeria proclamarono c< impossibile » l'esistenza di una proprietà comune d'intere tribù <!

famiglie, e, sulla base di questa fin­ zione, la maggior parte delle terr~ incolte, ma soprattutto le terre comunali, i boschi e i pascoli vennero dichiarati proprietà statale e messi a profitto della colonizza­ zione. Sorse cosi tutto un sistema di cantonnements, in cui, in mezzo 31 terreni delle Cabile, si sarebber'.l

installati coloni francesi, ma le Ca­ bile stesse sarebbero state ridotte al minimo di suolo coltivabile. Que­ sti furti a dan no, delle proprietà comuni delle tribù arabe vennero « legalizzati " dai decreti 1830, 1831, 1840, 1844, 1845 e 1846; ma questo sistema di insediamento, lungi da! portare a una colonizzazione del suolo, ebbe il solo effetto di ali­ mentare la speculazione e 1 usura. Nella maggioranza dei casi, gli- ara­ bi riuscirono a ricomprare le terre loro rubate, ma per far cià si ca­ ricarono di debiti. N ello stesso sen­ sa agi l'onere fiscale imposto dalla Francia. La legge del 16 giugno 1851, poi, che dichiarava proprietà statale tutti i boschi e rubava agli indigeni 2,4 milioni di ettari a pa­ scolo o a brughiera, privà l'alleva­ mento ovino delle sue stesse basi. Sotta la pioggia dei decreti, delle ordinanze e dei provvedimenti am­ ministrativi, un caos indescrivibile si determinà nei rapporti di pro­ prietà del suolo. Sfruttando la feb­ brile speculazione sui terreni, e nella speranza di presto riconqui­ stare il perduto, moiti indigeni ce­ dettero i loro fondi, spesso venden­ do a due o tre compratori lo ste~­ so terreno che poi si rivelava non proprietà loro, ma proprietà co­ mune ina!ienabile di una tribù ... !'<e segui una serie interminabile di processi, in cui le corti francesi appoggiarono in !inea di principio

tutte le divisionI e le pretese degli acquirenti. L'incertezza dei rappor­ ti di proprietà, l'usura, la specul'l­ zione, l'anarchia divennero genera­ li. Ma il piano del governo metro­ pol-itano di crearsi, in mezzo alla popolazione araba, un forte appog­ gio in una massa di coloni fran­ cesi falli miseramente. Percià, sot­ to il seconda impero, la politica pa­ rigina cambià registra: il governo, che, dopo 30 anni di cocciuta ne­ gazione della proprietà comune, a­ veva aperto gli occhi, riconobbe in via ufficiale l'esistenza della pro­ prietà indivisa delle tribù, ma solo per proclamare, nell'atto stesso, la necessità di una sua divisione for­ zata. E' questo il doppio senso del senatoconsulto 22 aprile 1863. « Il governo - dichiarà ne! Consiglio di Stato il gen. Allard - non per­ de di vista il fatto che lo scopo ge­ nerale della sua politica è di inde­ bolire l'influenza dei capi tribù e scioghere le Cabile. In ta! modo sarà eliminato !'ultimo residuo di feudalismo ( ! ) di cui si presentano corne difensori i nemici delle pro­ poste del governo... La creazione della proprietà privata, l'insedia­ mento di coloni europei in mezzo alle tribù arabe ... sono i mezzi PPI sicuri per accelerare il processo di dissoluzione delle associazioni di tribù >>. La legge 1863 creà, ai fini delia divisione delle terre, com-

(continua in 2.a pag.)

Scandale qua, scandalo là I repubblicani USA salirono al

governo su un'onda di cosiddetta reazione morale agli « scandali >> dell'amministrazione democratica: il regime ?: corrotto - dissero - e noi lo salveremo. '"Ora la ruota ha fatt•i un giro completo, e accusato di cor­ ruzione è, nientemeno, il consigliere privato del Presidente e rampoll,i di una famiglia puritana che ha mandato alla C9-sa Bianca, in una Lunga storia, due predecessori rti Ike; è da prevedere che i democra­ tici batteranno la grancassa eletto­ rale sullo scandalo di turno.

La grande azienda capitalistica non ha bisogno di « dare », perchè lo Stato, il sua comitato esecutivo, fac­ cia la politica che piace a lei; pre­ feribilmente, rifiuta di dare, minac­ cia di « tagliare i Piveri » alla muc­ ca statale; ricatta, non sborsa. Eli­ minate la corruzione spicciola; avrete soltanto circoscritto in mani sempre più « scelte » la normale, moralissima corruttela del regime. Democratico o repubblicano, per

usare ; termini statunitensi, la real­ tà dello Stato came oroano di clas­ se non cambia: la condanna del funzionario che si ?! « lasciato cor­ rompere " è solo lŒ condanna del­ l'inabile, 4ell'inesperto, del « pivel­ lino », di colui che si lascia pren­ dere, egli e S.M. il potere esecutivo, con le mani nel sacco. La moralità borghese consiste ne,ll'arte di fre­ gare il prossimo nel pieno e assolu­ to rispetto della legge: il codice è Lo scudo della pirateria dei Big, la frusta per la coglioneria dei « pe­ sci piccoli ».

Non v'è dimostrazione più schiac­ ciante dell'ipocrisia borohese, che queste periodiche ondate moraliz­ zatrici. Scandalizzandosi di un alto funzionario, preferibilmente purita­ no e di illibata « moralissima » fa­ miglia, che ha accettato la bustare!­ la da un industriale in cerca di fa­ vori o di commesse, e magari sot­ toponendolo solennemente ad in­ chiesta, esse mirano ad accreditare la convinzione che lo Stato si-a dav­ Pero un organo al disopra delle classi, non legato agli interessi di nessuno e sollecito unicamente del amnesia dei lettori. Quando, l'8 « bene generale ». maggio 1945, gli algerini pretesero In realtà, l'indus(riale che « cor- il conta delle promesse fatte loro

rompe» il funzionario è solo un durante la guerra, e, nella repres­ piccolo concorrente alla legalissima sione che ne segai, « diverse decine corruzione che i grossi pirati del di migliaia di musulmani » furono capitale esercitano con ben altri uccisi ( e 1'.loi si dice dei tedeschi!), mezzi e spesa molto minore, con chi era ai governo con De Gaulle, l'arma di una pressione non deter-1 se non il « compagno » Thorez, vi­ minabile in cifra, non regütrata in ce-presidente del generale come og­ nessun canto m albergo o m banca. gi Mollet?

IL TRIONFO Dl TARTUFO

Un colpo al cerc~io e mille alla botte

I tristi « gentiluomini " riunitisi a Bruxelles come rapprsentanti del­ l'Internazionale Socialista avrebbe­ ro doPuto sudare sette camicie - se per 1potesi assurda conservasse­ ra un minimo di pudore ~ quando si è trattato di redigere le storiche mozi.oni sulla situazione francese ed algerina. L 'han no fatto dando un colpo al cerchio e mille alla botte. Bontà loro, hanno « espresso in­

quietudine " per la prima, dichia­ randosi solidali coi « democratici f rance si nella loro vigilanza ( !! ! ) e nella loro risoluzione (!!!) ad agi­ re contro tutti gli elementi che po­ trebbero tentare di imporre al po­ polo francese una costituzione di carattere non democratico » ( e di urazia, che cosa è aPvenuto, intan­ to?). Evidentemente, essi non os a­ va no nominare il compagno Mollet, trionfalmente assiso al potere con De Gaulle: l'hanno quindi tacita­ mente compreso nella categoria dei « vigilanti >> e dei « risoluti" e, par­ tecipi della sua « inquietudine », oli hanno dato una preventiva sana­ toria. Qualunque cosa faccia o non faccia l'amico, gli resterà sempre la scusa di aver ... risolutamente vi­ gilato. Quanto all'Algeria, l'Internaziona­

le Socialista ha ribadito che essa « difende il principio della libertà di tutte le nazioni », ma, siccome nella pratica le cose sono più com­ plesse, e in Algeria « l'interdipen­ denza economica e l'associazione culturale hanno creato tra la Fran­ cia e l'Algeria relazioni che sono quasi senza precedenti », si è « au­ gurata » che non si giunga agli e­ stremi, e che la « libertà >> e i « ne­ goziati pacifici » Padano di pari pas­ sa, o meglio non facciano nessun serio passo avanti --, giacchè nè dai francesi nè dagli algerini si puà attendere « una capitolazione preli­ minare » (e da chi, allora?). Anche qui, un colpa alla « libertà » e mille alle calende greche delle trattative diplomatiche, in piena guerra.

Cosi, con l'« amarezza" nel cuore ma con la coscienza a posto (la co­ scienza di decenni di tradimento e di ipocrisia) i iristi signori hanno ripreso il treno da Bruxelles.

f acce di bronzo A proposito deuli apvenimenti

francesi, l'« Unità » è andata a ri­ spolverare il « Diciotto Brumaio » di Marx ;per ricordare a se stessa e agli altri che « la vocazione della borghesia è il Jascismo » Questa brava gente, fedele alla

tradizione mai smenttta della più insigne faccia di tolla, ha perà sa­ puto leggere in Marx non già la de­ nunzia del carattere intrinseca­ mente dittatoriale, putrido e « fa­ scista "· della democrazia, bensi proprio l'opposto: Pi ha letto il rimpianto per il « seppellimento, con tutti ; funebri riti di una falsa legalità, della democrazia parla­ mentare ». Marx scriPe il XVIlI Brumaio appunto per di7llostrare la continuità ferrea fra il regime de­ mocratico e il regime imperiale-bo­ napa rtista: l'« Unità » vi legge la dimostrazione di una rottura (mal­ vagia, perversa rottura, da sanar­ si al più presto) fra i due regimi. Marx scrive che « la Francia di og­ gi [di Napoleone III] era già tutta intera nella repubblica parlamenta­ re »; l'« Un-ità » piange sulla repub­ blica parlamentare, verginella pro­ ditoriamente violata, e chiama gli operai a rifarle la plastica. Marx scrive per ricordare aali operai che proprio nella « legalità " è lo strumento della sua oppressione; l'« Unità » versa lacrime appunto sulla legge calpestata, ·

Si noti bene, fra l'altro, che è il pianto dell'impotente, giacchè, dopa tante chiacchiere sulla decisione di scendere in piazza il giorno che la borghesia passasse all'offensiva, i « compagni francesi » si sono ben guardati dal lanciare parole d'or­ dine del genere, essi che furono fra i primi a votare le leggi eccezio­ nali Pflimlin che prepararono il corredo alla sposa-De Gaulle. Troppo comodo è giocare sulla

Page 2: 1 ramma comun1 - archivesautonomies.orgarchivesautonomies.org/.../Anno7/ilprogrammacommunista-anno7-n12.pdf · (".iel vescovo, del prefetto e delle organizzazîoni sindacali, ha r

2 IL :ROGRAMMA COMUNISTA

f asti ~ella colonizzazione francese ( continuez. dalla prima paqina)

missioni special i composte come segue: un brigadiere generale o capitano come presidente, poi un sottoprefetto, un funzionario della autorità militare araba e uno dei demanio. A questi conoscitori-nati dei r apport i economici e sociali fu affidato il triplice compito di fissa­ re esattamente i limiti dei territori delle tribù, dividere le terre di ogni singola tribù fra tutti i suoi rami o Cabile, ripartire in parcelle in­ dividuali la proprietà di queste ul­ time. La missione dei brigadieri­ generali nell'interno dell' Algeria fu eseguita puntualmente: agronome, divisore delle terre e giudice su­ premo in tutte le cause relative alla proprietà fondiaria erano, in genere, una persona sola. Il gover­ natore generale dell' Algeria doveva confermare in ultima istanza i pia­ ni di suddivisione. Le commissioni lavorarono 10 anni col sudore del­ la fronte; il risultato fu che, da! 1863 al 1873, dei 700 territori di tribù arabe circa 400 vennero divisi fra grandi-famiglie. Già qui erano gettate le basi della futura iriegua­ glianza, del grande possesso fondia­ rio e della piccola proprietà par­ cellare. Infatti, a seconda dell'e­ stensione del territorio e del nume­ ro dei rami di una tribù, a ognuno di queste toccarono ora da 1 a 4 ettari, ora 100 e perfino 180 ettari di terra. Comunque, la divi­ sione rimase circoscritto aile Ca­ bile e, malgrado tutti i brigadieri generali, l'ulteriore spezzettamento del suolo urtà in difficoltà in­ sormontabili. radicate ne! costume arabo. Lo scopo della politica di Parigi - creare la proprietà indi­ viduale e, in un seconda tempo. trasferirla in mani francesi - era ancora una volta fallito. Solo 'la III repubblica, il governo

senza veli della borghesia, trovà il coraggio e il cinismo di distr ug­ gere ogni finzione e affrontare il problema dalla parte opposta sen­ za i passi preparatori del II impe­ ro. La divrsione radicale delle ter­ re delle 700 tribù arabe in parti individuali, un'introduzione par force della proprietà privata a tem­ po di primate, fu il proposito e­ spresso della !egge 1873. Il pretesto lo forni la drammatica situazione della colonia. Esattamente corne Ia carestia del 1866 in India apri dra­ sticamente gli occhi dell'opinione pubblica inglese sui bei risultau della politica coloniale br itannica, e impose la nomina di una com­ mossione parlamentare per lo stu­ dio dei soprusi, cosi l'Europa fu al­ larmata da! grido di angoscia pro­ veniente dall'Algeria, dove una ca­ restia in massa e una mortalità ec­ cezionale fra gli arabi liquidavano d'un colpo 40 anni di dominazione francese. Per l'analisi delle cause, e per gratificare gli arabi di... nuo­ vi provvedimenh di legge, fu no­ minata una commissione, le cui conclusioni concordi furono che una sola àncora di salvezza poteva aiutare gli arabi - la proprietà privata! Solo cosl, infatti, ogni ara­ bo avrebbe potuto vendere il suo appezzamento o accendervi sopra un'ipoteca a protezione dalla care­ stia. Per venire incontro agli alge­ rini e proteggerli dalla situazione

-------------- Democrazia unieuesale

I seguenti brani di giornaH di in­ f ormazione sono riportati dall'ingle­ se « Socialist Review », e vada l'in­ no alla democrazia universale in­ staurata dal trionfale successo del seconda macello:

« In Uganda, quattro su dieci bam­ bini muoiono prima di aver raç­ giunto i 15 anni, secondo un dotto­ re che vi ha trascorso sei anni stu­ diando il problema della sottonu­ trizione ».

« Nella Rhodesia del Nord, più precisamente nel bacino di estrazio­ ne dei minerali di rame, i minatorî bianchi guadagnano una media di 2.295 sterline l'anno contra u.na me­ dia annua di sterline 160 per i mi­ natori di colore ».

« Nel Su.d Africa, 78.000 colpi di trusta all'anno sono somministrati da tribunali a 13.000 negri... 220 frustate sono somministrate agni giorno a 40 u.omini; il contribu.ente paga nella misura di tre scellini la frostata ». Come si vede (abbiamo scelto so­

lo alcune delle citaz1oni), tutto que­ sto non avviene soltanto nella fa­ migerata Unione Su.d-AfH.cana, ce­ lebre per il sua sfrenato, ma demo­ craticissimo, razzismo: avviene an­ che in territori entrati a far parte dell' ultra-liberale Commonwealth britannico (Rhodesia) o in colonie inglesi (Uganda). Non c'è stato bi­ sogno di generali e di fascisti per­ chè « casi » simili si verijicassero: è bastato il più venerando dei par­ lamenti di tutto il pianeta, con sede a Westminster_

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Algeria m creata dai furti già perpetrati dai francesi, dal peso delle imposte e dall'indebitamento derivatone, st dichiarè che esisteva un unico mez­ zo: il completo abbandono degli indigeni aile grinfie degli usurai ! La commedia fu recitata in tutta serietà davant i all'assemblea na­ zionale parigina e, dall'eletto pub­ blico, presa altrettanto sul serio. L'impudenza dei « vincitori » sulla Comune di Parigi celebrè> le sue orge. Due argomenti servirono soprat­

tutto a sostegno della nuova legge. Gli stessi arabi desiderano arden­ temente l'introduzione della pro­ prietà privata, dichiararono i di­ fensori del progetto governativo. In realtà, la desideravano gli speculatori e gli usurai algerini, che avevano un interesse urgente a « liberare » le loro vittime dai vincoli protettivi e dalla so!idarietà delle tribù. Vigendo il diritto mu­ sulmano, l'accensione di ipoteche sui terreno urtava nell'ostacolo in­ sormontabile dell'inalienabilità del possesso familiare e tribale. La leg­ ge del 1863 vi aveva aperto una breccia: ora si trattava di togliere ogrri freno allusur a. Il secondo ar­ ogmento era di natura « scientifi­ ca », ed era tratto dallo stesso arse­ nale cui il grave James Mill aveva attinto la sua incomprensione dei rapporti di proprietà in India -· l'economia politica classica. La proprietà privata è la necessaria premessa di un'agricoltura più in­ tensiva che e!imini ogni carestia, essendo chiaro che nessuno mve­ stirà capitale o lavoro in un suolo che non sia di sua proprietà iridi­ viduale e i cui frutti non siano goduti esclusivamente da lui declamarono con enfasi i novelli discepoli di Smith-Ricardo. Ma i fatti parlarono tutt'altra Iingua, mo-

strando che gli specula:tori france-1 ottenuta senza possibilità di dub­ si si servivano della proprietà pri- bio: una folle speculazione sul la vata costituita in Algeria per tutto terra, il lussurreggiare dell'usura fuorchè per una coltivazione mi- e la ravina economica degli mdi­ gliore e più intensiva del suo lo. gem. Dei 400.000 ettari appartenenti ne! Il fiasco portà a un nuovo espe- 1873 ai francesi, 120.000 erano in rimento. Sebbene il governo alge­ mano a due compagnie capitalisti- rino avesse già creato ne! 1890 una che, Algerina e del Setif, che non commissione per riesaminare le li amministravano direttamente, ma leggi 1873 e 1887, passarono 7 anni li concedevano in affitto ai nativi, prima che i signori deputati sulla e questi li coltivavano al modo dei Senna procedessero ad una riforma padri. Un quarto delle rimanent.i nell'« interesse » del Paese rovina­ proprietà francesi si occupavano to. La svolta consistette nell'abban­ altrettanto poco di agricoltura ra- donare il principio dell'introduzio­ zionale. G!i investimenti di capita- ne forzosa della proprietà indrvi­ le nella coltivazione della terra esi- duale ad opera dello Stato. La leg­ stevano solo nella fantasia assetata ge 27 febbraio 1879 e le istruziom di profitti degli speculatori rnet r o- del governo algerino del 7 marzo politani, e ne! dottrinarismo nebu- 1898 contemplano in sostanza 1 in­ loso dei loro ideologi scientifici. Si troduzione della proprietà privata trattava semplicemente del deside- per « libera richiesta » dei proprie­ rio nudo e crudo di tog!iere agli tari. Ma poichè certe clausole di­ arabi la base della loro stessa esr- chiarano sufficiente la richiesta stenza: la terra. E, malgrado I'In- di un proprietario senza I'approva­ consistenza delle argomentazioni e zione degl i a]tri comproprietari del l'aperta falsità delle tesi invocate suolo, e la pressione degli usurai a loro sostegno, la !egge che dove- puô in qualunque momento provo­ va dare il colpo di grazia alla po- care la « libera » richiesta del pro­ polazione algerina fu votata alla prietario indebitato, la nuova legge quasi unanimità il 26 Iuglio 1873. spalanca le porte all'ulteriore spo- Ma il fiasco del colpo di forza non destamento delle terre comuni e

si Iasciô attendere. La politica dell-i delle proprietà delle Cabile. La III repubblica urtà contro la diffi- viv isezione dell' Algeria perpetrata coltà d'introdurre la proprietà pri- da 80 anni trova adesso tanto mi­ vata con un colpo di bacchett a nor resistenza, in quanto gli arabi, magica nel quadro di antichissimi in seguito alla sottomissione della rapporti tr ibalr e fami!iari. esatta- Tunisia prima (1881), del Marocco mente come era fallita quella del poi, si vedono sempre più accer­ II impero. La legge 26 luglio 1873. chiati da! capitale francese e posti completata da una seconda del 28 alla sua mercè. Il più recente effet­ aprile 1887, diede dopo 20 anni di to del regime coloniale in Alger ia applicazione il seguente r isult atc . è I'ernig raziorie in massa degli ara­ fino al 1890, 14 milioni di franchi bi verso la Turchia asiatica ». erano st at i investiti ne! « libera- Con cià, si è giunti alle soglie del re » 1,6 mi!ioni di ettari; ma l'o- nostro secolo. Quello che ë avve­ biettivo dell'elimmazione del cornu- nu.ta poi è la prosecuzione su sec­ nismo delle Cabile non era affatto la maggiore della politica di allora. r agg iunto. Una sola cosa era stata Non sarà difficile dimostrarlo.

Aspetti della rivoluzione africana Nel movimento anticoloniale

l'Africa è stata preceduta dall'Asia. La rivoluzione nazional-democrati­ ca nelle colonie - l'accadimento più importante di questo secolo, do­ po la Rivoluzione socialista russa - in pochi anni ha percorso l'inte­ ro continente asiatico, e con la sua ondata ha spazzato via imperi se­ colari. Al grandioso rivolgimento l'Africa ha partecipato validamen­ te, ma in essa gli avvenimenti si sono svolti finora con un ritmo me­ no veloce. Solo il settore del conti­ nente che si suol definire Africa bianca, in quanto abitata da razze non propriamente negre, è riuscito a condurre vittoriosamente la ri­ volta contro !'imperialismo. La lot­ ta è tuttora aperta in Algeria. Cio non significa che nel resto

del continente il colonialismo abbia avuto giorni facili. Il moto rivolu­ zionario inizià subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. In­ fatti, è da! 1946 che nell' Africa ne­ ra l'indistinto movimento di rivolta all'oppressione coloniale francese assume forme organizzate. A co­ minciare da quell'anno sorgono i primi partiti africani moderni, qua­ li l'Unione ctemocratica africana (Rassemblement democratique afri­ caine, RDA), la Convenzione afri­ cana, il Movimento socialista afri­ cano, l'Unione dei popoli del Ca­ merun. Scoppiano grandi lotte ri­ vendicative, le organizzazioni sin­ dacali, affiliate in origine aile cen­ trali sindacali parigine, si emanci­ pano, divenendo organizzazioni pro­ priamente africane. Nè manca la lotta diretta contre l'occupante stra­ niero. Ne! 1950, il governo francese, che i nazionalisti degollisti accusa­ vano di « mollezza », condusse una sangumosa repressione contro il movimento anticolonialista. La Co­ sta d'Avorio, dove il RDA era sorto per diffondersi in tutta l'Africa ne- ra francese, fu particolarmente pre­ sa di mira dai giannizzeri colonia­ listi, che si abbandonarono ad un'orgia di arresti, di deportazioni, di esecuzioni sommarre. Ancor più sanguinaeia era stata

la repressione della rivolta malga­ scia, rimasta tristemente nota. Nel marzo 1947, il Madagascar si levè in armi contro gli oppressori fran­ cesi che risposero perpetrando un massacro spaventevole. Gli stessi documenti ufficiali francesi ammet­ tono che oltre 80.000 ribelli malga­ sci su una popolazione di 4.600.000 persone persero la vita per mano delle truppe di repressione. Ogni attività politica fu soppressa nel­ l'isola. I capi della rivolta, tra cui i deputati del Madagascar all'As­ semblea nazionale francese, furono deferiti alle Corti marziali benchè si trovassero fuori del territorio del Madagascar all'epoca della rivolta. Condannati a morte, ebbero corn­ mutata la pena ne! çarcere a vita e si trovano tuttora in carcere.

Certo, mentre i popoli asiatici lottavano contro il colonialismo, gli africani non ristavano. Non si muo­ vevano solo i negri e i malgasci. Come non ricordare l'eroica, per quanto confusa, rivolta dei Kukuiu del Kenia? le enormi perdite subi­ te dagli insorti il'I Marocco, in Tu­ nisia? i settecentomila morti alge­ rini? E' vero che, pur non perden­ do d'occhio gli avvenimenti afri­ cani, noi abbiamo dato maggior ri­ salto a quelli asiatici. Ciô è acca­ duto per due ragioni. 1nnanzitut­ to, è in Asia, sede di civiltà pre­ coloniali più evolute, che i fenome­ ni economici e sociali suscitati dal­ l'invasione colonialista si présenta­ no nella loro forma più chiara" Qui, più che altrove, il colonialismo ha svelato apertamente la sua essenza reazionaria, impedendo lo sviluppo dei paesi soggetti e perpetuando rapporti sociali retrogradi. In se­ condo luogo, è nei movimenti rivo­ luzionari asiatici che si è verificato il fenomeno del connubio tra U revisionismo antimarxista dei falsi partiti comunisti della scuola di Mo­ sca e l'ideologia radicale della de­ mocrazia rivoluzionaria piccolo­ borghese, assimilabile - in senso lato - al giacobinismo delle bor­ ghesie occidentali del secolo XVIII. Il compito del marxista che in­

tende renderst conto della sostanza dei rivolgimenti afro-asiatici, non è facile. Il declino del coloniali­ smo non ha dato luogo, corne pre­ tendono moiti, a un cambio della guardia tra i nuovi e i vecchi im­ perialismi. La formazione degli St a­ ti nazionali sulle macerie degli im­ peri coloniali, anche se non ha tan­ cellato la dipendenza economica dei nuovi Stati verso le centrali finanziarie dell'imperialismo, è un fatto rivoluzionario, corne insegna la dottrina leninista sul principio del diritto delle nazioni alla auto­ decisione, cioè alla separazione dai super Stati plurmazionali e plurt­ razziali. La separazione resta un fatto rivoluzionario, anche se è fa­ cilitata dalle rivalità egemoniche che dividono gli 1mperialismi. Nelle attuali condizioni dei rapporti di forza mondiali tra borghesia e pro­ letariato, sboccando la rivoluzione anticoloniale in regimi di democra­ zia borghese, è assolutamente se;­ condaria la questione dei rapporh tra i nuovi Stati indipendenti e gli Stati di antico capitalisme. Presto 0 tardi, prima o dopo la conquista dell'indipendenza, gli Stati afro­ asiatici, in quanto regimi borghesi, cercheranno la « coesistenza pacifi­ ca » coi colossi capitalistici che do­ minano il mondo. Cià che è vera­ mente rivoluzionario è il fatto che la soppressione del colonialismo e la formazione dello Stato naziona­ le sbloccano, per dirla con Lenin, i « potenti fattori economici » che sono alla base della rivoluzione na­ zional-democratica, cioè liquidan0

g!i ultimi res1dui di modi di produ­ zione precapitalistici. Ma a tale con­ sapevolezza teorica arriva solo chi ha smascherato il gioco dei revisio­ nisti del marx1smo. Questi tendono - l'esperienza del P.C. cinese in­ segni per tutti - a far passare per politica comunista il blocco legale coi partiti della piccola borghesia nazionalista, e per socialismo le fi­ nalità cui tendono programmi di schietto capitalisme di Stato. Bisognava allora, per evitare che

si fa!sasse il significato dei rivolgi­ menti afro-asiatici, lottare anzitutto contro il revisionismo dei partiti « comunisti » legati a Mosca. Percià abbiamo dedicato maggiore atten­ zione agli avvenimenti asiatici, tra­ scurando un po' quanta accadeva ü1 Africa. Da questo momento lavore­ remo ad eliminare lo squilibrio. Ma prima di passare in rassegna i mo­ vimenti politici africani, sarà bene occuparsi di alcune questioni gene­ rali che interessano l'intero conti­ nente. All'inizio facevamo la pacifica

constatazione che l'Asia ha prece­ duto l' Africa nel cammino verso la emancipazione. Spiegandoci le ra­ gioni del primato asiatico, verremo a comprendere il perché del ritardo segnato dall'Africa. Non si tratta di una questione accademica. La liberaz1one dell'Asia ha comportato conseguenze enormi per il movi­ mento anticoloniale africano. Infat.­ ti, le potenze colonialiste, essendo state scacciate dai loro possedimen­ ti asiatici e costrette a trincerarsi nelle ultime ·roccheforti coloniali ri­ ma~te nelle loro mani, hanno ina­ sprito drasticamente i loro metodi di repressione. La liberazione . ~el- 1' Asia ha in un certo senso fac1bta­ to il compito dei colo~ialisti nell~ aitre parti del mond~, m ?-ua?to 11 ha esentati dall'obbbgo d1 d1sper­ dere le loro forze in un immenso teatro di operazioni. E' ovvio, ad esempio, che la Francia, se dov.esse mantenere ancora truppe negb ex possedimenti asiatici, troverebbe difficoltà a mantenere, non solo il Bled ma le stesse città di Algeria. La c~ndizione ideale per una rapi­ da vittoria della rivoluzione antico­ loniale in Asia e in Africa sarebbe stata la simultaneità dei moti nei due continenti. Cià non è accaduto. Non poteva accadere. L'Asia no'l poteva non muoversi e vincere per prima, per una serie di cause che crediamo di poter raggruppare in tre ordini principali: la grande tradizione storica dell'Asia, l'in­ fluenza della Rivoluzione russa, la pos1zione geografica.

1) La grande tradizione storica dell'Asia. Il colonialismo europeo è stato soffocatore implacabile delle forme di civiltà portate avanti dai popoli sottomessi, ma esso non ha potuto condurre in Asia la sua ope­ ra di demolizione nella misura che doveva raggiungere in Africa. L'e-

poca precoloniale aveva prodotto ne! continente asiatico, antichissima culla di civiltà, organizzazioni socia­ li che nulla avevano da invidiare agli Stati europei coevi. Il vero « di­ stacco » tra Europa e Asia ha inizio allorchè l'industria si sgancia dalle forme artigia11e, aprendo l'epoca

, della manifattura e, quindi, del mac- chinismo. Ma il balzo in avanti del­ l'industria europea avviene dopo che l'Asia (e l'Africa) sono cadute sotto l'invasione coloniale. Meglio, avviene perchè l'Asia (e l'Africa) sono discese al rango inferiore di colonie, cioé di terre di sfruttamen­ to e spoliazione. L'accumulazione primitiva senza di che il capitali­ sme europeo non si sarebbe svilup­ pato cosi rapidamente, non avrebbe marciato al rit.mo che conosciamo, se i pirati colonialisti non avessero spogliato le terre d'oltremare. La dominazione europea poteva

arrestare lo sviluppo dell'Asia, non cancellare le insopprimibili soprav­ vivenze di millenni di storia, ne] corso dei quali giganteschi Stati si erano formati testimoniando delle altissime vette raggiunte dall'orga­ nizzazione sociale e dell'evoluzione culturale delle nazioni. In realtà, 11 colonialismo europeo non era riu­ scito a cancellare del tutto l'indi­ pendenza politica dell'Asia. Tranne la temporanea occupazione america­ na, il Giappone non ha mai perduto l'indipendenza. Nè un secolo di rei­ terate aggressioni riusciva a sotto­ mettere definitivamente la Cina, il massimo Stato asiatico per dimen­ sioni fisiche ed economiche, per tra­ dizioni sociali e per sviluppo cultu­ rale. Questi Stati, pur combatten­ dosi tra loro (destino ineluttabile di tutti gli Stati nazionali) doveva­ no mantener viva la lotta per l'indi­ pendenza. Sarebbe ozioso mettersi ad immaginare che cosa sarebbe ac­ caduto se il colonia!ismo europeo avesse impedito l'esistenza indipen­ dente del Giappone. ,E' certo, perà, che le velleità imperialistiche del capitalismo nipponico dovevano contribuire, sia pure negativamente, alla sconfitta del colonialismo euro­ peo. Infatti, invadendo gli antichi )116ssedimenti europei d'Asia, le ar­ mate del « Tenno » dovevano vibra­ re un colpo mortale al pr.,stigio biauco. Le grandi tradizioni storichP del­

l' Asia dovevano impedire agli inva­ sori colonialisti di imporre una do­ minazione totale sui continente. Al momento della lotta contro i domi­ nat'ori coloniali, esse si sono tra­ sformate dialetticamente in forzP materiali.

2) L'influenza della Rivoluzione russa. Esiste una non causale coin­ cidenza tra le sollevazioni rivolu­ zionarie in Russia e in Asia. Il 1905 è l'anno della prima riyoluzione rus­ sa. Per Lenin, esso segna l'apertura di un'epoca rivoluzionaria nell'Eu­ ropa orientale e in Asia. Difatti, al­ la rivoluzione russa seguono le ri­ voluzioni di Persia, di Turchia, di Cina. Specialmente sui capi della ri­ voluzione cinese, massimo Sun Yat­ sen, le tradizioni rivoluzionarie rut! se esercitano una grande i~fluenza. Non è il caso di occuparsi qui degli articoli scritti da Lenin su Sun Yat­ sen. Pur vedendo in lui un esponen­ te della democrazia rivoluzionaria piccolo-borghese e lodandone l'one­ stà politica e la saldezza di caratte­ re, Lenin misurava scrupolosamen­ te le distanze che separavano l'ideo-

log ia e il programma del fondatore· del Kuomintang da! comunismo marxista. Ma era innegabile che il Kuomintang e Sun Yat-sen, cammi­ nando nel solco del popu!ismo - la tendenza a concepire la democrazia contadina corne ponte di passaggio­ al socialismo, e quindi a ritenere possibile il « salto » da! feudalismo al socialisme senza passare per ],i dittatura del proletariato - si riat­ taccavano ad alcune correnti del pensiero rivoluzionario russo. Le-­ nin sapeva che le ideologie e l'azio­ ne politica di Sun Yat-sen e seguaci, divergevano dalle finalità del comu­ nismo. Conseguentemente, allorchè· si trattè> di dettare il programma dei: partiti comunisti operanti nei paesi coloniali e arretrati, pose la condi­ ûone indispensabile che i partiti co­ munisti, pur cooperando con i par­ titi demonazionali sui terreno insur­ rezionale, mantenessero ben distinti. i loro _programmi e le loro organiz­ zazioni. Se il partito comunista ci­ nese, fin dalle sue prime azioni, si. confuse col Kuomintang fino a far proprio il programma di Sun Yat­ sen, appiccicandovi sopra l'etichetta di comunismo, tutto cià non torna certo a co!pa del leninismo e del­ movimento internazionale. Ma non è questo il luogo per ri­

tornare su tali questioni. Quel che­ mteressa é di portare l'attenzione sui fatto innegabile che le influenze­ della rivoluzione russa agirono co· me un acceleratore sui movimento rivoluzionario, non soltanto cinese, ma di tutta l'Asia. Fatti come :l' congresso dei popoli di Oriente (Ba­ ku, settembre 1920) non potevano non lasciare una traccia profonda_ Partecipavano all'assemblea duemi­ la' delegati provenienti da tutti i paesi coloniali e arretrati d'Asia e· d'Africa. L'Internazionale Comuni­ sta si metteva in ta! modo alla testa della rivoluzione anticoloniale. Tren­ tacinque anni dopo, nell'aprile del 1955, la Conferenza afro-asiatica di Bandung, offrendo ail'Occidente ca-· pitalista la « coesistenza », é venuta a provare corne la rivoluzione asia­ tica, arrestandosi alla fase democra­ tico-borghese, abbia attuato solo in parte il programma di Baku. La ri­ voluzione nazional-democratica nel­ le colonie doveva, nella grande con­ cez:one strategica della III Interna- zionale, indebolire il campo dell'im-· perialismo facilitando l'attacco del proletariato occidentale aile citta­ delle borghesi d'Europa e d'Amc­ rica. Il mancato attacco rivoluzionario

del proletariato occidentale - im­ mobilizzato dagli apparati vendu!i della sociaidemocrazia prima e dal­ la controrivoluzione staliniana poi - impediva che la rivoluzione na­ zional-democratica nelle colonie su-· perasse la fase borghese. E' chiaro, tuttavia, che, indipendentemente dall'involuzione delle sue finalità so­ ciali, l'industrializzazione dell'enor­ me area formata dalla Russia euro­ peo e dalle sue propaggini asiatiche ha influito profondamente sullo svi­ luppo ulteriore del continente asia­ tico. Infatti, non ai tnodelli sorpa,;­ sati dell'Occidente, ma all'esperien­ za viva della rivoluzione industria­ le russa, si ispirano i programmi e- 1 'azione politica dei nuovi regimi asiatici non solo quelli che assumo­ no ad ~tichetta il nome di Mao Tse­ Tung, di Ho-Ci-Min, di Kim-ir-Sen, ma anche gli altri che hanno per bandiera i Nehru e i Sukarno.

(continua}

Capitalisti intelliuenti iscrivatavi al f Cl Ii t· capaci di Proprio cosi: capita 18 1

d l d. la· del vostro naso, la ve ere a 1 . - d · vostra salvezza non ':'1e?e . ne . ai liberali nè dai democr1sham; v1ene da un partita « nuovo >'. che pe~sa a voi anche quand? s~et~ coshtu: zionalmente in~apac.1 d1 n~olver~ 1 vostri problem1. V01 dorm1te: Kin­ glax-Bottegpe Oscure lavora. Ci ha pensato, per esempio, la

Cina, e la storia, raccontata dal- 1'« Unità » del 9 giugno, non è una balla. A Shenyang, Emilio Sarzi Amadé ha intervistato un capita­ lista del luogo, di quelli che si « erano fatti da sè » ne] periodo au­ reo del regime di Ciang Khai Scek prima, dei giapponesi occupanti poi. La sua fabbrica di parti di ca­ lorifero, che, insieme con altri tre piccoli risparmiatori di origine ru­ rale, egli aveva fondato nel 1935 occupando sette operai, cominciè> a trovarsi nei guai nel 1945, quan­ do gli operai erano divenuti tre­ cento ma egli non aveva più ordi­ nazioni e il lavoro cominciava a ra­ refarsi. Cosi, al momento della scon­ fitta giapponese, la maestranza si era ridotta ad una trentina di ma· novali che « lavoravano a singhioz­ zo » e infine calè> a sei, rimasti a « sorvegliare le macchine che an­ davano ricoprendosi di polvere ». Venne la liberazione: credete che,

al sopraggiungere delle armate di Mao, Lin Cen-hai ne abbia soffer­ to? Macchè, comincià allora « l'au­ tentico boom»! Egli si era aspet­ tato confische aveva tremato al pensiero « di ~uali colpe avrebbe­ ro potuto essergli addossate per aver sfruttato gli operai .». L'inge­ nuo! « Non accadde nulla, assoluta­ mente nulla. O meglio [bellissimo questo « o meglio »: lo crediam.:i

senz'altro che, per lui, sia stat:, meglio!] accadde il contrario: 11 governo lo autorizzà, anzi gli chiese [meriti... patriottici ?] di riaprire la fabbrica, che riprese il lavoro con sette operai, quanti ne aveva all'inizio, nel 1935. Nel dicembre del 1951 la fabbrica aveva già tre-· centodieci operai, e lui continuava. ad essere il capitalista d'altri tem­ pi, corne nu.lla fosse cambiato [in­ fatti!]; cercava commissioni, ven­ deva i prodotti, e incassava i pro­ fitti ». Poi le cose mutarono « leg­ germente »: non fu più lui a cer­ care commissioni; lo Stato gliele passà direttamente, togliendogli an­ che il disturbo di darsi da far~­ « Il risultato fu che la fabbrica as­ sunse altri operai che salirono a quattrocentoquindici, e che i pro­ jitti salirono nel 1954 alla cifra re­ cord di 530.000 11uan ». Ma qui comincia la « crisi di co-··

scienza ». Li Cen-hai comincià a capire, l'onest'uomo, che vi era un:1 contraddizione « fra il sistema so­ cialista che andava stabilendosi saldamente negli altri settori della vita nazionale e la sua condizione· di capitalista »; la « coscienza ·mo­ rale » comincià a riprudergli, ed egli si diede, prima, ad allacciare buoni rapporti con gli operai, poi ne! 1954 « chiese che la direzione· della fabbrica venisse assunta, si potrebbe dire a mezzadria, dal go­ verno: che la gestione privata del­ la fabbrica diventasse una gestione mista, privata-statale ». La doman­ da fu accettata due anni dopo (fi­ gurarsi, nel frattempo, quali cruc­ ci avrà patito, l'onesta coscienza di Li Cen-hai !) ; adesso, il capitalista­ rieducatosi, « che aveva investito,

(continua in 4.a pag.)

Page 3: 1 ramma comun1 - archivesautonomies.orgarchivesautonomies.org/.../Anno7/ilprogrammacommunista-anno7-n12.pdf · (".iel vescovo, del prefetto e delle organizzazîoni sindacali, ha r

IL PROGRAMMA COMUNISTA 3

Sfregio e bestemmia dei principii comunisti nella rivelatrice diatriba tra i partiti dei rinnegati

( La qnistione nazionale • L~ eeonomia statnnitense) La cronaca

del convegno Un nutrito gruppo di compa­

gni colaboratori allo sviluppo dei terni e convocati per completare l'allestimento dei materiali per la riunione convenne a Torino fin dal sabato 31 maggio, e con I'aiu­ to attivissimo dei compagni del gruppo di Torino si dette a pre­ disporre tutto quanto era neces­ sario, ed in ispecie le grandi ta. belle ed i grafici relativi al de­ corso dell'economia capitalistica nel Nord America, che a causa dell'impedimento forzato di alcu­ ni dei compagni dedicati al tema insieme al relatore non erano completi malgrado l'intenso lavo­ ro che aveva preceduta la r'iu­ nione. Questa si svolse in un ampio

locale annesso all'albergo dove i convenuti soggiornarono, grazie alla precisa organizzazione dei cornpagni del luogo, e si distinse in tre sedute, due nella domenica e una nel Iunedi, Molto numeroso fu l'intervento

di delegati dei gruppi e delle fe­ derazioni. Assistettero diversi simpatizzanti di Torino. vicini al nostro gruppo la cui propaganda' si è svolta negli ultimi tempi con serietà e profondità, e tutti rima­ sera strettamente convinti delle nostre posizioni.

Come ebbe a chiarire all'inizio il relatore, la runione di Torino avrebbe dovuto, corne program­ mato, essere continuazione del tema di Cosenza, Ravenna e Piombino, di cui è già in corso di pubblicazione il resoconto detta­ gliato ( vedi Programma nn. 16, 17, 22, 23, 24 del 1957, e 1, 2, 7, 8, 9, 10 del 1958; e vedi anche i re­ soconti brevi: Cosenza 19-1956 e anche 21; Ravenna 3 e 4-1957; Piombino 19 e 20-1957).

Come ai lettori è ben noto, que­ ste riunioni hanno avuto per og­ getto il corso storico dell'econo­ mia capitalistica e lo sviluppo della teoria marxista intégrale in contrasto ad agni avversa o deviata scuola economica. In questa serie, pure avendo

sempre trattata la questione di teoria generale, si sta ora esami­ nando con corredo ampio di dati statistici lo sviluppo dell'econo­ mia di occidente ed in ispecie di quella americana, per venire in conclusione alla riesposizione del­ la dottrina di Marx, dimostrando­ ne la totale verificazione scien- tifica. • Lo stadio di avanzamento di

questa preparazione non consen­ tiva di chiudere la parte storica ed espositiva per passare alla cri­ tica teorica, e quindi si è deciso di dedicare una sala delle sedu­ te, la terza, alla dimostrazione totale dei dati dell'economia sta­ tunitense sulla base del mate­ riale allestito e con cenni brevi dell'aspetto critico e ,polemico. Delle altre due sedute, la pri­

ma è stata collegata al tema di Firenze sulla questione colonia­ le e nazionale, e la seconda in un certo senso al tema della riu­ nione di Pentecoste (8 e 9 giu­ gno 1957) sulla teoria storico-po­ litica generale del marxismo. In questa esposizione si svolse

la critica del dibattito scoppiato tra i comunisti jugoslavi (a pro­ posito del loro programma appro, vato al recente congresso di Lu­ biana) e i comumst1 rusai non solo, ma anche cin~si e d~ altre democrazie popolari, che r~volse­ ro aspre rampogne a quei c~ pagni jugoslavi, che a1tern3:tiva-

~ mente divengono per essi e~ compagni, Le rampogne era1;10 di revisionismo e di opportumsmo! di tradimento alla teoria e. ~1 principii del « marxisme lemni­ smo » di cui quei critici si so~? (udite, udite!) proclamati i piu ortodossi e coerenti seguaci. Alle prediche da questi sfatati

pulpiti gli jugoslavi (Tito, Ran­ kovic, Kardelj) hanno nel con­ gresso risposto in modo pepato, quando hanno provato che dei principii teorici ai russi e soci non importa un bel niente, per­ chè hanno essi lanciata la parola di mandarli al macero, e si trat­ ta solo di interessi di Stato; e con osservazi.oni interessanti quando a loro volta hanno in­ forcato il destriero della dottrina

1

------- 'I produzione, che è quella del bu- ' , , , , , , rocratismo statale sfruttatore dei Rapporta alla numone di Torino dell 1 - 2 orucno 1958 proletari.. Fer uscire da queste tenebre

va impiegato tutto il nostro ma­ teriale degli ultimi anni, non e­ scluso tutto lo studio sulla Russia (riunioni di Trieste, Bologna, Na­ poli, Genova) e tali arroi vanno utilizzate da tutti i nostri.

ostentando di esserne a loro vol­ ta fedeli seguaci, Due elementi suggestivi si

traggono da questo incrociarsi di testi. Uno è che tutte le eresie di cui è levata accusa sono state commesse, e tutte le difese di or­ todossia sono vuote e sfiatate, da tutte le parti. L'altro è che, dopo tanto tra­

dire, tuttavia a quelle formazioni politiche fa ancora gioco il ri­ coflegarsi alle fonti ideologiche classiche, per i loro fini interni ed esteri, e per l'accecamento del proletariato di dentro e di fuori. Si ripete, per noi difenso­ ri della vera rigidità dottrinale, la situazione che ci consenti il Dialogato con Stalin, quando que­ sti volle rabberciare gli squarci nella teoria, tutto peggio dilace­ rando; e il Dialogato coi Marti, quando il XX Congresso avanzà su questa strada. Altro non è es­ sa che quella della confessione, della Grande Confessione che da anni abbiamo pronosticata, con la quale tutti costoro faranno fi­ nale gettito di ogni legame con il cammino della rivoluzione co­ munista, e si dichiareranno aper­ tamente Iautori e conservator i del sistema capitalistico. Come allora si ha pieno agio di

mettere in chiaro problemi di primaria grandezza sulle classi, lo Stato, il partita, e la via al socialismo: rivoluzionaria e non evolutiva, violenta e non pacifica, dittatoriale e non democratica,

sotto ogni cielo ed in qualunque linguaggio. Intermezzate alle maggiori se­

dute si sono svolte discussioni di natura organizzativa interna, trattando specialmente della pub­ blicazione del materiale storico della Sinistra nel seno della In­ ternazionale Comunista, deciden­ do di affrettare per quanta possi­ bile l'edizione di partito di un volume limitato per la parte do­ cumentaria ai soli testi più no­ tevcili, sia pure con una esposi­ zione storica continua delle ori­ gini e di tutto lo sviluppo della contesa. Fu comunicato agli intervenuti

un indice dei testi già raccolti e di quelli che è necessario radu­ nare in una ricerca ulteriore, opera alla quale è stata rtchiesta la collaborazione di tutti. Le riunioni, svoltesi in mezzo

al più grande interesse e con­ senso, corne già abbiamo riferito nel numero scorso rapidamente, hanno testimoniato dei sicuri effetti del nostro difficile e serio lavoro, e della solida maturità dei militanti del nostro movimen, to. Diamo di seguito cenni brevi sulla prima e sulla terza seduta, poi un più ampio resoconto sul tema della seconda, che non in­ tenzionalmente ha permesso di porre in luce sviluppi attuali della situazione, ancora tanto pe­ nosa e sfavorevole, del movimen­ to proletario, traendone le indi­ cazioni utili alla sua futura Im­ mancabile ripresa.

to artigiani e intellettuali nelle città, e fino a quando questo ci­ clo storico non è chiuso, Marx e il Manifesto vogliono che il na­ scente proletariato, mentre fonda la sua dottrina e la sua organiz­ zazione politica, debba con il maggiore potenziale entrare in questo girone, per lanciarne l'e­ pilogo verso la sua vittoria di classe, corne tentà di fare in Eu­ ropa nel 1848 e in Francia nel 1870. La rivoluzione russa va spie­

gata corne rivoluzione dapprima borghese e « popolare ", ossia del blocco più o meno informe di queste classi sottoborghesi. L'en­ trata della forma economica in­ dustriale e dello stesso moderno imperialismo nei confini zaristi toglie alla borghesia questo ca­ rattere di egémone della rtvolu­ zione di popolo, ed obbliga 11 proletariato a prenderlo in suo luogo. Questo arduo ciclo in Rus­ sia non si è potuto chiudere, nè la storia ce ne ha dato ancora esempi, proprio perchè è stato spezzato il Iegame internaziona­ le rivoluzionario, attraverso il quale solamente una forma di classe pura, fondata sulle econo­ mie sviluppate dell'Europa cen­ tro-occidentale, poteva condurre la Russia al socialismo. La questione politica va ben

distinta da quella economica, in quanto lo sviluppo (ad esempio in Germania) delle forme indu­ striali poteva consentire alla dit­ tatura proletaria che avesse vin­ to di dare inizio allo svîluppo di forme economiche non più mer­ cantih ed aziendali, ma progrès­ sivamente di comunismo Inte­ grale, e nello stesso tempo avreb­ be accelerato l'inevitabile tra­ passo in Russia dalle forme pre­ borghesi a quelle capitaliste, sia pure statali, evitando il suicidio della rivoluzione proletaria che ha avuto l'espressione più rovi­ nosa nel definire socialismo una struttura non potuta uscire dai limiti mercantili e monetari. E' naturale che solo la forza del partito internazionale avrebbe potuto evitare una tale aberra­ zione, cui ha corrisposto la ra­ vina della teoria e dell'organiz­ zazione comunista. Ed allora si sarebbero chiamate col loro no-

Questo errore consiste nel ne- me di capitalisme privato e di gare in modo assoluto ed antisto. Stato certe forme russe, e si sa­ rico che la borghesia possa in rebbero chiarnati esattamente so­ date parti del mondo avere tut- cialisti i primi settori di gestione tora una funzione rivoluzionaria, sociale senza merce, valore e e che questa rivoluzione di clas- scambio, che in un paese corne la se possa essere una tappa neces-1 Germania o l'Inghilterra per es­ saria verso il socialismo proleta. sere attuati chiedono solo condi­ rio. Non è affatto una questione zioni di forza politica ma non di apprezzamento delle situazio. più di struttura economica, an­ ni, ma una questione di principio. che nell'ipotesi astratta che nel La dottrina marxista del determi. girone della rivoluzione fossero nismo economico si applica a pochi paesi e anche uno solo, ma tutte le classi sociali nella loro tutto a struttura industriale, e successione che ha un tempo di- sempre nel fuoco della lotta del­ verso nei vari continenti e pres- la rivoluzione internazionale, so i vari popoli. Negare questo dell'aperto intervento nella lotta non sarebbe internazionalismo di classe armata degli altri pae­ conseguente ma incomprensione si, fuori da pace, emulazione e della dialettica storica. Marx, al coesistenza che sia, che le prime suo tempo, oltre a chiarire in te- lacerazioni del connettivo mer­ sti indiscutibili che vere lotte di cantile mondiale renderanno da classe si sviluppavano in tutti i altra parte impossibili. paesi di colore contra le forme La bestemmia stalinista è dun­ precapitaliste, e che il proleta. que che in Russia si sia attuato riato bianco doveva appoggiarle il socialismo economico e che, e utilizzarle, attendeva ancora isolandosi dai paesi c~pitalisti corne punto di appoggio della le- sviluppati, ossia dai loro partiti va rivoluzionaria le lotte della proletari rivoluzionari, si potes­ borghesia indipendentista e li- se nella sola Russia feudale fare berale nell'Europa centrale, a cui altro che passare dalla struttura il 1848 non aveva dato conclu- feudale a quella capitalista. sione storica; e ciè non era in nessun contrasto col fatto e la dottrina della lotta di classe del proletariato contro la borghesia industriale, e del carattere inter­ nazionale di tale lotta anche co­ rne organizzazione in partito. Ta­ le fase, e per tale area, si chiuse con la Comune di Parigi; ma per la Russia era ancora aperta al 1917, mentre per l'Asia e per i po­ poli di colore è aperta ancora oggi. Non si tratta della sola fun­

zione storica rivoluzionaria della borghesia, ma anche di quella che hanno le classi da essa ri­ morchiate, e soltanto corne sue caudatarie, non in forza autono­ ma, N ella rivoluzione liberale nazionale lottano con la borghe­ sia contre l'antico regime conta­ dini nelle campagne e soprattut-

PRIMA SEDUTA

La questione nazionale e coloniale

L'argomento fu trattato nella recente riunione di Firenze del 26 e 27 gennaio 1958 e su queste colonne ne è stato dato un reso­ conto sufficientemente sviluppato nei numeri 3, 4, 5 e 6 del 1958. Il relatore avverti che non è

da attendersi un resoconto più dettagliato, sia in quanto quelle suddetto era tutt'altro che som­ mario, sia perchè questo esiste ed ha la forma, tuttora in svi­ luppo, della nutrita serie di arti­ coli che un compagno regolare collaboratore del giornale svolge da anni e che tutto il partito se­ gue con intéresse vivo. Il detto compagno è stato incaricato di redigere un elenco cronologico degli articoli in ordine di pub­ blicazione. A quest'indice, già pronto, ne segue altro per mate­ rie diviso geograficamente secon­ do i vari paesi d'oltremare e dei popoli non bianchi in genere, e ne deve seguire altro storico se­ conda la successione degli avve­ nimenti in quei paesi e tra quei popoli, nelle lotte sociali interne e nella resistenza aile aggressio­ ni dei capitalisti bianchi. Furono brevemente richiamate

le posizioni teoriche della que­ stione poste a Firenze con larga utilizzazione dei testi classici del marxismo, e si ribadi la neces­ sità dello sviluppo di questa irn­ postazione di base del nostro par­ tita, in quanto gruppi che si di­ cono affinj fanno in materia pau­ rose confusioni e forse anche ta­ luni compagni hanno bisogno di

I testi della sinistra

Sono uscite, in bella edizione al ciclostile: - Partito e Classe - Il principio

democratico (1922), L. 200. - Il Tracciato d'lmpostazione

(1946), L. 200. _ Il rovesciamento della prassi

- Partito rivoluzionario e azio­ ne economica (1951), L. 100.

Richiedeteli versando l'importo poù le spese di spedizione sui conto corrente postale 3/4440 in­ testato a « Il Programma Comu­ nista », Casella 692 - Milano.

liberarsi da contraddizioni sul­ l'argomento, utilizzando I'ampio materiale che viene came si è detto posto a loro disposizione.

L' arrara di principio

Orienta contamporanao Saltando ad oggi, nei paesi di

Asia e di Oriente e d'Africa, al­ l'urgere di una rivoluzione anti­ feudale e del suo ciclo popolare, circa il compito della classe bor­ ghese e di quella proletaria ap­ pena apparsa, si aggiunge il pro­ blema delle lotte che esplodono contro gli imperialismi bianchi che vogliono importare di pari passa la struttura industriale e il dominio politico coloniale delle metropoli. A più forte ragione che nell'Europa del secolo XIX la lotta non si puô porre che corne diretta contra il feudali­ smo dispotico interna tradizio­ nale e contra Io straniero bianco, ed è inevitabile che questa sua polarità di classe percorra la via,

che le vicende d'Europa (Ameri­ che, Australia, ecc.) non solo non hanno scorciata, ma non l'avreb­ bero del tutto sottesa anche se il proletariato in alcune metro­ poli a vesse vinto ( e invece giace imbelle, dopo I'ipnotica politica russa); via che con forme corn­ plesse va dalla rivoluzione popo­ lare, e nazionale, alla rivoluzione proletaria e di classe. N ella riunione di Firenze fu

chiaramente mostrata la cecità di quelli che facendo, giusta la scempia frase borghese, un giro d'orizzonte, non sanno spiegare il dinamismo che si manifesta tra i popoli di colore, contrapposto alla remissività di classe del pro­ letariato nei paesi di razza bian­ ca, che traversa ancora una lunga fase di nuntura atroce della mo­ sca tsè-tsè dell'opportunismo più infame, e la traversa dove Mosca arriva e dove Mosca non arriva a trapiantare la maledetta infe­ zione. Come spiegare questo da materialisti storici se non am­ mettendo, sia pure a vergogna dei nostri partiti operai fin dal primo dopoguerra, che la poten­ zialità rivoluzionaria è in atto nelle classi presenti in Oriente, borghesia, piccola borghesia e appena sorto proletariato, e man­ ca corne urto della classe operaia industriale contro il capitalismo metropolitano? Pressa noi il pro­ letariato è fermo, distolto dalla rivoluzione e dalla sola via del­ l'internazionalismo storico: qua­ le rimedio negare - non diremo certo tentare di fermare - l'ir­ rompere delle masse di colore, sotto il pretesto scolastico e fili­ steo che dovrebbero partire solo in forme di classe anticapitalisti­ che, e senza ondate dell'esigenza popolare e nazionale? Questa li è al suo posto ed è rîvoluziona­ ria; mentre qui ce la sorbiamo per effetto del tradimento russo proprio nell'area e nel ciclo sto­ rico dove è possibile superarla, e rivendicare la dittatura integra­ le del proletariato solo. L'errore di questi deplorevoli

imparaticci con i quali dobbiamo rompere per sempre ha nello stesso tempo odore di razzismo, di stalinismo, e di basso trotz­ kismo. Esso equivale a collocare la serie storica dei modi di pro­ duzione solo pressa un popolo eletto, l'europeo bianco, che ar­ riva al socialismo infischiandosi del resto del monda, che dovreb­ be noi, se ci è dato capirci qual­ cosa, esservi iniettato con un im­ perialismo socialista. Inoltre ri­ duce la involuzione russa non a cause di struttura sociale ma pue­ rilmente a sbagli di manovra po­ litica e statale, costruzione del tutto antideterminista. E volendo dappertutto vedere solo due classi in antagonismo frontale, spazzando via il campo da ogni altra, vede in Russia per forza una neoclasse e una neoforma di

Sviluppo del lavoro sull' Orienta Il compagno autore della serie

di articoli sull'argomento nazie­ nale e coloniale ne espose l'indi­ ce dei titoli e su ciascuno si sof­ fermà dando concise ma chiare spiegazioni del contenuto descrit­ tivo e critico di ciascun studio, e traendo dai vari esempi storici e locali addotti in gran copia per Cina, Giappone, Indocina, Indonesia, India, Paesi Arabi, Egitto, Africa del Nord, Sud Africa e cosi via, calzanti prove della nostra impostazione teorica di tutto l'argomento. Non mancarono i riferimenti

alla questions della Tunisia e dell'Algeria che ha travolta la metropoli francese in una gravis­ sima crisi. La struttura della so, cietà algerina e la sua storia sa­ ranno oggetto di adatte esposi­ zioni nei futuri studi, in cui si potrà seriamente trattare i fat­ tori economici e di classe a fron­ te di quelli (non meno reali in una società a quello stadio di sviluppo) di razza e di nazione. Il recente movimento algermo che si pone apertamente contro quelle di liberazione della parte sfruttata del popolo di colore, gli infelici fellaghas, vede fianco a fianco coloni di origine francese che nelle pingui terre e nelle moderne città della costa godono di un'attiva economia di sfrutta­ mento, e possidenti Îndigeni mu­ sulmani che egualmente sono possessori di ricchezza fondiaria e capitalista, associati nello sfruttamento della maggioranza della popolazione di colore, ed anche in gran parte bianca. La ribellione di Algeri non è che un diversivo borghese alla rivolu­ zione indipendentista, e lavera per la solidarietà nazionale fran­ cese di tutti gli sfruttatori me­ tropolitani e coloniali, svergo­ gnando soprattutto il degenere partito comunista francese, che dopo tanto parlare di democra­ zia interna ed esterna non mo­ stra che vile impotenza a difen­ dere questa perfino (per mise­ rabili che siano le sue orge par­ lamentari) in casa e fuori, e sal­ vo ordini di domani da Mosca di fare a De Gaulle lo stesso osse­ quio che venne ordinato per Hi­ tler nel 1939. La serie dei nostri studi sulla

situazione dei popoli · extraeuro­ pei, oggi ovunque in febbrile mo­ vimento, è uno dei compiti prin­ cipali della nostra attività e ver­ rà seguita col massimo interesse da tutti i compagni. Promettiamo prossima la pub­

blicazione dei vari indici-guida di cui abbiamo parlato.

TERZA SEDUTA

Corso economico e recessione neoli Stati Uniti ~i America

Nella Iunga seduta del lunedi 2 giugno, collegandosi alla rru­ nione di Piombino, furono ripre­ sentati ai convenuti anche i gra­ fici usati nelle precedenti occa­ sioni, e fino da Ravenna, rapida­ mente ripetendo il senso della ricerca condotta con il loro sus­ sidio. Il nostro lavoro sul capitalismo

di Occidente prese le mosse da quello sulla struttura economica e sociale della Russia di oggi, ed anzi dalla pubblicazione del « Dialogato coi Morti » fatta dal nostro partita dopo il XX Con­ gresso del partita comunista rus­ so. Il centro della discussione è la radicale negazione che il ra­ pido ritmo di incremento della produzione industriale russa pos­ sa essere assunto a prova del carattere differenziale di una e­ conomia socialista in rispetto a quelle capitaliste. Anzitutto la

follia produttiva non è una ca­ ratteristica del socialismo, ma proprio del capitalismo. In se­ conda luogo gli stessi ritmi pre­ sentati dalla Russia si ravvisano nelle economie capitalistiche sto­ riche, in una di queste condizio­ ni: 1. Che si tratti di capitalismo nella fase iniziale di origine. 2. Che tra questi capitalismi si tratti di quelli nazionali venuti storicamente per ultimi, quando la tecnologia industriale aveva nei paesi di prima apparizione avuto rilevanti progressi, a di­ sposizione del « nuovo arrivato ». 3. Che si tratti del ciclo di ri­ presa dopo una potente depres­ sione o crisi. 4. Che si tratti di un paese sconfitto in guerra o anche profondamente invaso, che procedà dopo la guerra alla sua ricostruzione produttiva. Con tali criteri abbiamo pre­

( contf11uii in 4.a· pag.)

Page 4: 1 ramma comun1 - archivesautonomies.orgarchivesautonomies.org/.../Anno7/ilprogrammacommunista-anno7-n12.pdf · (".iel vescovo, del prefetto e delle organizzazîoni sindacali, ha r

IL PROGRAMMA COMUNISTA

Sfregio e bestemmia dei principii comunisti nella rivelatrice diatriba tra i partiti dei rinnegati

(continuaz. dalla s,« pag.) 1 za alcuna or iginal ità nelle con- sentato, corne è noto anche ai clusioni, nulla avendo saputo lettori del giornale dal resoconto trovare oltre I'esempio noto del dettagliato in corso, l'andamento dopoguerra ultimo in GermanÎ'.l degli indici di produzione indu- e Giappone, e non avendo enun­ striale per sette paesi: Inghil- c~ata_ l'influei:i-za ~ell'età dei ca­ terra, Francia, Stati Uniti, Ger- pitalismi nazionali. mania, Italia, Giappone Russia. I borghesi occidentali si sen­ Abbiamo mostrato che ie « velo- tono battuti corne industriali se cità » russe di incremento annue 11a produzione russa avanza più sono state nel passato note anche della Ioro, attuale soprattutto. agli altri paesi, e nel secolo I A noi non interessa chi dei due scorso al giovane capitalismo I sia più rabbiosamente capitali. americano, e che inoltre nella ri- sta, ma solo la prova che nes­ costruzione dopo la seconda guer suno c_lei due contendenti, nem­ ra due naesi Germania e Giao- meno 11 russo, ha stirnmate di so­ pone, hanno' nettamente sopra- cialismo. vanzato la Russia. Sui diagrammi che raffigurano

la storia della produzione indu­ striale in questi paesi abbiamo per tutti verificata la nostra nor­ ma dell'incremento decrescente. Al diagramma accidentato con tutte le salite e discese degli in­ dici annui sostituiamo la spezza­ ta che unisce tutti i vertici di massimo, ossia gli indici di que­ gli anni che sono preceduti e se­ guiti subito da indici più bassi, scegliendo il primo massimo se­ guente in modo che non sia mai inferiore al precedente. Questa nuova linea che evidentemente astrae dalle oscillazioni contin­ genti e secondarie divide tutto il tempo studiato in periodi di al cuni anni che chiamiamo « pe­ riodi tra i massimi "· Di ognuno di questi periodi è facile deter­ minare l'incremento totale e I'in­ cremento annuo medio (costan­ te) che vi corrisponde, con cal­ coletto più volte spiegato. Già in questa nuova serie periodica si vede che in generale il ritmo an­ nuo diminuisce storicamente. Scegliendo a gruppi questi pe­ riodi in modo da avere lunghi periodi la norma si verifica più chiaramente,- e infine passando a lunghi cicli, che sono gli stessi o quasi per tutti i paesi, si vede che la serie dei ritmi annui pre­ senta sempre una progressiva di­ minuzione. Nei citati orimi numeri del

resoconto sommario il lettore puè vedere un tale metodo applicato, e sempre confermato, a Inghil­ terra, Stati Uniti, Germania, Francia e poi Russia - con ai­ tre applicazioni alla produzione mondiale, al commercio mondia­ le, alla produzione dell'acciaio nel mondo, in America, Russia, Italia, ecc. Altri gruppi anche esteri ci hanno inviato felici ela­ borazioni con lo stesso costante risultato per indici dei loro paesi. Avendo inoltre affermato che

storicamente la Russia ci fa assi­ stere al nascere di due diverse economie capitalistiche industria­ li, la prima sotto lo zar fino al 1914, e la seconda da quasi zero del 1926 (dopo due rivoluzioni, la guerra internazionale e le guerre civili), è rimasta distrutta la leggenda che la progressione russa era un fatto sconosciuto alla storia del capitalismo.

( Menzo1na nella cil re russe ? Per evidenti ragioni di polemi­

ca vivente abbiamo dall'inizio lavorato su cifre ufficiali russe, e non solo per la Russia stessa ma anche per gli altri paesi, at­ tingendo ai quinquennali discorsi di Stalin, Malenkov, Krusciov. Alla riunione fu di passaggio ac­ cennato ad una critica dell'auten­ ticità dei dati russi che si trova in un opuscolo edito dalla Man­ chester Statistical Society, Una ricerca piuttosto pedante ricava una relazione matematica, dedot­ ta dalle statistiche dei paesi oc­ cidentali, tra l'indice fisico della produzione industriale e gli in­ dici di alcune merci base: accia­ io combustibili, energia elettri­ c;. La funzione ricavata si ap­ plica poi ai dati russi in quanto si posseggono quelli dei prodotti singoli indicati, ricalcolando con la formula trovata l'indice indu­ striale generale. La conclusione di questa ricerca è che l'indice del 1955, quando sia 100 quelle del 1928, si presume sceso da quello ufficiale che è 2065 a solo 1210, ossia del 41,5 per cento. Ta­ le fortissimo scarto è tuttavia minore di quello trovato da altri ricercatori occidentali, che si fermano ad anni anteriori. Nella nostra tabella russa data

nel n. 18 del 1957, cui corrispon­ de il grafico esibito, l'indice 4210 del 1956 (relativo a 1913 = 100) dovrebbe essere ridotto a soli 2460, con grave riduzione di tut­ ti i ritmi incrementali dati nella tabella. Ma noi non terremo con­ to di' queste conclusioni degli economisti inglesi, in quanto la nostra tesi non ne ha bisogno Essi hanno cercato nel loro la­ voro confronti con periodi vari di paesi industriali vari, ma sen-

l'aconomia americana Di questa già da vario tempo

si occupa il nostro resoconto det­ tagliato riordinando ed aggior­ nando i molti dati forniti fin dal­ le riunioni di Cosenza, Ravenna e Piombino, che si sono svolte nel ciclo in cui tutto procedeva ver­ so il vantatissimo « boom " (Ieg­ gi: bum ! ) . N el giornale tuttavia abbiamo preso a discutere del ripiegamento degli indici che 3i è iniziato nell'autunno 1957, e della questione, dibattuta su tut­ ta la stampa mondiale, se possa trattarsi di una crisi analoga a quella colossale del 1929-32, o non oiuttosto di una minore « re­ cessione "• che al più abbia con­ fronto in quelle recenti degli an­ ni 1944, 1949, 1954; fasi tutte sempre illustrate nelle nostre esposizioni. Abbiamo, in preparazione di

questa riunione, e pure essendoci venuto meno per cause di forza maggiore l'aiuto dei più efficaci compagni, svolto un grande la­ voro di raccolta dei dati dell'eco­ nomia americana. Per lo più nel giornale (a parte il grande pro­ spetto della produzione indu­ striale che partiva dal 1827) ci siamo riferiti al oeriodo dal 1929 in poi, ma ai fini del confronto oggi discusso era necessario ave­ re l'andamento che precedette il massimo, raggiunto proprio nel 1929, cui segui il precipizio. Ri­ correndo quindi a pubblicazioni di statistica storica abbiamo cer­ cato di andare coi dati il più Ion­ tano che fosse possibile. Le fonti principali sono state, tra molte altre di confronto, tre. Per gli anni e mesi recenti la rivista in­ glese Economist. Per il periodo più moderno, « The Economie Almanac 1956 " del « Conferencc Board» edito dalla Th. Y. Crowell Company a New York. Infine, per gli anni precedenti, la pub­ blicazione statale « Historical Statistics of the United States 1789-1845 >> supplemento del pe­ riodico Statistical Abstract del Bureau of Census.

Con tali materiali furono for­ mati due grandi prospetti e due grandi grafici a colori. Uno di entrambi gli elaborati procede anno per anno, e inizialmente de­ cennio per decennio, e si estende dal 1790 al 1956. L'altro di cia­ scuno di essi presenta i dati men­ sili dal gennaio 1956 agll ultimi disponibili (marzo 1958) e si ri­ collega ai dati dei quattro anni 1954, 1955, 1956 e 1957. Fu data all'uditorio la dimo­

strazione di tutte le colonne ver­ ticali di dati e in modo parti­ colare di quelle che figuravano anche in forma grafica con linee di determinato colore, dando la precedenza al prospetto storico rispetto a quello dei dati men­ sili recenti, che consentiva me­ glio di poggiare le previsioni per l'immediato avvenire. Grafica­ mente questa seconda tavola, per i minori scarti in sopra e in sot­ to, risultava di facile lettura in quanto le varie spezzate non si sovrapponevano ed incrociavano, mentre nella tavola dei dati an­ nui dal sec. XVIII la lettura, al­ meno a partire dall'anno 1913, di­ veniva labor_iosa per le fortissi­ me oscillazioni dei vari diagram-

Perchà la nostra stampa viva GENOVA: Giovanin della pippa

200, N.N. 300, Giovanin della prppa 100. Iaris 100, Arenvi-no a mezzo Lo­ riga salutando Amadeo 500, Arenza­ no, un col. in pensione trovando nella nostra stampa chiarezza e one­ stà 500, Bruno 100, Guido 100, Giu­ lio 100, Ferrero 100, Renzo 100, Bep­ pino 100; BOLOGNA: Cesare 500; VARESE: Grisa 3000, Gaetano e Pi __ na 3000; MILANO: Mariotto 500, Acqua Marcia 80, Robe 100, Giu­ seppe B. 50; FIRENZE: sottoscri­ zione fra tranvieri: uno che legge 500, Camilli Antonio 100, Romolo 500, Elia 100, Viva Lenin 100, tr an­ viere rossa 100, contra tricolore 100: PUGLIA: Salvatore 1000; RO­ MA: Alfonso 5000. TOTALE: 17.030; TOTALE PRE­

CEDENTE: 554.495; TOTALE GE­ NERALE: 571.525.

mi, che per tutti gli indici in ge­ nerale si addensavano intorno ai periodi della prima e seconda c·f · . guerra mondiale e a quello in- . 1 re e curve d1mostr~no 11 con- terrnedio del la grande crisi del- !~~,~~~~es~:r:r~e! prezzi, e Il con­ l'interguerra. Tale complicazione "' e c del valore real_,, si estende anche al periodo at- del dollaro, erroneamente consr­ tuale successive alla seconda derato dal ~rosso pubbl ico corne

_ . . moneta stabi le e di panta aured. guerra mondiale, mteressato dal- Tr -1 1~9(l ·1 19-,- · · le ben note crisi minori. a 1 ,1 e 1 · ;J 1 1 prezzi ge_ne-

Gli astanti seguirono con mol- rab all mgr osso s~mo tnp~1cat1, ~' to impegno la dimostrazione per quelh agr icol i PIU che tr iphcati, le varie grandezze economiche I co_n fedele conferma della care­ ind icate da un compagno sull~ stia_ ahmentare nell~ produz10~e tabella numerica e da un altro capitahst1~a. I p~ezz1 al dettaglw, lungo la relativa spezzata del posto 100 11 loro md1c_e al 191~, so- quadro grafico a colori ~? o_gg1 per tutti gh. articoli al:

· l indice 268; per quelh alimentari a 282. Si era segnata la linea di variazione del potere di acquisto del dollaro, dedotto dai prezzi al

Le prime verticali a sinistra dettaglio generali (vi sono altri della grande tabella annuale ri- modi di dedurlo tenuto conto an­ guardano il territorio e la popo- che dei prezzi di produzione o al­ lazione. Vi sono i dati della den- l'ingrosso), ponendo anche per sità in abitanti per chilometro questa grandezza al 1913 l'indice quadrato, della popolazione ur- 100. Il primo dato a disposizione bana e di quella rurale, e della è quello del 182'0: 154, ossia un parte di questa che abita le molto maggior valore del 1913 farms, fattorie agricole isolate da per il dollaro. Ma il massimo vie­ abitati. Una colonna molto im- ne dopo: 184 al 1830 e 1850. Nel portante riflette il volume della 1870 si è discesi a llO, e dopo immigrazione da tutti i paesi del lievi aumenti nel 1880 si arriva mondo. Le cifre ed i vari dia- a 100 del 1913. Da allora la per­ grammi fanno assistere alla dap- dita di valore del dollaro è senza prima !enta, e poi travolgente soste notevoli. La prima guerra popolazione dell'immenso terri- lo dimezza: nel 1920 è 51,1. Ne! torio tra i due Oceani, Basterà 1929 si è faticosamente r iporta­ qui dire che la popolazione (a to a 60,0, ma con la crisi degli parte colonie oltremare) va dai anni seguenti si ha un fenome­ meno di 4 milioni del 1730 ai no interessante. Si tratta di una 173,4 del marzo ultimo. La den- violenta crisi di sovraproduzio­ sità cresce anche di molto ma, ne, e quindi di bassi prezzi: quel­ corne già detto nel resoconto, le lo che per la società e l'umanità sue ultime quote, se sono compa- che lavora sarebbe una fortuna rabili bene a quelle russe, sono è per il mostro capitalista pato­ bassissime rispetto a quelle euro- logia e morte. Tutto, giusta gli pee. Oggi i destini del mondo . altri indici che i prospetti pre­ sembrano essere in mano non più senteranno, va in rovina, ma il dei popoli più addensati (lnghil- potere del dollaro sale. Negli terra, Germania ... ) ma di quelli anni dal 1929 si ha questa serie: meno addensati corne America e 60,6, 62,7, 69,8, 88,2. La corri­ Russia, salvo l'avanzata della spondente discesa dei prezzi, se densa Cina. La densità media prendiamo quelli agrari allin­ partita da cifre minime è giunta grosso, è ancora più marcata: oggi a non più di 22 abitanti per 141, ll8, 90, 74, ossia 26 punti chilometro quadro. sotto il 100 del sereno 1913! Un diagramma interessantissi- Ma venendo la secon~a guerra

mo è quello dell'aliquota di po- la caduta del d9lla_~o nprende E: polazione agricola sulla totale. nulla _ la fermera piu: da allora 1 Essa era del 95 per cento nel 1790, prezzi sa~gono tutti. e sempre, ma è sempre discesa, ed oggi è Nel 1939_ Il potere di acquisto si appena del 36 per cento, in quan-1 era_ stabilizzato su 72,_4,. dopo la to il 64 per cento, al posto del salita _d~lla grande crrsi, ma nel minimo 5 oer cento di allora vi- 1944 si e caduti a 56,7. E da al­ ve nelle êittà di oltre dieci.:nila lora la discesa è continua, senza abitanti, dando eloquente misu- riprese; nel,.1957 il potere di a_c,­ ra del nauroso inurbamento che quisto e all indice 37,2: poco piu ha presto raggiunto e lasciato in- di un terzo. del 19.13,_ poco. !?iù' di dietro ogni fenomeno del mondo urt s~sto dei massrrm storici 1830 antico e 18:JO.

· Se per questo dato si passa al prospetto dei dati mensili recen­ ti, si vedrà che la crisi che si delinea non è certo di bassi prez­ zi, e differisce per questo radi­ calmente da quella del 1929. In­ fatti il potere di acquisto del dollaro dal 1954 al 1957 ha segna­ to 39,0, 39,1, 38,5, 37,2 e nel mar­ zo 1958 è ancora in discesa: 36,3. Come abbiamo già mostrato nel resoconto manca ogni parallelo con gli effetti della supercrisi 1929.

1 gruppi di grandezze

Una orima curva che interessa seguire • storicamente dato che ri­ sente di tutte le grandi vicende mondiali in modo evidente, è quella del numero annuo di im­ migrati da tutte le origini. Nel 1820 furono solo 8000, e crebbero rapidamente fino a 370.000 nel 1850. Decrebbero per effetto della crisi nella guerra di secessione, ma nel 1870 erano 387.000, e alla fine del secolo circa 450.000 all'an­ no. N el decennio di pace dal 1900 al 1910 il flusso dall'Europa in America fu enorme, toccando un massimo nel 1907, con 1.287.000 unità, Nel 1914 la cifra era ancora al­

ta, di 1.200.000, ma dal 1915 preci­ pita fino al 1918, anno di fine del­ la prima guerra mondiale, con soli lll.000. La nace dà una vio­ lenta ;ripresa, fino a 805.000 nel 1921, ma in quest'anno scoppiè quella violenta crisi capitalistica, che fece sperare nella rivoluzione in Europa: nel 1922 gli immigrati furono solo 201.000, per risalire nel 1924 a circa 700.000. Da quel­ l'anno al 1929 l'economia amer ica­ na è prospera, ma anche in Euro­ pa il capitalisme si riprende. Tan­ to il governo americano che alcu­ ni governi europei (specie quello italiano che dal 1922 strozza la poderosa emigrazione) fanno una politica di contenimento del flus­ so migratorio, e nel 1929 si scende a 280.000 immigrati negli USA. Nel 1930 sono ancora 242.000, ma la tremenda crisi determinerà il blocco totale o quasi. La cifra scende fino al 1936- in cui si è ap­ pena sui 35.000 individui entrati. Durante la seconda guerra si o­ scilla intorno a tale ordine di grandezza, col minimo di 24.000 nel 1943. Finita la guerra si am­ metteranno in rate minime gli immigrati, e il massimo si ha con 266.000 unità nel 1952, e successi­ va diminuzione. Le due grandi guerre in cui I'America ha fatto affari enormi sulle sventure di Europa hanno storicamente posto fine alla possibilità di riversare oltre Oceano una sovrapopolazio­ ne del vecchio continente, salvo che per trascurabili stentate quo­ te, di anno in anno ammesse. Ed è questa una delle condizioni per la strombazzata prosperità.

Prezzi e moneta poi distingucre tra operai qua­ lificati (skilled) e no. Non si ha che un dato generale, che si i'! ridotto dalla misura in moneta generale a quella in moneta reale. Il salario in dollari del tempo

sembra favolosamente salito: da l,70 dollari per settimana del 18GO a 11.01 del 1914, a 82,39 del 1957. Su tanto si basa tutta la retorica sulla prnsper ità crescente e la spar iziono di differenze di clas­ se in America. Ma basterà pas­ sare ai salari reali oer vedere una scena cambiata: 7)0 nel 1860, 10,90 nel 1914, 30,60 nel 1957. PiLI significativo sarebbe stato il con­ fronto se invece dell'indice dei prezzi generrci si fosse usato quello alimentare: ma ci si sa­ rebbe risposto che il cibo è la minore spesa del lavoratore ame­ ricano, che si vale soprattutto di « beni durevoli » di consumo! La vicenda recente del salario

reale con i dollari del 1955 è sta­ ta nei quattro ultimi anni 71,65, 76,.53, 78,60, 78,50. La discesa si è accentuata nei nrimi mesi del 1958: 76,15, 75,50, 74,80.

Da ricordare che negli anni di grande crisi tra 1928 e 1933 il salario reale medio si tenne fer­ mo sui 15 dollari, mentre se si avesse quello dei lavoratori ma­ nuali e lo si riducesse al solo cibo, si avrebbe certamente una ascesa. La crisi di allora era di disoccupazione e di bassi prezzi; la grande crisi che verrà tra al­ cuni anni avrà le maledizioni della sovraoroduzione folle e della minaccia di guerra: disoc­ cupazione e spietato rialzo dei prezzi. Oggi si scherza ancora, ma già le teorie del pieno impie­ go e del benessere tremano sulle fondamenta.

La produzione industriale Rinviamo i diligenti lettori a

cercare altrove il commento sto­ rico al variare degli indici della produzione totale, il cui senso generale è che dilaga euforia in America quando dilaga morte in Europa, salvo che nella giusta paurosa affondata della grande crisi di interguerra, il moto della cui curva non si era ancora vi­ sto nel 1921 e non si è ancora ri­ visto nel 1943, nel 1949, 1954, e tanto meno in questo 1958. Daremo solo i risultati degli

ultimi mesi ed anni. Dal 1954: 125, 139, 143, 143, Nei primi del 1958: 133, 130, 128. L'origine è 100 per 1947-49. Il movimento 1929-33 fu inve­

ce: 59, 49, 40, 31. Caduta del 47 per cento, e del 17 oer cento nel primo anno, contro 'u 7 od 8 per cento calcolabile oggi (vedi nei numeri precedenti). Tra i maggiori dati portati al­

la riunione vi è stato l'indice dei beni durevoli e non durevoli, la produzione di acciaio e quella delle costruzioni edilizie, cui da­ remo un momento di attenzione. Nel 1915 si costrul per soli 3

miliardi di dollari. Dopo gli af­ fari di guerra gli americani co­ struirono case per 12 miliardi nel 1926 e 1927. La cifra scese a

I prospetti hanno recato le ci- tre miliardi di nuovo nella gran­ fre della forza lavoro, della oc- de crisi ooi risali fino a 14 nel cupazione, della percentuale di 1942 ridiscendendo a 5 circa nel disoccupati, del salario medio 1944' e 1945. Da allora cresce sem­ settimanale in dçllar i correnti e pre, fino al massimo ~i 47,3 d~l in dollari costanti (valore rea- 1957. Vero destnero di battagha le). La curva della disoccupazio- della teoria del benessere! Gli ul. ne nel 1929 ebbe una salita pau- timi dati sono: dal 1954: 37,8, 43,0 rosa, mentre oggi presenta an- 44,2, ~7,5 .. Nei primi ~es~ 1958; che un aumento, ma di gran portati aa anno: miliarn] 48,4, lunga meno marcato (vedi nu- 48,3,. 4.8,_l. No11: cede la follia del meri ultimi di Programma). Va dornicilto famil iare, dell'home a­ tuttavia notato che le percen- - mericano, del colcosianismo civi­ tuali di disoccupati degli ultimi le in emulazione di quello per mesi, che sono ufficial~ente. d~ or~ e f<;>rse sempre solo r~rale gennaio_ 5,8, 6,7 e 7,0. m v1r~u dei ru~s1! 'I'elevisora, frigorifero' dell'aggiustamento st~gwnale, m lavatrice e automobile contr ' effetti dal calcolo d1r1;tto. son? vacca, m_aiale, galline ~ coniglf 6,7, 7,7 e 7,7 .. Do~o la nu:~none. f, Idolatria, nell'uno e nell'altr; stato annunciato ~l dato d1 _apnl_e ca_so, della proprietà della fami­ che sarebbe n:11ghorato a c1r~a 11 gha e dello Stato! Manut n 1 5 per cento, c1fra paragonab1le a l'ultime di tutti 1· ·te 1~

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d 1 1. · · d 1 1954 · « cap1 a 1sm1 quella e la 1eve cns1 e · d1 popolo » da entràmb 1 Nella grande crisi 1929 si ebbero de vantati.' e e spon- perèentuali dell'ordine 18,9, 23,7, 24,7 e si scese piano piano nel 1941 a 10,6. Sono le bestiali guer­ re in Europa, che hanno portata a zero la disoccupazione degli operai americani. N el 1944 si è toccato il minimo di 1,2 per cen­ to. Nella prima guerra si era, per una specie di paradosso sta­ tistico nel calcolo della forza la­ voro totale e civile, a una cifra negativa! Nella crisi del 1921 si tocco ancora la rata di ll,2 per cento. Le cifre odierne non sono dunque all'altezza nè della gran­ de crisi interguerra, nè di quella 1921 o della situazione 1941 di vigilia di guerra. Per quanto riguarda poi la

quota del salario va notato che nelle statistiche americane è as­ sai difficile smistare prima di tutto tra salari operai (wages) e stipendi di impiegati (salary), e

Occupazione e salari

(Il resoconto della II seduta ai prossimo numero).

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Abc del comunismo

di Bucharin • Preobraqenski

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(continuaz. dalla 2.a pag. J nella fabbrica 300.00 yuan, ricePe ouni anno 15.000 yuan di interessi fiss;, e 200 yuan al mese came sti­ pendio in qualità di direttore », mentre si è sgravata l'anima del­ l'atroce pensiero di sfruttare gli operai. Li Cen-hai ha insomma do­ vuto convincersi che il « sociali­ smo » ha battuto il capitalismo: non era forse avvenuto che « pro­ prio in regime socialista, anche se la fabcrica era ancora capitalistica, la produttività degli operai au­ mento in modo allucinante, e nel 195:i i costi di produzione poteron.:i essere ridotti del 40 per cento, ne! 1956 del 24 per cento rispetto al 1955, ne! 1957 di un po' più del 20 per cento rispetto al 1956 »? Con­ vintosi. rieducatosi, Li Cen-hai è passato a quello che l'impagabile « Unità » chiama socialismo; si è messo a mezzadria con la Stato, il quale gli paga ogm anno gli inte­ ressi fissi più lo stipendio e lo met­ te al sicuro da qualunque preoccu­ pazione di rischio « congiuntura­ le ». (Bello no? Sfidiamo qualunque capitalista a non rieducarsi ! ) . Per­ che, dunque, non fate altrettanto voi ( tale il succo dell 'articolo), in­ dus tria li italiani?

Ma l'invito è superfluo: gli indu­ striali italiani non hanno bisogno che gli si insegni il metodo della « mezzadria » con lo Stato. Lo ap­ plicano già nella vita quotidiana: pompano alla mammelle di Roma nell'atto stesso che versano lacrime di commozione sull'iniziativa pri­ vata. Solo che, i non-ancora-illu­ minati, non capiscono d'essere, co!l cio, diventati... socialisti, e quindi di non sfruttare più gli operai!

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