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1 Per una comunicazione interpersonale efficace… Roberto Trinchero Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione Università degli studi di Torino [email protected]

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Per una comunicazione interpersonale efficace…

Roberto TrincheroDipartimento di Filosofia e Scienze dell’EducazioneUniversità degli studi di [email protected]

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Costruire una buona comunicazione interpersonale

Presenteremo:Tecniche rogersiane;Comportamento assertivo;Gestione della chiarezza della comunicazione e delle implicature del discorso.

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Tecniche rogersiane

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Colloquio rogersiano (accezione non psicoterapeutica)

Forma di interazione verbale condotta da un formatore nei confronti di un soggetto, la quale punta a far acquisire consapevolezza al soggetto:

a) di particolari aspetti che riguardano la sfera personale e l’interazione interpersonale;

b) delle problematiche che possono insorgere a partire da particolari modi di porsi nei confronti degli altri;

c) delle possibili soluzioni a tali problematiche e dei modi di porsi alternativi che potrebbero aprire nuove possibilità di azione.

4Rogers Carl R. (2007), Terapia centrata sul cliente, Molfetta (Ba), La Meridiana.http://www.edurete.org/conv/rogersiano211111.pdf

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1.Tacere ogni qual volta è possibile

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L’obiettivo è quello di far parlare l’interlocutore. Ogni occasione è buona per far tacere e lasciare la parola a loro. Non interromperli mai, a meno che non vadano palesemente fuori tema, e, se si viene interrotti, lasciare immediatamente a loro la parola.

A colloquio con l’insegnante/dirigente, un genitore non lascia nemmeno che l’insegnante/dirigente finisca il suo intervento ed inizia subito a parlare.

Situazione R1

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2. Far riflettere l’interlocutore sulle situazioni e sui propri modelli interpretativi e di azione

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• Chiedere argomentazioni e utilizzare controargomentazioni

• Chiedere che l’interlocutore racconti esperienze

• Chiedere all’interlocutore quale significato dà a determinati termini

A colloquio con l’insegnante/dirigente, un genitore sostiene che suo figlio non viene valorizzato per quanto merita.

Situazione R2

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Guide per far riflettere l’interlocutore

Guida Esempio

Chiedere argomentazioni e utilizzare controargomentazioni

“Lei dice che suo figlio non viene valorizzato a scuola. E’ proprio sicuro di ciò che dice? Quali elementi lo portano ad affermare questo? Mi fa degli esempi di situazioni in cui suo figlio non è stato valorizzato?”

Chiedere che l’interlocutore racconti esperienze

“Mi racconta una situazione in cui suo figlio ha dato prova delle sue capacità?”

Chiedere al genitore quale significato dà a determinati termini

“Lei dice che per fare gli insegnanti bisogna essere competenti. Cosa vuol dire secondo lei ‘essere un insegnante competente’?”

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3. Ravvivare ed approfondire il discorso

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Alla dichiarazione del genitore, l’insegnante può utilizzare vari tipi di rilanci, allo scopo di far sì che il genitore continui a parlare e svisceri meglio il suo pensiero.

L’insegnante dice “Forse dovreste seguire un po’ di più vostro figlio nei compiti a casa …”, il genitore risponde “Non si può fare!”

Situazione R3

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RilanciRilancio Esempio

Ad eco “Non si può fare?”

A specchio “Da quanto ho capito lei ritiene che non si possa fare …”

Complementazione “Se non si può fare allora vuol dire che nessun genitore nelle sue condizioni lo fa …”

Interpretazione “Se lei dice che non si può fare allora vuol dire che ha già provato a farlo …”

Interrogazione referenziale (= sullo stato del mondo, “oggettivo”)

“Perché non si può fare? Quali elementi oggettivi dicono che non si può fare?”

Interrogazione modale (= sullo stato psicologico, “soggettivo”)

“Perché lei ritiene che non si possa fare? Qual è il suo parere in merito?”

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4. Far trasparire fiducia e serenità all’interlocutore

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Usare un tono del parlato calmo e pacato, non avere fretta, rallentare i movimenti delle mani e del corpo per infondere serenità e senso di sicurezza, fare cenni di assenso col capo e far costantemente trasparire apertura, attenzione e vivo interesse per ciò che dice il genitore. Il come vengono dette le cose è altrettanto importante del cosa si dice.

“Mi spiega perché ritiene che suo figlio non venga sufficientemente valorizzato?”“Mi può raccontare una sua giornata-tipo e le interazioni che in questa giornata ha con suo figlio? Mi interessa, anch’io sono genitore…”, senza sarcasmo o volontà di sfida ma con interesse vivo e genuino per ciò che il genitore ha da dire, ascoltando le sue risposte e rilanciando come illustrato nel punto precedente.

Esempio

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5. Assumere un atteggiamento non valutativo

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Qualsiasi cosa l’interlocutore dichiari di fare, dire “Non si deve fare così!”, “E sbagliato!”, serve solo ad attivare le sue resistenze verso l’intervistatore. Meglio dire “Ha mai provato a fare invece così? Non trova che sia una soluzione migliore?”

“E’ proprio sicuro che sgridando suo figlio lo abbia spronato a studiare di più? Non avrebbe ottenuto maggiori risultati cercando di studiare con lui?”

Esempio

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6. Immedesimarsi nel soggetto con la tecnica dell’empatia

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“Come mi sarei comportato io, insegnante, se fossi stato al suo posto? Come mi comporterei?”. Per poter raggiungere un buon livello di empatia è ovviamente necessario conoscere molto bene la situazione in cui vive e opera il genitore. E’ necessario ricordare come non è indispensabile che un problema sia effettivamente “oggettivo”: basta che un soggetto lo percepisca quella cosa come un problema perché diventi veramente un problema.

Un genitore continua da mesi a sollevare ogni tipo di problema possibile in consiglio di classe. Attraverso il colloquio rogersiano è possibile ricostruire la sua visione del mondo e chiedersi quali sono le “buone ragioni” (dal suo punto di vista, ovviamente) che lo portano a sollevare ripetutamente dei problemi.Cercare empatia con il genitore significa anche chiedere che lui adotti la stessa forma di rispetto nei confronti dell’insegnante (“Io ho ascoltato e cercato di comprendere i suoi problemi di genitore, adesso lei cerchi di ascoltarmi e di comprendere i miei problemi di insegnante...”).

Esempio

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7. Individuare i temi su cui l’intervistato si “chiude” o non risponde e utilizzarli come fonti informative

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Vi possono essere dei temi dove il genitore “fugge”, glissa, non mostra piacere di parlarne. E’ possibile provare a deviare il discorso su altri temi e poi tornarci una seconda volta in seguito. Se si ottiene una fuga anche la seconda volta, evitare di tornarci ma cercare di capire, da altre domande, da interviste ad altri genitori o da altre fonti informative, perché quei temi sono “tabù”.

Se la mamma non parla mai dei rapporti del figlio con il papà, lì si può nascondere un problema.

Esempio

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8. Cogliere le specificità

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Ogni situazione è unica. Obiettivo del colloquio è cogliere le specificità di quella situazione e di quel nucleo genitori-figlio, ossia gli elementi che la differenziano da tutte le altre viste finora nella propria esperienza.

Un genitore fa fatica a seguire il figlio nel suo percorso scolastico, dato che qualsiasi cosa il figlio debba fare questa si tramuta in un problema per il genitore. Attraverso il colloquio rogersiano è possibile cogliere gli elementi “oggettivamente” problematici, dagli elementi che potrebbero essere migliorati nel rapporto genitore-figlio, utilizzando queste specificità come elementi a partire dai quali promuovere sinergie con la scuola.

Esempio

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9. Gestire le emozioni senza nasconderle

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Se un genitore si pone in modo sgradevole nei propri confronti, porre queste emozioni come oggetto della discussione, in modo da non viverle come “attacco alla propria persona” ma come normale elemento della dinamica di interazione.

“Sa che mi sono sentito veramente a disagio quando mi ha detto con quel tono che io avevo sbagliato tutto nel rapporto con suo figlio …”

Esempio

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10. Valorizzare le “buone pratiche”

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Valorizzare i contributi positivi del genitore, in modo da rafforzarli.

“La sua idea di iscrivere in palestra suo figlio mi sembra davvero un’ottima idea. La palestra è un buon modo per scaricare l’aggressività …”

Esempio

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Assertività

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Assertività

Modalità di comunicazione flessibile attraverso la quale si affermano i propri punti di vista senza prevaricare né essere prevaricati, il punto di equilibrio tra aggressività e passività;

18Bonenti D., Meneghelli A. (2010), Assertività e training assertivo, Milano, FrancoAngeli.http://www.edurete.org/conv/assertivo160412.pdf

Comportamento passivo

Comportamento aggressivo

Comportamento assertivo

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Comportamento assertivo

Mira al raggiungimento dell’equilibrio ottimale per tutti gli stakeholders coinvolti in una situazione, attraverso:L’affermazione dei propri diritti;Il rispetto dei propri doveri;Il riconoscimento dei diritti altrui;La richiesta che gli altri rispettino i propri doveri.

19Bonenti D., Meneghelli A. (2010), Assertività e training assertivo, Milano, FrancoAngeli.http://www.edurete.org/conv/assertivo160412.pdf

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Situazione A1

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Mi viene chiesto di assumermi una responsabilità in più nel mio lavoro. La cosa mi infastidisce, dato che vi sono colleghi a cui non viene mai chiesto nulla.

La prendo e rinuncio al mio tempo libero pur di fare bene anche quella cosa.

La prendo e la porto avanti senza nessuna passione. Quando vedranno che faccio il lavoro male, me la toglieranno.

Espongo al mio superiore le ragioni per cui non sono in grado di assumermi quella responsabilità e che questa andrebbe data ad altri colleghi. Se il mio superiore mi chiede di prenderla lo stesso, chiedo di essere messo nelle migliori condizioni possibili per poter fare un bel lavoro.

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Situazione A2

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Un collega critica apertamente, quando parla con gli altri, i miei modi di fare, e la cosa mi infastidisce parecchio.

Faccio finta di niente. Meglio ignorarlo.

Per il momento parlo male di lui, poi alla prima occasione buona lo sistemo io.

Cerco di incontrarlo e gli dico “Senti, alcuni colleghi di cui ovviamente non ti faccio i nomi mi hanno detto che trovi sbagliato che io … Parliamone. Vorrei capire bene qual è il problema.”

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Situazione A3

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Un collega ha ripreso una mia idea e la spaccia per sua parlando con il gruppo, traendone vantaggi, e la cosa mi infastidisce.

Non dico niente, per quieto vivere.

Mi riprometto di dire agli altri, quando lui non c’è, che quest’idea era mia e lui è stato scorretto.

Dico apertamente di fronte a tutti, nella situazione di gruppo: “Mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato questo mio suggerimento”.

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Situazione A4

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Un collega (o amico) che aveva preso un impegno con me, si defila all’ultimo momento, infastidendomi parecchio e/o mettendomi in difficoltà.

Non dico nulla, ma ci rimango davvero male.

Mi ripropongo di fargliela pagare appena possibile.

Gli dico: “Mettiti nei miei panni. Capisci che mi hai messo davvero in difficoltà? Perché ti sei comportato così?” e cerco di farlo riflettere sulle ragioni da lui addotte.

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Situazione A5

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Un venditore mi tempesta di telefonate: “Scusi, disturbo? Vorrei proporle…”. Mi aggredisce con le sue tecniche di vendita e non so come liberarmene.

Compro qualcosa, tanto per farlo smettere.

Dico “No, grazie” e gli tiro giù il telefono.

Alla domanda “Scusi, disturbo?”, rispondo “Sì. Disturba.”, spiegandogli il perché e dicendogli che non vorrei più ricevere le sue telefonate, dato che se avrò bisogno di lui sarò io a cercarlo (e se mi infastidisce non lo farò…).

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Situazione A6

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Il mio interlocutore mi aggredisce verbalmente, dicendo che ho sbagliato una cosa e questo gli ha arrecato un danno.

Rimango male e sto zitto, pensando che non dovrei più sbagliare certe cose.

Gli rispondo per le rime. Non si può permettere di attaccarmi così.

Gli faccio notare che io non l’ho aggredito e che il suo atteggiamento mi infastidisce, quindi pretendo da lui lo stesso rispetto che io gli do. Poi gli chiedo di spiegarmi con chiarezza dove ho sbagliato, perché secondo lui ho sbagliato e come avrei dovuto fare per fare le cose correttamente.

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Situazione A7

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Il mio superiore mi fa notare che non ho raggiunto, nei tempi prefissati, gli obiettivi che mi erano stati assegnati.

Ammetto di aver sbagliato e cercherò di non farlo più in futuro.

Scarico la colpa su qualcun altro.

Gli spiego con chiarezza quali sono stati i problemi che ho incontrato e come potrebbero, secondo me, essere evitati in futuro. Cerco di costruire con lui una soluzione.

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Implicature nel discorso

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Chiarezza della comunicazione

«Principio di cooperazione»: Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall'intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato.

28Grice P., Logica e conversazione: saggi su intenzione, significato e comunicazione, Bologna: Il Mulino, 1993

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Chiarezza della comunicazione

Massime conversazionali:M. della quantità (dai un contributo appropriato sotto il profilo della quantità di informazioni);M. della qualità (non dire cose che credi false o che non hai ragione per credere vere);M. della relazione (dai un contributo pertinente ad ogni stadio della comunicazione);M. del modo (esprimiti in modo non ambiguo, breve, ordinato).

29Grice P., Logica e conversazione: saggi su intenzione, significato e comunicazione, Bologna: Il Mulino, 1993

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Implicatura conversazionale

Informazione supplementare derivante dal confronto di ciò che il parlante ha detto con la sua supposta aderenza al principio di cooperazione e alle massime.

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Implicatura conversazionale

Esempio: se dico al mio interlocutore "Quella signora è una vecchia ciabatta" e il mio interlocutore mi risponde dicendo "Che bella giornata oggi, non è vero?", dal fatto che egli non sta rispettando la massima di relazione (la sua risposta infatti non è pertinente) e dall'assunto che comunque stia rispettando il principio di cooperazione (non ho motivo per ritenere che non lo stia facendo), inferisco che la sua violazione della massima è deliberata, non accidentale, e quindi egli sta implicando conversazionalmente di non voler pronunciarsi sulla signora in questione.

31Grice P., Logica e conversazione: saggi su intenzione, significato e comunicazione, Bologna: Il Mulino, 1993

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Presupposizioni e implicature

Studente A: “Dai, andiamo al cinema stasera?”

Studente B: “Devo studiare per un esame.”

La risposta di B

presuppone che B debba sostenere un esame e che non sia ancora pronto

e

implica che non potrà uscire, quindi B deve rimanere a casa a studiare.

32Maria Grazia Bergamo, Roberto Trinchero (2011). Cosa ti dico, come te lo dico: effetti manifesti e latenti degli atti comunicativi degli insegnanti. In: -. Qui parla terra. La comunicazione con il pianeta giovani. p. 29-35, Torino: Liceo Gioberti, Torino, 12 febbraio 2011

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Presupposizioni e implicature “Rossi ha smesso di picchiare la moglie”

(dove ciò che si fa intendere è che Rossi la picchiava); “Era povera ma onesta”

(dove si fa intendere che c’è qualche contrasto tra povertà e onestà);

«Hai fatto un bel lavoro, però …»

(dove si fa intendere che il parlante considera secondario il fatto di «aver fatto un bel lavoro», e primario il «però …»).

33Maria Grazia Bergamo, Roberto Trinchero (2011). Cosa ti dico, come te lo dico: effetti manifesti e latenti degli atti comunicativi degli insegnanti. In: -. Qui parla terra. La comunicazione con il pianeta giovani. p. 29-35, Torino: Liceo Gioberti, Torino, 12 febbraio 2011

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Fine

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La presentazione è disponibile su www.edurete.org