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1 Letteratura Italiana Professor Andrea Manganaro Università di Catania Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Lettere A/L Anno Accademico 2011-2012

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Letteratura ItalianaProfessor Andrea Manganaro

Università di Catania

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di laurea in Lettere A/L

Anno Accademico 2011-2012

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Modulo A

Aspetti istituzionali ed epistemologici della disciplina e metodologie critiche.

L’Italia, la sua storia, la sua letteratura (1CFU).

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A)    - Aspetti istituzionali ed epistemologici della disciplina e

metodologie critiche. - L’Italia, la sua storia, la sua letteratura

Testi:• Testi:• C. Muscetta, Francesco De Sanctis, Laterza, Roma-Bari, 1981

(Letteratura Italiana Laterza diretta da C. Muscetta, vol. 51) pp. 58-71 (il cap.: La «Storia della letteratura italiana»).

• C. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino, pp. 25-54.

• F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, Carocci, Roma: cap. 3 (L’analisi del linguaggio), pp. 85-100; cap. 4 (La critica dell’ideologia), pp. 115-132; cap. 5 (La psicoanalisi applicata alla letteratura), pp. 149-155; cap. 6 (Dalla parte della lettura), pp. 173-175, 186-193; cap. 7 (Critici di confine), pp. 197-201.

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• Testi di riferimento e consultazione per gli aspetti metrici, linguistici, retorici:

• B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano; oppure G. Lavezzi, Breve dizionario di retorica e stilistica, Carocci, Roma.

• Pietro G. Beltrami, Gli strumenti della poesia, il Mulino, Bologna.

• Per la periodizzazione e la cronologia cfr.: • G. M. Anselmi, P. Ferratini, Letteratura italiana.

Secoli ed epoche, Carocci, Roma.

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Francesco De Sanctis

Storia della letteratura italiana

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• Il 20 settembre del 1870, sentendo, mentre scriveva, le campane suonare «a distesa» e annunciare così «l’entrata degl’italiani a Roma», Francesco De Sanctis interrompeva il suo racconto della nostra storia letteraria e, introducendo un inciso, prorompeva in un’entusiastica esclamazione: «Il potere temporale crolla. E si grida il viva all’unità d’Italia. Sia gloria al Machiavelli».

• Nessun testo può rendere immediatamente l’idea del nesso Risorgimento-letteratura per De Sanctis quanto questa celebre pagina della Storia della letteratura italiana. Il tempo della narrazione si arrestava e il critico registrava l’evento conclusivo del nostro Risorgimento, commentando, con non trattenuto entusiasmo: «Gloria a lui [Machiavelli], quando crolla alcuna parte dell’antico edificio. E gloria a lui, quando si fabbrica alcuna parte del nuovo»[1].

•[1] Questa prima parte del corso è tratta da: A. Manganaro, Risorgimento e letteratura per Francesco De Sanctis, in Aspettando il Risorgimento, Atti del Convegno di Siena (20-21 novembre 2009), a cura di Simonetta Teucci, Firenze, Cesati, 2010, pp. 301-316. Cfr. F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, Einaudi-Gallimard, Torino 1996, p. 512.

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• Connettendo passato e presente salutava così, di fronte alla notizia di Porta Pia, l’adempimento di quel «programma del mondo moderno» di cui la sua Storia della letteratura aveva individuato il «fondamento» nella «cosa effettuale» del segretario fiorentino, e cioè nel «machiavellismo» sostanziale, nell’umanesimo laico, immanentista, nell’«uomo considerato come un essere autonomo e bastante a sé stesso»

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• «Partigiano deciso della rivoluzione nazionale». Tale era De Sanctis. La definizione ci è stata consegnata da Gramsci. E il “parteggiare”, in questa accezione, assume chiaramente una connotazione positiva. Anche se (è bene chiarirlo immediatamente) lo schierarsi apertamente, nel caso di De Sanctis, non comportava affatto subordinazione del giudizio di valore alle collocazioni e alle appartenenze politiche. Uomo del Risorgimento, De Sanctis «tuttavia seppe criticare il Guerrazzi e non solo il Bresciani»[1]. Diversità o contiguità ideologiche non condizionavano deterministicamente il giudizio di valore estetico. E però, al tempo stesso, nel suo esercitare la funzione di critico della letteratura contemporanea, De Sanctis seppe individuare che il «Risorgimento era “corrisposto” dal Berchet» e non dal «padre Bresciani»

•[1] Cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino, 2001, p. 93 (Quaderno 1, § 96).

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• Seppe distinguere, dalla sua prospettiva, dove si annunciava il nuovo, dove si attardava l’antico. La sua Storia della letteratura italiana d’altra parte era ben altro che un’ archivistica o esaustiva catalogazione della nostra tradizione. Il suo diagramma non era affatto placidamente evolutivo, e tutt’altro che lineare, ma curvilineo, con vette premature, insuperabili e impareggiabili (Dante), drammatiche cadute verso il basso, risalite contrastate, e mai definitive. Né poteva essere altrimenti. La Storia della letteratura italiana intendeva infatti verificare ciò che fosse portatore di senso per il presente: «perché quello solo è vivo nella letteratura che è vivo nella coscienza».

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• La storia della letteratura nazionale costituiva per De Sanctis «un momento della ricostruzione storiografica della storia della nazione», ma la «teleologia» di questa, della storia della nazione, tendeva a collocarsi nel presente, nel processo risorgimentale che egli vedeva giungere a compimento mentre scriveva. E dall’altezza di quel punto di vista, da quel presente, la borghesia liberale, che in De Sanctis trovava la più alta espressione della propria coscienza, non poteva guardare alla storia e alla tradizione letteraria italiana come ad un passato tutto suo. Nel passato, in cui le altre storie delle letterature nazionali trovavano il loro secolo d’oro, la nostra non poteva incontrare un’epoca canonica: Dante appariva troppo presto; il “Rinascimento”, celebrato dagli stranieri, coincideva però con una «netta divaricazione», la perdita dell’ indipendenza a fronte del consolidarsi in Europa delle comunità nazionali.

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• Nella Storia della letteratura italiana la narrazione del passato era pertanto orientata non tanto a glorificare l’intera tradizione, ma verso l’auspicata ricomposizione di un secolare dissidio. Il telos che determinava il mythos della Storia era la progressiva «riabilitazione della materia»[1], il «graduale avvicinarsi alla natura ed al reale»[2], antidoto ai tendenziali formalistici errori della nostra tradizione letteraria, riflesso delle tormentate vicende della coscienza nazionale: il culto della pura forma, non generata da un contenuto vivo; i conseguenti vizi («la maniera, il convenzionale, il rettorico, l’accademico, l’arcadico»[3]) connessi ad una forma «a priori», «che stia da sé e diversa dal contenuto, quasi ornamento, o veste, o apparenza»[4]. De Sanctis poteva trovare la propria tradizione ideale, dopo Dante, quasi esclusivamente nell’«opposizione» minoritaria ai processi principali della nostra storia. «La storia di questa opposizione» costituiva infatti «la storia della vita nuova»[5].

• [1] F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, cit., p. 621. • [2] Id., Postilla [1883], in Saggio critico sul Petrarca, a cura di N. Gallo, introduzione di

N. Sapegno, Einaudi, Torino 1983, p. 9. • [3] Id., Storia della letteratura italiana, cit., p. 753.• [4] Id., Settembrini e i suoi critici, in Verso il realismo, a cura di N. Borsellino, Einaudi,

Torino 1965 (Opere a cura di C. Muscetta, VII), pp. 294-317, a p. 305, nota. • [5] Id., Storia della letteratura italiana, cit., p. 548.

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• «Là», indicava, «sono i nostri padri»: Machiavelli, Bruno, Campanella, Galileo, Sarpi, Vico. Erano essi i «primi santi del mondo moderno»[1], «vinti del loro tempo, vincitori nella storia»[2], perché «là stavano i germi della vita nuova» della nazione. Ed erano autori di opere, in buona parte, non d’invenzione, ma di «pensiero», come quelli già legittimati da Friederich Schegel nella Storia della letteratura antica e moderna[3]. Coincideva, «la storia di questa opposizione», con «la storia della lenta ricostituzione della coscienza nazionale»[4]. Di quel fiume carsico, profetico di una nuova Italia, lungamente celatosi nelle epoche della cosiddetta decadenza, De Sanctis scorgeva nel presente, con la realizzazione dell’unificazione politica, il riaffiorare, seppur non definitivo, costantemente oscurato dalla «precarietà di un processo aperto»[5].

•[1] Ivi, p. 623.

• [2] B. Croce, a proposito dei «precursori», in Filosofia della pratica. Economica ed Etica, Laterza, Bari 1915, p. 173.

• [3] Cfr. G. Petronio, In margine alla «Storia», in Francesco De Sanctis un secolo dopo, a cura di A. Marinari, Laterza, Roma-Bari 1985, vol. II, pp. 463-478, alle pp. 464-465.

• [4] F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, cit., pp. 623-624. • [5] Cfr. G. Guglielmi, Il finale della Storia della letteratura italiana, in Francesco De

Sanctis un secolo dopo, cit., vol. II, pp. 595-609, a p. 608.

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Premesse metodologiche [1]

• Una “Storia della letteratura italiana” di Cesare Cantù [1865] [cfr. Opere a c. di C. Muscetta, VII (Verso il realismo), Torino, Einaudi, 1865, pp. 276-293]

• Settembrini e i suoi critici [1869] [Ivi, pp. 294-317]

Due esempi diversamente negativi di storie della letteratura

[1] Per questa e per le successive schede cfr. C. Muscetta, Francesco De Sanctis, Laterza, Roma-Bari, 1981 (Letteratura Italiana Laterza diretta da C. Muscetta, vol. 51) pp. 58-71 (il cap.: La «Storia della letteratura italiana»).

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Cesare Cantù

• Per Cantù la letteratura era “la veste del pensiero”, gli interessava solo il “concetto”, il contenuto astratto, da giudicare con animo censorio.

• Per De Sanctis la letteratura “ha in sé stessa il suo fine e il suo valore, e vuol essere giudicata secondo criteri propri, dedotti dalla sua natura”. L’essere stati Ariosto o Machiavelli “immorali” ha poco a che fare con”la storia letteraria delle loro opere”

• [

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“Tal contenuto, tal forma”: il metodo desanctisiano

• “L’indipendenza dell’arte è il primo canone di tutte le estetiche e il primo articolo del Credo […] il contenuto vive e si muove nel cervello dell’artista e diventa forma, la quale perciò è il contenuto medesimo in quanto è arte. La forma non è a priori, non è qualcosa che stia da sé e diversa dal contenuto, quasi ornamento o veste, o apparenza, […] anzi è essa generata dal contenuto, attivo nella mente dell’artista: tal contenuto, tal forma”.

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Luigi Settembrini

• Settarismo clericale di Cantù, opposto di Settembrini.

• Il limite moralistico impediva comunque ad entrambi di fondare storicamente il giudizio critico

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Contenuto e forma

• “Ivi, nella forma, il critico ritrova il contenuto: […] lo ritrova non più natura, ma arte, non più qual era, ma qual è divenuto, e sempre tutto esso […] Ma, se il contenuto, bello, importante, è rimasto inoperoso o fiacco o guasto nella mente dell'artista, se non ha avuto sufficiente virtù generativa, e si rivela debole o falso o viziato nella forma, a che vale cantarmi le sue lodi ? In questo caso, il contenuto può essere importante per se stesso; ma come letteratura o come arte non ha valore”.

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Nesso dialettico contenuto-forma

• “E per contrario il contenuto può essere immorale, o assurdo, o falso, o frivolo;ma, se in certi tempi e in certe circostanze ha operato potentemente nel cervello dell'artista ed è diventato una forma, quel contenuto è immortale. Gli Dei d'Omero sono morti: l'Iliade è rimasta. Può morire l'Italia, ed ogni memoria di Guelfi e Ghibellini: rimarrà la Divina Commedia.

• Il contenuto è sottoposto a tutte le vicende della storia; nasce e muore: la forma è immortale” (ivi, pp. 305-6).

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De Sanctis (1869)

• “Vedete quanta è la nostra povertà. Una storia della letteratura presuppone una filosofia dell'arte generalmente ammessa; una storia esatta della vita nazionale, pensieri, opinioni, passioni, costumi, caratteri, tendenze; una storia della lingua e delle forme; una storia della critica, e lavori parziali sulle diverse epoche e su' diversi scrittori. E che ci è di tutto questo? Nulla, o, se v'è alcuna cosa importante, è per nostra vergogna lavoro straniero. Noi abbiamo una filosofia dell'arte tutta d'accatto o senz'applicazione; e le cose sono a tale, che non sappiamo ancora cosa è la letteratura e cosa è la forma [...]. Su nessuna arte è stato scritto niente di serio, non sulla pittura, non sulla musica, e neppure sulla poesia. Abbiamo vuote generalità, niente che sia frutto di alta speculazione filosofica o di serie investigazioni storiche. Una storia nazionale, che comprenda tutta la vita italiana nelle sue varie manifestazioni, è ancora un desiderio.

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La Storia della letteratura italiana (1870-71)

• Idea base: una grande letteratura non può sorgere se non esplorando nel profondo la realtà della vita nazionale, esprimendo un contenuto vivo in una lingua nuova, che riesca a parlare all’intero popolo italiano.

• I problemi della letteratura e della vita nazionale del suo tempo erano indissolubili dallo svolgimento della nostra letteratura e cultura

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Il Duecento

• I siciliani: i limiti di questa cultura: non aveva riscontro nella vita nazionale. Impulso per una nuova cultura dall’Università di Bologna e dalla vita comunale di Firenze.

• Molti autori e intere regioni mancano dal quadro da lui abbozzato

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Dante

• “È una di quelle costruzioni gigantesche e primitive, vere enciclopedie, bibbie nazionali, non questo o quel genere, ma il tutto, che contiene nel suo grembo ancora involute tutta la materia e tutte le forme poetiche, il germe di ogni sviluppo ulteriore. […] Come i due mondi sono in modo immedesimati, che non puoi dire : « Qui è l'uno, e qui è l'altro »; così i diversi generi sono fusi di maniera, che nessuno può segnare i confini che li dividono, né dire : « Questo è assolutamente epico, e questo è drammatico ». È il contenuto universale, di cui tutte le poesie non sono che frammenti, il « poema

sacro », l'eterna geometria e l'eterna logica della creazione incarnata ne' tre mondi cristiani, la città di Dio, dove si riflette la città

dell'uomo in tutta la sua realtà del tal luogo e del tal tempo”;

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Storicità e universalità dei classici

• De Sanctis è il primo critico che possedendo il concetto di forma nella sua pienezza dialettica, ha avuto la capacità di comprendere come un'opera possa sopravvivere alla società e alle credenze religiose da cui nacque. La modernità di Dante è nella vivente unità in cui è espresso un contenuto reale.

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Dante

• Nella coerenza tra l'uomo e lo scrittore, tra le sue lotte e la sua poesia, De Sanctis vede i motivi per cui Dante si colloca nel punto più alto del nostro remoto passato. La serietà del contenuto se non è certamente, la poesia, è «la base, il sottinteso, la condizione preliminare e necessaria della poesia ».

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Petrarca

• Tuttavia non Dante, bensì Petrarca, artista e letterato più che poeta, sarà il maestro delle nuove generazioni:

• “Quel mondo così perfetto al di fuori, è al di dentro scisso e fiacco: è contemplazione d'artista, non più fede e sentimento. Dissonanza tra una forma così finita e armonica e un contenuto così debole e contradditorio”.

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Boccaccio

• Pur valutando come rivoluzionario il Decameron (« commedia umana ») egli riteneva che i suoi motivi comici nascessero più dal mondo intellettuale che dal mondo morale, e che fossero fondati sulla superiorità della borghesia che volge « in gioco l'ignoranza e la malizia delle classi inferiori » e prende sul serio solo la cultura e l'arte.

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Umanesimo

• Nel trapasso dai comuni alle signorie ai principati, De Sanctis vedeva le basi politico-culturali di una letteratura che si esaltava nel puro sentimento dell'arte.

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Secolo

• Per De Sanctis è “unità sviluppata e compiuta in sé con tutte le gradazioni come un individuo”. Il primo secolo comprende Duecento e Trecento (il cui libro fondamentale è la Commedia), il secondo comincia con Boccaccio ed ha il suo compimento, la sua sintesi, nel Cinquecento.

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Ariosto

• Ariosto: « un’opera di pura arte », «il lavoro più finito dell’immaginazione italiana »

• Machiavelli ha per più motivi un valore rivoluzionario, perché egli spezza l'involucro della «forma convenzionale boccaccevole», e crea una prosa «tutta cose e intelletto».

• “II Machiavelli è la coscienza e il pensiero del secolo, la società che guarda in sé e s'interroga, e si conosce; è la negazione più profonda del medio evo”

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Machiavelli

• “Non bisogna dimenticare che la nuova civiltà italiana è una reazione contro il misticismo e l'esagerato spiritualismo religioso, e per usare vocaboli propri, contro l'ascetismo, il simbolismo e lo scolasticismo: ciò che dicevasi il medio evo. La reazione si presentò da una parte come dissoluzione o negazione: di che venne l'elemento comico o negativo, che dal Decameron va sino alla Maccaronea. Ma insieme ci era un lato positivo, ed era una tendenza a considerare l'uomo e la natura in sé stessi, risecando dalla vita tutti gli elementi sopraumani e soprannaturali: un naturalismo aiutato potentemente dal culto de' classici e dal progresso dell'intelligenza e della coltura. Onde venne quella

tranquillità ideale della fisonomia, quello studio del reale e del plastico, quella finitezza dei contorni, quel sentimento idillico della natura e dell'uomo, che diè nuova vita alle arti dello spazio e che senti ne' ritratti dell'Alberti, nelle Stanze, nel Furioso e fino negli scherzi del Berni”.

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Machiavelli• “Questo era il lato positivo del materialismo italiano, un andar più

dappresso al reale ed alla esperienza, dato bando a tutte le nebbie teologiche e scolastiche, che parvero astrazioni. Il pensiero o la coscienza di questo mondo nuovo e in quello che negava e in quello che affermava è il Machiavelli. Il concetto del Machiavelli è questo, che bisogna considerare le cose nella loro verità «effettuale», cioè come son porte dall'esperienza ed osservate dall'intelletto; che era proprio il rovescio del sillogismo e la base dottrinale del medio evo capovolta: concetto ben altrimenti rivoluzionario che non è quel ritorno al puro spirito della Riforma e che sarà la leva da cui uscirà la scienza moderna. [. . .] E da quel concetto dovea uscire anche un nuovo criterio della vita, e perciò dell'arte. L'uomo e la natura hanno nel medio evo la loro base fuori di sé, nell'altra vita; le loro forze motrici sono personificate sotto nome di universali ed hanno un'esistenza separata. Questo concetto della vita genera la Divina Commedia. La macchina della storia è fuori della storia ed è detta « la provvidenza ».

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Machiavelli

• “Questa macchina è per il mondo boccaccesco il caso, la fortuna. Non ci è più la provvidenza, e non ci è ancora la scienza, Il Machiavelli insorge e contro la fortuna, e contro la provvidenza, e cerca nell’uomo stesso le forze e le leggi che lo conducono. Il suo concetto è che il mondo è quale lo facciamo noi , e che ciascuno è a se stesso la sua provvidenza e la sua fortuna. Questo concetto dovea profondamente trasformar l'arte”.

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Letteratura e coscienza

• In questa posizione centrale di Machiavelli nella storia desanctisiana è da ravvisare un nodo di tutto il suo pensiero.

• “Non fo una storia e trattato di filosofia. Scrivo la storia delle lettere. Ed è mio obbligo notare ciò che si move nel pensiero italiano; perché quello solo è vivo nella letteratura che è vivo nella coscienza”

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L’arte, la scienza, la vita

• I rapporti fra l'arte, la scienza e la vita sono fondamentali nella Storia di De Sanctis, che fin dalla conclusione inedita del saggio sull'Epistolario di Leopardi aveva giudicato ravvicinabile a questa prosa solo Machiavelli (« perocché il pensiero non è in lui cosa astratta ed estrinseca alla vita, ma evidenza di parole e potenza di azione »). E fin dal saggio su Schiller, aveva detto che « il pensiero, la parola e l'azione sono quasi una] triade dell'anima, tre forme della sua unità ».

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Letteratura e “vita”

• “Su questa base unitaria si sviluppa la letteratura del nostro popolo: quando questa unità è infranta abbiamo la decadenza, quando questa unità si ricostituisce abbiamo un principio di autentico « risorgimento », al quale dobbiamo risalire, perché il nostro popolo si ponga sulla strada moderna del suo progresso”.

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La “decadenza”

“Di questa catastrofe non ci era una coscienza nazionale, anzi ci era una certa soddisfazione. Dopo tante calamità venivano tempi di pace e di riposo, e il nuovo dominio non parve grave a popoli stanchi di tumulti e di lotte, avvezzi a mutare padroni e pazienti di servitù, che non attaccava le leggi, i costumi, le tradizioni, le superstizioni e assicurava le vite e le sostanze. […] Questa Italia spagnola-papale aveva anche un aspetto più decente. A forza di gridare che il male era nella licenza de' costumi, massime fra gli ecclesiastici, il Concilio di Trento si diede a curare il male riformando i costumi e la disciplina. Si non caste, tamen caute. Al cinismo successe l'ipocrisia. Il vizio si nascose, si tolse lo scandalo “

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Al centro di questo immenso crollo di valori De Sanctis colloca la personalità di Tasso, che (come già Petrarca) è l'espressione di una crisi della cultura e della società italiana. Da Tasso a Marino egli coglie il processo di dissoluzione nel formalismo: l’età della Controriforma e della decadenza politica non può essere che l'età della decadenza letteraria.È in questa prospettiva che il Seicento non appare fra i titoli ma prende nome dal « re del secolo » che lo sovraneggia, Marino. Originalissirno, il capitolo sulla Nuova scienza: il titolo conferisce una importanza significativa ed emblematica a Galileo. (Muscetta)

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Dal Cinquecento alla fine del Seicento De Sanctis vede le radici di una nuova letteratura in tutti quegli scrittori che si contrappongono energicamente al processo di corruttela della nostra vita intellettuale, morale e letteraria. Solo quelli che Bacone aveva chiamato uomini nuovi, Giordano Bruno e Galilei, solo gli uomini che esprimevano opere nate da un profondo impegno dell'intelletto e della vita morale, come Tommaso Campanella, Paolo Sarpi, Giambattista Vico, Giannone, Genovesi, Beccaria, Filangieri, potevano fare intravvedere il progresso da cui De Sanctis delineava un […] « rinnovamento ». (Muscetta) La nascita della nuova letteratura è collocata là dove la vita reale, l'ascesa della borghesia, impone un movimento non puramente letterario, a Napoli e a Milano.

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Il Rinnovamento

• Parini e Alfieri sono l'espressione artistica più alta di questo più autentico «risorgimento »: ma le simpatie di De Sanctis vanno più alla «interna misura », etica ed artistica dell'autore del Giorno, che alla retorica anarchica di Alfieri, al suo rivoluzionarismo individualista.

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Il successo dell'Ortis manifestava lo stato di animo di un'Italia giovane che risorgeva. Ma Foscolo, grande nei Sonetti e nei Sepolcri, grande nelle prose critiche (dove l’uomo è soprapposto al letterato» e ci avviciniamo all'estetica benché non ci sia ancora la scienza ma solo « il gusto e la tendenza »), non può per De Sanctis essere considerato l'iniziatore di una corrente moderna: il Classicicismo, segna il confine di gusto d'una cultura moribonda.

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Per De Sanctis, il Classicismo, nonostante l'importanza e la funzione storica che aveva avuto per la lotta politica, era da considerare sempre una sopravvivenza del passato in pieno mondo moderno. Il contrasto fra il Classicismo e il Romanticismo non era per lui soltanto una questione letteraria e di gusto. Nel Romanticismo egli non vedeva solo una scuola letteraria, ma il riflesso della reazione europea dopo il congresso di Vienna: un movimento non sorto dalle radici profonde della vita nazionale.

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La conclusione della Storia

• Nell'ultimo capitolo della Storia l'esposizione era così densa e drammatica da apparire disordinata, ma in realtà la contrapposizione fra le due correnti culturali è continua: gli scrittori democratici sono considerati come le voci nuove del movimento letterario. La poesia di Berchet è quella che gettò via «ogni involucro classico e romantico», e fu «la voce possente » di una «lirica drammatica» che giunge quando il Romanticismo aveva perduto « la serietà del contenuto »

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• Quando «i liberali biascicavano paternostri e i gesuiti biascicavano progresso e riforme », il poeta che seppe cogliere tutti i segreti di questa situazione comica fu Giuseppe Giusti, il quale, pure nei limiti di un buon senso borghese, indicava almeno l'aspirazione ad una letteratura nazionale venata di brio popolaresco.

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• Infine Leopardi, considerato non tanto nei suoi valori poetici quanto nel suo significato culturale, era definito da De Sanctis «il termine di questo periodo», un termine ideale che esprimeva una crisi rispetto all'ottimismo liberale dei benpensanti sarcasticamente ironizzati nella Palinodia.

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C. Dionisotti

Geografia e storia della letteratura italiana

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C. Dionisotti

• B. Croce, 1936: non si può parlare di una Storia d’Italia prima del processo unitario del Risorgimento.

• Nel dopoguerra, da una presunta compattezza della storia unitaria, la discussione si spostò sulla compattezza stessa dell’unificazione risorgimentale (consapevolezza storica delle differenze)

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Storia politica e storia letteraria

• La Storia della letteratura italiana del De Sanctis: il solo libro che ha offerto alla maggioranza degli Italiani una rappresentazione unitaria della loro storia

• Su documenti letterari, da Dante a Manzoni, è fondata la tradizione unitaria in Italia

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Un tempestivo ideale letterario

• La tradizione non risulta da un intempestivo ideale politico bandito ai margini della storia da irresponsabili sognatori, ma da un tempestivo e vittorioso ideale letterario, dal mito creato dalla cultura italiana del Rinascimento: di un’Italia risvegliatasi dal sonno del medioevo non più “donna” di province, ma “donna” di una ineguagliata civiltà

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Il mito dell’Italia

• Tradizione umanistica fondata sulla persuasione che gli Italiani sono essi soli capaci di opporre alla violenza degli eventi storici la perenne validità della scrittura

• Nasce nel Settecento (confronto con altre letterature) la Storia della letteratura italiana: opera del Tiraboschi

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La Storia del Tiraboschi

• Storia “dell’origine e dei progressi delle scienze in quel tratto di paese che or dicesi Italia”: dagli Etruschi in poi

• Definizione geografica della sua opera: un contenitore di una fluida materia. L’Italia come sola espressione geografica.

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Storia del De Sanctis (1870)

• Inquadramento entro uno schema storico geografico degli indipendenti mondi poetici che la critica romantica andava scoprendo

• Schema incongruo: personaggi di Dante e di Shakespeare

• Prospettiva della storia del De Sanctis è morale e politica: la storia letteraria nella vicenda di un popolo

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Dopo De Sanctis

• La scuola “storica” (positivistica)

• Croce. Storia letteraria solo come espediente didattico

• Ma è oggi accettabile la linea unitaria comunemente seguita nel discorso storico della letteratura italiana?

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Il Duecento. Tripartizione

• Nella prima metà: dalla Sicilia lungo il Tirreno un flusso di nuova poesia che invade la Toscana e arriva a Bologna

• Resta fuori l’Adriatico. Nell’Umbria francescana altra letteratura

• Terza zona: Nord

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De Vulgari Eloquentia

• Un’esigenza unitaria, di una ideale unità linguistica e letteraria, proposta e richiesta di fronte a una reale, frazionata varietà; un’unità insomma che supera, ma nel tempo stesso implica questa varietà

• Però tarda ed esile fu la diffusione della dottrina linguistica di Dante, amplissima fu invece l’eco del linguaggio della Commedia

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Nord

• Nel Veneto (e nelle parti vicine della Lombardia e dell’Emilia) fiorisce nel Trecento e nei primi del Quattrocento la letteratura franco-italiana che non ha nulla a che vedere con la tradizione toscana e dantesca.

• Ciò dimostra che:

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Polivalenza linguistica

• Bisogna prescindere dal concetto di una letteratura che sorge su dal popolo

• Polivalenza linguistica ai fini letterari: il toscano non suona più proprio del latino o francese.

• Stessa situazione prima: Sordello in provenzale

• Brunetto Latini: Tesoro in lingua d’oil

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Letteratura toscana. Quattrocento

• Sud e buona parte del Nord fino alla fine del ‘400 non rispondono all’appello di Dante, Petrarca e Boccaccio

• Nel 1374 (con Petrarca) finisce la grande poesia

• L’ambito della letteratura toscana si restringe e municipalizza: Sacchetti, Burchiello.

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L’Umanesimo

• Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni, Leon Battista Alberti: evasione verso l’antichità classica, la lingua classica.

• Appello unitario di Dante, Petrarca e Boccaccio e resistenze politico-linguistiche

• Umanesimo: su questa base si costituisce la letteratura italiana del Cinquecento

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La vittoria della lingua toscana

• Non i Toscani conquistano il resto d’Italia, ma il resto d’Italia (Venezia e Roma) conquista la Toscana e ne rivede e spartisce il patrimonio linguistico e letterario

• Firenze: poeti esuli e transfughi (Della Casa)

• Prosatori: quelli rimasti a Firenze (Machiavelli, Guicciardini)

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Esaurimento possibilità poetiche nei Fiorentini

• Machiavelli lamenta di non essere stato inserito nella finale rassegna di poeti dell’ Orlando Furioso. Indicativo di un fenomeno vistoso: esaurimento possibilità poetiche nei Fiorentini nel 500 (solo Michelangelo fa eccezione)

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Fondazione cinquecentesca della Letteratura Italiana

• Vittoria della soluzione di Pietro Bembo: l’imitatio di Boccaccio e Petrarca.

• Fondazione cinquecentesca della letteratura italiana.

• Si risolse definitivamente la polivalenza linguistica che era stata caratteristica della cultura letteraria italiana

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Fondazione cinquecentesca della Letteratura Italiana

• Si risolse nello scrittore e lettore italiano la concorrenza di quasi due nazionalità: municipale l’una (e aderente alla quotidianità); italiana l’altra e tutta ideale

• Da questa scelta dipende però la stilizzazione retorica della letteratura italiana dal 500 in poi, l’esiguità degli elementi realistici.

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Prevalenza della lirica

• Prevalenza della lirica, debolezza della prosa

• Torquato Tasso: primo poeta del quale si possa dire che sia nato italiano, educato su una già pacificamente costituita letteratura italiana: apre l’ormai fluido linguaggio poetico all’intima crudeltà e al lento gioco delle passioni umane

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Letteratura del Cinquecento: nazionale non nazionalistica

• Crisi politica

• Eroica chiusa del Principe

• Problema centrale della letteratura del 500 è nazionale (proprio dei forti) non nazionalistico (proprio dei deboli)

• Nazionalistico: Boccalini (nel 600)

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Poesia dialettale (riflessa) Arcadia

• Profonda crisi della struttura e della vita regionale e locale in Italia

• Letteratura dialettale: Napoli

• Basile

• Iniziativa nazionale dell’Arcadia

• Anche nazionalistica difesa dell’Italia di fronte alle altre letterature

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Il Rinnovamento (Settecento)

• Differenziazione regionale

• Napoli, Milano, Venezia.

• Parini. La Lombardia

• Alfieri: profetica visione dell’Italia, necessità dello “spiemontesizzarsi”

• Spia però della tenacia dell’origine piemontese

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Nord e Sud

• Foscolo e gli esuli napoletani con loro eredità di Vico

• Prevalenza delle regioni settentrionali

• Grandezza di Napoli nel ’700

• Il 1799: le forche dei Borboni e gli esuli.

• Roma si scopre nella sua desolazione a Leopardi. Belli

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Leopardi e Manzoni

• Leopardi: significativa la sua giovinezza a Recanati fra le due zone, del tumulto (Nord) e del silenzio (Napoli)

• 1827: incontro a Firenze con Manzoni• Manzoni giungeva a Firenze a sollievo

della sua straordinaria impresa, la più rivoluzionaria (per la lingua letteraria italiana) dopo il Trecento

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Manzoni

• Sua formazione lombarda

• Toscana e fiorentina la sua soluzione linguistica

• Romanticismo: fenomeno lombardo

• Per tutto il resto d’Italia è merce d’importazione, con spesso tardivo recapito.

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Nord e Sud dopo l’Unità

• Questione meridionale nella storia politica e letteraria

• De Sanctis

• Croce

• Verga

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Conclusione

• Processo unitario che di una letteratura toscana ha fatto una letteratura geograficamente e linguisticamente italiana

• Distinzioni e definizioni devono tener conto della geografia (2) e della storia (1), delle condizioni che nello spazio e nel tempo stringono ed esaltano le vite degli uomini

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F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, Roma, Carocci, cap. 3 (L’analisi del linguaggio)

pp. 83-99

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L’apporto della linguistica

• Attenzione all’analisi del linguaggio determinata dagli sviluppi della linguistica, scientificamente fondata da:

• Ferdinand de Saussure (1857-1913)• Sue sono tre distinzioni fondamentali:• Significante/significato• Langue/parole• Sincronia/diacronia

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Significante/significato

• Nel segno va distinto il supporto materiale (significante) dal contenuto mentale (significato)

• Il primo studiato dalla fonologia

• Il secondo dalla semantica

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Langue/parole

• Langue: codice, sistema della lingua

• Parole: il messaggio, esecuzione individuale di ogni parlante che si adatta all’uso della comunità, ma può deviare

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Sincronia/diacronia

• sincronia: stato della lingua in un momento

• diacronia: relativa ai processi di cambiamento

• Sincronia privilegiata da formalismo e strutturalismo

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“Come è fatta”

• Atteggiamento analitico, mentalità “scientifica”

• De Saussure: paragone col gioco degli scacchi

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Le “spie” dello stile

• Attenzione al tratto linguistico che più contraddistingue l’autore e rende il suo stile riconoscibile

• Critica stilistica: tende alla determinazione delle peculiarità di un autore o di un testo

• Leo Spitzer: anni Venti del Novecento: ad ogni “emozione” corrisponde l’”allontanamento dall’uso linguistico normale”, la deviazione, lo scarto dalla norma del parlare comune. Va colta l’emersione espressiva, la “spia” stilistica.

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Stilistica in Italia

• Gianfranco Contini: le uniche scelte reali dell’autore sono le “correzioni”: la “critica delle varianti”

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Erich Auerbach

• Allargamento della prospettiva stilistica alle coordinate storiche: Erich Auerbach

• Mimesis: dalla Bibbia e Omero a Virginia Woolf.

• Metodo della campionatura: brani esemplari

• Omero e Bibbia: ipotassi e paratassi• Stile come canone d scrittura preesistente

all’opera

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Erich Auerbach

• Livelli stilistici

• Separazione del sublime dal basso o loro mescolanza

• Stilistica storica: la situazione sociale spiega lo stile

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Il metodo formale

• I formalisti, operanti in Russia dagli anni Dieci del Novecento.

• Esigenza prioritaria: in cosa consiste lo specifico della letteratura, la letterarietà

• Jakobson, Sklovskij, Tynianov, Propp• Lo “straniamento” (Sklovskij): la

percepibilità. Il cavallo di Tolstoy• Linguaggio letterario e linguaggio pratico

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Propp

• Analisi “morfologica” della fiaba

• Individuazione delle funzioni (“l’atto del personaggio, ben determinato dal punto di vista della sua importanza per il decorso dell’azione”

• Tynianov: “l’opera letteraria è un sistema, e un sistema è la letteratura”

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Sistema e funzione

• Circolo linguistico di Praga: Tesi del 1929

• Compare il termine “struttura”

• Mukarovsky: la sfera dell’estetica (e della letteratura) ha una funzione che varia nel corso del tempo.

• “Storia dell’arte appare come la storia delle rivolte contro la norma”

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Strutturalismo

• Si afferma in Francia• L’antropologia di Claude Levi-Strauss: • Individuare gli elementi costitutivi di ogni

fenomeno e specificarne le relazioni• “Tutto è segno”• Ma resta fuori il giudizio di valore• “Come è fatto”, non “come si è fatto” o

“quanto vale”

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Non valutare, ma definire “come è fatta” un’opera

• fabula / intreccio

• storia / racconto

• trama / intreccio

• story / plot

• ordo naturalis / ordo artificialis

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Genette

• Fabula e intreccio

• Fabula: insieme di fatti nel loro logico rapporto causale-temporale

• Intreccio: insieme di fatti nella successione e nel rapporto in cui sono presenti nell’opera

• Genette: analessi e prolessi, scena, ellissi

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Il privilegio del significante. Le funzioni linguistiche

• Jakobson: funzioni differenziate dall’orientarsi della lingua verso uno dei sei elementi

• Emotiva: verso il mittente• Conativa: verso il destinatario• Referenziale: verso il contesto• Fatica: verso il contatto • Metalinguistica: verso il codice• Poetica: verso il messaggio.• Quella poetica caratterizza il testo letterario, ma non solo• Ma n. b: è orientata sui significanti, non riguarda la

rappresentazione estetica

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La funzione poetica

• Jakobson: “la funzione poetica proietta il principio d’equivalenza dall’asse della selezione a quello della combinazione”

• Mentre il discorso comune opera, per ogni elemento linguistico, una scelta tra i possibili equivalenti offerti dalla lingua (asse della selezione), il testo letterario tiene anche conto, in queste scelte, delle relazioni sintagmatiche (asse della combinazione), curando effetti di ricorrenza, correlazione, contrapposizione. (cfr. F. De Saussure). Il testo costituisce così una struttura funzionale

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F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, Roma, Carocci

Cap. 4 (La critica del’ideologia), pp. 113-138

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La concezione materialistica della storia

• Karl Marx (1818-1883) e Friedrich Engels. • Concezione materialistica della storia:

“l’essere sociale determina la coscienza” e non viceversa

• Struttura (base materiale socio economica) e sovrastruttura (istituzioni e pratiche culturali, forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche)

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• Le forme culturali non possono essere considerate come staccate dalla produzione materiale della vita

• La coscienza che si illude della propria indipendenza è una falsa coscienza: l’ “ideologia” (falsa coscienza)

• Introdurre lo sguardo sospettoso della “critica dell’ideologia”

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Ma …la lunga “durata” dei fenomeni artistici

• Ma come «è possibile Achille con la polvere da sparo e il piombo? […] la difficoltà non sta nell’intendere che l’arte e l’epos greco sono legati a certe forme dello sviluppo sociale. La difficoltà è rappresentata dal fatto che essi continuano a suscitare in noi un godimento estetico e costituiscono, sotto un certo aspetto, una norma e un modello inarrivabili». ( K. Marx, Introduzione a «Per la critica dell’economia politica» )

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L’autocoscienza dell’umanità

• Possibile risposta: l’arte greca legata alla “fanciullezza storica dell’umanità”. Valore duraturo della grande arte in quanto autocoscienza della nostra specie espressa dal punto di vista dell’uomo in una data situazione storica. Per noi sempre viva in quanto momento del nostro essere uomini

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Letteratura e politica

• Attenzione alle banalizzazioni• La sfera letteraria va inclusa nella questione più

generale del senso della storia• Non tanto distinzione tra “bello” e “brutto”, ma

sulle capacità di rappresentazione del processo storico

• Ma non sottomissione della letteratura al potere politico: non resterebbe che escludere i poeti dalla Repubblica, come per Platone

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Funzione critica e straniante della letteratura

• Engels: il grande scrittore: “infrange le illusioni convenzionali dominanti, scuote l’ottimismo del mondo borghese, rende inevitabile il dubbio sull’eterna validità di ciò che in atto sussiste, senza neppure direttamente fornire una soluzione”.

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In Italia: Antonio Gramsci

• I Quaderni del carcere• Sua preoccupazione: evitare sia

l’autonomia del giudizio letterario, sia l’intromissione del giudizio politico: per forza di cose, “il politico non sarà mai contento dell’artista e non potrà esserlo”

• Distinguere: livello politico, livello letterario e (in mezzo) livello della cultura

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• Accezione positiva dell’ideologia: quella “storicamente organica”, necessaria a una determinata struttura socio economica e storica

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• A parità di condizioni storiche si possono avere un “artista” e un “semplice untorello”.

• Il giudizio deve pertanto toccare anche il livello estetico.

• Per questo necessità di oltrepassare Croce e “ritornare” a De Sanctis

• Lotta per una “nuova cultura”

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Giudizio estetico

• Analisi del canto di Farinata: il “brano strutturale” è anche “poesia”

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G. Lukács

• Arte come rispecchiamento della realtà• Arte come conoscenza• Il singolo elemento del reale deve rappresentare

la• Totalità• E la prospettiva• Realismo: non rappresentazione fenomenica,

ma rappresentazione di “caratteri tipici in circostanze tipiche”

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Particolare e tipico

• Sapere scientifico: parte dal fenomeno per giungere a legge universale

• Rispecchiamento artistico si poggia su una categoria intermedia tra “singolare” e “universale”: il “particolare”. Termine medio tra essenza e fenomeno, terreno proprio dell’arte e della letteratura

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Tipico

• Non è la “media”.

• “Il tipo è caratterizzato dal fatto che in esso convergono […] tutte le contraddizioni più importanti, sociali, e morali, e psicologiche, di un’epoca”.

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Narrare e descrivere

• Balzac: narra

• Zola: descrive

• Lo spartiacque: il 1848

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L’onestà dell’artista

• Il caso Balzac:

Conservatore, legittimista in politica, rappresenta il processo storico, rispecchia la totalità e la prospettiva della storia del suo tempo, che vede la borghesia come classe progressiva

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Lukács e la critica di Brecht

• Esemplare e insuperato il grande romanzo (borghese) dell’800.

• Critica di Bertolt Brecht: “non si può usare lo stesso specchio per rispecchiare epoche diverse”

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La scuola di Francoforte

• Horkheimer, Marcuse, Adorno• Colgono la perdita di prestigio dell’arte

nella società contemporanea. • Potere dei mass media: produrre nuovi

bisogni per spingere consumatori all’acquisto delle merci

• L’arte “inutile”, ma diventa l’ultimo rifugio per le istanza dell’utopia

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• Adorno: le opere d’arte “rappresentano quel che esse non sono”, la loro storicità nel porsi fuori dalla condizione storica ad esse toccata.

• Per Lukacs: testimonianza conoscitiva positiva• Per Adorno: l’arte rende una testimonianza che

riposa nella “forza di resistenza” alla prassi. • L’arte diviene pertanto: “critica della realtà”,

“conoscenza negativa” di essa.

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Benjamin

• L’autore come produttore.

• Lukacs e Adorno ponevano il nesso tra arte e società privilegiando uno dei due termini.

• Benjamin li considera su un piano paritario: l’artista è produttore

• L’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

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Simbolo

• Dalla definizione di Goethe:

• Il simbolo:

•       con esso il poeta “vede nel particolare l’universale”, in esso fenomeno e significato del fenomeno coincidono, si ha unità di essenza e fenomeno.

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L’allegoria

• Dalla definizione di Goethe:

• L’allegoria:

•      con essa il poeta “cerca il particolare in funzione dell’universale”, in essa fenomeno e significato del fenomeno non coincidono, con essa il poeta rinvia ad un “altro” significato.

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Passare a “contrappelo” la storia

• Contro lo storicismo giustificazionista

• Il critico deve far sprigionare dalle opere ciò che ancora interessa il presente.

• Le opere conservano la loro richiesta di adempimento nel corso della storia

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• “C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta” (W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia, 9, in Angelus novus, a cura di R. Solmi, Torino, Einaudi, 1962, p. 80)

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• “Il vero metodo per renderci presenti le cose è rappresentarle nel nostro spazio (e non di rappresentare noi nel loro). E’ questo il caso anche delle grandi cose del passato. Non siamo noi a trasferirci in loro, ma loro ad entrare nella nostra vita” (W. Benjamin, I «passages» di Parigi, a cura di R. Tiedemann, ediz. ital. a cura di E. Ganni (Opere complete, IX), Torino, Einaudi, 2000, p. 923).

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Un’applicazione dei suggerimenti metodologici di Benjamin

• “Gli umili e i vinti siciliani, i lavoratori fanciulli delle cave, gli arcaici pescatori, gli arricchiti delle campagne, nelle pagine di Verga assumono però significati che vanno ben oltre la rappresentazione di una definita realtà sociale, funzionale ai bisogni conoscitivi delle classi dirigenti della nuova Italia. Le storie e i personaggi creati dallo scrittore catanese superano infatti la loro particolarità sociologica, storicamente e geograficamente determinata. Tutt’altro che “geroglifici muti”, confinati al momento storico della loro produzione, i testi di Verga mostrano tuttora la loro «vitalità», offrendosi alle domande di senso del nostro presente. Sul confine incerto tra la saldezza dei valori antichi e una modernità priva di centri e di certezze, i suoi vinti dalla «fiumana del progresso», che tutto travolge, dimostrano di essere portatori di significati e di domande di senso anche per noi. Le domande sul nostro presente possono farci ritrovare inaspettatamente Verga «in mezzo a noi», farlo entrare «nella nostra vita»”[1].

•[1] Cfr., A. Manganaro, Verga, Acireale-Roma, Bonanno, 2011, pp. 13-15.