Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel...

61
1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni. I rivelatori a GEM ( Gas Electronic Multiplier), inventate da Sauli nel 1996, sono dei rivelatori a micro pattern che portano importanti innovazioni nell’ambito dei rivelatori a gas. La tecnologia a micro pattern consente di raggiungere elevate rate capability e un’alta risoluzione spaziale, che sono le caratteristiche principali di questo detector. Inoltre, l’utilizzo di tre fogli di GEM consente di distribuire gli stadi di moltiplicazione in tre zone differenti, permettendo, in tal modo, di ridurre la probabilità di scarica all’interno del rivelatore (una delle difficoltà maggiori incontrate utilizzando i rivelatori a micro strip) e nello stesso tempo di raggiungere elevati guadagni. L’ottima risoluzione spaziale (che consente una ricostruzione del percorso del fascio) e la trasparenza della TPG rendono questo rivelatore un ottimo monitor di fascio da usare in applicazioni adroterapiche (in particolare, terapie protoniche) per la cura di neoplasie. La protonterapia è una forma avanzata di radioterapia che permette di diminuire notevolmente l’esposizione alla radiazione dei tessuti sani prossimi alla zona malata. È noto, infatti, che a differenza di particelle più leggere (elettroni o fotoni), i protoni accelerati e inviati su di un materiale perdono la maggior parte della loro energia al termine del percorso (picco di Bragg). È evidente, quindi, la necessità di monitorare con la massima precisione il fascio incidente. Nel Capitolo 1 vengono discussi brevemente i meccanismi di interazione delle particelle cariche e della radiazione neutra nella materia. Sono, inoltre, descritti i principali rivelatori a gas ed è presentata una breve rassegna di alcuni prototipi storici di contatori proporzionali che hanno portato all’invenzione delle GEM. Nel Capitolo 2 sono descritte in dettaglio le caratteristiche costruttive dei fogli di GEM e il funzionamento di un rivelatore a tripla GEM. Sono discussi i fenomeni che limitano le prestazioni del detector e i vantaggi collegati al suo utilizzo. Nel Capitolo 3 è descritto l’apparato sperimentale allestito nel Dipartimento Interateneo di Fisica: sono descritti il sistema di flussaggio del gas all’interno della camera, il

Transcript of Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel...

Page 1: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1

Introduzione

Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e

dei parametri che ne influenzano le prestazioni. I rivelatori a GEM (Gas Electronic

Multiplier), inventate da Sauli nel 1996, sono dei rivelatori a micro pattern che portano

importanti innovazioni nell’ambito dei rivelatori a gas. La tecnologia a micro pattern

consente di raggiungere elevate rate capability e un’alta risoluzione spaziale, che sono

le caratteristiche principali di questo detector. Inoltre, l’utilizzo di tre fogli di GEM

consente di distribuire gli stadi di moltiplicazione in tre zone differenti, permettendo, in

tal modo, di ridurre la probabilità di scarica all’interno del rivelatore (una delle

difficoltà maggiori incontrate utilizzando i rivelatori a micro strip) e nello stesso tempo

di raggiungere elevati guadagni. L’ottima risoluzione spaziale (che consente una

ricostruzione del percorso del fascio) e la trasparenza della TPG rendono questo

rivelatore un ottimo monitor di fascio da usare in applicazioni adroterapiche (in

particolare, terapie protoniche) per la cura di neoplasie. La protonterapia è una forma

avanzata di radioterapia che permette di diminuire notevolmente l’esposizione alla

radiazione dei tessuti sani prossimi alla zona malata. È noto, infatti, che a differenza di

particelle più leggere (elettroni o fotoni), i protoni accelerati e inviati su di un materiale

perdono la maggior parte della loro energia al termine del percorso (picco di Bragg). È

evidente, quindi, la necessità di monitorare con la massima precisione il fascio

incidente.

Nel Capitolo 1 vengono discussi brevemente i meccanismi di interazione delle particelle

cariche e della radiazione neutra nella materia. Sono, inoltre, descritti i principali

rivelatori a gas ed è presentata una breve rassegna di alcuni prototipi storici di contatori

proporzionali che hanno portato all’invenzione delle GEM.

Nel Capitolo 2 sono descritte in dettaglio le caratteristiche costruttive dei fogli di GEM

e il funzionamento di un rivelatore a tripla GEM. Sono discussi i fenomeni che limitano

le prestazioni del detector e i vantaggi collegati al suo utilizzo.

Nel Capitolo 3 è descritto l’apparato sperimentale allestito nel Dipartimento Interateneo

di Fisica: sono descritti il sistema di flussaggio del gas all’interno della camera, il

Page 2: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2

generatore di raggi X, il sistema delle alte tensioni applicate agli elettrodi del detector e

infine l’elettronica di lettura e di elaborazione dati.

Nel Capitolo 4 sono infine presentate le misure di guadagno e di rate effettuate e i

risultati ottenuti.

Page 3: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

3

Capitolo 1

Interazione radiazione – materia nei

rivelatori a gas

1.1 Perdita di energia per ionizzazione ed eccitazione

Una particella carica che attraversa un materiale rilascia in esso parte della sua

energia a causa delle interazioni anelastiche con gli atomi del mezzo. Queste interazioni

provocano l’eccitazione o la ionizzazione degli atomi del mezzo.

L’eccitazione si ha quando la particella cede a un elettrone legato l’energia necessaria a

promuoverlo a un livello energetico più alto. L’atomo, una volta eccitato, ritorna nello

stato iniziale emettendo un fotone di energia pari a quella precedentemente acquistata

dall’elettrone.

La ionizzazione è un processo a soglia, che si verifica quando la particella carica cede

una quantità di energia superiore al potenziale di ionizzazione dell’atomo: l’elettrone

abbandona così l’atomo di appartenenza e quest’ultimo assume una carica positiva. La

ionizzazione può a sua volta essere di due tipi: primaria e secondaria a seconda che

l’agente ionizzante sia, rispettivamente, la particella carica che attraversa il mezzo o

l’elettrone prodotto per ionizzazione primaria.

La perdita di energia per unità di percorso di una particella carica che attraversa un

materiale è descritta dalla formula di Bethe-Bloch:

−𝑑𝐸

𝑑𝑥= 2𝜋𝑁𝑎𝑟𝑒

2𝑚𝑒𝑐2𝜌𝑍

𝐴

𝑧2

𝛽2[ln (

2𝑚𝑒𝑐2𝛽2𝛾2𝐸𝑀

𝐼2) − 2𝛽2 − 𝛿 − 2

𝐶

𝑍]

dove 𝑁𝑎 è il numero di Avogadro; 𝑟𝑒 il raggio classico dell’elettrone e 𝑚𝑒 la sua massa;

𝜌, 𝑍 ed 𝐴 , rispettivamente, la densità, il numero atomico e il numero di massa del

mezzo attraversato, 𝑧 e 𝛽 il numero atomico e la velocità della particella carica

incidente; 𝛾 il fattore di Lorentz; 𝐸𝑀 l’energia massima che la particella può trasferire

(nell’ipotesi di urto centrale); 𝐼 il potenziale di ionizzazione dell’atomo del mezzo

attraversato; 𝛿 e 𝐶 rappresentano rispettivamente i coefficienti di correzione di densità e

Page 4: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

4

di shell: il primo quantifica gli effetti della polarizzazione degli atomi lungo la

traiettoria della particella, per effetto del campo da essa prodotto, il secondo è un

parametro che tiene conto del fatto che l’elettrone appartenente all’atomo interagente

possa avere velocità confrontabile con quella della particella incidente.

L’andamento della perdita di energia specifica per unità di percorso in funzione

dell’energia della particella incidente è mostrato in Figura 1.

Figura 1 dE/dx per muoni positivi nel rame come funzione di 𝜷𝜸 [9].

È interessante osservare che, a basse energie (fino a circa 103 MeV), domina il fattore

1/𝛽2 e, infatti, si osserva una ripida decrescita fino a raggiungere un minimo per

𝛽𝛾 ≈ 4: la perdita di energia minima vale circa 1÷2 MeV cm2/g e, fissato il materiale, si

dimostra essere la stessa per particelle aventi la stessa carica. Le particelle in questo

tratto di curva vengono dette minimum ionizing particle o MIP. Per energie superiori, la

curva riprende una lenta salita relativistica (per via della dipendenza logaritmica). Ad

energie sufficientemente alte si innesca il meccanismo di perdita di energia per

irraggiamento (Bremsstrahlung).

1.2 Attenuazione di un fascio di fotoni – Legge di Lambert-

Beer Quando la radiazione elettromagnetica attraversa uno spessore z di materiale,

essa viene in parte assorbita a causa dell’interazione con i componenti del mezzo e

Page 5: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

5

l’intensità del fascio uscente risulta attenuata. Se l’intensità della radiazione incidente è

𝐼0 e il mezzo è omogeneo, l’intensità della radiazione uscente dipende dallo spessore

attraversato ed è data dalla legge di Beer

𝐼(𝑥) = 𝐼0𝑒−𝜇𝑥.

Il coefficiente 𝜇 è detto coefficiente di attenuazione lineare, mentre il suo reciproco,

𝜆 = 1/𝜇 , è detto lunghezza di attenuazione e rappresenta lo spessore attraversato per il

quale l’intensità del fascio è ridotta di un fattore 1/𝑒, cioè l’attenuazione è pari a circa il

37%. In molti casi, è utile anche definire il coefficiente di attenuazione specifico o di

massa, come il rapporto 𝜇/𝜌 tra il coefficiente di attenuazione lineare e la densità del

mezzo.

1.3 Meccanismi di interazione fotoni - materia

I meccanismi di interazione dei fotoni con il mezzo attraversato, mediante il

quale il fascio viene attenuato, sono essenzialmente tre: effetto fotoelettrico, urto

Compton e produzione di coppia. La perdita di intensità è in ognuno di questi casi

descritta ancora dalla legge di Beer, ma il coefficiente di attenuazione lineare 𝜇 è

diverso dipendendo fortemente dall’energia dei fotoni. La perdita di intensità

complessiva è data dal prodotto delle attenuazioni dovute ai singoli meccanismi e,

quindi, 𝜇 si ottiene dalla seguente relazione

𝜇 = 𝜇𝜏 + 𝜇𝜎 + 𝜇𝜋

dove 𝜇𝜏 è il coefficiente associato all’effetto fotoelettrico, 𝜇𝜎 , quello associato all’urto

Compton e 𝜇𝜋 quello associato alla produzione di coppia. In Figura 2 è mostrata

un’immagine dei principali processi di interazione dei fotoni con la materia.

Figura 2 I principali processi di interazione dei fotoni con la materia.

Page 6: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

6

La probabilità di un evento dipende dall’energia del fotone incidente.

Effetto fotoelettrico

Nel caso dell’assorbimento fotoelettrico, i fotoni incidenti vengono assorbiti dagli

elettroni dell’atomo, che acquistano sufficiente energia per sfuggire dall’atomo stesso.

Questo processo è possibile solo se l’energia 𝐸𝛾 del fotone incidente è più alta

dell’energia 𝐸𝑗 di legame dell’elettrone: a questo processo possono partecipare tutti i

livelli energetici per i quali è verificata questa condizione 𝐸𝛾 > 𝐸𝑗. I posti liberi

vengono occupati dagli elettroni dei livelli più esterni e nel processo viene emesso un

fotone di energia pari alla differenza tra l’energia del livello abbandonato e quella del

livello successivamente occupato. Il coefficiente di assorbimento in questo caso è dato

da

𝜇𝜏 = 𝐶𝑛𝜌𝑍4/(𝐸)3

dove si è indicato con 𝐶𝑛 una costante che tiene conto dell’orbitale da cui viene estratto

l’elettrone, con 𝜌 e con 𝑍 la densità e il numero atomico, rispettivamente, del mezzo

attraversato e con 𝐸 l’energia del fotone incidente. Da questa relazione si evince che 𝜇𝜏

decresce rapidamente all’aumentare dell’energia del fotone incidente: l’effetto

fotoelettrico è il meccanismo dominante a basse energie (< 50 keV) e diventa via via

trascurabile ad alte energie dei fotoni incidenti (> 100 keV).

Effetto Compton

È l’effetto che si osserva quando il fotone interagisce con gli elettroni degli orbitali più

esterni degli atomi del mezzo. Data l’elevata energia del fotone incidente rispetto

all’energia di ionizzazione degli atomi del materiale, gli elettroni possono praticamente

essere considerati liberi. Il coefficiente di assorbimento lineare per l’effetto Compton

dipende dalla densità 𝜌 del materiale, dall’energia 𝐸 del fotone secondo la seguente

relazione:

𝜇𝜎 =𝐶𝜌

𝐸

dove 𝐶 è una costante di proporzionalità che dipende dal mezzo attraversato. Anche in

questo caso, si osserva un proporzionalità inversa tra 𝜇𝜎 e l’energia del fotone 𝐸 e,

quindi, il fenomeno è più probabile a basse energie, ma comunque superiori a quelle

dell’effetto fotoelettrico (> 100 keV).

Page 7: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

7

Produzione di coppia

Il fenomeno si osserva quando l’energia del fotone, interagendo con il nucleo atomico,

si trasforma in massa producendo un coppia elettrone-positrone. Si tratta di un

fenomeno a soglia in quanto l’energia del fotone deve essere almeno pari alla somma

della massa a riposo dell’elettrone e del positrone (2mec2 ≈ 1.022 MeV). Il fenomeno è

quindi dominante ad alte energie.

In Figura 3 è riportato il grafico che mostra l’andamento della probabilità di interazione

al variare dell’energia dei fotoni incidenti in una miscela di Ar/CO2. Come già detto, a

basse energie (< 100keV) domina l’effetto fotoelettrico; per energie comprese tra 100

keV e 1 MeV, l’effetto Compton ha una maggiore probabilità di verificarsi; ad energie

superiori a 1 MeV comincia a diventare importante la produzione di coppia.

Figura 3 Andamento della probabilità delle interazioni in funzione dell’energia del fotone incidente, nella miscela di Ar/CO2 [10].

Come è evidente dalle precedenti relazioni tra 𝜇 e la densità del materiale attraversato,

l’intensità del fascio uscente si riduce con legge esponenziale all’aumentare della

densità del materiale. Di questa dipendenza bisogna terremo conto nei prossimi capitoli,

quando misureremo le massime rate sostenibili dal rivelatore oggetto di studio di questa

tesi.

Page 8: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

8

1.4 Moto di cariche in campo elettrico

In assenza di campo elettrico, gli ioni e gli elettroni prodotti diffondono

liberamente in tutte le direzioni e compiono collisioni multiple perdendo energia fino

alla ricombinazione. A energie termiche, la velocità delle cariche è data dalla

distribuzione delle velocità di Maxwell – Boltzmann con valore medio:

𝑣 = √8𝑘𝑇

𝜋𝑚

con ovvio significato dei simboli. Si trova da questa relazione che gli elettroni hanno

una velocità di diffusione pari a circa 106 cm/s, gli ioni pari a circa 10

4 cm/s.

Se invece le cariche si trovano in un campo elettrico, gli elettroni e gli ioni sono

accelerati e si muovono verso i rispettivi elettrodi. L’accelerazione è frenata dagli urti

con gli atomi del gas e quindi le cariche raggiungono una velocità di deriva data dalla

seguente formula:

𝑣𝑑 = 𝜇𝐸

𝑃

dove 𝐸 è il campo elettrico applicato, 𝑃 la pressione del gas e 𝜇 la mobilità che dipende

dallo ione e dalla miscela in cui esso si muove ed è data dal rapporto 𝜇 = 𝑣/𝐸: gli

elettroni, poiché sono molto meno massivi degli ioni, risultano essere molto più veloci

e, infatti, la loro mobilità è superiore a quella degli ioni di un fattore di circa 103. In

Figura 4 è mostrato l’andamento della velocità di deriva degli elettroni al variare del

campo elettrico.

Figura 4 Velocità di deriva degli elettroni al variare del campo elettrico, in una miscela di 𝑨𝒓/𝑪𝑶𝟐 a varie pressioni.

Page 9: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

9

1.5 Moltiplicazione a valanga

Se il campo elettrico è sufficientemente elevato, gli elettroni liberi prodotti dalla

ionizzazione primaria possono raggiungere energie sufficientemente alte da eccitare o

ionizzare a loro volta le altre molecole del gas, urtandole. La probabilità di ionizzazione

secondaria sale all’aumentare dell’energia dell’elettrone e, quindi, del campo elettrico.

Se questo raggiunge un valore dell’ordine della decine di kV/cm, gli elettroni prodotti

dalla ionizzazione secondaria hanno a loro volta energia sufficiente per produrre

un’ulteriore ionizzazione e così via. Si innesca, così, il processo di moltiplicazione a

valanga. Se 𝑛 è il numero di elettroni a una data posizione, il numero di elettroni

prodotti dopo un tratto 𝑑𝑥 è dato da

𝑑𝑛

𝑛= 𝛼𝑑𝑥

dove 𝛼 è detto primo coefficiente di Townsend e rappresenta il numero medio di coppie

elettrone-ione prodotte per unità di cammino nella regione di deriva. Il suo inverso

fornisce il cammino libero medio di ionizzazione, ossia la distanza media tra una

ionizzazione e la successiva. Integrando la precedente relazione si ottiene:

𝑛

𝑛0= 𝑒𝛼𝑥 = 𝑀

𝑀 è detto fattore di moltiplicazione e 𝑛0 il numero di coppie iniziali. Nel caso in cui il

campo non sia uniforme, 𝛼 è funzione di 𝑥 e il fattore di moltiplicazione si ottiene per

integrazione:

𝑀 = exp [∫ 𝛼(𝑥)𝑑𝑥𝑥2

𝑥1

]

Si trova fisicamente che 𝑀 è limitato, M < 108, ovvero αx < 20, altrimenti si innescano

delle scariche. Tale limite è noto come limite di Raether.

1.6 Classificazione dei rivelatori a gas

Il principio di funzionamento dei rivelatori a gas si basa sulla raccolta diretta

della carica prodotta dal passaggio della particella. Tale carica costituisce il segnale, la

cui ampiezza è, per ampi valori della tensione applicata agli elettrodi, proporzionale

all’energia rilasciata. Esistono diversi tipi di rivelatori a gas, che si distinguono in base

alle tensioni di lavoro caratteristiche. In Figura 5, è mostrato l’andamento della carica

raccolta in funzione della tensione di lavoro.

Page 10: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

10

Figura 5 Numero di ioni prodotti al variare della tensione di lavoro, per particelle α ed elettroni. [10].

Quando la tensione applicata è nulla, non viene prelevato alcun segnale poiché gli ioni e

gli elettroni prodotti si ricombinano velocemente. Nella prima regione, quella della

ricombinazione, la corrente raccolta aumenta all’aumentare della tensione di lavoro,

perché un numero sempre crescente di coppie sono raccolte prima della ricombinazione.

Il “plateau” della seconda regione corrisponde al range di tensioni tipiche della camera

a ionizzazione: tutte le coppie prodotte vengono raccolte e un aumento della tensione

non produce effetti visibili.

Figura 6 Schema rappresentativo di una camera a ionizzazione. [10].

Con la terza regione si entra nel regime proporzionale: aumentando la tensione,

aumenta la corrente, perché gli elettroni prodotti dalla ionizzazione primaria cominciano

ad acquisire energie sempre maggiori fino ad innescare un processo di moltiplicazione a

valanga (il valore della tensione applicata dipende dalla geometria del rivelatore). Il

numero di coppie della valanga è proporzionale al numero di coppie prodotte nella

ionizzazione primaria (da qui l’aggettivo “proporzionale”) e il segnale prodotto può

essere amplificato in genere fino a un fattore di 106.

Page 11: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

11

Figura 7 Schema rappresentativo di una camera proporzionale. [10].

Se la tensione cresce ulteriormente, il numero di coppie generate diventa molto grande.

A causa della maggiore mobilità degli elettroni rispetto agli ioni, questi si dispongono

sul fronte della valanga che assume una forma a goccia. Per la separazione delle cariche

si forma una regione nella quale il campo elettrico è distorto con conseguente perdita

della proporzionalità (regione a proporzionalità limitata).

A tensioni ancora maggiori, si entra nel regime Geiger-Muller: l’energia e il numero

degli elettroni è talmente grande da dare origine a scariche nel gas (si supera il limite di

Raether) lungo tutto l’anodo.

Figura 8 Schema rappresentativo di una contatore Geiger-Muller. [10].

Dal momento che, durante il processo di amplificazione, viene persa ogni informazione

sulla quantità di energia rilasciata dalla particella, questo tipo di rivelatore viene per lo

più utilizzato come contatore di eventi.

Nella regione successiva, si entra in un regime di scarica continua che danneggia il

rivelatore.

Page 12: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

12

1.7 Contatori proporzionali

Il primo rivelatore a gas fu inventato da Geiger e Rutherford nel 1906. Si trattava

di una camera cilindrica con un solo filo. La tecnologia fu poi sviluppata e migliorata da

Muller che nel 1928 inventò il contatore Geiger-Muller. L’apporto più significativo in

questo campo, tuttavia, si ebbe da Charpark, che nel 1968 inventò la camera

proporzionale a multifili, la MWPC (Multi-Wire Proportional Chamber) e, per questo,

fu insignito del Premio Nobel nel 1992.

1.7.1 Contatore proporzionale a singolo filo

Il primo prototipo era costituito da un contenitore cilindrico a pareti conduttrici

contenente una miscela di gas e da un filo conduttore disposto lungo l’asse del cilindro e

tenuto a potenziale positivo rispetto al tubo. In Figura 9 ne è mostrato uno schema.

Figura 9 Schema rappresentativo di un contatore proporzionale a singolo filo.

Poiché il campo elettrico nella regione è più intenso in prossimità del filo, un elettrone

raggiunge energie sufficienti a innescare la valanga solo in prossimità del filo stesso e

gli ioni prodotti dalla valanga lentamente derivano verso le pareti del cilindro. In tal

modo, il contributo più importante alla formazione del segnale si deve alla carica indotta

dagli ioni sul filo, piuttosto che a quella raccolta. La proporzionalità deriva dal fatto che

la valanga parte sempre da una distanza fissa dal filo, laddove il campo elettrico, che va

come 1/r, è sufficiente a innescarla. Essa ha, quindi, dimensioni fissate.

1.7.2 Multi Wire Proportional Chamber

La MWPC consiste di un piano di fili anodici posto fra due piani catodici

parallelamente ad essi. La struttura è mostrata in Figura 10. I fili anodici sono posti a

potenziale positivo rispetto al catodo e generano un campo elettrico le cui linee si

infittiscono in prossimità del filo stesso. Il campo elettrico può essere considerato

invece praticamente uniforme in prossimità dei due piani catodici.

Page 13: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

13

Figura 10 Schema rappresentativi di una MWPC. [10].

La spaziatura tra i fili è di solito fissata a 2 mm e da essa dipende la risoluzione spaziale

del rivelatore. Questo tipo di rivelatore utilizza, ad oggi, una tecnologia superata. La

struttura deve essere sufficientemente forte da garantire stabilità alle tensioni sui fili, dal

momento che questi, interagendo elettromagneticamente con i fili adiacenti, tendono a

respingersi vicendevolmente e a essere attratti dal catodo distorcendo, così, le linee di

campo elettrico. Questo influisce notevolmente sulle prestazioni del rivelatore.

Inoltre, il fatto che gli elettroni acquisiscano energia sufficiente a innescare la valanga

solo in prossimità del filo, pur giocando a favore della risoluzione spaziale, limita

notevolmente la capacità del rivelatore di sopportare alte rate: infatti, il lento moto di

deriva degli ioni prodotti dalla valanga verso il catodo contribuisce alla formazione di

una regione di carica spaziale che distorce le linee di campo elettrico. Tale effetto

costituisce il principale svantaggio di questo tipo di rivelatore.

Per queste ragioni, verso la fine degli anni ’80, si sviluppò un nuovo modello di

rivelatore a gas, basato sulle strutture microscopiche, le MSGC (Micro Strip Gas

Chamber).

1.7.3 Micro Strip Gas Chamber

Lo sviluppo di tecniche fotolitografiche consentì la produzione di elettrodi di

dimensioni microscopiche, dell’ordine dei 100 µm, permettendo un’ottima risoluzione

spaziale. Distanze così piccole fra un elettrodo e l’altro ridussero notevolmente il tempo

di transito degli ioni nella regione di moltiplicazione, favorendo una più alta rate

capability, rispetto alle camere a multifili. Il primo modello fu il rivelatore a Micro

Pattern, inventato da Oed nel 1988. Esso è costituito da sottili strip metalliche a distanze

molto piccole le une dalle altre e connesse alternativamente come anodo o catodo e

stampate con tecniche fotolitografiche mediante etching chimico, su di un sottile foglio

Page 14: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

14

resistivo. Applicando le tensioni fra le strip, si formano campi elettrici molto intensi, per

via delle piccole separazioni, tali da innescare un processo di moltiplicazione a valanga.

In Figura 11 ne è mostrato uno schema rappresentativo.

Figura 11 Schema rappresentativo di una MSGC. [10].

Tuttavia, a rate molto elevate si incorre nell’effetto del charging up: l’accumulo degli

ioni sulla superficie del substrato modifica il campo elettrico nella regione tra le due

strip e questo influisce sulla stabilità del guadagno. Inoltre, questo tipo di rivelatore è

particolarmente soggetto a fenomeni di aging (invecchiamento causato da formazione di

polimeri lungo le strip metalliche). Anche quando questi fenomeni vengono arginati

(preferendo substrati meno resistivi e miscele ottimali), le operazioni ad alte rate

vengono limitate dall’alta probabilità di scarica fra gli elettrodi: un rilascio eccessivo di

energia può portare alla produzione di numerosi elettroni già nella zona di deriva e al

superamento del limite di Raether in quella di moltiplicazione; la polvere tra le strip può

inoltre costituire un facile ponte di collegamento tra gli elettrodi. Data la piccola

separazione tra gli elettrodi, una scarica in una geometria di questo tipo può portare a

danneggiare in modo permanente il rivelatore.

1.7.4 Micro Pattern Gas Detectors

L’insieme di questi fattori ha portato all’invenzione di una tecnologia

innovativa, le MPGD (Micro Pattern Gas Detector). A questa categoria appartengono le

Micromegas e le GEM.

La struttura Micromegas fu proposta da Charpark e Giomataris nel 1992. Il principio di

funzionamento è lo stesso nel caso dei rivelatori a piani paralleli, con i gap di

amplificazione ridotti all’ordine di circa 100 µm. Il piano superiore è sostituito con una

griglia microscopica, nei cui fori avviene la moltiplicazione a valanga.

Page 15: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

1. Interazione radiazione-materia nei rivelatori a gas

15

Figura 12 Schema rappresentativo di una Micromegas. [10].

Le GEM (Gas Electronic Multiplier) sono state inventate da Sauli nel 1996. Queste

furono inizialmente utilizzate come stadi preamplificatori delle MSGC. La geometria

delle GEM e i vantaggi collegati al suo utilizzo sono ampiamente discussi nel Capitolo

2.

1.8 Scelta del gas

La scelta del gas è essenziale per garantire una buona prestazione del rivelatore.

Infatti, dalle proprietà del gas dipendono il numero di cariche primarie prodotte, il

guadagno e la sua proporzionalità. Nel rivelatore a GEM che è oggetto di studio della

tesi, si è scelta una miscela di Ar/CO2.

Dal momento che le molecole poliatomiche si diseccitano principalmente attraverso

processi non ionizzanti, si preferisce ricorrere all’utilizzo di gas nobili (che sono gas

monoatomici) e, fra tutti, l’argon, per la sua bassa energia di ionizzazione e il suo basso

costo rispetto agli altri gas. L’utilizzo di argon puro, tuttavia, non consentirebbe di

raggiungere guadagni più alti di circa 103

÷ 104, dal momento che, oltre questo limite, a

causa delle emissioni di fotoni per diseccitazione o ricombinazione degli atomi di

Argon, si innesca una scarica continua. Per limitare tale effetto, si aggiunge all’argon

una certa percentuale di molecole poliatomiche (nel caso in esame, anidride carbonica),

che fungono da quencher, cioè assorbono i fotoni emessi dall’argon attivando i proprio

moti roto-vibrazionali e dissipano energia mediante dissociazioni o urti.

Una parte del lavoro di tesi è consistito nel misurare il guadagno e la rate del rivelatore,

per diverse percentuali della miscela Ar/CO2.

Page 16: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

16

Capitolo 2

I rivelatori a GEM

2.1 Caratteristiche costruttive di un rivelatore a singola

GEM

Una GEM è costituita da un sottile foglio formato da uno strato di kapton avente

spessore di 50 µm rivestito su entrambi i lati da due lamine di rame di circa 5 µm di

spessore. Sull’intero foglio si trova una matrice di fori di forma biconica, ottenuti

mediante tecniche fotolitografiche, che costituiscono il corpo del rivelatore stesso. Ogni

foro ha un diametro esterno di 70 µm, un diametro interno di circa 55 µm; la distanza

tra i fori è di 140 µm [1].

Figura 13 (a) Sezione di un foglio di GEM visto dall’alto. Figura 14 Foglio di GEM visto al microcopio. (b) Sezione di un foglio di GEM visto da un lato.

Uno strato di GEM, così costituito, inserito fra due elettrodi e posto all’interno di una

camera a tenuta in cui è fatta circolare la miscela di gas, costituisce il rivelatore a GEM:

la radiazione che si vuol rivelare interagisce con le molecole del gas ionizzandole e gli

elettroni prodotti migrano, grazie ai campi elettrici applicati, verso i fori della GEM,

all’interno dei quali avviene la moltiplicazione, per effetto della differenza di potenziale

applicata alle lamine di rame. Gli elettroni della valanga che fuoriescono dai fori sono

Page 17: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

17

poi raccolti dall’anodo che forma il segnale di carica, il quale ha in genere ampiezza

proporzionale all’energia rilasciata dalla radiazione.

Figura 15 A sinistra. Andamento delle linee di campo elettrico all’interno dei fori biconici dei piani di GEM. A destra. Traiettorie degli elettroni che, entrando nella regione di moltiplicazione, producono la valanga.

È stato mostrato che ciascuna delle caratteristiche costruttive elencate precedentemente

influisce sui parametri del rivelatore: in particolare, a parità di campi elettrici esterni,

polarizzazione delle GEM e miscela di gas, il guadagno aumenta al diminuire del

diametro dei fori, in quanto aumenta d’intensità il campo elettrico di moltiplicazione,

fino a raggiungere una saturazione; il passo dei fori, a parità di diametro, influenza

l’efficienza di infilamento degli elettroni dalla regione sovrastante la GEM all’interno

della stessa; la forma del foro è invece correlata con l’effetto del charging-up, ossia

l’accumulo di ioni positivi prodotti dalla valanga sulla superficie del kapton all’interno

del foro, che causa l’effetto di alterare il campo elettrico di moltiplicazione nel foro

stesso. È stato mostrato, mediante tecniche di simulazione, che la forma biconica è

quella che minimizza tale effetto. [1]

2.2.1 I campi elettrici di deriva e di induzione

Un rivelatore a singola GEM è costituito da un foglio di GEM interposto tra due

elettrodi: quello superiore, il catodo, e quello inferiore, l’anodo, che è a sua volta

formato da una serie di pad o strip sulle quali è indotto il segnale, dovuto soltanto agli

elettroni che vi giungono.

Page 18: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

18

Figura 16 Sezione di un rivelatore a singola GEM.

Si vengono così a formare tre regioni in cui si instaura un campo elettrico:

la regione tra il catodo e lo strato superiore della GEM è detta regione di deriva

e il campo elettrico in questa zona si chiama campo di deriva: esso è dell’ordine

dei kV/cm [3] e ha la funzione di convogliare gli elettroni prodotti dalla

ionizzazione primaria (dall’interazione tra radiazione e molecole del gas)

all’interno dei fori della GEM; lo spessore di tale regione è in genere fissato a 3

mm [1];

la regione tra i due sottili strati di rame della GEM è detta regione di

moltiplicazione: gli elettroni che giungono nei fori della GEM, dato l’elevato

campo elettrico in questa regione (circa 30÷100 kV/cm [1]), acquistano

sufficiente energia per innescare un processo di moltiplicazione a valanga;

la regione tra lo strato inferiore della GEM e l’anodo è detta regione di

induzione e il campo elettrico campo di induzione, con la funzione di estrarre gli

elettroni dal foro e portarli verso l’anodo, dove formano il segnale elettronico. Il

valore del campo di induzione è in media dell’ordine dei kV/cm; lo spessore di

questa regione è fissato a 1 mm.

È evidente che i valori da attribuire ai campi elettrici nelle tre regioni devono essere

ottimali, in quanto da questi dipendono le prestazioni del rivelatore: ad esempio, il

valore del campo di deriva influisce sulla capacità di raccolta degli elettroni e impedisce

che questi si ricombinino prima di raggiungere la GEM, d’altro lato, un campo di deriva

troppo alto inficia la capacità di infilamento degli elettroni [1]; il campo di induzione

deve essere sufficientemente intenso da raccogliere velocemente gli elettroni prodotti,

ma il suo valore non deve essere eccessivamente elevato da causare scariche in

prossimità delle pad, laddove la concentrazione degli elettroni raggiunge livelli così

elevati, da innescare processi di scarica, che possono danneggiare così l’apparato [4].

Page 19: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

19

2.2.2 Il guadagno di un rivelatore a singola GEM

Il campo all’interno della GEM deve essere tale da favorire regimi di

moltiplicazione a valanga all’interno dei fori: dal suo valore 𝑉𝐺𝐸𝑀 dipende quindi il

guadagno intrinseco della GEM, secondo questa relazione:

𝐺𝑖𝑛𝑡𝑟 ∝ 𝑒𝑉𝐺𝐸𝑀

dove è legato al primo coefficiente di Townsend mediato sul cammino dell’elettrone

all’interno del foro. Il guadagno dell’intera camera dipende, però, anche dai campi di

deriva e di induzione, poiché da questi a loro volta dipendono l’efficienza di infilamento

e la frazione di infilamento, cui sarà accennato successivamente, per cui il guadagno

complessivo sarà in generale minore di quello intrinseco. Mettendo insieme più fogli di

GEM si può giungere a guadagni molto elevati, dell’ordine di 104÷10

5.

2.2 Rivelatore a tripla GEM

Uno dei problemi particolarmente limitante nei rivelatori a singola GEM risiede

nel fatto che in prossimità degli elettrodi di lettura si vengano a formare delle scariche

che possono paralizzare il sistema o addirittura danneggiarlo. Il vantaggio di utilizzare

un rivelatore con tre fogli di GEM consiste invece nell’avere tre stadi distinti di

moltiplicazione: ciò permette di raggiungere guadagni più elevati (la moltiplicazione è

distribuita in più stadi), anche in condizioni di bassa probabilità di scarica. Inoltre,

l’effetto dell’ion feedback (formazione di carica spaziale nella regione di deriva che ne

deforma il campo, dovuta alla lenta deriva degli ioni positivi verso il catodo) è

enormemente mitigato da un rivelatore a tripla GEM.

Figura 17 Sezione di un rivelatore a tripla GEM.

I tre fogli di GEM sono inseriti tra due elettrodi, come nel caso di un singolo foglio, e la

regione tra il catodo e la prima GEM e quella tra l’ultima e l’anodo hanno la stessa

Page 20: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

20

funzione che hanno nel caso di rivelatore a singola GEM e prendono infatti anche in

questo caso il nome di regione di deriva e di induzione, rispettivamente.

2.2.1 Il campo di trasferimento

L’aggiunta di altri due fogli di GEM introduce altre due regioni dette di

trasferimento: esse fungono da regione di deriva o di induzione a seconda che siano

riferite rispettivamente alla GEM inferiore o a quella superiore. Il valore delle

differenze di potenziale in queste regioni deve essere sufficiente da garantire una buona

capacità di infilamento della carica nel foglio sottostante e di estrazione della carica dal

foglio sovrastante: lo studio del guadagno al variare dei campi di trasferimento è uno

degli oggetti di studio di questo lavoro; le dimensioni delle regioni hanno invece

influenza sulle prestazioni temporali della camera (effetto bi-gem: elettroni prodotti

dalla ionizzazione primaria in zone diverse subiscono stadi di moltiplicazione differenti

e i segnali prodotti da elettroni che hanno subito solo due stadi di moltiplicazione hanno

ampiezza inferiore e risultano in anticipo) e devono pertanto essere stabilite in modo da

ottimizzarle. In genere si fissano a 1 e a 2 mm gli spessori della prima e della seconda

regione di trasferimento, rispettivamente.

2.2.2 Campo elettrico all’interno dei fori e tensioni applicate ai

piani di GEM

Per un rivelatore a tripla GEM, il guadagno intrinseco è ottenuto moltiplicando il

guadagno di ogni singola GEM: esso dipende quindi in modo esponenziale dalla somma

delle tensioni sui tre fogli

𝐺𝑖𝑛𝑡𝑟 ∝ 𝑒𝑉𝐺𝐸𝑀𝑡𝑜𝑡

Il fatto che il guadagno dipenda solo dalla somma delle tensioni permette di distribuire

queste ultime in modo da evitare la formazione di scariche nell’ultima regione di

moltiplicazione: si è trovato che la configurazione che minimizza tale fenomeno si

ottiene applicando una tensione maggiore sulla prima GEM e tensioni via via

decrescenti sulle altre due [5]. Questa stessa configurazione permette anche di

ottimizzare le prestazioni temporali del rivelatore evitando l’effetto bi-gem: gli elettroni

prodotti nella prima regione di trasferimento subiranno una moltiplicazione con un

guadagno inferiore e saranno quindi, in generale, incapaci di formare un segnale al di

sopra della soglia dell’elettronica.

Per definire la prestazione del rivelatore nel suo complesso [4], si definisce invece il

guadagno effettivo, legato a quello intrinseco dalla seguente relazione

𝐺𝑒𝑓𝑓 = 𝐺𝑖𝑛𝑡𝑟𝜖𝑖𝑛𝑓𝑖𝑙𝜖𝑒𝑠𝑡𝑟

Page 21: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

21

dove 𝜖𝑖𝑛𝑓𝑖𝑙 rappresenta l’efficienza di infilamento, 𝜖𝑒𝑠𝑡𝑟 invece l’efficienza di estrazione.

La prima è definita come rapporto tra il numero di elettroni che entrano nei fori delle

GEM e il numero di elettroni prodotti nella regione superiore il foglio di GEM: essa è

correlata con l’effetto di defocheggiamento delle linee di campo elettrico, alcune delle

quali possono non confluire all’interno dei fori, effetto che pone quindi un limite alla

capacità di infilamento; l’efficienza di estrazione è invece il rapporto tra il numero di

elettroni estratti dai fori delle GEM e il numero di elettroni prodotti dalla

moltiplicazione all’interno dei fori: se il campo elettrico al di sotto della GEM non è

sufficientemente intenso, non tutti gli elettroni prodotti nella regione di moltiplicazione,

a causa della diffusione, riescono a raggiungere l’elettrodo successivo e vengono quindi

raccolti dalla superficie inferiore del foglio di GEM.

2.2.3 Influenza del campo di deriva sulla velocità di deriva e

sulle prestazioni temporali

La risoluzione temporale di un rivelatore a GEM dipende in maniera inversa dal

prodotto del numero medio di clusters prodotti per ionizzazione primaria per unità di

lunghezza e dalla velocità di deriva delle cariche nel gap di deriva. Per ottenere quindi

delle buone prestazioni temporali, è necessario avere un’alta percentuale di ionizzazione

primaria e una miscela di gas sufficientemente veloce. Sono state effettuate simulazioni

sull’andamento della velocità di deriva e della risoluzione temporale al variare del

campo di deriva per diverse miscele [6]. I grafici risultanti sono riportati in Figura 18 e

19.

Figura 18 Studio della velocità di deriva in funzione del campo di deriva per le diverse miscele.

Page 22: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

22

Figura 19 Studio della risoluzione temporale intrinseca in funzione del campo di deriva per diverse miscele.

Si osserva che le curve che offrono prestazioni migliori si ottengono per miscele quali

Ar/CO2/CF4 e Ar/CF4/iso-Butano per un valore del campo di trasferimento pari

a 3 kV/cm.

2.2.4 Diffusione longitudinale e trasversale della carica

Si è inoltre studiato, sempre attraverso software di simulazione, l’effetto di

diffusione trasversale e longitudinale della carica nel gap di deriva al variare del campo

di deriva e per diverse miscele. I risultati sono riportati nei grafici in Figura 20 e 21 [7].

Dal momento che i fenomeni di diffusione pongono forti limiti alla risoluzione spaziale

del rilevatore, questi devono essere contenuti.

Page 23: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

23

Figura 20 Diffusione longitudinale della carica al variare del campo elettrico, per diverse miscele.

Figura 21 Diffusione trasversale della carica al variare del campo elettrico per diverse miscele.

Dai grafici si evince che il fenomeno è limitato per miscele come Ar/CO2/CF4 e Ar/CO2

e per valori del campo elettrico di deriva tra i 200 V/cm e i 500 V/cm.

Page 24: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

24

Questa è la ragione per la quale si è scelto di lavorare con diverse percentuali della

miscela di Ar/CO2 e con valori del campo di deriva attorno ai 0.2 ÷ 0.4 kV/cm.

Questi grafici costituiranno successivamente lo spunto per la giustificazione delle scelte

fatte sui valori di campo adottati, durante le misure per la caratterizzazione del

rivelatore.

2.3 La TPC a GEM

2.3.1 Sviluppo di un prototipo di un rivelatore per il monitoring

di un fascio di protoni

Un monitor di fascio deve possedere una buona risoluzione spaziale e deve

essere caratterizzato da una bassa densità di materiale all’interno del volume attivo per

garantire perdite minime d’intensità del fascio e perturbare il meno possibile il fascio

all’interno del volume di gas. Un rivelatore TPG possiede queste caratteristiche e

permette quindi di minimizzare le incertezze sulla posizione del fascio e di preservarne

caratteristiche come l’intensità e l’energia. Il lavoro di tesi è consistito nel misurare

alcuni dei parametri necessari alla messa a punto delle caratteristiche fisiche di una

TPG, quali il guadagno e la sensitività (attraverso misure di rate), al fine di disegnare un

rivelatore efficace nella rivelazione di particelle cariche ed impiegarlo, quindi, come

monitor di un fascio di protoni per scopi di adroterapia.

2.3.2 La geometria della TPC a GEM

La TPC a GEM (TPG: Time Projection Gem), progettata e costruita per lo scopo

precedentemente accennato, consiste di una camera a deriva avente un volume di

40x100x100 mm3. Questa è costituita da una field cage a forma di parallelepipedo a

base quadrata, che ha la funzione di rendere uniforme il campo elettrico in prossimità

dei bordi e lungo tutta la regione di deriva. Le due facce della gabbia poste

perpendicolarmente alla direzione del fascio incidente sono trasparenti al fascio stesso

(per ridurre al minimo lo scattering coulombiano e quindi la perdita di energia e delle

caratteristiche geometriche del fascio incidente) e sono costituite da una successione di

fili di rame aventi un diametro di 100 µm e passo di 2 mm. Le facce laterali parallele

alla direzione del fascio sono costituite da un circuito stampato su cui è disegnato un

insieme di strip di rame, ognuna saldata ai fili tesi lungo i due lati trasparenti. Una serie

di 19 resistenze per un totale di 190 MΩ, sono state poste tra ciascun filo e quelli

adiacenti per far in modo che il ∆V tra i fili sia lo stesso, allo scopo di mantenere

costante il campo elettrico nella regione di deriva. Tutto ciò al fine di limitare il più

possibile effetti di diffusione laterale e trasversale della carica e ottimizzare la

risoluzione spaziale del rivelatore. Attraverso la misura del tempo di deriva della carica,

rispetto ad un segnale di riferimento (il t0 del sistema o segnale di trigger), sarà

Page 25: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

25

possibile ricostruire la terza coordinata e ottenere così una localizzazione 3D del fascio

incidente.

Il rivelatore si completa con tre fogli di GEM che hanno le stesse caratteristiche

descritte in precedenza. La differenza consiste nel fatto che le varie regioni hanno

spessori diversi dettati dalla geometria e da motivi costruttivi e fissati a 1.6 mm per le

gap di trasferimento e a 2.1 mm per quella di induzione. In Figura 22 [13], è mostrata

schematicamente una sezione bidimensionale della TPG, in Figura 23, una vista

assonometrica della stessa, in cui sono evidenti i vari componenti descritti in

precedenza.

Figura 22 Schema della TPG.

Figura 23 Assonometria della TPG. Sono mostrati i telai che costituiscono la field cage a forma di parallelepipedo.

In Figura 24 è riportata una foto della struttura interna del rivelatore. In particolare sono

ben distinguibili il catodo costituito da un foglio di FR4 bi-ramato da 1.6 mm di

spessore, che chiude la field cage superiormente, e avente la faccia inferiore posta al

Telaio_1

11111

Telaio_2

Catodo

Flangia

di fermo

GEM

Page 26: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

26

valore di tensione più negativo e variabile tra 2.1 kV e 2.4 kV, a seconda del guadagno

pre-fissato del rivelatore, rispetto all’anodo che è posto a massa in continua. Il piano

anodico è anche il riferimento per il segnale.

Figura 24 Fotografia della struttura interna del rivelatore.

Infine, il piano di read out (l’anodo), disegnato su un circuito stampato (PCB) e

mostrato in Figura 25 e 26, è costituito da due file di 60 pads, interne al volume di gas,

ciascuna avente una superficie di 5x1 mm2 e inter-spaziate da una distanza di 100µm.

Ciascuna pad è collegata attraverso dei fori metallizzati (VIA) alle piste di rame

disegnate sul lato esterno del piano anodico. A sua volta ogni pista metallica, è collegata

a un canale di ingresso dell’elettronica di lettura della carica, costituita da 4 ASIC

(Application Specific Integrated Circuit) che rappresentano l’elettronica di Front-End,

montati a loro volta su una scheda elettronica (vedi Cap. 3). Quest’ultima è collegata

all’elettronica di acquisizione alloggiata all’interno di un crate VME e controllata da un

driver software scritto ad-hoc per l’acquisizione dei valori di carica, letti su ciascuna

pad del rivelatore. La scheda elettronica di lettura su cui è montato il FE, è connessa al

piano anodico del rivelatore, attraverso due connettori opportunamente scelti per

minimizzare le interconnessioni e quindi le capacità di ingresso di ogni singolo canale

di lettura, nonché massimizzare la superficie di contatto con il piano di massa del

rivelatore. In Figura 27 è mostrata la scheda di Front-End su cui sono riconoscibili i due

ASIC e il connettore della SAMTEK.

Page 27: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

27

Figura 25 Le due file da 120 pads disegnate sul piano di read-out e poste all’interno del volume di gas del rivelatore.

Figura 26 Lato esterno del piano di read-out, che mostra i collegamenti con i canali di ingresso dell’elettronica di FE tramite i due connettori della SAMTEK da 32 contatti..

Page 28: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

2. I rivelatori a GEM

28

Figura 27 Scheda del Front-End. Sono visibili i due ASIC per un totale di 64 canali di lettura e il connettore della

SAMTEK utilizzato per la connessione con il piano di lettura del rivelatore.

Nel successivo Capitolo 3, sarà descritto in dettaglio l’apparato sperimentale utilizzato,

con maggiore enfasi sulle caratteristiche degli strumenti impiegati, prima di procedere

alla descrizione delle misure effettuate e le relative considerazioni.

Page 29: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

29

Capitolo 3

Il laboratorio di misura: il setup

sperimentale

3.1 Introduzione

Il setup sperimentale utilizzato nel lavoro di tesi consiste essenzialmente di cinque

componenti:

1. la TPC a GEM, per il monitoring del fascio di protoni, descritta nel Capitolo 2;

2. il sistema di flussaggio del gas, per far circolare la miscela all’interno della

camera;

3. il sistema delle alte tensioni, che fornisce le tensioni all’anodo, al catodo e ai

piani di GEM;

4. il generatore di raggi X;

5. l’elettronica di lettura, per l’acquisizione e l’elaborazione dei segnali.

3.2 Il sistema del gas

Il sistema di flussaggio del gas è costituito da due blocchi. Il primo, posto

all’esterno del laboratorio per motivi di sicurezza, comprende:

a) le bombole dei gas necessari per creare la miscela desiderata;

b) un armadietto in cui si depositano le bombole;

c) riduttori di pressione;

d) manometri;

e) il sistema di condutture dei gas in acciaio.

Il secondo blocco, posto all’interno del laboratorio, è formato da:

a) riduttori di pressione;

b) manometri;

c) tubi in polietilene;

d) flussimetri di massa e controller;

e) un miscelatore;

f) un PC.

Page 30: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

30

Quest’ultimo costituisce il sistema di controllo vero e proprio.

Mediante i riduttori di pressione e i manometri, è possibile ridurre la pressione dei gas

fino a poco più di 1 atm. Questi sono da questo punto in poi trasportati medianti tubi in

polietilene fino ai flussimetri di massa. Il sistema è mostrato in Figura 28.

Figura 28 Riduttore di pressioni, con i rispettivi manometri, e i tubi in polipropilene.

I tubi portano il gas al sistema di erogazione, costituito dai misuratori di portata o

flussimetri. Questi ultimi permettono di stabilire le percentuali della composizione della

miscela. I gas confluiscono così nel miscelatore, fatto di acciaio inox, che ha la funzione

di rendere omogenea la miscela. In Figura 29 è mostrata una fotografia dell’apparato

descritto.

Figura 29 Flussimetri (o misuratori di portata) e miscelatore.

Per garantire una maggiore precisione nel controllo delle percentuali dei gas che

compongono la miscela, sono stati usati tre flussimetri della Bronkhorst High-Tech BV

molto precisi (~1%). Attraverso questi dispositivi è stato possibile ottenere un sistema

di controllo digitale: i flussimetri sono infatti dotati di un multibus elettronico digitale.

Il flusso viene misurato e digitalizzato. I tre flussimetri sono collegati in cascata: il

Page 31: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

31

primo è collegato direttamente al computer, mentre il terzo all’alimentatore di tensione.

Il controllo del sistema di flussaggio è effettuato mediante due software:

1. il FlowDDE (Dynamic Data Exchange), che permette la comunicazione e il

trasferimento dei dati tra il flow-bus e il computer e viceversa;

2. il FlowPlot, che permette il controllo dei segnali provenienti dal flow-bus.

Il FlowDDE permette di aprire la comunicazione tra il computer e l’apparato e

verificare che il collegamento sia effettuato in maniera corretta. Il FlowPlot consente di

monitorare nel tempo l’andamento di numerose grandezze (pressione atmosferica,

temperatura, portata) e quindi la gestione del flusso in maniera diretta. In Figura 30, è

riportata la schermata del programma di controllo.

Figura 30 Pannello di controllo del sofware FlowPlot.

Come si può osservare dalla Figura 30, in alto a destra sono presenti tre canali, Ch1,

Ch2, Ch3, ciascuno dei quali si riferisce a uno dei tre flussimetri; in particolare, il canale

1, in verde, è relativo all’Argon (Ar), il canale 2 all’anidride carbonica (CO2) e il canale

3 al tetrafluorometano (CF4).

È importante osservare che, anche piccole fluttuazioni dei parametri dei gas (quali

temperatura, pressione e percentuali della miscela), hanno effetti molto importanti sulla

Page 32: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

32

precisione delle misure: il sistema utilizzato si è rivelato fondamentale per monitorare

eventuali variazioni delle grandezze con una precisione migliore dell’1%.

3.3 Il sistema delle alte tensioni

Un rivelatore a tripla GEM richiede un sistema di alta tensione avente sette

canali di alimentazione, necessari a fornire le tensioni ai sei piani di rame delle GEM e

al catodo (l’anodo è tenuto al potenziale di riferimento). Il sistema di alta tensione

utilizzato è detto HVGEM ed è un Active High Voltage Divider avente sette canali di

alimentazione variabile. Il valore di tensione può essere impostato su ogni canale in

maniera indipendente e non può superare i 700 V per i primi sei canali, i 1400 V per il

settimo. La corrente di uscita fornita non supera i 150 µA per i primi sei canali, i 100

µA per il settimo. La caratteristica più importante di questo sistema consiste nella

possibilità di accendere e spegnere i canali in maniera indipendente l’uno dall’altro. In

Figura 31 è mostrata una fotografia del sistema [11].

Figura 31 Il modulo HVGEM.

Ogni volta che sono state effettuate le misure, nella fase di accensione del rivelatore, per

motivi di cautela, si sono prima portati ai valori designati i campi elettrici di deriva, di

trasferimento e di induzione e solo successivamente sono stati impostati i valori delle

tensioni sulle GEM; allo stesso modo, nella fase di spegnimento, si sono prima azzerate

le tensioni sulle GEM e successivamente i valori dei campi elettrici nelle varie regioni.

Page 33: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

33

I campi elettrici nelle regioni di deriva, di trasferimento e di induzione e le tensioni fra i

piani di rame delle GEM sono stati impostati mediante un software di controllo del

quale in Figura 32 è riportato il pannello di controllo.

Figura 32 Pannello di controllo del programma per impostare le tensioni sulle GEM e i campi di trasferimento.

Nei box bianchi vengono inseriti i valori di input dei campi elettrici e delle tensioni

sulle GEM; in quelli neri compaiono i valori letti. Per le GEM si hanno tre campi

indicati con VG1, VG2 e VG3, che accettano valori di tensioni espressi in Volt; per i

campi elettrici, ci sono quattro campi, indicati con Drift, T1, T2 e Ind che accettano

valori di campo espressi in kV/cm. È possibile inoltre fissare i valori delle larghezze

delle gap (nei campi contrassegnati da GAP) di deriva, di trasferimento e di induzione,

che, nel caso in questione, sono quelle caratteristiche di una TPG: il software esegue in

tal modo il calcolo delle tensioni da attribuire ai vari elettrodi per ottenere i campi

designati. Accanto alle caselle per impostare le tensioni sulle GEM, ne è presente una

che riporta la somma delle tensioni su tutte le GEM. Il lavoro di tesi è consistito nel

misurare il guadagno della camera al variare della somma delle tensioni sulle GEM e

per diversi valori dei campi di deriva e di trasferimento. In particolare, non si è potuto

variare il campo di trasferimento oltre il valore 4 kV/cm, dal momento che il software

non consente di superare tale limite, in quanto, come detto, i primi sei canali sono

limitati in tensione a 700 V e lo stesso dicasi per il valore di tensione più negativo

applicato al campo di deriva, limitato a 1400 V. I tre grafici, infine, permettono di

monitorare i valori dei campi elettrici, delle tensioni sulle GEM e delle correnti

assorbite nel tempo.

Page 34: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

34

3.4 Il generatore di raggi X

Il generatore di raggi X e la TPG sono stati posti all’interno di una camera di

volume 250x110x200 cm3 con pareti di rame e alluminio. Lo spessore dei materiali è

stato scelto in modo da contenere la quasi totalità del flusso di raggi X ottenibile dal

generatore, secondo le specifiche del costruttore [12].

Figura 33 Grafico dell’attenuazione dell’intensità del fascio in funzione dello spessore attraversato, per il rame e per l’alluminio.

Le curve mostrate in Figura 33 sono state ricavate tramite la legge di Lambert-Beer

(Capitolo 1), usando per i valori di µ/ρ quelli tabulati e assumendo per la densità

dell’alluminio e del rame i valori pari a 2.7 g/cm3 e 8.93 g/cm

3, rispettivamente. Come

si vede dal punto cerchiato sul grafico, uno strato di rame di spessore 0.5 mm da solo è

sufficiente a schermare i raggi X, soddisfacendo così i requisiti di sicurezza. La

copertura di 2.5 mm di alluminio permette anche di evitare qualunque interferenza con

campi elettromagnetici esterni. La box metallica funge, così, da gabbia di Faraday

poiché ha la funzione di schermare l’ambiente esterno dalla radiazione prodotta

all’interno e di rendere il più immune possibile dalla radiazione ambientale il rivelatore

sotto test, limitando in tal modo, il livello di rumore del rivelatore stesso. La box

metallica è stata costruita inoltre con degli accorgimenti di sicurezza: l’alimentazione al

tubo si interrompe immediatamente qualora venga aperta inavvertitamente la porta di

chiusura della box e, inoltre, sono presenti segnalatori acustici e ottici di allerta in caso

di accensione.

Il generatore utilizzato in laboratorio è un tubo a raggi X della Amptek, denominato

Mini X, mostrato in Figura 34. Esso comprende il tubo a raggi X, un alimentatore di alta

Page 35: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

35

tensione, l’elettronica di controllo e una porta USB per la comunicazione con il

computer.

Figura 34 Modello del Mini-X

Il tubo a raggi X è dotato di un anodo posto a massa, di una targhetta di argento, sul

quale incidono gli elettroni accelerati, di una finestra di berillio, di un collimatore e di

vari filtri. È possibile variare l’energia e l’intensità del fascio mediante un software di

controllo. È inoltre presente un adattatore AC per fornire i 12 VDC necessari ad

alimentare il sistema. Per motivi di sicurezza, inoltre, il sistema emette un fascio di luce

rossa e un beep quando è in funzione [12].

3.4.1. Misura dello spettro dei raggi X

Lo spettro dei raggi X è stato misurato mediante uno spettrometro della Amptek,

costituito da un rivelatore di raggi X, un preamplificatore e da un circuito ADC. Lo

spettrometro è stato dapprima calibrato mediante una sorgente radioattiva di Fe55, per

conoscere la risoluzione del circuito ADC. La misura dello spettro della sorgente ha

fornito il risultato mostrato in Figura 35.

Page 36: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

36

Figura 35 Spettro della sorgente radioattiva Fe55, con guadagno pari a 50.

È noto che i due picchi caratteristici della sorgente devono corrispondere a energie pari

a 5.9 keV e a 6.49 keV. Sulla base di questa considerazione e noto il guadagno del

circuito amplificatore, è facile ottenere l’energia corrispondente a un singolo canale. In

particolare, si può osservare che , con un guadagno pari a 50, il primo picco si trova a

canale 267, il secondo a canale 295: il fattore di conversione è pari a 1.1 keV/canale. Si

è proceduto con la misura dello spettro dei raggi X con il target di argento, usando il

collimatore da 2 mm e impostando i valori di tensione e di corrente rispettivamente a

50 kV e a 5 µA, ponendo la sorgente a una distanza di 30 cm dallo spettrometro. Si è

ottenuto il grafico mostrato in Figura 36.

Page 37: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

37

Figura 361 Spettro dei raggi X con la targhetta di argento, con guadagno 10.

Sono evidenti i due picchi, ottenuti con guadagno 10. Dal fattore di conversione

precedentemente calcolato, si trova che i picchi cadono in corrispondenza di 22.2 keV e

25 keV. I picchi ottenuti sono quelli caratteristici dell’argento e quelli dichiarati dalla

ditta.

3.4.2 Misura dell’intensità del fascio di raggi X

La misura del flusso del fascio di raggi X è stata ottenuta indirettamente,

attraverso la misura della dose assorbita per unità di tempo. Le due grandezze sono,

infatti, legate dalla relazione

𝑑𝐷

𝑑𝑡= 𝜙𝐸 (

𝜇

𝜌) (1)

dove 𝐷 indica la dose assorbita, 𝜙 il flusso dei raggi X, 𝐸 l’energia dei fotoni e 𝜇/𝜌

rappresenta il coefficiente di attenuazione di massa. L’energia media dei fotoni è

assunta pari a 22 keV; il coefficiente di attenuazione di massa varia con l’energia dei

fotoni incidenti e dipende dal materiale. Il suo andamento è mostrato in Figura 37.

Page 38: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

38

Figura 37 Curva del coefficiente di attenuazione di massa al variare dell’energia del fotone, per il vinyltoluene (scintillatore plastico).

Come si osserva dal grafico, 𝜇/𝜌 assume un valore pari a 0.436 cm2/g per 𝐸 = 20 𝑘𝑒𝑉

e 0.265 cm2/g per 𝐸 = 30 𝑘𝑒𝑉. La dose viene misurata mediante un dosimetro della

ATOMTEX, costituito da uno scintillatore plastico (vinyltoluene) accoppiato a un

rivelatore al silicio. Questo viene posto lungo l’asse della sorgente a diverse distanze

dalla stessa (30 cm, 60 cm, 90 cm). La misura così effettuata, tuttavia, non tiene conto

del fatto che il fascio, nell’attraversare la distanza tra la sorgente e il dosimetro, subisce

delle attenuazioni dovute all’interazione con le molecole di aria. Si corregge, pertanto,

la misura effettuata mediante il coefficiente di conversione dose assorbita-kerma

(Kinetic Energy Released in Matter) che, in aria e alle energie in gioco, si aggira intorno

a 0.22 Sv/Gy. La dose effettiva ottenuta è pari a circa 945.5 Sv/h a 30 cm di distanza,

compatibile con il valore dichiarato. I valori stimati dei flussi, a diverse distanze della

sorgente e per diverse energie dei fotoni sono mostrati nei grafici di Figura 38 , 39 e 40.

Page 39: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

39

Figura 38 Flusso misurato in funzione della corrente di elettroni, a 30 cm dalla sorgente e per diverse energie dei fotoni.

Figura 39 Flusso misurato in funzione della corrente di elettroni, a 60 cm dalla sorgente e per diverse energie dei fotoni.

0.00E+00

1.00E+07

2.00E+07

3.00E+07

4.00E+07

5.00E+07

6.00E+07

0 50 100 150 200 250

Mea

sure

d F

lux

[1/c

m2*

s]

X-ray current [uA]

X-ray flux @ 30cm

15 kV 20 kV 30 kV 50 kV

0.00E+00

2.00E+06

4.00E+06

6.00E+06

8.00E+06

1.00E+07

1.20E+07

1.40E+07

1.60E+07

0 50 100 150 200 250

Flu

x [1

/cm

2*s

X-ray current [uA]

X-ray @ 60cm

15 kV 20kV 30kV 50kV

Page 40: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

40

Figura 40 Flusso misurato in funzione della corrente di elettroni, a 90 cm dalla sorgente e per diverse energie dei fotoni.

3.4.3 Collimatori e filtri

Il Mini-X è provvisto di due collimatori di ottone, con foro di diametro pari a 1

mm l’uno, di 2 mm l’altro. È inoltre presente un tappo di ottone di sicurezza che riduce

il flusso di fotoni uscente di 25 µSv/h a distanza di 5 cm, qualora acceso Dal collimatore

di 2 mm il cono di raggi X fuoriuscente ha un’apertura di circa 5°.

I filtri in alluminio sono usati per impedire il passaggio dei fotoni poco energetici,

riducendo in tal modo il rumore e per filtrare le linee caratteristiche della targhetta.

L’uso dei filtri riduce l’intensità del fascio, pertanto per ottenere lo stesso effetto è

necessario aumentare la corrente degli elettroni incidenti.

3.4.4 Software di controllo

In Figura 41 è riportata la schermata del software di controllo, l’Amptek Mini-X

Controller.

0.00E+00

1.00E+06

2.00E+06

3.00E+06

4.00E+06

5.00E+06

6.00E+06

7.00E+06

8.00E+06

0 50 100 150 200 250

Flu

x [1

/cm

2s]

X-ray current [uA]

X-ray @ 90cm

15kV 20kV 30kV 50kV

Page 41: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

41

Figura 41 Pannello di controllo del generatore a raggi X.

Dal software è possibile regolare i valori di tensione (kV) e corrente (µA) per impostare

l’energia e l’intensità del fascio degli elettroni che producono i raggi X: non è, tuttavia,

possibile superare i valori di 50 kVper la tensione e di 200 µA per la corrente e, inoltre,

tali valori devono essere impostati in modo che il punto nel grafico corrente verso

tensione appartenga alla curva di isopotenza mostrata in Figura 42 [12].

Figura 42 Curva di isopotenza.

Una delle misure effettuate durante il lavoro di tesi è consistito nell’effettuare misure di

guadagno e di rate del rivelatore al variare dell’intensità e dell’energia del fascio di

raggi X e al variare della distanza del generatore dal rivelatore. In particolare, usando un

collimatore da 2 mm, il cono di apertura dei raggi X è di circa 5° [12]. Aumentando la

Page 42: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

42

distanza della sorgente dei raggi X l’intensità del fascio diminuisce, come ci si aspetta

dal momento che l’intensità di un’onda elettromagnetica diminuisce come 1/𝑟2. Infatti,

poiché aumenta la superficie sulla quale i fotoni si distribuiscono, un numero

notevolmente inferiore di fotoni riesce a entrare nella finestra della TPG, la cui area è

naturalmente la stessa, nel caso tale area, a distanze sufficientemente grandi, sia

inferiore all’area illuminata dal fascio.

3.5 Elettronica di lettura

3.5.1 Elettronica di Front End

La lettura del segnale proveniente dalla TPG è stata effettuata mediante un

circuito elettronico di Front End, basato su un innovativo circuito integrato ASIC

(Application Specific Integrated Circuit) detto GASTONE (Gem Amplifier Shaper

Tracking On Events), installato sul rivelatore centrale dell’apparato KLOE, presso

l’acceleratore DAFNE ai Laboratori Nazionali di Frascati, per lo studio della fisica del

𝐾0[15].

L’ASIC si compone di una parte analogica e di una digitale: la prima, detta very near

front end (dal momento che è la componente direttamente connessa con il rilevatore), è

costituita da uno stadio di amplificazione di carica seguito da uno stadio di formazione

del segnale (shaper); la seconda ha la funzione di discriminare e memorizzare i segnali

e di trasmetterne le informazioni (la posizione della strip colpita) al sistema di trigger

dell’esperimento e, in ultimo, al sistema di acquisizione finale. Nel lavoro di tesi si è

fatto uso unicamente della componente analogica di GASTONE, poiché grazie alla

discriminazione effettuata sull’analisi della carica, si sono potute misurare le rate del

rivelatore in funzione delle tensioni applicate, misure descritte nel Capitolo 4.

Le caratteristiche più importanti della versione analogica di GASTONE sono riportate

nella Tabella 1.

Numero Canali 32

Charge sensitivity 18 mV/fC (Cdet = 1 pF)

Peaking Time 80 ns (@Cdet = 1 pF)

Crosstalk < 3%

ENC 800 e + 40 e/pF

Power Consumption 6 mW/Ch

Input Impedance 120

Technology CMOS mista analogico-digitale da 0.35 m Tabella 1 Caratteristiche di GASTONE.

Il parametro forse più importante è il valore della sensitività alla carica che è di circa

18 mV/fC lineare su di un range dinamico di carica (da 0 a 60 fC).

Page 43: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

43

In Figura 43 è riportata l’immagine degli impulsi di uscita da un canale di Front End,

per un valore predefinito del guadagno della camera.

Figura 43 Impulsi generati dagli eventi di ionizzazione, per un fissato guadagno.

L’elettronica finale di Front-End, integrata nell’ASIC [14], è un’implementazione più

elaborata della precedente utilizzata per le sole misure di rate. Essa infatti è costituita da

un pre-amplificatore di carica e da uno shaper con una sensitività complessiva di 25

mV/fC di carica in ingresso e con una dinamica lineare da 0 a 100 fC. Inoltre integrato

nell’ASIC è presente un discriminatore leading edge il cui valore di soglia viene

precaricato in un DAC da 10 bit. Il valore di picco dell’impulso di tensione fornito in

uscita dal pre-amplificatore di carica, viene formato ulteriormente con un tempo di

salita tipico di 100ns da un circuito formatore (shaper) e mantenuto in un circuito peak

detector per un tempo prefissato prima di ogni acquisizione, per poi essere elaborato da

un ADC da 8 bit, che fornisce in uscita il corrispondente valore digitale. I 32 valori

digitali corrispondenti ai valori letti sui canali di ingresso di ogni ASIC, sono quindi

mantenuti all’interno di un banco di memoria, per poi essere multiplexati sulla linea di

uscita di lettura e trasmessi all’elettronica di back-end progettata ad-hoc in un modulo

VME denominato MOSAIC [14], letto infine dal sistema di acquisizione dati (DAQ). In

una versione successiva della scheda di acquisizione, il sistema sarà in grado di leggere

oltreché la carica, anche il tempo intercorso tra un segnale di riferimento, usato come

trigger e il tempo di arrivo della carica stessa sul piano di readout, in questo modo

saremo in grado di stabilire, con una precisione di 1 ns la coordinata z dell’evento,

consentendo di avere l’esatta posizione nello spazio del punto di conversione del

fotoelettrone.

Page 44: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

44

3.5.2 Misure di guadagno

Le misure di guadagno del rivelatore sono state effettuate misurando la corrente

di buio 𝐼𝑜𝑓𝑓, ovvero la corrente di rumore, registrata a sorgente spenta, e la corrente 𝐼𝑜𝑛

misurata in presenza del fascio di raggi X. Il guadagno è stato ottenuto come rapporto

fra le corrente raccolta sul piano anodico e la corrente stimata nella regione di deriva

(sottraendo a entrambi la corrente di buio misurata), al variare della tensione di

alimentazione dei piani GEM, avendo fissato i valori dei campi elettrici:

𝐺 =𝐼𝑜𝑛 − 𝐼𝑜𝑓𝑓

𝐼𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑎 − 𝐼𝑜𝑓𝑓

Per la misura delle correnti si è fatto uso di un picoamperometro, mod. 6487 della

Keithley (l’ordine di grandezza della corrente di buio è, appunto, del 𝑝𝐴), direttamente

collegato con l’elettronica di front end (la corrente viene misurata sul piano anodico di

lettura della TPG, attraverso un connettore che raccoglie il segnale di carica sulle 64 pad

di lettura del piano anodico). Il picoamperometro era in comunicazione con il computer,

mediante un software in LabView, il cui pannello di controllo è riportato in Figura 44.

Figura 44 Pannello di controllo del software in LabView, per la misura della corrente assorbita dalla TPG.

Quando viene avviato, il programma è impostato per acquisire 10 misure della stessa

corrente, effettuarne la media aritmetica (l’errore sulle misure è uguale per tutte) e

registrarne il valore nel campo contrassegnato dalla espressione Mean Current. Nel

pannello è, inoltre, presente un grafico che riporta in ascissa il numero della misura

effettuata e in ordinata il valore della corrente corrispondente.

Page 45: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

3. Il laboratorio di misura: il setup sperimentale

45

3.5.3 Misure di rate

Le misure di rate sono invece state effettuate usando dei moduli NIM. Sono stati

prelevati i segnali provenienti da 32 canali del circuito di front end e successivamente

inviati a un discriminatore di ampiezze. Ogni discriminatore riceve in ingresso un

segnale analogico e restituisce in uscita un segnale digitale di ampiezza pari a 800 mV e

durata prefissata a 200 ns solo se il segnale in ingresso ha ampiezza superiore a una

certa soglia impostata, che nel nostro caso è stata scelta a circa 30 mV. Nel caso in

questione, è stato effettuato un OR dei 32 segnali discriminati generando, infine, un

segnale digitale se almeno uno degli ingressi superava la soglia comune impostata. Tale

segnale di uscita veniva poi inviato a un modulo di conteggi, lo scaler, impostato in

modalità timer: il modulo eseguiva conteggi di eventi in una finestra temporale data (nel

nostro caso, l’intervallo di tempo era impostato a 10 s). La rate è stata ottenuta come

rapporto tra differenza del numero di conteggi effettuati a sorgente accesa e numero di

conteggi di fondo (a sorgente spenta) e l’intervallo di tempo impostato.

In Figura 45 è mostrata una foto del set-up sperimentale, in cui sono riconoscibili, il

generatore di raggi X e la TPG con il cavo piatto di interconnessione dell’elettronica di

lettura al sistema di acquisizione.

Figura 45 Set-up sperimentale. Sono visibili il rivelatore TPG con i tubi di alimentazione del gas, in giallo, il cavo

piatto per la lettura del Front-End e il cannoncino di raggi X utilizzato per le misure di test.

Page 46: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

46

Capitolo 4

Misure sperimentali sulla TPG

4.1 Scelta dei valori dei campi elettrici

Si è visto nel Capitolo 2 che i valori dei campi elettici nelle gap che

compongono il rivelatore influenzano notevolmente le prestazioni del rivelatore stesso.

Tali valori sono perciò stati scelti in base allo scopo del detector. Nel nostro caso, esso

deve possedere un’elevata risoluzione spaziale e quindi devono essere limitati i

fenomeni di diffusione trasversale della carica. Dal grafico di Figura 21 del Capitolo 2,

si evince che tali fenomeni sono maggiormente contenuti per valori del campo di deriva

compresi tra 0.2 kV/cm e 0.4 kV/cm, nel caso delle miscele in esame (diverse

percentuali della miscela Ar/CO2). Le misure di guadagno e di rate sono quindi state

effettuate variando il campo di deriva da un valore minimo di 0.2 kV/cm, fino al valore

0.3 kV/cm (per entrambe le miscele studiate, 70/30 e 80/20, l’efficienza migliore si

ottiene in corrispondenza di 𝐸𝑑 = 0.3 kV/cm).

I campi di trasferimento influiscono sull’efficienza di infilaggio e di estrazione nei fori

delle GEM. I valori di compromesso si ottengono per campi compresi tra 2÷5 kV/cm

[5]. Il software di controllo di HVGEM non consente tuttavia di superare il valore di

4 kV/cm e, quindi, le misure di guadagno e di rate sono state effettuate in

corrispondenza di 2 kV/cm, 3 kV/cm e 4 kV/cm per i campi di trasferimento.

Per quanto riguarda il campo di induzione, il suo valore è stato fissato a 2.1 kV/cm, e gli

effetti sul guadagno dovuti alla sua variazione non è stato oggetto di studio di questa

tesi.

4.2 Misura di guadagno con il metodo delle correnti

Come già detto nel Capitolo 2, il guadagno intrinseco del rivelatore è legato alla

somma delle tensioni sulle GEM mediante la seguente relazione

𝐺𝑖𝑛𝑡 ∝ 𝑒 ∑ 𝑉𝐺𝐸𝑀

Page 47: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

47

dove è un coefficiente legato al primo coefficiente di Townsend, mediato sul

cammino libero medio dell’elettrone all’interno del foro e dipendente dalla miscela del

gas oltre che dal campo elettrico. Il guadagno efficace del rivelatore è minore di quello

intrinseco ed è dato dalla seguente relazione

𝐺𝑒𝑓𝑓 = 𝜖𝑖𝑛𝑓𝑖𝑙𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝐺𝑖𝑛𝑡𝑟𝜖𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

Il guadagno efficace è stato misurato attraverso il metodo delle correnti, presentato

brevemente nel Capitolo 3. Fissati i valori dei campi nelle varie regioni, l’energia e

l’intensità del fascio di raggi X, si è variata la somma delle tensioni sulle GEM,

𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡, a step di 30 V, a partire da 900 V fino a raggiungere 1170 V. Le tensioni sono

state distribuite tra le regioni di moltiplicazione in modo che la prima si trovasse a

potenziale più elevato della seconda e la seconda della terza, per i motivi già discussi

nel Capitolo 2. Per ogni valore di 𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡, sono state misurate la corrente di buio 𝐼𝑜𝑓𝑓 e

la corrente in presenza della sorgente 𝐼𝑜𝑛. Il guadagno efficace in corrispondenza di

ciascun valore di 𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡 si ottiene dalla seguente relazione

𝐺𝑒𝑓𝑓 =𝐼𝑜𝑛 − 𝐼𝑜𝑓𝑓

𝐼𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑎 − 𝐼𝑜𝑓𝑓

dove 𝐼𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑎 rappresenta la corrente associata alla carica formata nella regione di

deriva, prima che gli elettroni subiscano la moltiplicazione. Essa dipende dal numero di

fotoni interagenti con le molecole del gas, dall’energia dei fotoni e dalla composizione

della miscela ed è stata stimata nel modo seguente:

un fotone di energia 𝐸𝑥 interagisce con le molecole del gas ionizzandole; l’elettrone

prodotto ha sufficiente energia per ionizzare altre molecole producendo elettroni

secondari. È possibile stimare il numero medio 𝑛 di elettroni prodotti a seguito di

un’interazione con un solo fotone dalla seguente relazione

𝑛 = 𝐸𝑥 (𝑋𝐴𝑟

𝑊𝐴𝑟+

𝑋𝐶𝑂2

𝑊𝐶𝑂2

)

dove 𝑋𝐴𝑟 e 𝑋𝐶𝑂2 le frazioni di argon e anidride carbonica che compongono la miscela. 𝑛

dipende, oltre che dall’energia del fotone, dal potenziale di ionizzazione medio delle

molecole della miscela del gas (𝑊𝐴𝑟 e 𝑊𝐶𝑂2). Noto il flusso di fotoni incidenti sul

rivelatore e nota la frazione di fotoni interagenti al secondo (tali valori sono stati

ottenuti dalla misure di flusso, presentate nel paragrafo 4.3.1), è possibile stimare la

corrente totale prodotta nella regione di deriva moltiplicando il numero di fotoni che

interagiscono al secondo per la carica prodotta da un singolo fotone.

𝐼𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑎 =#𝑓𝑜𝑡𝑜𝑛𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒𝑛𝑡𝑖

𝑠× 𝑛 × 𝑒

Page 48: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

48

con 𝑒 carica dell’elettrone.

Questo stesso procedimento è stato ripetuto in corrispondenza di ogni valore del campo

di deriva e di trasferimento e per ogni miscela di gas.

4.2.1 Presentazione qualitativa dei risultati

Nel grafico di Figura 46, è mostrato l’andamento del guadagno per valori di 30

kV di tensione sul tubo, 130 µA come intensità del fascio di raggi X, collimatore da 2

mm, al variare della tensione sulle GEM e della distanza della sorgente dalla TPG.

Figura 46 Guadagno in funzione della tensione totale sulle GEM, per una miscela di Ar/CO2 (70/30), a diverse distanze della sorgente. Il generatore di raggi X ha funzionato con una tensione al filamento di 30KV e con una corrente di 130 µA

Le curve di guadagno corrispondenti a diverse distanze dalla sorgente si sovrappongono

entro gli errori sperimentali: il guadagno è, infatti, per definizione indipendente

dall’intensità del fascio incidente.

Le stesse misure sono state effettuate in corrispondenza degli stessi valori del campo di

deriva, a 30 cm di distanza della sorgente, con una miscela a 70/30 di Ar/CO2, con

un’intensità del fascio di raggi X di 5 µA. I risultati sono riportati in Figura 47, nella

quale si osserva che a parità dei campi di moltiplicazione, il guadagno aumenta

all’aumentare del campo di trasferimento, dal momento che da questi dipende

l’efficienza di infilaggio e di estrazione degli elettroni: infatti, le rette si mantengono

pressoché parallele tra di loro, ma hanno una diversa intercetta all’origine, che, come si

vedrà nel paragrafo 4.2.2, è legata all’efficienza.

Page 49: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

49

In Figura 47 è mostrato l’andamento del guadagno per diversi campi di trasferimento

per una miscela di Ar/CO2 (70/30).

Figura 47 Guadagno in funzione della tensione totale sulle GEM, per la miscela di Ar/CO2 a (70:30), a distanza della sorgente fissata a Xd=30 cm e per un valore del campo di deriva fissato a 0.3 kV/cm. Le tre curve corrispondono a tre valori distinti dei campi di trasferimento. Queste curve sono state ottenute in corrispondenza di un valore di 𝟓 𝝁𝑨.

In Figura 48 e 49 sono mostrati i guadagni relativi a diversi campi di trasferimento e di

deriva e per una miscela di Ar/CO2 (80/20), avente una concentrazione maggiore di

argon.

Page 50: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

50

Figura 48 Guadagno in funzione delle tensioni totali sulle GEM, per la miscela di Ar/CO2 (80:20), a distanza della sorgente fissata a 30 cm e per un campo di deriva pari a 0,3 kV/cm, ottenute per un valore di intensità del fascio pari a 5 µA. Le cinque curve corrispondono a cinque diversi valori del campo di trasferimento.

Figura 49 Guadagno in funzione delle tensioni totali sulle GEM, per la miscela di Ar/CO2 (80:20), a distanza della sorgente fissata a 30 cm e per un campo di deriva pari a 0,2 kV/cm, ottenute per un valore di intensità del fascio pari a 5 µA. Le cinque curve corrispondono a cinque diversi valori del campo di trasferimento.

In presenza di una miscela con una più alta concentrazione di argon, si raggiungono

guadagni più elevati. Infatti, l’energia media richiesta dall’argon per produrre una

Page 51: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

51

coppia (circa 26 eV) è minore di quella richiesta dall’anidride carbonica (circa 33 eV) e

questo consente la produzione di un maggior numero di elettroni. Come si vede, anche

in questo caso, i guadagni aumentano con i campi di trasferimento.

Infine, per confronto, è riportato in Figura 50 il grafico per una miscela di Ar/CO2

(90/10), avente una concentrazione di argon ancora maggiore. Lo studio di questa

miscela non è stato ulteriormente approfondito.

Figura 50 Guadagno in funzione della somma delle tensioni sulle GEM, per la miscela Ar/CO2 (90/10), in corrispondenza di un campo di deriva pari a 0,3 kV/cm, a distanza di 30 cm dalla sorgente e per un fascio di intensità pari a 5 µA. Le curve sono state ottenute in corrispondenza di diversi valori del campo di trasferimento.

In Figura 51 è presentato il grafico del guadagno in funzione dei campi di trasferimento,

per la miscela 80/20 di Ar/CO2, in corrispondenza di Ed = 0.3 kV/cm.

Page 52: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

52

Figura 51 Guadagno in funzione dei campi di trasferimento, per la miscela Ar/CO2 (80/20), in corrispondenza del campo di deriva pari a 0.3 kV/cm, a distanza di 30 cm della sorgente e per un fascio di intensità pari a 5 µA. Le curve sono state ottenute in corrispondenza di tre diversi valori delle tensioni sulle GEM.

Le curve nel grafico, in scala semilogaritmica, hanno un andamento rettilineo a un

livello di significatività del 10 %. L’accordo aumenta se si riduce il fit lineare ai primi

tre punti sperimentali: oltre un valore del campo di trasferimento pari a 3 kV/cm, la

camera perde di proporzionalità.

Alle correnti 𝐼𝑜𝑛 e 𝐼𝑜𝑓𝑓 misurate sperimentalmente è stato attribuito errore pari alla

sensibilità dello strumento usato. L’errore sulla corrente stimata 𝐼𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑎 deve un

contributo all’errore sulla stima del numero di elettroni prodotti per interazione con un

singolo fotone e all’errore sulla frazione di fotoni interagenti al secondo. Il primo risulta

essere particolarmente grande (circa del 39 %), poiché la distribuzione delle energie dei

raggi X incidenti è molto piatta (Figura del Capitolo 3). L’errore sul guadagno è stato

infine ottenuto dalla propagazione degli errori massimi e risulta essere di circa il 50 %.

4.2.2 Primo coefficiente di Townsend

Le curve mostrate nelle figure 47, 48, 49 e 50 mostrano un andamento rettilineo,

con un livello di significatività pari allo 0.5 %. I grafici sono in scala semilogaritmica:

in ordinata è riportato il logaritmo naturale del guadagno (come rapporto di correnti) e

in ascissa sono riportate le somme delle tensioni sulle GEM. La funzione rappresentata

è la seguente

ln 𝐺𝑒𝑓𝑓 = 𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡 + ln(𝜖𝑖𝑛𝑓𝑖𝑙𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝜖𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒)

Page 53: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

53

e, come si vede, esprime una relazione lineare tra 𝑙𝑛 𝐺𝑒𝑓𝑓 e 𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡. Il coefficiente

angolare è legato al primo coefficiente di Townsend, mentre l’ordinata all’origine è

ln(𝜖𝑖𝑛𝑓𝑖𝑙𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝜖𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒). Dai parametri della retta di best fit è possibile ottenere il

valore di e, quindi, informazioni sul primo coefficiente di Townsend ⟨𝛼⟩. I valori dei

coefficienti ottenuti in corrispondenza di diversi valori dei campi di trasferimento

sono uguali fra loro entro 1σ. È stata quindi effettuata una media pesata sull’inverso

delle varianze, per ottenere il coefficiente per le due miscele.

𝑋𝑟𝑎𝑦(30 𝑘𝑉, 5 𝜇𝐴), 𝑑 = 30 𝑐𝑚, 𝐸𝑑 = 0.3 𝑘𝑉/𝑐𝑚

Miscela Ar/CO2 (𝑉−1)

80/20 (1.73±0.09)x10-2

70/30 (1.46±0.11)x10-2 Tabella 2

È noto che il guadagno è legato al primo coefficiente di Townsend ⟨𝛼⟩ dalla relazione

𝐺 = 𝑒⟨𝛼⟩𝑥. Per una TPG, il guadagno è dato anche da 𝐺 = 𝑒𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡; uguagliando le

due precedenti, si ottiene

⟨𝛼⟩ =

𝑥𝑉𝑔𝑒𝑚𝑇𝑜𝑡

dove con 𝑥 si indica la somma delle dimensioni delle tre regioni di moltiplicazione,

ciascuna fissata a 60 µm (Capitolo 2) e la relazione tra primo coefficiente di Townsend

e la tensione totale applicata ai piani di GEM è lineare. Nel grafico di Figura 52 è

riportato l’andamento di ⟨𝛼⟩ al variare della tensione di moltiplicazione, per le miscele a

80/20 e 70/30 di Ar/CO2.

Figura 52 Primo coefficiente di Townsend al variare della tensione totale applicata alle GEM, per le due miscele di Ar/CO2 80/20 e 70/30.

Page 54: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

54

Il primo coefficiente di Townsend fornisce una stima della probabilità di ionizzazione

per unità di lunghezza. Il numero di elettroni prodotti nella regione di moltiplicazione

non può superare il limite di Raether, 𝛼𝑥 < 20. Per entrambe le miscele, questo limite è

rispettato.

4.3 Misure di rate

Per la misura delle rate, si è proceduto come già descritto nel Capitolo 3. Lo

scaler impostato in modalità timer effettuava conteggi di eventi in una finestra

temporale di 10 s. I conteggi sono stati effettuati in corrispondenza di ogni valore della

somma delle tensioni sulle GEM (aumentata a step di 30 V nelle stesse modalità e

precauzioni descritte nel paragrafo 4.2), una volta fissati i valori dei campi elettrici nelle

varie regioni e la soglia del discriminatore a 30 mV. Si sono dapprima effettuate misure

di conteggi dovuti agli eventi di rumore, a sorgente spenta, e successivamente i conteggi

a sorgente attiva. La rate è stata ottenuta come rapporto tra la differenza fra il numero

medio di conteggi con la sorgente in funzione (si sono effettuate tre misure per ogni

valore di tensione impostata) e il numero di conteggi di fondo e l’intervallo temporale in

cui sono state effettuate le misure.

Nelle figure 53 e 54 sono riportati i grafici delle rate in funzione delle tensioni, in

corrispondenza di tre diversi valori del campo di trasferimento e per due miscele

diverse.

Figura 53 Rate in funzione della tensione totale sulle GEM, per la miscela 70/30 di Ar/CO2, in corrispondenza di tre diversi valori del campo di trasferimento. Le misure sono state ottenute per un valore del campo di deriva pari a 0.3 kV/cm, con un fascio d’intensità pari a 5 uA e distante 30 cm dal rivelatore.

Page 55: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

55

Figura 54 Rate in funzione della tensione totale sulle GEM, per la miscela 80/20 di Ar/CO2, in corrispondenza di tre diversi valori del campo di trasferimento. Le misure sono state ottenute per un valore del campo di deriva pari a 0.3 kV/cm, con un fascio d’intensità pari a 5 µA e distante 30 cm dal rivelatore.

Le rate, a parità di tensione, aumentano all’aumentare dei campi di trasferimento, come

è visibile da entrambi i grafici per le due miscele. Per valori elevati di tensione, le curve

tendono a saturare attorno a un valore costante del guadagno: ciò è indicativo del fatto

che la massima efficienza viene raggiunta in corrispondenza di alti valori del campo di

moltiplicazione, dal momento che, pur aumentando la tensione sulle GEM, la rate

rimane costante.

Per confronto, sono riportati nel grafico di figura 55 le curve delle rate per le due

diverse miscele.

Page 56: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

56

Figura 55 Rate in funzione delle tensioni applicate alle GEM, per le due miscele studiate.

La miscela a 70/30 di Ar/CO2 presenta un comportamento migliore rispetto a quella a

80/20: essa raggiunge il plateau già a tensioni di 1050 V e si mantiene costante entro il

range di tensioni studiato; la curva a 80/20 non raggiunge un plateau e la rate tende ad

aumentare con la tensione. Questo è dovuto al fatto che una miscela povera di anidride

carbonica non riesce a quenchare a sufficienza e le diseccitazioni o le ricombinazioni

dell’argon (attraverso emissione di fotone) producono eventi di rumore che vengono

registrati dalla camera.

Alle misure di rate è stato attribuito errore pari alla deviazione standard, ottenuta dalle

tre misure di rate effettuate. L’errore percentuale risulta molto piccolo e le barre di

errore sui grafici non sono visibili.

4.3.1 Trasparenza del rivelatore

Come spiegato nel Capitolo 3, attraverso un dosimetro, è stato misurato il flusso

della sorgente di raggi X, come funzione dell’intensità della corrente di elettroni. Il

flusso è definito come quantità di fotoni che nell’unità di tempo attraversa l’unità di

superficie posta perpendicolarmente alla direzione del fascio. Le misure dell’intensità

del fascio hanno portato i risultati mostrati in figura 56.

Page 57: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

57

Figura 56 Dose e flusso di fotoni in funzione della corrente di elettroni. Le misure sono state effettuate sull’asse in uscita al generatore e a una distanza di 30 cm.

Dalle misure di flusso effettuate, è stato possibile ottenere il flusso entrante nella TPG

in corrispondenza di un valore dell’intensità di corrente pari a 5 µA. Dividendo la rate

per il numero di fotoni entranti al secondo nella camera, si ottiene una stima della

sensitività della camera, cioè della frazione di fotoni che hanno interagito con il gas nel

volume di deriva. Nei grafici di figura 57 e 58, è riportato l’andamento della sensitività

al variare della tensione di alimentazione delle GEM, per le due miscele studiate.

Figura 57 Sensitività per una miscela 70/30 di Ar/CO2 e per diversi valori del campo di trasferimento.

0

10000000

20000000

30000000

40000000

50000000

60000000

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

0 50 100 150

[ph

oto

ns/

cm2*

s]

Do

se r

ate

[uSv

/min

]

X-ray current [uA]

30cm 30kV

30cm 50kV

flux 30kV

flux 50kV

Page 58: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

4. Misure sperimentali sulla TPG

58

Figura 58 Sensitività per una miscela 80/20 di Ar/CO2 e per diversi valori del campo di trasferimento.

Dai grafici si evince che in condizioni di massima efficienza (ad alti campi di

moltiplicazione), l’attenuazione subita dal fascio incidente è minore del 4%, per la

miscela a 80/20 e del 2% per quella a 70/30. Questo è coerente con le ipotesi di

trasparenza del rivelatore.

Page 59: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

59

Conclusioni

I risultati ottenuti trovano un buon accordo con le previsioni teoriche. In particolare,

è stato verificato che

1. i guadagni aumentano all’aumentare del campo di trasferimento che influisce

sulle efficienze di infilaggio e di estrazione degli elettroni all’interno delle

regioni di moltiplicazione (i fori delle GEM). Il valore ottimale è pari a 4 kV/cm

per la miscela a 70/30, a 3 kV/cm per quella a 80/20.

2. Le curve dei guadagni sono da considerarsi esponenziali con un accordo

migliore dell’1%.

3. Le misure di rate hanno messo in luce che il rivelatore lavora in massima

efficienza in corrispondenza di alti valori dei campi di moltiplicazione e per la

miscela a 70/30. La miscela a 80/20 è risultata troppo carica di argon.

4. Il coefficiente di Townsend varia, per entrambe le miscele studiate, al variare del

campo di moltiplicazione, con un andamento supposto lineare.

5. Attraverso le misure di rate è stato possibile verificare la trasparenza del

rivelatore a un fascio di raggi X.

Un’ulteriore caratterizzazione sarebbe stata possibile se si fossero effettuate misure al

variare del campo di deriva 𝐸𝑖, dal quale dipende la raccolta efficiente della carica sul

piano di lettura anodico. Le misure effettuate hanno evidenziato che miscele troppo

cariche di argon non raggiungono l’efficienza e che, al contrario, uno studio di una

miscela 60/40 potrebbe essere interessante. In ogni caso, è possibile approfondire

ulteriormente lo studio di questo rivelatore e, in particolare, verificarne le ottime

proprietà di risoluzione spaziale che consentono una precisa ricostruzione del percorso

del fascio all’interno della regione di deriva e che lo rendono un buon monitoring di

fascio per applicazioni adroterapiche.

Page 60: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

60

Riferimenti bibliografici

[1] J. Bellonch et al., Nucl. Inst. and Meth. A 419 (1988) 410

[2] J. Bellonch et al., Development of the gas electron multiplier (GEM), CERN-PPE/

97-146

[3] Sauli, Charge amplification and transfer process in the gas electron multiplier, Nucl.

Instr. And Meth. A 438 (1999) 377

[4] R.A. Intonti, Tesi di dottorato,

[5] M. Poli Lener, Tesi di laurea in Fisica, Studio e sviluppo di un rivelatore a GEM per

la zona centrale delle camere a muoni di LHCb

[6] M. Poli Lener, Tesi di dottorato in Fisica, Triple-GEM detectors for the innermost

region of the muon apparatus at the LHCb experiment

[7] M. Poli Lener, TPG activity at LNF

[8] F. Sauli, Yellow Report CERN 77-09, 1977

[9] Review of Particle Physics

[10] J. Merlin, “Study of long-term sustained operation of a gaseous detectors for the

high rate environment in CMS”, Thesis (2016)

[11] Gem Monitor 2012, User Manual, INFN-LNF

[12] Amptek Mini X User Manual Rev C2

[13] A beam monitor based on MPGD detector for hadron therapy

[14] F. Ciciriello, et.al., “A new front-end ASIC for GEM detectors with time and

charge measurement capabilities” NIM A (2016)

[15]A. Balla, et.al., “GASTONE: A new ASIC for the cylindrical GEM inner tracker of

KLOE experiment at DAFNE”, NIM A (2009), 23-25

Page 61: Introduzione 1 Introduzione Il lavoro di tesi è consistito nello studio dei rivelatori a GEM (nel dettaglio, una TPG) e dei parametri che ne influenzano le prestazioni.

61

Ringraziamenti

Ora non resta che ringraziare tutti quelli che durante questo lavoro di tesi e, più in

generale, in questi anni, mi sono stati vicini, aiutandomi e sostenendomi.

In primo luogo, i più sinceri ringraziamenti vanno al mio relatore, il Dott. Antonio

Ranieri, per la sua costante disponibilità e l’impegno con cui mi ha seguita in questi

mesi.

Un immenso grazie va al mio controrelatore, il prof. Salvatore Nuzzo, che mi ha

introdotto al mondo dei rivelatori, e con pazienza ed estrema accuratezza, ha corretto i

miei errori.

La mia famiglia, mamma e papà e le mie sorelle, mi sono stati accanto e mi hanno

sopportato in questi periodi difficili: i ringraziamenti per voi non saranno mai

abbastanza. Senza il vostro sostegno e il vostro amore, questo giorno non sarebbe mai

arrivato.

Un grazie di cuore va a tutti i miei amici, quelli con cui ho condiviso le esperienze più

belle in questi anni, ho affrontato le sfide più difficili e che oggi sono qui insieme a me:

Sara e Angela, che mi hanno consolato, sostenuto, incoraggiato, motivato e fatto ridere

come solo loro sanno fare; Fausto, per i confronti costruttivi e gli studi matti e disperati

degli ultimi giorni; la dolce Ilaria, per la sua energia e simpatia fuori dal comune; Clelia,

l’amica di sempre, quella che sa tutto di me e mi sopporta da sempre; Lucrezia e

Veronica, per il sostegno e l’allegria che hanno portato in casa; e poi Doc, Vinc, Zif,

Davide, Gran per la loro infinita gentilezza e disponibilità. Grazie a tutti voi, non ce

l’avrei mai fatta da sola

E poi, per te non ci sono parole, mi sei stato accanto in ogni momento, mi hai coccolato,

hai sopportato le mie lamentele, le mie ansie. Mi fai sentire amata, mi fai amare le

migliaia di cose belle che ci circondano. Questa conquista è di entrambi.