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1 Introduzione alla fisica La parola fisica deriva dalla parola greca ”physis” che significa natura. La fisica ` e appunto la scienza che studia i fenomeni naturali, cercando di risalire alle leggi che li governano e ai principi universali, da cui queste derivano. Il fisico ` e colui che non si limita ad osservare i fenomeni naturali, ma ` e colui che cerca di scoprire perch` e essi si verificano. Di fronte ad un cielo blu, o ad un grande arcobaleno, il fisico non si limita ad esclamare:”Che meraviglia”, ma cerca di scoprire perch` e il cielo ` e blu e perch` e si ` e formato l’ arcobaleno. La fisica si basa su un metodo scientifico, detto metodo sperimentale o metodo scientifico. Dalla parola stessa si puo’ comprendere che alla base di tale metodo st` a la sperimentazione. Secondo tale metodo ` e necessario prima di tutto osservare il fenomeno, poi formulate delle ipotesi sullo svolgimento dei fenomeni, confrontare queste ipotesi con i risultati di opportune misure quantitative. Come abbiamo visto in precedenza la fisica si occupa di studiare vari tipi di fenomeni. In particolare l’acustica studia i fenomeni legati al suono, l’ottica i fenomeni legati alla luce, al colore, alla visione, la meccanica il moto dei corpi, la fisica nucleare le piccole particelle. 2 Luce colore e visione 2.1 Nascita della luce ”Fiat lux”: sia fatta la luce, cos` ı disse il padreterno una volta creati cielo e terra, prima di accingersi a formare il resto dell’universo. ”Et lux facta est”: e la luce fu fatta. Dopo di che, constatato con qualche soddisfazione che la luce non era niente male, egli la separ` o dalle tenebre. Poi, come ci hanno raccontato, pass` o a creare il firmamento, le varie terre, i mari, le piante, gli animali e le altre meraviglie del cosmo. La luce, dunque, secondo la leggen- da, precedette ogni altra cosa, o quasi . D’altra parte, ` e lecito pensare che anche il creatore onnipotente, se avesse dovuto lavorare al buio, si sarebbe trovato in difficolt` a, data la complessit` a immane della macchina che si era prefisso di costruire. Quanto meno, avrebbe pestato la coda a una cometa o finito per rovesciare la Via Lattea. Questa, naturalmente, ` e la leggenda. Essa ` e stata motivo di fede per l’uomo attraverso i millenni, e fonte di ispi- razione per grandi artisti. Nella realt` a, sappiamo che esistono varie teorie per spiegare l’origine del mondo, ma che di nessuna possiamo essere certi. Se non altro, perch´ e la presenza dell’uomo nella storia dell’universo risale a tempi recentissimi. Siamo proprio gli ultimi venuti. Oggi, tra gli scienziati trova il maggior credito la famosa teoria del big bang, o grande botto iniziale. Una ventina di miliardi di anni fa, poco pi` u poco meno, tutta la materia del- l’universo sarebbe stata concentrata in un solo punto, costituendo un nucleo 1

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1 Introduzione alla fisica

La parola fisica deriva dalla parola greca ”physis” che significa natura. Lafisica e appunto la scienza che studia i fenomeni naturali, cercando di risalirealle leggi che li governano e ai principi universali, da cui queste derivano. Ilfisico e colui che non si limita ad osservare i fenomeni naturali, ma e coluiche cerca di scoprire perche essi si verificano. Di fronte ad un cielo blu, o adun grande arcobaleno, il fisico non si limita ad esclamare:”Che meraviglia”,ma cerca di scoprire perche il cielo e blu e perche si e formato l’ arcobaleno.La fisica si basa su un metodo scientifico, detto metodo sperimentale ometodo scientifico.Dalla parola stessa si puo’ comprendere che alla base di tale metodo sta lasperimentazione.Secondo tale metodo e necessario prima di tutto osservare il fenomeno, poiformulate delle ipotesi sullo svolgimento dei fenomeni, confrontare questeipotesi con i risultati di opportune misure quantitative.Come abbiamo visto in precedenza la fisica si occupa di studiare vari tipi difenomeni. In particolare l’acustica studia i fenomeni legati al suono, l’otticai fenomeni legati alla luce, al colore, alla visione, la meccanica il moto deicorpi, la fisica nucleare le piccole particelle.

2 Luce colore e visione

2.1 Nascita della luce

”Fiat lux”: sia fatta la luce, cosı disse il padreterno una volta creati cielo eterra, prima di accingersi a formare il resto dell’universo. ”Et lux facta est”:e la luce fu fatta. Dopo di che, constatato con qualche soddisfazione che laluce non era niente male, egli la separo dalle tenebre. Poi, come ci hannoraccontato, passo a creare il firmamento, le varie terre, i mari, le piante, glianimali e le altre meraviglie del cosmo. La luce, dunque, secondo la leggen-da, precedette ogni altra cosa, o quasi . D’altra parte, e lecito pensare cheanche il creatore onnipotente, se avesse dovuto lavorare al buio, si sarebbetrovato in difficolta, data la complessita immane della macchina che si eraprefisso di costruire. Quanto meno, avrebbe pestato la coda a una cometao finito per rovesciare la Via Lattea. Questa, naturalmente, e la leggenda.Essa e stata motivo di fede per l’uomo attraverso i millenni, e fonte di ispi-razione per grandi artisti. Nella realta, sappiamo che esistono varie teorieper spiegare l’origine del mondo, ma che di nessuna possiamo essere certi.Se non altro, perche la presenza dell’uomo nella storia dell’universo risale atempi recentissimi. Siamo proprio gli ultimi venuti. Oggi, tra gli scienziatitrova il maggior credito la famosa teoria del big bang, o grande botto iniziale.Una ventina di miliardi di anni fa, poco piu poco meno, tutta la materia del-l’universo sarebbe stata concentrata in un solo punto, costituendo un nucleo

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Figura 1: La separazione delle tenebre dalla luce

primordiale di enorme densita: quello che si potrebbe definire una speciedi uovo cosmico. L’uovo cosmico sarebbe esploso scagliando frammenti dimateria tutto intorno a se e da tali frammenti si sarebbero poi formate lestelle e le galassie. E questa un’ipotesi confermata dal fatto che l’universo,ancora oggi, appare in continua e rapida espansione, come mostrano, sen-za lasciare adito a dubbi, certi fenomeni osservati dagli astrofisici, come ilred shift da effetto Doppler. Ma per quanto solida e credibile, la teoria delbig bang va considerata pur sempre un’ipotesi, non bisogna dimenticarlo.Perche, sebbene un po’ di fantasia e di immaginazione in molti casi servanoad abbellire la vita, quando si viene a parlare di conoscenza, la nostra dig-nita di esseri raziocinanti ci impone di prendere per buono, in modo piuo meno definitivo, solo cio che possiamo verificare in maniera concreta eriproducibile. Ce lo ha insegnato per primo Galileo Galilei. E la nascitadell’universo e sicuramente uno di quegli esperimenti scientifici che l’uomonon sara mai in grado di riprodurre e guardare da vicino!

Ma comunque siano andate le cose, mano del creatore, big bang o al-tre mirabili diavolerıe, per quanto riguarda la comparsa della luce e difficileavere dubbi sul fatto che essa si sia manifestata nell’istante stesso in cui eesistita la materia, almeno quella che si presenta nelle forme a noi note. Nonsarebbe facile immaginare masse di materia in fase di evoluzione, corpi che sitrasformano, insomma processi fisici o chimici in atto, senza ammettere cheda essi venga sprigionata energia. Ne sarebbe sensato aspettarsi che tale en-

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ergia si accumuli indefinitamente sul corpo che l’ha generata, invece di essereirradiata in qualche modo attraverso lo spazio circostante. Prendiamo adesempio un semplice caso, quello di ma comune lampadina a incandescenza.A causa del passaggio della corrente elettrica, nel filamento viene dissipatadell’energia. E il cosiddetto effetto joule, dal nome del fisico inglese che

Figura 2: Lampadina

intorno alla meta dell’Ottocento stabilı i princıpi di trasformazione dell’en-ergia da una forma in un’altra. Se l’energia prodotta restasse sul filamento,la temperatura di quest’ultimo aumenterebbe rapidamente fino a farlo bru-ciare, il che avverrebbe nel giro di pochi istanti. Invece sappiamo che questonon accade. Una volta girato l’interruttore, il filamento in un attimo siscalda fino a raggiungere il cosiddetto calor bianco, ma a questo punto ilprocesso si arresta, perche l’energia generata fluisce di pari passo all’esternodella lampadina. E appunto cio che noi percepiamo come luce e calore. Laluce e dunque una forma di energia raggiante. Ma attenzione: quest’energıa,per uscire dalla lampadina, deve poter viaggiare anche attraverso il vuoto,giacche il bulbo di vetro viene sempre evacuato per proteggere il filamentodai fenomeni di ossidazione. Un discorso analogo vale per il Sole e per icorpi celesti, salvo che i processi che portano alla produzione di energia sononaturalmente di natura diversa dall’effetto Joule.Come se ne va quest’energia dal corpo che l’ha generata? Sembra logicopensare a qualche tipo di propagazione ondosa, come succede per il suonoche viaggia dalla sorgente all’ascoltatore tramite un moto, appunto di tipoondoso, delle particelle del mezzo ambiente (aria, acqua o materia solida).Ma nel caso della luce si badi bene, c’e una fondamentale differenza: le ondeluminose, a differenza di quelle sonore, devono essere capaci di propagarsianche nel vuoto, sia esso quello della lampadina o quello dello spazio inter-stellare. Ebbene, onde di questo tipo in effetti esistono: sono quelle che ıfisici chiamano, per la precisione, onde elettromagneticbe.

Spiegheremo meglio nel seguito cos’e un’onda elettromagnetica. Peradesso bastera dire che la luce cosiddetta visibile e appunto un particolare

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tipo di onda elettromagnetica. Altre specie di onde elettromagnetiche sonole onde radio, le microonde, il calore, i raggi X,e i raggi ultravioletti. Laluce si diversifica da queste per il fatto di essere percepita dall’occhio’umano.Essa infatti e capace di stimolare, arrivando sulla retina, impulsi o segnalinervosi che vengono trasmessi al cervello. Quest’ultimo li elabora e arrivaa ricostruire una perfetta e straordinaria immagine tridimensionale a coloridella realta che ci circonda. Se vogliamo, una specie di telecamera realizza-ta dalla natura stessa, ma quanto piu complessa e affascinante di quelle chel’uomo del Duemila riesce a costruire con gli ultimi ritrovati dell’elettronica!

2.2 Fascino e significato della luce

E’ narurale che questa presenza costante della luce in tutto cio che vive, sievolve, si trasforma, finisca per legare ad essa l’idea di attivita, di benessere,di esistenza stessa. Non e un caso che nel corso della storia il Sole, la piugrande sorgente di luce naturale e di energia vitale che all’uomo e dato diosservare da vicino, sia stato spesso adorato come un dio.

Oggi, nell’era dei computer e delle esplorazioni spaziali, del sole sappi-amo vita, morte e miracoli. Sappiamo, per esempio, che esso e solo unaminuscola capocchia di fiammifero ıncandescente spersa tra quella miriadedi torce fiammeggianti che sono le stelle. Il senso di mistero che accompagnagli oggetti del culto, e perduto, e il concetto del soprannaturale che l’uomoporta con se si e spostato verso divinita piu astratte e meno verificabili.Eppure non sono pochi quelli che al vecchio Sole amano attribuire ancoramiracolose doti curative dell’anima e del corpo. Chi di noi non prova lasensazione di sentirsi in forma dopo aver preso una buona tintarella? Lucee quindi anche sinonimo di felicita, sicurezza, fiducia. E naturalmente, perragioni ancora piu ovvie, di chiarezza, di comprensione, di intelligenza. Pen-sate ai tradizionali modi di dire: ”la luce eterna”, ”far luce su un mistero”,”ragionamento lucıdo”, ”mente illuminata”, ”personalita brillante”, ”voltosplendente”, ”sorriso luminoso”. E altri dello stesso genere. Cosı come ilbuio, l’oscurita, simbolizzano i concetti opposti: ”le tenebre dell’inferno”,”oscurantismo del medioevo”; e ancora: ”avere un’aria cupa o un aspettotetro”, ”vedere tutto nero”, ”avere un carattere ombroso”, ”significato os-curo”. Solo Victor Hugo espresse un concetto che sfugge a questa automat-ica identificazione tra luce, chiarezza e vita. Disse: ”Vedo una luce nera”,ma queste furono le sue ultime parole prima della morte. Un’eccezione, sevogliamo’ che conferma la regola. Anche noi, forse, giunti al momento dellaresa suprema, preferiremo aggrapparci all’idea bizzarra di una luce nera, diuna luce invisibile, piuttosto che ammettere che la vista, e con essa la vita,ci sta sfuggendo.

La luce ci infonde un confortevole senso di sicurezza perche ci permettedi muoverci nell’ambiente senza timori o incertezze. Essa ci da padronanzadelle cose, rivelandocde nelle loro forme, dimensioni e colori, consentendoci

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di valutarne posizione, distanza e movimento. La luce, dunque, ci mette incomunicazione col mondo esterno assai piu direttamente di ogni altro veicolodi informazione, quale il suono e le sensazioni tattili o olfattive. Essa e ilnostro strumento di indagine e di conoscenza piu ricco e completo. Nullae piu sconfortante, per usare ancora dei luoghi comuni, che muoversi allacieca o brancolare nel buio. Lo stesso padreterno, lo abbiamo visto nellanarrazione del Genesi, se ne era reso ben conto fin dal primo istante.

A parte gli usi naturali della luce, che hanno interessato gli uomini ditutte le epoche, la tecnologia moderna ci permette cose straordinarie. Peresempio di usare la luce, nella fattispecie fasci laser, per trasmettere dati,telefonate o segnali televisivi a grandi distanze. E gli scienziati studiano ecomprendono a fondo le proprieta della materia analizzando in laboratoriola sua capacita di trasmettere e riflettere la luce (o meglio le sue diversecomponenti cromatiche), ovvero di emetterla durante i processi di trasfor-mazione fisica o chimica cui la materia stessa e sottoposta. E una tecnica,questa, che si chiama spettroscopia e che puo impiegare anche tipi di ra-diazione elettromagnetica non necessariamente visibili, come i raggi X o leonde radio. E proprio con questa tecnica, esaminando le radiazioni che cigiungono dallo spazio cosmico, che si sono tratti gli elementi utili a ipotiz-zare la teoria del big bang. E per restare sulla Terra, e con la spettroscopiache si e capita l’intima costituzione degli atomi e delle molecole, o la merav-igliosa architettura dei cristalli e dei complessi sistemi che costituiscono lamateria organica.

Facciamo un semplice ma significativo esempio. Ogni sostanza, brucian-do, produce una fiamma che presenta colori caratteristici. Se una sostanza opiu sostanze sconosciute vengono immesse in una fiamma, bastera osservarela luce emessa con strumenti capaci di distinguere i vari colori separata-mente, per risalire alla natura e alla quantita delle sostanze presenti. Oggiqueste tecniche si mostrano di particolare interesse nello studio dell’inquina-mento, poiche consentono di trovare anche piccole tracce di contaminanti edi veleni presenti nell’aria, nell’acqua o nei terreni.

2.3 La visione umana

Se, da un lato, la scienza ha realizzato macchine e strumenti di grande per-fezione, che nell’ultimo secolo hanno permesso di spiegare i piu reconditisegreti della natura attraverso l’esame della luce che la materia e capacedi emettere o di assorbire, dall’altro lato e vero che lo strumento otticopiu straordinario e complesso a disposizione dell’uomo e nato con lui: l’oc-chio, naturalmente, insıeme a quella meravigliosa macchina che e il sistemanervoso e che presiede alla elaborazione dei dati che provengono dal nervoottico. Con la visione dell’occhio umano, si entra in una sfera di percezioniche sfuggono alla fredda e rigorosa obiettivita dei dati di osservazione, percoinvolgere sottili e spesso misteriosi comportamenti soggettivi ed esperien-

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ze personali o ancestrali. Percezioni che portano al di la dei dati sensoriali,dando all’immagine forme e significati piu vari e articolati.

Figura 3: Un effetto dovuto alla nostra abitudine alla terza dimensione: le3 ragazze sembrano di statura crescente da sinistra a destra

Figura 4: Un esempio di bistabilita della percezione visiva. Si contano 6 o 7cubi a seconda che si imma gini di guardare la figura dall’alto verso il bassoo dal basso verso l’alto

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2.4 Sorgenti di luce, corpi opachi e trasparenti

E a tutti noto che la vita sul nostro pianeta e possibile grazie alla presenzadel Sole, che illumina gli oggetti che noi vediamo. Il Sole e una sorgentedi luce. In generale, sono sorgenti di luce tuttı ı corpi che brillano di lucepropria. Sono sorgenti artificiali tutte le sostanze, riscaldate a una temper-atura superiore agli 800 ◦C. Il colore della luce emessa da queste sorgentidipende dalla temperatura: man mano che questa cresce si passa da un col-ore rossastro a un giallo brillante e infine al bianco. Anche il colore dellaluce emessa da una lampadina a incandescenza varia con l’intensita dellacorrente elettrica, passando, con l’aumentare di questa, gradatamente dalrosso al bianco. Dall’esame del colore della luce emessa si puo avere unastima della temperatura della sorgente. Analizzando, per esempio, il coloredella luce emessa dalle stelle si ricava la loro temperatura; per il Sole e stataricavata una temperatura superficiale di 6000 ◦C. Altre sorgenti artificiali diluce sono le fiamme a gas, a petrolio, a olio ecc. che sfruttano la combus-tione di idrocarburi. Sorgenti invece che sfruttano la corrente elettrica sono,oltre alle lampadine a incandescenza, i tubi a vapori di mercurio e al neon.Questi ultimi pero, a differenza delle sorgenti a combustione, emettono lucedi colore caratteristico a seconda del gas contenuto nel tubo; al variare del-l’intensita di corrente che attraversa il gas, varia la luminosita della sorgente,ma non il colore, che invece rimane inalterato. I tubi al neon inoltre, a dif-ferenza delle lampadine a incandescenza, rimangono freddi, anche quandoemettono luce; in queste sorgenti si utilizza l’eccitazione del gas prodottadalla corrente elettrica. I gas, una volta eccitati, ritornano nelle condizioniprimitive emettendo sotto forma di luce l’energia assorbita nell’eccitazione.La maggior parte degli oggetti visibili sono pero corpi ılluminati che ricevonola luce da qualche sorgente e la diffondono in tutte le direzioni; la Luna, peresempio, e visibile perche diffonde la luce del Sole. La percentuale di lucediffusa dipende dal colore dei corpi; quelli scuri assorbono la maggior partedella luce, mentre in quelli chiari prevale la quantita di energia luminosadiffusa. E a tutti noto che la luminosita di una stanza, a parita di altrecondizioni, e tanto maggiore quanto piu chiare sono le pareti. Alcuni cor-pi, come lastre di vetro, l’aria, l’acqua, si lasciano attraversare dalla lucepermettendo di vedere gli oggetti che si trovano dalla parte opposta del-l’osservatore; questi corpi sono chiamati trasparenti. La trasparenza di uncorpo dipende pero, oltre che dalla sua natura, dallo spessore; l’acqua delmare e trasparente per piccole profondita, mentre a 500 m di profondita c’eil buio assoluto. Analogamente i metalli, che in condizioni normali non silasciano attraversare dalla luce, diventano trasparenti se hanno un piccolospessore; e trasparente, per esempio, una sottile lamina d’oro.

Tutti quei corpi, come i metalli, il legno ecc. che non si lasciano attraver-sare dalla luce sono detti opachi. Oltre ai corpi trasparenti e a quelli opachi,vi sono poi i cosiddetti corpi traslucıdı i quali fanno passare la luce,ma non

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permettono di distinguere gli oggetti: ne sono esempi il vetro smerigliato, ilvetro bianco, la carta ecc.

2.5 Propagazione della luce

La luce, anche se attraversa un mezzo trasparente, non ha bisogno di questocome sostegno per la sua propagazione: la luce del Sole infatti giunge anoi attraversando lo spazio vuoto. La prima proprieta della luce facilmenteevidenziabile riguarda la sua propagazione rettilinea. Se, per esempio, os-serviamo un sottile fascio di luce che da una piccola fessura penetra in unastanza tenuta al buio attraversando il pulviscolo disperso nell’aria, notiamoin modo evidente il percorso rettilineo della luce che, in modo convenzionale,identifichiamo con i raggi luminosi. Diciamo subito che il concetto di raggioluminoso, rappresentato da una linea retta, non corrisponde a una realtaconcreta: si tratta solo di uno schema utile, praticamente di un modello perstudiare una serie di fenomeni compresi nella cosiddetta ottica geometricachiamata anche ottica dei raggi. La propagazione rettilinea della luce in unmezzo e indirettamente confermata dalla formazione delle ombre.

Un corpo opaco M, disposto fra una sorgente luminosa puntiforme e unoschermo, origina su questo una zona d’ombra corrispondente ”solo” ai raggiintercettati dal corpo, senza cioe che esista un processo di aggiramento comepotrebbe avvenire se la luce non si propagasse in linea retta.

Se la sorgente luminosa e piuttosto estesa, sullo schermo appare , oltrealla zona d’ombra dove non arrivano i raggi emessi dalla sorgente, anche unazona di penombra dove arriva solo la luce proveniente dai bordi della sor-gente. Un’altra conferma della propagazione rettilinea deriva dai fenomeniconnessi con le eclissi di Sole o di Luna. Nel primo caso, quando la Luna sitrova allineata fra il Sole e la Terra, la zona della Terra che viene a trovarsinel cono d’ombra proiettato dalla Luna e in completa oscurita (eclissi to-tale), mentre la zona che viene a trovarsi nel cono della penombra vede solouno spicchio del Sole (eclissi parziale). Nell’eclissi di luna il nostro satelliteappare scuro in quanto viene a trovarsinell’ombra proiettata dalla terra.

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2.6 Riflessione della luce

Consideriamo un raggio luminoso che incontra la superficie di sepa-razione di due mezzi trasparenti diversi che abbiamo contrassegnato coni numeri 1 e 2. L’esperienza mette in evidenza che il raggio incidente daluogo a due raggi, di cui uno, chiamato raggio riflesso, ritorna nel primomezzo, mentre l’altro, chiamato raggio rifratto, penetra nel secondo mezzo,ove pero si propaga in una direzione diversa da quella del raggio incidente.Siamo in presenza di due fenomeni, la riflessione e la rifrazione della luce.Evidentemente, l’energia luminosa in parte si riflette e in parte si rifrange.Ci occupiamo dapprima della riflessione della luce e delle sue applicazionie successivamente della rifrazione e delle applicazioni connesse con questofenomeno.

Osserviamo pero fin d’ora che nel secondo mezzo si ha un solo raggiorifratto se il raggio di luce incidente e di un ben determinato colore, cioe see un raggio monocromatico. Se invece nel raggio incidente ci sono radiazionidi vario colore, se cioe esso e un raggio di luce composta, come puo essere unraggio solare, nel secondo mezzo si hanno tanti raggi diversamente colorati,quanti sono i colori presenti nel raggio incidente. Ma questo lo vedremo piuavanti. Ritornando alla riflessione, chiamiamo angolo di incidenza i quello

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formato dal raggio incidente con la normale alla superficie riflettente nelpunto di incidenza, e angolo di riflessione i quello formato dal raggio riflessocon la stessa normale.La riflessione avviene rispettando le seguenti due leggi sperimentali:

1. il raggio incidente, la normale alla superficie riflettente nel punto diincidenza e il raggio riflesso giacciono nello stesso piano.

2. l’angolo di incidenza i e uguale all’angolo di riflessione i’.

Sono due leggi che possono essere facilmente verificate sperimentalmente,per esempio a mezzo dell’apparecchiatura riportata in figura. Il dispositivo

e formato da un disco che permette la lettura degli angoli sia di incidenza chedi riflessione. Al centro del disco e parallelamente a un diametro e dispostouno specchio piano che riflette un pennello luminoso proveniente da unasorgente. Si vede chiaramente che il raggio riflesso si trova nello stesso pianodel raggio incidente e della normale alla superficie riflettente e che l’angolodi riflessione e quello di incidenza sono uguali tra loro. Il disco inoltre puoruotare intorno a un asse orizzontale, per cui e possibile verificare le leggidella riflessione con vari angoli di incidenza. Ottime superfici riflettentisono quelle metalliche, le quali, se ben levigate, costituiscono delle superficispeculari piane o curve. Se invece la superficie riflettente e scabra, avvieneil fenomeno della diffusione. A tal fine e da osservare che certe superfici,che a prima vista sembrano lisce, presentano molto spesso, sia pure a livellomicroscopico, una struttura scabra.

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2.7 Specchi piani

Consideriamo una superficie speculare piana dotata di forte potere ri-flettente, comunemente chiamata specchio piano. Sia inoltre P una sorgentepuntiforme. Applicando le leggi della riflessione, costruiamo i raggi riflessiprovenienti dai raggi incidenti PI, PI’ ecc. I raggi riflessi divergono, men-tre i loro prolungamenti geometrici si incontrano nel punto P’, simmetricodi P rispetto allo specchio. Infatti se P’ e l’intersezione del prolungamen-to del raggio riflesso per I con la normale da P allo specchio. Infatti seP’e l’intersezione del proloungamento del raggio riflesso pe I con la normaleda P allo specchio, dall’uguaglianza degli angoli d’incidenza e di riflessionesegue l’uguaglianza dei triangoli rettangoli PHI e P’HI. Risulta percio PH= P’H. Poiche il ragionamento puo essere ripetuto per qualsiasi raggio ri-flesso, concludiamo che i prolungamenti dei raggi riflessi s’intersecano nelpunto P’simmetrico di P rispetto allo specchio. Una persona posta davantiallo specchio, ricevendo i raggi riflessi, ha l’illusione che questi provenganotutti da P’. Diciamo per questo che P’ e l’immagine virtuale di P, virtuale ofittizia perche per un osservatore i raggi si comportano come se provenisseroda P’ e non da P . L’immagine di un oggetto di dimensioni finite si puoottenere ripetendo lo per ogni punto la costruzione appena esposta: il luogodei punti immagine rappresenta l’immagine dell’oggetto.

Come si puo verificare, l’immagine in generale non e uguale all’ogget-to; sebbene presenti sempre le medesime dimensioni dell’oggetto, lo risultasovrapponibile a esso. Per questo motivo, se davanti a uno specchio pianoponiamo un foglio di un libro, i caratteri appaiono rovesciati; se si alza lamano destra, l’immagine alza la sinistra .

2.8 Specchi sferici

Applichiamo ora le leggi della riflessione agli specchi sferici, che sono calottesferiche dotate di notevole potere riflettente. Gli specchi sferici si dividonoin:

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1. specchi concavi, se la superficie speculare e quella interna dellacalotta.

2. specchi convessi se la superficie speculare e quella esterna.

2.9 Elementi caratteristici

Gli elementi caratteristici per lo studio della riflessione su uno specchiosferico sono:

1. centro di curvatura: centro C della superficie sferica alla quale appar-tiene la calotta;

2. asse ottico principale: rappresenta l’asse di simmetria della superficiespeculare passante per C;

3. vertice: punto V di intersezione dell’asse ottico principale con la calot-ta sferica;

4. angolo di apertura: angolo ACB compreso fra i due raggi condotti dalcentro con gli estremi dell’arco sezione AVB.

Anche se tutte le proprieta degli specchi sferici possono essere dedottefacendo riferimento a uno specchio qualsiasi lo studio viene di solito condottofacendo riferimento agli specchi compresi entro le cosiddette approssimazionidi Gauss espresse dalle seguenti condizioni:

1. piccolo angolo di apertura, in modo che la porzione di calotta sferica siamolto piccola rispetto alla superficie sferica alla quale essa appartiene;

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2. raggi parassiali, nel senso che i raggi luminosi che giungono sullo spec-chio sono poco inclinati rispetto all’asse ottico principale e quindiformano con esso angoli molto piccoli.

2.10 Fuochi

Cio premesso, consideriamo un fascio di raggi paralleli all’asse che incontranouno specchio concavo. Tenuto conto che la normale alla superficie riflettentein un punto, perpendicolare al piano tangente per quel punto, corrispondeal raggio della superficie sferica alla quale appartiene la calotta, costruiamo,mediante le leggi della riflessione, il raggio riflesso corrispondente a ogniraggio incidente. Sia graficamente che sperimentalmente si constata che sesono soddisfatte le approssimazioni di Gauss, i raggi riflessi convergono inun punto F, giacente sull’asse e chiamato fuoco principale dello specchio.Come vedremo piu avanti , il fuoco si trova con notevole approssimazionenel punto medio di VC cosicche la misura del segmento VF, chiamata dis-tanza focale e comunemente indicata con f, e pari alla meta del raggio Rdi curvatura dello specchio. Nel caso degli specchi convessi, la costruzionegeometrica mostra, e l’esperienza conferma, che un fascio di raggi paralleliall’asse principale, dopo la riflessione, diverge come se provenisse dal puntomedio F del raggio VC. In analogia con gli specchi concavi, tale punto echiamato fuoco principale: esso e pero virtuale, cioe fittizio, in quanto illuogo di incontro dei prolungamenti dei raggi riflessi non rappresenta, nelcaso in esame, alcuna concentrazione d’energia luminosa associata ai rag-gi riflessi. Per ragioni di opportunita grafiche, nel disegnare gli specchi,queste condizioni sono generalmente alterate. Inoltre, in luogo di raffigu-rare la calotta sferica, gli specchi sono rappresentati mediante un arco dicirconferenza ottenuto sezionando la calotta sferica con un piano passanteper l’asse principale.

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2.11 La costruzione grafica dell’immagine negli specchi sferi-ci concavi

Tra tutti i possibili raggi luminosi, che da un punto-oggetto vanno versouno specchio concavo, tre sono quelli particolarmente utili per localizzare ilcorrispondente punto-immagine.

1. Un raggio parallelo all’asse principale il cui raggio riflesso passa per ilfuoco.

2. Un raggio che passa per il fuoco e che viene riflesso parallelamenteall’asse principale.

3. Un raggio che passa per il centro di curvatura e che viene riflesso dinuovo per il centro di curvatura.

1. Se l’oggetto si trova tra il fuoco e il centro, l’immagine del-l’oggetto e reale capovolta e ingrandita.

Inoltre, dal momento che i raggi convergono realmente nel punto

I e passano attraverso di esso, su un foglio di carta posto in I ap-parira un’immagine luminosa della lampadina. Si tratta di un’immag-ine reale: se un immagine e reale, la luce passa realmente attraversodi essa, riproducendo l’ oggetto.

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2. Se l’oggetto si trova tra il fuoco e lo specchio, l’immagine evirtuale, diritta e ingranditaCome potete notare dalla figura i raggi divergono ed e come se provenis-

sero tutti da un punto al di la dello specchio. Quella che si forma equindi un’immagine virtuale.

3. Se l’oggetto si trova al di la del centro dello specchio, l’im-magine e reale, capovolta e ridotta

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2.12 La costruzione grafica dell’immagine negli specchi sferi-ci convessi

Tra tutti i possibili raggi luminosi, che da un punto-oggetto vanno versouno specchio concavo, tre sono quelli particolarmente utili per localizzare ilcorrispondente punto-immagine.

1. Un raggio parallelo all’asse principale il cui raggio viene riflesso comese provenisse dal fuoco.

2. Un raggio diretto verso il punto focale che viene riflesso parallelamenteall’asse principale.

3. Un raggio diretto verso il centro di curvatura e che viene riflesso su sestesso.

Dal disegno si puo’ notare che l’immagine appare virtuale, diritta e rimpic-ciolita.

2.13 Formula dei punti coniugati negli specchi

Si puo’ dimostrare che, entro le approssimazioni di Gauss, vale per specchiconcavi e convessi la seguente relazione:

1p

+1q

=1f

dove p e la distanza di un oggetto dallo specchio e q la distanza dell’ im-magine di p dallo specchio e f la distanza focale. La formula permette dicalcolare la posizione dell’immagine di un oggetto, una volta nota la distanzafocale e la distanza dell’oggetto dallo specchio. Bisogna pero tener presenteche:

1. la distanza dell’immagine e positiva se l’immagine e situata davantiallo specchio (immagine reale) e negativa se l’immagine si trova dietrodi esso (immagine virtuale)

2. la distanza focale e positiva per uno specchio concavo negativa per unoconvesso.

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Esercizi

1. Uno specchio concavo ha raggio di curvatura r = 20cm; determinarela posizione dell’immagine di un oggetto posto successivamente a 15cm , a 5 cm e a 40 cm dal vertice.

2. Uno specchio con un raggio di curvatura di 100 cm viene utilizzato perriflettere la luce proveniente da un oggetto posto a 75 cm di fronte adesso. Trovare la posizione dell’immagine.

2.14 Rifrazione

Con il termine rifrazione s’intende quel fenomeno nel quale un raggio lumi-noso, attraversando la superficie di separazione di fra 2 mezzi materiali, dettiprimo mezzo e secondo mezzo, modifica la propria direzione di propagazione.

La rifrazione puo’ essere facilmente verificata utilizzando il dispositivoin figura dove si osserva la rifrazione aria-vetro. Si puo’notare che ad unangolo d’incidenza di 50 gradi corrisponde un angolo di rifrazione di 30gradi. Si puo’ pero anche notare che, se il raggio incidente coincide con lanormale alla superficie, il raggio rifratto e la propagazione rettilinea di quelloincidente. Possiamo inoltre osservare che se un raggio luminoso si propaga daun mezzo meno denso(aria-vuoto) ad uno piu denso( vetro-acqua) il raggiorifratto si avvicina alla normale alla superficie e viceversa, se un raggioluminoso si propaga da un mezzo piu denso(vetro-acqua) ad uno meno denso(aria-vuoto) il raggio rifratto si allontana dalla normale alla superficie.

2.15 Riflessione totale

Se un raggio luminoso si propaga da un mezzo piu denso ad un mezzo menodenso si puo’ verificare il fenomeno della riflessione totale. Consideriamo2 mezzi uno piu denso(acqua) ed uno meno denso(aria) e poniamo unasorgente luminosa S nel mezzo piu denso.

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Poiche i raggi che si rifrangono da un mezzo piu denso ad un mezzo menodenso si allontanano dalla normale, considerando successivamente raggi inci-denti provenienti da S e formanti con le rispettive normali angoli d’incidenzavia via crescenti, si perviene ad un raggio con un angolo d’incidenza l taleche il raggio rifratto emerge radente la superficie di separazione dei 2 mezzi.E’ chiaro che in queste condizioni l’angolo di rifrazione e di 90◦. L’angolo lviene detto angolo limite.

2.16 Fenomeni legati alla rifrazione

La rifrazione della luce e causa di una grande varieta di fenomeni ”appar-enti” che si presentano molto spesso alla nostra visione. Oltre al banaleremo immerso nell’acqua che appare spezzato, a tutti e familiare il tremoliodelle sagome delle persone e degli oggetti su strade o spiagge arroventatedal Sole, il luccichio delle stelle, o la deformazione ovale del Sole quandoe prossimo all’orizzonte. E chi non conosce i miraggi, da quello frequen-tissimo delle inesistenti macchie di bagnato sull’asfalto nei giorni di calura,macchie che sembrano correre via dinanzi a noi quando avanziamo versodi esse a quelli meno comuni della visione ingannevole di monti sorgentidalle acque o di evanescenti citta collocate all’orızzonte (effetto ”Fata Mor-gana”)? Ognuno di questi fenomeni risale al meccanismo della rifrazionedella luce, cioe alla deviazione dal normale percorso rettilineo dei raggi lu-minosi quando attraversano un mezzo di densita non uniforme, dove la ve-locita di propagazione, come conseguenza, non si mantiene costante. In unmezzo meno denso, infatti, la velocita della luce e piu grande che in uno piudenso: l’apparente spezzamento di un remo nel passaggio dall’aria all’acquae dovuto appunto alla diversa inclinazione che prendono i raggi luminosi an-dando dalla prima, dove hanno una velocita di 300.000 km/s, alla seconda,dove hanno una velocita di circa 225.000 km/s. L’effetto ”remo spezzato”puo essere ricreato in casa immergendo un fiore in un bicchiere. Il gambo diun fiore immerso in un d’acqua, come illustra la fotografia.

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2.16.1 Parallelo meccanico della rifrazione

Vediamo di capire, con un semplice esperimento meccanico, perche una vari-azione di velocita da un mezzo all’altro comporta una variazione di direzionedi avanzamento. Supponiamo di avere un piano perfettamente levigato conal centro una zona invece molto ruvida, tale da rallentare la velocita di unoggetto che si trovi a rotolare su di essa. Si puo eseguire questo piccoloesperimento usando un piano costituito da due fogli di cartone liscio e unodi carta vetrata, occorre che i bordi combacino perfettamente, senza scalinie lanciando sopra di esso due rotelline collegate solidalmente a un mozzo.

Si osservi bene la figura, dove la direzione del moto e scelta in modo chel’asse delle rotelline non sia parallelo al confine tra i due mezzi e quindi larotellina A vi giunga prima della B. Sul mezzo ruvido, A riduce la sua veloc-ita, mentre B prosegue alla velocita iniziale fino al momento in cui anch’essatocca il confine. Come conseguenza, il mozzo ruota e la sua direzione diavanzamento, dopo il confine, risulta piu inclinata rispetto al confine stes-so. All’uscita dalla zona ruvida, il ragionamento si capovolge e il carrelloriacquista la primaria direzione di moto. Analogo e il comportamento di unraggio di luce nel passaggio da un mezzo meno denso, come l’aria, a uno piudenso, come l’acqua, dove la sua velocita scende: il raggio si avvicina allanormale alla superficie di separazione tra i due mezzi. La celeberrima leggeche descrive tale deviazione del raggio e nota come legge dei seni, o anchelegge di Cartesio presso di noi e legge di Snell nei paesi anglosassoni. Poiche

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l’indice di rifrazione (n) e il rapporto tra la velocita della luce nel vuoto (c)e quella nel mezzo materiale(v) , si dice che l’acqua ha un piu alto indice dirifrazione che l’aria.

n =c

v

Va notato che l’indice di rifrazione di un mezzo e diverso per 1e diversecomponenti cromatiche che costituiscono la luce bianca, quindi l’angolo dirifrazione e differente per ciascuna di esse. Come conseguenza, ogni compo-nente, subendo una propria deviazione, si scinde dalle altre (fenomeno delladispersione della luce). Nel caso dei mezzi trasparenti piu comuni acqua,vetro e quarzo l’indice di rifrazione cresce andando dal rosso al violetto,quindi il primo devia meno del secondo, e le altre componenti cromatichevengono disperse su angoli compresi tra i due valori estremi.

2.16.2 Bastone spezzato e monetina rialzata

Iniziamo con la descrizione di un esperimento noto anche agli antichi grecie originato dalla deviazione prodotta dalla rifrazione dei raggi luminosi. In

figura una moneta si trova sul fondo di un recipiente pieno di acqua. Ilraggio luminoso disegnato in figura con origine nel punto P della moneta,rifrangendosi nel punto I della superficie libera dell’acqua, cambia direzione.Per l’osservatore che riceve il raggio rifratto e come se il raggio avesse viag-giato sempre nella stessa direzione. Egli percio vede l’immagine del punto Pnel punto P’. piu vicino alla superficie libera dell’acqua; ne segue che tuttala moneta sembra innalzarsi. Lo stesso effetto si verifica con un bastoneparzialmente immerso in acqua, cioe ogni punto del bastone immerso nel-l’acqua appare piu vicino di quanto realmente e alla superficie attraversola quale viene osservato. Pertanto un bastone, parzialmente immerso in unrecipiente pieno di acqua con pareti trasparenti, come quelle di un bicchieredi vetro, appare piegato a un osservatore che lo vede attraverso la superficielibera dell’acqua e spezzato a un osservatore che lo vede attraverso la su-perficie di separazione dell’acqua dalla parete trasparente. Un osservatoredisposto in modo da poter vedere il bastone immerso attraverso entrambele superfici vede contemporaneamente la parte piegata e la parte spezzata.

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2.16.3 Miraggio e fata Morgana

Generalmente gli strati dell’aria atmosferica piu vicini alla terra sono anchequelli piu densi e gli strati superiori sono invece meno densi. Se pero la terrae molto calda puo accadere che gli strati piu bassi, che sono a piu direttocontatto col suolo, siano meno densi degli strati superiori. Questo avvienenelle giornate molto calde d’estate e piu frequentemente nei deserti.

Consideriamo allora un raggio luminoso che parte dalla cima S di un al-bero propagandosi verso suolo. Esso nel suo percorso incontra strati d’ariasempre meno rifrangenti e quindi si rifrange allontanando; dalla normalee diventando sempre meno obliquo. Siccome la rifrazione avviene sempreda uno strato piu rinfrangente a uno strato meno rifrangente, l’angolo diincidenza cresce sempre di piu, e a un certo momento superera il valoredell’angolo limite. In tali condizioni, per quanto gia sappiamo, avviene ilfenomeno della riflessione totale e di conseguenza il raggio si allontana dalsuolo. Se il raggio riflesso totalmente incontra l’occhio di un osservatore, perl’osservatore e come se avesse avuto sempre la stessa direzione, cioe come sefosse pai tito da S’ e non da S. Di conseguenza l’osservatore vede in S’ l’im-magine di S, proprio come se l’albero si fosse riflesso in uno specchio d’acqua.In cio consiste il fenomeno del miraggio, nel fatto cioe che l’osservatore vedeinsieme l’oggetto e l’immagine. Viceversa, se gli strati d’aria piu alti sonomolto meno densi di quelli piu bassi, un raggio luminoso che va verso l’altosegue un percorso curvilineo allontanandosi sempre piu dalla normale. A uncerto punto avviene la riflessione totale e il raggio ritorna nuovamente versoil basso. E’ questo il fenomeno di fata Morgana, della strega che aveva ilpotere magico di creare castelli in aria ai tempi di re Artu.

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2.16.4 Specchio d’asfalto

Siamo ora in grado di spiegare come nasce il miraggio delle chiazze dibagnato sull’asfalto rovente. Prendiamo i raggi di luce che dal cielo arrivanoall’asfalto con un modesta inclinazione (raggio 1 della figura ). Se l’asfaltoscotta, l’aria prossima a esso e molto calda e si raffredda man mano che si salein altezza. L’aria calda e meno densa di quella fredda, dunque il suo indicedi rifrazione e minimo a livello del suolo e cresce gradualmente con la quota.Cio determina una continua deflessione del raggio verso l’alto man mano chequesto si avvicina al suolo e, se l’an- golo di incidenza e opportuno, il raggionon arriva mai a toccare l’ asfalto, risalendo invece come per una apparenteriflessione. La sensazione di chi lo riceve e che l’asfalto sia ”bagnato” e sicomporti come uno specchio. Cio avviene per angoli attorno a un precisovalore, come mostra la figura, dove soltanto il raggio 1 e deflesso in mododa colpire l’occhio dell’osservatore, mentre il raggio 2 sfila via sotto di essoe i raggi 3 e 4 vanno a incidere sull’asfalto. Per tale motivo, se l’osservatoreavanza, anche la chiazza ”bagnata” deve avanzare, mantenendo sempre lastessa distanza da lui. Questo tipo di miraggio e detto miraggio inferiore,perche l’oggetto appare al di sotto della sua reale posizione.

2.16.5 Isole apparentemente vicine

Anche il mare puo offrire visioni del tipo ”Fata Morgana”. La piu nota efrequente e la comparsa di fronte alle navi di isole montagnose che invece sonoassai lontane, addirittura sotto la linea dell’orizzonte. Il fenomeno ha fattogridare ”terra, terra!” a tanti marinai stremati da una lunga navigazione.Non si tratta pero di allucinazioni ma di visioni reali. Il fenomeno e dovutoall’esatto contrario del miraggio dell’asfalto bagnato. Se l’acqua e piu freddadell’aria, si crea un gradiente di temperatura dal basso verso l’alto, quindi ladensita dell’aria scende con la quota; cio induce un incurvamento dei raggiluminosi all’ingiu, vale a dire che essi seguono la curvatura della Terra. Lavedetta sulla nave vede l’isola ben prima che essa emerga fisicamente sopral’orizzonte, ma l’abitudine a situare gli oggetti sul diretto prolungamentodel raggio luminoso che perviene all’occhio lo spinge a giudicare che l’isola

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si trovi sopra all’orizzonte. Questo meccanismo fa si che si possa vedere ildisco solare per qualche tempo dopo che esso e veramente tramontato.

2.16.6 Fibre ottiche

La fibra ottica e costituita da un nucleo centrale trasparente circondato unaparete meno densa rispetto al nucleo. La luce, incidendo in modo quasiradente la parete interna del filo, viene interamente rıflessa e si propaga daun estremo all’altro senza apprezzabili perdite. (Ricordo che il fenomenodella riflessione totale si ha quando l’angolo d’incidenza e maggiore dell’an-golo limite). In medicina e chirurgia le fibre ottiche, in pratica una treccia difili, permettono di esplorare con un pennello di luce parti interne del corpoumano, siano esse organi o vasi sanguigni. In telefonia, esse vengono usateper trasportare un grandissimo numero di segnali, assai piu che i tradizionalicavi di rame, dalla stazione trasmittente alla ricevente. Per questo occorre,naturalmente, una conversione da segnale elettrico a impulso ottico e vicev-ersa, cosa che oggi e resa possibile dai microscopici laser e convertitori asemiconduttore.

2.16.7 Il mare come uno specchio

Perche qualsiasi superficie capace di riflettere, se osservata con luce quasiradente, appare riflettente al 100% come uno specchio perfetto, come per

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esempio i riflessi in un lago del sole e della luna quando sono bassi sull’oriz-zonte?

Il potere riflettente di una superficie che separa due mezzi diversi variacon l’angolo di incidenza della luce. Per riferirsi al caso specifico aria-acqua,la luce che incide circa perpendicolarmente sull’acqua viene riflessa in misuradel 2%. La riflessione rimane circa costante per angoli di incidenza obliquanon troppo grandi, ma cresce rapidamente quando la luce incide con angolisuperiori ai 60 per raggiungere il 100% a incidenza radente. In questo lim-ite, l’acqua appare un autentıco specchio e il suo colore diventa del tuttoimpercepibile, persino nel caso in cui fosse intensamente colorata. Lo stessovale, naturalmente, per altre coppie di mezzi, per esempio aria-vetro.

2.16.8 Moltiplicazione dei pesci

Nel caso in esame, esistono sempre due vie perfettamente equivalenti,per u n raggio luminoso che parte dal pesce ed arriva all’occhio della per-sona: una a destra e l’altra a sinistra dello spigolo. Poiche siamo abituatia collocare gli oggetti che vediamo sulla linea retta uscente dall’occhio, siotterranno due immagini ben separate e distinte del pesce.

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2.17 Le lenti

Esse costituiscono la base fondamentale di conoscenza per la costruzionedegli strumenti ottici. In questi dispositivi (lenti per occhiali, microscopi,cannocchiali, macchine fotografiche ...) la luce viene guidata lungo un per-corso prestabilito e ben determinato. Parti essenziali degli strumenti otticisono le lenti sferiche, cioe corpi trasparenti limitati da 1 o 2 superfici sferiche.Esse hanno la proprieta di produrre, senza sensibili deformazioni, immagi-

ni ingrandite o rimpicciolite degli oggetti.Un raggio di luce che colpisce lasuperficie di una lente subisce due volte il fenomeno della rifrazione: unaprima volta nel passare dall’aria al vetro e una seconda nel passare dal vetroall’aria. Nel seguito considereremo le lenti sottili. Esse hanno la proprietadi avere uno spessore piccolo rispetto ai raggi delle superfici sferiche che ledelimitano. Una delle due superfici puo anche avere raggio infinito, cioe es-sere un piano. Esistono percio lenti di forme molto diverse ma, dal punto divista dell’effetto che producono, esse possono essere classificate in due soligruppi:

1. Lenti convergenti: sono piu spesse al centro che ai bordi. Si chia-mano cosı perche fanno convergere in un punto sull’asse ottico,dettofuoco, un fascio di raggi paralleli che le colpisce. L’esperienza mostrache per una lente sottile i due fuochi si trovano sempre alla stessa

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distanza rispetto al suo centro. I raggi del Sole, che arrivano sulla Ter-ra praticamente paralleli, possono essere concentrati nel fuoco di unalente convergente, dove riescono a incendiare un pezzo di carta. Sonoconvergenti le lenti di ingrandimento, quelle degli occhiali da presbitee da ipermetrope.

2. Lenti divergenti: sono piu spesse ai bordi che al centro. Quandosono colpite da un fascio di raggi paralleli lo fanno divergere. Le lentiper gli occhiali da miope e quelle per lo spioncino della porta di ingressosono divergenti.

2.17.1 Formazione delle immagini in una lente convergente

Per la trovare graficamente l’immagine di un oggetto AB illuminato postodavanti ad una lente convergente utilizziamo 2 raggi particolari.

1. Un raggio parallelo all’asse ottico che converge nel fuoco.

2. Un raggio che passa per il centro della lente e che non viene prati-camente deviato. (il centro della lente si comporta come una lastraa faccie piane e parallele. I raggi subisono 2 leggere deviazioni senzapero cambiare direzione)

Rappresentiamo le lenti convergenti con l:

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2.17.2 Formazione delle immagini in una lente divergente

Per la trovare graficamente l’immagine di un oggetto AB illuminato postodavanti ad una lente divergente utilizziamo 2 raggi particolari.

1. Un raggio parallelo all’asse ottico che diverge e i cui prolungamentis’incontrano nel fuoco virtuale.

2. Un raggio che passa per il centro della lente e che non viene pratica-mente deviato.

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2.17.3 Legge dei punti coniugati e ingrandimento

Come per gli specchi e possibile ricavare una legge che coinvolge le posizionip dell’oggetto e dell’immagine e la distanza focale f della lente:

1p

+1q

=1f

Tale legge e detta legge dei punti coniugati della lente. Se l’immagine ereale q > 0 se e virtuale q < 0. Se la lente e convergente f > 0, se la lente edivergente f < 0.Inoltre si puo’ dimostrare che l’ingrandimento e dato da:

I =q

p

.

Esempi

Un oggetto di 5 cm posto a 40 cm da una lente convergente avente focale di10 cm; determinare la posizione e la dimensione dell’immagine.Un oggetto di 20 cm posto a 200 cm da una lente divergente avente distanzafocale di 50 cm; determinare la posizione e la dimensione dell’immagine.

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2.17.4 Le aberrazioni delle lenti

Consideriamo gli obiettivi delle macchine fotografiche. Per quale ragione sidovrebbe usare un sistema di lenti, certamente piu pesante e costoso di unalente singola avente la medesima lunghezza focale? Vi sono molte ragioniche spingono a costruire oculari, obiettivi, condensatori ed altri dispositivi,combinando piu lenti, ma una delle ragioni principali e per migliorare laqualita delle immagini. L’immagine formata da un ’unica lente, infatti,non puo’ essere immune da alcuni difetti detti aberrazioni; questo valeanche per lenti costruite perfettamente. cioe senza disomogeneita nel vetroe senza difetti superficiali o di curvatura. Ci sono 2 tipi di aberrazione:l’aberrazione sferica e quella cromatica : l’aberrazione sferica e il fenomenoper il quale i raggi di luce che passano per zone diverse di una lente sonofocalizzati in punti diversi in un’area detta ”cerchio di minima confusione”.In generale avviene che i raggi marginali siano rifratti piu fortemente deiraggi prossimi all’asse ottico e, quindi, siano focalizzati piu vicino alla lente. Il fenomeno cresce piu rapidamente di importanza con l’apertura dellalente; pertanto, se si vuole un ’immagine piu nitida, bisogna restringere ildiametro, accontentandosi di un immagine meno luminosa.

L’aberrazione cromatica si verifica perche i diversi colori che formano laluce convergono in punti differenti.

2.17.5 La macchina fotografica

La macchina fotografica e sostanzialmente una camera oscura. La luce vientra da un’apertura (il diaframma) attraversando un sistema di lenti (l’ob-biettivo) che la fa convergere sulla parete posteriore. Li si trova la pellicola, su cui e depositata una sostanza sensibile alla luce. L’interno del-la macchina fotografica e al buio. Davanti alla pellicola vi e una tendinal’otturatore che impedisce alla luce di entrare. Quando scattiamo una foto,apriamo e chiudiamo rapidamente l’otturatore per consentire alla luce di en-trare. Durante questo intervallo di tempo la pellicola rimane impressionataregistrando l’immagine dell’oggetto esterno. L’obbiettivo si comporta comeuna lente convergente, forma un’immagine reale e capovolta dell’oggettofotografato. Per ottenere una buona fotografia, in cui l’immagine apparenitida, e necessario che essa si formi esattamente sul piano della pellicola.

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Affinche cio accada , un dispositivo di messa afuoco regola la distanza tra lapellicola e l’obbiettivo, spostando quest’ultimo fuori e dentro. Le macchinefotografiche piu usate e piu costose adottano il sistema reflex, che consistenel vedere attraverso l’oculare l’immagine che sta per essre registrata sullapellicola.

Uno specchio posto a 45◦ rispetto alla direzione dei raggi luminosi riflettesull’oculare l’immagine formata dall’obiettivo, costituito da una complessaserie di lenti. Quando l’immagine e a fuoco, si puo scattare la fotografia. Inquesto istante lo specchietto si solleva e l’immagine impressiona la pellicola.

Sull’obiettivo della macchina fotografica, oltre alla lunghezza focale, eriportata solitamente l’indicazione dell’apertura massima. Questa e unamisura del rapporto tra il diametro utile delle lenti e la lunghezza focaledell’obiettivo. E indicata come quoziente: per esempio la scritta 1 : 4 staa significare che la lunghezza focale e 4 volte il diametro dell’obiettivo. Unobiettivo e tanto piu luminoso quanto piu grande e questo rapporto.

La quantita di luce che entra effettivamente nella macchina fotograficae determinata dal tempo di esposizione e dall’apertura del diaframma. Ivalori indicati sulla ghiera del diaframma sono stabiliti in modo che ogni

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numero successivo corrisponda al dimezzamento della quantita di luce cheentra. Questa quantita e proporzionale all’area attraversata dalla luce equindi alle frazioni:

1 1/2 1/4 1/8 1/16 1/32 1/64 1/128 1/256

1/512 1/1024

Le radici quadrate di questi numeri sono proporzionali ai diametri del di-aframma da usare. Se consideriamo i soli denominatori e ne calcoliamo laradice quadrata (troncando alla seconda cifra), otteniamo la successione dinumeri:

1 1 4 2 2, 8 4 5, 6 8 11 16 22 32

che e quella comunemente usata in tutte le macchine fotografiche sullaghiera dei diaframmi per indicarne l’apertura.

2.17.6 Il cinematografo

Per il cinematografo sono necessari sia una macchina da presa che uno spe-ciale proiettore. La macchina da presa e una macchina fotografica che scattauna dopo l’altra numerose fotografie del soggetto (di solito 24 fotogrammial secondo), registrandole su una pellicola che scorre. Questa pellicola vienepoi sviluppata e stampata.

Il proiettore e dotato di un motore che fa avanzare la pellicola in modoche in ogni secondo vengano proiettati successivamente diversi fotogram-mi. Il nostro occhio percepisce un’immagine continua (e non a scatti, comee in realta), perche e incapace di distinguere cambiamenti di luce che sisusseguono troppo rapidamente.

Questo fenomeno, che si chiama persistenza delle immagini, e una carat-teristica del nostro sistema visivo, che non riesce a distinguere due segnalivisivi troppo ravvicinati. Esso ha luogo, per esempio, quando si accende esi spegne una lampadina molto rapidamente. Se la frequenza e maggioredi 30 lampi al secondo, non si riesce piu a seguire la variazione del segnaleluminoso e si ha l’illusione di luce continua.

2.17.7 Occhio

L’occhio e l’elemento di ingresso del nostro sistema visivo. Come una macchi-na fotografica, ha la capacita di riprendere l’immagine di oggetti esterni.Tali immagini si formano sul fondo dell’occhio, dove si trova una superficiecoperta di elementi sensibili alla luce, la retina. I raggi luminosi emessi, o

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diffusi, da un oggetto posto di fronte all’occhio passano attraverso una lenteconvergente (il cristallino) che produce un’immagine sulla retina.

Ma mentre la macchina fotografica esaurisce il proprio compito nella reg-istrazione (passiva) delle immagini, l’occhio ha una funzione molto piu com-plessa. Ha il compito di informare il cervello mediante un codice di segnalinervosi, che vengono poi interpretati e tradotti in una rappresentazione deglioggetti. Dagli impulsi nervosi il nostro cervello ricava gli elementi necessariper costruire, secondo gli schemi della nostra attivita mentale, l’immaginedell’oggetto che guardiamo.

L’occhio ha la forma di un globo. E racchiuso da una spessa membranaopaca, che presenta sul davanti una superficie trasparente detta cornea. Di-etro di essa vi e l’iride, un diaframma che ha nel centro un foro (la pupilla)attraverso cui penetra la luce. La pupilla e unconsciamente comandata daun muscolo che ne regola il diametro (da circa 2 a 9 millimetri), secondol’intensita della luce incidente. Lo spazio tra la cornea e l’iride e pieno diun liquido trasparente, che si chiama umor acqueo. A contatto con l’iride,nella sua parte posteriore, vi e il cristallino, un corpo trasparente a formadi lente, circondato dal muscolo ciliare. Tutto lo spazio dietro al cristallinoe pieno di una sostanza gelatinosa trasparente, l’umor vitreo. Nell’occhio sisusseguono quindi tre mezzi rifrangenti:

1. la cornea e l’umor acqueo, che hanno la stessa densita.

2. il cristallino che ha una maggiore densita della cornea

3. l’umor vitreo che ha la stessa densita dell’umor acqueo.

Quando guardiamo un oggetto luminoso o illuminato, alcuni degli infinitiraggi di luce emessi in tutte le direzioni dai suoi diversi punti penetrano at-traverso la pupilla nell’occhio. Dopo essere stati rifratti dai mezzi trasparentiche incontrano, essi formano un’immagine reale dell’oggetto sulla retina. Ilcristallino e una lente, la cui distanza focale puo variare per azione del mus-colo ciliare che, contraendosi, modifica i raggi delle sue superfici. E questo

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ii meccanismo dell’accomodamento, cioe della possibilita che ha l’occhio diformare sulla retina immagini nitide di oggetti che si trovano a diverse dis-tanze. Quando l’occhio normale e in riposo, il muscolo ciliare e rilasciato e ilcristallino ha la curvatura minima: si dice allora che l’occhio e accomodatoall’infinito (punto remoto). Contraendo il muscolo ciliare, si puo fare au-mentare la curvatura del cristallino fino a formare sulla retina l’immaginenitida di oggetti che si trovano alla distanza di circa 15 centimetri dall’occhio(punto prossimo). Per giungere pero a vedere distintamente a tale distanza enecessario un certo sforzo, mentre senza fatica sensibile l’occhio puo restarea lungo accomodato a una distanza di 25 centimetri (distanza della visionedistinta).

2.17.8 Presbiopia, miopia, ipermetropia

La distanza del punto prossimo aumenta notevolmente con l’eta, a causa delprogressivo irrigidirsi del cristallino. Questa perdita del potere di accomoda-mento con l’eta si chiama presbiopia. Nell’occhio normale l’immagine di unoggetto posto molto lontano si forma sulla retina. Nell’occhio miope, invece,l’immagine si forma prima della retina e in quello ipermetrope dietro di es-sa. Questi due difetti della visione si correggono ponendo davanti all’occhiouna lente, che riporta l’immagine esattamente sulla retina. Poiche nell’oc-chio miope il sistema e troppo convergente, la miopia si corregge con unalente divergente. Nell’occhio ipermetrope, invece, il sistema e troppo pocorifrangente. Percio l’ipermetropia si corregge con una lente convergente.

2.17.9 Il microscopio e il cannocchiale

Nella sua forma piu semplice il microscopio e costituito da 2 lenti conver-genti: l’obiettivo e l’oculare. L’oggetto AB, che si vuole osservare, si trovaappena al di la del fuoco F1 dell’obiettivo. Questa lente forma una prima im-magine A1B1, reale, capovolta e ingrandita in una posizione intermedia tral’oculare e il suo fuoco F2. A sua volta l’oculare trasforma la prima immag-ine in una seconda immagine A2B2 che e virtuale, diritta rispetto ad A1B1

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(e quindi capovolta rispetto all’oggetto) e ingrandita. Guardando attraver-so l’oculare si vede cosı un’immagine ingrandita dell’oggetto, che si formaa una distanza dall’occhio pari alla distanza della visione distinta. Con imigliori microscopi si ottengono ingrandimenti di circa un migliaio di voltee si possono esaminare oggetti le cui dimensioni sono dell’ordine del micron,cioe di un millesimo di millimetro. Oggetti di questa dimensione sono, peresempio, i batteri. Il cannocchiale astronomico consiste in un tubo metalli-co che porta ai due estremi opposti un obiettivo e un oculare. L’obiettivoe una lente convergente di grande diametro e di grande distanza focale. Sel’oggetto che si osserva e molto lontano, l’obiettivo ne forma un’immaginereale e capovolta A1B1, nel piano che passa per il suo secondo fuoco F ′

1.Regolando la lunghezza del tubo, si fa in modo che tale immagine si formitra il primo fuoco F2 dell’oculare e l’oculare stesso. Questo funziona allo-ra come una lente di ingrandimento, ossia da luogo a una immagine A2B2

virtuale, ingrandita e diritta dell’immagine reale A1B1, data dall’obiettivo.L’occhio dell’osservatore posto vicino al secondo fuoco F ′

2 dell’oculare vedetale immagine virtuale, la quale e capovolta rispetto all’oggetto. I cannoc-chiali terrestri sono fatti inserendo lungo il percorso dei raggi, nell’internodel tubo di un cannocchiale astronomico, un sistema di prismi o di lenti cherovescia una seconda volta l’immagine (in modo che l’immagine finale siadiritta). I binocoli sono costituiti da due cannocchiali terrestri fissati l’unoall’altro alla distanza degli occhi.

3 Natura ondulatoria della luce

Non molti sanno esattamente cos’e la luce, e gli stessi scienziati hanno impie-gato un bel po’ di tempo per venirne a capo. Noi cercheremo di ripercorrere

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la strada che la scienza a seguito per arrivare a delle ipotesi, quali vere, qualifalse che ci hanno permesso di oggi di spiegare in modo adeguato il come eil perche dei principali fenomeni luminosi che si presentano ai nostri sensi.Prima pero e doveroso

4 Il colore

Abbiamo introdotto l’argomento colore mostrando che la luce bianca pas-sando attraverso il prisma si scompone in una successione continua di colori.I ragazzi avevano il compito di individuare i vari colori a partire dal rosso.

Figura 5: Prisma

Hanno quindi riconosciuto che lo SPETTRO era formato da (rosso, aran-cione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto). L’unico problema e statodare un nome all’indaco, colore che per alcuni assomigliava ad un viola eper altri ad un blu.

4.1 Esperimento sulla sintesi addittiva dei colori

Questo esperimento e stato svolto direttamente all’interno della mostra”Fisicamente divertente” ed aveva lo scopo di far notare ai ragazzi chemescolando luce rossa , blu e verde si possono ottenere dei colori diver-si.

Materiale:

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• Scatola metallica con 3 faretti (rosso, verde e blu)

• cartoncino bianco alla base della scatola

Abbiamo acceso contamporaneamente tutti 3 i faretti e i ragazzi han-no potuto notare che la il cartoncino appariva bianco. Poi abbiamo accesosolamente il faretto rosso e quello verde e il cartoncino appariva giallo, poiabbiamo acceso il faretto rosso e quello blu e il cartoncino era di colore ma-genta ed infine abbiamo acceso i faretti blu e verde e il cartoncino apparivadi colore azzurrino (ciano).

4.2 Esperimento sulla sintesi sottrattiva dei colori

Figura 6:

Per completare l’argomento in classe abbiamo utilizzato la solita scato-letta dell’ EDT per svolgere alcuni asperimenti sulla sintesi sottrattiva deicolori.Materiale:

• Proiettore

• Filtri ciano magenta e giallo

• Cavaliere

• Porta diapositive

Montaggio: predisporre l’apparecchiatura come nell’illustrazione. Sulporta diapositive verranno portati rispettivamente i diversi filtri.Esperimento: Guardare attraverso ciascun accoppiamento di filtri ed anno-tare i colori nuovi che si ottengono, sottraendo alla luce bianca le radiazioniassorbite da ogni filtro. Osservare in particolare cosa si ottiene con l’usocontemporaneo dei 3 filtri sottrattivi.Conclusioni:Nella sintesi sottrattiva i colori base sono : ciano, giallo e ma-genta. Dal loro uso congiunto si ottengono i colori osservati sperimental-mente:

I ragazzi non hanno avuto alcuna difficolta nell’individuare i colori dainserire.

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Colore dei filtri Colore risultanteCiano e giallo ......

Magenta e giallo ......Ciano e magenta .......

4.3 Il colore dei corpi

Figura 7: Colore dei corpi

Materiale

• Proiettore

• Schermo bianco

• Cavaliere per banco ottico

• Cavaliere per proiettore

• Porta diaframma

• Filtri colorati

• 2 Striscie di carta colorata rossa, blu e verde.

Il meccanismo della percezione dei colori (visione colorata) e un problemaancora da risolvere, anche se molti scienziati si sono dedicati a questa ricer-ca; la sensazione cromatica e strettamente legata alla sensibilita dell’occhioumano e, pertanto, la valutazione dei colori e un fatto soggettivo. Cio mal-grado, partendo dalle osservazioni effettuate negli esperimenti precedenti ,che di rifanno alla teoria della TRICROMIA di Maxwell, e possibile spiegareperche tutti i corpi appaiano del colore, che noi attribuiamo a ciascuno, puressendo illuminati con la stessa luce (quella del sole).Montaggio: predisporre l’apparecchiatura secondo l’illustrazione.Attaccare allo schermo tre stricie di carta (una rossa, una blu, una verde) poidisporlo sul banco ottico mediante il cavaliere con fenditura. All’estremitasinistra del banco sistemare il proiettore con l’apertura circolare rivolta allo

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schermo ; davanti al proiettore disporre il portalenti corredato del portadia-positive, nel quale dovranno essere montati successivamente i filtri richiestidalle varie prove.Alimentare il proiettore a 12 V ed illuminare lo schermo posto ad una dis-tanza di circa cm 40 dal diaframma portalenti.Esperimento 1: Montare il filtro rosso sul porta-diapositive, accendere ilproiettore ed osservare come si presentano le tre striscie colorate. Annotareil tipo di luce usata ed il colore di ciascuna striscia, quando e illuminata contale luce.Esperimento 2 : Sostituire il filtro rosso con il filtro bleu e ripetere le osser-vazioni con le relative note.Esperimento 3 : sostituire il filtro bleu con il filtro porpora e ripetere leosservazioni, annotandole con cura.Esperimento 4 : illuminare le striscie di carta colorata con la luce bianca(derivante, come e noto, dalla mescolanza di tutti i colori).

Dopo aver raccolto le osservazioni dei ragazzi e incominciata abbiamoquindi tratto le seguenti conclusioni.Conclusioni : per spiegare le osservazioni fatte nelle varie prove occorre anz-itutto ricordare che i filtri sono trasparenti ad una banda di radiazioni piut-tosto stretta (quella corrispondente al loro colore), mentre assorbono tutte lealtre componenti della luce bianca: cosı, ad esempio, il filtro rosso trasmettela sola luce rossa ed il filtro bleu la sola luce bleu, ecc..Quando si illuminano le striscie di carta rossa, blu e verde con la luce rossa,nella quale sono presenti le radiazioni corrispondenti al bleu ed al verde,la striscia rossa appare chiara in quanto riflette la luce rossa, mentre le lestriscie bleu e verde risultano scure, poiche assorbono totalmente la stessaluce. In luce blu la striscia rossa appare scura in quanto assorbe questaradiazione e, mancando il rosso, essa non puo riflettere tale banda di colore.Con il filtro porpora, che deriva dalla mescolanza additiva di rosso e di bleu,risultano visibili le striscie rossa e bleu, mentre appare scura la striscia verdein quanto la componente verde manca nella luce porpora.In luce bianca le tre striscie di carta appaiono rispettivamente rossa, bleue verde, poiche ciascuna di esse riflette il colore di competenza, mentre as-sorbe tutte le altre componenti. La sensazione che si ha del colore dei corpie dovuta al tipo di radiazione luminosa che ciascun corpo diffonde per rif-lessione.

In mancanza di proiettori, filtri ecc. si puo’ utilizzare delle normalissimetorcie ed utilizzare come filtri fogli di cellophane di coloro diversi.

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5 Visione

Se, da un lato, la scienza ha realizzato macchine e strumenti di grande per-fezione, che nell’ultimo secolo hanno permesso di spiegare i piu reconditisegreti della natura attraverso l’esame della luce che la materia e capacedi emettere o di assorbire, dall’altro lato e vero che lo strumento otticopiu straordinario e complesso a disposizione dell’uomo e nato con lui: l’oc-chio, naturalmente, insıeme a quella meravigliosa macchina che e il sistemanervoso e che presiede alla elaborazione dei dati che provengono dal nervoottico. Con la visione dell’occhio umano, si entra in una sfera di percezioniche sfuggono alla fredda e rigorosa obiettivita dei dati di osservazione, percoinvolgere sottili e spesso misteriosi comportamenti soggettivi ed esperien-ze personali o ancestrali. Percezioni che portano al di la dei dati sensoriali,dando all’immagine forme e significati piu vari e articolati.

Figura 8: Un effetto dovuto alla nostra abitudine alla terza dimensione: le3 ragazze sembrano di statura crescente da sinistra a destra

Figura 9: Un esempio di bistabilita della percezione visiva. Si contano 6 o 7cubi a seconda che si immagini di guardare la figura dall’alto verso il bassoo dal basso verso l’alto

Effetti imprevedibili e curiosi sono possibili con i colori: di essi varra

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Figura 10: Nell’immagine si contano delle macchie grigie nei punti in cui isegmenti bianchi si incrociano. Rimane esclusa dall’effetto l’intersezione sucui si fissa l’attenzione. Si tratta di un aspetto del contrasto di luminosita.

Figura 11: La percezione dei contorni inesistenti per i 2 triangoli e un altroeffetto illusurio associabile in parte alla nostra tendenza a vedere oggettisemplici

pena di occuparsi con una certa attenzione, perche presentano importantiapplicazioni in campo figurativo.

5.1 Visione stereoscopica

II mondo in cui viviamo e fatto di tre dimensioni. Per muoverci in essoabbiamo bisogno di valutare la profondita dello scenario che ci circonda. Unoggetto, diciamo un ostacolo, deve essere indıviduato non solo in base allasua larghezza e alla sua altezza, ma anche alla sua forma e alla distanza che losepara da noi. Cimentatevi in una celebre prova: ponete sul tavolo di fronte avoi un oggetto ritto in piedi, come una candela o una bottiglia. Chiudete oraun occhio e con una mossa rapida, muovendo la mano dall’alto verso il basso,toccate col dito indice l’orlo della bottiglia o lo stoppino della candela. Searrivate al bersaglio si tratta di un puro caso. In genere ci andrete solo vicini.L’errore, naturalmente, non sara troppo grande, per l’abitudine che abbiamoa fare gesti di questo genere. Se poi possedete un gattino e vi va di farequalcosa di piu complicato (e un tantino cattivo), provate a mettergli unabenda su uocchio e a farlo giocare con una pallina di stagnola appesa a un

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filo. E poco probabile che la bestiola trovi la cosa granche divertente, perchela pallina continuerebbe a sbattergli sul naso o dove nessuno se l’aspetta.Ecco il perche dei due occhi che madre natura ci ha dato. Ca me due orecchieci consentono di individuare la provenienza di un suono, grazie alla sia purlieve differenza nei tempi in cui esso , le raggiunge, cosı due occhi ci dannoimmediatamente il senso della distanza e della profondita perche fornisconoal cervello due immagini differenti, nel senso che sono viste secondo dueangolazioni leggermente diverse. E facile verificarlo osservando un oggettoalternativamente ora con un occhio, ora con l’ altro. La diversita e tanto piuevidente, quanto piu l’ oggetto ci sta vicino, perche l’angolo che esso formacon ı nostri occhi e maggiore. E’ quello che sı ma effetto stereoscopico.Non e il caso di addentrarci sui meccanismi in base ai quali il cervello,partendo da una coppia di immagini bidimensionali, come sono quelle chesi formano sulle retine, riesce a compiere questa prodigiosa ricostruzionetridimensionale di cio che viene osservato. Bastera notare che, a differenza diquanto avviene per il suono, per la grande velocita propria della luce il nostrosistema nervoso riceve le due immagini pressoche simultaneamente, ne valutale differenze, e le pone in relazione alla distanza che separa gli occhi tra loroe naturalmente alla convergenza che essi devono assumere per focalizzarelo sguardo sull’oggetto. E tanto gli basta, allenato com’e da esperienze chesi ripetono ogni giorno fin da giovane per trarre conclusioni assolutamenteprecise. Provate ora a toccare la bocca della bottiglia tenendo ambeduegli occhi aperti. Se non siete sbronzi, cosa che comporterebbe uno stato difunzionamento anomalo del vostro sistema nervoso, non fallirete un colpo.Una bella verifica del meccanismo della visione stereoscopica si puo farefotograficamente, usando una macchina stereoscopica, che e una macchinacon due obiettivi affiancati che permettono di ottenere dello stesso oggettodue fotografie un po’ diverse come le immagini che vengono ricevute dainostri occhi. Queste fotografie si chiamano stereogrammi. Guardiamo ora i

Figura 12: Stereogrammi osservati al museo di scienze naturali con unostereoscopio

due stereogrammi con un visore stereoscopico. Questo aggeggio fu inventatonel 1832 dall’inglese Wheatstone. Usato nel modo corretto , esso permettedi far giungere l’immagine fotografata dall’obiettivo destro all’occhio destroe l’altra all’occhio sinistro. Apparecchietti del genere sono in commercio, e

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vengono spesso usati per osservare in tre dimensioni diapositive di interesseturistico, come paesaggi, monumenti, statue, o magari ragazze poco vestite.La profondita della scena appare straordinaria, si direbbe quasi piu che sela vedessimo dal vivo. Il cervello utilizza la grande somiglianza delle dueimmagini per fonderle in una sola, e le lievi differenze che ci sono fra esseper ricrearne la profondita.

Figura 13: stereoscopio

Possiamo divertirci a sovvertire l’ordine naturale delle cose, per esempioinvertendo di posto le due fotografie, in modo che l’immagine destinata al-l’occhio destro pervenga invece a quello sinistro e viceversa. Avremo cosıuna visione pseudoscopica, che ci fa apparire piu vicino cio che e piu lontano.Provate a pensare di muovervi per una stanza usando uno speciale binoco-lo che produce tale scambio delle immagini. Possiamo fabbricarcene uno,seguendo lo schema della figura 14. Una scatola e quattro semplici specchi-etti bastano a creare l’inversione dei fasci luminosi. C’e sicuramente di chedivertirsi! Ma rimettiamo le cose al posto giusto. La coppia di disegni della

Figura 14: Pseudoscopio

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figura 13 esemplifica tutto il discorso dell’effetto stereoscopico nel modo piusemplice possibile. Provate a far arrivare ciascuna immagine separatamentea uno dei due occhi. Per riuscire nell’intento, ponete un cartoncino di cir-ca venti centimetri in piedi verticalmente sul piano della pagina, in mezzoalle due immagini, e appoggiateci sopra il naso evitando di fare ombra sulfoglio. A questo punto ”strabicate” gli occhi fino a portare i due punti neria sovrapporsi esattamente. E importante, per ottenere questo, non inclinare

la testa di lato. Se siete bravı, dopo qual che tentativo, osserverete che ilquadrato piu piccolo appare sollevato dalla pagina e decisamente piu vicinoa voi. Si e manifestato appunto l’effetto stereoscopico di profondita, dovutoalla piccola differenza tra le due immagini. Il quadrato minore nell’immaginedi sinistra e spostato un po’ a destra, e viceversa. Cio fa sı che esso sia vistodai nostri occhi sotto un angolo differente che non il quadrato maggiore. Eun trucchetto in verita un po’ rudimentale, che mette a dura prova la nos-tra pazienza. Ma rende bene l’idea. Certo l’effetto sarebbe piu convincentese potessimo osservare le due immagini con un vısore stereoscopico. Poteteprovare a costruirne uno, cosı da poter fare tanti giochetti divertenti sul tipodi quello dell’inversione degli stereogrammi di cui abbiamo detto poc’anzi.

5.2 Camera distorta di Ames

Un americano della California e l’ideatore della strana camera mostrata nellafigura ??, la quale illustra esemplarmente quanto ingannevole possa esserela nostra percezione in peculiari ambientazioni.

La camera ha una forma bizzarra: in particolare il lato DG e alquantopiu lungo del lato CF e la finestra sulla sinistra e maggiore di quella sulladestra. Tali differenze scompaiono se si osserva la camera con un occhio soloattraverso un piccolo foro sulla parete frontale. Al contrario, due personein piedi negli angoli opposti sembrano molto diverse di statura, e l’effettoe cosı realistico da lasciare l’osservatore senza parole. La spiegazione stanell’attitudine del nostro sistema occhio-cervello a valutare la dimensionedegli oggetti tarando rispetto alla distanza l’immagine che si forma sulla

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Figura 15: Camera di Ames

retina (una persona che si allontana produce sulla retina un’immagine cheva gradualmente rimpicciolendosi, ma non per questo la si giudica in contin-ua contrazione). Nella camera di Ames, le due persone addossate agli angolisi trovano a distanze diverse da chi osserva, ma il particolare disegno dellacamera, unito alla perdita della stereoscopia per effetto della visione monoc-ulare, non permette all’osservatore di accorgersene, cosicche egli valuta ledimensioni di cio che vede in modo del tutto sviato. La camera di Amesfa giustizia completa di tanti pregiudizi legati a inganni dei nostri sistemipercettivi.

5.2.1 Modalita costruttive

Il disegno nella figura 15 e abbastanza autosufficiente, ma per chi Volessecostruirsi una camera di Ames a casa propria con riga e squadra, spieghiamomeglio e proviamo a dare delle possibili misure. I calcoli si fanno tenendopresente il fatto che, una volta annullato l’effetto di profondita, sulla retinasi produce una stessa immagine per tutte le pareti di fondo della camerache sono inscritte in una piramide avente per vertice il foro di osservazionee per base la parete normale, come suggerito dalla figura 2. Ci riferiamoa una camera di dimensioni naturali, ma si puo realizzarne una in formatoridotto dove introdurre dei pupazzetti al posto delle persone scalando pro-porzionalmente tutte le dimensioni (proponiamo una riduzione di 10 volte el’uso di un pezzo unico di cartone robusto di colore chiaro). Due delle paretisono rettangoli, le altre due, il pavimento e il soffitto sono trapezi, comemostrato nella figura 17. L’illuminazione della camera deve essere buona euniforme, come si puo ottenere con una lampada al neon posta al soffittosopra il foro di osservazione (nel caso del modello ridotto si puo realizzarela camera a cielo aperto). Si noti che l’altezza dello spigolo AD e quasi ildoppio di quella dello spigolo BC, come lo e la sua distanza dal foro di os-servazıone. Pero l’immagine dei due spigoli che viene a formarsi sulla retinae di eguale altezza. Lo stesso dicasi per le due finestre dipinte sulla parete difronte. Per tracciarle nel modo corretto ci si avvalga, come suggerito nellafigura, di due linee di fuga a e b portate dal punto O di convergenza dei lati

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Figura 16: L’effetto base dell’illusione: viste con un occhio solo le 2 paretiappaiono della stessa forma

AB e DC della parete. Un miglior risultato si ottiene, ma l’operazione none strettamente indispensabile, dipingendo il pavimento a scacchi bianchi ecolorati con lo stesso criterio di distorsione applicato alle due finestre (si uti-lizzi il punto di fuga O’ riportato nella figura 16). Per aumentare l’illusione,si puo disegnare sulla parete un orologio, distorto nel modo consueto. Alloscopo di compensare eventuali errori, e infine consigliabile praticare piu diun foro d’osservazione e scegliere poi quello che da l’effetto piu vicino allaperfezione.

Figura 3.

Figura 17: Dimensioni in centimetri delle pareti e del pavimento dellacamera distorta di Ames. Il soffitto ha le stesse dimensioni del pavimento.

Per le condizioni prescelte, illuminazione adeguata e uniforme delle pareticontro le quali si stagliano le sagome scure delle persone, nel campo visivodell’osservatore mancano termini di paragone ambientale che lo rendanoedotto della diversa distanza dalle due figure (per solito l’immagine retinica

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di un oggetto piu lontano e meno luminosa e nitida, fattori che qui vengonoresi secondari). Il fatto di guardare con un occhio solo, infine, rende inop-erante il principale meccanismo che ci permette di giudicare quale distanzaci separa da un oggetto, ossia l’angolo formato dai 2 raggi visivi diretti agliocchi. Il cervello allora prende alla lettera la dimensione delle immaginiche si formano sulla retina e capovolge la sua diagnosi, concludendo che lapersona a sinistra della figura 15 e pi piccola dell’altra.

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