1 Inquadramento territoriale - UFFICIO D'AMBITO DELLA ... Cap.1-Inquadramento_parte1.pdf · ad...

19
Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo Inquadramento territoriale Capitolo 1 1 1 Inquadramento territoriale I contenuti espressi nel presente capitolo permettono di collocare il tema delle risorse idriche all’interno di un più ampio scenario con lo scopo di approfondire gli argomenti che possono influire sulla correttezza della scelta delle opere del servizio idrico integrato in rapporto al raggiungimento degli obiettivi di qualità per l’ambiente. L’illustrazione delle caratteristiche morfologiche, geologiche e idrogeologiche del territorio dell’A.T.O. di Bergamo costituisce quindi una parte preliminare che serve essenzialmente per individuare il contesto di applicazione del Piano d’Ambito e si basa su studi già esistenti ed in particolar modo il PTCP della Provincia di Bergamo (deliberazione consiliare n. 40 del 22.04.2004) che contiene analisi molto approfondite su tutti gli aspetti del territorio. Di seguito si ritiene opportuno riportare le informazioni salienti e funzionali all’inquadramento del Piano d’Ambito per gli aspetti morfologici, geologici, idrogeologici, insediativi, produttivi e per le componenti più propriamente legate alla qualità della risorsa idrica. Per una trattazione più dettagliata di questi argomenti si rimanda alla documentazione ufficiale del PTCP, tutt’ora disponibile sul sito della Provincia di Bergamo, alla Carta Geologica Provinciale disponibile su supporto informatico presso il settore Pianificazione Territoriale ed al Progetto CARG (CARtografia Geologica) a cura di ISPRA con la collaborazione di Regione Lombardia. 1.1 Caratteristiche morfologiche Il territorio dell’ATO di Bergamo, nella configurazione dei limiti amministrativi provinciali, si estende per una superficie di 2.746 km 2 secondo l’ultimo censimento ISTAT e dal punto di vista morfologico può essere suddiviso in tre fasce altimetriche: il settore settentrionale montuoso, una ridotta fascia pedemontana collinare ed il territorio di pianura. Il motivo di tali allineamenti orografici è dovuto all’assetto geologico-strutturale dell’area che condiziona in larga misura la fisiografia del territorio. Fascia montana La zona occupa il 64% della superficie e comprende i rilievi della catena orobica bergamasca identificabili nella parte settentrionale della provincia. In corrispondenza di questa fascia si sviluppano da Ovest verso Est le valli principali: Val Brembana, Val Seriana, Val Cavallina e le valli minori: Valle Imagna, Val di Scalve, Val Serina e Val Taleggio. All’interno di questa fascia si possono distinguere due aree: Zona settentrionale che presenta le caratteristiche dell’ultima glaciazione pleistocenica (würmiana): depositi morenici; valli caratterizzate da una “sezione ad U”; circhi glaciali (depressioni ad anfiteatro chiuse a valle dalla roccia), che ospitano spesso un laghetto naturale (lago del Barbellino). Zona a sud della linea Valtorta–Valcanale (insieme di faglie rappresentate in Figura 1.2.8), con caratteristiche differenti, elevazioni più basse delle precedenti, rilievi formati da rocce di natura ed età diversa dalle precedenti. La composizione è prevalentemente calcarea e dolomitica, mancano i laghetti naturali ed artificiali, lo scorrimento

Transcript of 1 Inquadramento territoriale - UFFICIO D'AMBITO DELLA ... Cap.1-Inquadramento_parte1.pdf · ad...

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

1

1 Inquadramento territoriale

I contenuti espressi nel presente capitolo permettono di collocare il tema delle risorse idriche all’interno di un più

ampio scenario con lo scopo di approfondire gli argomenti che possono influire sulla correttezza della scelta delle

opere del servizio idrico integrato in rapporto al raggiungimento degli obiettivi di qualità per l’ambiente.

L’illustrazione delle caratteristiche morfologiche, geologiche e idrogeologiche del territorio dell’A.T.O. di Bergamo

costituisce quindi una parte preliminare che serve essenzialmente per individuare il contesto di applicazione del

Piano d’Ambito e si basa su studi già esistenti ed in particolar modo il PTCP della Provincia di Bergamo

(deliberazione consiliare n. 40 del 22.04.2004) che contiene analisi molto approfondite su tutti gli aspetti del

territorio.

Di seguito si ritiene opportuno riportare le informazioni salienti e funzionali all’inquadramento del Piano d’Ambito

per gli aspetti morfologici, geologici, idrogeologici, insediativi, produttivi e per le componenti più propriamente

legate alla qualità della risorsa idrica. Per una trattazione più dettagliata di questi argomenti si rimanda alla

documentazione ufficiale del PTCP, tutt’ora disponibile sul sito della Provincia di Bergamo, alla Carta Geologica

Provinciale disponibile su supporto informatico presso il settore Pianificazione Territoriale ed al Progetto CARG

(CARtografia Geologica) a cura di ISPRA con la collaborazione di Regione Lombardia.

1.1 Caratteristiche morfologiche

Il territorio dell’ATO di Bergamo, nella configurazione dei limiti amministrativi provinciali, si estende per una

superficie di 2.746 km2 secondo l’ultimo censimento ISTAT e dal punto di vista morfologico può essere suddiviso

in tre fasce altimetriche: il settore settentrionale montuoso, una ridotta fascia pedemontana collinare ed il

territorio di pianura. Il motivo di tali allineamenti orografici è dovuto all’assetto geologico-strutturale dell’area che

condiziona in larga misura la fisiografia del territorio.

Fascia montana

La zona occupa il 64% della superficie e comprende i rilievi della catena orobica bergamasca identificabili nella

parte settentrionale della provincia. In corrispondenza di questa fascia si sviluppano da Ovest verso Est le valli

principali: Val Brembana, Val Seriana, Val Cavallina e le valli minori: Valle Imagna, Val di Scalve, Val Serina e Val

Taleggio.

All’interno di questa fascia si possono distinguere due aree:

Zona settentrionale che presenta le caratteristiche dell’ultima glaciazione pleistocenica (würmiana): depositi

morenici; valli caratterizzate da una “sezione ad U”; circhi glaciali (depressioni ad anfiteatro chiuse a valle dalla

roccia), che ospitano spesso un laghetto naturale (lago del Barbellino).

Zona a sud della linea Valtorta–Valcanale (insieme di faglie rappresentate in Figura 1.2.8), con caratteristiche

differenti, elevazioni più basse delle precedenti, rilievi formati da rocce di natura ed età diversa dalle precedenti.

La composizione è prevalentemente calcarea e dolomitica, mancano i laghetti naturali ed artificiali, lo scorrimento

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

2

di acque superficiali, diffuso nell’area precedente si dirada e tende a concentrarsi in un minor numero di aste

fluviali e torrentizie più gerarchizzate; questo avviene per via dell’affioramento della roccia carbonatica che

assorbe le acque di precipitazione convogliandole in fratture verso un tipo di circolazione sotterranea per cui le

acque non si accumulano e defluiscono in profondità. In quest’area si imposta una notevole circolazione

sotterranea e quando gli acquiferi vengono a contatto con rocce impermeabili si possono creare zone di

risorgenza come la sorgente Nossana che, con una portata media annua tra i 900 e i 1.500 l/s, risulta una delle

principali fonti di approvvigionamento idrico del territorio ed è sfruttata dall’acquedotto di Bergamo come verrà

descritto nel capitolo 2.

In quest’area vi è inoltre una netta asimmetria in senso nord-sud dei versanti dei rilievi carbonatici dovuta a cause

geologiche. Il versante settentrionale è molto ripido, mentre il versante meridionale degrada blandamente verso

sud formando superfici inclinate uniformi e regolari.

I fiumi inoltre hanno uno sviluppo in senso nord-sud mentre nella precedente zona avevano decorso est-ovest.

Da richiamare infine in questa fascia alcune morfologie particolari: la Conca di Clusone, bacino imbrifero

originatosi da complesse vicende tettoniche, la cui depressione è stata colmata durante il quaternario da una

serie di depositi terrigeni che le conferiscono l’attuale aspetto; le forre profondamente incassate, quali l’orrido di

Bracca e la parte terminale della Valle Taleggio, prodotte da torrenti secondari che attraversano il corpo roccioso

della dolomia principale.

Fascia pedemontana:

Andando verso sud si trova una fascia collinare che si estende per 70 km in larghezza, dall'Adda al lago di Iseo

con una superficie del 12% che comprende la Val San Martino, i Colli di Bergamo e la Valcalepio.

Elementi salienti del paesaggio sono:

Lago Sebino, che ha una superficie di 61 km2, livello dell’acqua a 186 m ed il fondale depresso di 66 m

rispetto al livello del mare formato da sedimenti terrigeni;

Lago di Endine, il secondo lago naturale per estensione del territorio provinciale, il livello dell’acqua è a 334

m e la profondità massima è di 9,4 m. Si tratta di un invaso più modesto, raccolto in una depressione

formatasi in seguito al movimento del ghiacciaio camuno;

Paleolago poi colmato da sedimenti terrigeni, fluviali e lacustri, che formano oggi il ripiano di Casnigo-Leffe-

Gandino sovrastante di 100 m l’attuale alveo del Serio. La zona, sfruttata per l’estrazione di lignite ed argilla

è antropizzata in modo intensivo.

La fascia pedemontana e dei rilievi più direttamente prospicente la pianura è formata da rocce più recenti della

dolomia principale, in particolar modo carbonatiche, che vengono utilizzate come pietra da calce e da cemento o

per granulati che ha permesso la nascita di fiorenti industrie estrattive.

Manca una fascia collinare vera e propria infatti si conserva un dislivello di 1.000 m sulla quota di pianura che in

linea d’aria dista solo 5 km. Questa zona è dunque un’appendice terminale della catena prealpina dove il

passaggio dalla zona montana alla pianura avviene in uno spazio molto ristretto. Questo ha una giustificazione

geologica infatti la catena orobica non finisce al limite dei rilievi ma prosegue verso sud, sepolta sotto ghiaie e

sabbie che si sono depositate negli ultimi 5 – 6 milioni di anni. Il substrato profondo mostra infatti deformazioni

simili a quelle visibili nella parte emersa ed è ricoperto da sedimenti che si inspessiscono via via verso sud.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

3

Bassa pianura:

Questa fascia rappresenta il 24% dell’intero territorio ed è caratterizzata da un lembo settentrionale di pianura

padana a morfologia pianeggiante individuata con la terminologia “Livello fondamentale della pianura”. L’area è

relativamente uniforme e l’origine della sua morfologia è dovuta ai depositi fluvioglaciali che si sono accumulati

sul fronte dei ghiacciai pleistocenici e all’azione del reticolo idrografico.

La topografia naturale di quest’area individuata anche come “Pianura bergamasca” è stata localmente modificata

negli ultimi decenni soprattutto dall’apertura di numerose cave di ghiaia e sabbia, spesso di grandi dimensioni che

penetrano quasi sempre entro la falda freatica.

Il sottosuolo della pianura è ricco di acque che impregnano le alluvioni a varie profondità, esse traggono alimento

in parte dalle precipitazioni meteoriche ed in parte dalla dispersione nel sottosuolo dei corsi d'acqua superficiali

naturali o artificiali. Per questo motivo nel sottosuolo vi sono falde acquifere, poste a varia profondità, soggette

ad un fortissimo emungimento realizzato attraverso numerosi pozzi profondi anche più di 100.

Al limite meridionale del territorio l'emergenza della falda freatica al passaggio tra l'alta pianura prevalentemente

ghiaiosa e la bassa pianura prevalentemente sabbiosa, determina una fascia di sorgenti comprese tra le quote

160 e 75 metri, denominate fontanili. La portata dei fontanili varia nel tempo in funzione delle precipitazioni,

dell'apporto dei corsi d'acqua e soprattutto del livello della falda freatica che si va continuamente abbassando; per

questa ragione negli ultimi decenni il numero dei fontanili attivi si è ridotto e la loro portata tende a diminuire.

Tutti questi elementi brevemente descritti hanno inciso e tuttora incidono sulla possibilità insediativa e di sviluppo

della popolazione che possiede caratteristiche differenti a seconda della diversa morfologia del territorio. In

particolare nella pianura e nelle valli si assiste ad un’antropizzazione diffusa a scapito, nel secondo caso, dell’alveo

dei fiumi a cui viene sottratto sempre più spazio. L’aspetto morfologico del territorio ha quindi avuto da sempre

una conseguenza sulle opere di urbanizzazione connesse allo sviluppo, comprese quelle relative alla progettazione

e realizzazione delle infrastrutture del settore idrico.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

4

1.2 Caratteristiche geologiche e strutturali

1.2.1 Inquadramento geologico

Come già specificato, in questa sede si intende brevemente richiamare gli aspetti geologici di inquadramento

dell’Ambito, rimandando per una trattazione più approfondita ai seguenti documenti:

PTCP provincia di Bergamo

Carta geologica della Provincia di Bergamo

Progetto CARG Regione Lombardia

I rilievi della catena orobica bergamasca fanno parte di un settore strutturale più ampio denominato dal punto di

vista geologico Alpi meridionali o sudalpino, separato dal corpo principale delle Alpi attraverso la Linea insubrica,

una discontinuità tettonica costituita da un insieme di faglie collegate tra loro con orientamento est – ovest.

Le Alpi meridionali si sono formate dalla collisione tra le due placche continentali europea e adriatica (di

pertinenza africana) che cominciarono a ad avvicinarsi e scontrarsi tra 130 e 70 milioni di anni fa e rappresentano

il risultato dei processi di sottoscorrimento della crosta continentale africana sotto il margine alpino.

Rispetto all’edificio alpino a nord della Linea insubrica le Alpi meridionali presentano processi metamorfici

sviluppatisi più gradualmente e solo nelle porzioni strutturali più profonde, i sovrascorrimenti sono di minori

dimensioni e il movimento tettonico ha un senso orientato verso sud.

Il principale processo geologico che si verifica nelle montagne bergamasche è la sedimentazione che dà origine

ad un’evoluzione stratigrafica dove ad ogni tipo di sedimento corrisponde un preciso periodo geologico.

Le fasi del processo sedimentario (litificazione) sono varie e di lunga durata, si parte dall’alterazione delle rocce

preesistenti sulla superficie terrestre con formazione di detriti solidi e di sostanze in soluzione, si prosegue con

l’erosione e il trasporto del materiale detritico e di quello in soluzione ad opera di fiumi, venti, ghiacciai, gravità,

fino alla deposizione (sedimentazione) del materiale in ambienti diversi (continentale, marino) con formazione

della roccia (litificazione dei sedimenti) dovuta alla pressione esercitata da altri sedimenti che si accumulano via

via sopra di essi per finire con i processi chimico fisici tra i minerali che costituiscono il sedimento o tra questi e le

soluzioni circolanti nel sedimento stesso o i fluidi che lo circondano.

Le strutture dei bacini sedimentari sono la conseguenza di cicli geologici contraddistinti da innalzamenti ed

abbassamenti dei livelli marini: trasgressione e regressione. Durante la trasgressione il mare, per innalzamento

del suo livello, invade le terre in precedenza emerse; la successione dei sedimenti inizia con materiali clastici

(granuli) grossolani, derivati dal disfacimento della costa ancora vicina (conglomerati di base), seguiti man mano

che il livello del mare s’innalza, da sedimenti di mare più profondo (arenarie, argille e calcari). Durante la

regressione il mare si ritira dalle regioni prima coperte, in questa situazione avremo i conglomerati in cima alla

colonna stratigrafica e alla base le formazioni più profonde con sedimenti molto fini.

Il processo sedimentario è legato quindi all’approfondimento di un’area che passa da condizioni di sedimentazione

continentale a condizioni di sedimentazione marina durante la trasgressione, seguito da un successivo ritorno a

condizioni di sedimentazione di tipo continentale durante la regressione.

Le rocce sedimentarie affioranti nella catena bergamasca sono di età compresa tra il Permiano (290 – 250 milioni

di anni fa) e il Cretacico (140 – 70 milioni di anni fa) con una netta predominanza dei sedimenti carbonatici del

periodo Triassico (250 – 210) anni fa. Le successioni sedimentarie appoggiano in discordanza su un basamento

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

5

cristallino che è quello delle Alpi meridionali, presente a nord del territorio in alcune limitate porzioni lungo lo

spartiacque con la Valtellina e in alcune finestre tettoniche più a sud. Il basamento è di origine metamorfica ed è

costituito da due principali unità litologiche, gneiss nella parte occidentale e scisti e filladi nella parte centro-

orientale, derivate dal metamorfismo di successioni arenacee e argillose depositatesi nel Paleozoico inferiore.

Si descrivono in modo sintetico le varie fasi del processo sedimentario con l’ausilio delle immagini disponibili nella

pubblicazione della carta Geologica della Provincia di Bergamo.

Figura 1.2.1 - Rocce metamorfiche ed intrusive formanti il Basamento Cristallino sudalpino, caratterizzato da eventi deformativi metamorfici di età più antica del Permiano.

PALEOZOICO

Carbonifero e Permiano

Figura 1.2.2 - Alla fine delle formazione delle montagne europee si formano i primi bacini sedimentari i cui depositi sono

riconoscibili nelle successioni rocciose che costituiscono la base della copertura sedimentaria delle montagne bergamasche. Al di

sopra del basamento cristallino affiorano in modo discontinuo alcuni livelli di conglomerati, contenenti clasti dello stesso

basamento. Questa formazione, denominata “Conglomerato basale” è ricoperta da una successione vulcanico-sedimentaria che

comprende prodotti vulcanici e sedimenti arenacei, argillosi e conglomeratici. Le rocce appartenenti a questo complesso insieme

di litotipi costituiscono la “Formazione del Collio” e testimoniano una forte attività tettonica e vulcanica, soprattutto in Alta Valle

Brembana, la porzione occidentale di affioramento della formazione. Le argille del Collio sono state poi trasformate dal

metamorfismo alpino nelle ardesie largamente utilizzate in edilizia. Altri corpi conglomeratici ricchi di clasti del basamento

cristallino affiorano nella parte più occidentale della provincia e costituiscono la “Formazione di Ponteranica”, un insieme di corpi

sedimentari a ventaglio (conidi alluvionali) che si scaricavano nei bacini lacustri del Collio. Ad un lungo periodo di mancata

sedimentazione ha fatto seguito la deposizione del “Verrucano Lombardo”, una sequenza di arenarie e conglomerati,

caratterizzati da un tipico colore rosso violaceo dovuto a fenomeni di intensa ossidazione; questa formazione costituirà poi le

Alpi meridionali. Le rocce metamorfiche sono ricoperte in discordanza da successioni sedimentarie la cui età parte dal Permiano

Inferiore. La parte più antica è rappresentata da successioni di natura terrigena e vulcanica deposte in ambienti continentali.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

6

MESOZOICO

Triassico inferiore e medio

Figura 1.2.3 - Il Trias inferiore (Scitico) è caratterizzato da rocce ancora in prevalenza terrigene di ambienti costieri e di bassa

profondità. Si instaura un’ampia piattaforma marina, sulla quale si depositano marne (calcari misti ad argille) arenarie, dolomie

oolitiche e siltiti. Tutti questi litotipi rientrano nella “Formazione del Servino” una delle poche avvenute nel triassico. Alla fine del

Triassico Inferiore in tutta la zona lombarda si verifica un’importante regressione che produce piccoli bacini chiusi all’interno dei

quali, in un clima arido per via dell’evaporazione delle acque, si depositano dolomie, gessi, carniole e anidriti raggruppate nella

“Formazione della Carniola di Bovegno”. Nel Trias medio Anisico, il livello del mare si approfondisce nuovamente dando origine

alla formazione di bacini a sedimentazione carbonatica (Calcare di Angolo), successivamente si depositano sedimenti di mare

più profondo, di composizione calcareo marnosa (Calcare di Prezzo, il cosiddetto marmo “nero venato”). Nel Trias Medio

Ladinico si individuano grandi banchi carbonatici (piattaforma del Calcare di Esino che costituisce la maggior parte dei rilievi

dolomitici delle Prealpi, Valle Brembana e massiccio della Presolana), separati da bacini allungati con sedimentazione prima di

tipo carbonatico-silicea, con intercalazioni di livelli tufici e successivamente di tipo terrigeno con arenarie e marne (Buchenstein,

Perledo Varenna, F. di Wengen).

Triassico Superiore

Figura 1.2.4 – Il Carnico presenta la maggiore differenziazione litologica della successione triassica. Nei settori più meridionali

delle Prealpi prevalgono le successioni arenaceo-siltose fluviali-deltizie e marine-transizionali (Arenarie di Val Sabbia 25,

Formazione di Gorno 26), in quelli più settentrionali persistono le piattaforme carbonatiche (Formazione di Breno, 23) che

contengono importanti e utili mineralizzazioni oggi riscontrabili nella zona della Presolana. Alla fine del Carnico si conclude il

secondo ciclo sedimentario del Triassico con la deposizione, in un ambiente di piana alluvionale, delle arenarie, argilliti e

dolomie evaporitiche della “Formazione di San Giovanni Bianco”. Durante l’inizio del Norico al di sopra delle piane alluvionali del

San Giovanni Bianco si imposta un’estesissima piattaforma carbonatica (formazione della Dolomia Principale, 29) che ricopre in

modo uniforme la zona sudalpina ed è presente in tutta la fascia centro-meridionale del territorio bergamasco. Inizia una fase

di subsidenza legata all’inizio dei processi di distensione (rifting) ed assottigliamento della crosta terrestre. Alla fine del retico la

topografia viene uniformata da successioni terrigene (Argillite di Riva di Solto) e in seguito da successioni marnoso-calcaree

(Calcare di Zu) nella cui parte alta sono presenti spessi banchi carbonatici che preludono ad un ritorno delle condizioni di

sedimentazione carbonatica. La Dolomia Principale è separata da lagune e bacini anossici (calcari, dolomie del Calcare di

Zorzino, Dolomia Zonate,30,31 ed argilliti nere dell’Argillite di Riva di Solto, 32).

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

7

Giurassico

Figura 1.2.5 – I sedimenti depostisi durante il Giurassico fanno parte di un unico grande ciclo sedimentario che si conclude nel

successivo Cretacico. Caratteristiche di questo periodo sono le faune ad ammoniti, testimonianti un ambiente di mare aperto

(ambiente pelagico) e la diffusione di selce. È di questo litotipo del Giurassico che sono costituite le «pietre coti», largamente

utilizzate per affilare lame e coltelli di ogni genere. I sedimenti giurassici affiorano in una stretta fascia verticalizzata dai processi

tettonici, situata a ridosso della flessura frontale della catena. La base del Giurassico è caratterizzata dalla deposizione di calcari

selciferi ben stratificati con banchi di ostreidi Calcare di Sedrina. Si sviluppa inoltre la formazione del Rosso Ammonitico

Lombardo, composta da marne di colore rossastro e calcari rosati di aspetto nodulare ricche di ammoniti, sugli alti strutturali si

sviluppano invece successioni molto condensate di argille glauconitiche con un basso tasso di sedimentazione. Nel Giurassico

Medio (Dogger) si assiste alla deposizione di una delle formazioni più caratteristiche del Giurassico, quella delle Rediolariti,

costituita da fanghi derivanti dall’accumulo di microrganismi, comprendente una sequenza di selci rosse e verdi purissime. Il

Giurassico medio-superiore (Malm) si caratterizza per la presenza generalizzata di rocce ben stratificate calcaree fini, marnose e

silicee di ambiente oceanico (Oceano Ligure – Piemontese). La sedimentazione è caratterizzata dalla ricomparsa dei litotipi

marnoso-carbonatici costituiti da marne rosso mattone molto ricche di selce con presenza di opercoli di ammoniti costituiti da

materiale calcitico. La fine del giurassico è caratterizzata in tutta la Lombardia dalla sedimentazione di un fango calcitico

costituito da microorganismi con scheletro carbonatico che costituiscono la formazione della maiolica con calcari bianchi a grana

fine dal tipico aspetto porcellanaceo e abbondanti noduli di selce dovuti a microorganismi con scheletro siliceo.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

8

Cretacico

Figura 1.2.6 – Durante il cretacico si sviluppano i processi orogenici che porteranno alla formazione della catena alpina. Nel

sudalpino si verificano eventi compressivi di notevole entità. Le rocce sedimentatesi nel bacino lombardo testimoniano infatti la

formazione di un’avanfossa, ossia un bacino che si forma a fronte di una zona in cui si stanno impilando sovrascorrimenti.

L’abbassamento del bacino è infatti dovuto al carico litostatico prodotto dall’ispessimento crostale provocato da tali processi. Si

formano così le successioni costituite da depositi torbiditici (flysh) provenienti dal rimaneggiamento dei materiali erosi dalle zone

più interne in sollevamento. I Flysch sono complessi sedimentari composti da rocce detritiche che derivano dall’accumulo di

frammenti litici di altre rocce alterate, trasportati da agenti esogeni, quali le correnti di torbida che accumulano questi sedimenti

al piede della scarpata continentale formando conoidi costituite da materiale arenaceo-argilloso e in parte conglomeratico.

L’inizio del cretacico è caratterizzato dalla prosecuzione dei fanghi calcarei che costituiscono la maiolica. Questo tipo di

sedimentazione è poi interrotta da un episodio di stagnazione durante il quale si depongono argille nere ricche di materia

organica. Il primo corpo torbiditico di grandi dimensioni è rappresentato dalla formazione del Sass della Luna caratterizzato da

calcari marnosi di colore giallo cinereo facilmente sfaldabili. Con l’inizio del cretacico superiore si ritrovano i primi flysh silico-

clastici, ricchi di materiali silicei, alimentati da zone in erosione situate al di fuori del bacino sedimentario, come testimoniato

dalla presenza di clasti di minerali metamorfici legati all’orogenesi delle alpi occidentali. Il Cenomaniano è caratterizzato da una

forte attività tettonica sinsedimentaria, al di sopra dei depositi cenomaniani si dispone una complessa sequenza di torbiditi

arenaceo-pelitiche e marnose: Flysch di Colle Cedrina. Nel Coniaciano si diffondono ancora arenarie di composizione

silicoclastica, ricche di materiale siliceo e di colore grigio verdastro, litotipi utilizzati ampiamente nell’edilizia come testimonia il

colore degli antichi palazzi di Bergamo Alta. Del periodo Campaniano vi sono il conglomerato di Sirone costituito da ciottoli, il

Flysh di Bergamo e la pietra di Credaro costituiti da arenarie silicee e calcaree.

Cenozoico

La ricostruzione della storia geologica del territorio bergamasco più recente dopo la sua emersione Cenozoica è

piuttosto complessa ed estremamente frammentaria. Nella provincia di Bergamo non affiorano infatti successioni

di età compresa tra l'Eocene e il Miocene superiore.

Per una trattazione più approfondita si rimanda direttamente al PTCP e alla Carta Geologica Provinciale.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

9

1.2.2 Suddivisione strutturale del settore orobico

L’associazione e la geometria delle strutture tettoniche riconosciute nel settore bergamasco del sudalpino

consente di suddividere schematicamente il territorio bergamasco nelle seguenti zone.

Figura 1.2.7 – Carta Geologica della Provincia di Bergamo: AO Anticlinale Orobica - ATC Anticlinale Trabuchello – Cabianca - AC Anticlinale di Cedegolo

Zona del Basamento orobico: è il settore compreso tra il fianco destro idrografico della Valtellina e la Linea

Orobica (che attraversa il crinale nei pressi del Passo San Marco, di Foppolo e prosegue per l’Alta Valle Seriana

rifugio Curò), risulta quasi interamente al di fuori della provincia estendendosi principalmente lungo il versante

settentrionale delle Orobie che appartiene alle province di Sondrio e Como.

Zona delle Anticlinali Orobiche, ubicata nel settore settentrionale della provincia di Bergamo a sud della zona

precedente delimitata a nord dalla linea orobica e a sud dalla linea Valtorta -Valcanale. Questa è un piano di faglia

immergente ripidamente verso sud al di sopra del quale sono accavallate unità tettoniche costituite da rocce di

formazione triassica. Il settore è caratterizzato dalla presenza di grandi pieghe di tipo anticlinalico di dimensioni

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

10

chilometriche, costituite da basamento cristallino, dalla soprastante copertura sedimentaria di età permiana,

comprendente la Formazione del Collio, il Verrucano Lombardo e occasionalmente il Servino. Sono suddivise in tre

fasce: Anticlinale Orobica, Anticlinale Trabuchello – Cabianca, Anticlinale di Cedegolo. I principali rilievi orobici

sono il Diavolo di tenda, i Pizzi di Coca, Scals, Redorta, Recastello e Tre Confini.

Zona centrale a sovrascorrimenti sradicati

Questo settore si sviluppa tra le anticlinali orobiche e la zona della dolomia principale ed è delimitato a nord dalla

linea Valtorta - Valcanale e a sud dalla faglia di Clusone, dal sovrascorrimento dell’Alben e dalla sua prosecuzione

verso nord lungo il sistema di faglie (faglia di Antea) sviluppate sul versante destro idrografico della Valle

Brembana. Nella zona centrale sono presenti i principali rilievi prealpini carbonatici della bergamasca centrale, il

Pizzo Camino, il massiccio della Presolana Ferrante e la costiera Secco – Arera.

Figura 1.2.8 – Schema tettonico “Foglio 77 Clusone” Carta Geologia d’Italia.

ProgettoCARG

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

11

Zona centro- meridionale della Dolomia principale

Questo settore è caratterizzato dalla presenza di un piastrone carbonatico costituito dalla dolomia del triassico

superiore e dai sedimenti del triassico terminale. La struttura tettonica è influenzata nettamente da questa

successione di carbonati, contraddistinta dalla notevole rigidità della dolomia le cui caratteristiche meccaniche la

rendono un livello tettonico ben definito.

A nord i limiti coincidono con quelli del settore precedentemente descritto, mentre a sud la zona è delimitata dal

fronte della dolomia principale esposto tra Albino e Zogno.

Tale zone strutturali vengono anche indicate con la denominazione "Unità alloctone inferiori e parautoctono" si

tratta di unità strutturali separate da faglie e sovrascorrimenti caratterizzata da una duplice o triplice ripetizione

della sequenza carbonatica triassica (unità carbonatiche alloctone).

La zona del parautoctono è pertanto delimitata a nord dalla linea Valtorta –Valcanale e, verso sud, dal fronte

meridionale della dolomia principale. A nord la successione di sovrascorrimenti descritti ricopre il fianco

meridionale delle anticlinali orobiche; a sud la zona è ricoperta, con un contatto suborizzontale debolmente

vergente a sud, dalla Dolomia Principale.

Figura 1.2.9 – Schema tettonico “Foglio 89-Bergamo” Carta Geologica d’Italia. Progetto CARG

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

12

Settore frontale

Questa zona comprende la parte frontale affiorante della catena sudalpina. Le strutture principali formano tre

fasce parallele costituite rispettivamente da nord a sud da:

Un allineamento di pieghe di tipo anticlinalico (anticlinale dell'Albenza e del Bronzone);

Due grandi anticlinali molto aperte: l’anticlinale di Zandobbio e l'anticlinale del Monte Canto;

Una successione di pieghe in parte rovesciate, costituite prevalentemente dalle successioni cretaciche,

che si immergono al di sotto della pianura padana.

Sottosuolo padano

Le strutture della catena sudalpina proseguono in profondità sotto i sedimenti pliocenici e quaternari della pianura

padana.

Vengono distinti tre principali livelli:

Basamento magnetico: questo comprende il basamento cristallino e le successioni vulcaniche

pretriassiche delle Alpi meridionali, confrontabili con quelle attualmente affioranti.

Copertura mesozoica: anche in questo caso la successione mesozoica, costituita per lo più da unità

carbonatiche a stratificazione massiccia, risulta paragonabile e simile a quella affiorante nelle Alpi

meridionali.

Successioni di età compresa tra il Paleocene e il Pliocene: la prima fortemente deformata e scollata dalle

sottostanti unità mesozoiche; la seconda poco deformata e discordante dalla precedente, che risulta

leggermente tiltata verso sud a costituire la monoclinale pedealpina.

L'analisi delle strutture presenti nel sottosuolo padano indica quindi che la catena prosegue in profondità al di

sotto della copertura più recente e che lungo il margine di questa, nel sottosuolo bergamasco, l’età delle ultime

deformazioni compressive è miocenica, in quanto risultano coinvolte dai sovrascorrimenti sequenze sedimentarie

del Miocene medio.

1.3 Caratteristiche Idrogeologiche

Il territorio bergamasco è ricco di manifestazioni sorgentizie a causa di un afflusso meteorico abbastanza elevato

e di una costituzione geologica favorevole all'immagazzinamento delle acque di infiltrazione.

Da un punto di vista idrogeologico, il territorio della provincia di Bergamo può essere suddiviso in due settori: uno

montano e collinare costituito dalle scaglie tettoniche del sistema sudalpino che comprende le sequenze

metamorfiche del basamento cristallino e le successioni sedimentarie del bacino lombardo, ed uno di pianura

costituito dai sedimenti del Pliocene – Olocene depositatisi durante le fasi trasgressive del mare, in seguito alle

avanzate e i ritiri glaciali della 4 glaciazioni e per l’erosione e la sedimentazione alluvionale postglaciale operata

dai maggiori fiumi.

Nel settore montano la circolazione idrica sotterranea avviene lungo i maggiori allineamenti tettonici, lungo

discontinuità come piani di fessurazione/fratturazione o stratificazione/scistosità e in cavità carsiche e dà origine a

numerose sorgenti. Le risorse idriche sono concentrate nelle aree carbonatiche delle Prealpi Bergamasche,

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

13

mentre nelle aree a rocce cristalline che formano l’ossatura dell’arco Alpino sono presenti sorgenti di minore

interesse con portate limitate.

Il settore di pianura è invece sede di importanti falde sotterranee; la falda freatica si trova a profondità variabili

tra i 50 e i 35 m nella parte più settentrionale della pianura ed emerge a sud lungo la fascia dei fontanili al

confine con la provincia di Cremona.

1.3.1 Idrogeologia del settore montano collinare

Da nord a sud, il territorio montuoso e collinare può essere a sua volta suddiviso in tre zone sufficientemente

omogenee.

Prima zona

È la più settentrionale e comprende le testate delle valli Brembana, Seriana ed il versante destro del torrente

Dezzo. Essa presenta un substrato roccioso quasi del tutto costituito da formazioni paleozoiche, a permeabilità da

media o ridotta, al cui interno la circolazione idrica avviene lungo piani di scistosità o lungo fratture suturate da

cataclasiti1. Mancano rocce incoerenti (depositi glaciali e detriti di falda) con spessori sufficienti a costituire

serbatoi importanti.

Seconda zona si estende a sud sino all'Anticlinale dell'Albenza in senso lato. Il substrato roccioso è costituito da

formazioni mesozoiche, calcaree, calcareo dolomitiche, calcareo-marnose ed argillitiche, ritmicamente alternate

nella successione stratigrafica generale. La permeabilità appare complessivamente elevata e la circolazione di tipo

carsico è assai sviluppata entro il Calcare di Esino, la Dolomia Principale e il Calcare di Zu che rappresentano gli

orizzonti serbatoio più rilevanti, ai quali sono legate le manifestazioni sorgentizie più significative.

La formazione del Calcare di Esino dà origine alle sorgenti più generose solo in parte sfruttate, quali quelle del

Brembo di Olmo, Val Parina, Monte Ortighera, Valle Nossana, Valzurio, Area tra Olmo ed Ardesio e bassa Val di

Scalve.

La seconda formazione, quella della dolomia principale, comprende le sorgenti di Algua, del Ponte del Costone,

del Rio Re di Albino, della Val Taleggio, della Val Piana, Val Vertova, Ponte Giurino.

Alla terza formazione appartengono le più consistenti manifestazioni dell'alta Valle Imagna. l’Argillite di Riva di

Solto. Queste ultime in particolare concorrono a determinare le sorgenti prevalentemente di contatto della Valle

Imagna, là dove gli scisti neri si trovano a diretto contatto con le bancate, in parte carsificate, del Calcare di Zu.

L'ultima zona, la più meridionale, comprende le aree collinari e pedecollinari il cui serbatoio roccioso appartiene a

formazioni cretaciche, prevalentemente arenaceo argillitiche, con sporadiche intercalazioni calcaree e calcareo-

marnose, a permeabilità molto ridotta, che mal si prestano all'accumulo di risorse idriche significative.

1 Rocce intensamente frantumate in prossimità di una faglia che si generano tramite un processo di rottura della roccia madre in un insieme di grani che sono successivamente cementati dai fluidi circolanti nel sistema di fratture della zona di faglia a temperature e pressioni corrispondenti

ad un grado metamorfico molto basso o basso.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

14

Le sorgenti più significative sotto il profilo tipologico appartengono alla categoria «di sbarramento», legate al

rigurgito dell'acqua allorquando vi sono ostacoli al suo movimento. In genere gli ostacoli sono rappresentati da

faglie che pongono a contatto complessi meno permeabili con la falda dell'acquifero. Formazioni di sbarramento a

causa della loro natura impermeabile sono le arenarie di Val Sabbia, la Formazione di S. Giovanni Bianco,

l’Argillite di Riva di Solto.

Un ruolo marginale nell'economia delle risorse idriche provinciali rivestono le sorgenti «per contatto» legate a

depositi detritici di vario genere. Fra quelle sfruttate da acquedotti comunali si ricordano le sorgenti esistenti sulle

pendici meridionali del Monte Cavlera in Val Seriana, legate ad una circoscritta falda detritica e, sull'altopiano di

Bossico, in deposito glaciale, sorgenti con portate nell'ordine di frazione di litro al secondo.

Ogni sorgente o insieme di sorgenti è strettamente legata ad un serbatoio o formazione idrogeologica che

condiziona l’immagazzinamento dell’acqua sotterranea e le modalità con cui essa viene rilasciata.

Il bacino idrogeologico rappresenta la trama solida della struttura dell’acquifero ed è caratterizzato dalla forma,

dalla dimensione e dalla frequenza delle cavità intercomunicanti che attraversano le rocce rendendole permeabili

e condizionano la circolazione per gravità dell’acqua sotterranea. Inoltre la natura del substrato roccioso e le sue

caratteristiche geo-chimiche sono intrinsecamente correlate con la composizione chimica e la qualità dell’acqua di

sorgente.

La delimitazione del bacino idrogeologico o di alimentazione richiede l’effettuazione di indagini orientate ad

identificare l’orizzonte geologico che alimenta la sorgente, la sua ricostruzione tettonica e la delimitazione

dell’area di affioramento.

Benché non esista ancora una valutazione documentata sulla resa delle diverse unità geologiche, sulla base degli

studi disponibili è possibile distinguere la produttività in termini di risorsa idrica in base alla portata media delle

sorgenti annua per km2 di bacino idrogeologico.

Si può così notare che le unità più produttive sono il Calcare di Esino, la Dolomia Principale e il Calcare di Breno e

con 100 – 50 l/s/km2. Altrettanto importanti risultano le unità giurassiche del calcare di Sedrina con portate

specifiche fra 50 – 20 l/s/km2.

Fra le unità con minore produttività vi sono i Flysh con portate eccezionalmente superiori a 1 l/s/km2 nel territorio

bergamasco, Flysh di Bergamo, Conglomerato di Sirone, Arenarie di Sarnico: 33 – 45 l/s/km2; Flysh di Pontida 3 –

21 l/s/km2, Marne e Peliti: 4,5 l/s/km2. Nel Flysh di Bergamo sono presenti conglomerati calcarei (megastrato

carbonatico del “Lecchetto”) con una produttività specifica molto elevata rispetto al resto dell’intera formazione.

Tra i sistemi idrogeologici che alimentano le sorgenti vale la pena evidenziare quelli della sorgente Nossana (uno

trai più studiati in Lombardia) e del ponte del Costone, che alimentano l’anello principale dell’acquedotto di

Bergamo.

NOSSANA

La sorgente della Nossa o Nossana, si configura come una sorgente di tipo carsico o più propriamente una

risorgenza e si trova in una forra a circa 500 m s.l.m. e il suo assetto idrogeologico è collegato a due strutture

tettoniche:

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

15

1. Sovrascorrimento basale che è il piano di scollamento lungo il quale la successione anisico – carnica si è

scollata ed accavallata verso sud. Costituisce l’impermeabile di letto che permette la raccolta e lo

scorrimento verso sud delle acque infiltratesi da un ampio bacino idrogeologico più esteso di quello delle

valli Nossana e Fontagnone.

2. Due dislocazioni a livello idrogeologico locale: faglie Trinità Nord e Trinità sud. La prima permette

l’innalzamento dell’impermeabile di base (sovrascorrimento basale e sottostanti unità impermeabili)

favorendo la risorgenza delle acque, la seconda permette lo sbarramento che impedisce la dispersione

degli afflussi sotterranei.

Il substrato roccioso che costituisce il “serbatoio” appartiene alle unità carbonatiche del Calcare di Esino

(Ladinico), Formazione di Breno e Calcare Metallifero Bergamasco (Carnico): rocce sedimentarie costituite da

calcari fratturati con sistemi di fessure che l’azione meccanica e la dissoluzione dei carbonati per effetto delle

acque hanno trasformato in canali e cavità dove scorre la risorsa idrica. La risorgenza è determinata dalla

presenza di una faglia inversa "Faglia della Trinità (nord)", che taglia le masse rocciose innalzando strati

impermeabili (marne, calcari argillosi e argilliti appartenenti alle formazioni di Gorno e di San Giovanni Bianco)

formando una "soglia di permeabilità sovraimposta" che ostacola il normale corso delle acque sotterranee verso il

Fiume Serio obbligandole così a sgorgare in superficie. Le dimensioni della sorgente sono notevoli: la portata

media annua oscilla tra i 900 e i 1.500 litri/sec raggiungendo picchi di 20.000 litri/sec in occasione di periodi con

precipitazioni atmosferiche particolarmente intense. Si tratta di un’acqua oligominerale che sgorga a temperatura

costante di circa 8,5°C con una durezza di 11°F.

La portata dipende dalla portata utile della falda acquifera sottesa dalla sorgente, nonché dal serbatoio

sotterraneo dal quale la sorgente riceve alimento. Un regime idrologico della sorgente relativamente costante è

fra le condizioni ottimali per il suo sfruttamento.

Unità permeabili carbonatiche fessurate – Calcare di Esino, Formazione di Breno e Calcare Metallifero Bergamasco

Unità impermeabili calcareo marnose –Formazione di Gorno e San Giovanni Bianco

Sovrascorrimento Faglia

FVC: Faglia di Val Canale - SB: Sovrascorrimento Basale - SS: Sovrascorrimenti Superiori - FC: Faglia di Clusone

Figura 1.3.1 – Profilo idrogeologico del bacino di alimentazione potenziale della Sorgente Nossana (Jadoul, Pozzi, Pestrin)

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

16

COSTONE

Le sorgenti del Ponte del Costone sono ubicate a valle della Sorgente Nossana lungo l’alveo del Fiume Serio.

L’acquifero di queste sorgenti è costituito dalla parte inferiore della Dolomia Principale in cui la presenza di

famiglie di fratture favorisce la venuta a giorno delle acque. Le sorgenti captate sono 3 ed hanno una portata

media compresa tra 20 – 50 l/s. In prossimità delle sorgenti sono stati realizzati interventi di impermeabilizzazione

per diminuire il rischio di vulnerabilità dovuto all’infiltrazione delle acque superficiali.

1.3.2 Idrogeologia del settore di Pianura

Prima di inquadrare la pianura bergamasca è necessario richiamare il più ampio scenario della Pianura Lombarda

ai fini anche della pianificazione a livello di bacino del Po.

I due principali punti di riferimento sono il PTUA e lo studio “Geologia degli acquiferi padani della Regione

Lombardia.

Il PTUA individua nella pianura lombarda 4 aree idrogeologiche:

- Zona di ricarica delle falde: localizzata quasi tutta a monte della fascia delle risorgive o dei fontanili;

- Zona di non infiltrazione alle falde: localizzata nell’alta pianura, nelle aree in cui affiora la roccia

impermeabile;

- Zona ad alimentazione mista: localizzata nella zona centrale e meridionale della pianura. Le falde

superficiali sono alimentate da infiltrazioni locali, ma non trasmettono l’afflusso alle falde più profonde;

- Zona di interscambio tra falde superficiali e profonde: localizzata in corrispondenza dei corsi d’acqua

principali, soprattutto quello del fiume Po.

Sulla base di queste individuazioni e in riferimento alle litologie presenti, alla disposizione geometrica e ai

fenomeni di circolazione idrica sotterranea sono distinti 3 complessi acquiferi principali separati da livelli

impermeabili continui ed estesi:

- Acquifero superficiale (I acquifero): ospita falde libere e riceve alimentazione direttamente dalle piogge,

dai corsi d’acqua e dalle irrigazioni, è chiaramente individuabile nella media e bassa pianura dove i livelli

impermeabili che lo separano dal II acquifero sono più consistenti. Nella parta alta della pianura risulta

non individuato.

- Acquifero tradizionale (II acquifero): ospita falde libere, semiconfinate e confinate procedendo da nord

verso sud e riceve alimentazione da precipitazioni e irrigazione nella parte alta della pianura, dalla falda

sovrastante nella media pianura e dalla ricarica a monte nella parte meridionale. Nell’alta pianura non

presenta uno strato impermeabile di copertura, ma soggiacienze2 di decine di metri che rappresentano

una protezione naturale. È l’acquifero più sfruttato per usi potabili, igienico-sanitari e industriali.

- Acquifero profondo (II acquifero): confinato nei sedimenti transizionali3, che nella zona dell’alta pianura

presentano una prevalenza dei litotipi grossolani, è ben separato dalle falde sovrastanti ed isola falde in

pressione, viene alimentato da zone di ricarica poste a monte o da interruzioni in corrispondenza degli

strati impermeabili che lo delimitano.

2 Profondità delle acque di falda, in metri, rispetto alla superficie del terreno (piano campagna). 3 Depositi deltizi, caratterizzati da sedimenti prevalentemente argillosi e sabbiosi, o depositi costieri con granulometria differenziata in funzione del

tipo di costa.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

17

Il contributo più recente alla conoscenza degli acquiferi della Pianura Padana è fornito dalla “Geologia degli

acquiferi padani della Regione Lombardia” (Regione Lombardia e ENI divisione AGIP) che rappresenta una sintesi

dei dati relativi al sottosuolo della pianura padana ricavati da stratigrafie dei pozzi AGIP, sondaggi profondi e

pozzi per acqua.

Lo studio ha portato all’identificazione di quattro superfici di discontinuità stratigrafica di estensione regionale che

rappresentano i limiti di sequenze deposizionali corrispondenti alle tappe evolutive del bacino che hanno

consentito di individuare quattro unità stratigrafiche attribuite al Plesitocene.

Le Unità sono state equiparate a corpi sedimentari acquiferi (Gruppi Acquiferi) in ciascuno dei quali ha sede un

sistema idrogeologico distinto con un proprio flusso idrico ed un livello di falda distinto.

Queste quattro unità sono limitate alla base da barriere di permeabilità a carattere regionale costituite da livelli

impermeabili (acquicludo) o da livelli a ridotta permeabilità (acquitardo).

Ogni gruppo acquifero a sua volta è costituito da complessi acquiferi, corpi sedimentari acquiferi (sistema

acquifero) di rango e dimensioni inferiori e da un insieme di corpi a bassa permeabilità o impermeabili (sistema

acquitardo).

Gruppo A: lo spessore, piuttosto ridotto, è di norma compreso tra 20 e 40 m, ambiente di sedimentazione

esclusivamente continentale con sistemi di deposizione di piana alluvionale. Il gruppo è prevalentemente

rappresentato da ghiaie e ghiaie grossolane, poligeniche, da grigie a grigio-giallastre, a matrice sabbiosa da

media a molto grossolana, a stratificazione da media a molto spessa. La successione del Gruppo Acquifero A è

costituita da facies sedimentarie a porosità e permeabilità elevate, quali ghiaie e ghiaie grossolane a matrice

sabbiosa, e sabbie medio-grossolane.

Gruppo B: gli spessori stratigrafici sono compresi tra 40 e 50 m. Per le forti analogie litologiche e sedimentarie

con il gruppo precedente risulta spesso difficilmente distinguibile. La successione del gruppo è suddivisibile in due

distinti cicli positivi di pari spessore: circa 20 m. Nel ciclo inferiore limitati alla parte bassa della successione

prevalgono le litologie sabbiose, con sabbia grigia o grigio-giallastra, da fine a grossolana (media prevalente), con

intercalazioni di argilla siltosa e silt di spessore decimetrico fino a metrico. Il ciclo superiore è caratterizzato da

granulometrie più grossolane, con chiara prevalenza delle ghiaie, nei sondaggi più settentrionali e prossimi alle

aree alpine di alimentazione, e delle sabbie in quelli più meridionali e distali. La successione del Gruppo Acquifero

B è prevalentemente costituita da sedimenti, quali sabbie medio-grossolane e ghiaie a matrice sabbiosa,

caratterizzati da porosità e permeabilità elevate.

Gruppo C: il Gruppo Acquifero C è stato attribuito alla parte bassa del Pleistocene medio. Un importante evento

trasgressivo ripartisce la successione sedimentaria del Gruppo Acquifero C in due distinti cicli regressivi. Il ciclo

regressivo inferiore è rappresentato alla base da sedimenti marini di piattaforma: argilla siltoso-sabbiosa, grigia,

fossilifera. Si passa quindi ad ambienti transizionali, prima con un sistema litorale a prevalente sabbia grigia fine e

finissima, bioturbata, laminata o massiva, fossilifera, quindi a un sistema deltizio a sabbia grigia, media, classata,

laminata, a stratificazione media e spessa, con frustoli vegetali. La parte alta del ciclo è rappresentata da

sedimenti continentali di piana alluvionale con sabbia grigia da finissima a media, laminata, alternata ad argilla

siltosa verde e argilla palustre bruno-nerastra ricca in materia organica. Una fase trasgressiva interrompe il ciclo

regressivo inferiore, prima con le facies transizionali di un sistema litorale a prevalenti sabbie finissime e silt

bioturbati, quindi con argilla marina, grigia, fossilifera, di piattaforma. Il Gruppo Acquifero C presenta una

notevole variabilità sedimentaria con l’alternanza di depositi marini di piattaforma silicoclastica, depositi di

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

18

transizione deltizi e litorali, depositi continentali di piana alluvionale con sistemi fluviali a meandri. Gli intervalli

sabbiosi dei sistemi deltizi e litorali rappresentano dei serbatoi caratterizzati da significativo spessore (10 – 30 m),

buona continuità laterale, e da buone caratteristiche idrogeologiche per quanto concerne porosità e permeabilità

(sabbie fini e medie, classate, prive di intercalazioni argillose). Le alternanze continentali di sabbie grigie e argille

verdi di piana alluvionale rappresentano un serbatoio dalle buone caratteristiche soprattutto negli intervalli in cui

prevalgono le sequenze di canale; esse possono invece garantire un sufficiente confinamento e protezione delle

falde sottostanti laddove prevalgono sequenze più argillose di rotta d’argine. Al contrario, il livello impermeabile di

argille marine trasgressive, contraddistinto da significativo spessore stratigrafico e da notevole continuità laterale

(verificati con i dati di sottosuolo), compartimenta il gruppo in due distinti acquiferi su un ampio settore della

pianura lombarda.

Gruppo D: il Gruppo Acquifero è caratterizzato da argilla siltosa e silt con intercalazioni di sabbia fine e finissima

in strati sottili alla base, sabbia grigia fine e media bioturbata nella parte intermedia e ghiaia poligenica grigia

alternata a sabbia nella parte alta. La successione sedimentaria è attribuita, in accordo con i dati di sottosuolo, ad

un sistema deposizionale di delta-conoide progradante da Nord verso Sud (direzione di progradazione desunta

dall’analisi delle linee sismiche dell’area). Alla base della sequenza sedimentaria è presente il Gruppo Acquifero

saturo di acqua salmastra /salata.

La pianura bergamasca, costruita nella sua parte più superficiale dai sedimenti del Brembo, del Serio e dell’Oglio

è un importante serbatoio di falde sotterranee che vengono largamente sfruttate a scopo idropotabile, irriguo e

industriale.

Nella parte più settentrionale della pianura bergamasca, la superficie superiore della falda freatica, secondo i dati

ARPA 2012, si trova a profondità che variano tra i 45-50 m di Gorle-Bergamo, e i 35 m di Terno-Brusaporto ed

emerge verso il confine con la Provincia di Cremona lungo la fascia dei fontanili.

Lo schema delle unità idrogeologiche mostra le seguenti successioni:

1. Terreni del Villafranchiano costituiti da sedimenti fini limi, sabbie e argille che superiormente sono di

origine continentale, contenendo livelli di torba, espressione di sedimentazione palustre, intercalati da

bancate grossolane di sabbie che inferiormente passano a sedimenti di origine lagunare e marina

contenendo fossili di tali ambienti (pliocene). Gli strati più permeabili, livelli sabbiosi e ghiaiosi intercalati

nei limi e nelle argille, sono sede di acquiferi profondi, protetti dagli inquinamenti, definiti come gruppo

acquifero C.

2. Al di sopra dei depositi villafranchiani si trovano sedimenti grossolani ghiaiosi cementati e raggruppati in

diverse unità conglomeratiche denominate “ceppo”. La formazione nota come Ceppo dell’Adda raggiunge

uno spessore massimo di circa 260 m nel sottosuolo di Verdello – Verdellino ed affiora in superficie in

prossimità della confluenza tra i fiumi Adda e Brembo.

I conglomerati sono ricoperti al tetto da depositi fluvioglaciali costituiti da alternanze di ghiaie e livelli

sabbiosi, limosi e argillosi, dove le ghiaie cementate dall’acqua si presentano a volte in forma di

conglomerati.

3. La serie delle unità idrogeologiche si chiude con sedimenti ghiaiosi sciolti che costituiscono il “livello

fondamentale della pianura”.

Aggiornamento Piano d’Ambito dell’A.T.O. di Bergamo

Inquadramento territoriale

Capitolo 1

19

Queste tre unità sono sede dell’acquifero tradizionale che si presenta come un unico acquifero indifferenziato

(gruppo acquifero A + B).

Nell’inquadramento della pianura bergamasca in questo scenario generale va tenuto conto che:

- La suddivisione è più aderente nella zona di media e bassa pianura piuttosto che nelle zone di alta

pianura dove la situazione idrogeologica è più complessa. I depositi sedimentari sono caratterizzati da

geometrie irregolari e scarsa continuità laterale tipiche dei sistemi deposizionali di conoide rappresentati

al raccordo con i margini collinari e allo sbocco delle cerchie moreniche. La circolazione idrica sotterranea

trova infatti una via preferenziale nei sedimenti glaciali e glaciolacustri.

- L’assetto strutturale del sottosuolo bergamasco è complicato dalla presenza di una dorsale sepolta che

attraversa la media pianura bergamasca tra Arcene e Ghisalba e produce il sollevamento dei depositi

Villafranchiani con riduzione verso sud dello spessore dei conglomerati.