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A. Vega Appunti di Struttura della nave e Logistica per la classe terza 1 1.Generalità. Si definisce nave qualsiasi mezzo galleggiante atto a trasportare persone o cose e capace di muoversi con i propri mezzi. Di fatto la nave è il mezzo di trasporto più antico che si conosca, con essa l’uomo ha attraversato la storia, ha scoperto ed esplorato nuovi continenti, ha commerciato e diffuso le proprie conoscenze e la propria Civiltà. Oggi esistono navi diverse per costruzione, per propulsione e per tipo di servizio espletato. Ciascuna nave, come vedremo, gode di proprie peculiarità ma nonostante ciò presenta caratteristiche comuni a tutti i tipi di nave. 2.1 - Suddivisione dello scafo. La parte strutturale di una nave è lo scafo formato dalle ossature, che ne individuano le forme, e dal fasciame che le ricopre. Lo scafo, immerso in acqua, è diviso in due parti dal piano di galleggiamento: la parte immersa è detta OPERA VIVA o CARENA, quella emersa OPERA MORTA. Le dimensioni dell’opera viva e dell’opera morta variano al variare dell’ immersione definita come la distanza verticale tra la linea di chiglia e la linea di chiglia e la superficie del liquido nel quale la nave è immersa. Lo scafo è generalmente diviso in tre parti: La parte prodiera è quella anteriore e contiene la prua, con la quale la nave si apre la via nell’acqua nella marcia avanti. La parte poppiera, che contiene la poppa. La parte maestra, che è compresa tra la parte prodiera e la parte poppiera. Lo spazio interno dello scafo è a sua volta frazionato in maniera da soddisfare le esigenze di servizio della nave. A tale frazionamento provvedono le paratie le quali, oltre a separare i vari ambienti provvedono anche alla compartizione stagna e a quella antincendio. L’ubicazione, l’estensione ed il numero di paratie dipende dal tipo e dimensione della nave, dal servizio espletato da questa, dallo scopo della paratia (stagna o antincendio o ambo le cose) e dal materiale usato per la costruzione della nave. 2.2 - Materiale di costruzione. Il materiale impiegato per le costruzioni navali influisce direttamente sul tipo di struttura dello scafo. Oggi il materiale maggiormente impiegato nelle navi è l’acciaio, mentre per le imbarcazioni minori vengono adoperate la vetroresina, il legno e l’alluminio. In passato venne

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A. Vega Appunti di Struttura della nave e Logistica per la classe terza

1

1.– Generalità.

Si definisce nave qualsiasi mezzo galleggiante atto a trasportare persone o cose e capace di

muoversi con i propri mezzi. Di fatto la nave è il mezzo di trasporto più antico che si conosca, con

essa l’uomo ha attraversato la storia, ha scoperto ed esplorato nuovi continenti, ha commerciato e

diffuso le proprie conoscenze e la propria Civiltà.

Oggi esistono navi diverse per costruzione, per propulsione e per tipo di servizio espletato.

Ciascuna nave, come vedremo, gode di proprie peculiarità ma nonostante ciò presenta

caratteristiche comuni a tutti i tipi di nave.

2.1 - Suddivisione dello scafo.

La parte strutturale di una nave è lo scafo formato dalle ossature, che ne individuano le

forme, e dal fasciame che le ricopre. Lo scafo, immerso in acqua, è diviso in due parti dal piano di

galleggiamento: la parte immersa è detta OPERA VIVA o CARENA, quella emersa OPERA

MORTA.

Le dimensioni dell’opera viva e dell’opera morta variano al variare dell’immersione definita

come la distanza verticale tra la linea di chiglia e la linea di chiglia e la superficie del liquido nel

quale la nave è immersa. Lo scafo è generalmente diviso in tre parti:

La parte prodiera è quella anteriore e contiene la prua, con la quale la nave si apre la via

nell’acqua nella marcia avanti.

La parte poppiera, che contiene la poppa. La parte maestra, che è compresa tra la parte

prodiera e la parte poppiera.

Lo spazio interno dello scafo è a sua volta frazionato in maniera da soddisfare le esigenze di

servizio della nave. A tale frazionamento provvedono le paratie le quali, oltre a separare i vari

ambienti provvedono anche alla compartizione stagna e a quella antincendio. L’ubicazione,

l’estensione ed il numero di paratie dipende dal tipo e dimensione della nave, dal servizio espletato

da questa, dallo scopo della paratia (stagna o antincendio o ambo le cose) e dal materiale usato per

la costruzione della nave.

2.2 - Materiale di costruzione.

Il materiale impiegato per le costruzioni navali influisce direttamente sul tipo di struttura

dello scafo. Oggi il materiale maggiormente impiegato nelle navi è l’acciaio, mentre per le

imbarcazioni minori vengono adoperate la vetroresina, il legno e l’alluminio. In passato venne

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tentata anche la via del cemento, soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale a causa della

mancanza di materie prime, ma tale soluzione è stata poi abbandonata.

L’uso del legno è diffuso

soprattutto per le piccole imbarcazioni a

remi (gozzi), per le gondole, per le

barche da pesca di piccole e medie

dimensioni (paranze), per alcune

imbarcazioni da diporto a vela e a

motore.

La loro struttura è frutto

dell’esperienza millenaria dell’uomo,

che ha da sempre impiegato il legno

nelle costruzioni navali.

Un’idea della struttura di uno scafo in legno è dato dalle figure seguenti dove si può rotare la

ruota di prua e il dritto di poppa.

Nelle altre figure è evidenziata la struttura della chiglia con i pezzi che la collegano alle

ordinate, al fasciame interno ed al paramezzale e l’intera ossatura. Si noti come le ordinate a poppa

e a prua risultino composte da più pezzi opportunamente sagomati ed incastrati tra loro.

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L’ uso dell’alluminio è limitato alla costruzione di piccole imbarcazioni fino a 5 ÷ 6 metri,

alcune anche pieghevoli. La costruzione avviene mediante stampaggio e sagomatura. Le

imbarcazioni risultano così leggere e resistenti alla corrosione, tuttavia sono ancora poco diffuse.

L’uso della vetroresina è di origine più recente ed è assai diffuso per gli scafi di piccole

dimensioni. Le imbarcazioni in vetroresina hanno il pregio di risultare robuste e allo stesso tempo

leggere; necessitano di poca manutenzione e costano molto meno delle barche in legno di pari

dimensioni. Anche questo tipo di unità vengono costruite in serie mediante lo stampaggio e

l’incollaggio delle parti.

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L’impiego della vetroresina o di altri materiali compositi è anche adoperata nella costruzione

delle imbarcazioni da diporto, campo nel quale la cantieristica nazionale è leader a livello mondiale.

Nelle figure sono mostrati due scafi dalle linee e prestazioni importanti.

Dall’inizio degli anni ‘90 si costruiscono anche navi in vetroresina, con lunghezza anche

oltre i 50 metri e larghezza di 6 ÷ 9 metri. Un valido esempio è rappresentato dai dragamine della

classe “LERICI“ della Marina Militare Italiana, costruiti dai cantieri Intermarine di Sarzana (SP)

aventi lo scafo in vetroresina e le sovrastrutture in alluminio e leghe leggere. In figura sono

mostrate due unità della Marina Italiana il dragamine Crotone della classe Lerici e la nave per

rilievi oceanografici Aretusa, un catamarano con lo scafo in resina.

2.3 – Struttura delle navi in ferro.

Diverso e più complesso è l’uso dell’acciaio nelle costruzioni navali. La totalità delle grandi

navi mercantili è costruita in ferro (intendendo con tale termine le diverse qualità di acciaio

impiegato nelle costruzioni).

Le navi in ferro hanno ossature composte da lamiere e profilati variamente disposti. Per

facilitare la conoscenza delle parti che formano l'ossatura della navi ci si riferisce alla posizione che

esse occupano nella nave stessa e al modo in cui sono orientate per cui si parlerà di:

ossature del fondo

ossature dei fianchi

ossature dei ponti ossature della prua

La struttura di una nave in ferro origina dalla chiglia, realizzata con profilati a T o a I

pressofusi o saldati in loco, sui quali vengono disposte le ordinate, il cui primo pezzo prende il

nome di madiere (M) e che contribuisce a formare il doppiofondo della nave.

Asseconda di come sono disposti gli elementi strutturali avremo scafi che vengono detti

scafi a struttura trasversale, esistono poi scafi a struttura longitudinale dove gli elementi sono

disposti in maniera prevalentemente longitudinale e infine esistono scafi a struttura mista.

Di seguito alcune illustrazioni che permettono di evidenziare le differenze costruttive degli

scafi ora descritti.

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Esempio di struttura longitudinale

Esempio di struttura trasversale

Scafo a fondo semplice:

1. paramezzale

centrale continuo

2. paramezzale

laterale intercostale

3. chiglia piatta

4. madiere

5. fasciame del fondo

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Esempio di struttura mista

Le ragioni delle diverse scelte costruttive sono basate prevalentemente sull’analisi degli sforzi a cui

può essere sottoposto uno scafo. Solo come cenno diciamo che una nave può essere soggetta a:

sforzi di taglio

(shear force)

sforzi di flessione

(bending moments)

sforzi torcenti

( torsion forces)

Usualmente sopra al madiere viene sistemato un altro profilato di rinforzo che prende il nome di

paramezzale, su di questo vengono poi saldate le lamiere che formano il cielo del doppiofondo.

Le ordinate contribuiscono a definire la forma dello scafo e danno robustezza. Anch’esse

vengono realizzate con l’uso di profilati metallici sui quali vengono saldate le lamiere che

compongono il fasciame, mentre fungono da raccordo per i bagli che sostengono i ponti. Il tipo e la

qualità degli acciai adoperati nelle costruzioni navali viene saggiato ed approvato dal R.I.Na.

direttamente in sede di approvazione del progetto e sul cantiere durante la costruzione della nave.

Oggi è sempre più diffuso l’uso di costruire navi assemblando i pezzi già costruiti altrove o

contemporaneamente in un altro settore del cantiere. L’assemblaggio avviene sullo scalo di

costruzione o, nel caso di sovrastrutture, dopo il varo. Questa tecnica costruttiva consente di

realizzare notevoli risparmi economici agendo direttamente sui tempi di costruzione, inoltre

permette di costruire in serie un certo numero di navi adoperando gli stessi moduli per diversi tipi di

navi. Questa tecnica venne introdotta negli USA durante la Seconda Guerra Mondiale per costruire

in poco tempo (55 giorni circa) le navi Liberty, navi da trasporto necessarie per far fronte alle

ingenti perdite che i sottomarini tedeschi (U-BOOT) infliggevano ai convogli che solcavano

l’Oceano Atlantico diretti in Europa.

In figura è mostrato un esempio di queste navi liberty.

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3. – Dimensioni lineari della nave e grandezze caratteristiche.

Nella descrizione delle parti dello scafo non si può prescindere dall’introdurre alcune

definizioni dell’architettura navale che servono a meglio comprendere la struttura stessa della nave.

3.1 – Dimensioni lineari.

Nella figura è rappresentata la sezione longitudinale di una nave dove è facile riconoscere:

- la lunghezza fuori tutto Lft (length over all LOA) che rappresenta la massima lunghezza

della nave compresa tra il limite estremo a prua e quello di poppa;

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- la lunghezza tra le perpendicolari Lpp (length between perpendiculars LBP) che rappresenta

la distanza tra la perpendicolare avanti PpAV (forward perpendicular), tracciata in

corrispondenza della ruota di prua, e la perpendicolare addietro PpAD (aft perpendicular),

tracciata in corrispondenza con il dritto di poppa o più spesso coincidente con l’asse di

rotazione del timone;

- la lunghezza al galleggiamento Lg (waterline length), che rappresenta la misura

longitudinale dello scafo misurato all’altezza della linea di galleggiamento;

- l’immersione i (draft) è la distanza verticale compresa tra la chiglia e la linea di

galleggiamento (water line); a bordo si usa misurare l’immersione avanti iAV (fore draught)

e l’immersione dietro iAD (aft draught);

- l’immersione media im (mean draft) è la media delle due immersioni prima definite,

calcolata con la relazione:

2

ADAVm

iii

L’immersione o pescaggio si misura in metri o in piedi e pollici (foots and inches) sulle

cosiddette scale di immersione che sono riportate in senso crescente dal basso verso l’alto sul

fasciame esterno della prua e della poppa e su ciascun lato della nave.

Nel caso di misurazione in metri le scale sono in numeri arabi e ciascuna cifra è alta 10

centimetri come pure di 10 centimetri è la distanza tra la sommità del numero e la base del numero

successivo; i metri interi sono indicati con il numero e la lettera M, per esempio 4M indicherà un

pescaggio di 4 metri, alla base della scritta 4M, seguiranno le cifre 42, 44, 46 e 48 prima di

arrivare a 5M.

Se invece si usa il vecchio sistema inglese allora le cifre sono indicate in numeri romani e

saranno alte 6 pollici; la distanza tra la sommità di un numero ed il successivo è anch’essa di 6

pollici, poiché ciascun piede è formato da 12 pollici (1 feet = 12 inches).

Dalla figura sottostante, che rappresenta la sezione maestra di una nave, è facile riconoscere

le grandezze trasversali:

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- la larghezza al galleggiamento lg (waterline breadth) misurata in corrispondenza della

linea d’acqua e può essere fuori ossatura o fuori fasciame, asseconda del punto di

misurazione;

- l’altezza di costruzione (depth) che rappresenta la distanza verticale, misurata nel piano

longitudinale, compresa tra la faccia superiore della chiglia e la retta che unisce il limite

superiore del ponte di coperta; può essere impropriamente indicata come altezza dello scafo.

3.2 – Rapporti tra le dimensioni lineari dello scafo.

Un modo per ricavare informazioni sulle qualità di una nave consiste nel considerare i

rapporti tra le lunghezze caratteristiche dello scafo, che permettono di ottenere un’idea circa la

finezza delle forme, la velocità, la resistenza al moto, la stabilità.

I rapporti solitamente considerati sono:

Rapporto descrizione influenza su

l

L della lunghezza alla larghezza

velocità, resistenza, manovrabilità,

stabilità

l

i dell’immersione alla larghezza stabilità, resistenza alla deriva

l

h dell’altezza alla larghezza stabilità

h

L della lunghezza all’altezza resistenza all’aria

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h

i dell’immersione all’altezza resistenza all’aria, stabilità

3.3 – Stazza e Dislocamento.

La nave galleggia in conseguenza del Principio di Archimede:

“un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume

del liquido spostato”

Applicando tale principio alla nave si comprende subito che l’entità della spinta S che

l’acqua fornisce alla carena è pari al peso del volume dell’acqua spostata da questa, cioè è pari al

volume di carena V moltiplicato per il peso specifico dell’acqua di mare :

D = ∙V

dove D indica il dislocamento (displacement) della nave, ossia il peso di questa espresso in

tonnellate metriche tonn; indica il peso specifico dell’acqua di mare che si assume pari a 1,026

kg/litro. Questo valore è però variabile oscillando tra 1,008 kg/litro del Mar Baltico al 1,044 kg/litro

del Mar Rosso, mentre è circa 1,006 kg/litro per l’acqua dolce. Ciò significa che a parità di

dislocamento D, l’immersione della nave varia asseconda del liquido nel quale galleggia.

La conoscenza del dislocamento della nave è molto importante per la gestione e la sicurezza

della stessa, in quanto indica quanto peso è stato imbarcato o sbarcato e quanto è possibile

imbarcarne ancora senza compromettere la sicurezza della nave stessa.

Per questa ragione vengono indicati con nomi diversi i pesi della nave nelle varie condizioni

di carico:

- dislocamento a pieno carico è il massimo peso della nave ed in assetto di navigazione;

- dislocamento a nave scarica ma armata è il peso della nave senza carico ma con

equipaggio, combustibile e provviste;

- dislocamento leggero (light ship) è il peso della nave scarica, senza viveri e combustibile

ma con l’equipaggio a bordo;

- dislocamento unitario Du che rappresenta il peso che bisogna imbarcare o sbarcare per far

variare l’immersione di un centimetro.

Si definisce portata lorda (dead weight) la differenza espressa in tonnellate tra il

dislocamento a massimo carico e quello leggero, mentre si definisce portata netta (net weigth) la

differenza tra il dislocamento a massimo carico e quello della nave armata ma scarica.

Grande importanza ha al riguardo la scala di solidità, ossia la curva che ha per ascisse i

dislocamenti e per ordinate le immersioni della nave e dalla quale è quindi possibile risalire al peso

della nave in funzione dell’immersione e viceversa. Evidentemente ciascuna nave ha una propria

scala di solidità in funzione delle proprie dimensioni e forme dello scafo.

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La scala di solidità può essere tabulata ottenendo così la scala del carico (loading scale).

La stazza (tonnage) della nave è la misura del volume degli spazi interni, si distingue in

stazza lorda (gross tonnage), ossia la misura di tutti gli spazi chiusi e comunque utili alla nave e la

stazza netta (net tonnage)che invece rappresenta la misura di tutti gli spazi utili per il carico e i

passeggeri.

L’unità di misura della stazza è la tonnellata di stazza pari a 2,832 m3.

4. – La Compartimentazione.

La compartimentazione è la suddivisione degli spazi interni della nave, che viene realizzata

mediante le paratie, cioè pareti di separazione che hanno anche il compito di rendere stagno

dall’acqua o isolato dal fuoco un dato locale (compartimento). La compartimentazione viene

eseguita in maniera diversa asseconda del tipo di nave, del servizio da questa espletato e quindi in

base ai rischi cui di conseguenza è esposta. È comune a tutti i tipi di nave la paratia anticollisione

ubicata a prua, prima del pozzetto delle ancore. Il compito di tale paratia è di impedire o limitare

l’allagamento dello scafo in caso di collisione. A poppa lo stesso ruolo è svolto dalla paratia del

pressatrecce che è attraversata dell’asse dell’elica. Altro importante compartimento è quello della

sala macchine (engine room), delimitato da paratie stagne rinforzate e rivestite per resistere al

fuoco (paratie antincendio).

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Per quanto riguarda la compartimentazione stagna prenderemo in considerazione quattro tipi

di nave che, per le loro caratteristiche possono fornire un quadro abbastanza esplicativo dei diversi

problemi che è necessario affrontare e risolvere nell’operare l’allestimento di una nave.

In particolare prenderemo in considerazione le navi per il carico secco alla rinfusa (general cargo

ship), la nave ro-ro, la nave cisterna (tanker ship) e la nave passeggeri, ma va evidenziato che

esistono una infinità di tipologie di navi ognuna delle quali ha caratteristiche specifiche che vanno

affrontate e soddisfatte; di ciò si occupano le Norme e le Convenzioni Internazionali quali la

S.O.L.A.S. (Safety of Life at Sea), redatte ed accettate dai vari Paesi in sede I.M.O. (International

Maritime Organization) e del Maritime Safety Committee (MSC).

4.1 – Compartimentazione di una nave da carico secco.

Questo tipo di nave la compartimentazione è abbastanza semplice. Le stive, ovvero gli spazi

destinati a carico, sono delimitati da paratie stagne costruite con lamiere opportunamente sagomate.

Lo scopo di tali paratie è di migliorare e razionalizzare lo spazio destinato al carico e di impedire, in

caso di falla, la perdita della nave in seguito ad allagamento.

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Tutte le stive sono aperte superiormente per consentire il passaggio delle merci e chiuse

superiormente con opportuno sistemi a tenuta stagna come i sistema Mc Gregor illustrato nelle

figura.

Comune agli altri tipi di navi è la compartimentazione dei locali destinati alla Sala

Macchine (engine room). Qui la compartimentazione ha il compito di proteggere e prevenire dal

rischio incendio, oltre a quello di allagamento. Il locale macchine è lo spazio che ospita sia

l’impianto di propulsione principale che i servizi ausiliari (impianti di generazione elettrica, centrale

termica e di condizionamento, ecc.) quindi potenzialmente esposto ad una serie di elevati rischi di

natura diversa.

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Discorso diverso merita la suddivisione dei locali di servizio della nave quali gli alloggi per

l’equipaggio, il ponte di comando (bridge o navigation bridge), la stazione radio, ecc..

Per tali locali vale quanto diremo per le navi passeggeri e per gli impianti di ventilazione.

4.2 – Compartimentazione delle navi Ro-Ro.

Le navi Ro-Ro (Rolling On - Rolling Off) hanno cominciato ad avere una buona diffusione

dalla seconda metà degli anni ’70 ad oggi. Sono caratterizzate dall’avere un ampio portellone a

poppa dotato di rampa attraverso la quale si compiono velocemente le operazioni di imbarco e

sbarco del carico. Sono navi Ro-Ro le navi traghetto (ferry boat) e le navi per il trasporto auto (car

carrier ship).

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La compartimentazione stagna delle navi car-carrier arriva fino al ponte di rampa

considerato che le caratteristiche del carico non consentono la presenza di paratie trasversali nei

ponti superiori, come deducibile da quanto mostrato dalle figure sottostanti.

Il rischio maggiore è rappresentato dall’imbarco di acqua dai portelloni; questa scorrendo a

murata può compromettere la stabilità della nave. I naufragi delle navi traghetto Herald of Free

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Enterprise avvenuto il 6 marzo del 1987 e quello del traghetto Estonia del 28 settembre 1994 hanno

messo in luce i limiti della compartimentazione di questo tipo di unità e le caratteristiche di tenuta

dei portelloni d’accesso. A tal proposito sono stati emendati alcuni articoli della Solas in merito alla

compartimentazione delle navi Ro-Ro.

Evidentemente anche la navi Ro-Ro hanno la paratia anticollisione e la protezione del locale

macchine, tutte sono comunque al di sotto del ponte di rampa, che rappresenta anche il ponte

principale (main deck). La compartimentazione deve anche tenere conto della presenza di vapori di

idrocarburi e gas infiammabili presenti nei vari ponti garage di questo particolare tipo di navi che

spesso trasporta anche un cospicuo numero di passeggeri come nel caso della Ro-Ro pax o dei

traghetti. Per queste ragioni la compartimentazione e la protezione antincendio in tali unità deve

essere molto curata; spesso si usa creare un unici compartimento stagno all’aria accoppiando due

ponti garage in maniera da potervi operare in caso di incendio, isolandolo dal resto della nave.

Le caratteristiche delle navi Ro-Ro e Ro-Ro pax molto varie e dipendono dal tipo di servizio

effettuato e finalizzate a garantire la sicurezza della nave, la sicurezza ed i confort dei passeggeri.

Ciò è evidentemente legato alla durata del viaggio che solitamente la nave effettua, se quindi ci

sono cabine per ospitare i passeggeri o piuttosto solo saloni e altri locali comuni. Un altro elemento

caratterizzante è la tipologia di carico imbarcato e trasportato: camion ed autovetture, solo camion,

treni merci e/o passeggeri e/o autoveicoli.

Sopra la nave traghetto ferroviaria Messina delle ferrovie italiane e sotto la nave traghetto per

treni ed autovetture Rosalia (demolita nel 2012) sempre delle ferrovie italiane, entrambe destinate

ad operare nello Stretto di Messina.

Nella figura seguente è invece rappresentata la Ro-Ro pax Cruise Roma della Grimaldi

Lines che opera nei collegamenti tra l’Italia e la Spagna.

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4.3 – Compartimentazione delle navi passeggeri.

Le navi passeggeri sono unità destinate al trasporto di persone, in passato rappresentavano il

principale mezzo di trasporto tra i Continenti, oggi sono prevalentemente destinate alle crociere.

Le navi passeggeri sono esposte a due tipi di rischio: l’affondamento e l’incendio. Per fronteggiare

il rischio di allagamento si ricorre alla compartimentazione stagna tramite le paratie stagne

(watertight bulkhead) longitudinali, verticali e trasversali che contribuiscono a creare e chiudere i

vari compartimenti tra i vari ponti al di sotto di quello principale (main deck).

Secondo la SOLAS, la principale delle normative vigenti in materia di sicurezza e

salvaguardia della vita umana in mare, una nave passeggeri deve poter galleggiare anche con lo

scafo allagato e ciò per consentire ai passeggeri di abbandonare la nave in tempi ragionevolmente

brevi ed in sicurezza.

A questo scopo la nave viene suddivisa in zone per garantirne la galleggiabilità e viene

definita anche la lunghezza allagabile Lal che, nelle diverse condizioni di servizio, deve assicurare

una stabilità a nave integra tale che, dopo l'allagamento di un qualsiasi compartimento principale

contenuto nei limiti di tale lunghezza allagabile, la nave resista alla condizione finale di

allagamento. La lunghezza allagabile viene determinata in funzione della larghezza della nave, del

tipo di servizio svolto, del sistema di compartimentazione adottato.

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A causa dell’imperizia e l’inesperienza dei passeggeri le navi sono esposte al rischio

incendio, dovuto anche alla presenza a bordo di rivestimenti, mobili, suppellettili e impianti

complessi che possono facilitare lo sviluppo di fiamme a bordo. In fase di progettazione e

costruzione delle navi passeggeri viene realizzata una compartimentazione antincendio che permetta

di isolare e circoscrivere le zone della nave interessate impedendo così la propagazione dello stesso

a tutta la nave. Le paratie antincendio (fire bulkhead) sono rivestite di materiale capace di resistere

al fuoco per intervalli di tempo compresi tra 30 e 60 minuti ostacolando così la propagazione delle

fiamme da un locale all’altro. Spesso le paratie antincendio sono contemporaneamente paratie

stagne. La compartimentazione delle navi passeggeri risulta assai più capillare che in ogni altro tipo

di nave e ciò perché lo spazio interno deve essere frazionato per la realizzazione delle cabine

(passenger cabins) dove trovano alloggio i passeggeri.

Quest’opera di frazionamento implica l’esigenza di dover provvedere sia alla necessaria

ventilazione delle cabine interne, ossia non dotate di aperture esterne, sia al monitoraggio di

eventuali principi d’incendio. Di queste problematiche si dirà di più nel seguito, allorché si parlerà

di ventilazione e climatizzazione e dei sistemi antincendio.

In figura la moderna nave da crociera Carnival Vista in uscita dal porto di Messina.

4.4 – Compartimentazione delle navi cisterna.

Le navi cisterna sono specializzate nel trasporto di carichi liquidi (acqua, vino oli,

idrocarburi, gas liquefatti, prodotti chimici, ecc.). Per loro natura i carichi liquidi risultano

deformabili e alquanto scorrevoli e possono perciò compromettere la stabilità della nave.

Discorso a parte meritano le petroliere, cioè le navi destinate al trasporto di petrolio greggio

o di idrocarburi, i quali risultano esplosivi ed altamente inquinanti. Di loro si parlerà nel seguito.

La compartimentazione di una nave cisterna è collegata alla struttura stessa della nave, che

risulta così assai robusta. Per ridurre i rischi di scorrimento del carico si adottano numerose paratie

trasversali e una o più paratie longitudinali.

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In questo modo si riduce la superficie libera dello specchio liquido e, conseguentemente, si

riducono i rischi per la nave.

Stando alle norme sancite dalla MARPOL (MARine POLlution) le navi cisterna di nuova

costruzione hanno il doppio scafo (double hull) e presentano dunque un’altra paratia longitudinale a

ridosso della murata. Questo serve anche a limitare, in caso di collisione, il rischio di fuoriuscita del

carico e lo sversamento in mare con conseguente inquinamento.

Le normative e le soluzioni tecniche che questo tipo di navi comportano sono molto

complesse e, come nel caso delle petroliere e chimichiere, saranno comunque trattate più avanti.

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5. – Le Qualità nautiche ed essenziali della nave.

Le navi indipendentemente dal tipo di servizio svolto e dalle particolari caratteristiche

costruttive devono possedere alcune qualità fondamentali che prendono il nome di qualità essenziali

e qualità nautiche.

Le qualità essenziali sono:

- la galleggiabilità, che assicura alla nave la possibilità di mantenersi a galla, anche quando si

trova in condizioni critiche. Questa proprietà dipende dalla forma dello scafo, dai materiali

adoperati per la sua costruzione e dal suo volume;

- l’impermeabilità non permette all’acqua di allagare lo scafo, mantenendolo asciutto al suo

interno;

- la solidità, intesa anche come robustezza, evita che lo scafo si deformi sotto l’effetto della

pressione idrostatica esercitata dall’acqua o sotto le sollecitazioni del moto ondoso e/o di

altri agenti esterni. Anche la robustezza dipende dai materiali e dalle caratteristiche

costruttive utilizzate per la realizzazione dello scafo.

Le qualità nautiche sono:

- la manovrabilità, ovvero la capacità della nave di evoluire in spazi relativamente ristretti e

con tempi ragionevolmente brevi; dipende dalla prontezza di risposta al timone, l’organo di

governo della nave e dalle sue caratteristiche e dimensioni;

- la velocità, che assicura alla nave la possibilità di coprire le distanze in tempi brevi,

assicurando l’economia e la sicurezza della traversata;

- la stabilità, ovvero la capacità della nave di ritornare in equilibrio quando una qualunque

causa esterna (raffica di vento, colpo di mare, accostate troppo rapide…) che ne provoca lo

sbandamento cessa di agire. La stabilità, comunque, si può considerare anche una qualità

essenziale;

- il comportamento al rollio, che è direttamente collegato alla stabilità, viene indicato dalla

regolarità delle oscillazioni e dalla rapidità della loro estinzione. Consente alla nave di

evitare pericolose oscillazioni in condizioni di mare mosso rendendo sopportabile la

permanenza a bordo per passeggeri ed equipaggio, evitando anche lo spostamento del

carico.

6. – La Classificazione delle navi.

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come le navi, pur possedendo molti elementi

comuni, presentano caratteristiche costruttive diverse e infinite soluzioni per la sistemazione di

merci e passeggeri. Più genericamente possiamo affermare che le navi (o più genericamente le

imbarcazioni) vengono classificate secondo tre schemi fondamentali:

- la propulsione

- la navigazione

- il servizio svolto

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La tabella seguente fornisce una schematica suddivisione della classificazione.

PROPULSIONE

- a remi

- a vela

- a motore:

- fuoribordo

- entrobordo

- a combustione interna

- a turbina

- propulsione atomica

NAVIGAZIONE

- per acque interne

- per diporto

- costiera e nazionale litoranea

- internazionale breve

- internazionale lunga

SERVIZIO SVOLTO

- diporto

- pesca

- mercantili

- passeggeri

- militari

- navi speciali

In Italia l’Ente di Classificazione è il R.I.Na. (Registro Italiano Navale) che assicura il

rispetto e l’applicazione delle Norme Internazionali e delle Leggi Nazionali, curando che la

progettazione e la costruzione dello scafo siano coerenti con tali dettati ed assicurando l’emissione

del Certificato di Classe assegnata alla nave, nonché il suo mantenimento durante l’esercizio della

nave mediante visite periodiche di ispezione. Di seguito un estratto di Certificato di Classe.

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Si noti che il Certificato è redatto in doppia lingua: quella del Paese di cui nave batte

bandiera di nazionalità (in questo caso l’Italiano) e in inglese.

Il certificato fornisce la descrizione del tipo di nave, la sue dimensioni, il tipo di

propulsione, il tipo di servizio svolto e la navigazione per la quale è abilitata.

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6.1. – La Classificazione secondo la propulsione.

Il tipo di propulsione è legato sia alle dimensioni che all’uso dell’imbarcazione. Le

imbarcazioni a remi sono solitamente di piccole dimensioni (gozzi) e destinate alla pesca o alle

attività sportive (Canottaggio). Le imbarcazioni a vela, una volta assai diffuse, sono oggi adoperate

prevalente per il diporto nautico. Particolare rilievo e prestigio assumono le navi scuola come

l’Amerigo Vespucci e la Palinuro della Marina Militare Italiana.

Esiste anche una classificazione delle navi a vela in auge quando il traffico mercantile era

svolto prevalentemente con questo tipo di propulsione.

Le vele sono sistemate sugli alberi

per mezzo di pennoni e di manovre e

possono essere suddivise in due

categorie:

- le vele latine di forma triangolare

(fiocco)

- le vele auriche di forma

quadrangolare (randa)

Le navi a vela vengono classificate

asseconda del numero degli alberi e del

tipo di vele con i nomi di:

- tartana (con un solo albero)

- clipper (a due alberi)

- feluca (a due alberi)

- goletta (due alberi + il bompresso)

- brigantino (due alberi + il bompresso)

- nave a palo (con 4 alberi o più).

Tartana

Tartana

Clipper

Clipper

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Le navi a propulsione meccanica raggiungono oggi dimensioni notevoli e sono quelle

maggiormente diffuse.

Se il motore è sistemato al di fuori

dello scafo l’imbarcazione prende il

nome di fuoribordo e solitamente è di

piccole dimensioni.

Se il motore è posto all’interno dello

scafo, come nella maggior parte dei casi,

l’imbarcazione è detta entrobordo.

Tutte le navi mercantili sono entrobordo. I propulsori navali possono essere a combustione

interna (motonavi) a ciclo diesel o diesel-elettrico.

Vi sono poi le turbonavi dove la propulsione è basata su turbine e le navi a propulsione

atomica con propulsori ad energia nucleare molto usati nei sottomarini e nelle navi portaerei di

nuova concezione.

6.2 – La Classificazione secondo la navigazione.

Il tipo di propulsore e le dimensioni delle imbarcazioni condizionano e limitano le

possibilità di esercizio della navigazione.

I battelli fluviali e lacuali hanno caratteristiche costruttive di pescaggio e di velocità che li

rendono adatti a navigare nei fiumi e nei laghi ma non consentono loro di navigare in mare aperto.

Queste imbarcazioni vengono adoperate per le acque interne, appunto fiumi e laghi.

Un eloquente esempio di tale tipo di imbarcazioni si ha a Venezia e nella laguna Veneta, nei

fiumi del Nord America e nella regione dei Grandi Laghi tra Canada e U.S.A..

Feluca

Goletta

Brigantino

Nave a palo

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Le unità da diporto vengono

classificate in funzione delle loro

dimensioni ed in base a queste abilitate

al tipo di navigazione, basata sulla

distanza dalla costa:

- Fino ad un miglio;

- Fino a 12 miglia;

- Senza alcun limite.

La loro nomenclatura e classificazione è basata sulla lunghezza dello scafo, si definisce così:

- natante è uno scafo con una lunghezza fuori tutto Lft fino a 10 metri;

- imbarcazione è uno scafo la cui Lft è superiore a 10 metri ed inferiore a 24;

- navi da diporto è uno scafo la cui Lft è superiore ai 24 metri.

Le navi per la navigazione costiera e nazionale litoranea hanno dimensioni e caratteristiche

tali per poter navigare tra porti nazionali, effettuando il cosiddetto piccolo cabotaggio cioè una

navigazione che di solito avviene sottocosta, meno rischiosa quindi rispetto alle traversate in mare

aperto. Alla realizzazione del cabotaggio si riferisce l'espressione Autostrade del Mare, programma

europeo che riguarda i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che è una derivazione del "Progetto

21 Motorways of the Sea", approvato dal Consiglio Europeo nell'ambito delle Reti Transeuropee

TEN-T, che ha l'obiettivo di collegare i vari porti del Mediterraneo sostituendo al trasporto su

gomma, particolarmente costoso e inquinante, il trasporto di merci per mare adottando proprio la

navigazione a cabotaggio, molto adatta per esempio per la penisola italiana con le sue estese coste e

porti.

Le unità per la navigazione internazionale breve sono invece navi di dimensioni medio

grandi, atte a compiere viaggi internazionali di durata superiore alle 24 ore, mentre le navi abilitate

alla navigazione internazionale lunga sono in grado di affrontare le traversate oceaniche in

sicurezza.

Vaporetto

Ferry

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6.3 – La Classificazione secondo il servizio svolto.

Questo tipo di classificazione risulta alquanto articolato e complesso a causa del gran

numero di tipologia di navi esistenti.

Per esempio con il termine imbarcazioni da diporto vengono indicate tutte le unità destinate

ad uso privato, turistico e sportivo sia a vela che a motore, ossia una infinità di tipologia di scafi,

costruiti con materiali assai diversi: legno, vetroresina, alluminio, materiali compositi.

Con il termine unità da pesca vengono indicati i natanti, le imbarcazioni e le navi destinate

alla pesca professionale, che asseconda delle loro dimensioni vengono chiamate:

- paranze, solitamente con lo scafo in legno e con motore entrobordo, ma è facile anche

incontrare scafi in ferro o in vetroresina;

- pescherecci d’altura, sono molto più grandi delle paranze, spesso con lo scafo in ferro e

capienti celle frigorifere;

- navi da pesca, sono unità di grandi dimensioni con a bordo anche gli impianti necessari alla

lavorazione del pescato come per esempio le navi fabbrica (factory ships).

Molto ampio è il segmento delle navi mercantili che annovera al suo interno:

- le navi per il carico secco (rinfusiere (bulk-carrier), le merci varie (general cargo),

portacontainer, Ro-Ro, Ro-Ro pax, ecc.)

- le navi passeggeri (da crociera, per il servizio postale, per il servizio misto, ecc..);

- le navi cisterna (petroliere, chimichiere, gasiere, bettoline);

- le navi speciali: posacavi (cable ships), rompighiaccio (icebreakers), traghetti (ferry boats),

rimorchiatori (tugs), navi officina, navi per il supporto logistico (supply vessel), navi

scuola, gli aliscafi (hydrofoil), le navi a cuscino d’aria (hovercraft)

Anche il naviglio militare è diviso in varie categorie, comprende:

- le portaerei (aircraft carrier) tra le più grandi navi al mondo destinate a far appontare gli

aeromobili sul proprio ponte di volo;

- gli incrociatori (cruiser);

- le fregate (frigate);

- i cacciatorpedinieri (destroyer);

- i pattugliatori (patrol ships);

- i dragamine (minesweeper);

- gli aliscafi lanciamissili (hydrofoil missile);

- le motovedette (patrol boat)

In campo militare è bene ricordare che l’evoluzione delle armi navali ha portato a progettare

e costruire navi di dimensioni ridotte rispetto al passato ma molto più veloci e manovriere. Infatti

alle batterie di cannoni che caratterizzava l’armamento delle vecchie corazzate e degli incrociatori

pesanti, si è passati alle batterie di missili terra-aria e di superficie guidati elettronicamente da

sofisticati sistemi di puntamento che garantiscono una notevole gittata e una grande potenza

distruttiva. I sistemi di protezione delle navi sono oggi basati sull’uso di sistemi di scoperta radar e

sistemi di missili guidati a difesa delle stesse unità navali, ovvero sistemi attivi, assai diversi dai

vecchi sistemi passivi basati sull’uso delle corazze.

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7. – Le dotazioni di bordo.

Per garantire l’efficienza, la sicurezza e la continuità del servizio tutte le navi hanno in

dotazione strumenti ed apparati ausiliari diversi per numero e dimensioni asseconda del tipo di

nave. Il numero e la tipologia di queste dotazioni è definito tramite il modulo di armamento

rappresentato da un numero che viene ricavato da apposite tabelle redatte dal R.I.Na..

In particolare il Modulo di armamento definisce:

- il numero, il peso e il tipo di ancore ammesse a bordo

- la lunghezza, peso e dimensione della relativa catena

- il numero, il tipo ed il diametro dei cavi di bordo

- gli strumenti di navigazione che devono obbligatoriamente essere installati a bordo

- le dotazioni di salvataggio

- le norme per i servizi ausiliari di bordo (impianto elettrico, di ventilazione e

condizionamento, antincendio, ecc.)

- le caratteristiche minime degli apparati radio di bordo

Tali norme si applicano a tutte le navi da quelle da diporto a quelle da pesca, dalle navi

passeggieri a quelle mercantili, dalle navi militari a quelle speciali.

È ovvio che esistono regolamenti ed indicazioni, ma la loro trattazione esula dalla presente

dispensa.

7.1 – Documenti Nautici.

Cominciamo con l’analizzare questa voce dalle dotazioni di bordo. Per documenti nautici

solitamente si intende:

- il Certificato di classe della nave con indicato il nominativo internazionale

- le Licenze di esercizio (per la radio e gli altri strumenti di bordo)

- il Giornale Nautico o di bordo che è suddiviso in 4 parti

Parte 1. Inventario di bordo

Parte 2. Giornale generale e di contabilità

Parte 3. Giornale di navigazione (dove viene registrata la navigazione effettuata, gli

episodi importanti della vita di bordo, ora di partenza dal porto di origine, coordinate della

nave alle ore prestabilite, ecc.)

Parte 4. Giornale di carico o Giornale di pesca (a seconda dell’effettiva destinazione della

nave)

- il Giornale di macchina

- il Giornale radiotelegrafico - il Registro degli idrocarburi

- le Carte Nautiche (è obbligatorio possedere quelle relative alla zona nella quale si sta

navigando)

- i Portolani e l’ Elenco Fari e Fanali

- altri registri (per le generalità dei membri dell’equipaggio, per il conferimento dei rifiuti,

ecc.)

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Dai documenti di bordo si possono dedurre informazioni indirette sulle condizioni della

nave, su specifici episodi o su specifiche voci, per esempio la Stazza in base alla quale vengono

pagate le varie tasse e canoni, oppure, nel caso delle Carte nautiche e del Giornale di Navigazione,

si possono attingere informazioni sulla navigazione effettuata e sulle condizioni di tempo

incontrate.

La responsabilità della tenuta, della compilazione e della custodia di tutta la documentazione

di oordo ricade sul Comandante e sugli Ufficiali.

Chi vigila sulle eventuali difformità, anomalie o negligenze è l’Autorità Marittima, in Italia

il Corpo delle Capitanerie di Porto o i corpi di mare della Guarda di Finanza, dei Carabinieri e dalla

Polizia di Stato.

7.2. – Ancore e Cavi.

Il tipo, il numero, il peso e la catena dell’ancora che ciascuna nave dovrà possedere, nonché

il numero e le caratteristiche dei cavi della stessa vengono dedotti dal Modulo di Armamento.

Solitamente le navi hanno tre ancore, due poste a prua (una per ciascun lato) e una detta di rispetto

da usarsi cioè qualora una delle prime due andasse perduta.

Alcune grandi navi quali p.e. le portaerei, hanno fino a sei ancore e ciò è dovuto alle

caratteristiche d’esercizio della nave.

Anche la dotazione di cavi dipende dalle caratteristiche d’esercizio della nave, il loro

numero, il loro diametro ed il tipo di materiale con il quale sono costruiti è dettato dall’uso al quale

sono destinati.

7.2.1 – Le ancore.

Scopo dell’ancora è di trattenere la nave ferma in un luogo riparato impedendole di essere

trascinata da vento e correnti e di correre perciò il rischio di andare perduta.

Le prime ancore (fenicie, greche, romane) erano di pietra, poi con l’avvento dei metalli e

delle tecniche di fusione hanno fatto la loro comparsa le ancore metalliche, di ferro e, più

diffusamente, di ghisa o d’acciaio.

Esistono diversi tipi di ancore navali e di esse daremo una breve ed efficace descrizione.

L’ancora romana è a marra fissa con ceppo in legno ed è descritta in figura. Oggi è poco

diffusa ma in passato era impiegata in maniera quasi esclusiva.

Ancora romana

Ancora tipo romano

Ancora tipo romano

Ancora Ammiragliato

Ancora Ammiragliato 1

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L’ ancora tipo ammiragliato è anch’essa a marra fissa ma ha il ceppo in ferro e sfilabile. È

ancora usata su alcune navi storiche a vela. Le sue parti costituiscono ancor oggi la base descrittiva

per tutte le ancore moderne.

Le ancore moderne sono caratterizzate dall’essere senza ceppo e dall’avere le marre

articolate. Un tipico esempio è l’ancora tipo Hall molto diffusa a bordo delle moderne navi. È

costituita dal fuso sul quale viene applicato il blocco dei due bracci con le marre che risulta così

snodato.

Nell’ancora tipo inglefield le marre sono invece costituite da due pezzi separati e tenuti

insieme da un perno di rotazione.

Esistono anche altri tipi di ancore come le ancore Trotman o l’ancora Martin (illustrate in

figura) che presentano sia il ceppo che le marre articolate, ma oggi sono usate assai raramente.

Un elemento determinante delle ancore è il peso proporzionato al dislocamento della nave.

Anche il peso dell’ancora da assegnare alla nave è determinato dal Modulo di armamento.

In questi ultimi anni sono state introdotte ancore ad alto potenziale ancorante (High

Holding Power) che, agendo più sulla forma delle marre e meno sul peso, sviluppano lo stesso potere

di tenuta di ancore di tipo tradizionale e di peso maggiore.

Ancora Hall

Ancora Inglefield

Ancora Trotman

Ancora Martin

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Una simile opportunità permette di realizzare delle economie sulla quantità d’acciaio

necessario alla costruzione dell’ancora e consentono di impiegare verricelli e argani di dimensioni e

potenze inferiori.

7.2.2 – Le catene.

Per dar fondo all’ancora e

collegarla saldamente alla nave vengono

adoperate le catene (chains) formate da

anelli in acciaio di forma ellittica (detti

maglie) ed a sezione circolare.

La figura mostra i diversi tipi di maglie

esistenti, con traversino o senza.

Le catene sono suddivise in spezzoni lunghi 27,50 metri detti lunghezze. Quante lunghezze

sono necessarie per l’esercizio della nave, quale tipo di maglia e di che dimensione debbano essere

è stabilito dal Modulo di Armamento.

Ciascuna catena deve superare delle prove di collaudo atte a stabilire la robustezza e

l’affidabilità della stessa. L’espressione:

Rr = 40 ∙ d2

dove d è il calibro della maglia in millimetri, esprime la resistenza alla rottura (Rr) di una data

catena. Le catene si collegano alle ancore mediante le maglie capotesta che vengono fissate alla

cicala dell’ancora. Per ciascuna lunghezza viene adoperata una maniglia di unione.

Spesso tra la catene e l’ancora si usa una maniglia a mulinello che è priva di traversino e

dotata di un perno attorno al quale la maniglia può ruotare liberamente, ciò impedisce alla catena di

dare volta su se stessa ed alla nave di girare liberamente intorno all’ancora. Solitamente queste

maniglie vengono fissate nella prima, nell’ultima e nella penultima lunghezza di catena.

7.2.3 – Sistemazione delle ancore a bordo.

Solitamente le ancore sono ubicate a prua, una per lato. Le catene delle ancore trovano

sistemazione nel cosiddetto pozzo delle catene che si trova a prua in corrispondenza della paratìa di

collisione.

Da qui esse fuoriescono e, passando sulla ruota ad impronte del verricello salpa ancore

(detta barbotin), vanno verso l’esterno dello scafo attraverso il condotto di cubia che presenta due

aperture dette occhi di cubia una sul ponte di coperta e l’altra sul fasciame di prua. Intorno

all’occhio di cubia le lamiere sono opportunamente ringrossate e rinforzate per prevenirne l’usura.

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Il verricello salpa ancore riveste un ruolo assai importante giacché dovrà provvedere al

recupero delle ancore filate in mare e dovrà dunque avere la potenza adeguata per superare lo sforzo

che richiede il muovere la nave ancorata e provvedere poi ad issare a bordo le ancore stesse.

Lo stesso verricello salpa ancore serve per dare ogni volta ai cavi durante le operazioni di

tonneggio e di ormeggio.

In prossimità della bocca del pozzo delle catene è sistemato l’arrestatoio, dispositivo che

blocca la catena sino a quando l’ancora è bloccata a bordo in posizione di riposo, sia quando questa

è filata in mare e quindi fa forza sulla catena.

Solitamente a bordo delle navi hanno tre ancore:

- due armate, cioè in esercizio, dette ancore di posta

- una di rispetto, ovvero di riserva, detta anche di speranza che verrebbe ad essere

usata qualora una delle ancore di posta andasse perduta.

Qualche nave dispone anche di un’altra ancora sulla prua o poppa e ciò è legato al tipo di

nave ed all’esercizio da essa svolto. Ciò accade spesso sulle navi passeggeri o sulle portaerei che

quando sono in rada hanno la necessità di rimanere ben ferme sull’ancoraggio, le prime per

agevolare lo sbarco o l’imbarco dei passeggeri da naviglio minore, le seconde per il decollo e

l’appontaggi degli aeromobili.

Come già detto nei paragrafi precedenti il numero, il peso ed il tipo di ancore, come anche il

numero delle catene, la relativa lunghezza ed il calibro della maglia sono fissati per ciascuna nave

dal R.I.Na per le navi italiane, per mezzo del Modulo di Armamento.

Quasi tutte le navi posseggono ancore di tipo moderno che in posizione di riposo hanno il

fuso rientrante nell’occhio di cubia e le marre che invece si poggiano alla murata.

7.2.4 – I cavi.

Con il termine cordame viene generalmente indicato l’insieme dei cavi di bordo i quali

risultano diversi per materiale di costruzione, diametro e impiego. Con il termine cavi vengono

indicate le corde di grosso diametro, quelle aventi diametro minore sono invece indicate con il

nome generico di cime.

Asseconda della materia di cui sono fatti i cavi si suddividono in:

- cavi vegetali (in canapa, manilla, cotone, lino, juta, cocco, ecc..)

- cavi in acciaio - cavi sintetici ( in nylon, terilene, ecc..)

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Le qualità caratteristiche dei cavi sono:

- la resistenza, che deve essere uniforme per tutta la lunghezza del cavo ed è indicata dal

carico di rottura, ovvero lo sforzo massimo sopportabile da quel dato cavo;

- la flessibilità, legata alla maneggevolezza che dipende da quanto risulta liscia e regolare la

superficie

- la durata, che è anche funzione della manutenzione.

I cavi oggi maggiormente adoperati sono quelli in acciaio e in fibra sintetica. Questi ultimi

risultano assai più leggeri e resistenti dei vecchi cavi vegetali, talvolta sono galleggianti e

sicuramente sono impermeabili all’acqua e immarcescibili. I cavi in acciaio sono pure molto diffusi

ma risultano più pesanti di quelli sintetici e meno flessibili sebbene risultino più resistenti a parità di

diametro.

I cavi metallici hanno anche necessità di una accurata manutenzione sebbene vengano

zincati per prevenire la corrosione e, inoltre, non galleggiano.

I cavi vegetali hanno oggi una minore diffusione rispetto al passato, sono caratterizzati dalla

loro complessa struttura costruttiva che parte dall’intreccio della fibra a formare i legnuoli dai quali

mediante successive operazioni di torsione si giunge a costruire i cavi di diametro sempre maggiore.

Molto diffusi sono anche i cavi animati, che hanno un’anima metallica costituita da un cavo

in acciaio sul quale poi si avvolgono i legnuoli sintetici che formano il cavo. I cavi animati risultano

più resistenti di quelli sintetici e più maneggevoli di quelli metallici.

I cavi vengono classificati in base al diametro:

- gomene, hanno un diametro che può raggiungere anche i 20 centimetri, vengono utilizzati

per l’ormeggio o per il rimorchio

- mezze gomene, hanno dimensioni minori delle precedenti e vengono utilizzate per gli stessi

scopi (springs, traversini)

- gherlino, è un cavo di diametro simile alle gomene ma più resistente, è usato per le

operazioni di tonneggio e di rimorchio

- manovre fisse, sono cavi di diametro minore che servono a sostenere l’alberatura

- manovre correnti, o volanti sono cavi dello stesso tipo dei precedenti ma servono a

manovrare vele, paranchi, bighi, ecc...

Le minutezze sono costituite da cime il cui diametro è variabile, anche inferiore al

centimetro; tra queste sono incluse le sagole, il merlino, usato per le legature, il lezzino, usato per le

cuciture e infine il commando solitamente vegetale e di diametro di circa 2 millimetri.

Anche il numero, il tipo e le caratteristiche dei cavi di bordo è indicato dal Modulo di

Armamento.

8. Ancoraggio ed ormeggio.

La nave ha la necessità di ricorrere all’ancoraggio quando, giunta a destinazione, deve

rimanere in rada in attesa di poter entrare in porto oppure in caso di burrasca debba ridossarsi

sottocosta.

L’ancoraggio consente alla nave di contrastare l’azione del mare, del vento e della corrente

mantenendo la posizione, oscillandovi o ruotandovi intorno.

L’ormeggio è invece l’insieme delle manovre che consente alla nave di stare ridossata alla

banchina effettuando le operazioni di imbarco e sbarco di merci e passeggeri.

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L’ancoraggio può realizzarsi dando fondo ad una sola ancora ed il tal caso viene detto a

ruota o utilizzando entrambe le ancore di posta e in questo caso si definisce afforco.

L’ancoraggio a ruota consente

alla nave di ruotare intorno all’ancora

assecondando l’azione di vento e

corrente. Si ricorre a questo tipo di

ancoraggio quando si ha spazio

sufficiente per consentire alla nave di

muoversi liberamente senza ostacolare o

urtare le altre navi che si trovano nelle

vicinanze.

La lunghezza di catena filata in

mare prende il nome di calumo e

solitamente è pari ad almeno 4÷5 volte la

profondità dell’acqua in quel punto, altre

volte si prende a riferimento 1,5÷2 volte

la lunghezza della nave L.

Un buon ancoraggio dipende dalla natura del fondo: sono buoni tenitori i fondali di fango o

di sabbia, che permettono alle marre di mordere il fondo. La ghiaia è un discreto tenitore, mentre il

fondo roccioso rischia di far impigliare l’ancora rendendone difficile o impossibile il recupero.

L’ancoraggio ad afforco si

sceglie quando vento e corrente hanno

una direzione prevalente. Per realizzare

tale ancoraggio la nave avanzerà con

lento moto risalendo il vento e dando

fondo alla prima ancora sopravvento,

quindi retrocederà a lento moto

continuando a filare catena e dando

fondo anche alla seconda ancora.

Quando le ancore faranno presa, la nave retrocederà a macchine ferme e agendo sui

verricelli salpa ancore per regolare la tensione delle catene e mantenere i calumi simmetrici e tali da

formare un triangolo isoscele o equilatero.

L’ormeggio può essere realizzato in vari modi:

- di fianco

- in andana

- di prua

- in invasatura ( per i traghetti ferroviari)

Allo scopo si utilizzano i cavi di bordo e, in alcuni casi, anche le ancore. L’ormeggio di

fianco, mostrato in figura, si realizza accostando la nave alla banchina e facendola poggiare sui

parabordi di cui questa è dotata. Ai cavi viene data volta intorno alle bitte, che solitamente sono

numerate e distanti dai 25 ai 50 metri l’una dall’altra.

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Asseconda della loro disposizione vengono detti cavi alla lunga (prodieri o poppieri),

springs e traversini.

L’ormeggio deve risultare elastico, cioè deve richiamare delicatamente la nave alla banchina

quando questa tende a spostarsi per effetto degli elementi meteomarini o per il passaggio

ravvicinato di un’altra nave. In particolare i cavi alla lunga impediscono lo scorrimento della nave

parallelamente alla banchina, gli springs la rotazione intorno all’asse verticale della nave e i

traversini impediscono i movimenti perpendicolari alla banchina.

L’ormeggio in andana è preferito dal naviglio militare, che deve poter prendere il largo

mare in breve tempo. La nave attracca dando la poppa alla banchina, alla quale sono collegati due o

più cavi lunghi poppieri, mentre di prua ci si collega ad un corpo morto, solitamente costituita da

una boa galleggiante saldamente ancorata al fondo e opportunamente predisposta e posizionata.

Anche le imbarcazioni da diporto utilizzano l’ormeggio in andana, soprattutto per sfruttare al

meglio lo spazio disponibile in banchina e poter lasciare facilmente l’ormeggio.

Analogamente queste unità possono sfruttare l’ormeggio di punta o di prua molto utilizzato anche

dalle navi traghetto, che sfruttano anche le invasature, banchine sagomate e rivestite che

consentono un attracco sicuro per poter svolgere le operazioni di imbarco/sbarco di carri ferroviari e

autoveicoli. Le navi Ro-Ro sfruttano spesso anche l’ormeggio misto realizzato attraccando di poppa

e di fianco alla banchina.

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9. – I servizi ausiliari di bordo.

La classificazione delle navi ha messo in evidenza che ciascuna di queste è caratterizzata dal

tipo di propulsione, dalla navigazione per la quale è abilitata e dal servizio svolto, ebbene in base a

questo tutta l’impiantistica di bordo è studiata e realizzata per garantire la massima efficienza della

nave e perciò viene appositamente dimensionata.

Importanti a tal riguardo sono:

- l’impianto di ventilazione e quello di climatizzazione e condizionamento;

- l’impianto antincendio;

- l’impianto di esaurimento.

Esistono molti altri impianti a bordo come quello di refrigerazione, quello di stabilizzazione

del rollio, l’impianto di inertizzazione delle cisterne e il COW (Crude Oil Washing) ovvero

l’impianto per il lavaggio delle cisterne, ma sono riservati a particolari tipi di navi specializzate per

le quali esistono capitoli dedicati della Solas e/o altre Normative Internazionali dedicate che

descrivono ed approfondiscono le problematiche relative.

Per tutti gli impianti ed i servizi di bordo è di fondamentale importanza l’impianto di

produzione dell’energia di bordo, destinato a fornire l’energia necessaria per l’esercizio della nave.

Solitamente a bordo è installato un gruppo di generatori principale e un gruppo di generazione

ausiliario e d’emergenza. Fondamentale è l’impianto elettrico realizzato con cavi particolari

resistenti all’umidità, alla corrosione e protetti dal rischio incendio.

9.1 – Impianto di ventilazione.

Per garantire la corretta conservazione del carico a bordo e per evitare pericolose stagnazioni

di gas è necessario garantire il dovuto ricambio dell’aria nei locali interni della nave. La

ventilazione può avvenire in maniera naturale o in maniera forzata.

La ventilazione naturale è realizzata mediante aperture esterne (oblò, boccaporti, osteriggi,

finestroni, maniche a vento), la ventilazione forzata è invece realizzata mediante condotte ed

aspiratori. Nelle vecchie navi del secolo scorso la ventilazione delle stive e dei locali sottocoperta

avveniva solo per via naturale facendo largo uso delle maniche a vento, grossi tubi orientabili che

garantivano il ricambio dell’aria orientando il condotto d’entrata sopravvento (controvento) e quello

di uscita sottovento in maniera da creare una circolazione d’aria che garantisse il necessario

ricambio.

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Per la ventilazione forzata si utilizzano impianti costituiti da pompe e condutture che hanno

lo scopo garantire il ricambio dell’aria nei locali privi di aperture verso l’esterno. La complessità

dell’impianto dipende dal tipo di nave; per esempio le navi passeggeri hanno cabine interne che

devono essere ventilate e climatizzate per garantire il benessere dei passeggeri, mentre sulle navi

cargo la ventilazione forzata serve ad impedire il ristagno di gas e vapori che possono risultare

pericolosi per la sicurezza della nave. Spesso allo scopo si adoperano gli impianti di aspirazione,

molto diffusi sulle navi ro-ro per lo smaltimento dei vapori di idrocarburi nei ponti garage.

Sulle petroliere o su navi dove possono formarsi miscele di gas esplosivi o nocivi più che la

ventilazione risulta necessario inertizzare l’aria presente nel locale. Ciò si realizza mediante filtri

per i gas nocivi e mediante immissione di altri gas inerti allo scopo di abbassare la percentuale di

ossigeno presente nella massa di gas contenuta nel locale normalmente al di sotto dell’8% del

volume totale, riducendo così il rischio di esplosioni.

Un impianto a gas inerte (CO2, azoto)

è costituito da un serbatoio e da una rete di

distribuzione asservita dalle pompe la cui

funzione è quella di accelerare i gas

muovendoli rapidamente là dove servono. La

bocchetta d’immissione nelle cisterne o nei

locali protetti è dotata di una valvola di

sicurezza.

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I momenti più pericolosi per il rischio di esplosioni possono aversi durante le operazioni di

carico e scarico delle sostanze petrolifere, quando nelle cisterne vuote si registra la presenza di

concentrazioni di gas e vapori infiammabili. L’impianto a gas inerte è obbligatorio a bordo delle

navi petroliere, soprattutto a bordo di quelle unità che utilizzano l’impianto di lavaggio a crudo il

COW che durante il suo funzionamento nebulizzando gli idrocarburi può portare alla presenza di

pericolose concentrazioni di vapori altamente infiammabili.

Gli impianti di condizionamento ricalcano l’impianto di ventilazione forzata e quasi sempre

coincidono sovrapponendosi e sfruttando la stessa tubazione. L’unica sostanziale differenza è

rappresentata dal gruppo che provvede a raffreddare o a riscaldare l’aria asseconda delle necessità.

Il funzionamento dell’impianto è regolato da termostati che bloccano la distribuzione

dell’aria in un dato locale quando è stata raggiunta la temperatura desiderata. Sulle grandi navi

passeggeri l’impianto di climatizzazione è frazionato in due o più centrali con diversi gruppi e ciò in

considerazione dei grandi volumi d’aria da condizionare.

Un solo gruppo centralizzato è invece montato sulle navi mercantili dove i locali che

necessitano di condizionamento sono concentrati nella zona destinata all’equipaggio e ai locali di

servizio.

9.2 – Impianto antincendio.

Il rischio incendio è comune a tutte le navi ed è uno dei sinistri marittimi più temuti, infatti il

mobilio ed i materiali di rivestimento, le stagnazioni ed il rilascio di gas rappresentano esempi reali

di potenziali focolai di incendio. Inoltre esistono navi che per le loro particolarità di costruzione e di

esercizio sono maggiormente esposte a questo rischio. Si pensi alle navi passeggeri dove la

frammentazione degli spazi interni in locali chiusi e corridoi ciechi, la presenza di rivestimenti e

moquette, la capillarità e complessità dell’impianto elettrico, l’imperizia dei passeggeri espone

questo tipo di nave al rischio incendio.

Altro caso sono le navi cisterna destinate al trasporto di idrocarburi e di sostanze chimiche

dove il rischio di esplosioni ed incendio è ragionevolmente realistico.

Per questo insieme di ragioni le navi sono dotate di un impianto antincendio e di sistemi di

rilevazione ed allarme, oltre che di mezzi ed impianti estinguenti.

I sistemi antincendio possono essere di tipo attivo e di tipo passivo. Alla seconda categoria

appartengono le paratie tagliafuoco, il cui scopo è di isolare i locali a rischio e proteggere quelli

attigui. Tali paratie sono suddivise in classi con un grado di resistenza decrescente dalla A alla C e

classificate con un indice numerico da 15 a 60 che indica il numero di minuti di resistenza per il

quale quel particolare tipo di paratia tagliafuoco è stata progettata: le più resistenti sono quelle di

classe A60, le meno efficaci quelle in classe C15.

Tra i sistemi attivi sono annoverati gli apparati di rilevazione ed allarme, le centrali di

controllo, gli impianti di inertizzazione, le ronde di ispezione.

Generalmente per impianto antincendio di bordo si intende tutto il complesso

comprendente la centrale operativa, i sensori periferici di rilevazione ed allarme, i mezzi di

estinzione.

La centrale operativa di controllo è ubicata solitamente sul ponte di comando o, come sulle

navi passeggeri, in altro locale apposito. Può essere di tipo automatico, cioè gestita da un computer

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che in caso di incendio attiva il sistema di allarme, o presenziata da un operatore che controlla i

punti vitali della nave mediante TV a circuito chiuso o sensori di temperatura.

I sensori periferici sono generalmente costituiti dagli splinker, dai rivelatori di fumo o di

calore.

L’impianto sprinkler è costituito da ampolline di vetro poste sul tetto delle cabine o dei

locali da proteggere e sono tarati in maniera tale che quando la temperatura dell’ambiente supera la

soglia di taratura l’ampollina si rompe chiudendo il circuito di allarme ed attivando l’impianto a

pioggia collegato agli sprinkler e mantenuto costantemente sotto pressione, in maniera da potersi

prontamente attivare al bisogno.

Le ampolline degli sprinkler hanno diversi colori asseconda della temperatura di taratura e

del locale da proteggere, l’impianto idraulico è invece riempito di acqua dolce sotto pressione, ma

quando si attiva comincia a prelevare acqua di mare attraverso le pompe del sistema antincendio

della nave.

Come mostrato in figura il liquido contenuto all’interno delle ampolline ha colori diversi

asseconda della temperatura di taratura: quella di colore giallo è tarata per temperature fino a 79° C,

la verde per 93°C, la blu per 141°C, l’arancio per 57°C e la rossa per 69°C.

I rivelatori di fumo sono solitamente adoperati per monitorare l’interno delle stive o locali

di servizio non molto frequentati. Sono costituiti da tubazioni collegate all’impianto di areazione

con cellule all’infrarosso in punti strategici che si attivano al passaggio di fumo attivando il sistema

di allarme.

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I rilevatori di calore sono invece costituiti da piastrine metalliche sensibili al calore che si

dilatano quando la temperatura supera la soglia di attenzione chiudendo un circuito elettrico ed

attivando il sistema di allarme.

I mezzi di estinzione sono costituiti in primo luogo dagli estintori portatili e dall’impianto di

estinzione ad acqua con gli idranti e le manichette ubicati nei punti nevralgici a protezione di tutta

la nave. Altri sistemi sono rappresentati dagli impianti a polvere, a schiuma, e dall’impianto ad

anidride carbonica CO2 che solitamente è posto a protezione della sala macchine, delle stive e di

altri locali per servizi ausiliari. Come già descritto, gli impianti a gas inerte (Halon, Azoto, ecc…)

sono utilizzati soprattutto per la protezione delle stive e delle cisterne, sia come mezzi di protezione

che come mezzi di prevenzione.

Il modo di procedere all’estinzione dell’incendio dipende dal tipo di combustibile che può

essere fronteggiato utilizzando agenti estinguenti che agiscono per raffreddamento, per

soffocamento o per separazione. L’acqua agisce per raffreddamento in quanto evaporando sottrae

calore. La schiuma agisce per soffocamento e separazione poiché evaporando l’acqua in essa

contenuta crea poi uno strato isolante tra combustibile e aria, per cui la combustione si esaurisce.

Anche la CO2 e i gas inerti agiscono per soffocamento riducendo la percentuale di ossigeno

presente nel locale e rendendo così impossibile la combustione.

Gli idranti sono collegati solitamente alle pompe di esaurimento le quali, in caso di incendio,

aspirano acqua prelevandola direttamente dalla presa a mare posta sotto la linea di galleggiamento.

Ai sistemi di allarme è anche collegato l’impianto di climatizzazione e ventilazione che in caso

d’incendio viene disattivato interrompendo l’afflusso d’aria al locale interessato contribuendo così

all’opera di spegnimento.

Il fuoco rimane comunque uno dei maggiori pericoli per l’incolumità della nave, ne sono un

esempio le tragedie del traghetto Moby Prince del 1991 in rada a Livorno e del traghetto Norman

Atlantic del 2014 in Adriatico entrambe divorate dal fuoco a seguito di incendio a bordo.

9.3 – Impianto di esaurimento e di zavorra.

A bordo esiste la necessità di espellere fuoribordo l’acqua che penetra all’interno dello scafo

a seguito di colaggio del carico, di lavaggio delle stive o a causa di infiltrazioni se il fasciame perde

l’impermeabilità. A ciò provvede l’impianto di esaurimento o di sentina costituito da pompe

aspiranti cui sono collegati reti di tubazioni (pipe) che interessano tutti i doppifondi della nave.

L’impianto è ovviamente dimensionato in rapporto alla nave e la sua realizzazione è

regolamentata da apposite normative di sicurezza in quanto da esso e dalla sua efficienza dipende la

salvezza della nave in caso di falla. In base a tali norme ciascuna nave deve essere dotata di non

meno di due pompe di sentina ad energia meccanica e di un sistema di tubazioni che devono poter

assicurare il prosciugamento di un qualsiasi compartimento anche con la nave sbandata di 5°. Per le

grandi navi passeggeri il numero minimo è di tre pompe di sentina. Anche il diametro interno delle

tubazioni è fissato da apposite regole che tengono conto delle dimensioni del compartimento da

prosciugare e delle dimensioni della nave. L’estremità della tubazione che pesca nel pozzetto è

protetta da una pigna per evitare di aspirare corpi estranei e talvolta risulta protetta da una valvola

di non ritorno, che permette all’acqua di circolare nel solo senso di aspirazione.

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Altra regola assai importante è che le pompe e l’impianto di sentina siano rigidamente

separati dall’impianto di aspirazione dal mare, per evitare il rischio di allagamenti accidentali.

Pertanto i servizi di zavorra sono disimpegnati da un impianto simile a quello di sentina ma

separato da quest’ultimo.

Tuttavia se tutte le tubazioni dell’impianto di sentina sono dotate di valvole di sicurezza le

pompe di sentina possono essere utilizzate anche per il servizio di zavorra, mentre la rete di tubi è

sempre distinta.

Lo zavorramento della nave si rende necessario per farle assumere un determinato assetto

quando è scarica o è sbandata a fine caricazione. L’acqua di zavorra affluisce all’interno dello scafo

attraverso apposite aperture poste sotto la linea di galleggiamento dette prese a mare. Tali prese

sono protette da valvole dette di intercettazione o valvole Kingston che assicurano che non si

verifichino allagamenti accidentali.

Anche l’impianto antincendio si serve delle prese dal mare prima descritte.

9.4 – Strumenti di navigazione.

La condotta della navigazione dipende dalla dotazione di strumenti di cui la nave dispone. Il

più essenziale è la bussola, con la quale si stabilisce e si controlla la rotta seguita dalla nave.

Altrettanto importante è oggi il Radar che serve ad individuare ostacoli e bersagli in tutti i casi di

scarsa visibilità per nebbia o di notte. Altri strumenti di navigazione che obbligatoriamente devono

essere installati a bordo sono:

- il solcometro, strumento disponibile in vari tipi che indica la velocità della nave rispetto

all’acqua

- lo scandaglio, strumento costruito in vari modi e che serve a misurare la profondità

dell’acqua e, in alcune versioni, fornisce la velocità della nave rispetto al fondo

- il ricevitore satellitare GPS, che permette di ottenere la posizione della nave in tempo reale

ed è oggi interfacciato alle strumentazioni elettroniche di bordo

- l’AIS (Automatic Information System) dispositivo che permette di ottenere informazioni

sulle navi che si trovano nel tratto di mare intorno alla nave

- l’ECDIS (Electronic Chart Display Information System) sistema che consente di unire le

informazioni contenute nella carta nautica della zona di mare in cui si naviga con le

informazioni provenienti dagli altri strumenti di bordo

- il calcolatore di bordo che è presente su tutte le moderne navi e che permette di controllare

le funzione di navigazione e quelle legate all’efficienza della nave

- il GMDSS (Global Maritime Distress Safety System) che è un sistema che utilizza i satelliti

geostazionari ed altre reti di comunicazione per le situazioni di pericolo e di ricerca e

soccorso in mare

- il ricevitore satellitare Meteofax che consente di ricevere a bordo le informazioni

meteorologiche e le carte previste dallo stato del mare e delle condizioni meteo-marine.

La dotazione di bordo comprende anche i binocoli e i sestanti di cui però è tradizione che

ogni ufficiale possegga il proprio, di cui è personalmente geloso custode.

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Tutti questi strumenti compongono la plancia o ponte di comando (navigation bridge)

postazione da dove si manovra la nave. Nello stesso luogo si trovano la timoneria ed il telegrafo di

macchina per la regolazione della velocità della nave oltre ai Documenti Nautici già menzionati nei

precedenti paragrafi.

Il ponte di comando è usualmente ubicato in alto e disposto in maniera tale da offrire la

possibilità di avere una buona visibilità dell’intera nave. Ai lati di questo si trovano le alette che

consentono all’ufficiale di guardia di vedere fuoribordo la murata soprattutto durante le manovre di

approdo. Sulle alette vengono anche sistemate le ripetitrici delle girobussole e i grafometri,

rilevatori polari graduati da 0° a 180° e necessari per misurare i rilevamenti dei punti notevoli della

costa.

9.5 – Dotazioni di Salvataggio

Ciascuna nave deve essere dotata del complesso di attrezzature atte a garantire la salvezza di

tutti i membri dell’equipaggio e di tutti gli eventuali passeggeri qualora la sua galleggiabilità

risultati irrimediabilmente compromessa. L’insieme di mezzi e attrezzature costituisce le dotazioni

di salvataggio che comprendono:

- i mezzi collettivi: imbarcazioni o scialuppe (lifeboat), zattere rigide o autogonfiabili

(liferaft), apparecchi galleggianti

- i mezzi individuali: salvagente (lifebelt), giubbotti di salvataggio (life jackets)

Inoltre sono da menzionare gli apparecchi lancisagole e i dispositivi per l’emissione dei

segnali di pericolo.

La dotazione dei mezzi di salvataggio, le loro sono caratteristiche costruttive e di

funzionamento sono regolate dalle norme internazionali contenute nella SOLAS (Safety Of Life At

Sea - Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare).

Esistono anche Normative Internazionali che stabiliscono l’obbligo per tutti i membri degli

equipaggi di seguire dei corsi che certifichino l’attitudine e la preparazione dei marittimi a

fronteggiare le emergenze di bordo e, in caso di naufragio, le regole di sopravvivenza in mare.

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Tali norme sono contenute nel Codice STCWS ’95 Emended Manila 2010 (Standards of

Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers) e fissano degli standard di competenza

ed addestrativi che tutti i marittimi devono possedere.

Questa Convenzione è stata recepita dall’Italia e trasformata in Legge dello Stato il 21

Novembre 1985 con il numero 739.

9.5.1 – Imbarcazioni di salvataggio.

Le scialuppe di salvataggio devono essere costruite con materiale resistente al fuoco, essere

dotate di un sistema di propulsione meccanica a combustione interna o manuale (tipo Flaming),

possono essere scoperte o provviste di una copertura rigida.

Le caratteristiche costruttive devono garantire i parametri minimi di sicurezza e qualità,

ovvero:

- robustezza tale da garantire la possibilità di ammainarle in acqua a pieno carico senza subire

danni;

- insommergibilità e stabilità positiva anche in condizioni di allagamento totale;

- autoraddrizzamento facilitato in caso di capovolgimento.

L’insommergibilità è garantita dall’uso del doppio scafo imbottito di materiale galleggiante

come la schiuma ad espansione, polistirolo e sostanze similari o casse d’aria. La portata delle

imbarcazioni di salvataggio indica il numero di persone imbarcabili in ognuna di esse, assegnando

convenzionalmente un peso di 80 kg a persona. Il numero di persone imbarcabili, il nome della nave

ed il Compartimento Marittimo di appartenenza di questa devono essere indicati sulle murate dello

scafo della scialuppa.

A ciascuna imbarcazione viene assegnata una copia di gru servite da verricello elettrico e

con bracci sagomati in modo da consentire l’ammaino delle scialuppe fuori bordo. Le caratteristiche

operative delle gru dovranno essere tali da assicurare la possibilità di calare in mare tutte le

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scialuppe di bordo in un tempo massimo di 30 minuti per le navi passeggeri e di 10 minuti per le

navi mercantili, anche in presenza di uno sbandamento fino a 15°.

Su alcune navi mercantili la scialuppa di

salvataggio può essere del tipo a caduta libera

(free fall) e viene sistemata a poppa in alto in

maniera da poter essere lanciata in mare in

pochissimi istanti. Questo tipo di scialuppa è

soprattutto utilizzata sulle navi petroliere e

chimichiere poiché, una volta lanciata, è in grado

di allontanarsi rapidamente dalla nave anche in

caso di incendio di idrocarburi e di altre sostanze

che bruciano galleggiando sull’acqua.

Le imbarcazioni di salvataggio dovranno essere dotate di:

remi e scalmi in numero sufficiente, una bussola provvista di chiesuola, viveri d’emergenza e acqua

potabile (nella misura di 3 litri a persona) contenuti in recipienti ermetici e tenuta stagna, un

bicchiere graduato e inossidabile, 4 razzi rossi a paracadute e 6 fuochi a mano a luce rossa, 2

fumogeni galleggianti, uno specchio solare per segnalazioni diurne, attrezzi da pesca, medicine e

cassetta per il pronto soccorso, un estintore, un riflettore radar, un telo impermeabile per coprire

lo scafo in caso di pioggia, una lampada manuale, una tabella dei segnali di salvataggio.

Inoltre le scialuppe dovranno essere dotate di un radar trasponder SART (Search And

Rescue radar Transponder), un trasmettitore i cui impulsi vengono rilevati dai radar in banda X ed

aiuta nella localizzazione dei naufraghi e di un apparato radio portatile in VHF.

Per tutte le navi il numero delle

scialuppe presenti a bordo su ciascun

fianco della nave dev’essere pari a

metà del numero totale dei passeggeri

trasportati se trattasi di nave

passeggeri, pari al numero totale dei

membri dell’equipaggio se trattasi di

nave mercantile.

9.5.2 – Zattere di salvataggio

L’uso delle zattere

autogonfiabili (liferaft) è diffuso

soprattutto sulle imbarcazioni da

diporto, ma sono molto diffuse anche

sulle unità da pesca, su piccoli

mercantili e sulle navi passeggeri che

compiono viaggi brevi, della durata

inferiore alle 24 ore.

Devono essere stivate sui

ponti aperti in contenitori rigidi in

plastica o materiale similare e pronte

all’uso. Una volta lanciate in mare

devono aprirsi e gonfiarsi in pochi

minuti.

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Le caratteristiche di una zattera autogonfiabile sono:

- costruzione in tessuto gommato altamente resistente

- robustezza

- suddivisione della parte gonfiabile in un numero pari di camere stagne

- massa totale (inclusi guscio e dotazioni) inferiore a 185 Kg

- gonfiamento automatico al lancio in mare

- portata non inferiore a 6 persone

Gli oggetti in dotazione ad una zattera galleggiante comprendono:

un anello galleggiante attaccato ad una sagola galleggiante lunga 30 metri, due coltelli, sassole,

spugne, due pagaie, corredo e attrezzi per riparare eventuali forature, viveri d’emergenza e acqua

potabile (nella misura di 3 litri a persona) contenuti in recipienti ermetici e a tenuta stagna, un

bicchiere graduato e inossidabile, 4 razzi rossi a paracadute e 6 fuochi a mano a luce rossa, 2

fumogeni galleggianti, uno specchio solare per segnalazioni diurne, attrezzi da pesca, medicine e

cassetta per il pronto soccorso, un estintore, un riflettore radar, una lampada manuale, una tabella

dei segnali di salvataggio.

Su alcuni traghetti passeggeri

le zattere autogonfiabili fanno parte

del sistema MES (Maritime

Evacuation System) un dispositivo

basato su di uno scivolo gonfiabile o

di fuga che consente una rapida

evacuazione dei passeggeri

direttamente su un adeguato numero

di zattere di salvataggio in attesa, che

vengono successivamente prese a

rimorchio dalle scialuppe o da altri

mezzi nautici motorizzati di cui la

nave è dotata.

Il sistema MES sta sostituendo

i tradizionali sistemi di zattere di

salvataggio con gruetta di lancio usati

sulle navi e sono comuni sulle navi ad

alta velocità HSV (High Speed

Vessel), in cui i pesi e tempi di

evacuazione devono essere ridotti al

minimo, anche se molti traghetti

convenzionali e su molte navi da

crociera si sta procedendo al

montaggio di MES di per integrare o

sostituire le scialuppe di salvataggio.

Quanto descritto per le zattere autogonfiabili vale anche per le zattere rigide. Secondo le

vigenti norme per la dotazione complessiva di zattere per una nave passeggeri deve essere tale da

imbarcare fino al 37,50% delle persone presenti a bordo, mentre per le navi mercantili per ciascun

fianco dovranno avere zattere per il totale delle persone imbarcate.

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A. Vega Appunti di Struttura della nave e Logistica per la classe terza

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9.5.3 – Apparecchi galleggianti.

Gli apparecchi galleggianti o

atolli hanno solitamente forma

quadrangolare e caratteristiche

diverse, ma devono essere rigidi, di

colore arancione e dotati di strisce

catarifrangenti. Sostanzialmente sono

dei dispositivi cui i naufraghi si

aggrappano mediante una sagola

applicata a festoni tutt’intorno al

perimetro dei fianchi esterni.

Devono avere una massa non superiore a 185 kg, per poter risultare stabili e poter sostenere

un numero di persone pari al numero assegnato (solitamente 8 persone). Le norme non indicano il

numero di apparecchi galleggianti imbarcabili, anche perché il loro scopo è quello di sostenere

soltanto i naufraghi in attesa di salire sulle scialuppe o sulle zattere.

9.5.4 – Salvagente e cinture di salvataggio.

I salvagenti anulari (lifebuoy o life ring), un tempo in sughero, sono oggi costruiti in plastica

ed il loro diametro interno non deve essere inferiore a 40 centimetri, sul perimetro esterno deve

trovarsi una sagola a festoni. Il nome della nave e del Compartimento Marittimo devono essere

segnati su di un lato del salvagente.

Il numero di salvagenti che devono essere presenti su di una nave è stabilito dalla Solas;

questi devono essere sistemati lungo i parapetti della nave pronti all’uso, inoltre in corrispondenza

di ciascuna aletta deve trovarsi un salvagente collegato ad una sagola galleggiante che porta una

boetta luminosa e galleggiante con fumogeno che si accendono immediatamente dopo il lancio.

I giubbotti di salvataggio (life jackets) sono fabbricati in materiale galleggiante, rivestiti con

tessuto resistente ed impermeabile di colore arancione con applicate delle strisce catarifrangenti,

devono poter essere indossati rapidamente, risultare reversibili, essere dotate di una luce

lampeggiante e di un fischietto legato ad una cordicella e devono sostenere fuori dall’acqua il viso

di una persona priva di sensi.

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Il numero di giubbotti di salvataggio di

cui una nave deve essere dotata dev’essere pari al

numero delle persone presenti a bordo con

aggiunta del 10% e, nel caso di navi passeggeri o

di traghetti (ro-ro pax), un’ulteriore aggiunta di

un 5% di cinture di salvataggio per bambini e

comunque fino al raggiungimento del numero di

bambini imbarcati, più un ulteriore 5% di

giubbotti over size, per persone corpulente o in

sovrappeso.

Solitamente i giubbotti di salvataggio

sono ubicati nelle cabine, nelle panche sui ponti

passeggiata delle navi passeggeri, sotto i sedili

delle salette, nei saloni-bar, in armadi in

prossimità dei punti di riunione (muster

station), sul ponte di comando e nella sala

controllo del locale macchine (engine control

room) e in tutti gli altri locali dove è prevista la

presenza di personale in servizio.

9.5.5 – Le tute di immersione e sopravvivenza.

Sulle navi mercantili oltre alle dotazioni

già descritte devono essere disponibili le tute di

immersione (immersion suits) per ciascun

membro dell’equipaggio.

Tali tute rappresentano una protezione

contro il rischio di ipotermia, sono fatte di

materiale impermeabile e possono essere

indossate sopra i vestiti, aiutano a rimanere a

galla, non devono impedire i movimenti e

devono consentire di indossare il giubbotto di

salvataggio, impediscono che l’acqua entri al

proprio interno bagnando la persona che la

indossa.