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APPUNTI DI FISICA DEI FLUIDI (2006/2007) 1 Descrizione microscopica di un fluido Per ricavare le equazioni di conservazione per osservabili macroscopiche come la velocit` a, la temperatura o la densit` a, risulta utile da un punto di vista concettuale partire dalla dinamica di un gran numero di particelle microscopiche. La meccanica statistica ` e quella teoria fisica che collega il comportamento di oggetti macroscopici che noi osserviamo con la dinamica di molecole, al nostro occhio non visibili, che costituiscono tali oggetti. Le basi di questa teoria nascono proprio dalla necessit` a di legare due teorie che apparentemente sono incompatibili: la prima ` e quella macroscopica la quale descrive le proprit` a osservabili degli oggetti, la loro forma, la composizione chimica, la temperatura e la densit` a. L’altra ` e la descrizione dinamica o microscopica che tratta gli oggetti come un sistema dinamico di molecole e dunque deve includere una descrizione completa dello stato dinamico di ogni singola molecola nel sistema. E’ da notare che entrambe le descrizioni possono essere considerate come modelli semplificati della realt` a, ovviamente pi` u complessa. Nella descrizione dinamica un oggetto fisico ` e considerato come formato da un grande numero di singole unit` a che chiameremo molecole o particelle, per intendere atomi, ioni, elet- troni. Ciascuna molecola si muover` a sotto l’influenza di forze esercitate su di essa dalle altre molecole del sistema e da corpi esterni al sistema come ad esempio le pareti che contengono il sistema. Sarebbe necessario, durante lo studio di tali molecole, in alcuni casi considerare anche effetti quantistici, tuttavia, siccome il nostro obiettivo ultimo ` e quello di derivare le propriet` a macroscopiche per un fluido, ` e possibile verificare che gli effetti quantistici sono trascurabili; in altre parole nella descrizione dei fluidi in questo corso la descrizione clas- sica rappresenter` a una ottima approssimazione di quella quantistica che dunque non verr` a considerata e rimandata ad altri corsi. Il sistema pi` u semplice che si pu` o considerare in meccanica statistica ` e quello formato da N molecole identiche. Se ciascuna molecola possiede n gradi di libert` a allora il sistema avr` a nN gradi di libert` a dunque in meccanica classica, lo stato dinamico del sistema (anche noto come microstato ad ogni istante di tempo pu` o essere specificato dando il valore di 2nN variabili: per esempio il microstato di un sistema contente N molecole che si muovono in uno spazio tridimensionale ` e individuato in modo univoco da N vettori posizioni, x i , i =1, 2, .., N e le loro derivate, ossia le N vettori velocit` a v i x i con i =1, 2, .., N . Si noti che abbiamo trascurato gradi di libert` a che possono derivare per esempio dall’orientamento o dalle vibrazioni. Lo stato del sistema ` e individuato da un punto in questo spazio a 6N dimensioni, noto come spazio Γ o spazio delle fasi e la sua evoluzione nel tempo ` e una traiettoria in questo spazio. L’evoluzione ` e governata dalle equazioni di Newton; se ciascuna molecola ` e una particella di massa m, per forze di tipo conservativo, le equazioni sono: d 2 x i dt 2 = - ∂x i U (x 1 , x 2 , ..., x N ) (i =1, 2, ..., N ) (1) dove U (x 1 , x 2 , ..., x N )` e la funzione energia potenziale. Questo rappresenta un sistema di 3N equazioni accoppiate del secondo ordine e dunque la loro soluzione necessita la conoscenza

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APPUNTI DI FISICA DEI FLUIDI (2006/2007)

1 Descrizione microscopica di un fluido

Per ricavare le equazioni di conservazione per osservabili macroscopiche come la velocita, latemperatura o la densita, risulta utile da un punto di vista concettuale partire dalla dinamicadi un gran numero di particelle microscopiche. La meccanica statistica e quella teoria fisicache collega il comportamento di oggetti macroscopici che noi osserviamo con la dinamica dimolecole, al nostro occhio non visibili, che costituiscono tali oggetti. Le basi di questa teorianascono proprio dalla necessita di legare due teorie che apparentemente sono incompatibili:la prima e quella macroscopica la quale descrive le proprita osservabili degli oggetti, la loroforma, la composizione chimica, la temperatura e la densita. L’altra e la descrizione dinamicao microscopica che tratta gli oggetti come un sistema dinamico di molecole e dunque deveincludere una descrizione completa dello stato dinamico di ogni singola molecola nel sistema.E’ da notare che entrambe le descrizioni possono essere considerate come modelli semplificatidella realta, ovviamente piu complessa.

Nella descrizione dinamica un oggetto fisico e considerato come formato da un grandenumero di singole unita che chiameremo molecole o particelle, per intendere atomi, ioni, elet-troni. Ciascuna molecola si muovera sotto l’influenza di forze esercitate su di essa dalle altremolecole del sistema e da corpi esterni al sistema come ad esempio le pareti che contengonoil sistema. Sarebbe necessario, durante lo studio di tali molecole, in alcuni casi considerareanche effetti quantistici, tuttavia, siccome il nostro obiettivo ultimo e quello di derivare leproprieta macroscopiche per un fluido, e possibile verificare che gli effetti quantistici sonotrascurabili; in altre parole nella descrizione dei fluidi in questo corso la descrizione clas-sica rappresentera una ottima approssimazione di quella quantistica che dunque non verraconsiderata e rimandata ad altri corsi.

Il sistema piu semplice che si puo considerare in meccanica statistica e quello formatoda N molecole identiche. Se ciascuna molecola possiede n gradi di liberta allora il sistemaavra nN gradi di liberta dunque in meccanica classica, lo stato dinamico del sistema (anchenoto come microstato ad ogni istante di tempo puo essere specificato dando il valore di2nN variabili: per esempio il microstato di un sistema contente N molecole che si muovonoin uno spazio tridimensionale e individuato in modo univoco da N vettori posizioni, xi,i = 1, 2, .., N e le loro derivate, ossia le N vettori velocita vi = xi con i = 1, 2, .., N . Si notiche abbiamo trascurato gradi di liberta che possono derivare per esempio dall’orientamentoo dalle vibrazioni. Lo stato del sistema e individuato da un punto in questo spazio a 6Ndimensioni, noto come spazio Γ o spazio delle fasi e la sua evoluzione nel tempo e unatraiettoria in questo spazio. L’evoluzione e governata dalle equazioni di Newton; se ciascunamolecola e una particella di massa m, per forze di tipo conservativo, le equazioni sono:

d2xi

dt2= − ∂

∂xiU(x1,x2, ...,xN ) (i = 1, 2, ..., N) (1)

dove U(x1,x2, ...,xN ) e la funzione energia potenziale. Questo rappresenta un sistema di 3Nequazioni accoppiate del secondo ordine e dunque la loro soluzione necessita la conoscenza

delle xi e le derivate prime dotxi ad un istante di tempo. Sapendo questo possiamo de-terminare lo stato del sistema a qualsiasi istante successivo. Ne consegue che due sistemidinamici che ad un certo istante hanno le stesse xi e le xi, ossia sono nello stesso stato di-namico ad un certo istante, saranno nello stesso stato dinamico per tutti gli istanti di temposuccessivi. Questa proprieta e nota come determinismo o causalita della meccanica classica.Essa si riflette sul fatto che nello spazio delle fasi una unica traiettoria passa per un punto.Se due traiettorie si intersecassero vuol dire che ad un certo istante i due sistemi hanno lestesse xi e le xi e dunque devono avere la stessa evoluzione.

Un oggetto macroscopico contiene cosı tante molecole che non si puo pensare di trovareil suo stato dinamico attraverso l’osservazione; risulta infatti impensabile progettare un es-perimento il cui obiettivo sia quello di misurare la posizione e la velocita istantaneamentedi tutte le singole molecole di un fluido contenute in un contenitore (un bicchiere di acquacontiene piu di 1024 molecole). Questa difficolta di osservare ha rappresentato un elementoimportante nello sviluppo della meccanica statistica. In meccanica classica lo stato dinamicodi un sistema determina completamente lo stato macroscopico; ossia se due sistemi sono nellostesso stato dinamico, l’oggetto osservabile sara nello stesso macroscopico. D’altra parte,siccome noi abbiamo difficolta nell’osservare lo stato dinamico, lo stato macroscopico non de-termina in modo univoco lo stato microscopico; ossia, se due oggetti macroscopici si trovanonello stesso stato (per esempio due bicchieri contengono entrambi acqua ferma e sono allastessa temperatura) non e detto che abbiano le stesso microstato. Quindi esistono un nu-mero molto grande di microstati che corrispondono ad un unico macrostato. Nonostantel’impossibilita di conoscere esattamente il microstato, determinare lo stato macroscopico diun sistema non risulta impossibile, in quanto, come vedremo successivamente, e possibile faredelle ragionevoli predizioni. Dunque per studiare l’evoluzione di un sistema macroscopico noifaremo uso della teoria probabilistica.

Per avere una chiara distinzione tra l’osservazione macroscopica e lo stato dinamico diun sistema e tuttavia necessario che il sistema contenga un gran numero di molecole, seppurdi dimensioni non necessariamente grandi; per esempio il sistema solare, pur essendo moltoesteso, ha solo pochi molecole (una decina se consideriamo i maggiori pianeti), quindi inmeccanica celeste possiamo osservare lo stato dinamico del sistema e conoscere con una buonaccuratezza la sua evoluzione. In meccanica statistica tuttavia, il sistema contiene sempre unnumero dell’ordine di 1019 molecole (questo numero di molecole rappresenta circa il numerodi molecole contenute in un cm2 di aria in condizioni normali di pressione e temperatura,1.013 Bar, 273.15 K).

Nei prossimi paragrafi vedremo come alla descrizione microscopica si sostituira una trat-tazione probabilistica, per poi passare alla descrizione macroscopica delle equazioni di NavierStokes.

Prima di procedere e utile ricordare che l’evoluzione di un sistema classico di N molecolepuo essere studiato, oltre che attraverso l’equazione di Newton, anche attraverso le equazionidi Hamilton, dove le variabili sono sempre le posizioni (coordinate spaziali), indicate conqi e gli impulsi coniugati indicati con pi con i = 1, 2, ..., N (si usa qui per comodita lanotazione vettoriale, intendendo che qi e pi sono vettori a 3 componenti). In assenza di forzeesterne l’energia totale (energia cinetica + energia potenziale) del sistema prende il nome diHamiltoniana H che e appunto funzione di qi e pi . In termini dell’Hamiltoniana l’equazione

di Newton diventa:

dqi

dt=

∂piH(q1, ...,qN ,p1, ...,pN ) (i = 1, 2, ..., N)

dpi

dt= − ∂

∂qiH(q1, ...,qN ,p1, ...,pN ) (i = 1, 2, ..., N)

(2)

Conoscendo le forze intermolecolari (dunque la forma dell’Hamiltoniana) ad un istante ditempo specifico, e possibile determinare dalle equazioni scritte lo stato del sistema a qual-siasi istante successivo. La descrizione e del tutto analoga a quanto visto precedentementeattraverso l’equazione di Newton, tuttavia presenta alcuni vantaggi che risulteranno chiarisuccessivamente.

1.1 La media di insieme e l’equazione di Liouville

Come precedentemente accennato esistono delle difficolta nella determinazione dello statomicroscopico di un sistema e dunque risulta anche non facile determinare le proprieta macro-scopiche del sistema in quanto e necessario ottenerle attraverso delle medie opportune sullegrandezze microscopiche. Fu Gibbs che introdusse l’idea di insieme statistico per descrivereun sistema macroscopico.

Precedentemente e stato affermato che piu stati dinamici possono corrispondere ad ununico stato macroscopico; dunque l’idea di Gibbs fu quella di considerare un numero ele-vato, M , di sistemi macroscopicamente equivalenti; ossia si costruiscono concettualmenteM repliche del sistema macroscopico originale, ciascuno caratterizzato da un diverso statodinamico. E’ da notare che queste repliche sono solo copie mentali del sistema e non inter-agiscono tra di loro. Questa grande collezione di sistemi viene chiamata ensemble. A ciascunmembro dell’ensemble corrispondera un punto nello spazio delle fasi, quindi ogni sistemasara rappresentato da un punto in tale spazio. Se il numero di questi sistemi tende all’infinitoallora questi punti formeranno una nuvola abbastanza densa nello spazio Γ e dunque sarapossibile descrivere la loro distribuzione attraverso una funzione densita che, nel limite in cuiM → ∞ sara una funzione continua di qi , pi e del tempo. E’ possibile anche normalizzaretale densita in modo tale che rappresenti una probabilita nello spazio delle fasi; la funzionedensita di probabilita cosı ottenuta verra indicata con fN (q1, ...,qN ,p1, ...,pN , t). Siccomenoi considereremo tutte particelle identiche, la funzione fN risultera invariante per lo scam-bio di particelle. Data la funzione densita di probabilita e considerata una generica variabileosservabile microscopica O = O(q1, ...,qN ,p1, ...,pN ) allora la grandezza macroscopiaca as-sociata potra essere calcolata nel seguente modo.

< O(t) >=∫

Ofndq1dq2...dqNdp1dp2...dpN (3)

dove l’integrale e esteso a tutto lo spazio delle fasi. La dipendenza temporale della mediadi insieme viene dalla dipendenza temporale della funzione di distribuzione che come ve-dremo evolve secondo l’equazione di Liouville. In alcune condizioni la media di ensemblecorrisponde proprio alla media temporale che si farebbe per calcolare un valore medio di unagrandezza microscopica. La coincidenza di queste due medie corrisponde ad affermare che

vale il teorema ergodico, il quale afferma che il punto rappresentativo nello spazio delle fasipassa arbitrariamente vicino a ogni altro punto nello spazio delle fasi accessibile, ossia se siaspetta un tempo sufficientemente lungo, la traiettoria descritta da un punto rappresentativodi un sistema copre tutto lo spazio delle fasi accessibile. Sebbene fN sia una densita di prob-abilita, essa evolve nel tempo in maniera completamente deterministica; infatti e possibiledeterminare l’evoluzione temporale di tale probailita nello spazio delle fasi. Si ricordi che cias-cun punto nello spazio delle fasi corrisponde ad un microstato che evolve secondo le equazionidi Hamilton precedentemente viste, dunque ciascun punto descrivera una traiettoria e, vistoche il numero di ensemble e tendente all’infinito, avremo che la nuvola di punti nello spaziodelle fasi evolvera; si ricordi che ciascun le traiettorie non possono intersecarsi, questo perche,come visto precedentemente, se due traiettorie si intersecassero allora vorrebbe dire che essesono la stessa traiettoria. L’equazione che regola l’evoluzione di questa nuvola di punti nellospazio delle fasi e nota come equazione di Liouville o anche teorema di Liouville. Per di-mostrare tale teorema si consideri un volume V fisso nello spazio delle fasi la cui superficieesterna sia S. Siccome

∫V fNdz rappresenta una probabilita, ossia il numero di punti in un

certo volume diviso il numero di punti totale M , dunque se moltiplico tale integrale per M,ottengo il numero di punti MV nello spazio delle fasi contenuto nel volumeV :

MV = M

∫V

fNdV. (4)

Tale volume e fisso, dunque la variazione di punti nel tempo all’interno di questo volume edata da:

dMV

dt= M

∫V

∂fN

∂tdV. (5)

L’incremento di numero punti nel volume V dello spazio delle fasi sara uguale al flusso dipunti entranti attraverso la superficie S; per calcolare questo risulta utile considerare unesempio piu semplice, ossia calcolare il flusso di massa di un fluido attraverso una superficieS che contiene un volume V in uno spazio R3. Il flusso di massa per unita di volume, ρ, e:∫

Sρv · ndS, (6)

dove v rappresenta il vettore velocita con cui si sposta il fluido attraverso la superficie e nla normale alla superficie stessa rivolta verso l’esterno. E’ poi utile applicare il teorema diGauss e quindi trasformare l’integrale di superficie in un integrale di volume:∫

V∇ · (ρv)dV. (7)

Calcoliamo ora il flusso di punti nello spazio delle fasi attraverso la superficie S; la velocitacon cui si muovono questi punti sara data da z quindi, analogamente a quanto visto prece-dentemente avremo che:

dMV

dt= −M

∫S

fN z · ndS, (8)

dove z = (q1, ..., qN , p1, ..., pN ). Attraverso il teorema di Gauss, l’integrale diventa:∫V∇ · (fN z)dV, (9)

dove l’operatore e cosı definito:

∇ =(

∂q1, ...,

∂q3N,

∂p1, ...,

∂p3N

)(10)

e quindi si ottiene:

M

∫V

∂fN

∂tdV = −M

∫V∇ · (fN z)dV (11)

che puo esssere anche scritto come:∫V

[∂fN

∂t+∇ · (fN z)

]dV = 0 (12)

Siccome tale integrale deve valere per un volume V arbitrario, allora si ha che:

∂fN

∂t+∇ · (fN z) = 0 (13)

Il secondo termine a primo membro puo essere scritto in forma estesa:

∇ · (fN z) =3N∑i=1

(∂fN

∂qiqi +

∂fN

∂pipi

)+

3N∑i=1

fN

(∂qi

∂qi+

∂pi

∂pi

)(14)

Utilizzando le equazioni di Hamilton si ottiene che il secondo termine dell’equazione e iden-ticamente nullo, infatti:

3N∑i=1

fN

(∂qi

∂qi+

∂pi

∂pi

)=

3N∑i=1

fN

(∂2H

∂qi∂pi− ∂2H

∂pi∂qi

)= 0 (15)

Si ottiene dunque la equazione di Liouville (o il teorema di Liouville):

∂fN

∂t+

3N∑i=1

(∂fN

∂qiqi +

∂fN

∂pipi

)= 0 (16)

che viene anche espressa attraverso la cosidetta derivata materiale D/Dt:

DfN

Dt= 0, (17)

oppure utilizzando le equazioni di Hamilton:

∂fN

∂t+

3N∑i=1

(∂fN

∂qi

∂H

∂pi− ∂fN

∂pi

∂H

∂qi

)= 0 (18)

Il teorema di Liouville dunque dice che lungo la traiettoria di ciascun dei punti nello spaziodelle fasi, la densita di probabilita in un intorno di questi punti rimane costante nel tempo.Le traiettorie non possono intersecarsi e dunque il numero di punti seguendo la traiettoria

rimane costante. Se consideriamo un volume dz centrato in un punto z, la cui superficie e S(z),allora man mano che il punto z percorre la sua traiettoria, mentre la superficie si deformera,il volume totale rimarra sempre lo stesso. Si noti come l’equazione di Liouville sia, come leequazioni di Hamilton, un esempio di equazione reversibile facendo una trasformazione in cuit va in −t e le velocita si invertono ( pi va in −pi), allora l’equazione rimane inalterata.

L’equazione di Liouville e un utile strumento concettuale, tuttavia non puo essere uti-lizzata per i calcoli pratici in quanto l’incognita fN dipende da un gran numero di variabili6N +1, con N dell’ordine di 1020. Di questo si resero conto gia Maxwell e Boltzmann quandoiniziarono a lavorare sulla funzione densita di probabilita a una particella singola f1. A dif-ferenza della fN , essa dipende solo da 7 variabili reali (le 3 componenti del vettore q1, le 3componenti del vettore p1 e il tempo). Boltzmann in maniera euristica derivo un’equazione dievoluzione per la densita di probabilita f1 che appunto prende il nome di equazione di Boltz-mann. La f1 rappresenta la probabilita di trovare in un istante di tempo una data particellain uno spazio delle fasi a 6 dimensioni in un certo punto di coordinate (q1, p1). Nel para-grafo successivo, partendo dall’equazione di Liouville, ricaveremo l’equazione di Boltzmannpassando attraverso la gerarchia di equazioni BBGKY.

1.2 La gerarchia BBGKY per sfere rigide

Per l’esame e richiesta solo la procedura generale di derivazione della gerarchia, i conti sonofacoltativi

Partendo dall’equazione di Liouville e possibile derivare un’equazione di evoluzione per lafunzione densita a R molecole, tuttavia, come vedremo, tale equazione dipende dalla funzionedensita a R+1 molecole. Dunque se per esempio volessimo scrivere un’equazione di evoluzioneper f1, inevitabilmente ci troveremo di fronte al fatto che tale equazione contiene f2 e quindirisulta necessario scrivere un’equazione di evoluzione per la f2, che dipendera a sua volta daf3 e cosı via. La gerarchia di queste equazioni prende il nome di gerarchia di BBGKY. Ilnumero di queste equazioni risulta essere pari a N dunque anche questa gerarchia di equazioninon risulta particolarmente utile se si vuole effettivamente fare un calcolo realistico di unaproprita macroscopica di un gas o liquido. Come vedremo sara necessario troncare quindiquesta gerarchia di equazioni alla prima equazione e questo ovviamente necessitera alcuneipotesi aggiuntive.

Iniziamo con il definire la funzione densita di probabilita ridotta a R molecole, fR =fR(z1, z2, ..., zR, t) dove zi = (qi,pi):

fR =∫

fN (z1, z2, ..., zN , t)dzR+1dzR+2, ..., dzN (19)

Il nostro interesse sara poi rivolto verso

f1(z1) =∫

fN (z1, z2, ..., zN , t)dz2dz3, ..., dzN (20)

ef2(z1, z2) =

∫fN (z1, z2, ..., zN , t)dz3dz4, ..., dzN (21)

Ricordiamo ancora una volta che f1dz1 rappresenta la probabilita di trovare la molecola 1 inun volume dz1 centrato in z1 al tempo t. Anche fR come fN sara simmetrica rispetto alloscambio di due molecole. Supporremo ora che le molecole siano sfere rigide di diametro σ,questo implica che due molecole sono impenetrabili e la loro distanza (da centro a centro)puo essere al piu σ. Dunque la funzione di distribuzione ridotta ad una particella deve essereottenuta attraverso l’integrazione della funzione di distribuzione a N particelle su uno spaziodelle fasi ridotto (ossia privato della regione in cui le due sfere sono sovrapposte):

fσ1 (z1) =

∫Ω

fN (z1, z2, ..., zN , t)dz2dz3, ..., dzN (22)

efσ2 (z1, z2) =

∫Ω′

fN (z1, z2, ..., zN , t)dz3dz4, ..., dzN (23)

dove Ω e definito come:

Ω = |x1 − x2| > σ; |x1 − x3| > σ; ...; |x1 − xN | > σ (24)

dunque chiamando Ωr = |x1 − xr| > σ, allora Ω = Ω2xΩ3x...xΩN e Ω′ = Ω3xΩ4x...xΩN .Per evitare complicazioni non necessarie da qui in avanti l’apice σ verra omesso. Risulta

anche piuttosto utile, come appena visto, tornate alle variabili posizione xi e velocita vi, dovequesti sono vettori tridimensionali e l’indice i va da 1 a N . Prima di effettuare l’integralee necessario discutere le condizioni al contorno per la funzione densita di probabilita. Perquanto riguarda le velocita, l’integrale viene fatto su tutto lo spazio delle velocita, dunque lafunzione densita di probabilita. e nulla sui contorni in quanto la probabilita di trovare unaparticella con velocita ±∞ e nulla. Per quanto riguarda l’integrazione sulla posizione si puopensare di estendere il gas ad un volume maggiore di quello realmente occupato e dunquela funzione densita di probabilita risulta essere nuovamente nulla sul contorno superiore.Tuttavia nell’ipotesi di sfere rigide con un certo diametro σ sara necessario escludere quellaparte dello spazio in cui le molecole sono parzialmente sovrapposte.

Riscriviamo dunque l’equazione di Liouville:

∂fN

∂t+

3N∑i=1

(∂fN

∂qiqi +

∂fN

∂pipi

)= 0 (25)

e usando le variabili x = q e p = mv e p = F

∂fN

∂t+

N∑i=1

(∂fN

∂xi· vi +

1m

∂fN

∂vi· Fi

)= 0 (26)

dove Fi rappresenta la forza netta che agisce sulla molecola i-esima. Per convenienza esemplicita considereremo il caso in cui non agiscono forze esterne sul sistema; dunque Fi edato solo dalla forza esercitata sulla molecola i-esima dalle altre molecole del sistema. Inmeccanica statistica si assume normalmente che le forze tra le particelle sono derivabili daun potenziale a due particelle, cosicche la forza esercitata sulla molecola i dalla molecola j e

data dal potenziale φij che e una funzione della sola distanza rij = |xi − xj |. Si ha dunqueche:

Fi = −N∑

j=1 6=i

∂φij

∂xi(27)

Per ottenere l’equazione per la funzione di distribuzione ridotta f1 si integra l’equazione diLiouville sul dominio Ω:∫

Ω

[∂fN

∂t+

N∑i=1

(∂fN

∂xi· vi +

1m

∂fN

∂vi· Fi

)]dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN = 0 (28)

Il primo termine si integra facilmente e si ottiene:∫Ω

∂fN

∂tdx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

∂f1

∂t(29)

Per quanto riguarda l’ultimo termine nella (28) si ha che:

N∑i=1

∫Ω

1m

∂fN

∂vi· Fidx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =∫

Ω

1m

∂fN

∂v1· F1dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN+

N∑i=2

∫Ω

1m

∂fN

∂vi· Fidx2dx3...dxNdv2dv3...dvN

(30)

Ora

F1 = −(

∂φ12

∂x1+

∂φ13

∂x1+ ... +

∂φ1N

∂xN

)(31)

dunque il primo termine a secondo membro nella equazione (30) diventa:

−∫

Ω

1m

∂fN

∂v1·(

∂φ12

∂x1+

∂φ13

∂x1+ ... +

∂φ1N

∂xN

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

− N − 1m

∫Ω

∂fN

∂v1· ∂φ12

∂x1dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

− N − 1m

∫|x1−x2|>σ

∂v1

( ∫Ω′

fNdx3...dxNdv3...dvN

)· ∂φ12

∂x1dx2dv2 =

− N − 1m

∫|x1−x2|>σ

∂f2

∂v1· ∂φ12

∂x1dx2dv2

(32)

dove la prima uguaglianza e legata al fatto che la funzione fN e simmetrica rispetto allesue variabili, dunque se cambio il pedice 3 con 2, e 4 con 2 e cosi via, ho N − 1 contributiidentici. Per la seconda uguaglianza invece si e utilizzato il fatto che ora solo fN dipendeda x3,x4, ...,xN ,v3,v4, ...,xN e dunque l’integrale su quelle variabili, che e un integrale sullospazio Ω′, agisce solo su fN .

Per il secondo termine a destra dell’uguale nell’equazione (30) si ha che

N∑i=2

∫Ω

1m

∂fN

∂vi· Fidx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

N∑i=2

∫Ω

1m

∂vi·(

fNFi

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN

(33)

Utilizzando il teorema della divergenza si ha che questo integrale e nullo perche ci si trovaa calcolare un integrale su una superficie (ricordiamo che applichiamo il teorema della di-vergenza all’integrale di volume sulle velocita) sulla quale fN e nullo. Infatti, ricordiamoche funzione densita di probabilita e nulla ai contorni perche la probabilita di trovare unaparticella con velocita infinita e nulla. Consideriamo ora il termine che piu ci interessa nellaequazione (28) e scriviamolo nel seguente modo:

N∑i=1

∫Ω

(∂fN

∂xi· vi

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

N∑i=1

∫Ω

(∂

∂xi· (vifN )

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =∫

Ω

(∂

∂x1· (v1fN )

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN+

+N∑

i=2

∫Ω

(∂

∂xi· (vifN )

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN

(34)

Trattiamo separatamente i due termini. Per risolvere il primo di questi integrali sarebbeopportuno fare filtrare l’integrale all’interno della deriva fatta rispetto a x1 in modo da poterecosi ottenere la funzione densita di probabilita a due particelle. Tuttavia tale operazione none fattibile in quanto il volume su cui si integra dipende da x1 in quanto e dato dal prodotto ditutti i volumi |x1 − xr| > σ con r = 1, ..., N . Questa operazione non e lecita a meno che nonsi inserisca un termine di superficie che tenga conto di questo fatto. Si utilizza dunque unageneralizzazione del teorema d Leibniz che riportiamo qui di seguito nel caso unidimensionale:

∂y

∫ b(y)

x=a(y)F (x, y)dx =

∫ b

a

∂yF (x, y)dx +

db

dyF (b, y)− da

dyF (a, y) (35)

Generalizzato al caso di un volume si ha che:

∂y

∫V (y)

F (x, y)dx =∫

V

∂yF (x, y)dx +

∫A

F (x, y)uA · dA (36)

dove uA rappresenta la variazione del contorno rispetto a y. Nel nostro caso il volume e datodal prodotto dei volumi |x1−xr| > σ con r = 2, ..., N . Se consideriamo il singolo volume con

r per esempio fissato a 2 allora si ha:

∂x1·∫|x1−x2|>σ

F(x1,x2)dx2 =∫|x1−x2|>σ

∂x1· F(x1,x2)dx2−∫

|x1−x2|=σF(x1,x2) · dA

(37)

Qui il segno meno indica il fatto che il volume escluso e interno alla superficie e il vettoresuperficie per definizione punta verso l’esterno della superficie stessa. Ora il nostro caso eancora piu complicato perche la funzione F = v1fN e noi abbiamo un integrale su (N − 1)variabili x2,x3, ...,xN e rispettive velocita e le superfici sono N − 1. Quindi si avra∫

Ω

(∂

∂x1· (v1fN )

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

∂x1· (v1f1) +

∫ ∫S2

fNv1 · dS2dx3dx4...dxNdv2dv3dv4dvN+

+∫ ∫

S3

fNv1 · dS3dx2dx4...dxNdv2dv3dv4dvN + ...+

+∫ ∫

SN

fNv1 · dSNdx2dx3...dx(N − 1)dv2dv3dv4dvN =

∂x1· (v1f1) +

N∑i=2

∫ ∫Si

f2v1 · dSidvi

(38)

Qui Si indica la superficie |x1−xi| = σ. f2 e la funzione densita di probabilita a due particelleche per i = 2 e funzione di f2(x1,x2,v1,v2, t), per i = 3 e funzione di f2(x1,x3,v1,v3) ecosi via. Ora siccome tutte le particelle sono uguali allora per esempio nel secondo integraleposso rinominare la molecola 3 come molecola 2 e ottenere cosi che tutti gli (N-1) integralidanno lo stesso contributo e quindi si ha che

N∑i=2

∫ ∫Si

f2v1 · dSidvi = (N − 1)∫ ∫

S2

f2v1 · dS2dv2 (39)

Consideriamo ora i restanti termini nell’integrale:

N∑i=2

∫Ω

(∂

∂xi· (vifN )

)dx2dx3...dxNdv2dv3...dvN =

− (N − 1)∫ ∫

S2

f2v2 · dS2dv2,

(40)

dove ciascun integrale a primo membro puo essere risolto con il teorema della divergenzagenerando cosi (N-1) integrali tutti uguali (questo sempre perche le molecole che consid-eriamo sono identiche). Mettendo insieme tutti i risultati che derivano dall’integrazione

dell’equazione di Liouville su uno spazio ridotto si ottiene:

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1+ (N − 1)

∫ ∫S2

f2(v1 − v2) · dS2dv2−

− N − 1m

∫|x1−x2|>σ

∂f2

∂v1· ∂φ12

∂x1dx = 0

(41)

Ora Boltzmann fa l’ipotesi che il potenziale sia nullo per |x1 − x2| > σ e dunque l’ultimotermine e nullo. Il moto delle molecole di Boltzmann corrisponde al moto di sfere rigide chesono libere di muoversi, ossia svincolate da ogni potenziale, eccetto che per gli urti casualicon le altre molecole. L’equazione (41) diventa quindi

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1= (N − 1)

∫ ∫S2

f2(v2 − v1) · dS2dv2 (42)

Ricordiamo che per ottenere tale equazione abbiamo supposto il termine di potenzialenullo al di fuori della superficie dove avviene l’urto questo equivale a considerare il potenzialedi interazione a molto corto range. Sebbene questa ipotesi si verifica essere valida nellafisica dei fluidi, nella fisica del plasma nella quale vengono considerate le molecole cariche,essa non e giustificata in quanto le interazioni avvengono anche a distanza. L’equazione(42) contiene a secondo membro un termine integrale, noto come integrale di collisione,che contiene la funzione densita di probabilita a due particelle. Dunque nel tentativo disemplificare il problema abbiamo introdotto una incognita in piu che non conosciamo. Quindiil sistema non e chiuso ed e necessario introdurre un’equazione di evoluzione per la funzionedensita di probabilita a due molecole. Ricavando tale equazione ci si accorge che essa contienela densita di probabilita a 3 particelle. In tal modo si origina dunque una gerarchia diequazioni in cui ogni equazione dipende da quella successiva e dunque il sistema risultachiuso solo se si considerano tutte le equazioni della gerarchia. Questa e quella che si chiamagerarchia di Bogoliubov, Born, Green, Kirkwood, Yvon per sfere rigide che sono quelli cheindipendentemente hanno ricavato tale sistema di equazioni. Ovviamente tale proceduranon ha nessuna utilita se non vengono introdotte ulteriori ipotesi. Per ottenere un sistemachiuso e necessario ipotizzare che gli urti a due particelle (urti binari) sino gli unici ad essereimportanti, ossia si trascureranno gli integrali di collisione a tre particelle, questo vuole direche l’equazione di evoluzione per la funzione densita di probabilita a due particelle risultaessere semplicemente:

∂f2

∂t+

2∑i=1

vi ·∂f2

∂x i− 1

m

2∑i,j=1

∂φij

∂xi· ∂f2

∂vi= 0 (43)

1.3 L’equazione di Boltzmann

Partendo dalla BBGKY esistono due derivazioni formali dell’equazione di Boltzmann: unafatta da Grad (1949) e l’altra da Kirkwood (1947). Noi utilizzeremo il metodo di Grad.

Le ipotesi necessarie per questa derivazione sono le seguenti: il numero di particelle Ndeve tendere all’infinito, il raggio delle sfere deve tendere a 0 (σ → 0), in modo che il prodotto

Nσ2 rimanga finito. La densita del mezzo considerato deve essere sufficientemente bassa inmodo che le collisioni binarie sono quelle piu probabili. II potenziale tra le particelle deveessere a corto raggio in modo che l’ipotesi di collisioni binarie abbia senso (se il potenzialee a lungo range, una particella puo interagire contemporaneamente con altre particelle). Iltempo medio speso da una particella in un altro dominio deve essere molto piccolo rispettoal tempo medio tra un urto e l’altro (questa ovviamente e legata all’ipotesi che il gas siasufficientemente rarefatto).

Torniamo dunque all’equazione per la densita di probabilita di particella singola, equazione(42). Dobbiamo valutare l’integrale sulla superficie S2; tale integrale avra un contributoquando avviene un urto. Ora introduciamo la velocita relativa V = v2−v1. Ricordiamo cheil vettore superficie e definito positivo uscente dalla superficie; dunque se l’urto tra due par-ticelle sta per iniziare questo vuol dire che V · dS2 < 0 mentre se un urto e appena avvenutoallora V · dS2 > 0. Questo vuol dire che l’integrale sulla superficie S2 puo essere diviso indue contributi uno dei quali ottenuto integrando su S+

2 ossia sulla parte di superficie per laquale vale V · dS2 > 0 (ossia urto appena avvenuto) e su una superficie S−

2 , ossia sulla partedella superficie per la quale vale V · dS2 < 0 (urto sta per iniziare). Ossia

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1= (N − 1)

[ ∫ ∫S+

2

f2|V · n|dS2dv2 −∫ ∫

S−2

f2|V · n|dS2dv2

](44)

Durante una collisione si ha che la variabile x2 sara uguale a x1 + σn, (con σ il diametro diuna sfera rigida che corrisponde alla distanza tra due centri di due particelle che si stannourtando). Per ipotesi la f2 e continua e regolare, pur essendo discontinue le velocita duranteun urto. Avendo trascurato gli urti e il potenziale nella equazione di evoluzione per f2,essa risulta scritta nella forma dell’equazione di Liouville, ossia la f2 risulta essere costantelungo una traiettoria e dunque facendo una trasformazione del tipo (46) la funzione rimaneinvariata. La f2 puo dunque essere scritta nell’integrale su S+

2 nel seguente modo:

f2(x1,v1,x1 + σn,v2, t) = f2(x1,v′1,x1 + σn,v′

2, t) = f ′2 (45)

dove v′1 e v′

2 sono cosı legate a v1 e v2 (si veda il paragrafo sugli urti):

v′1 = v1 + g1(v1,v2)

v′2 = v2 + g2(v1,v2)

(46)

con le funzioni g1 e g2 dipendono dal tipo di urto considerato. Possiamo dunque scrivere:

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1= (N − 1)

[ ∫ ∫S+

2

f ′2 + |V · n|dS2dv2 −

∫ ∫S−2

f2|V · n|dS2dv2

](47)

Visto che abbiamo considerato il potenziale a corto range, questo implica che due particelle,prima di collidere non hanno nessuna correlazione, ossia una particella non sa dell’esistenzadell’altra particella ed e dunque lecito supporre che la densita di probabilita a due parti-celle possa essere scritta come il prodotto tra le densita di probabilita a particella singola.Questo come vedremo e quello che oggi si chiama ipotesi di chaos molecolare chiamato daBoltzmann stosszahlansatz. Questa assunzione come vedremo e di notevole importanza in

quanto l’equazione (44) e reversibile, dopo questa assunzione, l’equazione risultante non hapiu questa proprieta. Le conseguenze di cio verranno discusse in seguito. Per ora quello chepossiamo fare e scrivere la funzione di densita di probabilita a due particelle come prodottodi due densita a particella singola (ipotesi di chaos molecolare). Si ha dunque:

f2 = f2(x1,v1,x2,v2, t) = f1(x1,v1, t)f1(x2,v2, t) = f1(1)f1(2) (48)

Utilizzando ora le ipotesi di Boltzmann, quindi facendo tendere a 0 il diametro delle sfererigide si ha che tutte le coordinate spaziali contenute come argomenti delle funzioni densita diprobabilita tendono a x1 (si ricordi che durante una collisione le due particelle sono separatedalla distanza σ che tende a 0):

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1= (N − 1)

∫ ∫S+

2

[f ′1(1)f ′

1(2)− f1(1)f1(2)]|V · n|dS2dv2 (49)

dove tutte le f e le f ′ che compaiono nell’integrale di collisione sono funzioni della coordinatax1 e i due integrali si sono ricombinati in quanto mandando n in −n S−

2 diventa S+2 e

l’integrando non cambia. Ora facendo il limite N → ∞ e tenendo presente che l’integrale esu una superficie e dunque va come σ2 si puo trascurare 1 nella parentesi tonda a secondomembro e il secondo membro non diverge (Nσ2 = cost per una delle ipotesi di Boltzmann).Si ha dunque la celebrata equazione di Boltzmann:

∂f1

∂t+ v1 ·

∂f1

∂x 1= N

∫ ∫S+

2

[f ′1(1)f ′

1(2)− f1(1)f1(2)]|V · n|dS2dv2 (50)

Dunque questa e una equazione integro-differenziale nonlineare che ci permette di calcolarela evoluzione nel tempo della funzione densita di probabilita a particella singola immersain un gas a N particelle. Assegnata una funzione densita di probabilita al tempo t = 0,definita in tutto lo spazio delle fasi (e dunque definita la posizione e la velocita di ciascunadelle N particella), e possibile calcolare come la funzione densita di probabilita evolva e comevedremo, sotto certe ipotesi, si rilassera ad una condizione di equilibrio. Nella equazionedi Boltzmann compaiono ancora le funzioni g1 e g2 che verranno determinate nella sezionesuccessiva.

Per brevita ometteremo il pedice nella funzione densita di probabilita a particella singola eespliciteremo la dipendenza della funzione di densita di probabilita dalla velocita, omettendola dipendenza dal tempo. L’equazione di Boltzmann si scrive dunque nel seguente modo:

∂f(v1)∂t

+ v1 ·∂f(v1)

∂x1= N

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2 (51)

dove v′i = vi + gi con i = 1, 2. Questa e la forma pi’u comune dell’equazione di Boltzmann.

Ricordiamo che nella derivazione dell’equazione di Boltzmann (piu precisamente nelladerivazione della gerarchia BBGKY) abbiamo supposto che la forza che agisce sulla particellei-esima era data solo dalla forza dovuta alle altre N − 1 molecole, tralasciando la possibilita

di inserire delle forze esterne. Se queste ultime fossero state prese in considerazione dall’iniziosi sarebbe ottenuta la seguente equazione di Boltzmann:

∂f(v1)∂t

+ v1 ·∂f(v1)

∂x1+

F1

m

(e)

· ∂f(v1)∂v1

=

= N

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2

(52)

1.4 Cenni sulle collisioni binarie

Qui considereremo l’urto classico tra due sfere rigide di massa identica. In tale urto sia laquantita di moto, sia l’energia si conservano e dunque se chiamiamo v1 e v2 le velocita primadell’urto e v′

1 e v′2 le velocita dopo l’urto, abbiamo che:

v1 + v2 = v′1 + v′

2

v21 + v2

2 = v′21 + v′2

2

(53)

dove con vi = |vi|. Questo sistema di equazioni ha sei incognite v′1,v

′2 e quattro equazioni,

dunque oltre a v1 e v2 bisognera specificare altri due parametri per definire le variabilidopo l’urto in funzione delle variabili prima dell’urto. Per completare la descrizione dunqueintroduciamo il versore n che e diretto lungo la direzione v′

1 − v1 (tale direzione e versocorrispondo a quello che unisce i centri delle due sfere nell’istante dell’urto, n = (x2 −x1)/|x2 − x1|). Introduciamo una quantita scalare a tale che:

v′1 − v1 = an (54)

sciccome v′1 − v1 = v2 − v′

2 allora avremo che

v2 − v′2 = an (55)

Dunque avremo che

v′1 = v1 + an

v′2 = v2 − an

(56)

E’ necessario determinare a. Per fare cio si puo prendere il modulo quadro a ciascun membrodella (56) e sostituire nell’equazione di conservazione dell’energia:

v21 + v2

2 = v21 + v2

2 + 2av1 · n− 2av2 · n + a2 (57)

da cuiav2 · n− 2av1 · n = a2 (58)

che per a 6= 0, si ottiene a = V · n, dove, usando la stessa notazione di prima V = v2 − v1.Dunque si ha che:

v′1 = v1 + n(V · n)

v′2 = v2 − n(V · n)

(59)

Si noti che quando (V · n) = allora la trasformazione T e una identita. Dunque le (60)definiscono le trasformazioni che permettono di passare dalle v1 e v2 alle v′

1 e v′2. E’ necessario

trovare la trasformazione inversa T−1. Sottraendo la seconda dalla prima nella (60) si ottiene:

V′ = V − 2n(V · n) (60)

dove V′ = v′2 − v′

1. Moltiplicando scalarmente per n si ottiene:

V′ · n = −V · n (61)

si ha quindi

v1 = v′1 + n(V′ · n)

v2 = v′2 − n(V′ · n)

(62)

Questo tipo di trasformazione per la quale T = T−1 si dice involutiva. Per questo tipo ditrasformazioni e possibile verificare che lo Jacobiano della trasformazione T e T−1 e =1:

dv1dv2 = |J |dv′1dv

′2 = dv′

1dv′2 (63)

con

J =∂(v′

1x, v′1y, v

′2x, v′

2y)∂(v1x, v1y, v2x, v2y)

= 1 (64)

Si puo dimostrare calcolando esplicitamente lo Jacobiano.Si puo anche dimostrare che V non varia in modulo durante un urto, |V| = |V′|. Per fare

cio dimostriamo prima che v1 ·v2 = v′1 ·v′

2. Si calcoli il modulo quadro di entrambi i membrinell’equazione di conservazione della quantita di moto:

|v1 + v2|2 = |v′1 + v′

2|2

v21 + v2

2 + 2v1 · v2 = v′21 + v′2

2 + 2v′1 · v′

2

(65)

siccome deve valere l’equazione di conservazione dell’energia allora v1 · v2 = v′1 · v′

2 Oraconsideriamo

|v1 − v2|2 = v21 + v2

2 − 2v1 · v2 = v′21 + v′2

2 − 2v′1 · v′

2 = |v′1 − v′

2|2 (66)

e quindi |V| = |V′|.

2 Irreversibilita e teorema H

L’equazione di Boltzmann non e sicuramente facile da risolvere; tuttavia Boltzmann fu ingrado di trovare una soluzione stazionaria, che come vedremo corrisponde alla distribuzioneMaxwelliana delle velocita. A questo scopo introdusse la grandezza H definita come

∫f ln fdv

e dimostro che la derivata rispetto al tempo di H non e mai positiva, i.e. ∂H/∂t ≤ 0 ed enulla solo se la distribuzione e quella di Maxwell. La dimostrazione rigorosa di tutto cio, comespiegato in [1] e non banale e solo negli anni trenta fu fatta una dimostrazione rigorosa. Il

teorema H porto ad una sorta di paradosso nella fisica: mentre le equazioni (dinamiche) perl’evoluzione delle particelle e pure l’equazione di Liouville (come le equazioni nella gerarchiaBBGKY) hanno la proprieta di essere reversibili, cio non risulta esser il caso della equazionedi Boltzmann. Per reversibilita in una equazione differenziale si intende la seguente cosa: sef(x,v, t) e soluzione allora l’equazione e soluzione anche f(x,−v,−t). Altrimenti detto sefaccio la trasformazione t → −t e v → −v l’equazione rimane invariata. Ora l’equazione diBoltzmann non ha questa proprieta, dunque non e invariante per trasformazioni che invertonole velocita e il tempo. Dunque la conclusione di molti contemporanei di Boltzmann fu che lasua equazione era semplicemente sbagliata in quanto violava alcuni principi della meccanica.

Due furono le critiche piu aspre. La prima di Zermelo il quale, citando il teorema diricorrenza di Poincare sosteneva l’inesattezza dell’equazione di Boltzmann. (Il teorema diceche per un qualsiasi sistema meccanico chiuso, soggetto solo a forze di tipo conservativo, ognistato (ossia ogni punto nello spazio delle fasi), viene rivisitato con una accuratezza desiderata(ma non esattamente) un numero infinito di volte; quindi se io considero una certa condizioneiniziale, dopo un certo tempo la mia soluzione tornera vicino a piacere alla condizione iniziale.In base a queste considerazioni risultava impossibile fare una derivazione del secondo principiodella termodinamica partendo dalla meccanica. Boltzmann rispose che i tempi di ricorrenzaper un gas in un cm3 che contiene 1018 molecole e dell’ordine di 1019 secondi, ossia un tempopari a qualche vita dell’universo. Dunque non si sta violando il teorema di Poincarre, mail teorema risulta essere irrilevante. Questo e noto come il paradosso della ricorrenza diZermelo. La seconda forte critica sull’equazione di Boltzmann e nota come il paradosso direversibilita di Loschmidt: come si puo partendo da leggi per sistemi microscopici reversibiliarrivare a leggi per osservabili macroscopiche irreversibili? Questo paradosso fu analizzatoda Thomson nel 1874. Egli noto che invertendo i tempi e le velocita si potrebbero osservaredei fenomeni paradossali (tutte le molecole all’interno di una stanza si ordinano e esconodalla finestra... oppure tutto il profumo diffuso in una stanza ritorna nel contenitore da cuiil profumo era inizialmente uscito). Boltzmann rispose ai sui critici ma le sue risposte nonvennero accettate da molti scienziati del tempo. Fu solo parecchi anni, nel 1911, dopo chegli Ehrenfest pubblicarono un famoso lavoro in difesa di Boltzmann nel quale le sue ideevennero messe su basi ferree e largamente accettate. Essi spiegarono il perche l’equazione diBoltzmann non era in contrasto con la meccanica classica. Cio che i critici avevano trascuratoerano alcuni aspetti fondamentali nella derivazione del’equazione: l’equazione di Boltzmannfornisce una descrizione probabilistica piuttosto che una descrizione meccanica. Non bisognadimenticare che per derivare l’equazione di Boltzmann si e fatta una descrizione coarse grained(a larga maglia) ossia si e partiti da una funzione densita di probabilita fN che poi e stataridotta a f1 integrando nello spazio delle fasi. E’ possibile dimostrare che il solo processodi coarse graining porta all’irreversibilita (si veda [2]). Inoltre l’ipotesi di stossahlansatzchiaramente introduce un effetto non meccanico nell’equazione. Questa ipotesi e di naturastocastica e non ha nessuna base di tipo meccanico e quindi non ci si puo aspettare chel’equazione di Boltzmann possa portare a dei risultati attesi dalla sola meccanica. Negli anni50 e 60 ci furono una serie di lavori sperimentali e numerici che permisero di verificare che lagrandezza H definita da Boltzmann effettivamente decresce in media, seppur fluttuando, inmodo monotono nel tempo. Le fluttuazioni decrescono quando cresce il numero di particellenel sistema. Se pero dopo pochi urti si invertono le velocita e si segue l’evoluzione di H

si trova che questa grandezza prima cresce fino a raggiungere la condizione iniziale per poiriprendere a decrescere in maniera analoga a quella osservata in assenza di velocita. Quindisi puo affermare che esistono dei dati iniziali che portano ad un aumento temporaneo dellaquantita H. Tuttavia questi stati iniziali sono caratterizzati da delle probabilita molto basserispetto alla probabilita di uno stato che porta ad una crescita di H.

Per dimostrare il teorema H di Boltzmann e necessario prima studiare alcune proprietadell’equazione di Boltzmann, in particolare nella sezione successiva si studieranno gli invari-anti d’urto per l’equazione di Boltzamnn.

2.1 Invarianti d’urto e costanti del moto

La procedura necessaria per derivare le equazioni macroscopiche consiste nel moltiplicarel’equazione di Bolzmann per la variabile di interesse e integrare sulle velocita. Dunque risultaimportante studiare l’integrale: ∫

J(f(v1))φ(v1)dv1 (67)

dove J(f(v1)) e l’integrale d’urto:

J(f(v1)) = N

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2 (68)

Sfruttando le proprieta di simmetria dell’integrale, riscriveremo l’integrale in diversi modi deltutto equivalenti che ci permetteranno poi di affermare che l’integrale e nullo, per ogni f ,tutte le volte che:

φ(v1) + φ(v2) = φ(v′1) + φ(v′

2) (69)

Se l’integrale e nullo vuole dire che l’equazione si puo scrivere in forma di legge di conser-vazione e quindi la quantita ∫

f(v)φ(v)dv (70)

e una quantita conservata dall’equazione, ossia durante l’evoluzione di f(v), tale quantitanon cambia, pur cambiando f .

Se consideriamo l’integrale in (71) e scambiamo v1 con v2 l’integrale non cambia dunquepuo essere riscritto come

I0 = N

∫ ∫S+

2

φ(v2)(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2dv1 = I1 (71)

Ora rinominando le variabile v1 con v′1 e v2 con v′

2 otteniamo:

I0 = N

∫ ∫S+

2

φ(v′2)(−f(v′

1)f(v′2) + f(v1)f(v2))|V′ · n|dS2dv′

2dv′1 (72)

dove si tiene conto del fatto che dv′2dv′

1 = dv2dv1 e |V′| = |V| allora

I0 = N

∫ ∫S+

2

φ(v′2)(−f(v′

1)f(v′2) + f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2dv1 = I2 (73)

si puo fare un ultimo cambio di variabile e scambiare nella (72) dv′1dv′

2 per ottenere:

I0 = N

∫ ∫S+

2

φ(v′1)(−f(v′

1)f(v′2) + f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2dv1 = I3 (74)

Quindi l’integrale I0 puo essere scritto come (I0 + I1 + I2 + I3)/4 ottenendo cosı:

I0 =14N

∫ ∫S+

2

(φ(v1) + φ(v2)− φ(v′1)− φ(v′

2))

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2dv1

(75)

Qualunque sia f l’integrale e nullo se la (101) e verificata. Dunque la e condizione sufficienteaffinche l’integrale sia nullo. Le funzioni φ che soddisfano tale proprieta si chiamano invariantid’urto. E’ facile intuire che il numero di particelle (o l’integrale della funzione densita diprobabilita), ottenuta con φ(v) = 1 sia un invariante d’urto. La stessa cosa puo essere dettaper la quantita di moto, φ(v) = mv e per l’energia φ(v) = mv2/2. L’integrale di collisionee stato ottenuto attraverso le leggi dell’urto elastico per le quali sia la quantita di moto sial’energia sono conservate, dunque questo risultato e atteso. Quello che e meno ovvio (e noinon dimostreremo) e che queste sono le uniche quantita conservate. La forma piu generaledell’invariante d’urto e dunque data da una combinazione lineare delle tre quantita conservate(si veda [1] per i dettagli):

φ = a + mb · v +12mv2 (76)

Questo risultato fu ottenuto gia da Boltzamnn come unica soluzione dell’equazione (101),facendo l’ipotesi che la φ fosse derivabile due volte. Solo piu recentemente (negli anni 90) fufatta una dimostrazione del tutto generale (si veda [1])

3 Il teorema H per il caso omogeneo

Consideriamo ora il caso dell’equazione di Boltzmann senza forzante esterna e nel caso diomogeneita spaziale. Questo vuol dire che la funzione densita di probabilita e indipendentedallo spazio e quindi le derivate rispetto a x sono nulle:

∂f(v1)∂t

= N

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2 (77)

Consideriamo ora la quantita H cosı definita:

H =∫

f(v) ln f(v)dv (78)

e calcoliamone la variazione nel tempo supponendo che f ubbedisca all’equazione di Boltz-mann. Si ottiene:

∂H

∂t=

∫∂f(v)

∂tln f(v)dv +

∫f(v)

∂f(v)∂t

dv =∫∂f(v)

∂t[1 + ln f(v)]dv =

∫J(v)[1 + ln f(v)]dv =∫

J(v) ln f(v)dv +∫

J(v)dv =∫

J(v) ln f(v)dv

(79)

dove nell’ultima uguaglianza si e sfruttato il fatto che la costante e un invariante d’urto edunque

∫J(v)dv = 0. Facendo un ragionamento analogo a quanto fatto precedentemente

nel tentativo di definire una invariante d’urto, l’integrale puo essere riscritto come:∫J(v) ln f(v)dv =

14

∫J(v1)[ln f(v1) + ln f(v2)− ln f(v′

1)− ln f(v′2)]dv1 =

=14

∫ ∫S2

ln[

f(v1)f(v2)f(v′

1f(v′2)

](f(v′

1)f(v′2)− f(v1)f(v2))|V · n|dv1dv2dS2 =

= −14

∫ ∫S2

ln[

f(v1)f(v2)f(v′

1f(v′2)

](f(v1)f(v2)− f(v′

1)f(v′2))|V · n|dv1dv2dS2 ≤ 0

(80)

L’ultima disuguaglianza viene dal fatto che l’integrando e della forma (z−y) ln(z/y), dunquese z > y si ha che ln(z/y) > 1 e quindi l’integrando e positivo; se z < y allora ln(z/y) < 1e dunque l’integrando e ancora positivo. L’integrale sara nullo quando ln f(v2)− ln f(v′

1)−ln f(v′

2) = 0, ossia quando ln f(v e un invariante d’urto. Dunque la funzione H diminuiscenel tempo fino a raggiungere un valore di equilibrio f0. Tale condizione di equilibrio cor-risponde alla distribuzione Maxwelliana delle velocita e la funzione H corrisponde proprioall’entropia termodinamica cambiata di segno. Si noti che, a differenza della termodinamica,dove l’entropia e definita solo per trasformazioni reversibili e quindi sempre in condizioni diequilibrio, la quantita H assume un significato anche al di fuori dell’equilibrio.

3.1 La distribuzione di Maxwell

Prima di procedere al calcolo della funzione densita di probabilita all’equilibrio, e utile definireuna funzione densita di massa il cui integrale su tutto lo spazio sia la massa del gas che stoconsiderando. Per fare cie e sufficiente definire f ′ = Nmf , dove con m si e indicata la massadi ciascuna sfera. In seguito a questo cambio di variabile e immediato verificare che l’unicacosa che cambia nell’equazione di Boltzamnn e il coefficiente che moltiplica l’integrale dicollisione, ossia:

∂f(v1)∂t

=1m

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2 (81)

dove si sono omessi i ’ per semplicita. Con questa nuova variabile si ha che

mtot = Nm =∫

ρ(x, t)dx =∫

f(x,v, t)dv (82)

dove ρ(x, t) e la densita del gas. La condizione di equilibrio (dunque la soluzione dell’equazionedi Boltzmann in condizioni stazionarie) si ottiene imponendo che il ln f sia un invarianted’urto. Come si e visto precedentemente, la forma piu generale per un invariante d’urto e deltipo φ = a + mb · v + 1

2mv2, dunque rinominando le costanti in maniera piu utile si ha che:

ln f0(v) = −A(v − v0)2 + lnB (83)

da cui si ottine immediatamente:

f0(v) = Be−A(v−v0)2 (84)

dove con f0(v) si intende la funzione di distribuzione soluzione stazionaria di Boltzmann nelcaso omogeneo e A e B sono delle costanti arbitrarie che possono essere legate alle variabilimacroscopiche. Le costanti sono da determinare calcolando i momenti di tale funzione didistribuzione.

ρ0 =∫

f0(v)dv =∫

Be−A(v−v0)2dv = B

A

)3/2

(85)

dunque B = ρ0(Aπ )3/2 (si ricordi che

∫e−x2

dx =√

π). Per determinare v0 si calcola il valormedio della distribuzione:

< v >=∫

vf0(v)dv∫f0(v)dv

=B

ρ0

∫ve−A(v−v0)2dv (86)

Facendo un cambio di variabile u = v − v0 si ottiene:

< v >=B

ρ0

∫ue−A(u)2du +

B

ρ0

∫v0e

− 1A

(u)2du =B

ρ0v0

A

)3/2

= v0 (87)

dove il primo integrale e nullo perche l’integrando e una funzione dispari integrata tra −∞a +∞. Dunque v0 rappresenta un moto medio di traslazione delle molecole e la velocitau = v − v0 rappresenta la fluttuazione di velocita delle particelle una volta sottratto ilmoto medio. Per determinare la costante A possiamo calcolare l’energia delle molecole nelcaso in cui non ci sia moto medio di traslazione, ossia v0 = 0 (questa energia corrisponde, incondizioni di equilibrio, all’energia cinetica dovuta all’agitazione termica molecolare ed e notacome energia interna). Per fare cio calcoliamo l’energia cinetica media ε di una particella:

ε =12m < |u|2 >=

mB

2ρ0

∫|u|2e−A(u)2du. (88)

Scritto per le quantita scalari l’integrale si puo scrivere come somma di 3 contributi uguali,ciascuno dei quali e nella forma

∫x2e−x2

dx. Ricordando che∫

x2e−λx2dx = − d

∫e−λx2

dx,si ottiene:

ε =12m < |u|2 >=

34

m

A(89)

da cui A = 3m/(4ε) e quindi B = ρ0/(4πε/(3m))3/2. Sostituendo nella funzione di dis-tribuzione si ottiene:

f0(v) = ρ0

(3m

4πε

)3/2

e−3m4ε

(v−v0)2 (90)

Essendo in condizioni di equilibrio termodinamico, e possibile fare vedere (si veda per esempio[1]) attraverso semplici considerazioni sugli urti che la pressione (osservabile macroscopico) elagata all’energia cinetica delle molecole nel seguente modo 1:

P =13nm < |u|2 >=

23

N

Vε (91)

1Vedi per esempio il Mazzoldi

con n il numero di molecole per unita di volume e m la massa. Si noti che lo stesso risultatosi ottiene calcolando la pressione attraverso la funzione di distribuzione come vedremo neiparagrafi successivi. Moltiplicando ambo i membri per il volume V si ottiene:

PV =23Nε (92)

D’altro canto e noto che la pressione e legata alle altre grandezze macroscopiche (temperaturae denista) attraverso la legge sperimentale PV = nRT = NkBT , dove qui n il numero di moli,R e la costante dei gas (R = 8.315 J/K), kB e la costante di Boltzmann (kB = 1.38 10−23

J/K). Le due costanti sono legate dal numero di Avogadro NA = 6.205 1023 atomi/mole(kB = R/NA, n = N/NA). Confrontando la (92) con il risultato sperimentale si ottiene che

23ε = kBT (93)

e quindi la funzione di distribuzione e data da:

f0(v) = ρ0

(m

2πkBT

)3/2

e− m

2kBT(v−v0)2 (94)

Questa e la soluzione dell’equazione di Boltzmann in condizioni di equilibrio termodinamico.Se si sceglie una condizione iniziale diversa dalla maxwelliana ci si aspetta che, se il sistemaevolve in accordo con l’equazione di Boltzmann, essa si rilassi all’equilibrio maxwelliano.Come dimostrato con il teorema H, questo rilassamento e chiaramente un processo irre-versibile.

3.1.1 La funzione H e l’entropia nel secondo principio della termodinamica

Una volta verificato che il gas in equilibrio segue la distribuzione maxwelliana, si puo calcolarela funzione H, che chiameremo H0 che corrisponde a tale distribuzione:

H0 =∫

f0 ln f0dv =∫

f0 ln[ρ0

(m

2πkBT

)3/2]dv −

∫f0

m

2kBT(v − v0)2)dv =

= ρ0

ln

[ρ0

(m

2πkBT

)3/2]− 3

2

= ρ0

[32

ln(

mρ2/30

2πkBT

)− 3

2

]=

=m

V

[32

ln(

m5/3

2πPV 5/3

)− 3

2

]=

32

m

V

[ln

(m5/3

)− ln(PV 5/3)− 1

] (95)

Moltiplicando ambo i membri per −kBV N/m si ottiene:

− kBV N

mH0 =

32NkB ln(PV 5/3) + cost (96)

Consideriamo ora il primo principio della termodinamica:

δQ = dU + PδV (97)

Come precedentemente visto, l’energia interna e legata all’energia cinetica delle molecole(escludendo il moto medio), U = Nm|u|2/2 = 3NkBT/2. Dividendo l’equazione (97) per Tsi ottiene (supponendo una trasformazione reversibile) :

dS =(

δQ

T

)rev

=32NkB

dT

T+

PdV

T=

32NkB

dT

T+ NkB

dV

V(98)

integrando si ottiene:

S =32NkB lnT +

32NkB lnV 2/3 + cost =

32NkB ln(PV 5/3) + cost (99)

Confrontando la (96) con la (99) si puo identificare la funzione H con l’entropia termodinam-ica nel seguente modo:

S = −kBV N

mH0 (100)

Dunque abbiamo visto che l’entropia nella termodinamica dell’equilibrio e legata alla funzioneH

4 Le equazioni per le variabili macroscopiche: i momentidell’equazione di Boltzmann

Teorema H a parte, non e facile estrarre altre considerazioni generali sulla funzione densita diprobabilita nell’equazione di Boltzmann. Un approccio molto interessante tuttavia consistenel considerare i momenti di tale equazione. In particolare abbiamo precedentemente vistoche alcune funzioni φ, dette invariatnti d’urto, hanno la seguente proprieta:

φ(v1) + φ(v2) = φ(v′1) + φ(v′

2) (101)

La quantita: ∫f(v)φ(v)dv (102)

e una quantita conservata.Attraverso lo studio dell’integrale di collisione si e verificato che una costate (la massa),

la quantita di moto mv, e l’energia cinetica mv2/2, sono quantita conservate durante unurto. Visto che tali quantita non sono niente altro che i primi tre momenti dell’equazionedi Boltzmann, qui ci proponiamo di trovare le equazioni di evoluzione per queste osserv-abili macroscopiche. Dunque noi scriveremo le equazioni di conservazione per le suddetteosservabili macroscopiche, legate alle funzioni di distribuzione nel seguente modo:

ρ(x, t) =∫

f(v)dv

< v(x, t) > =∫

vf(v)dv∫f(v)dv

=1ρ

∫vf(v)dv,

< |v(x, t)|2 > =∫|v|2f(v)dv∫

f(v)dv=

∫|v|2f(v)dv

(103)

Scriviamo dunque un’equazione di evoluzione per una quantita conservata. Per fare cio simoltiplica l’equazione di Boltzmann per la φ(v) e si integra rispetto a v.∫

φ(v1)∂f(v1)

∂tdv1 +

∫φ(v1)v1 ·

∂f(v1)∂x1

dv1 =

1m

∫ ∫S+

2

∫φ(v1)(f(v′

1)f(v′2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2dv1

(104)

Per quanto visto precedentemente se φ e un invariante d’urto allora il secondo membro,l’integrale di collisione, e identicamente nullo. Consideriamo il primo termine a primo membrodella 104 e riscriviamolo come (possiamo evitare di scrivere la dipendenza da v in quantonon c’e’ ambiguita’): ∫

φ∂f

∂tdv =

∂t

∫φfdv −

∫f

∂φ

∂tdv =

∂t(ρ < φ >)− ρ <

∂φ(v)∂t

>

(105)

Ricordiamo che, anche se non detto esplicitamente l’invariante d’urto e nel caso generale unafunzione di φ(v,x) e indipendente dal tempo, quindi l’ultimo termine e nullo. Consideriamoora il secondo termine nella (104):∫

φv · ∂f

∂xdv =

∂x·∫

φvfdv −∫

fv · ∂φ

∂xdv =

∂x· (ρ < φv >)− ρ < v · ∂φ

∂x> (106)

Sostituendo questi risultati nella (104) si ottiene:

∂t(ρ < φ >) +

∂x· (ρ < φv >)− ρ < v · ∂φ

∂x>= 0 (107)

Puo risultare piu utile a volte scrivere l’equazione in forma tensoriale:

∂t(ρ < φ >) +

∂xj(ρ < φvj >)− ρ < vj

∂φ

∂xj>= 0 (108)

dove si sono considerate le componenti di x = (x1, x2, x3) e di v = (v1, v2, v3). Esercizio:determinare l’equazione di conservazione nel caso in cui ci siano anche delle forze esterne.Partire dall’equazione (109):

∂f(v1)∂t

+ v1 ·∂f(v1)

∂x1+

F1

m

(e)

· ∂f(v1)∂v1

=

= N

∫ ∫S+

2

(f(v′1)f(v′

2)− f(v1)f(v2))|V · n|dS2dv2

(109)

Assumere la forza indipendente dalla velocita e utilizzare il teorema di Gauss per ridurre unodegli integrali sapendo che la funzione di distribuzione tende a zero quando le velocita sono± infinito. Il risultato che si ottiene e:

∂t(ρ < φ >) +

∂x· (ρ < φv >)− ρ < v · ∂φ

∂x> −ρ <

Fm

(e)

· ∂φ

∂v>= 0 (110)

4.1 Equazione di conservazione della massa

Consideriamo la (110) e mettiamo φ = 1, si ottiene:

∂ρ

∂t+

∂x· (ρ < v >) = 0 (111)

Ora definiamo u =< v > come il vettore a tre componenti u = (u, v, w)

∂ρ

∂t+∇ · (ρu) = 0 (112)

Oppure scrivendo le componenti di u = (u1, u2, u3)

∂ρ

∂t+

∂xi(ρui) = 0 (113)

dove si e utilizzata la notazione per cui gli indici doppi si sommano. Le tre equazioni appenascritte sono forme analoghe della legge di conservazione di massa.

4.2 Equazione di conservazione della quantita di moto

Per ottenere l’equazione di conservazione della quantita di moto basta porre φ = vi nella(108) includendo anche le forze esterne per ottenere:

∂t(ρ < vi >) +

∂xj(ρ < vivj >)− ρ

mF

(e)i = 0 (114)

dove si e indicato con F(e)i =< F

(e)i > (la forza esterna e di tipo macroscopico) Il valore

medio della velocita e ui =< vi >; dunque si possono definire le fluttuazioni della velocita(che sono quelle che contribusicono all’energia cinetica interna del gas) come v′

i = vi − ui,dove ovviamente < v′

i >= 0, ossia per definizione le fluttuazioni di velocita sono a medianulla. Il flusso di quantita di moto ρ < vivj > puo essere riscritto nel seguente modo:

< vivj >=< (ui + v′i)(uj + v′

j) >=< uiuj + uiv′j + ujv

′i + v′

iv′j >=

uiuj + ui < v′j > +uj < v′

i > + < v′iv

′j >= uiuj+ < v′

iv′j >

(115)

Dunque l’equazione di conservazione della quantita di moto e data da:

∂t(ρui) +

∂xj(ρuiuj) +

∂xjσij −

ρ

mF

(e)i = 0 (116)

Dove si e definito il tensore degli sforzi 2

σij = ρ < v′iv

′j > (117)

2Ci sono alcune quantita in fisica che, a differenza dei vettori, necessitano piu delle 3 componenti per unadescrizione completa. Infatti se si vuole definire lo sforzo in un punto (forza per unita di superficie) e necessariospecificare nove componenti. Queso si fa considerando una matrice 3×3 in cui ciascun elemento e individuatoda un lettera con due pedici ij. Il primo pedice indica la direzione normale alla superficie sulla quale lo sforzoe considerato e il secondo indice indica la direzione nella quale lo sforzo agisce. i termini sulla diagonale sonogli sforzi normale, mentre quelli fuori diagonale sono gli sforzi tangenziali o sforzi di taglio

Il tesore degli sforzi e ovviamente simmetrico in quanto scambiando i con j non cambianulla e quindi al posto di 9 componenti ne dobbiamo calcolare solo 6. Nella fisica dei fluidisi e soliti, e poi vedremo anche il perche, scrivere il tensore degli sforzi come somma di duetensori, in cui il primo ha solo gli elementi sulla diagonale principale e l’altro invece ha traccianulla (ossia la somma degli elementi sulla diagonale principale e nulla):

σij =13σkkδij + (σij −

13σkkδij) =

13σkkδij − τij (118)

Qui σkk = σ11 +σ22 +σ33 e evidentemente τij = −(σij− 13σkkδij). Si identifichera poi il primo

termine a secondo membro con la pressione:

p =13ρ < v′

1v′1 + v′

2v′2 + v′

3v′3 >=

13ρ < |v′|2 > (119)

Il secondo tesore τij , detto deviatorico (a traccia nulla), e, come vedremo, quello responsabiledella sforzi di taglio o viscosi. L’equazione di conservazione della quantita di moto puo dunqueessere riscritta nel seguente modo:

∂t(ρui) +

∂xj(ρuiuj) +

13

∂σkkδij

∂xj− ∂τij

∂xj+

ρ

mF

(e)i = 0 (120)

Utilizzando le proprieta della δ si ottiene:

∂t(ρui) +

∂xj(ρuiuj) +

13

∂σkk

∂xi− ∂τij

∂xj− ρ

mF

(e)i = 0 (121)

Riscriviamo tale equazione in modo diverso applicando le regole della derivata di un prodotto:

ui∂ρ

∂t+ ρ

∂ui

∂t+ ρui

∂uj

∂xj+ uiuj

∂ρ

∂xj+ ρuj

∂ui

∂xj+

13

∂σkk

∂xi− ∂τij

∂xj− ρ

mF

(e)i = 0 (122)

Tale equazione puo essere riscritta con l’aiuto dell’equazione di continuita. Moltiplichiamoinfatti ambo i membri l’equazione di continuita per ui, si ottiene:

ui∂ρ

∂t+ uiuj

∂ρ

∂xj+ uiρ

∂uj

∂xj= 0 (123)

Dunque il primo, il terzo e il quarto termine a primo membro della (122) si annullano peravere l’equazione:

ρ

(∂ui

∂t+ uj

∂ui

∂xj

)= −1

3∂σkk

∂xi− ∂τij

∂xj+

ρ

mF

(e)i 0 (124)

Si noti che σij , a cui noi abbiamo assegnato in modo piu o meno arbitrario il nome di tensoredegli sforzi, non e assolutamente nota in quanto esso e definito come media di ensamble delprodotto delle fluttuazioni v′

iv′j e quindi per per conoscerla e necessario conoscere la funzione

di ditribuzione e quindi risolvere l’equazione di Boltzmann. E’ utile per cio che verra fattosuccessivamente, introdurre la vorticita. A questo scopo riscriviamo il termine non linearenel seguente modo:

uj∂ui

∂xj= uj

(∂ui

∂xj− ∂uj

∂xi

)+ uj

∂uj

∂xi= −(ω × u)i +

12

∂ujuj

∂xi(125)

dove si e introdotto il vettore vorticita

ω = ∇× u (126)

Le componenti del vettore vorticita sono dunque:

ω1 =∂u3

∂x2− ∂u2

∂x3, ω2 = −∂u3

∂x1+

∂u1

∂x3, ω3 =

∂u2

∂x1− ∂u1

∂x2(127)

La componente i-esima del vettore vorticita puo anche essere scritta nel seguente modo:

(∇× u)i = εijk∂uk

∂uj(128)

dove εijk e un tensore cosı definito:

εijk = 1 se ijk = 123, 231, 312εijk = 0 se due indici sono ugualiεijk = −1 se ijk = 321, 132, 213

(129)

Le componenti del vettore sono dunque

4.3 Equazione di conservazione dell’energia

Per quanto riguarda l’equazione di conservazione dell’energia, il procedimento e analogo aquanto fatto per la conservazione della quantita di moto. I conti tuttavia sono laboriosi (siveda [3]) e non verranno riportati.

5 La necessita di una chiusura

L’equazione di conservazione della massa e quella di quantita di moto (e quella dell’energia)non risultano un sistema chiuso in quanto il tensore degli sforzi e una incognita del problema.Per consoscere questo tensore e necessario effettuare il seguente integrale:

ρ < v′iv

′j >=

∫v′iv

′jfdv′, (130)

dove f e la funzione densita di probabilita, soluzione dell’equazione di Boltzamnn. Dunquerisulterebbe dunque necessario risolvere prima l’equazione di Boltzmann per poter avere in-formazioni macroscopiche. La procedura da adottare dunque e quella di Chapman-Enskog.Questa procedura permette di trovare soluzioni approssimate dell’equazione di Boltzmannespressa. Si suppone dunque di trovare soluzioni dell’equazione di Boltzamnn come serie deltipo:

f = f (0) + εf (1) + ε2f (2) (131)

5.1 Soluzione all’ordine 0: Le equazioni di Eulero

All’ordine zero nella soluzione approssimata di Chapman-Ensgok si trova, come atteso, chelocalmente la soluzione dell’Boltzmann e la distribuzione di Maxwell:

5.2 Le equazioni di Navier Stokes

References

[1] C. Cercignani, Ludwig Boltzmann e la Meccanica Statistica, Percorsi della Fisica, 1997

[2] S. Harris, An introduction to the theory of the Boltzmann equation, Dover, 1971

[3] K. Huang, Statistical Mechanics, John Wiley and Sons 1987