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1. 1. 1. 1. TEORIA DEGLI INTERVALLI TEORIA DEGLI INTERVALLI TEORIA DEGLI INTERVALLI TEORIA DEGLI INTERVALLI 1.1 INTRODUZIONE 1.1 INTRODUZIONE 1.1 INTRODUZIONE 1.1 INTRODUZIONE In questo trattato le note naturali saranno indicate (a partire dal Do) con le lettere maiuscole già usate dai Greci nell’antichità: C, D, E, F, G, A e B. Le note accidentate sono indicate apponendo un diesis (#) o un bemolle (b) dopo la lettera: per esempio C#, Gb. Tranne qualche raro caso eviterò l’uso dei doppi accidenti. Questa simbologia è universalmente accettata a parte qualche eccezione: ad esempio il B in alcuni paesi identifica il Bb e il suo simbolo è sostituito dalla lettera H. Per le scale la nota fondamentale sarà indicata con NF ed ogni intervallo con un numero arabo che corrisponderà ad un intervallo maggiore (o giusto) se non diversamente indicato da un accidente anteposto al numero stesso (ad es. con 3 si intenderà terza maggiore, con b3 terza minore). Soltanto l’intervallo di settima maggiore sarà indicato maj7 e quello minore con b7 (per evitare confusioni con il numero 7 senza alcun accidente che è normalmente considerato di qualità minore nella siglatura degli accordi, come vedremo al capitolo 2). 1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI 1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI 1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI 1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI La teoria degli intervalli permette di definire la distanza (ovvero l’intervallo) esistente tra due note eseguite in sequenza (intervallo melodico) o tra due note eseguite simultaneamente (intervallo armonico), indicandone la grandezza con un numero ordinale (ad esempio “2” per indicare intervallo di seconda) e la qualità con aggettivi specifici che vedremo in maniera dettagliata. Per definire gli intervalli facciamo riferimento alla cosiddetta scala diatonica maggiore, (costituita dalla alternanza di T – T –S – T – T – T – S, dove T sta per tono ed S per semitono). Nell’esempio 1.1 vediamo la scala diatonica maggiore di G estesa alla tredicesima: Esempio 1.1 In questa scala (dove la nota G è detta nota fondamentale) l’intervallo esistente tra la nota fondamentale e tutte le altre è determinato: 1. dal numero effettivo delle note comprese (ad es. G-B comprende tre note G-A-B e perciò sarà sicuramente un intervallo chiamato di terza); 2. dalla distanza interessata: in particolare in una scala maggiore tutti gli intervalli sono maggiori (seconda, terza, sesta, settima, nona, undicesima, tredicesima) ad esclusione degli intervalli di unisono, quarta, quinta e ottava che si dicono giusti (o perfetti). Nel nostro esempio l’intervallo G-B è un intervallo chiamato di “terza maggiore”. Oltre l’ampiezza dell’ottava gli intervalli si dicono estesi estesi estesi estesi.

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Page 1: 1. 1. TEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI · PDF fileLa teoria degli intervalli permette di definire la distanza ... Alcuni intervalli esistono soltanto a livello teorico e dunque

1. 1. 1. 1. TEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLI

1.1 INTRODUZIONE1.1 INTRODUZIONE1.1 INTRODUZIONE1.1 INTRODUZIONE

In questo trattato le note naturali saranno indicate (a partire dal Do) con le lettere maiuscole

già usate dai Greci nell’antichità: C, D, E, F, G, A e B. Le note accidentate sono indicate apponendo un diesis (#) o un bemolle (b) dopo la lettera: per esempio C#, Gb. Tranne qualche raro caso eviterò l’uso dei doppi accidenti.

Questa simbologia è universalmente accettata a parte qualche eccezione: ad esempio il B in alcuni paesi identifica il Bb e il suo simbolo è sostituito dalla lettera H.

Per le scale la nota fondamentale sarà indicata con NF ed ogni intervallo con un numero arabo che corrisponderà ad un intervallo maggiore (o giusto) se non diversamente indicato da un accidente anteposto al numero stesso (ad es. con 3 si intenderà terza maggiore, con b3 terza minore). Soltanto l’intervallo di settima maggiore sarà indicato maj7 e quello minore con b7 (per evitare confusioni con il numero 7 senza alcun accidente che è normalmente considerato di qualità minore nella siglatura degli accordi, come vedremo al capitolo 2).

1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI1.2 TEORIA DEGLI INTERVALLI La teoria degli intervalli permette di definire la distanza (ovvero l’intervallo) esistente tra due

note eseguite in sequenza (intervallo melodico) o tra due note eseguite simultaneamente (intervallo armonico), indicandone la grandezza con un numero ordinale (ad esempio “2” per indicare intervallo di seconda) e la qualità con aggettivi specifici che vedremo in maniera dettagliata.

Per definire gli intervalli facciamo riferimento alla cosiddetta scala diatonica maggiore, (costituita dalla alternanza di T – T –S – T – T – T – S, dove T sta per tono ed S per semitono).

Nell’esempio 1.1 vediamo la scala diatonica maggiore di G estesa alla tredicesima: Esempio 1.1

In questa scala (dove la nota G è detta nota fondamentale) l’intervallo esistente tra la nota fondamentale e tutte le altre è determinato:

1. dal numero effettivo delle note comprese (ad es. G-B comprende tre note G-A-B e perciò sarà sicuramente un intervallo chiamato di terza);

2. dalla distanza interessata: in particolare in una scala maggiore tutti gli intervalli sono

maggiori (seconda, terza, sesta, settima, nona, undicesima, tredicesima) ad esclusione degli intervalli di unisono, quarta, quinta e ottava che si dicono giusti (o perfetti).

Nel nostro esempio l’intervallo G-B è un intervallo chiamato di “terza maggiore”. Oltre l’ampiezza dell’ottava gli intervalli si dicono estesiestesiestesiestesi.

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TEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLITEORIA DEGLI INTERVALLI

► Alcune definizioni importanti► Alcune definizioni importanti► Alcune definizioni importanti► Alcune definizioni importanti

E’ possibile modificare la natura degli intervalli, ricavandone altri, semplicemente aumentando o abbassando la nota più acuta. Vediamo alcune di queste modifiche e due schemi riassuntivi finali:

• Un intervallo maggiore innalzato di un semitono diventa un intervallo eccedente (altrimenti detto aumentato). Ad es. G-A# è un intervallo di seconda eccedente.

• Un intervallo maggiore abbassato di un semitono diventa un intervallo minore. Ad es. C-Eb è un intervallo di terza minore. Viceversa un intervallo minore innalzato di un semitono diventa maggiore.

• Un intervallo minore abbassato di un semitono diventa un intervallo diminuito. Ad es. G-Bbb è un intervallo di terza diminuita.

• Un intervallo giusto innalzato di un semitono, diventa un intervallo eccedente (altrimenti detto aumentato). Ad es. G-C# è un intervallo di quarta eccedente.

• Un intervallo giusto abbassato di un semitono diventa un intervallo diminuito. Ad es. G-Db è un intervallo di quinta diminuita.

► Schemi riassuntiviSchemi riassuntiviSchemi riassuntiviSchemi riassuntivi

► Note► Note► Note► Note Alcuni intervalli esistono soltanto a livello teorico e dunque nella pratica musicale non

vengono sicuramente usati. In un esempio precedente abbiamo definito G-Bbb un intervallo di terza diminuita; sappiamo che Bbb corrisponde enarmonicamente alla nota A e dunque G-Bbb è definito più praticamente un intervallo di seconda maggiore (G-A).

Vi sono trattati che enunciano a livello teorico l’intervallo “più che aumentato” (ottenuto aumentando di semitono l’intervallo aumentato) e l’intervallo “più che diminuito” (ottenuto abbassando di semitono l’intervallo diminuito). Credo che a livello pratico non siano di nessuna importanza. ► Rivolto degli intervalli► Rivolto degli intervalli► Rivolto degli intervalli► Rivolto degli intervalli

Il rivolto di un intervallo si ottiene trasportando all’ottava superiore la nota più grave. Ad es. il rivolto dell’intervallo G-B sarà B-G (esempio 1.2) Esempio 1.2

Il rivolto è sempre un intervallo di qualità diversa da quella di partenza, eccezione fatta per il rivolto di un intervallo giusto che rimarrà giusto. In particolare:

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• il rivolto di un intervallo maggiore dà un intervallo minore e viceversa (vedi esempio 1.3);

Esempio 1.3

• il rivolto di un intervallo diminuito dà un intervallo aumentato e viceversa (vedi esempio 1.4);

Esempio 1.4

• il rivolto di un intervallo giusto dà un intervallo giusto (vedi esempio 1.5);

Esempio 1.5

• la somma dell'intervallo e del suo rivolto dà sempre nove come risultato.

1.31.31.31.3 ESECUZIONE PRATICA DEGLI INTERVALLIESECUZIONE PRATICA DEGLI INTERVALLIESECUZIONE PRATICA DEGLI INTERVALLIESECUZIONE PRATICA DEGLI INTERVALLI

La visualizzazione e l’esecuzione pratica degli intervalli sulla chitarra permettono un approccio immediato al materiale musicale costituente gli accordi, oltre che fornire un valido sussidio in sede di improvvisazione.

Vediamo in rassegna alcuni intervalli sulla tastiera.

► Seconda maggioreSeconda maggioreSeconda maggioreSeconda maggiore

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► Terza maggioreTerza maggioreTerza maggioreTerza maggiore

► QuartaQuartaQuartaQuarta

A differenza degli intervalli di quinta (prossimo paragrafo) gli intervalli di quarta eseguiti su

corde non adiacenti sono più improbabili.

► QuintaQuintaQuintaQuinta

► OttavaOttavaOttavaOttava

Con riferimento al paragrafo “Schemi riassuntivi” è possibile ricavare qualsiasi intervallo a

partire da quelli descritti. Ad esempio si otterrà l’intervallo di terza minore abbassando di un semitono l’intervallo di terza maggiore, l’intervallo di quinta eccedente aumentando di un semitono l’intervallo di quinta e così via.

Tra gli intervalli estesi meritano particolare attenzione quelli di nona e decima.

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► NonaNonaNonaNona

► DecimaDecimaDecimaDecima