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93 Capitolo 5 Paul L. Allan Vene periferiche Le vene periferiche possono essere interessate da svariati disturbi valutabili con indagine ecografica. Le indicazioni più comuni per l’esame delle vene periferiche sono la trombosi venosa profonda (TVP) e la malattia tromboembolica, ma l’esame può essere eseguito anche per l’insufficienza veno- sa e la mappatura della rete venosa. Nell’ambi- to dello studio Worcester DVT, Anderson et al. 1 hanno rilevato un’incidenza annuale media di 48 casi iniziali, 36 soggetti con recidiva di TVP e 23 casi di embolia polmonare, in una popolazione di 100.000 soggetti. La prevalenza di vene vari- cose e insufficienza venosa cronica è più diffici- le da quantificare, ma è stato stimato che, dopo i 15 anni di età, il 10-15% dei maschi e il 20-25% del- le femmine, in una popolazione occidentale non se- lezionata, presentano vene varicose tortuose visibili; il 2-5% dei maschi adulti e il 3-7% delle femmine mostrano evidenza di moderata o grave insufficien- za venosa cronica, con una prevalenza indicata di ulcerazione attiva pari allo 0,1-0,2%. 2 Indicazioni Le indicazioni per l’esame ecografico del sistema venoso sono riportate nel Box 5.1. L’indicazione più frequente per l’ecografia delle vene è l’indagine di possibile TVP negli arti inferiori e, occasional- mente, negli arti superiori – specialmente se sono stati inseriti cateteri venosi centrali per il monito- raggio in terapia intensiva, a fini chemioterapici, per dialisi o nutrizione parenterale. Analogamen- te, i cateteri femorali a permanenza sono possibile causa di trombosi e, se questa è sospetta, il pazien- te dovrà essere valutato precocemente. L’ecografia rappresenta un metodo non invasivo e attendibile per l’indagine del sistema venoso, in particolare ai fini della diagnosi o dell’esclusione di pericolosi trombi prossimali in pazienti sintomatici. 3 I risultati di un’indagine volta a rilevare la presenza di trombi asintomatici negli arti inferiori sono tuttavia meno incoraggianti e di questo va tenuto conto quando si usa l’ecografia ai fini della valutazione di TVP in un paziente asintomatico. 4 La recidiva di vene varicose dopo intervento chi- rurgico può creare diversi problemi al clinico nel- l’ambito della definizione dell’anatomia venosa. Nella maggioranza dei casi, il color Doppler può trovare impiego in luogo della flebografia e del- la varicografia e, in pazienti con recidiva di vene varicose, potrebbe essere l’unico esame necessa- rio ai fini della descrizione dell’anatomia e della funzionalità. 5 L’impatto di sindromi post-trombotiche e insuf- ficienza venosa cronica rappresenta una compli- canza di più vasta portata rispetto a quanto risulta dal profilo clinico relativamente basso. Nell’ambi- to di un esteso studio epidemiologico condotto su 4376 soggetti, il 62% ha mostrato alcune evidenze di vene varicose; la presenza di segni di insufficien- za cronica è stata rilevata nel 22%. 6 Alla varicogra- fia, si osserva la presenza di vene perforanti che sono ovviamente incompetenti e alcuni segmenti venosi superficiali e profondi incompetenti, ma l’ecografia ha il vantaggio di consentire l’indagine BOX 5.1 INDICAZIONI PER ECOGRAFIA VENOSA

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Capitolo 5

Paul L. Allan

Vene periferiche

Le vene periferiche possono essere interessate da svariati disturbi valutabili con indagine ecografi ca. Le indicazioni più comuni per l’esame delle vene periferiche sono la trombosi venosa profonda (TVP) e la malattia tromboembolica, ma l’esame può essere eseguito anche per l’insuffi cienza veno-sa e la mappatura della rete venosa. Nell’ambi-to dello studio Worcester DVT, Anderson et al.1 hanno rilevato un’incidenza annuale media di 48 casi iniziali, 36 soggetti con recidiva di TVP e 23 casi di embolia polmonare, in una popolazione di 100.000 soggetti. La prevalenza di vene vari-cose e insuffi cienza venosa cronica è più diffi ci-le da quantifi care, ma è stato stimato che, dopo i 15 anni di età, il 10-15% dei maschi e il 20-25% del-le femmine, in una popolazione occidentale non se-lezionata, presentano vene varicose tortuose visibili; il 2-5% dei maschi adulti e il 3-7% delle femmine mostrano evidenza di moderata o grave insuffi cien-za venosa cronica, con una prevalenza indicata di ulcerazione attiva pari allo 0,1-0,2%.2

Indicazioni

Le indicazioni per l’esame ecografi co del sistema venoso sono riportate nel Box 5.1. L’indicazione più frequente per l’ecografi a delle vene è l’indagine di possibile TVP negli arti inferiori e, occasional-mente, negli arti superiori – specialmente se sono stati inseriti cateteri venosi centrali per il monito-raggio in terapia intensiva, a fi ni chemioterapici, per dialisi o nutrizione parenterale. Analogamen-te, i cateteri femorali a permanenza sono possibile causa di trombosi e, se questa è sospetta, il pazien-te dovrà essere valutato precocemente. L’ecografi a rappresenta un metodo non invasivo e attendibile per l’indagine del sistema venoso, in particolare ai fi ni della diagnosi o dell’esclusione di pericolosi trombi prossimali in pazienti sintomatici.3 I risultati

di un’indagine volta a rilevare la presenza di trombi asintomatici negli arti inferiori sono tuttavia meno incoraggianti e di questo va tenuto conto quando si usa l’ecografi a ai fi ni della valutazione di TVP in un paziente asintomatico.4

La recidiva di vene varicose dopo intervento chi-rurgico può creare diversi problemi al clinico nel-l’ambito della defi nizione dell’anatomia venosa. Nella maggioranza dei casi, il color Doppler può trovare impiego in luogo della fl ebografi a e del-la varicografi a e, in pazienti con recidiva di vene varicose, potrebbe essere l’unico esame necessa-rio ai fi ni della descrizione dell’anatomia e della funzionalità.5

L’impatto di sindromi post-trombotiche e insuf-fi cienza venosa cronica rappresenta una compli-canza di più vasta portata rispetto a quanto risulta dal profi lo clinico relativamente basso. Nell’ambi-to di un esteso studio epidemiologico condotto su 4376 soggetti, il 62% ha mostrato alcune evidenze di vene varicose; la presenza di segni di insuffi cien-za cronica è stata rilevata nel 22%.6 Alla varicogra-fi a, si osserva la presenza di vene perforanti che sono ovviamente incompetenti e alcuni segmenti venosi superfi ciali e profondi incompetenti, ma l’ecografi a ha il vantaggio di consentire l’indagine

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dei segmenti dei sistemi profondi e superfi ciali e di evidenziare la direzione del fl usso ematico all’in-terno di ogni segmento. Inoltre, è meno spiacevole per il paziente e permette l’esecuzione di molteplici valutazioni senza disagio. Lo svantaggio principale è il dispendioso tempo di esecuzione, soprattutto in casi complessi, e l’elevato grado di competenza richiesto all’operatore ai fi ni di eseguire esami con effi cienza.

Le vene superfi ciali degli arti inferiori e, in al-cuni casi, degli arti superiori, possono essere usa-te per impianti di bypass per le arterie coronarie o degli arti inferiori. In caso di dubbio sulla loro ido-neità come condotto, dopo precedente intervento chirurgico per vene varicose, o in termini di cali-bro, l’ecografi a può trovare impiego per valutare il diametro e la lunghezza della vena disponibile. Inoltre, l’ecografi sta ha la possibilità di mappare il corso della vena in modo tale da agevolarne il prelievo.

In certi casi, l’individuazione di una vena ido-nea all’incannulazione venosa centrale può esse-re diffi cile, soprattutto in pazienti che presentano multipli pregressi accessi venosi centrali, come soggetti ricoverati in terapia intensiva o sottopo-sti a chemioterapia. L’ecografi a può essere usata per defi nire la sede e la pervietà di vene poten-zialmente idonee e, in casi complessi, la puntura può essere eseguita con visualizzazione ecografi -ca diretta.

Anatomia e tecnica d’esame

L’anatomia del sistema venoso negli arti è più complessa e variabile rispetto a quella del siste-ma arterioso. Noi seguiremo le raccomandazioni redatte nel 2002 da un consensus group che sot-topose a revisione i componenti e la nomencla-tura delle vene degli arti inferiori.7 I signifi cati dei termini “ prossimale” e “ distale” possono creare confusione, poiché le vene hanno inizio in regione periferica e il sangue scorre centralmente verso il cuore così che la direzione “a monte” è pertanto periferica, mentre quella “a valle” è centrale, con-trariamente a quanto accade nel sistema arterioso. La convenzione vuole che l’aggettivo prossimale descriva sedi più vicine al cuore, mentre l’agget-tivo distale indichi punti più lontani dal muscolo cardiaco. Questi termini saranno usati nel presente capitolo con tale signifi cato.

ANATOMIA – ARTO INFERIORE

Le vene dell’arto inferiore sono suddivise in sistemi profondi e sistemi superfi ciali, collegati da un nu-mero variabile di vene perforanti che trasportano il sangue dal sistema superfi ciale al sistema profondo (Fig. 5.1).

Vene profonde

L’anatomia delle vene degli arti inferiori è piuttosto variabile. In linea generale le vene accompagnano le arterie, ma il loro numero può variare e le comu-nicazioni con altre vene lungo il percorso possono presentarsi sotto forme diverse; tuttavia, di norma è riscontrabile una disposizione generale. Nel pol-paccio sono presenti vene che seguono lo stesso percorso delle arterie principali: vena tibiale poste-riore, vena peroniera e vena tibiale anteriore; per ogni arteria vi sono generalmente due vene – tre in alcuni casi (Fig. 5.2). Inoltre, sono presenti vene che drenano i principali gruppi muscolari nel pol-paccio posteriore. Queste vene sono rilevabili nel polpaccio superiore quando scorrono verso l’alto per unirsi alle altre vene profonde nella regione po-plitea inferiore; le vene del muscolo gastrocnemio e del soleo sono le maggiori fra queste. La vena del gastrocnemio è quella più superfi ciale e può essere confusa con la vena piccola safena; per essere cer-ti della sua identità, si tenga presente che questa vena è solitamente accompagnata dall’arteria ver-so il muscolo e può essere seguita distalmente in profondità nel muscolo anziché verso l’esterno, per trovarsi sul piano sottocutaneo nella fascia attorno al polpaccio, ovvero nella posizione della vena pic-cola safena.

Le vene del polpaccio si uniscono a formare la vena poplitea o le vene poplitee, in quanto possono osservarsi da due fi no a tre condotti, specialmente in presenza di una vena femorale superfi ciale dop-pia. La vena poplitea si dirige verso l’alto attraverso la fossa poplitea, in posizione più posteriore e so-litamente medialmente all’arteria; analogamente alle vene del polpaccio e dei muscoli del polpaccio, essa è unita dalla vena piccola safena alla giunzione safeno-poplitea.

La vena poplitea diventa la vena femorale super-fi ciale al bordo superiore della fossa poplitea e ra-ramente la vena poplitea decorre in maggiore pro-fondità per unirsi con la vena femorale profonda. La

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vena femorale superfi ciale passa attraverso il canale femorale e decorre lungo il margine mediale della coscia, posteriormente all’arteria femorale, per unirsi con la vena femorale profonda nel triangolo femora-le sotto l’inguine; la vena femorale profonda drena i muscoli della coscia. La confl uenza della vena fe-morale superfi ciale e della vena femorale profonda a formare la vena femorale comune è normalmen-te lievemente più caudale rispetto alla biforcazione dell’arteria femorale comune nell’arteria femorale superfi ciale e nell’arteria femorale profonda. Nel 25-30% dei soggetti la vena femorale superfi ciale può presentare signifi cativi segmenti di duplicazio-

ne (Fig. 5.3) lungo il suo percorso8,9 e tali segmenti doppi possono evidenziare una correlazione variabi-le con l’arteria, pertanto esiste il rischio di ometterne la visualizzazione, salvo si effettui un’indagine accu-rata delle vene della coscia con valutazione sia sul piano trasversale che sul piano longitudinale.

Nella pelvi e nell’inguine, l’anatomia presenta in linea generale un pattern costante. La vena femorale superfi ciale e la vena femorale profonda si uniscono a formare la vena femorale comune, posta medialmen-te all’arteria femorale comune. Alla vena femorale comune si unisce la vena grande safena in coinciden-za della giunzione safeno-femorale e l’aspetto della

Femoraleprofonda

Femoraleprofonda

Piccolasafena

Tibialeposteriore

Laterale/marginale

Tibialeanteriore

Poplitea

Anteriore Posteriore

Tibialeanteriore

Dorsale

Peroniera

Poplitea

Femorale

Grande safena

Vena cavainferioreIliaca comune

Iliaca esterna

Iliaca interna

Marginalemediale

Tibialeposteriore

Arcatavenosa dorsale

Marginalelaterale

Arcata venosaplantare profonda

Plantaremediale/laterale

FIGURA 5.1

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FIGURA 5 .2

A B

FIGURA 5.3 rosso

FIGURA 5.4

vena femorale comune, della vena grande safena e dell’arteria femorale comune nella sezione trasversa-le è talora descritto come fi gura di “Topolino” (Fig. 5.4). Anche nella vena femorale comune confl uisco-no vene che drenano i muscoli attorno alla coscia, la cui dimensione e il cui numero sono variabili. In alcuni casi una di queste vene può presentare un’am-piezza tale da essere scambiata con la vena grande safena o la vena femorale profonda, ma un’accurata attenzione all’anatomia dovrebbe chiarire la situazio-ne. La vena femorale comune diventa la vena iliaca esterna dopo il suo passaggio sotto il legamento in-

guinale, quindi decorre posteriormente lungo la pelvi posteriore, a fi anco dell’arteria iliaca esterna. La vena iliaca interna, che drena le strutture pelviche, si uni-sce alla vena iliaca esterna in profondità nella pelvi, a formare la vena iliaca comune (Fig. 5.5). Le due vene iliache comuni si uniscono quindi a livello della bi-forcazione aortica, dove danno origine alla vena cava inferiore, che di norma passa cranialmente sul lato destro dell’aorta. La vena iliaca comune sinistra passa dietro l’arteria iliaca comune destra, appena distal-mente a questo punto di confl uenza. In un esiguo gruppo di soggetti, questa confl uenza non ha luogo e

VGS

VFP

AFS

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le due vene iliache comuni proseguono cranialmente come vene cave inferiori doppie; questo pattern ri-fl ette la disposizione delle vene cardinali accoppiate nell’embrione.

Le vene profonde presentano una serie di val-vole lungo il loro percorso (Fig. 5.6), il cui numero e la cui sede possono presentare un certo grado di variabilità. Esse sono più numerose nelle vene sotto il ginocchio; nella coscia, la vena femorale superfi -ciale ne possiede di norma una sotto la confl uenza con la vena femorale profonda e a parecchi livelli al di sotto di questa. Le vene iliache, al contrario, ne possiedono un numero relativamente basso10; ra-ramente si osserva la presenza di una valvola nella vena cava inferiore.

Vene superfi ciali

I due principali assi venosi superfi ciali dell’arto in-feriore sono la vena grande safena e la vena picco-la safena. La vena grande safena origina dal lato mediale dell’arco venoso dorsale del piede e passa frontalmente al malleolo mediale, per decorrere lungo il lato mediale del polpaccio e del ginocchio interiormente alla coscia. Nella coscia superiore, la vena grande safena curva lateralmente e in profon-dità per unirsi con la vena femorale comune pro-prio sotto il legamento inguinale. La vena grande safena presenta due componenti nel polpaccio: la componente posteriore passa dal malleolo mediale in direzione superiore e comunica con le vene per-foranti; la componente anteriore si unisce general-mente alla componente posteriore appena sotto il livello dell’articolazione del ginocchio. La duplica-zione della vena grande safena può essere visua-lizzata nella coscia nel 50% dei soggetti,11 solita-mente sotto forma di assi paralleli. La vena grande safena riceve numerose tributarie superfi ciali ed è collegata con le vene profonde dalle vene perfo-ranti; alcune di queste tributarie nella coscia pos-sono essere piuttosto pronunciate e pertanto esse-re scambiate con la vena principale, qualora non sia riconosciuta la loro identità. Nella regione della giunzione safeno-femorale, la vena grande safena riceve parecchie tributarie che drenano l’inguine, la parete addominale inferiore e il perineo. Que-ste vene rivestono un ruolo di rilievo nella recidiva di vene varicose dopo legatura superiore, poiché offrono una rete di circoli collaterali che possono bypassare il segmento resecato.

FIGURA 5.5

A

B

FIGURA 5.6

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La vena piccola safena origina dal profi lo late-rale dell’arco venoso dorsale del piede, passa infe-riormente e posteriormente al malleolo laterale, per decorrere lungo il lato postero-laterale del polpaccio verso la fossa poplitea, dove passa attraverso la fa-scia profonda per unirsi alla vena poplitea. Di norma entra lateralmente nella vena poplitea, a livello della piega cutanea poplitea, o a distanza di qualche centi-metro superiormente, ma il livello di confl uenza può essere piuttosto variabile. Può essere distinta dai seni venosi del muscolo posteriore, poiché non possiede un’arteria associata ed è visibile all’interno del trian-golo fasciale nella coscia posteriore, defi nito dalla fascia muscolare profonda e dalla fascia superfi ciale (Fig. 5.7). Occasionalmente, si osserva nella coscia un’estensione della vena piccola safena, che decorre verso l’alto fi no a unirsi alla vena femorale profonda nella coscia inferiore – la vena di Giacomini.12 Bu-rihan e Baptista-Silva13 hanno dissecato 200 arti infe-riori di cadaveri adulti, riportando 20 diversi pattern di conclusione della vena piccola safena. Nel 27,5%

degli arti inferiori, la vena piccola safena terminava nella vena profonda principale dell’arto (vena po-plitea o femorale inferiore); nel 25% dei casi la vena piccola safena, o un ramo da questa derivante, co-municava con la vena safena grande. Negli arti infe-riori rimanenti sono state osservate un’ampia varietà e combinazione di comunicazioni con altre vene, fra cui la vena femorale profonda, la vena perforante nella parte mediana della coscia, le vene muscolari e anche la vena glutea inferiore in tre arti. Altri studi hanno mostrato che le vene di Giacomini possono essere colpite da varicosi con refl usso verso l’alto o verso il basso nella coscia, rispettivamente verso la grande safena o la vena piccola safena.14

Vene perforanti

Le vene perforanti collegano le vene superfi ciali alle vene profonde. Sono numerose e molto variabili sia in termini di dimensione che in termini di sede. In passato, sono spesso state defi nite con eponimi,15 ma la nomenclatura attuale oggi le identifi ca in base alla sede anatomica, ad esempio: perforante del-la caviglia mediale, laterale o anteriore e ulteriori dettagli in merito sono forniti nella dichiarazione di consenso sulla nomenclatura venosa.7 Queste vene hanno di norma un diametro inferiore a 5 mm e il sangue scorre verso l’interno, dal sistema superfi -ciale a quello profondo.

TECNICA D’ESAME – ARTO INFERIORE

La tecnica varia in base all’indicazione clinica. L’in-dicazione più comune è la diagnosi o l’esclusione di TVP nell’arto inferiore. Questo paragrafo tratta nello specifi co questo argomento, mentre le variazioni di tecnica per altre indicazioni sono trattate nei para-grafi successivi (Box 5.2). Un trasduttore lineare da 7-10 MHz offre generalmente una penetrazione suf-fi ciente, anche se in una coscia robusta o edematosa potrebbe essere richiesta una frequenza inferiore. È importante garantire che il sistema sia impostato su livelli tali da consentire la rilevazione delle velocità inferiori che si riscontrano nelle vene, anziché delle velocità signifi cativamente superiori delle arterie.

Si consiglia di posizionare il paziente su un letti-no regolabile in modo tale che possa essere spostato dal piano orizzontale e sollevato di diversi gradi se-condo necessità. Se il lettino non è regolabile, è op-portuno che il paziente sia esaminato con il torace

A

B

FIGURA 5.7 (A) La frecciapunte delle frecce

freccia punte delle frecce

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in posizione più alta rispetto agli arti inferiori, poi-ché questa posizione produce una certa distensione delle vene degli arti inferiori che agevola l’identifi -cazione e la valutazione della compressione in ma-niera più immediata.

Per l’indicazione di TVP, l’esame ecografi co delle vene si articola su tre elementi: imaging, Doppler e compressione. Il trombo può essere visualizzato nella vena, l’esame Doppler può evidenziare la pre-senza di segnali di fl usso anomalo o assente, mentre la compressione si basa sul principio secondo il qua-le una vena normale è facilmente comprimibile: una lieve pressione con il trasduttore oblitererà il lume della vena, mentre il trombo nel lume impedirà l’ap-posizione delle pareti. In relazione alla compressio-ne, sono da precisare due aspetti: in primo luogo, la compressione dovrà essere effettuata sul piano trasversale (Fig. 5.8), poiché se effettuata sul piano

longitudinale la vena eventualmente trombizzata potrebbe scomparire, non tanto a causa dell’atto di compressione, quanto perché non si troverebbe più sul piano di scansione. In secondo luogo, un trombo “fresco”, di recente formazione, ha una consistenza molle e gelatinosa, quindi una pressione decisa può produrre un grado di compressione che potrebbe dare una falsa impressione di pervietà. L’uso del color Doppler consentirà di chiarire la situazione. Un’altra ragione legata alla necessità di effettuare l’esame sul piano trasversale consiste nella maggio-re attendibilità di identifi cazione di segmenti doppi della vena femorale superfi ciale.

L’esame ha inizio nella regione inguinale, dove è posta la vena femorale comune, con una scansione trasversale e successiva compressione. La compres-sione si ripete quindi a intervalli di 3-5 cm lungo la coscia verso il canale degli adduttori. In questo pun-to la vena femorale superfi ciale è diffi cile da com-primere da un approccio anteriore, poiché è ben supportata dalla massa dei muscoli anteriori della coscia. La compressione risulta più effi cace in que-sta regione posizionando una mano dietro la coscia mediale e spingendo con le dita contro il trasdutto-re. Il piano di scansione viene quindi modifi cato in longitudinale e la vena viene esaminata con il color Doppler o il power Doppler, mentre il trasdutto-re viene spostato verso l’alto lungo la coscia. Se le vene iliache non sono esplicitamente esaminate è utile ottenere una forma d’onda spettrale con respi-razione tranquilla della vena femorale comune, per confermare la variazione di fl usso cardiaco e respi-ratorio trasmessa attraverso le vene iliache pervie

BOX 5.2

FIGURA 5.8 (frecce

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dal torace. Una lieve spremitura del polpaccio, ac-celererà il fl usso e agevolerà la rilevazione di aree di fl usso o trombosi; in alternativa, il paziente può essere invitato a eseguire una fl essione plantare del-le dita dei piedi, che darà luogo a una contrazione dei muscoli del polpaccio e allo svuotamento delle vene dello stesso. Il color Doppler è spesso suffi -ciente, in combinazione ai riscontri alla compressio-ne, per confermare o escludere una diagnosi di TVP (Fig. 5.9). In caso di dubbio, una valutazione spet-trale consentirà un migliore apprezzamento di eventuale fl usso smorzato, assenza di variazione respiratoria e compromessa accelerazione.

Una volta esaminate le vene della coscia, il pa-ziente viene girato in posizione laterale, con il lato mediale della coscia in posizione più elevata, per consentire l’indagine delle vene poplitee. Anche in questo caso la compressione e il color Doppler servono a valutare le vene. Alcuni pazienti, in parti-

colare nel post-operatorio di un intervento all’anca, potrebbero non essere in grado di mettersi in po-sizione di decubito. In questi casi, le vene poplitee possono essere prese in esame con il ginocchio parzialmente fl esso, sollevato dal lettino, con rota-zione esterna, se possibile, per consentire il posi-zionamento del trasduttore nella fossa poplitea; ai fi ni dell’accesso, in questi casi può essere utile una sonda convex. In alternativa, l’arto può essere solle-vato e sostenuto da un collaboratore. Oltre alla vena poplitea, devono essere valutate anche le principa-li vene muscolari che drenano il muscolo soleo e il muscolo gastrocnemio, specialmente in presenza di dolore e sensibilità associata ai muscoli posteriori del polpaccio (Fig. 5.10).

Le vene del polpaccio possono essere esaminate dopo la vena poplitea, con il paziente in posizione di decubito su un lettino regolabile o in posizione supina con il ginocchio fl esso sollevato dal lettino, se il paziente è relativamente immobilizzato. In al-ternativa, il paziente può sedersi sul lettino con le gambe a penzoloni, in modo tale che le vene dipen-denti del polpaccio siano ben distese. I vasi tibiali profondi posteriori e peronieri sono più facilmente localizzabili con l’esame sul piano trasversale dal lato mediale del polpaccio e identifi cando i segnali arteriosi al color Doppler (si veda la Fig. 4.2). Que-ste vene possono essere individuate anche sul pia-no longitudinale; anche in questo caso, il segnale arterioso offre una guida utile alla rilevazione del-la posizione delle vene. Ove si riscontrino diffi col-

A

B

FIGURA 5.9 La

frecce).FIGURA 5.10 frecce

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tà nell’identifi cazione delle vene tibiali posteriori a livello del polpaccio medio, potrebbe essere uti-le esaminare il polpaccio inferiore appena sopra il malleolo mediale, dove i vasi sono superfi ciali e costanti in termini di sede; i vasi tibiali posteriori possono poi essere seguiti lungo il polpaccio verso l’alto, con una manovra di aumento di fl usso, ove necessario, ai fi ni della valutazione della pervietà. Nel polpaccio mediale e inferiore, la “spremitura” del polpaccio può produrre artefatti da movimento, a causa dello spostamento dei muscoli del polpac-cio che confonde i segnali di fl usso dalle vene; in questi casi, la compressione del piede genererà un adeguato aumento di fl usso. Le vene tibiali anterio-ri sono esaminate da un approccio antero-laterale: la scansione trasversale consente l’identifi cazione della tibia, della fi bula e della membrana interossea. I vasi tibiali anteriori si trovano sul lato superfi cia-le della membrana interossea, anche se è da notare che queste vene raramente sono interessate da TVP isolate dalle altre vene del polpaccio. Da questo lato antero-laterale, in molti pazienti è inoltre possibi-le visualizzare le vene peroniere in profondità nella membrana interossea, consentendone l’esame se non sono state identifi cate da un approccio postero-mediale. L’approccio postero-laterale è altrettanto utile nell’identifi cazione delle vene peroniere situa-te in profondità in alcuni pazienti.

Le vene iliache sono esaminate seguendo la vena iliaca esterna verso l’alto a partire dalla vena femo-rale comune nella pelvi. Ai fi ni di un’adeguata pe-netrazione, è solitamente necessario l’impiego di un trasduttore da 3-5 MHz. Per eliminare la presenza di gas intestinale potrebbe essere necessario l’esercizio di una pressione decisa, che potrebbe dare luogo a un restringimento o alla cancellazione dei segmenti più superfi ciali della vena, provocando assenza di segnale e una possibile falsa diagnosi di occlusione. Se le vene pelviche sono di diffi cile identifi cazione superiormente, la vena iliaca comune può di nor-ma essere identifi cata appena distalmente alla vena cava inferiore e alla biforcazione aortica, e poi essere seguita perifericamente. In alcuni pazienti è impos-sibile rilevare la porzione pelvica più profonda delle vene iliache; tuttavia, se è presente una vena iliaca esterna pervia che mostra una variazione respirato-ria associata a un buon aumento e una vena iliaca comune superiore pervia, è altamente improbabile che nel segmento non visibile sia presente un trom-bo signifi cativo. L’esame transvaginale mostrerà le

vene pelviche più profonde e potrebbe essere pre-so in considerazione ove sia necessario visualizzare questi vasi direttamente. In pazienti di costituzione magra o con buon accesso pelvico, la vena iliaca in-terna prossimale può essere visualizzata nel punto di giunzione con la vena iliaca esterna nella pelvi (si veda la Fig. 5.5). La vena cava inferiore viene esami-nata se il trombo è visto estendersi nel vaso. Ogni qual volta si fa diagnosi di trombosi in una vena de-gli arti inferiori è importante identifi care l’estensio-ne prossimale del coagulo, poiché questo può avere un impatto signifi cativo sulle decisioni di gestione relative alla terapia anticoagulante o al posiziona-mento di un fi ltro.

Nel periodo più avanzato della gravidanza, l’ute-ro poggia sulle vene iliache in posizione supina e le comprime, riducendone il fl usso e compromettendo la dilatazione nelle vene degli arti inferiori. Questo effetto può essere ridotto chiedendo alla paziente di mettersi in posizione di semi-decubito, con il lato esaminato in posizione più elevata, in modo tale che l’utero discenda e migliori il fl usso nelle vene pelvi-che. Un’alternativa, è esaminare la paziente in piedi, perché in questa posizione l’utero si sposta in avanti rispetto alle vene iliache.

ANATOMIA – ARTO SUPERIORE

Anche le vene dell’arto superiore sono suddivise in un sistema profondo e un sistema superfi ciale (Fig. 5.11). Le vene profonde sono solitamente ac-coppiate, accompagnano le arterie e sono: le vene radiali, ulnari e brachiali, e più centralmente le vene ascellari, succlavie e brachiocefaliche. Il pattern di comunicazione fra le vene profonde, e fra le vene profonde e quelle superfi ciali, è variabile. Il sistema superfi ciale è più mutevole rispetto a quello dell’ar-to inferiore, ma in genere sono presenti due vasi principali: la vena cefalica sul lato radiale dell’arto e la vena basilica sul lato ulnare. Queste comuni-cano all’altezza della fossa cubitale attraverso la vena cubitale mediana e anche con le vene brachiali profonde a questo livello. La vena basilica perfora la fascia profonda sul lato mediale dell’arto medio-superiore per unirsi con le vene brachiali e questo circolo venoso combinato diventa la vena ascella-re quando entra nell’ascella. La vena cefalica passa più cranialmente lungo la parte laterale del bicipite; a livello del muscolo grande pettorale, svolta me-dialmente e in profondità fi no a perforare la fascia

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clavipettorale sotto la clavicola e si unisce alla vena ascellare superiormente. La vena ascellare riceve inoltre altre tributarie dalla regione della giunzione della spalla e dalla parete laterale del torace.

La vena ascellare diventa la vena succlavia quando attraversa la prima costa, dove è posta di fronte all’arteria; la tributaria principale della vena succlavia è la vena giugulare esterna. La vena suc-clavia, su entrambi i lati, si unisce alla vena giugu-lare interna, dietro l’estremità mediale della clavi-cola, a formare la vena brachiocefalica, nota anche come vena anonima.

TECNICA D’ESAME – ARTO SUPERIORE E COLLO

L’esame delle vene degli arti superiori è in gene-re eseguito con il paziente supino e l’arto superiore abdotto di circa 90°; in alcuni casi è necessario so-stenere il braccio con un supporto oppure si chiede al paziente di reggersi a una parte dell’ecografo ac-canto al lettino. La frequenza del trasduttore con-sigliata è di 7-12 MHz. L’esame ha inizio sopra la giunzione sterno-claveare, dove possono essere va-lutate la vena brachiocefalica distale e la confl uenza con la vena giugulare interna, particolarmente in

presenza di accessi centrali. La vena succlavia viene esaminata superiormente e inferiormente alla clavi-cola; è visualizzabile di fronte all’arteria succlavia, al suo decorrere sopra la prima costa. La vena ascel-lare viene quindi seguita attraverso l’ascella verso il braccio superiormente, da dove le vene brachiali possono essere esaminate fi no al gomito. Le vene sotto il gomito non vengono in genere esaminate, salvo un motivo specifi co, come la presenza di uno shunt per dialisi. L’aumento di fl usso si ottiene con una compressione manuale dell’avambraccio o del braccio; in alternativa si chiede al paziente di strin-gere il pugno. In caso di sospetta sindrome da com-pressione venosa, le vene dell’arto superiore posso-no essere esaminate con l’arto in diverse posizioni di abduzione e il confronto del fl usso sui due lati può essere utile.

La vena giugulare interna decorre nella tonaca carotidea, dal forame giugulare nella base del cra-nio verso il basso fi no a unirsi con la vena succlavia, e si trova in posizione superfi ciale rispetto all’arte-ria carotide. Potrebbe esserci una variazione signi-fi cativa in termini di dimensione fra i due lati. Di norma si comprime facilmente con la pressione del trasduttore, così che è richiesto un approccio lieve. Il fl usso nella vena è condizionato in misura signifi ca-tiva dall’attività cardiaca destra, così il color Doppler mostrerà un fl usso anterogrado e retrogrado varia-bile, con il Doppler spettrale che mostra onde “a”, “c” e “v” del polso giugulare. Sarà altresì visualiz-zata la variazione respiratoria, con un aumento del fl usso anterogrado in fase di inspirazione, quando la pressione intratoracica è negativa, e un rallenta-mento durante l’espirazione, quando la pressione intratoracica è positiva. Il fl usso può pertanto essere modifi cato con manovre respiratorie come l’inspira-zione profonda o la manovra di Valsalva.

Diagnosi di trombosi venosa profonda

La diagnosi clinica di TVP è associata a un basso grado di accuratezza e al fi ne di stratifi care il rischio con maggiore precisione sono stati introdotti siste-mi di punteggio clinico come lo Score di Wells (Box 5.3).16 In aggiunta, per selezionare meglio i pazien-ti associati a una maggiore probabilità di presenta-re TVP e trarre maggiore benefi cio dall’ecografi a, si può usare la misurazione del D-dimero nel siero.17 I pazienti con bassa probabilità di TVP dovranno

Vena giugulare interna

Vena cefalica

Vena ascellare

Vena basilica

Vene brachialiaccoppiate

Vena cefalica

Vene radialiaccoppiate

Vena medianadell'avambraccio

Vene ulnariaccoppiate

Vena basilica

Vena profondaVena superficiale

Vena brachiocefalica

FIGURA 5.11

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essere sottoposti a una stima del D-dimero: in caso di esito negativo, è altamente improbabile che pre-sentino TVP e non sarà necessario procedere con l’esame ecografi co; se il D-dimero è positivo, o il paziente realizza un punteggio di probabilità inter-medio o elevato per TVP, l’esame ecografi co dovrà essere effettuato. Il riscontro dei livelli di D-dimero è meno utile in pazienti che presentano numerose malattie pregresse o che hanno subito interventi recenti, poiché l’incidenza di falsi positivi è più co-mune (Box 5.4).

La diagnosi di vene normali o trombizzate si basa sulla loro comprimibilità, sull’aspetto e sulle variazioni che hanno luogo nei riscontri del Dop-pler spettrale e del color Doppler. Le principa-li variazioni associate a TVP sono illustrate nel Box 5.5. L’arto inferiore è esaminato per possi-bile trombosi molto più frequentemente rispetto all’arto superiore, anche se i principi e le caratte-ristiche descritti sono applicabili anche alle vene degli arti superiori.

BOX 5.3

(Da Wells et al.16 )

BOX 5.4 CAUSE DI

BOX 5.5

COMPRIMIBILITÀ

Come citato sopra, una vena normale è facilmen-te comprimibile esercitando con il trasduttore una pressione anche solo lieve o moderata, in modo tale da ottenere una obliterazione completa del lume. Se la vena presenta un trombo, rimarrà aperta (Fig. 5.12), sebbene si debba ricordare che un trom-bo di recente formazione ha una consistenza gela-tinosa, pertanto può essere compresso in una certa misura con una pressione decisa.

ASPETTO DELLA VENA E LUME VENOSO

Il lume di una vena normale è solitamente anecoge-no (anechoic) e, al color Doppler, l’intero lume venoso deve riempirsi di colore, in particolare all’aumentare del fl usso. Anche se il trombo fresco è anecogeno, o ipoecogeno, diventa sempre più ecogeno col trascor-rere del tempo. In aggiunta, un trombo di recente formazione ha la tendenza a espandere la vena e a renderla più tonda e piena rispetto a un vaso norma-le.18 Questo aspetto si accentua all’estremità superio-re del trombo, dove il lume pervio sopra il coagulo potrebbe essere, in modo relativo, scarsamente pieno di sangue, a causa dell’ostruzione distale provocata dal trombo (Fig. 5.13).

Un trombo fresco non è particolarmente ade-rente alla parete venosa, pertanto al color Doppler è possibile osservare la presenza di sangue attor-no alla periferia del coagulo nella vena. Un altro aspetto visualizzabile in una trombosi recente è

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l’estensione di una sottile coda del trombo in alto lungo la vena dalla sua origine e la presenza libera nel lume (Fig. 5.14). Un trombo più vecchio diven-ta sempre più ecogeno, aderente alla parete venosa e si contrae al divenire più organizzato e fi broso. Questa trasformazione può dare luogo a una ridu-zione della vena a una struttura ecogena di con-tenute dimensioni, che può risultare diffi cilmente individuabile. In alternativa, il trombo può ritrarsi su un lato della vena, risultando un lume asimme-trico al color Doppler.

Un’eccezione a questa regola, secondo cui il sangue circolante non è ecogeno, si osserva in gravidanza o in qualsiasi circostanza in cui il fl us-

FIGURA 5.12 frecce

FIGURA 5.13 frecce

A

B

FIGURA 5.14 (A) frecce

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so venoso sia lento e si riscontri una tendenza a iperviscosità. In questi individui echi tenui, mobi-li si muovono in alto lungo la vena nell’imaging in tempo reale e che accelerano all’aumentare del fl usso; sono prodotti da grumi o aggregati di glo-buli rossi e in genere non presentano signifi cative diffi coltà alla diagnosi.

Le valvole normali sono visualizzabili mentre si muovono lentamente nelle correnti di sangue che scorrono fra loro, in particolare nelle vene maggiori della coscia (si veda la Fig. 5.6). Una delle prime sedi di formazione di un trombo venoso profondo è il seno sopra la cuspide valvolare, così che la rigidi-tà o la fi ssazione apparente della cuspide dovrebbe indurre il sospetto di una possibile TVP iniziale e condurre a un’attenta indagine dell’area.

Le pareti di una vena normale sono lisce e non appariscenti. Dopo la ricanalizzazione post-TVP, di-ventano irregolari, più spesse ed ecogene; calcifi ca-zioni possono verifi carsi anche in un piccolo nume-ro di casi.

RISCONTRI AL DOPPLER SPETTRALE Flusso spontaneo e variazione respiratoria

Anche a riposo, e con un lieve sollevamento del capo, dovrebbe essere riscontrabile la presenza di fl usso spontaneo lungo la vena, che mostra una certa variazione respiratoria o fasicità, in partico-lare nelle vene prossimali degli arti inferiori. La variazione è prodotta dalle alterazioni della pres-sione intraddominale sulla respirazione ed è l’op-posto delle alterazioni rilevate nella vena giugulare e nelle vene degli arti superiori. Durante la fase in-spiratoria, il diaframma compie un movimento di-scendente e la pressione intraddominale aumenta, determinando una riduzione del fl usso dalle vene degli arti inferiori verso l’addome. Durante la fase espiratoria, la pressione intraddominale diminui-sce e il fl usso dagli arti inferiori aumenta. Analo-gamente, se il paziente trattiene il respiro, il fl usso nelle vene degli arti inferiori rallenta e potrebbe cessare fi no a che il paziente non si rilassa, quando il fl usso dagli arti inferiori diventa relativamente elevato. In modo simile alle variazioni di fl usso se-condarie alla respirazione, il fl usso si modifi ca an-che in base alle contrazioni cardiache (Fig. 5.15A). Le variazioni respiratorie di fl usso sono talora in-dicate come fasicità, mentre le variazioni cardiache come periodicità.

In presenza di un trombo che occlude la vena, la presenza di fl usso nel lume venoso a livello del trom-bo non è più rilevabile. A volte la trombosi è segmen-tale, con un segmento di vena iliaca o vena femorale superfi ciale occlusi, ma con vene pervie sotto tale livello; l’incidenza di questo evento è superiore in pazienti gravide e in pazienti con tumori della pel-vi. I segmenti pervi sotto il trombo possono mostrare un certo fl usso anterogrado lento, in particolare se i circoli collaterali sono adeguati, ma non si evidenzia alcuna variazione respiratoria o cardiaca e la risposta all’accelerazione di fl usso è smorzata (Fig. 15.15B).

Aumento del fl usso

Il normale fl usso venoso è lento, ma la sua velocità può essere aumentata con una manovra di compres-sione effettuata distalmente al punto di valutazione. A tal fi ne esistono varie tecniche, che sono illustrate in seguito all’interno della parte dedicata all’insuffi -cienza venosa cronica, tuttavia, ai fi ni della valuta-zione di possibile TVP, la compressione manuale del

A

B

FIGURA 5.15 frecce piccole)

frecce grandi

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polpaccio è di norma suffi ciente. I muscoli del pol-paccio sono spremuti rapidamente e decisamente in modo da indurre lo scorrimento del fl usso ematico lungo le vene; all’interno di un normale sistema ve-noso, questa manovra produrrà un rapido aumento e calo della variazione di frequenza; mentre, in presen-za di un segmento trombizzato nelle vene, tale even-to darà luogo a un incremento della resistenza al fl us-so, con una conseguente riduzione o assenza della risposta di accelerazione (Fig. 5.16). Va ricordato che un’aumentata resistenza al fl usso in qualsiasi punto della vena sopra il punto di compressione è d’ostaco-lo alla risposta di accelerazione, e il trombo potrebbe essere sopra o sotto il punto di valutazione. Pertanto, ove si dimostri una riduzione della risposta di au-mento, è necessario procedere a un’attenta ricerca del trombo in quell’arto, in particolare nel polpaccio o nei segmenti iliaci. La compressione, “spremitura”, dei muscoli del polpaccio non deve essere violenta, o eccessiva, poiché la parte è spesso sensibile o dolen-te; in aggiunta, vi è un potenziale contenuto rischio di staccare un eventuale trombo friabile di recente formazione, provocando un’embolia polmonare. Si tratta comunque di un rischio minimo, di cui si ripor-tano solo pochi casi.19

Flusso nei circoli collaterali

Quando i normali circoli venosi sono occlusi, il sangue è visualizzabile nelle vene collaterali. Nella fase acuta, i circoli intramuscolari non si saranno sviluppati in misura signifi cativa, ma è possibile ri-levare un aumento della velocità e del fl usso nelle due vene safene o nella vena femorale profonda, che offrono vie collaterali preesistenti. Nell’arco di un periodo di parecchie settimane, i circoli venosi intramuscolari si svilupperanno e potranno essere visualizzabili al color Doppler; pertanto la loro pre-senza indica un trombo di una certa età, piuttosto che un trombo fresco, a meno che un segmento con un coagulo in via di risoluzione non abbia svi-luppato una nuova trombosi.

DISTINZIONE DI TROMBO ACUTO DA TROMBO CRONICO

Le caratteristiche che suggeriscono la presenza di un trombo più vecchio, anziché recente, sono illu-strate nella Tabella 5.1, ma non sempre è possibile defi nire l’età del trombo e, in questi casi, la gestione del paziente deve basarsi sul quadro clinico.

Un trombo fresco, acuto, è ipoecogeno o anecoge-no, potrebbe non aderire alla parete attorno all’intera circonferenza della vena ma, se la riempie, l’espan-sione della vena sarà limitata (si veda la Fig. 5.13).18,20

Nella vena femorale profonda o nella vena safe-na è possibile rilevare un incremento del fl usso. Al suo invecchiare, il trombo diventa sempre più ecogeno e comincia a contrarsi mano a mano che si organizza. Studi longitudinali di vene trombiz-zate mostrano che circa il 64-75% delle vene rica-nalizzerà completamente, o in parte, entro 1 anno dalla trombosi,21 sebbene nella maggioranza dei casi si riscontri incompetenza valvolare a un certo livello.22 Le vene rimanenti mostreranno vari gra-di di ricanalizzazione, con una parete più spes-

A

B

FIGURA 5.16

freccia

frecce).

Distinzione fra trombo acuto e trombo cronico

Acuto Cronico

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sa e irregolare attorno a un lume non uniforme (Fig. 5.17); oppure conservano la forma di struttu-re fi brotiche, permanentemente occluse (Fig. 5.18). I circoli venosi collaterali anomali si sviluppano nei tessuti molli attorno a qualsiasi segmento che sia signifi cativamente ostruito per un qualsiasi lasso di tempo (Fig. 5.19).

ARTO SUPERIORE E TROMBOSI VENOSA GIUGULARE

Gli stessi principi trovano applicazione all’in-dagine delle vene degli arti superiori e del collo. La mancata comprimibilità delle vene profondedell’arto superiore e del collo e/o l’assenza di fl us-so al color o power Doppler sono diagnostiche di trombosi (Fig. 5.20). Le vene maggiori, più pros-simali, come la vena ascellare e la succlavia, non possono essere compresse a causa della loro lo-calizzazione; la diagnosi di trombosi in questi vasi dipenderà pertanto da un’attenta valutazione mediante color o power Doppler (Fig. 5.21). Fra i segni indiretti di trombosi, fi gurano la perdita di fasicità respiratoria o variazione cardiaca, indica-tive di occlusione prossimale e utili in caso di so-spetta trombosi della vena centrale (vena anonima o vena cava superiore). La fasicità respiratoria può essere modifi cata chiedendo al paziente di respi-rare profondamente, trattenere il fi ato o eseguire la manovra di Valsalva. Il confronto con l’altro lato può essere utile, supponendo che quest’ultimo sia normale.

Baarslag et al.23 hanno confrontato il color Dop-pler con la fl ebografi a, rilevando un 82% di sensi-bilità e un 82% di specifi cità per la diagnosi di TVP degli arti superiori; il 63% dei pazienti con trombo-

A

B

FIGURA 5.17

FIGURA 5.18 frecce).

FIGURA 5.19

VFS

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si presentava una patologia maligna associata, nel 14% la trombosi era associata alla presenza di un catetere venoso centrale a permanenza, in assenza di patologia maligna. Per quanto riguarda gli arti superiori, il rischio di embolia polmonare clinica-mente signifi cativa per TVP è basso; in una serie di 65 pazienti con trombosi venosa degli arti superio-ri, nessun soggetto presentava embolia polmonare sintomatica.24

Problemi e insiedie nella diagnosi di trombosi venosa profonda

Alcuni casi sono stati già trattati; tuttavia, l’impor-tanza dell’ecografi a come tecnica per la diagnosi di TVP dipende dall’operatore, che deve svolgere un esame accurato e completo, essere consapevo-le delle potenziali insidie diagnostiche e capire se l’esame svolto abbia dato risultati soddisfacenti. Le principali problematiche da ricordare sono il-lustrate nel Box 5.6.

Visualizzazione inadeguata. Il requisito essen-ziale per un esame soddisfacente è un buon acces-so ecografi co alle vene dell’arto. Molti pazienti, con possibile diagnosi di TVP, presentano arti inferiori gonfi o edematosi e il quadro è aggravato in presenza di una condizione di obesità. Se la visualizzazione è scarsa, l’operatore rischia di omettere la rilevazione di trombi signifi cativi, a meno che la situazione non sia riconosciuta e venga posta la dovuta attenzione in corso di esame e nell’impostazione dell’ecografo, nonché nella scelta del trasduttore più adeguato.

Segmenti venosi doppi. La rilevazione di seg-menti venosi femorali doppi rischia di essere trascu-rata, se non vengono attivamente ricercati con scan-sioni trasversali. In caso di mancata identifi cazione, un componente potrebbe essere pervio e visualiz-zato al color Doppler, mentre l’altro potrebbe con-tenere un trombo e non essere rilevato (Fig. 5.22).

Trombo non occlusivo. Analogamente, la pre-senza di un trombo non occlusivo può non essere rilevata, se la vena non è visualizzata in maniera adeguata. In presenza di un trombo di dimensioni ridotte nella vena, si otterranno buoni segnali di fl usso al Doppler spettrale e al color Doppler, e la

FIGURA 5.20 freccia).

FIGURA 5.21

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presenza del trombo potrebbe non essere ricono-sciuta (si veda la Fig. 5.14). Questo è un elemen-to di particolare rilievo negli arti inferiori obesi o edematosi.

Trombo venoso isolato del polpaccio. Le vene del polpaccio sono molteplici in termini di numero e variabili in termini di anatomia. Anche con un esa-me attento, paziente, completo, è diffi cile escludere completamente la presenza di un piccolo trombo segmentale in una vena del polpaccio o nel seno muscolare (Fig. 5.23 e si veda la Fig. 5.10). In un paziente con mobilità che presenti rigonfi amento o dolorabilità del polpaccio di grado lieve, questo non è un problema, poiché con ogni probabilità i norma-li meccanismi trombolitici dell’organismo ne con-sentiranno la risoluzione. Tuttavia, in un paziente immobilizzato dopo chirurgia o ictus, la presenza di un piccolo trombo segmentale nel polpaccio è in-dicativa dell’attivazione della cascata coagulativa e del rischio che la formazione trombotica aumenti di dimensione, diventando un trombo rilevante e occlusivo. In questi pazienti è pertanto opportuno valutare un esame di follow-up, al fi ne di monitora-re eventuali progressioni del trombo dal polpaccio. Uno studio di Labropoulos et al.25 ha sottoposto a revisione 5250 pazienti; la diagnosi di trombo ve-noso isolato del polpaccio è stata posta nel 4,8% (282 arti in 251 pazienti). In questi soggetti sono stati dimostrati pattern variabili di coinvolgimento delle vene del polpaccio, con le vene soleali risultate interessate nel 20% dei casi, le vene gastrocnemie

nel 17% dei casi, le vene peroniere nel 15% dei casi e le vene tibiali posteriori nel 12%; nel 64% di questi casi positivi è risultato coinvolto un solo gruppo di vene.

Da una revisione di Scarvelis et al.,26 in cui si trattava la gestione di pazienti con trombosi ve-nosa profonda, emerge che solo l’1-2% dei sog-getti che avevano avuto un iniziale esito negativo all’ecografi a ha ricevuto conferma di TVP prossi-male in base all’esito di test seriali e pertanto le indagini seriali non sono effi caci in termini di costi. Tuttavia, se da una parte la ripetizione dell’esame non è da inserire nella pratica di routine, questa eventualità si dovrebbe considerare in casi con ele-vata probabilità clinica o dubbio clinico e un esito iniziale negativo.

Trombo asintomatico. L’accuratezza del Dop-pler nella rilevazione di un trombo asintomatico è meno convincente rispetto a quella associata ai trombi sintomatici,4,27,28 e la tecnica risulta per-tanto generalmente inadeguata come strumen-to di screening ai fini dell’identificazione di un trombo asintomatico. Questo è probabilmente da ascriversi al fatto che i trombi asintomatici

FIGURA 5.22 frecce

FIGURA 5.23

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presentano dimensioni contenute e non sono oc-clusivi; inoltre, nelle vene del polpaccio vi è una maggiore incidenza di trombi distali, che all’eco-grafia potrebbero risultare di più difficile visua-lizzazione.3

Trombo venoso del segmento iliaco. Nei casi di obesità o presenza di gas intestinale soprastante è possibile che le vene iliache esterna e comune non siano visualizzate nella loro interezza. L’esa-me dovrà essere effettuato con la massima accura-tezza, al fi ne di escludere trombosi venosa del seg-mento iliaco (Fig. 5.24), specialmente se si tratta di evento possibile dopo chirurgia pelvica. Anche se è raro che una trombosi iliaca non coinvolga la vena femorale comune, lo sviluppo di trombosi del seg-mento iliaco è possibile e dovrebbe essere indagato in pazienti con un quadro clinico sospetto per TVP, ma con ecografi a negativa delle vene femorali e po-plitee. Un indicatore di trombosi del segmento ilia-co è la perdita di variazione cardiaca e respiratoria (si veda la Fig. 5.15) e una compromessa risposta di aumento di fl usso nella vena femorale comune. In alcuni pazienti la trombosi venosa del segmen-to iliaco può essere associata a una rete strutturale o alla compressione della parete della vena iliaca comune sinistra nel punto in cui viene incrociata dall’arteria iliaca comune destra: la sindrome di May Thurner.29 Le vene iliache interne sono dif-fi cili da valutare, ma qualsiasi trombo originante in queste vene, che si estenda nella vena iliaca comune e produca un’ostruzione signifi cativa del

fl usso ematico, può essere suggerito da un’altera-zione della risposta di aumento di fl usso nelle vene femorali o dalla perdita di variazione respiratoria alla respirazione profonda o affannosa. Tuttavia, nel caso in cui il trombo non occlusivo sia insuffi -ciente a produrre tale effetto, potrebbe essere non visualizzato; nei casi complessi può essere utile l’esame transvaginale. Al fi ne di apprezzare qual-siasi successiva diffusione, è importante defi nire l’estensione prossimale. In aggiunta, esiste la pos-sibilità di inserire un fi ltro cavale ed è necessario conoscere la possibilità di accesso dall’inguine at-traverso le vene iliache e la VCI distale. Una volta inserito il fi ltro, la successiva pervietà della vena cava e iliaca può essere valutata con esame eco-grafi co (Fig. 5.25).

Gravidanza. Lo stato di gravidanza è associato a diversi fattori che aumentano il rischio di trombo-si, fra cui alterazioni a carico del sistema di coagu-lazione e variazioni fi siologiche del fl usso venoso nelle vene dell’arto inferiore, causate da una com-binazione degli effetti ormonali e della pressione proveniente dall’utero ingrandito.30 Alcuni aspetti tecnici relativi alla diagnosi ecografi ca di trombosi associata a gravidanza sono già stati trattati. Si se-gnala anche un’aumentata tendenza a sviluppare trombosi prossimali segmentali più in alto, nelle vene iliache e femorali, più comunemente sul lato

FIGURA 5.24 blu

cursori).

FIGURA 5.25

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sinistro,31,32 causate verosimilmente dalla poten-ziale compressione aggiuntiva originante dall’ar-teria iliaca comune destra, che attraversa la vena iliaca comune sinistra appena oltre la biforcazione aortica. Nell’ambito di uno studio,32 solo il 18% delle trombosi venose profonde è risultato relativo all’arto inferiore destro. In caso di sospetta trom-bosi iliaca isolata, e se l’esame ecografi co è insuffi -ciente, è opportuno considerare l’esecuzione di un ulteriore esame diagnostico con risonanza magne-tica (RM) o fl ebografi a con mezzo di contrasto.30 Inoltre, le pazienti che sono state sottoposte a ta-glio cesareo presenteranno un aumentato rischio di sviluppo di TVP.

ALTRE CAUSE DI RIGONFIAMENTO, DOLORE O SENSIBILITÀ DEGLI ARTI INFERIORI

Diversamente dalla fl ebografi a, l’ecografi a con-sente l’indagine di altre strutture nella pelvi e nell’arto inferiore. Possono essere riscontrate altrepatologie alla base dei sintomi legati a rigon-fi amento, dolore o sensibilità degli arti inferio-ri, di cui è disponibile un elenco nel Box 5.7. È importante ricordare che, anche se l’esame ri-scontra la presenza di una cisti poplitea rotta (Fig. 5.26), o evidenzia una trombofl ebite superfi -ciale (Fig. 5.27), le vene profonde devono comun-que essere esaminate con attenzione, poiché diver-samente esiste il rischio di omettere la rilevazione di un’eventuale TVP coesistente. Labropoulos et al.33 hanno dimostrato la presenza di cisti poplitee nel 3% di individui asintomatici, nel 10% di pa-zienti con sintomi di possibile TVP e nel 20% di pazienti con ginocchia doloranti. Langsfeld et al.34 hanno riscontrato la presenza di cisti poplitee nel 3% di pazienti esaminati per possibile TVP, men-tre il 7% dei pazienti con cisti presentava una TVP coesistente.

BOX 5.7

FIGURA 5.26 (frecce

FIGURA 5.27

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112 5 Vene periferiche

Accuratezza in relazione ad altre tecniche

Malgrado alcuni potenziali problemi, l’ecografi a è un buon metodo non invasivo per la diagnosi di TVP sintomatica, specialmente fra la regione popli-tea inferiore e l’inguine.3 Requisito fondamentale della sua attendibilità è che l’ecografi sta non solo sia altamente qualifi cato dal punto di vista tecnico, ma sia anche in grado di riconoscere quando l’esa-me non ha dato riscontri adeguati, in modo tale da mettere in atto ulteriori misure, come la fl ebografi a o la ripetizione dell’esame. Qualora sia necessaria l’esecuzione di una fl ebografi a al fi ne di chiarire eventuali aree di dubbio, questa potrà focalizzar-si sulla regione di allarme identifi cata con l’esame ecografi co, e potrebbe essere necessario pertanto solamente un esame circoscritto.

Numerosi studi hanno dimostrato che, rispetto alla fl ebografi a, l’ecografi a è una tecnica accurata ai fi ni della diagnosi di TVP sintomatica nei segmenti femoro-poplitei.3 Usata da sola, la compressione è un metodo accurato per la rilevazione di TVP, con sensibilità pari all’89% e una specifi cità del 100% riportata per trombosi prossimale,35 e una sensibi-lità dell’86-92% e una specifi cità del 96-100% per un accurato esame delle vene del polpaccio.36 L’im-piego combinato del color Doppler consente una diagnosi molto accurata di TVP, particolarmente nei segmenti femoro-poplitei. Con lo sviluppo del-le tecniche di color Doppler, ulteriori studi hanno dimostrato il valore dell’ecografi a e la possibilità di valutare le vene del polpaccio a un livello soddisfa-cente nella maggioranza dei casi (Tabella 5.2).28,37 La necessità di un esame adeguato deve essere ri-marcata. Nell’ambito di uno studio, i risultati iniziali relativi alle vene del polpaccio sono stati signifi cati-vamente meno accurati rispetto ai risultati inerenti

al segmento femoro-popliteo, ma quando gli esami sono stati sottoposti a revisione e sono stati consi-derati solo quelli tecnicamente adeguati, l’accura-tezza complessiva è migliorata notevolmente, rag-giungendo un livello analogo a quello conseguito nella parte superiore dell’arto.38 In un altro studio,39 il 32% degli esami condotti sulle vene del polpac-cio è risultato inadeguato; se questi casi fossero stati esclusi, l’ecografi a avrebbe dimostrato una sensibi-lità del 93%, una specifi cità del 98% e un’accuratez-za del 97% per la diagnosi di TVP degli arti inferiori.

Nell’ambito di una revisione degli esiti dopo esami ecografi ci femoro-poplitei negativi, Gottlieb e Widjaja40 hanno dimostrato che solo lo 0,7% dei casi ha sviluppato una successiva embolia polmo-nare; dopo aver sottoposto a revisione 1797 pa-zienti simili riportati in letteratura, hanno riscon-trato che solo quattro (0,2%) di questi avevano sviluppato un’embolia polmonare, dopo esame ecografi co negativo dell’area della coscia in pa-zienti con TVP sintomatica.

È importante fare un distinguo fra l’accuratez-za dell’ecografi a per la diagnosi di trombo sinto-matico e quella di trombo asintomatico. I risultati relativi a quest’ultima diagnosi sono meno soddi-sfacenti poiché, sostanzialmente per defi nizione, il trombo asintomatico è in molti casi non occlusivo e pertanto più facilmente non visto. Weinmann et al. hanno notato una sensibilità complessiva in sei serie riportate pari soltanto al 59% per trombo prossimale, anche se la specifi cità è risultata pari al 98%.4 In aggiunta, il trombo asintomatico può essere di dimensioni contenute oppure coinvol-gere uno o solamente alcuni segmenti venosi del polpaccio. Un’ulteriore revisione svolta da Wells su 17 studi di screening in pazienti ortopedici ha dimostrato una sensibilità del 62%, una specifi cità

Riscontri dell’eco-Doppler nella diagnosi di trombosi venosa profonda

Autore Sensibilità (%)per tutte le TVP

Sensibilità (%)per TVP prossimale

Sensibilità (%)per TVP distale

Specifi cità (%)

28

92 94

37

89 97 73 94

47 53 94

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del 97% e un valore predittivo positivo pari al 66%, negli studi che erano stati condotti con un metodo scientifi co adeguato.41

I continui sviluppi nella tecnica di RM per im-magini e tomografi a computerizzata (TC) multisli-ce consentono oggi di valutare l’impiego di queste tecniche per la diagnosi di TVP. Diversi autori han-no suggerito come l’esecuzione di una TC pelvica e degli arti superiori in pazienti sottoposti ad arte-riografi a polmonare con TC per embolia polmonare sia un metodo soddisfacente ai fi ni della conferma o dell’esclusione della presenza di trombo signifi -cativo prossimale nell’arto inferiore e nelle vene pelviche.42,43 Tuttavia, la stessa tecnica non sarebbe di applicazione pratica per la valutazione di tutti i casi di possibile TVP, pertanto occorre tenere conto delle considerazioni relative alla dose di radiazioni e all’utilizzo del mezzo di contrasto. Analogamen-te, la venografi a con RM offre una certa utilità,44,45 poiché evidenzia non solo il trombo nel lume della vena come difetto di riempimento, ma anche di-rettamente il trombo, per la presenza di metaemo-globina al suo interno; inoltre mostra la reazione infi ammatoria perivascolare alla trombosi acuta.46 Come con la TC, la venografi a con RM non è pratica o adatta alla valutazione iniziale di tutti i pazienti con possibile TVP, anche se i riscontri incidentali di TVP negli esami addominali e pelvici possono esse-re facilmente riconosciuti e la ricerca in questo suo ruolo sta continuando.

Vene varicose ricorrenti e insuffi cienza venosa cronica

Il sistema venoso dell’arto inferiore è relativamente fragile e facilmente danneggiabile a seguito di diver-si insulti fra cui trombosi, trauma e infi ammazione. Una pregressa trombosi può non risolversi comple-tamente, dando luogo a ostruzione cronica e danno alle valvole. Negli arti coinvolti da TVP, il 50-80% ricanalizzerà a distanza di mesi o anni dall’evento; le sequele croniche sono spesso ascritte a refl usso, anziché a ostruzione residua, anche se entrambe ri-vestono un ruolo nello sviluppo di disturbi cronici.47 Questo danno provoca una riduzione dell’effi cacia dell’azione protettiva delle valvole, così che una co-lonna continua di sangue è presente fra il cuore e i tessuti del polpaccio, della caviglia e del piede. In posizione eretta, la colonna può estendersi a oltre

1,25 m e la pressione idrostatica esercitata sui tessuti interferisce con la circolazione del sangue nei capil-lari, il trasferimento di nutrienti e scorie fra il sangue e i tessuti, con promozione di risposte infi ammato-rie locali nei tessuti. Tali alterazioni danno luogo allo sviluppo di vene varicose, eczema varicoso e, in ultima analisi, ulcerazione varicosa. Le opzioni di trattamento comprendono tecniche chirurgiche nel caso di vene varicose, calze a compressione, fa-sciature e tecniche di ricostruzione venosa. Il pat-tern delle vene lesionate e incompetenti può essere defi nito con eco-Doppler, al fi ne di valutare le vene profonde e superfi ciali e individuare eventuali vene trombizzate o parzialmente ricanalizzate. I segmen-ti venosi incompetenti, insieme alle vene perforanti incompetenti, possono essere mappati e sottoposti ad adeguate tecniche chirurgiche o mediche. Nel corso della propria vita, circa l’1% della popolazione sviluppa negli arti inferiori un’ulcerazione venosa2 e fi no al 22% mostra evidenza di insuffi cienza ve-nosa cronica.5

Il metodo di diagnosi e la valutazione tradizio-nale delle vene varicose primarie è sempre stata la valutazione clinica associata a dispositivi Doppler manuali, ma è stato dimostrato che una valutazio-ne regolare con color Doppler, prima della chirur-gia, modifi ca la procedura operativa programmata in una serie di casi e migliora i risultati complessivi della chirurgia per vene varicose primarie. Blomgrenet al.48 hanno dimostrato che, nell’arco di un pe-riodo di follow-up di 7 anni, il 34% degli arti infe-riori che non erano stati sottoposti a eco-Doppler pre-operatorio ha richiesto un nuovo intervento, rispetto al 13% degli arti che invece erano stati sot-toposti a eco-Doppler prima dell’intervento. Tutta-via, l’applicazione di questo principio a tutti i casi di vene varicose primarie provocherebbe un carico di lavoro notevole, così che è necessario prendere in considerazione la selezione dei pazienti e indagare solo quelli in cui i riscontri clinici siano incompleti o contrastanti,49 oppure quelli in cui sia necessario procedere ad ablazione endovascolare, in modo da poter svolgere una valutazione accurata del calibro dei vasi e dell’anatomia.

Le opzioni di trattamento per le vene varicose non sono più limitate all’ablazione chirurgica o allo stripping della vena interessata. L’ablazione laser o a radiofrequenza, nonché la scleroterapia con schiu-ma, hanno dimostrato di essere effi caci tanto quan-to la chirurgia.50 L’ecografi a riveste un ruolo centra-

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le nell’identifi cazione dei cateteri e dei dispositivi di ablazione, nonché nel monitoraggio della progres-sione di questi trattamenti.51

La recidiva di vene varicose dopo chirurgia o scleroterapia è possibile e si distingue in tre princi-pali pattern.52 Può essere presente una vena gran-de safena pervia, indicativa di una mancata rile-vazione al momento dell’intervento. Piccole vene collaterali possono espandersi lungo la direzione della vena grande safena, per ricostituire il percor-so della vena (Fig. 5.28); infi ne, può osservarsi un fenomeno di drenaggio attraverso le collaterali ve-

nose che passano lungo diversi percorsi, distanti dalla normale direzione della vena. Il color Dop-pler è utile per valutare il pattern di recidiva, in modo tale che possa essere pianifi cato un adegua-to intervento chirurgico.53

TECNICA D’ESAME

Il paziente si esamina al meglio in posizione eretta o con un elevato grado di sollevamento del capo, se il lettino è regolabile; diversamente, la pressione eser-citata sulle valvole volta a valutarne la competenza risulterà inadeguata, e saranno ottenute valutazio-ni fuorvianti. Poiché l’esame potrebbe richiedere diverso tempo, in particolar modo se interessa en-trambi gli arti inferiori, è utile se i pazienti possono contare su un appoggio, come una maniglia o un corrimano sulla parete; questo consentirà loro di stare agevolmente in piedi con il peso sull’arto infe-riore non in esame e con una lieve fl essione dell’arto in esame. In alternativa, potranno reggersi al lato dell’ecografo. Ai fi ni dell’indagine delle regioni po-plitee e del polpaccio, è utile che il paziente si metta in posizione eretta su una base d’appoggio bassa, perché questo agevolerà l’esame all’operatore.

Per valutare la competenza o l’incompetenza di un segmento venoso, possono trovare impiego varie tecniche.54 Il metodo più pratico per la va-lutazione generale è di spremere con decisione e poi rilasciare il polpaccio del paziente, o la coscia inferiore, che favorirà il fl usso anterogrado. Se le valvole sono incompetenti, consentiranno il ritor-no del fl usso retrogrado attraverso le stesse dopo l’arresto del fl usso anterogrado (Fig. 5.29); se sono competenti, arresteranno qualsiasi fl usso retrogra-do. Per produrre un effetto simile e uno stimolo più standardizzato rispetto alla compressione manuale, possono trovare impiego manicotti di pressione, che possono essere rapidamente gonfi ati e sgonfi a-ti.55 Gli stessi possono essere utili per comprimere un segmento di arto inferiore e consentire di spre-mere il sangue venoso e poi rilasciati di colpo, in modo tale da evidenziare la presenza di eventuali segmenti incompetenti, per riempimento inverso da sopra. In alternativa, per indurre il fl usso inverso, è possibile applicare una compressione prossima-le. Anche l’esecuzione della manovra di Valsalva a cura del paziente consente di evidenziare la presen-za di segmenti incompetenti, ma questa tecnica ha due svantaggi: in primo luogo, l’effetto limiterà la

FIGURA 5.28

A

B

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visualizzazione di fl usso inverso fi no alla prima val-vola competente, impedendo la rilevazione di ogni eventuale segmento incompetente al di sotto di questo; in secondo luogo, la spiegazione dell’esatta natura e del corretto metodo di esecuzione del Val-salva risulta diffi cile per molti pazienti. L’alternativa è chiedere al paziente di soffi are in uno spirometro ad alta resistenza: questo produce l’auspicato e re-pentino incremento della pressione intraddominale ed è più facile da comprendere per molti pazienti. In alcuni pazienti il refl usso, che può essere defi ni-to come fl usso inverso dopo la cessazione del fl us-so anterogrado, sarà osservato semplicemente con l’inspirazione. È generalmente ritenuto signifi cativo

se dura più di 0,5 s nelle vene superfi ciali, nella vena femorale profonda e nelle vene del polpaccio. Per quanto riguarda le vene femoro-poplitee, si fa rife-rimento a un valore cut-off di 1,0 s, poiché si ritiene che i maggiori diametri e l’inferiore numero di val-vole di queste vene contribuiscano alle inferiori ve-locità di chiusura delle valvole.56 Nelle vene normali sono osservabili periodi più brevi di fl usso inverso e questi rappresentano il lasso di tempo breve in cui le cuspidi valvolari si uniscono e il sangue nel segmen-to venoso si stabilizza sotto l’infl uenza della gravi-tà. Il refl usso non deve essere confuso con il fl usso inverso che ha luogo in presenza di turbolenza, in particolare nella vena femorale comune e nelle vene

A B

C

FIGURA 5.29 blu rosso

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poplitee. La differenza appare solitamente al color Doppler, mentre la turbolenza si osserva al Doppler spettrale, poiché il fl usso inverso avviene contem-poraneamente al fl usso anterogrado (Fig. 5.30).

L’esame ha inizio nella regione inguinale,57 do-ve hanno luogo l’identifi cazione e la valutazione della vena femorale comune, della vena femora-le profonda e della giunzione safeno-femorale. Se l’anamnesi del paziente comprende un pregresso intervento venoso, i dettagli sono talvolta incerti o in alcuni casi errati: pertanto è opportuno esamina-re accuratamente la regione della giunzione safeno-femorale per valutare il tipo di intervento eseguito,

se questo ha avuto esito positivo e se vi sono colla-terali signifi cativi, o segmenti ricanalizzati incompe-tenti. La perdita della normale curvatura dolce della vena grande safena, quando si dirige lateralmente e in profondità verso la vena femorale comune, è sug-gestiva di precedente intervento chirurgico con suc-cessiva ricanalizzazione o formazione di collaterali.

La pervietà e la competenza delle vene profon-de e superfi ciali della coscia sono quindi valutate fi no al livello del ginocchio. Durante la valutazio-ne della vena grande safena, dovrebbe essere va-lutata l’eventuale presenza di perforanti incompe-tenti (Fig. 5.31), specialmente se la vena diventa

A B

FIGURA 5.31

FIGURA 5.30

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1175 Vene periferiche

Laboratorio vascolare

Royal Infirmary of Edinburgh - Little France51 Little France CrescentEdinburghEH16 4SATel: Allegare l’etichetta del paziente

Ecografia Duplex: valutazione venosa degli arti inferiori Riepilogo

VFCVGSVFPVFSVPopGSFVPS

Commenti

CFV

P = PerviaC = Competente =!INC = Incompetente = "COMP = ComprimibileT = Trombo = Perforanti incompetenti >3mm

LSVPFVSFVPOPSPJSSV

Firma:

Data:

4,5mm

4,0mm3,5mm

3,5mm

3,5mm

3,5mm2,8mm

3,8mm

3,4mm

Giunzione S-F significativa,incompetenza VGS e tributarie

Destro

P+C

P+CP+CP+CP+CP+C

P+C

P+CP+INC

P+INCP+INCP+INCP+INC

P+INC

Perforante coscia mediana incompetenteVGS incompetente come illustrato,giunzione S-F significativa,incompetenza VPS e tributarieVFS e VPop prossimalesignificativamente incompetenti

Sinistro

FIGURA 5.32 Per gentile concessione di S.-J. Carmichael.)

incompetente a un livello sotto la giunzione safe-no-femorale. Le perforanti possono essere iden-tifi cate più facilmente eseguendo scansioni tra-sversali della vena e applicando una compressione ricorrente sul polpaccio o sulla coscia inferiore e al contempo valutando l’eventuale presenza di fl us-so apparente con color Doppler. La più comune di queste vene perforanti è localizzata nella coscia inferiore, al livello della giunzione del terzo medio e inferiore della vena grande safena, e si chiama vena perforante media della coscia. L’uso di lacci

emostatici potrebbe essere utile nel chiarire casi diffi cili, ma non è generalmente richiesto nell’am-bito del color Doppler.

Si chiede quindi al paziente di girarsi in modo tale da consentire la valutazione della regione po-plitea con il ginocchio parzialmente fl esso. Si pro-cede all’esame delle vene della fossa poplitea e della giunzione safeno-poplitea, nonché del livello della giunzione safeno-poplitea, specialmente se non è nella sede prevista. Come con la giunzio-ne safeno-femorale, la recidiva dopo chirurgia può

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118 5 Vene periferiche

alterare l’anatomia e il pattern del fl usso, per que-sto occorre defi nire la situazione con la massima chiarezza.

Può inoltre essere eseguita l’indagine delle vene del polpaccio, anche se i riscontri tendono a essere più variabili e la loro signifi catività più dif-fi cile da interpretare. L’incompetenza può essere rilevata in modo analogo a quello dimostrato più prossimalmente. In alcuni casi le vene appaiono dilatate e per questo considerate incompetenti, ma è molto diffi cile, o impossibile, indurre nei vasi un signifi cativo fl usso anterogrado, o qualsiasi re-fl usso successivo. Inoltre, è necessario procedere a un’indagine con color Doppler di eventuali vene perforanti incompetenti nel polpaccio, ricercan-do la presenza di fl usso verso l’esterno, dai siste-mi profondi verso i sistemi superfi ciali. La sede di eventuali perforanti incompetenti può essere identifi cata con l’ausilio di riferimenti ossei come il malleolo mediale o l’articolazione del ginocchio. L’anatomia e la funzione delle vene del polpaccio e delle vene perforanti del polpaccio possono ave-re implicazioni importanti ai fi ni dello sviluppo di trasformazioni varicose, e questa area è oggetto di continua ricerca.

Se necessario, le varici possono essere rilevate prossimalmente, al fi ne di identifi care il punto di comunicazione con i segmenti profondi o super-fi ciali. La manovra può essere effettuata al meglio tenendo il trasduttore con angolo di inclinazione a destra rispetto alla direzione della vena in esame; una compressione ragionevole delle varici inferiori mostrerà il corso delle vene al color Doppler e con-fermerà l’eventuale presenza di refl usso. Seguendo le vene, deve essere posta particolare attenzione a non comprimere le vene superfi ciali con un’ecces-siva pressione del trasduttore.

I riscontri possono essere registrati su un gra-fi co relativo alle vene principali degli arti infe-riori, mentre la presenza di refl usso signifi cativo, insieme a una nota inerente al tempo di refl usso, possono essere indicati sul modulo di refertazione (Fig. 5.32).

Mappatura della vena safena

La vena grande safena è il condotto di prima scel-ta per un impianto di bypass arterioso nelle arte-rie coronarie e nell’arto inferiore. In caso di dubbi

sull’idoneità della vena alla procedura, l’ecografi a può servire a valutarne il calibro e la lunghezza. Idealmente la vena deve avere un’ampiezza su-periore a 3-4 mm per gran parte della sua lun-ghezza, e oltre 2 mm alla caviglia ove si valuti l’ipotesi di un impianto lungo femoro-distale.58 L’obiettivo dell’esame dipende dalla procedu-ra chirurgica presa in considerazione. Se la vena deve essere rimossa per un impianto di arteria coronaria o arterioso inverso in arto inferiore, l’indagine può essere limitata alla conferma del-la presenza della vena e della valutazione del suo calibro lungo la lunghezza richiesta. Se deve es-sere eseguito un impianto arterioso in situ nell’ar-to inferiore è necessario eseguire un esame più dettagliato al fi ne di identifi care vene perforanti e rami superfi ciali comunicanti con la vena prin-cipale, poiché questi possono essere legati in cor-so di intervento per arrestare lo sviluppo di fi stole arterovenose.

TECNICA D’ESAME

L’esame è eseguito con il paziente in posizione eretta, se possibile, perché questa posizione pro-duce una distensione della vena, consentendo una più facile individuazione grazie alla dilatazione e una migliore stima del calibro del vaso. Se il pa-ziente non è in grado di stare in piedi, può essere esaminato da seduto sul lettino con gli arti infe-riori a penzoloni; ove anche questa possibilità non sia praticabile, il paziente può essere valutato in posizione supina, con l’applicazione di un laccio emostatico a bassa pressione al fi ne di produrre distensione delle vene superfi ciali.59 Alcuni ope-ratori preferiscono marcare la vena con il paziente supino, perché questa posizione è più vicina alla posizione che assumerà il paziente durante l’in-tervento.

Uno dei problemi associati a questo esame è che il gel per uso ecografi co rende appiccicoso il pennarello, rendendo impossibile la marcatu-ra del percorso venoso sulla cute o la sede delle perforanti. Onde evitare questo problema, non si ricopre la cute con il gel secondo la procedura standard, ma si procede applicando il gel con il trasduttore, che sarà successivamente posiziona-to nella regione della giunzione safeno-femorale. Una volta individuata la vena, il trasduttore viene allineato lungo il suo decorso e la cute è marcata

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1195 Vene periferiche

in corrispondenza della vena all’estremità infe-riore del trasduttore. Il trasduttore viene quindi spostato in modo tale che la sua estremità supe-riore sia posizionata sulla cute marcata, allineata lungo la vena, e un segno ulteriore sia posto sulla sede della vena nella nuova posizione all’estre-mità inferiore del trasduttore. Il percorso della vena si segue in basso lungo l’arto, effettuando delle marcature sulla cute a ogni lunghezza del trasduttore. Particolare attenzione va prestata sul polpaccio, dove la vena grande safena possiede due principali componenti: il ramo anteriore, che solitamente passa davanti al malleolo laterale e rappresenta la componente maggiore, e il ramo posteriore, che decorre posteriormente al lato po-steromediale del polpaccio.

Una volta applicati i riferimenti principali, è possibile identifi care e marcare la sede della giun-zione safeno-femorale, insieme a qualsiasi altra vena perforante, segmenti doppi e tributarie. Si tratta di un’operazione generalmente più facile, che si effettua con una scansione trasversale lungo la direzione della vena grande safena con regolare aumento del fl usso dalla spremitura del polpaccio. Il calibro della vena viene misurato sul piano tra-sversale, avendo cura di non comprimere il vaso con la pressione esercitata con il trasduttore.

Conclusioni

A patto che l’esame sia eseguito con la massima attenzione e accuratezza, il color Doppler è un me-todo attendibile per la diagnosi di TVP in pazienti sintomatici. Questa procedura è diventata un’in-dagine di prima linea per TVP in molti centri, con-sentendo di limitare l’esecuzione di una eventuale fl ebografi a successiva all’area di dubbio o sospetto risultata all’esame ecografi co. È doveroso comun-que ammettere che la tecnica presenta alcuni limiti e che esistono diverse insidie diagnostiche.

L’ecografi a offre inoltre una metodica non inva-siva per l’indagine di pazienti con malattia venosa cronica o recidiva di vene varicose dopo chirurgia, rendendo possibile una valutazione accurata del pattern di incompetenza o recidiva e consentendo lo sviluppo di un approccio chirurgico adeguato. Inoltre è utile nella valutazione di pazienti con vene varicose primarie, specialmente in caso di incertez-za dopo esame clinico.

La vena grande safena può essere valutata per l’idoneità a condotto di bypass nell’ipotesi di pro-cedure di bypass arterioso o delle arterie coronarie. In aggiunta, l’ecografi a rappresenta un metodo per esaminare le vene centrali prima dell’inserzione di un accesso venoso centrale, ove siano previste complicanze nell’individuazione di un vaso adatto all’inserzione dell’accesso.

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