04 mercato vivaismo viticolo
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Transcript of 04 mercato vivaismo viticolo
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che vede ridursi sempre più i margini e di conseguenza non è certo nelle condi-zioni di investire nell’impianto di nuovi vigneti. Così il fatturato del compar-to vivaistico viticolo nazionale è sceso quest’anno a 60 milioni di euro, prati-camente più che dimezzandosi rispetto ai picchi degli ultimi anni «buoni».
Una grande parte dei reimpianti in Ita-lia è stata eff ettuata negli anni scorsi in presenza dei contributi europei, quindi bisognerà aspettare 20-25 anni per avere un nuovo picco, considerando che molti dei vigneti italiani sono coetanei.
Contrazione generale, con qualche eccezione
Insomma, il mercato delle barbatelle soff re se si eccettua il «fenomeno» Glera (nuovo nome del Prosecco, che ora indi-vidua solo il vino) a seguito delle modifi -che dei disciplinari che prevedono, oltre al Prosecco superiore docg Conegliano-Val-dobbiadene (ex doc), il Prosecco doc che si estende su 9 province, tra Veneto e Friu-li Venezia Giulia. Si può parlare davvero di fenomeno, visto che Glera è passato da circa 5.000 ha agli attuali 20.000.
Tra le varietà ancora richieste, il San-giovese e il Trebbiano toscano, sicura-mente per la loro diff usione in vaste aree e perché sono legate sia a vini di punta, come il Brunello di Montalcino e l’Or-vieto, sia a vini meno noti. La domanda di barbatelle segue le fortune dei vini, ed ecco che le superfi ci impiantate a Barbe-ra sono decisamente diminuite, mentre quelle a Moscato tengono.
Varietà, come il Primitivo, utilizza-te per i vini da taglio sono praticamente ferme, mentre altre, come i Lambruschi che alimentano un mercato dai grandi numeri, confermano le quantità richieste.
Il 50% del vigneto Italia è costituito – come ha riferito Tempesta in occasione del 37° Congresso del Miva – da dieci varietà, mentre le altre minori si stanno assotti-gliando. I segnali che arrivano dal mer-cato sono contrastanti ed è diffi cile per i viticoltori scegliere le varietà, tranne che in situazioni in cui siano molto evidenti opportunità di mercato da cogliere.
La strada di produrre vini di elevata qualità non è considerata sempre vin-cente ed emerge un orientamento alla scelta di portinnesti e cloni più produt-tivi, anche per compensare il continuo ribasso dei prezzi delle uve.
Nuovi impianti a rilento, preferite le varietà bianchedi Clementina Palese
I n un periodo di crisi come quella at-tuale, in cui il mercato del vino sta soff rendo, quello delle barbatelle ha un andamento simile. Insomma la
contrazione produttiva di barbatelle, sia franche sia innestate, cominciata nel 2006 continua. Nel 2008 c’era stata un’inver-sione di tendenza non supportata a suffi -cienza dalla domanda che aveva generato delle eccedenze e portato a ridurre le pro-duzioni successive di un 20-30%.
Oggi la situazione di incertezza econo-mica continua, come pure la contrazione delle superfi ci vitate al ritmo di un 2% circa l’anno. Secondo Gianfranco Tem-pesta, presidente del Miva, Associazio-ne italiana moltiplicatori viticoli asso-ciati fi no a poche settimane fa (n.d.r.: il nuovo presidente è Claudio Colla), a oggi il «vigneto Italia» non supera di molto i 500.000 ettari.
Ma c’è un altro elemento che aggra-va la situazione: nella fi liera vitivinicola l’anello debole è costituito dal viticoltore,
IL VIVAISMO VITICOLO NON SFUGGE ALLA CRISI ●
Se si eccettua il «fenomeno» Glera per produrre il vino Prosecco, la situazione è stagnante. Pochi sono i nuovi impianti e sulla bilancia pesano di più i vitigni bianchi, internazionali o autoctoni indifferentemente
I NUMERI DEL VIVAISMO ITALIANO ED EUROPEO
ITALIA
130 milioni circa le barbatelle innestate e selvatiche, di cui:
120 milioni le barbatelle innestate
12 milioni le barbatelle selvatiche
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EUROPA
358,1 milioni le barbatelle innestate e selvatiche, di cui:
333,5 milioni le barbatelle innestate
24,6 milioni le barbatelle selvatiche
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▪Campagna vivaistica 2008-2009.
L’Italia è il primo Paese produttore mondiale di barbatelle. La quota delle barbatelle innestate è in netto aumento a scapito delle selvatiche, tant’è che nella campagna 2008-09 abbiamo superato i 105 milioni prodotti dalla Francia.
Dall’aumento della richiesta di barbatelle di Chardonnay, Sauvignon e Glera sembra che stia tornando il «turno» dei vini bianchi
4746/2010 • L’Informatore Agrario
SPECIALE IMPIANTO VIGNETO
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GRAFICO 1 - Italia: produzione di barbatelle franche e innestate (certifi cate e standard) per varietà
Le produzioni vivaistiche anticipano, e in alcuni casi orientano, la domanda.
Considerando che le tendenze nella domanda di barbatelle dipingono il qua-dro della viticoltura da qui ai prossimi 20 anni, la situazione è diversa da quella che molti stavano prefi gurando, fatta di produzioni di qualità, di vini da vitigni autoctoni e/o minori, vista l’impossibili-tà di entrare in competizione con chi nel resto del mondo produce vini da vitigno a prezzi competitivi rispetto ai nostri.
Ma la realtà è sfaccettata e, probabil-mente, le due situazioni convivono.
Si torna ai bianchiQuello che è certo è che il cambiamen-
to del gusto dei consumatori sta spostan-
do la richiesta per i reimpianti sui vitigni bianchi a scapito dei rossi che andavano per la maggiore fi no a 6 anni fa.
Nella primavera scorsa Eugenio Sartori, direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo (VCR), sottolineava come nelle zone stori-che più dedite ai bianchi ci fosse un inte-resse sia verso vitigni autoctoni sia interna-zionali. Così la domanda di Chardonnay è un po’ aumentata rispetto al 2009, come è accaduto anche per Viogner e Sauvignon. Ad andare bene tra i bianchi autoctoni so-no, oltre a Glera per il Prosecco nel Nord-est, Vermentino, Catarratto e Grillo in Si-cilia, i Grechetti, mentre Fiano, Greco e Falanghina mantengono le posizioni.
Insomma, pare proprio che stia tor-
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Barbatelle certificate
Barbatelle standard
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GRAFICO 2 - Italia: produzione di barbatelle certifi cate e standard a confronto
I vivaisti sono orientati a produrre materiale certifi cato, mentre quello standard rappresenta una sorta di riserva a cui attingere in caso di un aumento della domanda imprevisto.
nando il «turno» dei bianchi, anche per-ché contemporaneamente i rossi vanno peggio. Uno dei motivi dello spostamen-to sta anche nell’orientamento dei con-sumi verso vini più leggeri e più facili, di gradazione inferiore. Dunque spazio ai vitigni bianchi e a quelli rossi in grado di esprimere vini meno «impegnativi», meno alcolici, ma comunque interessan-ti per struttura.
Lo scenario internazionale
La fl essione della domanda di barba-telle riguarda non solo l’Italia, ma tutti i Paesi viticoli, sia di vecchia sia di nuo-va viticoltura, in cui indistintamente i nuovi investimenti a vite sono diminuiti. Tra l’altro in Italia, Francia, ex Iugosla-via, Grecia il tasso di autofi nanziamen-to delle aziende vitivinicole è buono, ma non è così in altri Paesi, in cui si ricorre quasi esclusivamente al credito banca-rio e dove per l’acquisto del materiale di propagazione sempre più spesso vengo-no richieste dai vivaisti fi deiussioni quali garanzia del pagamento.
D’altra parte la spinta forte ai nuovi im-pianti data dai fi nanziamenti concessi dal-l’Unione Europea per la ristrutturazione viticola, che hanno coinvolto soprattutto i Paesi dell’Est di recente entrata nell’Ue, ma non solo, si è esaurita.
Clementina Palese
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Attualmente il vitigno Glera (nuovo nome del Prosecco) ricopre 20.000 ha
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