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La guerra dei poveri Liceo Polispecialistico “Gandhi”: Liceo Classico, Scientifico e delle Scienze Umane. A volte lo dimentichiamo, dimentichiamo che facciamo parte tutti di un unico liceo, ogni volta prevale la legge del “farsi i ca..i suoi” (una delle poche leggi che vengono rispettate ancora in Italia) e ogni volta ci si trova divisi contro problemi che dovreb- bero e sono problemi di tutti. Quando si sente parlare di cose che non si vedono con i propri occhi, che sono lontane, si pensa che quella cosa non c’è , non esiste o se esiste non ci tocca, come la guerra insomma, sappiamo che qual- cuno combatte per qualcosa da qualche parte: in poche parole non sappiamo niente! Ciò sta accadendo in questi mesi nel nostro “amato” liceo: sappiamo che c’è un qualche problema, ma se non ci tocca non ci interessa. Ancora dobbiamo capire che il problema tocca tutti, essendo noi un UNICO liceo. E così quando sen- tiamo parlare di altri indirizzi, di altre sedi non ce ne interessiamo, non ci importa se a via Aldo Moro scorre acqua mar- rone, se a via Torrente frequen- tano tre volte alla settimana o se la sede del Madrinato è stata chiusa, l’importante è che noi non abbiamo alcun problema. Purtroppo ora la solita legge non è più valida in quanto tutti abbiamo dei problemi, ormai ogni sede, ogni indirizzo, ogni profes- sore, ogni alunno ha qualcosa da lamentare. Invochiamo gli scioperi. Lo sciopero è una delle poche oc- casioni in cui noi studenti, come i lavoratori in generale, possiamo denunciare protestando per risol- vere (si spera) problemi che ci ri- guardano. Di fondo l’idea è buona. Come al solito, però , la disin- formazione dilaga. I motivi reali dello sciopero sono conosciuti solo da un’elitè di studenti, il resto sa zero! Ancora più spesso gli scioperi vengono indirizzati verso dirigenti che, ormai incapaci di ge- stire la situazione, prendono decisioni troppe volte avventate e senza riflessione e che quasi sempre non sono i veri inizia- tori del disagio. Per non parlare della solita divisione che avviene anche durante gli scioperi, al di là di chi è d’accordo o meno (per ora, fortunatamente, siamo ancora in un paese democratico), ma una divisione che tocca proprio i diversi indirizzi. Ma perché c’è questa divisione? Fuori scuola noi tutti non abbiamo amici delle Scienze Umane, dello Scientifico o del Classico? E allora, è davvero frutto dei ra- gazzi questa divisione? “Hey, Teacher, leave those kids alone!”. Con quest’arti- colo non ho voluto esporre i numerosi pro- blemi della scuola, non ho voluto fare un inutile elenco su cosa andrebbe cambiato o su di chi è la colpa, il mio intento è stato solo quello di dire a tutti voi ragazzi, pro- fessori, collaboratori, genitori che se l’unione fa la forza, di sicuro questa stu- pida divisione non ci aiuterà ad affrontare i problemi che ogni anno si fanno sempre più opprimenti. Tutti parlano di divisioni, per una volta distinguiamoci in bene e parliamo di unità! Lorenzo Girasole Direttore Responsabile > Editoriale pag. 1 > Incontri 2-3 > Sondaggi 4 > Salute 5 > Riflessioni 6 > Curiosità 7 > Stranezze 8 > Ricorrenze 9 > Recensioni 10-11 > Premi 12 > Riflessioni 13 > Cronaca 14 > Opinioni 15 > Progetti 16 Sommario Comitato di Redazione Direttore Editoriale - Dirigente Scolastico prof. Domenico Di Vincenzo Direttore Responsabile Lorenzo Girasole Vicedirettore Vincenzo Amato Redattore Capo Emilia Lago Fotoreporter Gianluca Pelella Redattori - Gli Alunni del Liceo Polispecialistico Statale "Gandhi" di Casoria (Na) Coordinatore Prof. Antonio D'Addio e-mail: [email protected] Murales via A. Torrente, 62 - 80026 Casoria (Na) Tel/Fax: 08119579757 www.liceogandhi.it - [email protected] Stampa: EDITRICE CERBONE - 0818354357 GERENZA Giornale di attualità, musica, teatro, cronaca e costume - a cura del Liceo Gandhi Anno XIII n. 3 - dicembre 2010 E E D D I I T T O O R R I I A A L L E E

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La guerra dei poveriLiceo Polispecialistico “Gandhi”: Liceo

Classico, Scientifico e delle Scienze Umane.A volte lo dimentichiamo, dimentichiamoche facciamo parte tutti di un unico liceo,ogni volta prevale la legge del “farsi i ca..isuoi” (una delle poche leggi che vengonorispettate ancora in Italia) e ogni volta cisi trova divisi contro problemi che dovreb-bero e sono problemi di tutti.

Quando si sente parlare di cose chenon si vedono con i propri occhi, che sonolontane, si pensa che quella cosa non c’è ,non esiste o se esiste non ci tocca, comela guerra insomma, sappiamo che qual-cuno combatte per qualcosa da qualcheparte: in poche parole non sappiamoniente! Ciò sta accadendo in questi mesinel nostro “amato” liceo: sappiamo chec’è un qualche problema, ma se non citocca non ci interessa. Ancora dobbiamocapire che il problema tocca tutti, essendonoi un UNICO liceo. E così quando sen-tiamo parlare di altri indirizzi, di altre sedinon ce ne interessiamo, non ci importa se

a via Aldo Moro scorre acqua mar-rone, se a via Torrente frequen-tano tre volte alla settimana o sela sede del Madrinato è statachiusa, l’importante è che noi nonabbiamo alcun problema.

Purtroppo ora la solita leggenon è più valida in quanto tuttiabbiamo dei problemi, ormai ognisede, ogni indirizzo, ogni profes-sore, ogni alunno ha qualcosa dalamentare. Invochiamo gli scioperi.Lo sciopero è una delle poche oc-casioni in cui noi studenti, come ilavoratori in generale, possiamodenunciare protestando per risol-vere (si spera) problemi che ci ri-guardano. Di fondo l’idea èbuona.

Come al solito, però , la disin-formazione dilaga. I motivi realidello sciopero sono conosciutisolo da un’elitè di studenti, il restosa zero! Ancora più spesso gliscioperi vengono indirizzati versodirigenti che, ormai incapaci di ge-stire la situazione, prendono decisionitroppe volte avventate e senza riflessionee che quasi sempre non sono i veri inizia-tori del disagio. Per non parlare della solitadivisione che avviene anche durante gliscioperi, al di là di chi è d’accordo o meno(per ora, fortunatamente, siamo ancora inun paese democratico), ma una divisioneche tocca proprio i diversi indirizzi.

Ma perché c’è questa divisione? Fuoriscuola noi tutti non abbiamo amici delleScienze Umane, dello Scientifico o delClassico? E allora, è davvero frutto dei ra-gazzi questa divisione? “Hey, Teacher,leave those kids alone!”. Con quest’arti-colo non ho voluto esporre i numerosi pro-blemi della scuola, non ho voluto fare uninutile elenco su cosa andrebbe cambiatoo su di chi è la colpa, il mio intento è statosolo quello di dire a tutti voi ragazzi, pro-fessori, collaboratori, genitori che sel’unione fa la forza, di sicuro questa stu-pida divisione non ci aiuterà ad affrontarei problemi che ogni anno si fanno semprepiù opprimenti.

Tutti parlano di divisioni, per una voltadistinguiamoci in bene e parliamo di unità!

Lorenzo GirasoleDirettore Responsabile

> Editoriale pag. 1> Incontri 2-3> Sondaggi 4> Salute 5> Riflessioni 6> Curiosità 7> Stranezze 8> Ricorrenze 9> Recensioni 10-11> Premi 12> Riflessioni 13> Cronaca 14> Opinioni 15> Progetti 16

SommarioComitato di RedazioneDirettore Editoriale - Dirigente Scolastico

prof. Domenico Di Vincenzo

Direttore ResponsabileLorenzo Girasole

VicedirettoreVincenzo Amato

Redattore CapoEmilia Lago

FotoreporterGianluca Pelella

Redattori - Gli Alunni del Liceo Polispecialistico Statale "Gandhi" di Casoria (Na)

CoordinatoreProf. Antonio D'Addio

e-mail: [email protected]

Murales via A. Torrente, 62 - 80026 Casoria (Na)Tel/Fax: 08119579757

www.liceogandhi.it - [email protected]: EDITRICE CERBONE - 0818354357

GERENZA

Giornale di attualità, musica, teatro, cronaca e costume - a cura del Liceo Gandhi Anno XIII n. 3 - dicembre 2010

EEDDIITTOORRIIAALLEE

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2Incontri

Noi studenti del Liceo“Gandhi” abbiamoavuto la possibilità diincontrare il PresidenteEmerito della Repub-blica Italiana, OscarLuigi Scalfaro. L’evento

si è svolto presso la palestra del LiceoScientifico “Brunelleschi” di Afragola in oc-casione della manifestazione conclusiva delpercorso socio-educativo “Vivere la Costi-tuzione…se non ora, quando?”, promossodal Centro Culturale “Insieme”. Padrone dicasa il Dirigente Scolastico Pasquale Lauri,che ha parlato dei valori della Costituzione

in un periodo in cui questi sono stati moltodiscussi da una società che vorrebbe cam-biarli, e che, rivolgendosi al Presidente Scal-faro, ha proposto di aggiungere all’articolo33 della Costituzione Italiana (l’arte e lascienza sono libere e libero ne è l’insegna-mento) poche parole molto significative:“Si educa con l’esempio”.

La parola è passata, poi, al prof. GuidoD’Agostino, Presidente dell’Istituto Cam-pano per la Storia della Resistenza, il qualeha cominciato con il chiarire alcuni concettibase della Costituzione. Si definisce, infatti,la Costituzione Italiana come un compro-messo tra le tre correnti prin-cipali del tempo in cui è stataideata: il cattolicesimo, ilmarxismo e il liberalismo.Tuttavia il termine “compro-messo” si presta spesso evolentieri a fraintendimenti,proprio perché la società mo-derna vede il compromesso

come un “do ut des”, ovvero uno scambiodi favori, una trattativa in cui l’uno con-cede qualcosa all’altro affinché si facciavalere ciò per cui egli lotta. Invece nel casodella Costituzione, il termine sta ad indi-care gli ideali comuni alle tre correnti rac-colti in un unico testo. Un altro concettoda definire è, appunto, quello che vede laCostituzione come “casa” degli italiani. In-fatti il termine andrebbe sostituito con“spazio”, poiché il termine “casa” indicacomunque un qualcosa di circoscritto e li-mitato, mentre invece la Costituzione nonha confini, proprio perché chi l’ha ideataha pensato sia alle generazioni presentiche a quelle future. Il prof. D’Agostino haconcluso il suo intervento definendo la Co-stituzione Italiana come la “Bussola dellenostre coscienze”, ovvero lo strumento che

deve guidare le nostre scelte giorno pergiorno. Subito dopo si sono susseguite lepresentazioni dei lavori delle scuole chehanno partecipato al progetto, come laScuola Elementare “Europa Unita”, laScuola Media “Nosengo”, la Scuola Media“Rocco” e il Liceo Polispecialistico “Gan-dhi”, che hanno rappresentato, con letture

di testi significativi, e con cantie danze, la loro interpretazionevivace e moderna dei diritti piùimportanti che imparano adamare e a difendere. In partico-lare uno dei lavori più apprezzatiè stato il video illustrativo acommento della poesia “Consi-dero valore” di Erri De Luca, pre-sentato dagli alunni della I B delLiceo Classico “Gandhi”. Un dvdcon questo filmato è stato do-nato al Presidente, che ha mo-

strato di apprezzare molto, insieme acopie del giornalino Murales.

Ad intervallare i momenti di spetta-colo e di riflessione è intervenuto il prof.Carlo Amirante, Docente di Diritto Costi-tuzionale presso l’Università Federico II diNapoli, che ha posto l’accento soprat-tutto sugli ideali di uguaglianza della Co-stituzione, sostenendo che essa puòessere ancora definita una delle miglioridel mondo, poiché risponde alle esigenzedi tutti i suoi cittadini.

Ha concluso il suo intervento affer-mando che l’attuale situazione molto cri-tica dell’Italia non è tuttavia da attribuirealla Carta Costituzionale, bensì al governoattualmente incaricato di mettere in atto isuoi dogmi. I successivi lavori presentatihanno visto protagonisti gli alunni dellaScuola Media “Ciaramella”, quelli del I°

Oscar Luigi Scalfaro incontra gli studentiLa Costituzione non

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Circolo Didattico “Marconi” e quelli della“squadra di casa” del Liceo Scientifico“Brunelleschi”, che hanno rappresentatouna bellissima coreografia sulle note ver-diane di “Va Pensiero”.

Prima di consegnare idovuti riconoscimenti alleIstituzioni Scolastiche par-tecipanti al Progetto e agliautori dei migliori lavoripresentati per il Concorso“Dipingi la Costituzione”,ha preso la parola il nostroospite d’onore, il Presi-dente Emerito della Re-pubblica Oscar LuigiScalfaro, una delle personalità più impor-tanti della storia della politica italiana, che,forse, i giovani di oggi non conoscono eche è bene presentare. Scalfaro nasce aNovara il 9 settembre 1918, la sua for-mazione adolescenziale si compie all’in-terno dei circuiti educativi, in particolare inseno all’Azione Cattolica.

Da Novara, dove aveva conseguito lamaturità classica si sposta a Milano percompletare gli studi presso la Facoltà di

Giurisprudenza dell’Università Cattolicadel Sacro Cuore. Laureatosi nel giugno1941, nell’ottobre dell’anno successivoentra in magistratura e contemporanea-

mente si impegna nella lottaclandestina, prestando aiutoagli antifascisti carcerati eperseguitati e alle lorofamiglie. Ad allontanarlo de-finitivamente dalla carriera inmagistratura contribuiranno ilsenso di responsabilità neiriguardi del futuro del Paese ele sollecitazioni della gerarchiaecclesiastica ad aderire e adare il proprio sostegno all’at-

tività del neonato partito della DemocraziaCristiana. Alle elezioni del 2 giugno 1946per l’Assemblea Costituente, il giovanemagistrato Scalfaro si presenta comecapolista per la Democrazia Cristiana. Saràl’inizio di una lunga e prestigiosa carrierapolitica e istituzionale, nel corso dellaquale sarà costantemente riconfermato aMontecitorio per undici legislature. Il 25maggio del 1992, è eletto Presidentedella Repubblica Italiana. Nel corso del suo

mandato presidenziale affronta una dellestagioni più difficili e controverse dell’Italiarepubblicana, segnata da una duplice crisi:quella economica e quella di natura etica,legata al crescente discredito della classepolitica, sotto i colpi dello scandalo di Tan-gentopoli e dei conseguenti procedimentidella magistratura. Tenne a battesimo bensei governi ed il suo mandato si concluse il15 maggio 1999.

La manifestazione è terminata con undiscorso del Presidente che ha raccontatovari episodi della sua giovinezza a scuola ealcuni momenti significativi da lui vissutidurante i lavori della Costituente.

Salutando i ragazzi presenti li ha ringra-ziati della loro partecipazione attenta, eanche dell’impegno e dell’ energia gioiosacon cui hanno affrontato tematiche cosìserie: “ciò mi ha insegnato, ha detto, chela Costituzione serve proprio a tutti”.

Con il suo intervento Scalfaro ha esal-tato il valore della Costituzione Italiana, hasottolineato i principi di libertà e fraternitàe ci ha ricordato quanto questa Carta siaancora attuale e quanto oggi ha bisognodi essere quotidianamente vissuta. Alloranon ci resta altro che dire: Ad maiora Co-stituzione Italiana!! In conclusione al Diri-gente Scolastico del Liceo “Gandhi”, prof.Vincenzo di Domenico, è stata consegnatauna targa ricordo in riconoscimento del-l’impegno profuso dai suoi studenti.

Vincenzo Amato - IB LC

3Incontri

si cancella

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4Sondaggi

Iragazzi di oggi sono romantici?Questa è la domanda rivolta ad ungruppo di sedici alunni del Liceodelle Scienze Sociali che ha così ri-sposto: tre hanno dato una rispo-sta negativa, mentre gli altri tredici

ne hanno data una positiva. Tra i motivi delno ne prevale uno: i ragazzi non cono-scono il vero significato di questa parola,ma pensano che il romanticismo sia quelloproposto nei film sdolcinati di FedericoMoccia o di quelli tipo “Twilight” oppurequello dei link su Facebook, dove basta unsemplice tag per dimostrare i propri senti-menti o, peggio ancora, c’è chi pensa cheper essere romantico basta esporre davanticasa o scuola una scritta con una frasescontata e banale.

Sono questi i gesti che si attribuisconoal romanticismo? O questi non sono altroche semplici mode e tentativi di massifi-cazione?

Non si può negare che la società dioggi sia materialista e superficiale edanche il valore che si attribuisce a deter-minati beni assume un aspetto rilevantenelle relazioni, infatti le ragazze cercano il“tipo” con la macchina o il motorino chele possa portare nei locali e riempirle di re-gali, mentre i ragazzi cercano la “tipa” damostrare agli amici e di cui potersi vantareed accettano persino di essere “sfruttati”dalle ragazze perché hanno un secondofine, cioè farci sesso. Anche un sondag-gio effettuato da un’ Università canadeseafferma che i ragazzi di oggi sono meno

inclini a compiere gesti romantici rispettoai loro genitori. Altrettanto valide sono leprove di chi pensa che i ragazzi siano ro-mantici: un sondaggio effettuato da un’Università statunitense ha evidenziato chesu un campione di 100 persone l’ 80% di-chiara di essere romantico e di intrapren-dere una relazione perché veramenteinteressato, mentre il 20% dichiara di nonessere romantico e di iniziare una rela-zione solo per finalità sessuali.

Siccome la nostra è una società in cuitutti si conformano alla massa, dimostrarei propri sentimenti ed essere romantici po-trebbero essere presi come un segni di de-bolezza, i ragazzi potrebbero nascondereil loro vero carattere e il lato romantico pernon essere giudicati dai coetanei troppo“teneri e sentimentali”. Inoltre non tuttele ragazze sono materialiste e non tutti iragazzi superficiali, quindi quando inizianoun rapporto ritengono più importanti lequalità morali e sentimentali rispetto alportafoglio pieno o alla macchina.

Su questa questione non c’è una rispo-sta assoluta da poter dare, perché ognunodi noi ha un proprio vissuto con delle espe-rienze diverse su cui basarsi, ma in una so-cietà frenetica ed egoista come la nostra,un sano e giusto romanticismo non gua-sterebbe, anzi sarebbe lo strumento mi-gliore per smussare dei caratteri troppoforti e violenti e per vivere tutti in modopiù sereno e tranquillo!

Sara Avola - 4C LSS

Adolescenti e Romanticismo

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5Salute

Food is fashion and health: èquesto il messaggio che ècircolato a Milano durante lasettimana della moda. Le“Sentinelle della salute”, ungruppo composto da nove

donne (Scilla e Fabrizia Ruffo di Calabria,Isabella Gaetani d’Aragona, Marta Ferri,Carolina Salvati, Laura Lombardi, RaffaellaGenghini, Barbara Insom e Rossana Cicca-rone, capitanate dalla madrina GabriellaDompé ) scelte dall’ assessore alla Salutedel comune di Milano, Giampaolo Landi diChiavenna, al fine di monitorare le ragazzein passerella, hanno già denunciato quat-tro casi di modelle palesemente anoressi-che: “Possiamo solo dire che se le altreerano magre, quelle quattro erano la metà.E tutte sembravano proprio emaciate esofferenti” hanno spiegato. Per questomotivo il Comune di Milano ha deciso diimpegnarsi in una vera e propria lotta con-tro l’anoressia promuovendo una campa-gna che prevede la distribuzione di ben5.000 “Food is Fashion and Health Bag”,delle borse che contengono un kit gastro-nomico salutare: quattro mele Marlene,una bottiglia d’acqua Ferrarelle, un succod’ananas Pago, tre confezioni (nei gusti: de-ciso, classico, con cereali) di Grok, il nuovosnack 100% Grana Padano croccante ecotto al forno, una confezione di mini crac-kers Panfibre Vitavigor e due snack biolo-gici Alce Nero, prodotti di alta qualitàprovenienti da alcune tra le migliori aziendepresenti nel mercato italiano insieme ad unopuscolo con tanti buoni consigli da se-guire per una sana e corretta alimentazionea cura del Prof. Michele Carruba, Docentedi Farmacologia presso l’Università Stataledi Milano.”Mangiare sano deve diventareglamour, non solo durante la settimanadella moda ma sempre e per i cittadini ditutte le età - ha commentato l’assessore -, è necessario, quindi, favorire le iniziativeche promuovano la cultura dell’alimenta-zione sana, tipica del made in Italy, lostesso che sfila in passerella”.

In effetti i casi di disturbi alimentari piùo meno gravi, quali anoressia e bulimia,soprattutto nei paesi industrializzati, con-tinuano a divagare destando grande pre-occupazione generale. Inoltre, potremmocitare centinaia di esempi in cui stilisti ecase di moda, di certo, non aiutano a com-

battere questo fenomeno, anzi! Ci sonostati diversi casi allucinanti: una notizia tra-pelata dal Daily News è una di quelle chefa rabbrividire. Lo stilista Ralph Lauren halicenziato la famosa modella Filippa Ha-milton, ritenuta “troppo grassa” per la suanuova collezione. Ricordiamo che le misuredella modella sono un metro e settanta-sette per cinquantaquattro chili. Ovvia-mente la casa di moda nega, ma è statapubblicata una foto della ragazza, ritoc-

cata dal programma photoshop per ren-derla magrissima, addirittura deforme!Discordanti i pareri degli stilisti. RaffaellaCuriel si è lamentata per l’eccessiva ma-grezza delle modelle, ha dichiarato che sipresentavano ragazze inferiori alla taglia40, con misure anormali e per questo neha licenziate parecchie. Ma non è dellostesso pensiero Lorenzo Riva, che ha detto:“Io ho ingaggiato le modelle scartate dallaCuriel. Non si possono mettere donne

tonde sulla passerella dell’alta moda. Lemodelle sono magre per natura [..]”. E’scesa in campo anche Alexandra Shulman,direttrice della versione britannica della fa-mosissima rivista Vogue, la quale, scrivendouna lettera di protesta rivolta ai più famosifashion designer, per la prima volta, rivelache le riviste di moda utilizzano il fotoritoccoper far sembrare le modelle più grasse an-ziché più magre. A computer si riempionole guancia infossate, si irrobustiscono lespalle, si “rivestono” le ossa dello sterno, siammorbidiscono gambe e braccia. Questalettera, inviata ai maggiori stilisti, daDolce&Gabbana a Versace, da John Gal-liano a Chanel, da Christian Dior a Prada,non doveva essere pubblicata, ma qualcunol’ha passata al Times che vi ha dedicato duepagine. La Shulman scrive ancora: “ Con itempi che corrono, la gente vuole vederedonne dal look più rassicurante”. E se le toptaglia zero smettono di piacere a codestipersonaggi, potrebbe esserci una svolta neicanoni della bellezza femminile.

Una svolta che, forse, sta iniziando giàda adesso. Infatti, quasi come risvolto dellamedaglia, troviamo come fotomodella piùricercata e pagata del mondo, CrystelRenn, donna con forme generose e abbon-

danti. Nulla a che vedere con la maggiorparte delle sue colleghe che sfilano sullapasserella. Lei, anche con qualche segnodi cellulite ha soppiantato le fotomodellepiù richieste: piace più di Naomi Campbell,Kate Moss e di tante altre “top model”grissino. Insomma, speriamo che la Rennriesca a far ricredere anche gli stilisti piùscettici, dando inizio ad una nuova era, incui il motto sia “Food is fashion!”.

Emilia Lago - I B LC

Mangiare sano è salutare

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6Riflessioni

Mi è capitato di visitare,non molto tempo fa, ilMuseo metropolitanodi Napoli che ha sedein un’ala sotterraneadel Museo Archeolo-

gico e che è stato inaugurato il 22 marzodel 2005. Da Casoria, per chi non ha lamacchina, è facilmente raggiungibile con iltreno e la metropolitana, è gratuito, è sem-pre aperto e a disposizione per tutti coloroche sono appassionati o semplicemente in-curiositi dai ritrovamenti della nostra splen-dida Neapolis. Il Museo ospita, in un unicoampio ambiente, numerosi reperti storicirinvenuti nei diversi cantieri aperti per lacostruzione della Linea 1 della metropoli-tana. Gli oggetti più antichi sono all’en-trata: statue, elementi architettonici evasellame di vario tipo e di varie epoche.

Ciò che mi ha sorpreso di più durantela mia visita è stato il calco di un campoarato del neolitico, i solchi sono rimastistraordinariamente intatti sul terreno acausa delle ceneri dell’eruzione di un vul-cano nei Campi Flegrei che hanno conser-vato le tracce del lavoro agricolo fino adoggi. Ho potuto anche osservare una rico-struzione in miniatura di alcune imbarca-zioni di legno di età greco-romana, cosìcome furono ritrovate durante i lavori: sierano inabissate poiché non più riparate e

lasciate in balia del mare. Girando perl’enorme sala ho notato tre lastre in pietrariguardanti le Isolimpiadi (Le Olimpiadidella Magna Grecia) datate alla fine del Isec. d. C. La prima lastra conserva anchel’anno di svolgimento delle gare, il 94 d. C.e i nomi degli agonoteti (presidenti ed or-ganizzatori dei giochi); la seconda registrai vincitori nei giochi ginnici, ma la partico-larità è la gara femminile che si aggiungevaa quella già nota, riservata alle ragazze del-l’elite locale, dall’incisione risulta che nel

154 d. C. fu vinta da Seia Spes; nella terzalastra, tra gli autori di elogi in prosa e inversi, spicca il nome dell’imperatore Domi-ziano, che partecipò alla gara con un enco-mio a Tito. Sono rimasta colpita pure dauna fistula in piombo d’età post romana (VI– VII secolo d. C.) ritrovata nel cantiere aPiazza Municipio, l’iscrizione indicava il re-stauro dell’acquedotto del Serino. Giun-gendo alla fine della sala vi sono iritrovamenti medievali: interessanti maioli-che del XV secolo dipinte a mano con mo-tivi paesaggistici o floreali, dove predominail pigmento blu. Infine ritengo da non per-dere la ricostruzione della fontana rinve-nuta a piazza Nicola Amore, datata XIIIsecolo, esempio della grande architetturaed ingegneria napoletana. Tante le epocheattestate: la preistoria, la città greca, dove

sono stati scoperti vasellame, la città ro-mana, dove sono stati posizionati resti ar-chitettonici (Capitello corinzio, tracce dicolonne e trabeazioni e una scultura orna-mentale) di una zona sotto Piazza Bovio etre modelli in scala delle galere trovate inPiazza Municipio, la città bizantina, medie-vale mentre l’ultima città è quella spagnoladal XV secolo al XVII secolo che descrive lemutazioni urbanistiche e le tracce di fon-damenta delle demolizioni avvenute lungoil tratto di via Toledo durante il periodo fa-scista. Nelle foto: cocci di anfore e il mo-dello di una nave.

Maria Pia Cirella - II B LC

La maggior parte dei nostri scambicomunicativi è controllata dai massmedia, che favoriscono la circola-

zione delle idee e delle informazioni inuna società di massa, ormai sorda. Lacausa di tutto ciò può essere rintracciataproprio nella comunicazione esagerata.L’ obiettivo attuale sembra non esserepiù ascoltare per capire, maparlare per essere al centrodelle attenzioni, per sentirsipartecipi senza neancheavere le idee chiare sull’ ar-gomento considerato, l’im-portante è parlare, parlareanche se, spesso, a spropo-sito. La società dell’appa-rire, purtroppo, ci staportando ad una regressione sempre piùcrescente. Destinatario di questa mia cri-tica è senza dubbio il talk show, apparsoin Italia per la prima volta nel 1977quando Maurizio Costanzo ideò e con-dusse “Bontà loro”. Esso deve la sua for-tuna alla sua natura, così diversa daquella dei varietà tradizionali, bassi costidi realizzazione e la possibilità di presen-tare, di volta in volta, personaggi e storiediverse. Le nostre orecchie si stannoormai abituando alle tante urla che li ca-ratterizzano. Si parla, si piange, si stre-pita, ma non si ascolta! Non si ha piùrispetto per chi inizia a parlare, si sen-

tono le frasi iniziali del discorso, ma poil’egocentrismo, la voglia di essere al cen-tro del dibattito rende tutti, ospiti e non,preda della prevaricazione rendendolidei semplici burattini, sembrano degli in-vasati che iniziano a blaterare senzaascoltare gli altri, ma anzi, urlando, li co-prono con la loro stessa voce. Il risultato

è un caos totale. Il fulcro dellatrasmissione diventa la “pa-rola”, che viene data ancheal pubblico, non più passivo,ma parte integrante del pro-gramma. Questo, desiderosodi ottenere notorietà, seppurper pochi secondi, rende lapropria vita spettacolo. Agliaspetti negativi, però, ne cor-

rispondono altrettanti positivi. Grazie aitalk show argomenti d’attualità, in pas-sato tenuti all’oscuro, sono stati divul-gati: omosessualità, tossicodipendenza,prostituzione, alcolismo, anoressia…. At-tualmente si usano i talk anche per fareouting, così il loro compito diventaquello di abbattere i pregiudizi. La diver-sità, malvista dalla massa, cede il postoalla curiosità, curiosità nell’ ascoltarestorie di vita diverse dalle proprie e stu-pore nel non provare indignazione. Lamia considerazione finale è questa:meno parole e più fatti!

Carmela Maiello - V C LSS

La Stazione Neapolis

Troppe parole in libertà…

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7Curiosità

Èstato davvero interessante re-digere quest’articolo, il cuitema è stata una ricerca deiproverbi che la lingua inglesee il dialetto napoletanohanno in comune. I proverbi,

come è noto a tutti, sono massimein cui sono riportati giudizio consigli, spesso anche informa metaforica, dettatidall’esperienza comune.L’idea, quindi, è tanto sem-plice quanto originale: met-tere a confronto lasaggezza popolare parte-nopea, quella a noi tantocara, e quella anglosas-sone. Due mondi comple-

tamente diversi all’apparenza, ma che inrealtà, come quest’articolo dimostra,hanno molto in comune: quelle virtù,quelle situazioni, quelle riflessioni comunia tutta l’umanità.

Sfruttando la lingua italiana come tra-mite, ho trovato su alcuni sitiinternet i principali proverbi

appartenenti ai due idiomie gli annessi significati; liho analizzati, confrontatied ho scelto, infine, quelliche - in una lingua o

nell’altra - esprimono lestesse idee. Sperando che

possano attirare il vo-stro interesse, vi auguro

una buona lettura.

Don’t look a gift-horse in the mouth.A cavallo rialàto nun se guarda ‘mmòcca.

Easier said than done.A dicere so’ tutte capace, ‘o difficile è a ‘ffà.

That’ll be the day, when the cows comehome.Campa, cavallo, ca l’evera cresce.

Barking dogs seldom bite.Cane ch’abbaia, nun mozzeca.

A trouble shared, is a trouble halved.Guajo ‘ncomune, meza allerezza.

Slow and steady wins the race.Va’ chiano, ca vaco ‘e pressa dicette Munzignore a ‘o cucchiere.

A little kitchen makes a large house.‘A cucina piccerella fa ‘a casa granne.

A man’s home is his castle.Ognuno è ricco ‘a casa soja.

A word to the wise is sufficient.A buono ‘ntennitòre poche parole.

Everyone has to learn.Nisciuno è nato ‘mparato.

The grass is always greener on the otherside of the fence.‘A mugliera ‘e ll’ate è sempe ‘cchiù bella.

There is none so deaf as those who willnot hear.‘O peggio surdo è chillo ca nun vò sèntere.

Strike while the iron is hot.Vatte ‘o fierro quann’è cauro.

Well begun is half done.D’’a matina se canosce ‘o buono juorno.

You can’t be too careful.Va’ chiano, mierulo, ca ‘a via è petrosa.

Roberto Rocco - IV B LC

Ci sono posti dove vai una volta e tibasta, e poi…c’è Napoli”: questala travolgente dichiarazione

d’amore per la nostra città e la nostramusica firmata John Turturro, il registaitaloamericano che ha girato “Passione”,un docufilm sulla nostra cultura canora.Con lo slancio di un ragazzino ha giratonei vicoli e nei quartieri della città immor-talando le più belle della tradizione clas-sica napoletana riviste con arrangiamentimoderni ed internazionali.

La trama del film è la musica made inNaples, gli artisticambiano in conti-nuazione, a volteritornano, ma sem-pre in ambienta-zioni diverse, neimeandri più belli epopolari della no-stra coinvolgentecittà. Si passa dalsound rabbiosodegli Spakka-Nea-polis 55 alla strug-gente voce dellaportoghese Misia,dalla veracità diPietra Montecor-vino alla voce maghrebina di M’BarkaBen Taleb. E poi gli Avion Travel, PeppeServillo, Sergio Bruni, Angela Luce, Mas-simo Ranieri, Lina Sastri, Raiz, Enzo Avi-tabile, Pino Daniele. Infine i bravissimiFiorello, che all’interno della Solfataracanta e balla “Caravan Petrolo” e PeppeBarra con la sua scatenata TammurriataNera e la divertente Don Raffaè. Il viaggioinizia dal “Canto delle lavandaie del Vo-mero” del 1200 fino alla canzone con-temporanea che meglio sa raccontare lacittà, “Napul’è” di Pino Daniele. “Mi ri-tengo un privilegiato per aver girato que-sto film, ho potuto vedere di personequanto talento c’è a Napoli, tutto ilmondo invidia ai napoletani la vitalità ela solarità, c’è da imparare da voi comevanno affrontate le difficoltà.

Amo questa città e la sua gente, amola vostra filosofia di vita, mi ha colpitocon una freccia al cuore. Spero di essereriuscito a trasmettere lo spirito con cui hocostruito un affascinate viaggio raccon-tando le canzoni come se fossero uccelliche volano sulle case e sui quartieri” –ha affermato il regista. Distribuito in 30copie in Italia, la pellicola è stata vendutaanche in Francia, Giappone e Germania.

A cura della redazione

Una passione napoletanaProverbi

anglo-napoletani

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8Stranezze

Alzi la mano chi non ha al-meno una fobia, una repul-sione nei riguardi dideterminati oggetti, personeo situazioni, tesa all’estre-mizzazione e che spesso è

accompagnata da veri e propri malesseri,nausee, svenimenti. C’è chi ha paura deicani, chi degli insetti, chi del buio, chi deglispazi aperti .. Sulle fobie non si scherza. Masapevate dell’esistenza di fobie alquantobizzarre e stravaganti? In cima alla classificadi quelle più strambe, infatti, vi è una fobiadiffusa persino tra i maschietti più virili: lacalygynefobia, il terrore smisurato .. per lebelle donne! Più diffuse tra il sesso femmi-nile, invece, sono l’esioptrofobia, il terrore,talvolta ingiustificato, di specchiarsi e la ca-cofobia, il terrore della bruttezza. C’è, per-sino, chi prova repulsione verso se stesso edè soggetto, quindi, ad egofobia o ad ate-lofobia, essendo terrorizzato dall’imperfe-zione.

Fobia, poi, spesso appartenente allemadri più pignole è l’ataxofobia, la pauraanormale ed immotivata verso il disordine.Che dire, invece, della pendofobia? Que-sta fobia non esige spiegazioni, in quantoriguarda il terrore degli orologi a pendolo!.. E la dextrofobia?

Quest’ultima, udite udite, è la pauradegli oggetti alla destra del proprio corpo!Ancora, l’aerofobia è la paura di inghiot-tire aria. Ai più superstiziosi, invece, capiteràdi essere soggetti alla triscaidecafobia, lapaura del numero 13. Diffusa, invece, mag-

giormente tra gli studenti meno zelanti è latetrafobia, la paura del numero 4! Par-lando di un argomento più allettante, pas-siamo al cibo; eppure, c’è chi ne ha paura:la fagofobia è il terrore di mangiare o.. diessere mangiato! Ma c’è anche chi hapaura, in particolare, dei polli ed è soggettoalla stramba fobia chiamata alectrofobia.A chi, invece, ha subito, da bambino, parti-colari traumi, apparterranno paure quali lapupafobia, paura dei burattini, la pedio-fobia, paura delle bambole, o, ancora,clourofobia, paura dei clown. Non cre-dano di aver scampo i più religiosi, che po-trebbero essere soggetti ad agiofobia,terrore volto ai santi e alle cose sacre. Stra-namente diffusa, poi, è l’edonofobia, lapaura del piacere. I meno romantici, d’altrocanto, potrebbero facilmente soffrire di ga-mofobia, terrore del matrimonio, o, addi-rittura, c’è chi al matrimonio nemmeno cipensa poiché è soggetto a filofobia ed ha,quindi, paura di innamorarsi, o anche chi hapiù preferenze in amore e non è in grado didecidersi perché soggetto a decidofobia,paura di prendere decisioni. C’è anche chiè soggetto alla paura di fallire, la cainofo-bia, spesso correlata all’allodoxafobia, lapaura delle opinioni altrui; non ne sarà si-curamente soggetto chi soffre di ablutofo-bia, paura di lavarsi o bagnarsi.

Si tappi, ora, le orecchie chi soffre dihippopotomonstrosesquipedaliofo-bia, terrore per le parole lunghe, poiché esi-ste una fobia dal nome particolare cheprevede la paura d’essere dimenticati, igno-

rati o di dimenticare ed è individuata comeaìathazagorafobia.

Se avete letto questo articolo e sietesorpresi dalla quantità di fobie presenti (enon sono tutte!), ma soprattutto, avete ilterrore di esserne soggetti, non lasciateviprendere dalla fobofobia, la paura .. diavere paure! Infine, un consiglio spassio-nato a chi è soggetto a fobie simili e non èin grado di vincerle è quello di riconoscernele cause e di affrontarle, liberandosi dallapaura che annebbia la razionalità ed è in-gigantita dall’immaginazione.

E’ bene ricordare, infatti, che le fobienon sono altro che un fattore psicologico,che agisce sulla psiche del soggetto interes-sato e causa un forte senso di fragilità inte-riore, portando ad attacchi di panico chesono frutto della sola vulnerabilità mentale.Combattere contro questa forma estrema dipaura significa, dunque, privarla del potereche la nostra psiche le ha conferito, ma ciòsi può ottenere solo affrontandola in ma-niera del tutto razionale.

Marzia Luciano - Giuliana Vinci Cristina Faraone - 1B LC

A lezione di fobie

Il legame di Napoli con l’esoterismo èdavvero forte. Ne è testimonianza il suc-cesso con il quale è stato accolto il

nuovo libro di Annamaria Ghedina dal ti-tolo “Il ritorno del Principe di Sansevero ealtre strane storie paranormali neapoli-tane” con un intervento di Antonio D’Addio(Adriano Gallina Editore).

Sette storie, tutte ambientate a Napoli,tutte incentrate sul mondo dell’impalpabile,che hanno come comune denominatore ilparanormale e la magia. Il libro si inseriscenelle molteplici iniziative che si stanno com-piendo per celebrare e festeggiare i tre-cento anni dalla nascita di Raimondo deSangro, principe di San Severo. L’autrice haraccolto la testimonianza diretta di Mimì DeSimone, decano dei giornalisti della Campa-

nia, che ha avuto molteplici“contatti” con il principe eche negli anni Settanta si èreso promotore di un pro-cesso di riabilitazione delPrincipe. “Con queste parolevergate con calligrafia anticasu di una busta bianca in in-chiostro rosso bruno, è ini-ziata la più fantastica,incredibile avventura, ai con-fini con la realtà, della miavita” dice il soggetto del rac-conto cardine. Gli altri titolidei racconti sono: “Il quadromisterioso”, “La strana sto-ria sull’autobus M4”, “Terno secco”, “Co-baltina la janara” e “’O cellulare”, mentre

“Don Salvatore” è il titolo della storiascritta dal giornalista Antonio D’Addio. Illibro è stato presentato nel corso di una se-

rata che si è svolta nel chio-strino dell’Hotel “SanFrancesco al Monte”. Guidatida un tintinnio di catene, diporte che cigolano, di soffi divento improvvisi, di lampa-dine che si accendono e sispengono, di usci che sbat-tono, di rumor di passi e dilampadari che oscillanosiamo stati proiettati in un’at-mosfera surreale e sugge-stiva, che ha fatto da sfondoal convegno dal titolo “Fanta-smi in letteratura e Fantasmiin pittura” e che ha destatotanto interesse nelle persone

accorse numerose. Parte del ricavato dellibro andrà alla ricerca sul cancro.

Il ritorno del Principe di Sansevero

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9Ricorrenze

Campane della città in festa,lenzuoli bianchi all’esternodei balconi e fuochi d’artifi-cio hanno salutato la cano-nizzazione di madre GiuliaSalzano nel momento in cui

papa Benedetto XVI ne ufficializzava l’ele-vazione all’onore degli altari in piazza SanPietro a Roma. Tutto è iniziato il 13 otto-bre 1846 quando Madre Giulia Salzanovenne alla luce a Santa Maria Capua Ve-tere. All’età di diciannove anni si trasferì a

Casoria, dove ebbe un impiego come in-segnante nella scuola comunale, nel con-tempo si preoccupò subito di insegnare aipiccoli scolari anche le verità della fede, ra-dunandoli nel cortile della sua casa. Il 21novembre 1905, insieme a sette compa-gne, divenne suora e a loro, in brevetempo, si aggiunsero altre giovani: na-scono, così, le “Suore Catechiste del SacroCuore”, il cui fine principale è l’educazionereligiosa dei ragazzi. A 83 anni, poco prima di concludere il suocammino terreno, esaminò circa 100 bam-bini, preparati per la Prima Comunione, fe-dele fino all’ultimo al suo motto: “Faròcatechesi finché avrò un fil di vita”.Madre Giulia morì a Casoria il 17 Maggio1929. Il comune di Casoria ha avuto ildono di una donna esemplare, una mae-

stra che si è innalzata al di sopra di tutto,che è diventata santa e punto di riferi-mento per la sua fedeltà e onestà. Educa-trice e religiosa eccezionale, modello divirtù cristiane, Giulia è stata proclamatabeata da papa Giovanni Paolo II nel 2002,noi, ora, dopo 81 anni, stiamo festeg-giando la sua canonizzazione con tanteiniziative, convegni e manifestazioni. Moltobella la fiaccolata dello scorso 13 ottobre,quattro giorni prima della sua santifica-zione, a cui hanno partecipato moltescuole tra cui anche la nostra, autorità po-litiche, civili, militari e religiose, il sindacodi Casoria, Stefano Ferrara, e fiumi di per-sone e di fedeli.

Era presente pure Maria Grazia Pellic-cia, la donna che, nel 2005, in seguito adun tremendo incidente automobilistico av-venuto in autostrada, nei pressi di Avellino,fu miracolata grazie a “donna Giulietta”.Il suo cuore, dopo venti minuti di arrestocardiaco, riprese a battere, i medici defini-rono il fenomeno inspiegabile, lei confessòdi essere devota della suora casoriana. Allastessa viene attribuita pure la guarigionemiracolosa, nel 1993, di Stefania Milo, unabambina di dieci anni affetta da gravesepsi batterica e coagulazione intravasale,ricoverata al Cotugno.

Camminando sotto la piaggia, con i lu-mini accesi in mano, ci siamo fermati da-vanti all’abitazione della Beata Giulia, invia Cavour. Successivamente cantando epregando siamo arrivati nei pressi del Co-mune. La pioggia diventava sempre piùforte, ma noi alunni non ci siamo stancatiné lamentati perché abbiamo molta fede

in Madre Giulia. La tappa successiva èstata nei pressi di Via Pio XII, nel giardinodelle Suore Catechiste del Sacro Cuore. Lìera tutto pronto, c’erano luci, un piccolopalchetto e persino i fuochi d’artificio. Allapresenza degli intervenuti, la madre supe-riore è salita sul palchetto ed ha ringra-ziato chi aveva partecipato.

Alla fine, abbiamo cantato in coro lacanzone “Tu la voce del profeta”, intantoi nostri cuori, pieni di gioia, pensavano aquante belle e buone cose aveva fatto laBeata Giulia mentre i fuochi d’artificioscoppiavano nel cielo come segno di festae di gioia. Adesso la maestra santa sarà laprotettrice dei bambini e delle giovani ca-techiste.

E’ sicuramente un momento storicomolto importante per Casoria, che vantagià un santo, il patrono della città, Mauro,monaco benedettino, e due beati, Ludo-vico da Casoria, fondatore delle suore Eli-sabettine Bigie, beatificato nel 1993 dapapa Giovanni Paolo II, e suor Maria Cri-stina Brando, fondatrice delle Suore Vit-time Espiatrici di Gesù Sacramentato.

Stefania D’Auria

Madre Giulia, la maestra santa

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10Recensioni

Dividersi è da stupidi’’: af-ferma l’attore e presenta-tore Claudio Bisio inun’intervista in occasionedell’uscita del film, ‘’Ben-venuti al Sud’’ di Luca Mi-

niero, che tratta proprio del divario che daanni esiste tra Nord e Sud. Il film non solooffre un’ottima e divertente rappresenta-zione di ciò che avviene tra questi duemondi e del loro incontro, ma è anche uninno all’ Unità d’Italia e, allo stesso tempo,alle diversità e alle bellezze delle diversità.

Stufo di lavorare nell’ufficio postale diuna cittadina della Brianza fredda e neb-biosa, Alberto (Claudio Bisio), pressatodalla moglie Silvia, si finge invalido per es-

sere trasferito nella sua adorata Milano.Sfortunatamente la truffa viene scoperta,è inviato, per ‘’punizione’’, in un paesinodella Campania, il che per un cittadino delnord è una vera tragedia a causa dei pre-giudizi nei confronti del Sud d’Italia. Infattiuno degli attori protagonisti fa una battutaemblematica: “Vedi Napoli e poi muori, sì,perché o muori ammazzato o ti prendi ilcolera per le cose che ti fanno mangiare oti prendi il tifo per tutta l’immondizia chec’è in giro”. Influenzato, quindi, da ciò chegli amici dicono del sud, Alberto, indossail giubbotto antiproiettili e tutte le precau-zioni necessarie, come le trappole per topi,e si mette in viaggio, terrorizzato, ma unavolta arrivato Alberto scoprirà, con sua im-mensa sorpresa, un paesino bellissimo, po-polato da gente cordiale, ospitale,sorridente e solare, tanto da dover mentirealla moglie, diventata più affettuosa neisuoi confronti da quando lo crede nelpaese della camorra.

Le riprese sono state effettuate nel co-

mune di Castellabate (Sa), nelle frazioni diSan Marco e Santa Maria, nel borgo me-dievale di Castellabate e di altri luoghi delParco Nazionale del Cilento e Vallo diDiano. Il film, che è stato dedicato ad An-gelo Vassallo, sindaco cilentano assassi-nato per le sue battaglie per la legalità, vaoltre ogni tipo di pregiudizio, a partiredalla battaglia fra gorgonzola e mozzarelladi bufala, ci fa riflettere che tutte le discri-minazioni nascono dall’ignoranza, intesacome l’atto di ignorare le realtà diversedalla propria e l’unico modo per abbatterleè appunto la conoscenza reale, che puòavvenire attraverso l’incontro e lo scambiointerculturale tra mondi diversi.

Molto bravo il cast: Claudio Bisio eAlessandro Siani rappresentano benissimoi prototipi dell’uomo del Nord e del Sud,Nando Paone, Giacomo Rizzo, NunziaSchiano, Valentina Lodovini e Angela Fi-nocchiaro rendono la pellicola piacevole escorrevole. La pellicola, che è un remakedel film comico francese “Giù al Nord”, hasfatato luoghi comuni ed ha rivalutato lasensibilità, la solarità, la simpatia e la di-sponibilità dei napoletani. Bella anche lacolonna sonora che spazia da brani classicia pezzi neomelodici. Di recente il film havinto il prestigioso riconoscimento del Bi-glietto d’Oro per essere campione di in-cassi e sta riscuotendo successi egradimenti in tutta Italia.

Fabiana Pagano – Gessica MinopoliVC LSS

BENVENUTI AL SUD

Ipregiudizi e i preconcetti sono figlidell’ignoranza e nipoti della stupidità.Sono maestri che crescono e si ingi-

gantiscono nella mente degli individuipredisposti a queste malattie incurabili edifficilmente guaribili”, così commentaJean Paul Malfatti nel “Il divario tra Norde Sud”. Per affrontare il tema di questadivisione bisogna, in primo luogo, abban-donare questi pregiudizi, che derivanosoprattutto dalla mancata conoscenza diciò che è diverso ed ancora oggi nonsono stati superati, anzi, sono aumentatigli atteggiamenti di intolleranza e discri-minazione a partire dall’inferiorità raz-ziale fino ad una subalternità culturale.A dimostrarlo sono le continue espe-rienze quotidiane.

Basti pensare ai casi di violenza, sem-

pre più frequenti nei confronti di personedi diversa nazionalità e alle forme di raz-zismo e di intolleranza nei confronti dichi è diverso da noi. Per non parlare deipregiudizi che i “polentoni” hanno dei“terroni”. Infatti, da anni i meridionali vi-vono di continue discriminazioni da partedei settentrionali, considerati poco inclinial sacrificio e al lavoro, facilmente corrut-tibili e soprattutto poco rispettosi dellalegge. Stereotipi che settentrionali e me-ridionali nutrono reciprocamente e che sisuperano quando questi mondi diversientrano in contatto per conoscersi. Soloallora si capisce che non esistono diffe-renze e divergenze ma, al di là della con-notazione geografica, siamo tutti ugualie di pari dignità.

Grazia Cangaro - VC LSS

Divario tra Nord e Sud

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11Recensioni

La luce alla fine di un tunnelbuio e lungo, una gioia sem-plice, la gioia di una partita apallone fatta per strada, da pic-coli”. Così Roberto Saviano, ilgiornalista che vive sotto scorta

dal 2006, parla di “Santos” il suo nuovoracconto di camorra. Come già accadutoper Gomorra, la Compagnia degli Ipocritiha tratto da questo racconto una rappre-sentazione teatrale, con la regia di MarioGelardi, autore dell’adattamento insieme aGiuseppe Miale di Mauro.

“E’ un racconto di Roberto Saviano”,sarebbe la risposta ovvia, ma sbagliata. “Santos” è qualcosa di più, Roberto Sa-viano è qualcosa di più di un semplice scrit-tore, non è poeta, non oratore opredicatore, non filosofo, non demagogo,non uomo di Stato né di strada, ma scul-tore, e tutti sanno che è lo scultore che conmani e scalpello libera dal duro e freddomarmo delle costrizioni sociali la vera es-senza della vita, dell’io, dell’animo.

Immaginatelo intento a lavorare unaprima parte della sua opera (Santos): Diego.La testa dell’artista è inclinata, gli occhisocchiusi, le palpebre tremolano, i piedidritti, rigidi, le ginocchia sollevate lieve-mente, il petto gonfio, le mani prosciolte, èdifficile da scolpire Diego, è difficile dascolpire l’intera opera.

Alla fine ci riesce: Diego è uno di queiquattro ragazzi che vengono assoldaticome vedette dalla camorra, il loro compitoè semplice: giocare a calcio e avvertire sec’è qualcuno di sospetto. Saviano raccontala storia di quattro ragazzini assoldati comevedette della camorra: il loro compito èquello di giocare a calcetto in una piazzaed avvisare quando arriva la polizia o qual-cuno di sospetto. “Santos” è stato scrittopensando ai ragazzini della città in cui vi-veva l’autore che giocano a calcio in strada,nei quartieri più disagiati e che spesso nonguardano al futuro con ottimismo. In que-sto racconto, però, c’è qualcosa di diverso,i ragazzi provano a realizzare il loro sogno,a inseguire la propria passione, a segnaregol. Il gioco diventa, quindi, metafora dellavita, il calcio diventa la speranza di sal-vezza, unica soluzione per uscire da unavita che non offre prospettive. Sul corpo vi-

tale di Diego, quindi, l’artista  getta un velodi tristezza dalle piaghe morbide e traspa-renti, che vela senza nascondere, che noncela la piega ma la mostra, che non coprelo spasimo della tristezza, ma lo addolcisce.Niente manca in questa profonda creazioneartistica: vi è il sentimento che fa palpitarela pietra, turbando il nostro cuore, vi è l’au-dacia del creatore che rompe la regola.Questo corpo morto nel marmo vive nellasua passione, giovane e robusto si ribella almale, si ribella alle ingiustizie. Sotto le pie-ghe di quel velo il ragazzo ha un carattereforte. L’artista s’inchina nell’esaltazione del

suo spirito ed il lettore di quelle emozioninon può far altro che contemplarle. Diegocon il suo corpo robusto quanto la sua pas-sione fugge da quella vita fatta di orrore ri-fugiandosi in quel sogno che presto diventarealtà: diventare un famoso calciatore.

Saviano poi scolpisce Giuseppe e Gio-vanni: ed anche qui lo scultore ha saputoinfondere il tormento, la desolazione grigia,lunga, monotona, travolgente di chi non hascelta, ha sentito e per questo trasmesso lanausea, il disgusto per ciò che è male, la di-sperazione larga, vasta e lenta, fragorosa etumultuante, come la disperazione di unpiano di chi sa che è molto difficile cam-biare le cose. Giuseppe e Giovanni hannoamato, amato fino ad un fremito mortale,hanno amato il calcio con speranza, congioia, con diletto fino a ribellarsi alla ca-morra che aveva imposto loro un calciocontorto e sprezzante, dove tutto è lecito,anche truccare una partita.

Saviano ci descrive anche un altro ra-gazzo, Ciro: egli crea in questa parte del-l’opera lo sconforto desolato e l’inesauribilesperanza, la cupa gelosia e l’estrema fidu-cia, la collera senza nome, senza limiti e lagioia. Virtù, abnegazione, serenità, calma,felicità sono nomi vani per Ciro: l’acre emalsano desiderio di riscatto del ragazzocorre verso il misterioso e temuto Toninoche lo adesca come soltanto una sirenaesperta nell’arte del canto sa fare.In Santos, assistiamo all’ascesa di bambinialla camorra, che dapprima tirando calci adun pallone, in una delle tante piazze di que-sta bella, ma oscura Napoli vengono assol-dati da un capoclan che impianta il suotraffico di droga e altri illeciti in questapiazza,  e al solo grido ‘o Pallone, ‘o Palloneavvertono alla vista di un’auto della poliziao un’auto sospetta. Bambini presi dallastrada, che, dopo la scuola, sono liberi ealla mercé di criminali per pochi soldi. Edu-cati all’aggressività e a cogliere ogni prete-sto per contestare con la violenza ogniaspetto della vita e delle persone contro.Ogni retrovia può diventare da un mo-mento all’altro prima linea. Vedendo “San-tos” ho pensato che solo un uomo che amapuò creare un’opera d’arte veramente bella,ogni colpo di scalpello che rompe, carezza,curva, ammorbidisce il marmo, è una pa-rola, un lamento, un grido, un gemito, unoscoppio furente di passione e dolore, unurlo che irrompe sprezzante nella nostra so-cietà e ci mostra ciò che si fa fatica a ve-dere: la realtà. Grazie, Roberto Saviano.Bravi tutti gli interpreti: Francesco Di Leva(Giuseppe), Giuseppe Maiale di Mauro(Diego), Adriano Pantaleo (Ciro), Ivan Ca-stiglione (Tonino) e Giuseppe Gaudino(Giovanni). Non possiamo non fare un ac-cenno alla trasmissione “Vieni via con me”,ideata e condotta da Fabio Fazio e lo stessoSaviano, un evento televisivo che ha susci-tato tanti commenti positivi, che ha fattoregistrare il record di ascolti e che ha dimo-strato che si può fare un’altra Tv. Quattropuntate intense con ospiti inusuali (DarioFo, Corrado Guzzanti, Stefano Bollani, Elio,Piero Grasso, don Ciotti, Beppe Englaro, Ro-berto Benigni, Renzo Piano, Ilaria Cucchi,David Anzalone e tanti politici “più riser-vati”) e con temi scottanti e commoventi,come il monologo sul terremoto a L’Aquila,rivisto attraverso gli ultimi istanti dei ra-gazzi della Casa dello Studente. “Vieni viacon me” è diventato un vero fenomeno te-levisivo e culturale ed è riuscito a portaredavanti al piccolo schermo persone che,abitualmente non seguono la Tv.

Carla Romano - II B LC

Santos

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12Premi

Da anni gli studenti dellanostra scuola redigonoMurales, il giornalino sco-lastico che raccoglie un in-sieme di vari argomenti,che vanno dall’attualità a

quelli prettamente scolastici. Nel corsodegli anni ci siamo occupati sempre di te-matiche legate alla giustizia, all’ambientee alla pace, abbiamo intervistato magistrati,avvocati, giudici, giornalisti ed abbiamo se-guito tante manifestazioni di solidarietà edi interesse nazionale. Gli articoli riguar-dano maggiormente le attività e le iniziativeculturali che la nostra scuola organizza e acui partecipa, sono un resoconto di tuttoquello che succede nella vita scolastica, matestimoniano anche la vita cittadina e leproblematiche giovanili. Formative e cultu-rali sono le rubriche dedicate alle criticheteatrali, cinematografiche, televisive e alle

recensioni dei libri che i ragazzi leggono nelcorso dell’anno per gli incontri con gli au-tori o per loro interesse personale.

Proprio per il buon lavoro svolto il nostroMurales è stato premiato dall’associazione“Helios” come il migliore giornalino d’Italia,l’ambito riconoscimento è stato ritirato a SanBenedetto del Tronto, sede della kermesseculturale. Il trofeo Helios, giunto alla sua ven-tesima edizione, è stato ideato dalla socio-loga Giuditta Castelli, si pregia dellaMedaglia del Presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano ed è inserito in un ven-taglio di iniziative artistiche, culturali, educa-tive e formative ad ampio raggio.

Nel corso di questa settimana dell’ami-cizia tra persone e popoli si premiano nonsolo i migliori giornalini d’Italia, ma anchepoesie, disegni, coreografie e cortome-traggi. Ogni anno, prima della cerimonia dipremiazione, la sociologa Castelli affronta,con i docenti delle scuole venute da tuttaItalia, una tematica riguardante gli studenti.

Quest’anno ha approfondito il problemadella devianza minorile, accusando lascuola di non aver più lo stesso metodoeducativo degli anni precedenti, e gli inse-gnanti, che dovrebbero essere più autoritarie più disponibili ad aiutare lo studente acrescere e a formare la persona adulta cheè in ognuna di noi, poiché l’istruzione è allabase per essere liberi intellettualmente. Lamancanza di valori in famiglia e la sfiducianella scuola porta i ragazzi a deviare e adappoggiarsi a persone meno fidate, come ibulli o i criminali, solo così si sentono dei“leader”. Per aiutare questi ragazzi ladott.ssa Castelli ha proposto agli organicompetenti una nuova figura professionale,che può essere svolta da giovani diplomatio laureati, a metà strada tra il mediatore eil docente, una persona con cui parlare econfidarsi. Dopo il convegno, molto interes-sante e che ha coinvolto tutti gli studentipresenti, è iniziata la premiazione vera epropria intervallata da momenti di spetta-colo e di sport. In rappresentanza della no-stra scuola c’erano i docenti D’Addio eManna e gli alunni Girasole (direttore re-sponsabile), Pelella (fotoreporter) e Petrucci(redattore).

Come ospiti, oltre a tutta la rappresen-tanza politica di San Benedetto del Tronto,c’era anche Patrizio Rossi, ex concorrentedi “X-Factor”, che negli anni precedenti,oltre ad aver partecipato ed aver vinto ilpremio, lo ha anche presentato. La nostraansia cresceva sempre di più perché vede-vamo tante scuole premiate e non arrivavamai il nostro turno, ad un certo punto ab-biamo pensato ad uno scherzo, ma invecela nostra trepidazione si è trasformata ingioia quando è stato annunciato che il no-stro giornalino, selezionato come il miglioredella Campania, vinceva anche come mi-gliore testata scolastica d’Italia. Solo allafine abbiamo capito il motivo di tanta at-tesa, la nostra premiazione doveva conclu-dere la manifestazione. Come trofeoabbiamo avuto un attestato e due splendididipinti, a tiratura limitata, di pregiato valore,opera di due artisti sanbenedettesi moltoquotati.

La nostra partecipazione al festival èstata anche l’occasione per visitare le Mar-che, in particolare il bellissimo lungomaredi Ascoli Piceno e la caratteristica cittadinadi San Benedetto con il suo porto e le suesculture naturali. Un ringraziamento al Di-

rigente Scolastico e al Consiglio d’Istitutoche hanno permesso la nostra presenza aquesto evento così importante.

Luca Petrucci - I B LC

Trofeo Helios a Murales

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13Riflessioni

Ogni nuova so-stanza chimicalascia dietro disé decine di mi-gliaia di animalitorturati e uccisi

nei laboratori, tra indicibili soffe-renze. Qualcuno la chiama speri-mentazione sugli animali, altrivivisezione.   Chi la pratica so-stiene che sia insostituibile per laricerca, e che in fondo “il finegiustifica i mezzi”.   È proprio vero?   Pareproprio di no: sempre più scienziati sosten-gono che ormai le prove si fanno meglio epiù economicamente al computer, inoltre cisono amplissime prove del fatto che le dif-ferenze fisiologiche fra noi e gli animalipossono causare gravi errori.  Chi pratica la“vivisezione” preferisce usare il termine, più

blando, di “sperimen-tazione animale”, maqualsiasi termine si usi,gli esperimenti suglianimali sono SEMPREcruenti, la sofferenza ela violenza sono sem-pre presenti.

Da un punto divista etico non può es-

serci alcuna giustificazione a questo mas-sacro legalizzato. Una scienza che facciasua la massima “il fine giustifica i mezzi” èuna scienza malata, che potrà così giustifi-care qualsiasi atrocità, sia sugli animali chesull’uomo, pur di trovare un fine abba-stanza elevato per il quale abbassarsi amezzi meschini. Citiamo una frase, moltonota e molto vera, di un filosofo, JeremyBentham: “Il problema non è “possono ra-gionare?”, né “possono parlare?”, ma“possono soffrire?“. Perché, possiamo ag-giungere, se anche un essere umano fossesottoposto a quelle torture, non è certo ilsuo saper parlare o il suo saper risolvereequazioni differenziali né il suo quozientedi intelligenza a farlo soffrire di più, o dimeno. Ma che cosa possiamo fare noi?

Tante cose tra cui documentarci sulla vi-visezione, non aver timore di leggere libri earticoli di informazione, scientifica o etica,sull’argomento, distribuire materiale infor-mativo e parlare del problema con quantepiù persone , non perdere occasione peresprimere pubblicamente la nostra con-danna (es. intervenire nei dibattiti, scriverelettere ai giornali), aiutare le associazioniche si battono contro la vivisezione con of-ferte o meglio ancora diventando attivisti,

boicottare quanti sonocoinvolti nella vivise-zione, mettere a disposi-zione la propriaprofessionalità se questapuò servire (es. mediciper conferenze, avvocatiper denunce, insegnantiper parlare nelle scuole,tipografi per stamparemateriale informativo,

etc.), non aiutare le varie associazioni perla ricerca medica, poiché attualmente vuoledire finanziare la vivisezione (a meno chele stesse non si impegnino formalmente epubblicamente a farne a meno).

Giuseppe Ferraro – IV B LC

Alcuni pensanoche Casoria de-rivi da aerarius (

aerarium), quando i cit-tadini nel secolo XVIIottennero finalmente difare ascrivere il loro territorio al regio De-manio. Altri da Casa aurea, dove aureadeve intendersi col significato di bellis-sima, o forse perché vi fu costruita unamagnifica villa ritenuta proprio “d’oro”,anche nei più antichi stemmi del comunecompare una casa d’oro. Un’altra ipotesiè che il nome Casoria potrebbe de-rivare da Casamauri, cioè casa diMauro: futuro patrono della città.Da scavi archeologici si è capitoche sul territorio casorianosorse un villaggio risalenteall’era cristiana. Secondo lostorico Bartolomeo Capasso,l’antica denominazione di Ca-saurea apparve per la primavolta in una cronaca scritta da unanonimo nell’anno 948 d.c. . Macon certezza viene menzionata per laprima volta nel 1025 abitator in loco quivocatur casa aurea ipsius neapolitane ec-clesie. Il Capasso riporta anche che Sergioe Giovanni, entrambi consoli e duchi diNapoli, nell’anno 1000 concessero a Si-cone, abbate del monastero di S. Salva-tore, in insula maris un campum de terra,quod est foris silve de loco qui nominaturCasorie. A metà del XIII secolo Casoriaera solo un piccolo centro rurale, una villaabitata da contadini che coltivavano i ter-ritori circostanti. Grandi famiglie come iCaracciolo e i Capece vi investivano, manumerosi erano i piccoli proprietari oconcessionari del luogo, quasi tutti vas-salli dell’Arcivescovo di Napoli. In un do-cumento conservato presso l’archivio diS. Sebastiano di Napoli, datato 11 mag-gio dell’anno XVIII dell’impero di Basilioe del XV di Costantino, si legge “ Petrus

et Stephanus germanifilii Frasuri Rico, commo-rantes in loco qui voca-tur Casaurea seniora”.Nel 1815 Casoria di-venne capoluogo di un

circondario del Regno delle due Sicilie.Agli inizi del XIX secolo il territorio palu-doso fu bonificato e fino al 1950 fu uncentro prevalentemente agricolo. Neglianni ‘60 e ‘70 divenne il principale poloindustriale del Mezzogiorno, con circa 90industrie medie e piccole, per la qual cosa

si ebbe un incremento demograficoed edilizio. Sul territorio sono pre-senti numerose chiese, tra cui quelle

di San Benedetto e San Mauro. Laprima è il rifacimento di una

chiesa più antica, quella at-tuale, a croce greca, è realiz-zata nelle forme barocchedel XVIII secolo. San Mauro,

aperta al culto nel 1621, videbattezzati illustri cittadini, come

il Beato Padre Ludovico (1814), ilcardinale Luigi Maglione (1877), il

cardinale Alfonso Castaldo (1890). I cit-tadini di Casoria sono sempre stati de-voti al santo patrono San Mauro, la festain suo onore ricorre il 15 gennaio. Attual-mente Casoria conta circa 80.000 abi-tanti con una superficie di 12 Kmq. Hauna stazione ferroviaria, una bibliotecacostruita di recente e numerosi edificiscolastici, anche se non dei migliori. Perquanto riguarda lo sport, sono presentistrutture che permettono di praticare cal-cetto, nuoto e pallacanestro. Esiste unafitta rete stradale, tuttavia insufficientecon esigui mezzi di trasporto pubblico.Tutto sommato Casoria è una cittadinache consente ai giovani di divertirsi, stu-diare e fare shopping, anche se restanoancora degli aspetti da curare, soprattuttodi tipo amministrativo e di ordine sociale.

Luca Morelli

La storiadi una città

NO ALLA VIVISEZIONE

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14Cronaca

Casoria, città di santi e beati.Unico posto d’Italia adavere ben quattro religiosi inodore di santità. Proclamatabeata da Giovanni Paolo II,suor Giulia Salzano è stata

resa santa lo scorso 17 ottobre da PapaBenedetto XVI. “Donna Giulietta”, comela chiamavano in riferimento alla sua sta-tura, si è trasferita a 15 anni a Casoria e,dopo avervi insegnato, intraprese il suocammino spirituale fondando la Congre-gazione delle Suore catechiste del Sacra-tissimo Cuore di Gesù. Nel 1993, per suaintercessione presso Dio, una bambina di9 anni, Stefania Milo, fu miracolata.

Madre Giulia, oltre all’insegnamento eall’assistenza, ha sempre aiutato i poveri,gli orfani e gli ammalati. La stessa sorteera toccata a Maria Luigia Velotti del San-tissimo Sacramento, fondatrice dell’Istitutodelle Adoratrici della Croce. Non sono,queste, le uniche figure religiose chehanno vissuto nella nostra città. Ricor-diamo anche Beata Suor Maria CristinaBrando, originaria di Napoli, che, dopoaver fondato l’odierna Congregazionedelle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sa-cramentato, prese domicilio a Casoria,dove conobbe un importante uomo dichiesa, Padre Ludovico Da Casoria, che hadedicato la sua vita al riscatto dei bambiniafricani tenuti in schiavitù, ragion per cuiè stato proclamato beato. Ma, al contrariodi quanto si possa pensare, la città non èproprio "santa", soffocata, com’è, da moltiproblemi legati alla criminalità e alla vio-lenza. Esempio eclatante è la morte di Ste-fano Ciaramella, avvenuta il 2 settembre2001. Il diciassettenne si era appartatocon la sua fidanzata, Daiana, in via Pa-dova, quando fu aggredito da quattro gio-vani a bordo di due motocicli che gliintimarono di cedergli il motorino; alla rea-zione del giovane gli aggressori presero laborsetta della ragazza strappandole la ca-micetta. Stefano, mentre si difendeva, fuaccoltellato e morì sul colpo. Ma episodi diviolenza, di furti, di stupri e di estorsionisono all’ordine del giorno. Casoria haanche un altro primato nazionale che dicerto non le fa onore: il “cavallo di ri-torno”, che prevede il pagamento di un ri-scatto da parte di chi ha subito un furtoper riottenere la refurtiva. E cosa dire della

droga? Un vero flagello, qui, la droga,anche se “leggera”, circola molto facil-mente tra i giovani dai 13 anni in su. Lacosa che più stupisce è che questi stupefa-centi (spinelli e exctasy) spesso vengonovenduti a poco prezzo nei bagni dellescuole, che diventano veri e propri ritrovi dipusher. Per non parlare della microcrimina-lità e della filosofia dell’illegalità.

A nulla è servito l’operato del capitanoCarlo Alberto Della Chiesa, che ha coman-dato la stazione dei Carabinieri di Casoriadal ’44 al ’49! Questi delinquenti potreb-bero utilizzare il loro tempo nello sport ediventare dei campioni, come le nostreglorie nazionali, i due campioni olimpici, ilpugile Vincenzo Picardi e Mauro Sar-miento, campione di arti marziali nella di-sciplina del Taekwondo, oppure potrebberodedicarsi alla musica e al teatro ed emu-lare i loro cittadini illustri come Nino D’An-gelo, la piccola Sara Musella, rivelazionedel programma “Io Canto”, in onda su Ca-nale 5, il cantattore ed imitatore FrancescoCicchella, il cantante ed attore Carlo Van-nini, uno dei protagonisti della nuova ver-sione di “Scugnizzi”, e Antonio Fiorillo, ilgigante della comicità. Un altro bruttissimoprimato riguarda il maltrattamento dei car-dellini, animali protetti, ma che, a dispettodelle leggi vigenti, subiscono atroci torture.

Questi bellissimi uccellini vengono cat-turati, illegalmente, e rinchiusi in massa ingabbie talmente piccole da non permettereneppure il battito d'ali, in scantinati senzaluce né finestre, per poi essere accecati conspilli ed aghi. Ma perché tanta brutalità? Icardellini vengono resi ciechi per impedirela funzione visiva e anticipare il processo dimuta favorendo lo sviluppo delle qualitàcanore: più il canto è melodioso, più impor-tanti saranno i guadagni sul mercato, gliacquirenti sono "appassionati" senza scru-poli. Non mancano neppure problemi legatialla prostituzione, che sempre più spessovede come sue vittime giovani ragazze cheper necessità o perché obbligate, si ven-dono a chiunque sia disposto a pagare. E’il caso di dire nomen omen, non a caso ilsostantivo greco "κασαυρον", che signi-fica bordello, è una delle tante ipotesi ri-guardo l’origine del nome della città, dasempre frequentata da prostitute. Casoria,città di santi o di diavoli?Gianluca Pelella - Emilia Lago - Giovanna Eremitaggio

Luci ed ombre casoriane

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15Opinioni

La parola mass media, che con-giunge due culture, l’anglosas-sone e la latina, significaesattamente ciò che si colloca ametà strada tra due poli diversiriconosciuti come autore di un

messaggio (emittente) e pubblico (destina-tario). Il collante tra questi è l’informazione.Il pubblico, non nella sua totalità, può essereinconsapevole di sé quando, sottoposto alviavai di informazioni suggerite dal mondodei mass media, è in rapporto con una fontemediatica. E se, in un suo saggio sociologicodel ’64, Umberto Eco asseriva che “si cercadi andare incontro al gusto medio evitandol’originalità”, allora, se si ha questa inclina-zione, il pubblico risentirà necessariamentedi una omogeneizzazione dell’informazione.Cosa vuol dire ciò?

Sempre Eco dice che “il lavoro dellamente è rivolto a opinioni comuni”; infatti lepersone finiscono con l’ essere veicolate a li-vello informativo tanto da invalidare l’eser-cizio critico. Ma chi sono i “veicolatori” e i“veicolati”? I primi appartengono allaschiera dei manipolatori informativi, ovveroi veri e propri burattinai di mestiere, mentregli altri non sono altro che semplici mario-nette che si fanno manovrare abilmente. Oraè da capire che tipo di relazione sussiste traemittente e destinatario. Se i primi eroganoinformazioni, ricavate autonomamente e inmodo inizialmente imparziale, e tendono,poi, ad alterarle in un’ottica personale, i se-condi, viceversa, entrano nel gioco passiva-mente. Pertanto, tale entrata in giococomporta determinati effetti ricettivi ed in-terpretativi.

Quali sono? Innanzitutto standol’informazione nelle manidell’emittente, essa giungemediante un filtro alpunto che il destinatarioarriva a concepirla qualeverità dogmatica e inap-puntabile (tale tecnica èanche detta “packaging”).

Perché capita ciò? Per tresemplici cause: generazio-nale, educativa e individuale.Le prime due sono correlatein virtù del fatto che il contattocon queste due sfere è inevitabile. Il primocontatto con l’informazione, infatti, derivadal nostro rapporto con i genitori, il secondoè ravvisabile nell’istituzione scolastica. Ilterzo è più biologicamente legato alla fa-coltà logica presente in ogni individuo. Quici soccorre Rousseau, “si è curiosi soltantonella misura in cui si è istruiti”. Tale citazioneracchiude sinteticamente il vero nesso delletre motivazioni in quanto definisce un le-game congiunturale e concatenato dellesuddette. Concentriamoci sulla televisione.E’ indubbio che essa sia un mezzo rivoluzio-nario d’informazione perché ha prodotto,produce e produrrà sempre cultura.

E se i primi programmi televisivi produ-cevano una cultura più valida, positiva e pe-dagogica, quelli di oggi propongono il nulla.A fronte di ciò, non si può che infelicementeaffermare che la televisione ormai occupal’intero orizzonte informativo, sebbene siapiù consono chiamarlo “performativo” pro-prio perché per-forma le persone e non le in-forma. La massa di informazioni è fin troppoalta a tal punto da stordire chi le riceve e damodificare i propri atteggiamenti.

Quindi, purtroppo, si può affermare chela televisione, parte integrante della nostravita, ci influenza molto, ci strega e ci usacome dei recipienti vuoti. Di qui il monito dicautela, l’esortazione alla patente scettica,l’avviso ad un rapporto di equilibrio, piùsano, con la divulgazione mediatica. Per for-tuna ci sono altre agenzie culturali: bibliote-che, musei, librerie, teatri, siti archeologici…. L’invito è quello di giungere ad un maggiorsenso critico capace di respingere informa-zioni veicolate e oggetti che siano anticultu-rali. Insomma, porre tra noi e il datoinformativo un diaframma discriminatorio èdi fondamentale importanza oggi se non si

vuole essere schiavizzatidalla civiltà dei media chenegli ultimi anni si è fattaancora più invasiva espregiudicata. Analoga-mente Emerson riteneva

che “finché un uomopensa, egli è libero”, daciò si deduce che ogni

singola persona può e do-vrebbe attuare una rivolu-

zione con il pensiero, che gliconsentirebbe di avere un approccio netta-mente migliore con l’informazione e mag-giori possibilità di opinioni proprie.

A distanza di secoli il commediografoPlauto ci aveva ben visto affermando che“non con l’età, ma con l’ingegno si rag-giunge la sapienza”. In ultima analisi, leprospettive di cambiamento culturale cisono, anche se limitate, quindi sta a noi am-pliarle e renderle più concrete di quelle chesono oggi. Infine, se un giorno sapremo ren-derci più responsabili di quello che ci dannoda bere avremmo praticato un piccolo foronella muraglia dell’inettitudine. Chi intrave-desse in ciò un’incoraggiante probabilità disuccesso, speriamo non abbia fatto male isuoi calcoli….

Nicola Alessandro FiscianoAndrea De Rosa – IVB LS

Attenzione ai mass-media

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16Progetti

Quest’anno la nostra scuola ha avviato ottoPon (Programmi Operativi Nazionali) moltointeressanti, alcuni volti al potenziamento eal recupero, altri alla formazione e all’arric-chimento culturale di alunni e docenti. Già ititoli destano attenzione ed interesse: “Il coa-

ching a scuola”, “Blog to blog”, “Sviluppo ecosostenibile”,“Alla scoperta delle proprie origini”, Scrittura e produzione diun cortometraggio”, “Archimede”, “Formazione professionaleper i meritevoli” e “English applied to the four skills”. Daremoampia informazione di tutti, iniziamo con quello finalizzatoalla realizzazione di un cortometraggio dal titolo “Dalle parolealle immagini”. Il progetto si propone di far riflettere i ragazzisulle insidie che spesso si celano in ambienti e situazioni ap-parentemente “protetti” e sulle possibilità di combatterle conarmi apparentemente innocue, ma anche di offrire spunti diriflessione sulla lotta al bullismo, l’emarginazione, la solitudine,l’esclusione ed autoesclusione, la violenza agita e subita, laprevaricazione, i comportamenti illegali, la droga, l’alcol e i di-sturbi alimentari, l’integrazione dei diversamente abili, il lavorominorile, le ecomafie, le violenze in famiglia. Inoltre si vuolefornire agli alunni la possibilità di sperimentare in maniera di-retta una forma di comunicazione che permette di raccontaree raccontarsi con le tecniche audiovisive. E’ un lavoro digruppo che consente a tutti i partecipanti di operare come unavera e propria troupe cinematografica. Dopo alcune lezioniteoriche sulla storia del cinema e i mestieri ad esso connessie degli approfondimenti sulle tecniche di ripresa e di montag-gio, si è passati alla fase operativa. I ragazzi hanno steso primail soggetto e poi la sceneggiatura ed hanno partecipato alleriprese come attori, comparse, operatori, costumisti, truccatori,assistenti, segretari e personale tecnico. Gli studenti sono statisempre coinvolti nelle fasi di ideazione, di progettazione e rea-lizzazione pratica degli interventi, sotto la guida dell’espertoil regista Antonio Centomani) e del tutor (il prof. Antonio D’Ad-dio). L’entusiasmo è stato alle stelle, i ragazzi si sono impe-gnati seriamente e si sono trasformati in una troupe affiatatae produttiva. Il gruppo di lavoro ha pensato di affrontare nelcortometraggio quattro tematiche attuali: lo stalking, l’omo-sessualità femminile, l’integrazione dei gruppi emo e la tele-dipendenza. I protagonisti dei quattro episodi, “Ossessionetra i banchi di scuola”, “Un essere speciale”, “Miss Strava-ganza” e “Butta quel telecomando”, abitano in uno stessocondominio, frequentano la stessa scuola e sono punzecchiatida una portinaia molto pettegola ed intrigante (interpretatadall’attrice Rosaria De Cicco). Non vi sveliamo altro, dovetevedere il corto appena sarà pronto! Si avvisano gli studenti,inoltre, che è entrato nella fase operativa il progetto di Pre-venzione degli Incidenti Stradali “Mettiti sulla buona strada!”promosso dall’Asl Napoli 2 Nord che prevede l’ideazione, laprogettazione e la realizzazione di un soggetto e di una sce-neggiatura finalizzati ad un cortometraggio che sarà curatodall’agenzia “Amnesia”. Tutti i dettagli sono spiegati colle-gandosi al sito www.mettitisullabuonastrada.it.

Dalle parole alle immagini

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