01 post filosofie volume 3 - Cacucci Editore Sas · ma lʼ“enigma multiculturale”, è su questo...

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MULTICULTURALISMO

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COMITATO SCIENTIFICO:

Bruno ACCARINOBethania ASSYPietro BERALDIGiuseppe CACCIATOREDomenico CHIANESEPietro COSTAAntonio DE SIMONEDomenico DI IASIOPiero DI GIOVANNIFrancesco DONADIOMaria Rosaria EGIDIDomenico M. FAZIOSimona FORTI

Vanna GESSA KUROTSCHKAFabrizio LOMONACORomano MADERA Mario MANFREDI Edoardo MASSIMILLA Fabio MINAZZI Salvatore NATOLI Mario PERNIOLA Stefano PETRUCCIANI Furio SEMERARI Marcello STRAZZERI Andrea TAGLIAPIETRA

Direttori: Roberto FINELLI e Francesco FISTETTI

Comitato direttivo: Francesco FISTETTI (direttore responsabile)Roberto FINELLI (co-direttore)Francesca R. RECCHIA LUCIANI (direttore editoriale)

SEGRETERIA DI REDAZIONE: Sergio Alloggio, Arcangelo Di Canio, Rosaria De Bartolo

Indirizzo:Francesca R. Recchia LucianiDipartimento di Scienze fi losofi cheUniversità degli Studi di BariPalazzo Ateneo – Piazza Umberto I - 70100 BARITel. 080 5714164email: f.recchialuciani@fi losofi a.uniba.itoppure f.fi [email protected].

RIVISTA ANNUALE

INDICE

Introduzione di Francesco Fistetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

MARCEL MAUSSLa Nazione e lʼInternazionalismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

FRANCESCO FISTETTIDal tempo delle nazioni alla civiltà planetaria dellʼinter-nazione. La lezione di Mauss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

JOSEPH RAZMulticulturalism: a Liberal Perspective . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

WILL KYMLICKALiberal Theories of Multiculturalism . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

SEYLA BENHABIBThe Struggle over Culture: Equality and Diversity in the European Public Sphere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

SUSAN MOLLER OKINMulticulturalismo e femminismo. Il multiculturalismo danneggia le donne? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

MARIA CHIARA PIEVATOLONota della traduttrice del saggio di Susan Moller Okin . . . . . . . . 115

GIUSEPPE CACCIATOREImmaginazione, identità e interculturalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

4 Indice

VANNA GESSA KUROTSCHKALa capacità di immaginare la vita e i vincoli del suo buon esercizio. Il corpo, la mente, le culture . . . . . . . . . . 135

MARIA LAURA LANZILLOStrategie multiculturali. Aporie e contraddizioni di unʼideologia 157

BARBARA HENRYConfl itti identitari e laicità. Una premessa al dibattito sul multiculturalismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173

INTRODUZIONE

Se abbiamo scelto di dedicare il terzo numero di «Post-fi losofi e» alla problematica del multiculturalismo, non è solo perché è facil-mente intuibile la sua contiguità o, meglio, intersezione con il tema del riconoscimento, che è stato al centro dei fascicoli precedenti. Ci sono anche ragioni molto più pressanti derivanti dal fatto che si tratta di una parola-chiave del lessico politico contemporaneo che racchiu-de, per così dire, enciclopedie fi losofi che differenti e talvolta incom-mensurabili, dal momento che nel linguaggio quotidiano evoca signi-fi cati dissimili e rinvia ad universi simbolici opposti. Il termine “mul-ticulturalismo”, infatti, non è un designatore rigido, ma piuttosto, come direbbe Wittgenstein, una famiglia di concetti che hanno sì tra loro numerosi tratti di rassomiglianza, ma incorporano esperienze storico-culturali e forme di vita molto differenziate. Tuttavia, accade di imbattersi in Italia, soprattutto nella pubblicistica corrente, in un uso del termine gravato di una dimensione assiologica monistica: o immediatamente positiva o intrinsecamente negativa. Diversamente da altri paesi europei come lʼInghilterra, la Francia e la Germania, il nostro paese solo in anni relativamente recenti ha conosciuto il feno-meno dellʼimmigrazione, in un primo tempo dallʼAlbania e dalle re-gioni balcaniche e poi soprattutto dal nord-Africa. Pertanto, solo nel-lʼultimo decennio si può dire che anche lʼItalia si è avviata a diven-tare una “società multiculturale” per la presenza di diversi gruppi di immigrati, per lo più di religione musulmana. Ma paradossalmente questo tendenziale cambiamento della composizione demografi ca della società italiana non ha signifi cato un approfondimento critico della problematica del multiculturalismo, ma per lo più una sua uti-

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lizzazione in chiave banalmente ideologica o strumentalmente politi-ca, e a volte addirittura in senso apotropaico come se non si trattasse di una sfi da da affrontare, ma tout court di una minaccia alla raziona-lità occidentale da scongiurare. Il risultato è stato che, salvo pochis-sime e lodevoli eccezioni (in particolare, gli studi di A. E. Galeotti, L. Lanzillo, B. Henry, E. Vitale, A. Mezzadra, A. Dal Lago, C. Galli e qualche altro), la vasta letteratura sullʼargomento sviluppatasi al-lʼestero è tuttora pressoché ignorata nel nostro paese. Per rendersene conto, basti pensare al dibattito sullʼargomento che ha avuto luogo tra Seyla Benhabib da un lato e Jeremy Waldron, Bonnie Honig e Will Kymlicka dallʼaltro (i cui interventi sono stati raccolti nel volu-me Another Cosmopolitanism, ed. and intr. by R. Post, Oxford Uni-versity Press, New York 2006). Ripercorrere questo dibattito è utile per cominciare a costruire una mappa teorica del multiculturalismo, una cartografi a delle diverse posizioni in campo, una tassonomia sia pure approssimativa degli approcci epistemologici diversi e spesso in confl itto. La Honig, ad esempio, si rifà alla dialettica negativa di Adorno, allʼetica dellʼospitalità incondizionata di Lévinas e Derrida e alla critica della governamentalità di M. Foucault. L̓ esito di questa impostazione, che ritroviamo nella corrente dei cosiddetti studi cultu-rali e postcoloniali (S. Hall, P. Gilroy, H. K. Bhabba, P. Chatterjee, ecc.), è una versione della critica dellʼideologia che, come osserva Benhabib, “rifi uta lʼinterazione tra le sfere pubbliche uffi ciali della legge e dellʼamministrazione da un lato, e la sfera pubblica non uffi -ciale delle azioni dei cittadini e dei movimenti sociali dallʼaltro, che informano le iterazioni democratiche e la politica giusgenerativa” (p. 163). Il rischio di questo approccio al multiculturalismo è, dunque, sul piano pratico-politico un atteggiamento anti-istituzionale del tutto sterile e sul piano teorico un defi cit di analisi delle trasformazioni dello Stato nazionale, della sua sovranità nei rapporti con formazioni sopranazionali come lʼUnione Europea, delle relazioni che possono essere articolate tra cittadinanza nazionale e cittadinanza cosmopoli-tica, della dialettica tra “ethnos” e “demos” nel loro intreccio con le dinamiche di classe e con le rivendicazioni del diritto alla cultura da parte dei gruppi di immigrati. Di qui lʼimportanza degli interrogativi di Kymlicka su che cosa è da intendere per concezione multicultura-le della nazionalità liberale, se è possibile dissociare i diritti dalla cittadinanza, su come costruire un legame stabile tra cittadinanza e nazionalità e così via. Kymlicka è convinto che le società occidentali si muovono verso una concezione più multiculturale della cittadinan-za e che il diritto di voto locale agli immigrati va inteso come un

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diritto di “protocittadinanza”, cioè come “una forma di socializzazio-ne politica nel sistema politico nazionale, che consente agli immigra-ti di sviluppare vincoli di fi ducia e di lealtà verso le istituzioni nazio-nali, e di qui come un passo verso la piena cittadinanza nazionale” (p. 139). Senza dubbio, la prospettiva dellʼintegrazione multicultura-le di Kymlicka appare troppo armonicistica e poca attenta non solo alla porosità delle culture, ma anche alle diseguaglianze economiche e sociali. Ma se vogliamo sciogliere quello che Gerd Baumann chia-ma lʼ“enigma multiculturale”, è su questo terreno concreto che dʼora in avanti la rifl essione fi losofi ca e il lavoro delle scienze sociali dovrà sempre più impegnarsi, come si evince anche dal recente dibattito che su questi stessi temi si va da tempo sviluppando in Francia. Sul-lʼultimo numero della rivista «Mouvements» (jan./feb. 2007) intellet-tuali come E. Balibar, A. Caillé, M. Chemillier-Gendreau e P. Ma-gnette si interrogano su alcune questioni-chiave: come superare la “distorsione” di una cittadinanza vincolata alla nazionalità, su quale identità lʼEuropa dovrà costruire – se unʼEuropa-potenza in senso “schmittiano” (in cui prevarrebbe unʼidea di politica edifi cata sul rap-porto amico/nemico) o in senso “habermasiano” (una potenza giuri-dico-normativa che guarda ad un sistema nel quale una comunità po-litica più larga si combina con comunità politiche più ristrette). In questo numero, che da oggi inizia ad ospitare saggi ed articoli in lin-gua originale per rendere la rivista più accessibile ad un pubblico cosmopolitico, offriamo alcuni materiali sul multiculturalismo che ri-teniamo introducano nel dibattito italiano punti di vista ancora non adeguatamente considerati come quelli di S. Benhabib, J. Raz, W. Kymlicka e, infi ne, S. M. Okin, che tratta un tema decisivo come quello del rapporto tra multiculturalismo e autodeterminazione delle donne.

Francesco Fistetti