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I Promessi Sposi

Classe 2°D

Relazione sui "Promessi Sposi"

Introduzione al lavoro di gruppo

Il nostro lavoro è stato suddiviso in sei parti e distribuite all’interno del gruppo. Abbiamo poi fatto ricerche separate e ci siamo incontrati per confrontarci gli uni con gli altri sul procedimento per il lavoro. Successivamente abbiamo sintetizzato in mappe concettuali che poi andranno a comporre il powerpoint.

Ruoli

Nella ricerca e stesura del progetto ha partecipato tutto il gruppo; in particolare al powerpoint Di Biase e Guglielmino, alla relazione Picano, Parasmo e De Filippo, e al comando con il compito di stimolare e definire il lavoro, Guglielmino e Storace con l’aiuto di un posto di incontro garantito da Parasmo.

Componenti

De Filippo Gianlorenzo

Parasmo Manuel

Di Biase Luca

Picano Alessandro

Storace Miriam

Guglielmino Giuseppe

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I Promessi Sposi

PENSIERO E POETICA DI ALESSANDRO MANZONI

Per poetica e pensiero di Alessandro Manzoni si intendono le convinzioni poetiche, stilistiche, linguistiche ed ideologiche di Manzoni dagli esordi giacobini e neoclassici fino alla morte. Dopo una fase iniziale di profondo legame con la tradizione letteraria settecentesca e l'illuminismo sensista del gruppo dei filosofi francesi degli Idéologues, Manzoni cambiò le proprie posizioni in seguito alla conversione al cattolicesimo del 1810, avvicinandosi al romanticismo e producendo, opere letterarie, poetiche, teatrali e saggistiche che cambieranno nel profondo la genetica della letteratura italiana e la sua stessa lingua letteraria, imponendosi come pietra miliare nella storia della letteratura italiana. Alle scuole dei sacerdoti somaschi e barnabiti, Manzoni ricevette una formazione classica, basata sullo studio dei grandi classici latini e italiani e il neoclassicismo allora imperante nella cultura letteraria italiana. Il giovane Manzoni, infatti, ammirava i due massimi esponenti della cultura neoclassica: Giuseppe Parini e di Vincenzo Monti, assorbendo da costoro quegli stilemi poetici che contraddistingueranno la sua poesia per tutti i primi anni dell'800. In seguito, grazie alla formazione di circoli giacobini a Milano e al contatto con la tradizione illuminista più radicale, Manzoni aderì fino agli ultimi anni del primo decennio dell'Ottocento a un illuminismo scettico nel campo della religione, in cui predominava il valore per la libertà propugnata dagli ideali rivoluzionari. In seguito alla conversione del 1810, Manzoni ruppe con parte della cultura laica erede dell'illuminismo, mantenendone però gli aspetti più moderati. Infatti, la parabola poetico-letteraria del Manzoni, non propendette verso una totale rottura con la tradizione illuminista settecentesca. A tutto ciò, si aggiunse la riscoperta dell'etica cristiana, comportante quella coralità poetica e quell'onnipresenza divina nell'anima del Creato che non annulla, ma rafforza in Manzoni il vincolo tra la ragione illuministica e la necessità del credente di affidarsi a Colui che regola il mondo. L'elemento romantico nella produzione poetica manzoniana emerge negli Inni Sacri, dove l'io del poeta si eclissa a favore di un'universalità corale che eleva il suo grido di speranza e la sua fiducia a Dio. La conversione romantica, nasce dalla conversione al cattolicesimo, fattore che «obbliga il Manzoni a una scelta radicale anche nei confronti della poesia», determinando un cambio di rotta rispetto al neoclassicismo. Oltre alla dimensione "ecclesiale" della religiosità manzoniana, non si può dimenticare l'apporto fondamentale della storiografia francese di Fauriel e degli altri ideologi. Costoro propugnavano, infatti, una storia non più incentrata sui grandi della storia, quanto sugli umili, i piccoli che non scemano nell'oblio del tempo perché non

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oggetto d'interesse da parte dei cronisti loro coevi e che sono oggetto di violenza da parte delle decisioni dei potenti. Lo stesso vale, di conseguenza, per i fatti storici: la conoscenza di Augustin Thierry, avvenuta a Parigi tra il 1819 e il 1820, «rappresenta per Manzoni il campione della ricerca documentaria e filologica, in massima parte destinata alla scoperta di quella storia sociale che si prospettava essere un'affascinante novità intellettuale». Tale "storia sociale", indagata attraverso il metodo storico-filologico degli ideologues ed espressa nel Discorso sulla storia longobardica in Italia, troverà poi la massima espressione nel Fermo e Lucia e quindi ne I Promessi Sposi. Per Manzoni, la storia ha un valore sacro: essa non dev'essere modificata sulla base della necessità dell'ingegno poetico, ma deve coesistere con quest'ultimo senza che il corretto avvicendarsi degli avvenimenti venga modificato.La dichiarazione poetica manzoniana non intende, però, scemare al contempo il valore dell'ingegno poetico. Infatti, poco più avanti nella trattazione, Manzoni pone l'ipotetica domanda su che cosa possa rimanere al poeta se gli si toglie l'inventio di creare il substrato della vicenda, dando come risposta la sua definizione di che cosa fosse la poesia:

« ...la poesia: si, la poesia. Perché, alla fin fine, che cosa ci dà la storia? ci dà avvenimenti che, per così dire, sono conosciuti soltanto nel loro esterno: ci dà ciò che gli uomini hanno fatto. Ma quel che essi hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro decisioni e i loro progetti, i loro successi e i loro scacchi; i discorsi coi quali hanno fatto prevalere, o hanno tentato di far prevalere, le loro passioni e le loro volontà su altre passioni o su altre volontà, coi quali hanno espresso la loro collera, han dato sfogo alla loro tristezza, coi quali, in una parola, hanno rivelato la loro personalità: tutto questo, o quasi, la storia lo passa sotto silenzio; e tutto questo è invece dominio della poesia. »

Con tale dichiarazione di poetica, Manzoni delinea definitivamente il limite che separa i due ambiti di cui deve trattare il poeta e che saranno alla base del romanzo: il vero poetico e il vero storico. Il primo «deve indagare sui sentimenti con cui gli uomini vivono gli avvenimenti e su quegli aspetti della storia che sfuggono alla storiografia vera e propria»; il secondo, è il materiale storico, oggettivamente vero e storicamente indagabile, quel «vero per soggetto» ricordato nella Lettera sul romanticismo. Se il soggetto, dunque, dev'essere il vero, non ci può essere spazio per la mitologia finora utilizzata nel campo della poesia. Non soltanto perché ciò contraddirebbe i principi poco prima espressi sul vero storico, ma la stessa base etico-religiosa di chi si professa cristiano.

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Gli anni successivi alla conversione furono assai significativi per il panorama letterario e culturale italiano. L'Italia, ancora ancorata a una salda tradizione classicista grazie ai magisteri passati di autori, fu costretta a confrontarsi con la nuova temperie romantica europea. Alla successiva querelle tra classicisti e romantici, Manzoni non partecipò attivamente. Benché fosse apertamente dalla parte dei romantici e partecipasse alla Cameretta letteria, Manzoni si rifiutò di collaborare apertamente. La morte del Porta non fu l'unico colpo che il romanticismo lombardo subì in quel periodo. Il vuoto generatosi lasciò solo Manzoni. L'esaurimento della polemica classico-romantica e il progressivo instaurarsi del romanticismo di stampo manzoniano negli anni '20 determinerà un percorso univoco della letteratura lombarda di quel periodo. Benché avesse aderito alla tematica romantica, Manzoni non attinse per il suo romanzo alla visione fantastica tipica dei movimenti romantici britannici. La sua analisi oggettiva della realtà, in cui alla sublimità dei paesaggi lecchesi si alterna quella desolante della peste e della violenza in generale, cerca di inquadrare la vicenda su uno sfondo reale. Il realismo narrativo e la rinuncia alla dimensione fiabesca emergono però alla fine del romanzo, allorché non c'è un lieto fine, ma una ripresa della vita quotidiana spezzata però dalle disavventure dei protagonisti. Negli "anni del silenzio" (1827) fino alla morte nel 1873, Manzoni si allontanò dalle posizioni letterarie che lo spinsero alla realizzazione dei Promessi Sposi, commistione tra il vero poetico e il vero storico

INTRODUZIONE ALLA POSIZIONE POLITICA

Nella sua lunga esistenza Alessandro Manzoni vide svolgersi gli avvenimenti di quasi un secolo di storia. Ragazzo negli anni in cui illuministi e tradizionalisti cattolici si combattevano aspramente, assistette alla rivoluzione francese, ai trionfi di Napoleone e al suo crollo, al prevalere dell'epoca romantica e a tutte le fasi che portarono al compimento dell'unità d'Italia. Dalle sue opere si evince un profondo legame con gli avvenimenti della propria epoca, che del resto egli influenzò a sua volta.

Formazione e le influenze dell’illuminismo e principi della rivoluzione franceseNacque a Milano nel 1785, Manzoni trascorre i primi anni della sua adolescenza sino al 1801 presso in collegi religiosi, ottenendo una cultura classica con una buona conoscenza della cultura settecentesca e della fede religiosa. Uscito dal collegio a 16 anni si inserì nell’ambiente culturale milanese del periodo napoleonico, e compose nel 1801 un poema intitolato “Il trionfo della libertà”

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una poesia in onore della rivoluzione francese che celebra la sconfitta del dispotismo e della superstizione per opera della libertà diffusa da Napoleone nella repubblica cisalpina, e non risparmia critiche alla Chiesa, al papa e ai preti. Da adolescente Manzoni è anticlericale (contrario all'intervento del potere ecclesiastico in politica) e giacobino (appoggiò l'atteggiamento politico estremista), sia per reazione all'ambiente cattolico in cui era stato educato, sia per il suo entusiasmo nei confronti della rivoluzione francese di cui appoggiò i principi: libertè, fraternitè, egalitè. Lo scrittore, ricevette allo stesso tempo la cultura illuministica proveniente dalla madre, che influenzò profondamente il suo pensiero. Nel 1805, infatti, si trasferì a Parigi dalla madre. A Parigi entrò in contatto con gli “ideologi”, un gruppo di intellettuali che erano gli eredi del patrimonio illuministico e fu qui che assorbe le idee rivoluzionarie e giacobine degli scrittori francesi; le posizioni di questi liberali e il loro rigore morale esercitarono un influsso determinante nella formazione delle idee di Manzoni; La corrente illuminista influenza il pensiero del poeta che considera fondamentale per l’uomo l’uso della ragione , esercitata attraverso l’acquisizione della cultura.Manzoni rivolge attenzione particolare agli avvenimenti della rivoluzione francese, poiché sostiene come questo grande evento storico possa influire sulla situazione italiana, diffondendo l’idea della necessità d’unificazione e d’indipendenza. Ecco dunque emergere la figura del grande pensatore, difensore del “liberalismo”, animato da un grande senso di patria.

I pensieri religiosi del poeta Nella città entrò in contatto con gli ecclesiastici di orientamento giansenista, che influenzarono la sua conversione religiosa. Nel 1808 conobbe e sposò Enrichetta Blondel, figlia di un noto banchiere. Il matrimonio risultò decisivo per Manzoni per l’influsso che esercitò nella vita religiosa di lui, attraverso colloqui con l’abate Degalo avvenne la conversione al cattolicesimo di Manzoni, che fu accompagnata da gravissime crisi nervose che accompagneranno lo scrittore per tutta la sua vita. Da questo momento in poi Manzoni aderì ad un cattolicesimo democratico, con posizioni democratiche del giacobismo portato dalla Rivoluzione Francese.Tema dominante in Manzoni è la continuità tra gli ideali illuministici e la fede religiosa: ideali di libertà, uguaglianza, fraternità ribattezzati come ideali cristiani. A partire da queste premesse, Manzoni, diventa il rappresentante più insigne di quell'area liberale e cattolica che si riconosce nella cultura romantica e si batte per un profondo rinnovamento della nazione italiana. Il suo impegno risorgimentale trova nella stessa fede religiosa la sua giustificazione morale. Per il Manzoni, quindi, la religione ha una dimensione individuale e sociale.L'adesione del poeta al romanticismo

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Dal 1810 si trasferisce definitivamente a Milano, dove si pone dalla parte del romanticismo e della corrente politica liberale favorevole all'unificazione nazionale.Diventa il rappresentante più significativo del movimento romantico italiano. In lui si realizza la sintesi delle idee illuministiche con quelle cristiane: vi è quindi il rifiuto del materialismo ateo di Foscolo e Leopardi ma non delle idee illuministiche di giustizia, libertà, uguaglianza e fraternità.Egli è passato a una convinta e forte adesione alla fede cattolica, a una rivoluzione del sentimento.La sua "conversione" è una rivoluzione globale, l'assunzione di nuovi valori in sostituzione di quelli antichi. Una rivoluzione da promuovere fuori di sé nella società, con il vigore dell'ingegno e l'impeto della poesia. Dell'antica formazione illuministica il Manzoni conserva un radicale criterio nell'operare, il gusto del ragionamento pacato e sereno, il rifiuto di accogliere qualsiasi cosa gli apparisse non ragionevolmente accettabile.L'idea religiosa dominante è quella della provvidenza, grazie alla quale il male può essere compreso in una visione più globale della storia.Nel 1815 scrive il Proclama di Rimini, esaltando l'iniziativa di Gioachino Murat che da Napoli aveva risalito col suo esercito la penisola, invitando gli italiani a combattere contro gli austriaci per l'indipendenza nazionale (il tentativo poi fallì miseramente).Nel 1821 l'animo del poeta viene scosso da due avvenimenti: nel mese di marzo, Carlo Alberto concede la costituzione al Piemonte, alzando contro l'Austria, la bandiera tricolore; il 5 maggio sull'isola di Sant'Elena si spegne Napoleone Bonaparte. Da ciò nascono le due odi : "marzo 1821" e "Il 5 maggio".Marzo 1821. E' stata scritta in occasione dei moti carbonari piemontesi del 1821, quando l'atteggiamento riformistico e liberale di Carlo Alberto aveva acceso le speranze dei liberali e di coloro che desideravano l'unificazione di tutti gli stati italiani sotto un'unica bandiera. Ma le speranze furono vane a causa della polizia austriaca che organizzò una dura soppressione.Ma l'ode rispecchia profondamente uno spirito che non verrà mai soffocato e che ha rappresentato gli elementi politici e culturali fondamentali dell'Ottocento.Nel timore di una perquisizione della polizia, aveva distrutto il manoscritto, che viene poi pubblicato nel '48 grazie a degli amici che avevano conservato l'opera. Alla base dell'ode si trovano, quindi, motivi storici e politici e di esaltazione della libertà dello straniero insieme a una presenza di Dio. L'ode è un appello alla libertà di tutti i popoli che va al di là delle polemiche contro i principi sanciti dal congresso di Vienna.Il Cinque maggio. E' la più famosa delle poesie civili del Manzoni, dedicata, appunto, alla morte di Napoleone. L'evento offre all'autore l'occasione di ricordare la grandezza del personaggio e il suo fondamentale ruolo storico, ma suscita anche una riflessione

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complessiva sulla storia e sul significato delle azioni umane. La notizia della morte di Napoleone giunge in Europa con oltre 2 mesi di ritardo e Manzoni subito si accinge acommentare l'episodio in forma poetica, riuscendovi in pochi giorni e si rifiuta di rendere omaggio agli austriaci rientrati a Milano.Nell'ode rievoca i trionfi, le sconfitte, l'esilio e la morte del Bonaparte alla luce della provvidenza cristiana, lasciando alla storia il diritto di giudicare.Esprime un quasi incredulo stupore per la scomparsa di un uomo che in soli quindici anni ha impresso un segno profondo nella storia mondiale.Si interesso anche alla vita politica, non partecipandovi direttamente, seguì con entusiasmo gli avvenimenti del 1820-21. pubblicazione dei Promessi Sposi nel 1827 si può dire concluso il periodo creativo del Manzoni In quello politico, il suo pensiero cattolico-liberale e il suo ideale monarchico e unitario restarono ben saldi per tutta la lunga vita, da quando nel 1814 sottoscrisse la petizione del senato del Regno italico sino a quando, senatore, partecipò nel 1861 alla seduta in cui fu proclamato il Regno d'Italia. Alessandro Manzoni mantenne sempre un atteggiamento di dichiarata ostilità nei confronti del governo austriaco, tanto che nel 1848 incoraggiò i figli a partecipare alle cinque giornate milanesi e successivamente, sebbene il figlio Filippo fosse tenuto in ostaggio dagli austriaci, fu uno dei firmatari dell'appello a Carlo Alberto perchè muovesse guerra contro l'Austria. Nel 1849 viene eletto deputato del collegio di Arona in Piemonte, ma rifiuta tale nomina poiché non si considera adatto per la politica; nel 1861, costituitisi il Regno d’Italia viene poi nominato senatore da Vittorio Emanuele II, incarico che lo porterà in giro per l’Italia alla ricerca del consenso popolare. Nel 1864 votò a favore del trasferimento della capitale a Roma; Nel 1872 viene infine nominato cittadino onorario di Roma. Nell'ultimo anno di vita, nel 1873, riprese alcune pagine del Saggio comparativo e ne fece un'operetta nuova, rimasta anch'essa incompiuta, intitolata Dell'indipendenza dell'Italia. Ma tutta l'opera sua è retta da pensiero e ispirata da quel sentimento. Trascorse gli anni della sua vecchiaia circondato dalla borghesia italiana, che vedeva inlui un grande scrittore, un maestro e una guida intellettuale. Morì a Milano nel 1873 a 88 anni; gli furono attributi funerali solenni, alla presenza del principe ereditario Umberto, e fu sepolto nel cimitero monumentale.

Le idee politiche civili e religiose del Manzoni A livello politico Manzoni aderisce a un liberalismo moderato, antiaustriaco, che punta a una governo costituzionale e all’unificazione sotto i Savoia . L’aspirazione all’indipendenza si intreccia in modo evidente alle sue convinzioni religiose e all’impegno morale. Manzoni rifiuta la violenza ma non l'intervento popolare , non ha fiducia nell'intervento spontaneo e ritiene che la folla debba essere guidata da un'elite

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che ne interpreti le esigenze e indirizzi la sua forza verso obiettivi giusti: la borghesia. Manzoni vuole dunque che i cittadini siano uguali di fronte alla legge.Vuole l'abolizione dei privilegi dei nobili e del clero, è contrario alla trasformazione della religione in uno strumento politico e vuole uno stato non confessionale.Manzoni è convinto che esistano leggi economiche universali (come quella della domanda e dell'offerta), vuole un'economia di mercato fondata sulla libera concorrenza e sulla libera contrattazione della forza lavoro, vuole il prevalere della scienza sulla superstizione. Per una società così ordinata, gli uomini devono agire anche se non si raggiungono gli obiettivi prefissati. Questo comporta la consapevolezza che le azioni degli uomini si intreccino, si contrastano o si sostengono, ma queste portano l'umanità verso una società migliore. Per il Manzoni credente, essa rappresenta il piano della Provvidenza che tende all'affermazione della società borghese. E' la provvidenza che consente a Napoleone di estendere a tutta l'Europa i principi della rivoluzione francese, che ha favorito la formazione della nazione tedesca, l'affermazione dei principi che rifiutano l'intervento straniero e rivendicano per ogni nazione l'indipendenza e la libertà. E' essa che rende inevitabile la formazione di una nazione italiana.Qui la religione che dovrebbe utilizzare il suo prestigio morale, la forza ideale dei principi evangelici per sostenere la formazione della nuova società con giustizia e fratellanza ed ispirare la classe dirigente. Manzoni comprende che l'unico modo per collegare la borghesia alle classi povere è quello di creare un'alleanza con la chiesa affinchè sostenga e non contrasti tale movimento.

Il pensiero di Manzoni sulle produzioni artistiche del tempo

Manzoni ricevette dai sacerdoti una formazione classica, basata sullo studio dei classici latini e italiani tra i quali Virgilio, Petrarca, Dante, ecc…, ed allora il neoclassicismo era il movimento che andava per la maggiore nella letteratura italiana. Difatti Manzoni ammirava i 2 massimi esponenti del neoclassicismo in italia, ovvero Parini e Monti, dai quali fu rimasto fortemente impressionato.Verso la fine del primo decennio dell’800, Manzoni entrò in contatto con molti esponenti dell’illuminismo, spesso scettici verso la religione, in cui vi erano i valori della libertà degli ideali rivoluzionari. In seguito, egli si converti nel 1810, e ruppe in parte legami con la cultura laica dell’illuminismo, però ne manteneva le caratteristiche piu moderate.Dopo il contatto con Fauriel, Manzoni assorbi i tratti caratteristici del romanticismo (come l’attenzione verso la natura ed il mondo dei piccoli), ma li

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filtrò tramite gli insegnamenti di Parini, Beccaria e Verri. A questo si aggiunse la scoperta dell’etica cristiana da parte di Manzoni, che rafforza in lui il vincolo tra la ragione dell’illuminismo e la necessità del credente di affidarsi a Dio.Manzoni inoltre aveva una concezione civile della letteratura, difatti pensava che il letterato doveva lavorare con il potere sulla via delle riforme per migliorare le condizioni del popolo, come aveva fatto Parini tempo prima.L’elemento romantico di Manzoni emerge per la prima volta negli ‘’inni sacri”, dove l’io poetico si eclissa, elevando un grido di speranza e di fiducia verso Dio. La conversione romantica nasce dalla conversione al cattolicesimo, fattore che costringe Manzoni a un cambio di rotta rispetto al neoclassicismo.Negli anni 20 dell’800, alcuni ideologi francesi propugnavano che la storia non fosse incentrata sui potenti, bensi sugli umili, sfruttati da tutti, e questo fenomeno viene chiamato storia sociale. Per Manzoni la storia ha un valore sacro, che non dev’essere influenzata dalla mente del poeta, ma solo corretta, come emerge da un suo scritto. Tuttavia più avanti nello scritto Manzoni delinea due concetti: il vero storico ed il vero poetico. Il primo è la storia oggettivamente vera, non modificabile, mentre il secondo indaga su come gli uomini hanno pensato, ed i sentimenti che hanno vissuto durante gli avvenimenti storici, ed è quella sulla quale può inventare il poeta.Gli anni successivi alla conversione, furono significatativi nel panorama italiano, che era ancora ancorato alla tradizione classicista, fu costretta a confrontarsi con il romanticismo europeo. Vi furono diverse querele tra classicisti e romanticisti, ma Manzoni non vi partecipò attivamente, anche se era dalla parte dei romanticisti.Per tutti gli anni ’10, fino alla morte di Porta, Manzoni non fu l’unico esponente del romanticismo in Italia. Quest’ultimo ebbe dei rapporti di stima con altri romantici lombardi, con la quale si incontrava a casa di Porta, ma egli non entrò mai ufficialmente nel gruppo. Manzoni considerava Porta come un talento, ma non apprezzava il suo progetto linguistico-letterario.Dopo la morte di Porta, molti importanti esponenti del romanticismo morirono, e rimasero soltanto pochi membri esponenti, tra cui Manzoni e Grossi, che diventerà successivamente il miglior amico di Manzoni.All’inizio dell’800, Manzoni perse la speranza di raggiungere la serenità per mezzo della ragione, egli difatti considerava la vita e la storia un inspiegabile disordine caotico, che poteva essere risolto solo per mezzo di Dio che aiutava l’uomo a costruire un codice etico da rispettare. Egli dichiarò infatti “la convinzione che il cristianesimo è l'unica spiegazione possibile della natura umana, che è stata la religione cristiana che ha rivelato l'uomo all'uomo”, trovando nella religione l’unico strumento di sopportazione nell’infelicità umana. Difatti il pessimismo di Manzoni si differenzia da quello di Leopardi perché Manzoni ripone fiducia nella divina provvidenza.

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Le lettere di Manzoni Nelle sue lettere rivolte a Chauvet e a Cesare D’Azeglio, Manzoni parla del romanzo. In quella di Chauvet afferma che la letteratura si ispiri al vero, che per Manzoni è la tutto ciò che è accaduto, la storia, perché presenta una forza drammatica così forte che non può essere eguagliata da nulla di inventato.Cit. Alessandro Manzoni- lettera a M.Chauvet “Io non pretendo per questo che tale genere di componimenti sia essenzialmente falso; vi sono certamente dei romanzi che meritano d’essere guardati come modelli di verità poetica; sono quelli i cui autori, dopo aver concepito, in una maniera precisa e sicura, dei caratteri e dei costumi, hanno inventato azioni e situazioni conformi a quelle che hanno dato luogo nella vita reale, per sviluppare tali caratteri e tali costumi: dico solamente che come ogni genere ha il suo scoglio particolare, quello del genere romanzesco è il falso. Il pensiero degli uomini si manifesta più o meno chiaramente attraverso le loro azioni e i loro discorsi; ma, anche quando si parte da questa larga e solida base, è ancora ben raro raggiungere la verità nelle espressioni e nei discorsi umani. A fianco di un idea chiara semplice e vera, se ne presentano cento che sono oscure, forzate o false; ed è la difficoltà di isolare nettamente la prima che rende così piccolo il numero dei buoni poeti.”Invece nella lettera a Cesare, Manzoni afferma che il romanticismo italiano è composto da tre principi fondamentali: utile per iscopo, vero per soggetto e interessante per mezzo. Utile per scopo cioè che il testo ha un qualche scopo, come educazione morale, sollecitazione civile e politica. Vero per soggetto cioè che il testo debba essere vero sia in fatto storico che in fatto morale. Anche se il falso può divertire, me esso viene poi distrutto dal vero. E anche il vero può generare interesse, e questo più è vivo, più la persona che legge il brano è interessata a conoscere il vero. Interessante per mezzo cioè che il testo deve poter rivolgersi alla maggioranza delle persone, utilizzando argomenti attuali, che sono vivi nella conoscenza contemporanea, e che sono vicini all’esperienza quotidiana.Cit. Alessandro Manzoni – lettera sul Romanticismo “il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto il più esteso mi sembra poter essere questo: chela poesia e la letterature in genere debba proporsi l’utile per iscopo, la vero per soggetto e l’interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli

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argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione nata dai rapporti reali, a preferenza degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine di una riverenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero; è quindi temporario e accidentale. … … Ma il verso storicoe il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.…… Il sistema romantico ne ritiene meno di qualunque altro sistema letterario perché, la parte negativa, specificando il falso, l’inutile o il dannoso, il freddo che vuole escludere, indica e circoscrive nell’idee contrarie qualche cosa di più preciso, un senso più lucido di quello che abbia avuto finora.”

Dal “Fermo E Lucia” A “I Promessi Sposi”

Per la scrittura de “I Promessi Sposi” Manzoni inizia un lungo itinerario di lavoro che passa attraverso: la prima stesura (1821-23) del “Fermo e Lucia” (il titolo è convenzionalmente ripreso da un appunto sul manoscritto); la seconda stesura (1823-27) pubblicata con il titolo di “I Sposi Promessi” nel 1827; la revisione e stesura definitiva de “I Promessi Sposi”, compiuta fra il 1827 e il 1840. Le differenze più notevoli sono tra la prima e la seconda stesura: nella prima il testo presenta tratti romanzeschi e ha una struttura che procede per blocchi separati, una lingua che risente molto del francese e dei modelli letterari (sono presenti infatti francesismi e frasi in dialetto lombardo). Nel 1824 inizia quindi il lavoro di revisione che si conclude nel 1827. Nell'edizione del '27 varia l'intreccio, che diviene più agile e mobile; varia la lingua, che approda la scelta del toscano; predomina sul romanzesco un tono realistico, che comporta l'evidenza del quotidiano (vero storico), ma anche un approfondimento psicologico nella rappresentazione dei personaggi. I personaggi modificano il loro nome (Fermo Spolino diventa Renzo Tramaglino; Lucia Zarella si chiama Lucia Mondella; fra Galdino, il cappuccino che protegge i fidanzati, assume il nome di padre Cristoforo; il Conte del Sagrato riceve la misteriosa

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I Promessi Sposi

denominazione dell'innominato, Marianna De Leyva diventa l'anonima monaca di Monza). Solo don Rodrigo rimane immutato, anzi, risulta peggiore. Sembra che Manzoni voglia davvero fare di lui l'incarnazione del male di tutto un secolo. Nel Fermo e Lucia, infatti, egli è scosso da una vera passione per la ragazza e vive una tremenda crisi di gelosia nei confronti di Fermo. La sua persecuzione, in fondo, nasce da un sentimento che potrebbe, se non giustificarla, renderla umanamente comprensibile. Nella redazione successiva, invece, gli ostacoli che frappone alle nozze nascono da una futile scommessa stipulata con il cugino Attilio, superficiale e prepotente come lui. Gli anni compresi tra il 1827 e il 1840 sono dedicati a una attenta ricerca di un linguaggio vivo: la lingua è ancora rinnovata in direzione del fiorentino. L'autore è da tempo interessato alla questione della lingua, che in Italia è dibattuta sin dal XIII secolo. Perciò il Manzoni, che vuole fare del suo romanzo un'opera italiana, e non lombarda, mobilita la famiglia per trasferirsi a Firenze qualche tempo. Ha bisogno di imparare il toscano parlato dalle classi colte, per frequenti e determinanti correzioni al linguaggio della narrazione. Nel 1840 esce così la versione definitiva intitolata “I Promessi Sposi”. Con quest'opera, mette in evidenza i suoi intenti: la verità storica e l'impegno per l'unità d'Italia. Egli, per fare ciò si riferisce al Seicento, quando il ducato di Milano viene conquistato dagli spagnoli ma, in realtà, intende riferirsi il 1800 e agli austriaci per suscitare lo spirito di ribellione negli italiani. Manzoni, inoltre, per poter raccontare in maniera realistica il `600, si documenta leggendo grida e altri romanzi storici. Un altro argomento trattato dal Manzoni ne "I Promessi Sposi" è la religione. Egli infatti si occupa della figura della giustizia umana e della giustizia divina.

Fermo Lucia

È la prima stesura del romanzo, successivamente rielaborato e pubblicato col titolo di Promessi sposi, cui Manzoni iniziò a lavorare nel periodo 1821-23: si tratta di un abbozzo con parti mancanti e incongruenze (vi sono anche annotazioni di lavoro dell'autore) che non fu mai pubblicato e differisce dal romanzo maggiore per la trama e le scelte linguistiche, punto questo che fu probabilmente decisivo nella decisione dell'autore di rimaneggiare l'intera opera. Il Fermo e Lucia è diviso in quattro tomi e comprende complessivamente trentasette capitoli (così ripartiti: tomo I, 8; tomo II, 11; tomi III e IV, 9), preceduti da due Introduzioni delle quali la seconda è il rifacimento della prima; i capitoli del tomo I e i primi due del tomo II sono preceduti da un titolo, cosa che poi verrà abbandonata anche nella stesura definitiva del romanzo (in questo sembra di intravedere un'imitazione di alcuni romanzi francesi e inglesi, che agirono come modelli su Manzoni nell'accostarsi a questo nuovo genere letterario). Complessivamente il romanzo presenta risultati artistici assai modesti, sia sul piano della trama (che appare alquanto squilibrata nella

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I Promessi Sposi

ripartizione degli episodi) sia su quello dello stile e della lingua, ovvero il toscano letterario della tradizione su cui l'autore innesta molti lombardismi e francesismi, ottenendo un vero e proprio "pasticcio" che risulta di difficile lettura e lascerà profondamente insoddisfatto il romanziere. La difficoltà nella composizione si spiega con la scarsa dimestichezza di Manzoni con la prosa al tempo della stesura, nonché con la relativa novità del genere romanzesco che, oltre a non godere di grande prestigio in Italia, non aveva neppure una consolidata tradizione alle spalle cui rifarsi (com'è noto, Manzoni si ispira al modello del romanzo storico di W. Scott e apre una strada che sarà poi seguita in Italia da tanti imitatori negli anni successivi).Queste le principali differenze nella trama del Fermo e Lucia rispetto ai Promessi sposi:Il protagonista maschile ha il nome di Fermo, anch'esso abbastanza diffuso nella Lombardia del XVII secolo, mentre il nome Lorenzo è attribuito al sagrestano di don Abbondio che, nel romanzo maggiore, diventerà Ambrogio. La domestica del curato nei capitoli I-II del tomo I si chiama Vittoria, mentre in seguito diventa Perpetua come nei Promessi sposi.All'inizio del tomo II è presente una digressione in cui l'autore finge un dialogo con un lettore fittizio, il quale gli rimprovera di aver omesso dal racconto la descrizione dei sentimenti dei due innamorati: Manzoni difende le sue scelte stilistiche, argomentando che tale descrizione non è necessaria alla comprensione delle vicende e potrebbe invero suscitare pensieri peccaminosi in lettori non avvezzi a simili rappresentazioni (il punto di vista di Manzoni è ovviamente di tipo moralistico, dettato dalla preoccupazione che i suoi scritti possano provocare turbamento nel pubblico). Nei Promessi sposi questa parte è totalmente eliminata, salvo il fatto che la descrizione dell'"idillio" dei due innamorati è comunque assente.La monaca di Monza si chiama Geltrude (e non Gertrude, come nei Promessi sposi) e la sua tresca amorosa con Egidio vede due altre suore come complici, il cui ruolo nella vicenda non è del tutto chiarito; una di loro si incarica di eseguire materialmente l'assassinio di una terza suora che ha scoperto il segreto, il tutto su ispirazione di Egidio che si mostra come un vero spirito criminale (sarà lui a occultare il cadavere sotterrandolo in una cantina della sua casa attigua al convento). Sono presenti anche numerosi dialoghi tra gli amanti, mentre nel romanzo maggiore essi diverranno discorsi indiretti riassunti sommariamente.L'innominato è chiamato Conte del Sagrato e il suo colloquio con don Rodrigo è infarcito di termini spagnoleggianti, oltre a mostrare un carattere più spigoloso e scostante del personaggio (il dialogo diventerà un sintetico discorso indiretto nei Promessi sposi). Viene anche descritto con toni truci il delitto compiuto dal potente bandito sul sagrato di una chiesa (il che spiega il suo soprannome), mentre un'altra differenza è il suo incontro col Borromeo quando i due erano adolescenti, inserito nel racconto della conversione del Conte.

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I Promessi Sposi

Dopo la fuga dei due promessi dal paese, viene narrata la storia di Geltrude e poi il rapimento di Lucia ad opera del Conte del Sagrato, sino alla conversione del bandito in seguito all'incontro col Borromeo e la successiva liberazione della ragazza. L'autore torna a parlare di Fermo e delle sue disavventure a Milano solo molto più avanti, con una sorta di flashback che rende alquanto sbilanciata l'economia della narrazione.La morte di don Rodrigo è narrata direttamente, al lazzaretto, quando il signorotto vede Lucia e, in preda al delirio, balza in groppa a un cavallo e lo sprona a sangue, cadendone successivamente e morendo certamente in disgrazia. Nei Promessi sposi, invece, la sua morte è riferita solo nel capitolo XXXVIII e viene dunque lasciato in dubbio se l'uomo si sia pentito o meno dei suoi peccati.

Ecco una selezione di passi tratti dalla prima redazione del romanzo che l'autore ha profondamente rimaneggiato o del tutto soppresso nelle due successive edizioni (in ciascuna pagina viene proposto il testo originale, con una breve introduzione e un sintetico raffronto con la versione definitiva dei Promessi sposi):

Sposi Promessi

Ma il fervidissimo triennio vede soprattutto il lavoro del Manzoni intorno al romanzo, il nuovo genere che gli offre la possibilità di calare gli spiriti democratici del Romanticismo nella rappresentazione non di una realtà settoriale, come quella della tragedia, ma anche della società tutta quanta, e della storia non meno che della natura. Il che significava anche, per la prima volta nel campo della prosa, la necessità di porsi, non in astratto ma nel concreto della narrazione, la soluzione del problema della lingua, sempre legato come è ovvio, in tutte le sue insorgenze storiche, al problema della società italiana. Il primo foglio del romanzo porta la data del 24 aprile 1821, ma è dal settembre del ’22 che riprende in mano le fila della sua “cantafavola”, come gli piaceva chiamarla, e che convenzionalmente (dal nome dei due protagonisti) porta il titolo di Fermo e Lucia. La portò innanzi con tanto fervore che il 17 settembre 1823 era interamente scritta. A lavoro ultimato, il Manzoni scriveva la seconda Introduzione che è il documento drammatico dell’insoddisfazione che provava per non aver saputo dare alla sua idea di romanzo (cioè di un genere letterario “popolare”, con una vicenda che aveva per protagonisti due personaggi del popolo) una soluzione stilistica adeguata: non individuale, soggettiva, come quella che necessariamente veniva a risultare la lingua in cui era stato scritto il Fermo e Lucia (lingua mista di italiano, di lombardo e di tant’altri ingredienti, dai calchi del francese a quelli del latino, per non dire dei neologismi propri

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I Promessi Sposi

dell’autore), ma lingua comune all’intera società destinataria dell’opera, oggettiva come ogni lingua di comunicazione (sul modello della lingua francese o milanese). Ma la constatazione drammatica del proprio fallimento, nella misura in cui portava a consapevolezza la situazione linguistica della società italiana, divisa in tanti stati e in tantissime lingue, poneva anche la premessa per la soluzione stilistica che il Manzoni avrebbe adottato nella riscrittura del romanzo. Se è vero, infatti, che come non esisteva una società italiana (ma una società milanese, una società veneziana, una società romana ecc.) così non esisteva una lingua italiana, era necessario che, tra le tante lingue, se ne eleggesse una destinata a diventare la lingua di quella società che i moti del Risorgimento si proponevano come traguardo di aspirazioni non più soltanto ideali. E, tra le tante, il Manzoni non esitava a scegliere la lingua toscana, già lingua della grande cultura non meno europea che italiana, fino al Cinquecento, poi decaduta anch’essa al ruolo di lingua regionale. Il Manzoni non si rimise immediatamente a correggere e a rifare la prima stesura del romanzo. È di questo periodo la lettura e la fitta annotazione del Vocabolario della Crusca, nell’edizione veronese del Padre Cesari, e la esplorazione degli scrittori della nostra tradizione, soprattutto toscani, intese, l’una e l’altra, a reperire il patrimonio più vasto possibile di espressioni e di parole suscettibili di essere usate come modi e voci di una lingua quotidiana, viva e insieme “normale”. In questi ultimi mesi del ’23 era finalmente venuto in Italia Claude Fauriel, ospite dei Manzoni che da tanti anni ne sollecitavano la visita, sia nella casa di via Morone sia a Brusuglio. Il Manzoni approfittò della presenza dell’amico per fargli leggere il manoscritto del Fermo e Lucia, e il Fauriel ne discusse con lui i problemi e ne postillò alcuni capitoli. Lo stesso fece, anche più estesamente, Ermes Visconti, e il Manzoni mostrò di tenere in gran conto le osservazioni di questi suoi due primi lettori.Quando poi si accinse a correggere e via via a rifare il Fermo e Lucia, dapprima pensò di servirsi dei fogli della prima stesura in cui il testo era incolonnato nella metà destra della pagina e la metà sinistra era stata lasciata in bianco; ma ben presto (soprattutto in coincidenza con i radicali mutamenti strutturali introdotti all’altezza del capitolo VIII) si dovette rendere conto dell’impossibilità di seguitare per quella strada e impiantò ex novo una seconda minuta. Il romanzo non più in quattro parti ora aveva assunto il titolo di Gli Sposi Promessi, ma già nell’ultimo dei tre tomi in cui era diviso, il titolo è quello definitivo di I Promessi Sposi.

I Promessi Sposi

I promessi sposi è un celebre romanzo storico di Alessandro Manzoni, ritenuto il più famoso e il più letto tra quelli scritti in lingua italiana. Preceduto dal Fermo e Lucia, fu pubblicato in una prima versione detta ventisettana; rivisto in

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I Promessi Sposi

seguito dallo stesso autore fu ripubblicato nella versione definitiva chiamata quarantana.

I promessi sposi fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludere al dominio austriaco sull'Italia settentrionale. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di tutti i tempi anche con le imperfezioni di adesso.

Il romanzo si basa su gli episodi del XVII secolo, come ad esempio le vicende della monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631. Manzoni per il suo romanzo prese come base la religione cattolica: infatti uno dei personaggi principali che viene nominato raramente all'interno della vicenda è la Divina Provvidenza, la mano di Dio che tutto volge verso il bene.

Il romanzo di Manzoni viene considerato un passaggio fondamentale nella nascita stessa della lingua italiana. Nei dialoghi riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella lingua standard, tra cui il frequente uso dell'anacoluto.

È considerata l'opera più rappresentativa del Risorgimento, del romanticismo italiano e una delle massime della letteratura italiana. Dal punto di vista strutturale è il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana.

Considerato principalmente un romanzo storico, in realtà l'opera va ben oltre i ristretti limiti di tale genere letterario: Manzoni infatti, attraverso la ricostruzione dell'Italia del Seicento, non tratteggia soltanto un grande affresco storico, ma prefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nel suo tempo, non limitandosi a indagare il passato; bensì riflettendo su costanti umane e tracciando anche un'idea ben precisa del senso della storia, oltre che del rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono.

Il romanzo tuttavia è anche e soprattutto filosofico, profondamente cristiano, dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane.

Nella narrazione l'intreccio si discosta poco dalla fabula e solo quando la trama lo richiede. Ciò accade per esempio quando l'autore tratta parallelamente le vicende di Renzo e Lucia o quando compie dei flashback per le biografie di fra Cristoforo ,della monaca di Monza ,dell'Innominato e del cardinale Federigo Borromeo .Per narrare le vicende l'autore si affida a un narratore esterno onnisciente, il quale conosce tutto della storia.

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Nel romanzo c'è la vita del villaggio con i suoi interni squallidi e le campagne, bruciate dalla siccità. Ogni vicenda storica è vista in quanto aderisce alla vita degli umili. Il romanzo ha uno sfondo popolano dove gli umili sono solidali nella sventura. Non vi sono solenni quadri storici, ma è presente la fisionomia varia e minuta di un'epoca.

I grandi personaggi sono in funzione subordinata: protettori dei deboli(Federigo Borromeo, fra Cristoforo) o incarnano gli aspetti negativi di un secolo (don Rodrigo, il dottor Azzeccagarbugli). L'intervento di Dio è vivo in tutto il romanzo, ma avvertito con la fede semplice degli umili: "Quel che Dio vuole, Lui sa quel che fa; c'è anche per noi”.L'opera di Dio è una presenza paterna, amorosa e severa.

La "provida sventura" è il dolore che redime, che purifica ed eleva spiritualmente l'animo. La Provvidenza è intesa come una fiducia in Dio e nella sua grazia, un invito ad affidarsi alla Fede e agli insegnamenti cristiani di fronte alle avversità della vita. Nessuno dei personaggi è inquadrabile in una rigida opposizione tra bene e male e la Provvidenza si manifesta loro, anche ai potenti, come voce della coscienza, che essi possono decidere di ascoltare oppure no.

In quanto romanzo storico e "sociale" I promessi sposi delineano un quadro completo delle gerarchie tra le diverse classi sociali nella società lombarda del Seicento e delle attività che le caratterizzano. Il Seicento è dipinto come un secolo nel quale dominavano privilegi di alcune classi, soprusi, arbitri, violenze e ingiustizie. La violenza e l'ingiustizia erano diffuse, come appare dal comportamento dei soldati spagnoli verso la popolazione e dalle intimidazioni dei bravi a don Abbondio . Fra i potenti era diffusa la corruzione morale (don Rodrigo e l'Innominato) e le leggi erano inefficienti, come le grida promulgate contro i bravi. Le istituzioni pubbliche erano incapaci e spesso complici dei violenti e dei potenti.

Il paesaggio è sempre smorzato e triste, in armonia con il tono del racconto. Manzoni segue la concezione, propria del Romanticismo, di un paesaggio proiezione di emozioni, sensazioni, stati d'animo dei personaggi. Per esempio il paesaggio è oggettivo e realistico nel primo capitolo,descritto con affettuosa nostalgia e profonda, accorata intimità da Lucia nell'Addio ai monti ,pauroso e minaccioso nel bosco sull'Adda allorché l'animo di Renzo è pieno di timori, ansie, tensione e stanchezza; aspro, arido, minaccioso e incutente paura nella valle del castello dell'Innominato.

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