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LIBERTÀ E PAROLA LIBERTÀ È PAROLA 1

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LIBERTÀ E PAROLA

LIBERTÀ È PAROLA

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Durante l’adolescenza ogni giovane è pervaso quanto meno da un’aspirazione alla poesia, ma essa rimane per lo più un’ondata passeggera ed è raro che tale tendenza, emanazione della giovineza, sopravviva alla giovinezza.

Stefan Zweig

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Martedì 8 Aprile 2014 l’Istituto Alberghiero di Matera ha accolto nel piazzale dell’Istituto lo scrittore napoletano Erri De Luca. Presenti alla manifestazione anche le classi III B, III Q, V H dell’Istituto Magistrale “T. Stigliani” di Matera. L’incontro si è svolto nel più piacevole dei modi. In una calda mattinata primaverile lo scrittore è stato accompagnato dall’ Avvocato Beatrice Genchi e dal giovane poeta Gianpasquale Greco. Un grande e caloroso applauso ha accolto tutti. Gli alunni della III Q dello Stigliani hanno dato inizio ai lavori con le dolci note di Antonio Vivaldi. I ragazzi dell’Ipsar, riconoscibili dalle eleganti divise, hanno accompagnato i relatori alla postazione allestita per l’occasione. Alcuni alunni delle classi III A Ricevimento, III e IV A Sala, IV B Enogastronomia, V A Turistica dell’Ipsar hanno intervistato Erri De Luca che ha risposto alle domande con grande disponibilità e amabilità. La Manifestazione ha dato risalto soprattutto a noi ragazzi, protagonisti di un evento veramente straordinario. Quella di De Luca non è stata una lezione, ma una piacevole conversazione dalla quale sono emerse la sua esperienza di vita, il suo grande sapere, i suoi valori, le sue riflessioni politiche. Si è soffermato sul significato della mediterraneità, sulla vitalità del Sud, sulle peculiarità delle città caratterizzate dal tufo, come Napoli e Matera, che assorbono e trasmettono le emozioni del vissuto quotidiano. De Luca ha invitato a riflettere sull’importanza di vivere a pieno le esperienze e di puntare soprattutto al cammino che si percorre per arrivare alla meta. Ha suggerito di pensare a Don Chisciotte, una figura letteraria che non si arrende mai nella sconfitta ed è per questo invincibile. Coloro che sembrano vinti in realtà non lo sono,

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hanno soltanto incontrato sulla propria strada “il peggior ostacolo”. (By III B SCIENZE UMANE)

EMOZIONI

Pensavo che ascoltare uno scrittore fosse complicato… Non è stato così!

Emanuela Capolupo Mi ha fatto comprendere che il nostro futuro non deve essere affidato al Ministero della Difesa e che l’Italia dovrebbe investire in Cultura piuttosto che in F35.

Marco Gigante Con De Luca la parola sia scritta che orale è potente.‘’Una parola detta non può essere ritirata’’… pronunciato da una persona del suo calibro rende ciò più credibile.

Erika Francione

Ha messo fuori la sua fierezza di meridionale e mi sono sentito ‘’tirato in gioco’’.

Domenico Leone

Scripta manent verba volant è diventata per De Luca Scripta volant verba manent. E per noi si è aperta una nuova mentalità.

Marco Cancelliere

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Erri De Luca quando parla sembra che suoni un brano musicale. Le sue parole sono come le note: armoniche e fluenti.

Domenico Ciaccia

Il filosofo insegna a perseguire la verità, lo scrittore la propria libertà. De Luca trasmette sentimenti e chi lo ascolta comincia a viaggiare con la mente e con l’anima.

Angela Paradiso

‘’La matematica per me è stato sempre un atto di fede’’. Condivido pienamente!… ed è stata felicità per me.

Annasofia Saponaro

Ascoltandolo ho avvertito qualcosa di superlativo… ha conosciuto le molteplici sfaccettature dell’umanità che lo hanno arricchito e gli permettono di arricchire anche noi, suoi lettori.

Maria Francesca Ditaranto

“Le persone che non ci sono più non le abbiamo perse’’.Erri De Luca mi ha ricordato un amico che non c’è più e ha rinnovato questa certezza. Mi ha colpito molto il suo rapporto con il dolore umano e la comprensione per la sofferenza delle donne e dei bambini bosniaci.

Asja Montemurro

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Ritengo una fortuna aver ascoltato dal vivo Erri De Luca. Mi è parsa una persona semplice dallo sguardo vispo e dalla pronunciata giovinezza interiore. Incontrarlo per me è stato come essere seduta in salotto, immersa nella lettura dei suoi racconti.

Marianna Casarano Il mio sguardo ha incontrato il suo: sono un ragazzo… mi sono sentito adulto! Se lo incontrassi nuovamente mi farei fare un autografo sul collo con penna indelebile. Ho provato un nuovo sentimento che non ha ancora un nome…

Pietro Leone

Sotto l’ombra di quell’albero è stato facile condividere il suo sorriso: nessuna parola per lui, nessuno spartito per me durante l’esecuzione dell’ ultimo brano.Non mi è importato più l’accelerare dei nostri pizzicati. Ogni movimento per me era come fermo.Questo è stato il tocco magico che mi ha fatto capire ancor più le sue parole. Un contatto diretto che non dimenticherò mai.

Roberto Uricchio

(BY III Q LICEO MUSICALE)

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CONVIVIO

Con la conferenza che ha visto protagonista Erri De Luca, ho constatato come la conoscenza e l’esperienza di un uomo possano suscitare un così grande fascino su coloro che lo ascoltano e che colgono lo sguardo penetrante di chi sa comunicare la sua grande interiorità. Altrettanto riscontro ho avuto, nel momento in cui come flautista dell’orchestra del Liceo Musicale, mi è stata offerta l’opportunità di accogliere Erri De Luca con le note del pentagramma. Per me, in particolare, si è aggiunta ulteriore emozione anche quando ho saputo di essere stata inserita tra gli invitati d’eccezione al convivio organizzato per l’ospite illustre dall’ Istituto Alberghiero “Turi”. In quella occasione ho verificato il grande tributo che è stato offerto dagli studenti dell’Ipsar attraverso un tripudio di fiori, bontà gastronomiche e ospitalità cordiale.

La sala, se pur di dimensioni modeste, ma allestita per l’occasione in modo armonico tanto da sembrare molto più grande di quanto non fosse, si è resa testimone di parole, sorrisi entusiasti e sguardi ammirati verso colui che aveva già precedentemente catturato l’attenzione dei presenti, incantando con la sua semplicità e naturalezza. Quello che è seguito non è stato un semplice pranzo, ma un convivio letterario vero e proprio. Esili cartoncini disposti sui tavoli riportavano citazioni tratte dai libri di De Luca. Pensieri sui quali lo sguardo dei commensali ricadeva di tanto in tanto quasi a conferma di essere in una dimensione magica.

All’improvviso una voce importante, penetrante e persuasiva ha intercettato la nostra attenzione declamando una pagina straordinaria, un elogio sul pane che oltre ad essere riflessione sul

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cammino secolare di questo prezioso alimento della dieta mediterranea, ha rappresentato un omaggio a ciò che simbolicamente caratterizza Matera nella sua tradizione secolare. La calda voce di Barbara De Palma mi ha riportato alla mente il Convivio dell’Alighieri. Ora la prefazione di De Luca al libro di Predrag Matvejevich “Pane nostro” diveniva per me pane, ovvero, commento del sapere. Marianna Casarano

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Leggere un viaggio verso la libertà…

Gianpasquale Greco è il giovane intellettuale che ha preceduto Erri De Luca con un’argomentazione interessante sulla libertà dello scrittore presso il Palazzo Lanfranchi l’ 8 Aprile 2014 durante la Conferenza “Leggere un viaggio verso la libertà”.

“Gianpasquale Greco nato a Napoli nel 1987, fin da bambino è attratto dalle Lettere, dalla Musica, dalla cultura figurativa, ma solo per merito fortuito di un laboratorio di scrittura creativa presso il Liceo G. Mazzini di Napoli con la scrittrice Antonella Cilento, ospite a Matera un paio d'anni fa, ha sviluppato appieno la sua passione. Si è laureato in Cultura e Amministrazione dei Beni culturali presso la Facoltà  di Lettere e Filosofia dell' Università Federico II di Napoli con il Prof. Francesco d'Episcopo, che ha scritto la bella prefazione alla sua prima raccolta di poesie "Trasfusioni di sangue".E’ dottorando in Storia dell’Arte presso l’Università Federico II di Napoli”.

Appassionante il percorso tracciato da Greco. Una riflessione su scrittori che sperimentarono nel passato l’incontro-scontro con una società in cui la libera scelta non era contemplata tra le consuetudini del loro tempo e la scrittura diventava uno dei pochi strumenti per smuovere le coscienze. (By III Q LICEO MUSICALE)

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Matera, capitale della cultura o Matera, cultura come capitale?

E’ questo il rompicapo linguistico che è emerso ascoltando Erri De Luca mentre parlava agli studenti affascinati dalla sua elevata capacità affabulatoria.“Un braccio unito al resto del corpo, l’Europa, ove Puglia e Calabria rappresentano la mano protesa sul Mediterraneo e la Sicilia un fazzoletto che vola via”. Così De Luca vede l’Italia, una penisola che ha in sé l’orgoglio della mediterraneità e che non può ridursi secolare da cui si irradia una cultura che nulla ha a che vedere con quella del Nord Europa da cui son calati giù solo eserciti bellicosi.Con la sua ampiezza culturale lo scrittore napoletano ha sviluppato punti molto familiari. Riferimenti come accoglienza, religione, parola, son divenuti per noi dinamiche interiori dirompenti. Il suo apprezzamento per Matera è stato ulteriormente confermato in una intervista prima di lasciare la città. Al giornalista che chiedeva un’impressione su Matera Erri De Luca ha risposto che Matera è cambiata dal 1971, quando ha conosciuto il volto della città. Son passati 43 anni. Sembra di non esser tra i Sassi, ma in una gioielleria. Matera ha selezionato il suo flusso di visitatori scegliendo una clientela di ammiratori molto speciali. La cultura è un capitale e voi ne avete in abbondanza. Così ci ha salutato e così rispondiamo al suo saluto, diventando ambasciatori del suo pensiero: La cultura è un capitale!Arrivederci a presto…

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(By VH Liceo Linguistico Matera)

Italia è una parola aperta

Italia è una parolaaperta spalancatacome le sue costeabbordata da mari e civiltàvenute dai quattro angoli del vento.

E no, non è uno stivale da calzarema un braccio che si sporgedall'attaccatura delle Alpi.

La Puglia e la Calabriasono la mano aperta,la Sicilia un fazzolettoche saluta al vento.

Nessuno potrà stenderefilo spinato in mare,chiuderla in unaSvizzera del sud.

Noi siamo Italia,una parola aperta.

Versi di Erri De LucaMusica di Roberto ColomboVoce di Antonella Ruggiero

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Sulle orme di Erri…

Quando io ed alcuni miei compagni ci siamo seduti al tavolo allestito per accogliere lo scrittore, una donna stava attaccando un poster a colori davanti ad un tavolo; gesto inutile, in fondo tutti erano consapevoli del perché fossero seduti lì ad aspettare, tutti sapevano chi stavano attendendo e quasi nessuno ne conosceva il volto che, di profilo sul piccolo poster, non aveva sollevato alcuna obiezione o palesato espressione stupita, ma solamente una somiglianza con un uomo in piedi là vicino che aveva baffi e capelli con solo qualche ruga in meno.All’inizio abbiamo considerato la possibilità che lo scrittore fosse lui, ipotesi subito scartata: erano state date disposizioni perché l’orchestra iniziasse a suonare e che tutti dovessimo applaudire al suo arrivo, però nessun applauso e nessuna melodia c’erano stati, d’altronde un’accoglienza così misera non l’avrei tollerata e penso che neanche la donna del poster, la quale incespicando tra le parole aveva dato istruzioni a tutti, sarebbe stata contenta di veder fallire l’entrata trionfale tanto progettata. Ogni tanto partiva un applauso, qualcuno si alzava per controllare se la sua auto fosse entrata dal cancello principale, per poi tornare a sedersi non molto sorpreso. Abbiamo aspettato una decina di minuti, tutti sono scattati in piedi e noi per ultimi, avendo conferma del suo arrivo dal flauto solista e dal pizzicato dei violini che intonavano “La pioggia” di Vivaldi. Sinceramente, mi aspettavo che l’orda di professori ed organizzatori sulla porta l’avrebbe subito assediato: erano lì in piedi davanti all’entrata dell’Istituto, dritti e sorridenti pieni di

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soddisfazione, tanto che non era difficile notare quanto parecchi di loro morissero dalla voglia di parlare con lui.

Non dico che non l’abbiano travolto, in un secondo momento si sono precipitati tutti verso lo scrittore come una valanga, ma vi assicuro che dai loro sorrisi e dall’eccitazione sprizzante da alcuni pareva che la sola visione di quest’ultimo avrebbe causato degli arresti cardiaci, e non nascondo quanto la loro esagerazione fosse divertente. Al tavolo, coperto da una tovaglia bianca, a sua volta ammantata da una più piccola gialla tendente al beige, c’erano tre posti: quello al centro era per Erri, alla sua destra era seduta l’avvocato Genchi e sulla sinistra il Preside dell’Istituto alberghiero.

Un telefono non ha molto atteso a squillare fastidiosamente, cosa che, comunque, mi aspettavo non poco poiché spesso accade che anche nelle più importanti manifestazioni culturali ci si preoccupi maggiormente di pretendere il rispetto altrui piuttosto che prodigarsi nella semplicissima azione di spegnere il proprio cellulare, cosa che chiunque, per quanto impegnato o importante sia, è capace di fare e che richiede nulla più che pochi secondi. È stato comunque spento subito, quasi senza il minimo imbarazzo e con la più evidente normalità.

Tutto è iniziato con un breve intervento dell’avvocato Genchi, seguito dal benvenuto del Preside, mentre due alunni della scuola in questione, non so se per precedente dimenticanza o seguendo il programma della signora del poster, servivano dell’acqua sistemando davanti a ciascuno un bicchiere capovolto su un piatto coperto da un tovagliolo di carta bianco. Lo scrittore era esattamente come lo ricordavo, pur parendo pensieroso e un poco stanco.

Non mi aspettavo che sembrasse particolarmente entusiasta di

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parlare a dei ragazzi e, a dirla tutta, non lo sarei stata neanche io al suo posto.Apro una piccola parentesi per cercare di rendere l’idea di chi egli si trovasse davanti: vi erano due colonne di file di sedie, io ero seduta nella terza fila della colonna di sinistra, direttamente davanti al posto dello scrittore; alla sinistra del tavolo vi era l’agglomerato di professori e collaboratori che ho già nominato, di fianco ad alcune altre file di sedie sistemate in verticale e a destra l’orchestra, intorno alla quale erano raccolti insegnanti, fotografi ed altri operatori con videocamere i cui telefoni suonavano non di rado.Ora, collocate fra i tre agglomerati di sedie parte dei presenti occupavano una sedia per sedersi e lo schienale di un’altra per poggiarvi i piedi, tre quarti aveva il cellulare in mano pronto all’uso, alcuni erano in piedi, altri intonanti cori esaltanti, risate e applausi vari.

Non penso che la mia generazione sia così terribile come la si dipinge e non mi vergogno assolutamente di farne parte, ma non nascondo che, anche se molto spesso solo apparente, la noncuranza è diffusa tra noi più di quanto lo sia altrove.Perciò non sono rimasta particolarmente sorpresa dalla visione di un volto quasi inespressivo dinanzi a noi adolescenti.Eppure, Erri De Luca ha risposto con interesse ad ogni domanda a lui posta, con tutta quanta la pazienza necessaria per parlare ad una moltitudine di giovani insofferenti al primo caldo primaverile.

La prima cosa che ha precisato è stata la sua appartenenza al Mediterraneo e l’importanza della cultura, risorsa indispensabile per il nostro Paese. In previsione della stesura di un eventuale tema sull’ incontro, una mia amica ha registrato parte del suo discorso ma, dati i frequenti applausi e il vociare diffuso, poco è comprensibile, per questo mi

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spiace di non poter essere in grado di riportare fedelmente il suo discorso.Una “comunità di persone ritrovate a convivere nella stessa terra”, De Luca ha così descritto noi meridionali, campioni d’accoglienza ed alta cucina, costringendomi a domandare a me stessa come faccia lui ad avere una così ampia fiducia in noi giovani quando io stessa, al sentirci descrivere come “futura classe dirigente” non riesco a trattenermi dall’immaginare il peggio possibile.

“Verba manent, scripta volant”, invertendo la citazione latina, “perché ormai i libri non li legge più nessuno, De Luca mi ha fatto pensare che se le parole non hanno più peso e i libri non li legge più nessuno, cosa è rimasto a renderci credibili?

Nel formulare e scrivere promesse sono abili tutti, a partire da semplici casi quali, per esempio, le “regole della classe” che i bambini scrivono su cartelloni colorati da appendere al muro in prima elementare ma dei quali, in fondo, chi mai alza sempre la mano prima di parlare o rimane seduto al proprio posto senza chiacchierare con un compagno? Chi non ha mai superato un limite di velocità, chi non ha mai detto di aver dimenticato un quaderno a casa pur di non ammettere di non aver studiato, e chi non si è mai sentito offeso dalle parole di qualcun altro, chi non ha mai avuto l’impressione di aver a sua volta offeso? Cosa è rimasto a renderci credibili?Ecco, De Luca non ha dimenticato di ricordare la differenza tra “rivoluzione” e “riforma”, e probabilmente una delle prime cose che ho dedotto dall’incontro è stata che noi siamo dei grandi riformisti: abbiamo l’abilità di rifare leggi girando sempre intorno a quelle vecchie, cambiare stile di vita senza variare il modo di vedere il mondo e dichiararci diversi dalla massa continuando a perseguirne le stesse scelte e mode, dimenticando che la prima cosa imparata da un bambino nel momento in cui inizia a giocare

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con le costruzioni ed i mattoncini è proprio che una torre, raggiunta una certa altezza, inizia a barcollare e poi crolla.

Ecco, penso che la nostra credibilità sia giusto un po’ distrutta, ultimamente.Ma oltre questi particolari, come ogni altro racconto che si rispetti mi sembrerebbe opportuno evidenziare il punto che più mi ha colpita.“Se il cammino non è ostacolato, sono buoni tutti” ha affermato rispondendo ad una domanda postagli da un’alunna di nome Lucia, visibilmente emozionata.

“Invincibile è un aggettivo attribuito spesso a Chisciotte, che viene detto il cavaliere invincibile degli assetati. Invincibile per Chisciotte che non ne ha mai vinta una sembrava una contraddizione in termini. Beh, alla lettera ha ragione il poeta turco che l’ha così definito, invincibile non è chi vince sempre e che poi deve stare su quel gradino provvisorio del podio, ma invincibili sono quelli come Chisciotte che continuamente vinti, sconfitti, non la smettono di rimettersi in piedi per battersi ancora e di nuovo.

Quindi, alla lettera, non posso essere vinti una volta per tutte, perciò sono invincibili.

E quelli che spostano i termini del mondo, spostano i suoi confini ed i suoi limiti, sono sempre delle persone che si sono sforzate al di là delle sconfitte incassate e subite, anche in maniera solitaria, anche in maniera isolata, profetica, perché i profeti non sono quelli che vengono dichiarati tali, profeti sono quelli che all’inizio sono dichiarati pazzi”.Allora la prima cosa che ho pensato è stata “e i vinti?” Se invincibili sono quelli che trovano sempre un motivo per battersi, quelli con alle spalle una grande sconfitta dove trovano il

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coraggio?Quel che intendo è, insomma, Ernest Hemingway si è sparato alla tempia, Ian Curtis si è impiccato ad una rastrelliera, Sylvia Plath ha chiuso porte e finestre ed è stata trovata di testa nel forno di casa sua e Kurt Cobain è morto infliggendosi un colpo di fucile sotto la mascella.Sono dei codardi, loro?

Eppure al mondo hanno lasciato così tanto.Quindi più che darmi risposte, ha lasciato in me altre domande, come tutto sommato gran parte delle cose da lui esposte. Come ho già detto prima, Erri De Luca ha avuto a stento il tempo di alzarsi dalla sedia prima di essere assediato dalla folla e scomparire dalle teste, ma la cosa non mi ha particolarmente interessata sia perché non era difficile prevederla e poiché sapevo che lo avrei nuovamente ascoltato nel pomeriggio.

Non posso comunque fare a meno d’evidenziare che, rispetto a ciò che vissuto nella mattinata, l’incontro pomeridiano mi ha colpita molto di più.La sala dove si è svolto era piccola e collegata con altri spazi della stessa grandezza occupati da una mostra sulle macchine da presa cinematografiche. Vi era un piccolo palco, sul quale erano con cura stati sistemati un pianoforte a mezza coda, un leggio e un tavolo non molto grande, occupato sia da Gianpasquale Greco che da De Luca. Il primo, un giovane poeta napoletano laureato in Storia dell’Arte, con un breve ma incisivo intervento, molto interessante sul tema della libertà ha inaugurato l’incontro con lo scrittore, richiedendo anche l’aiuto delle attrici Barbara De Palma e Mariella Soldo per la lettura di alcuni passi, tra cui uno, che mi ha vista particolarmente attenta, tratto dal “De Profundis” di Oscar Wilde. Non vi erano molti posti per sedersi, infatti la maggior parte dei presenti ha ascoltato in piedi, ma io ed altre due mie compagne di classe, essendo arrivate un’ora e mezza prima sul luogo allo scopo

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di provare alcuni brani per pianoforte e contrabbasso che abbiamo poi eseguito all’inizio e alla fine dell’incontro, eravamo sedute in seconda fila direttamente davanti al tavolo.De Luca, rimasto immobile per quasi tutta la durata dell’intervento iniziale, alzandosi in piedi per rendersi visibile a tutti e iniziando a spiegare come non si possa eleggere una capitale della cultura in Italia poiché tutto il territorio è un museo a cielo aperto, parlava con calma e precisione impeccabile: collocava parole giuste al posto giusto con un ordine infallibile ma allo stesso tempo semplicità disarmante.“Allora, io faccio lo scrittore”, ha ribadito dopo circa venti minuti, “faccio lo scrittore, non sono uno scrittore: sono un sacco di cose, sono un Napoletano, sono anche uno scrittore, sono uno che scava, sono un operaio, sono stato un rivoluzionario, ma siccome sono ancora vivo e sono vivo da un pezzo, ho un sacco d’attività dietro come capita, insomma, a quelli che campano a lungo.Ma faccio lo scrittore. E approfitto generosamente dei diritti d’autore, ma io non sono autore delle storie che scrivo, le storie le prendo dalla vita, e non sono autore della vita. Io sono più un redattore”.“Scrivere”, ha detto, “è un modo di tenere compagnia. La scrittura prevede la distanza. Ecco, se io sto nella stessa stanza di una persona non le scrivo una lettera, la scrivo se sono lontano. E quindi, io scrivo perché sono lontano. E allora, dalla mia lontananza, dalla mia distanza, racconto una storia prima di tutto a me stesso: la racconto perché me la sono ricordata e così mi metto a scriverla. E allora quella storia, quel pezzo del passato, quelle persone, quegli ambienti, quei luoghi capitano di nuovo.

Per me la scrittura ha questa possibilità, di far accadere la vita una seconda volta, però senza poterle cambiare i connotati: se sto scrivendo una storia in cui c’entra una relazione tipo Caino e Abele, non posso salvare Abele, però posso fare in modo che quei

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due, nel secondo tempo, quando si rincontrano, quando ripassano per quelle stesse piste, si capiscano meglio”.L’incontro con De Luca non è durato molto, poco più di un’ora, ma in quella sala ho notato reazioni diverse: ho visto una donna commuoversi, parecchi semplicemente annuire soddisfatti, un paio di persone abbastanza scocciate sono andate via prima ch’egli finisse di parlare ed altre tre o quattro sedute dietro di me erano molto pensierose, quasi egli le avesse lasciate senza altre parole da dire.Ma, per quanto mi riguarda, oltre alle numerose domande che mi ha regalato, De Luca penso mi abbia dato quasi una delle tante risposte che cercavo: quando la mia professoressa mi ha chiesto di scrivere questo racconto, ho mentito dicendo che fosse il primo quando in realtà è solo uno dei tanti ma allo stesso tempo l’unico con, se così può definirsi, un finale.Non pensavo che si potesse scrivere qualcosa riguardo la propria vita facendo sembrare il tutto, dettagli e personaggi, così straordinari come lui riesce a fare, e mi sorprendo d’esser riuscita a scrivere così tanto parlando di una sola giornata, essendomi sempre sembrata la mia quotidianità monotona e uguale a qualunque altra e che, scrivendo, ha iniziato a non sembrarmi più tale.Inizio a pensare che se chiedessi a chiunque altro di mettere nero su bianco anch’egli un racconto riguardo gli stessi avvenimenti, descriverebbe molti altri particolari che io non ho avuto modo di notare, e sarebbe enormemente affascinante riuscire a vedere in tal modo attraverso gli occhi di qualcun altro.Mi chiedevo come si potesse scrivere di se stessi e non penso di aver trovato completamente la risposta ma se qualcuno ha davvero avuto la pazienza di leggere queste pagine allora forse non sono molto lontana dal riuscirci: spero di aver permesso anche io a qualcuno di vedere attraverso i miei occhi.

Sara Cucaro

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CLASSI

III B Scienze UmaneIII Q Liceo MusicaleIII H Liceo Linguistico

Docenti

Laura Alvarez VinesFrancesca BiancoCinzia Di NoiaBruna Esposito Alma La ValleLucia LazeteraSylvia StastnyAnna Tabarelli

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