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XXXI SEMINARIO NAZIONALE DI RICERCA IN DIDATTICA DELLA MATEMATICA SEMINARI DEI GIOVANI (VIII EDIZIONE) Rimini, 29-30 Gennaio 2014 Abstracts degli interventi Utilizzo della tecnologia per la valutazione degli studenti da parte degli insegnanti Marta Venturini, Università di Bologna e Simon Fraser University (Vancouver) La mia attività di ricerca riguarda l’utilizzo della tecnologia nella valutazione e, in particolare, come si può valutare l'apprendimento che si sviluppa attraverso l'uso delle tecnologie in Matematica. Oggi in molte scuole si utilizza la tecnologia durante l’insegnamento della Matematica, ma poi questo non viene incluso nella valutazione. Le attività svolte con il computer o in laboratorio vengono viste come attività “extra curricolari” (sia dagli insegnanti che dagli studenti), che quindi poi gli studenti non considerano importanti, perché non verranno valutati su queste cose. Perché gli insegnanti non usano la tecnologia per valutare l’apprendimento dei loro studenti? Di cosa hanno bisogno per riuscire a ideare quesiti appropriati e innovativi per valutare gli studenti con la tecnologia? Così gli insegnanti sono diventati i protagonisti della mia ricerca. Dopo aver confrontato testi di Didattica della Matematica sulla valutazione e sulla tecnologia, ho creato un questionario per gli insegnanti, con domande sulla tecnologia, la valutazione, e l’utilizzo della tecnologia nell’insegnamento e nella valutazione degli studenti, per sapere cosa ne pensano e che utilizzo ne fanno in classe. Nel questionario si chiede anche di ideare un quesito per valutare degli studenti che hanno svolto in classe una parte del programma di geometria seguendo un percorso con Geometer’s Sketchpad. Laborde (2001) afferma che è più facile per gli insegnanti adattare i soliti quesiti in un DGE (Dynamic Geometry Environment), piuttosto che creare nuovi quesiti di natura diversa da quelli che si possono risolvere con carta e penna. La mia

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XXXI SEMINARIO NAZIONALE DI RICERCAIN DIDATTICA DELLA MATEMATICA

SEMINARI DEI GIOVANI (VIII EDIZIONE)Rimini, 29-30 Gennaio 2014

Abstracts degli interventi

Utilizzo della tecnologia per la valutazione degli studenti da parte degli insegnanti

Marta Venturini, Università di Bologna e Simon Fraser University (Vancouver)

La mia attività di ricerca riguarda l’utilizzo della tecnologia nella valutazione e, in particolare, come si può valutare l'apprendimento che si sviluppa attraverso l'uso delle tecnologie in Matematica. Oggi in molte scuole si utilizza la tecnologia durante l’insegnamento della Matematica, ma poi questo non viene incluso nella valutazione. Le attività svolte con il computer o in laboratorio vengono viste come attività “extra curricolari” (sia dagli insegnanti che dagli studenti), che quindi poi gli studenti non considerano importanti, perché non verranno valutati su queste cose. Perché gli insegnanti non usano la tecnologia per valutare l’apprendimento dei loro studenti? Di cosa hanno bisogno per riuscire a ideare quesiti appropriati e innovativi per valutare gli studenti con la tecnologia? Così gli insegnanti sono diventati i protagonisti della mia ricerca.

Dopo aver confrontato testi di Didattica della Matematica sulla valutazione e sulla tecnologia, ho creato un questionario per gli insegnanti, con domande sulla tecnologia, la valutazione, e l’utilizzo della tecnologia nell’insegnamento e nella valutazione degli studenti, per sapere cosa ne pensano e che utilizzo ne fanno in classe. Nel questionario si chiede anche di ideare un quesito per valutare degli studenti che hanno svolto in classe una parte del programma di geometria seguendo un percorso con Geometer’s Sketchpad. Laborde (2001) afferma che è più facile per gli insegnanti adattare i soliti quesiti in un DGE (Dynamic Geometry Environment), piuttosto che creare nuovi quesiti di natura diversa da quelli che si possono risolvere con carta e penna. La mia ricerca è guidata dal desiderio di conoscere quali tipi di quesiti gli insegnanti potrebbero essere più interessati ad utilizzare: se confermano la conclusione di Laborde o se sono disposti a cambiare il loro approccio alla valutazione in un DGE, considerando gli ultimi risultati sull’utilizzo della tecnologia nel task design e i miei sketches.

Ho studiato le ultime ricerche sul task design, i modi in cui le caratteristiche della tecnologia possono essere sfruttate per creare quesiti per la valutazione, e come la tecnologia richieda un cambiamento del tipo di domande che si possono porre. Tenendo conto di questi risultati, ho ideato alcuni tasks sulla Geometria del Cerchio da utilizzare in Sketchpad (versione iPad) seguendo il BC curriculum on Mathematics grade 9, e utilizzando (Laborde, 2001) e (Sinclair, 2003) come framework. Costruendo i quesiti in Sketchpad mi è sorta un'altra idea interessante: si può sfruttare il feedback della tecnologia per permettere agli studenti di continuare a imparare mentre stanno facendo un test?

Ho somministrato i quesiti a due classi di studenti (grade 9-10), i quali hanno lavorato in coppia sugli sketches, e ho raccolto i risultati chiedendo loro uno screenshot e la relativa spiegazione su carta per ogni quesito. Parte dei dati sono anche le interviste singole agli

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insegnanti, che contengono chiarimenti sulle loro risposte al questionario e sul quesito che hanno creato; in tale occasione gli insegnanti analizzano anche gli sketches che ho costruito in Sketchpad e le risposte degli studenti.

Sto esaminando diversi framework per l’analisi dei dati, tra cui (Ruthven, 2013) e (Herbst & Chazan, 2011). La mia attività di ricerca è ancora in corso, sto decidendo se considerare anche la parte successiva alla valutazione: il feedback degli insegnanti; il quale costituisce la base del formative assessment, e insieme al feedback fornito dalla tecnologia potrebbe assumere una luce nuova per favorire l’apprendimento degli studenti.

Bibliografia

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Caron, F., & Ben-El-Mechaiekh, H. (2010). Assessment in mathematics courses integrating technology: Technical/pedagogical challenges and curricular considerations. Discussion panel at Workshop on Technology Integration in Teaching Undergraduate Mathematics Students, Fields Institute for Research in Mathematical Sciences, Toronto, ON & Centre de Recherche mathématique, Montreal, QC.

Heidenberg, A., & Huber, M. (2006). Assessing the Use of Technology and Using Technology to Assess. In L. A. Steen (Ed.), Supporting Assessment in Undergraduate Mathematics (12th Case Study). Mathematical Association of America, Washington, DC.

Herbst, P. and Chazan, D. (2011). Research on Practical Rationality: Studying the Justification of Actions in Mathematics Teaching. The Mathematics Enthusiast, 8(3), 405-462.

Laborde, C. (2001). Integration of Technology in the Design of Geometry Tasks with Cabri-Geometry. International Journal of Computers for Mathematical Learning, 6(3), 283-317.

Mackrell K., Maschietto M. & Soury-Lavergne, S. (2013). The interaction between task design and technology design in creating tasks with Cabri Elem. In Margolinas, C. (Ed.), Proc. of 22nd ICMI Study: Task Design in Mathematics Education (pp 79-87). Oxford.

Ruthven, K. (2013). Frameworks for Analysing the Expertise That Underpins Successful Integration of Digital Technologies into Everyday Teaching Practice, Springer Science+Business Media Dordrecht.

Sinclair, M. P. (2003). Some implications of the results of a case study for the design of pre-constructed, dynamic geometry sketches and accompanying materials. Educational Studies in Mathematics, 52, 289-317.

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数学 [shuxue, matematica] sguardi (d)alla CinaAlessandro Ramploud, Università di Modena e Reggio Emilia

Non si tratta di filosofia comparata, della messa in parallelo delle diverse concezioni, bensì di un dialogo filosofico dove ogni pensiero, nel farsi incontro all’altro, si interroga sul proprio

impensato. [Jullien 2008]

F. Jullien

Con lo zaino colmo di filosofia solo con lentezza io posso scalare la montagna della matematica [1929]. [Wittgenstein 2009]

L. Wittgenstein

Quadro generale del progetto

Questo progetto è volto a ripensare la figura del docente a partire dal ruolo che riveste all’interno della mediazione semiotica [Bartolini, Mariotti, 2008]. Ad essa va associata una prospettiva d’interazione multiculturale, nello specifico con una cultura (dei bambini, ma soprattutto didattica) a noi così lontana da diventare paradigmatica, come quella cinese. Non da ultimo, ci si inserisce all’interno dei percorsi di formazione insegnanti (in formazione ed in servizio), che sono una delle caratteristiche fondamentali del Dipartimento di Educazione Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Prendendo le mosse dalla rilettura delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo, emanate nel settembre 2012, abbiamo identificato alcuni elementi che ci sono parsi irrinunciabili:

● la matematica come “laboratorio di matematica” [Anichini, Arzarello, Ciarrapico, Robutti, 2004] ed il conseguente senso prospettico in cui va intesa;

● il problema come struttura caratteristica della “pratica matematica”;

● la comprensione dei punti di vista e delle argomentazioni degli altri, inteso da noi qui anche nella prospettiva di una società multiculturale e quindi un incontro di differenti tradizioni matematiche;

● l'importanza del gioco, come capacità di inserirsi in un insieme di regole grammaticali che ci permettono di costruire processi di significazione sempre più condivisi.

E’ stata così progettata una prima scuola estiva per insegnanti (settembre 2012). Ad essa hanno partecipato 87 docenti di Reggio Emilia e provincia. Di questi il 98% non aveva partecipato a percorsi formativi proposti dal nostro Dipartimento e specificamente dal nostro gruppo di ricerca.

Attraverso questo lavoro di formazione è stato possibile puntualizzare il focus della ricerca. L’attenzione si è appuntata sull’elemento divenuto per noi paradigmatico in questa ricerca: i problemi con variazione.

Essi sono una metodologia di lavoro (nello specifico relativamente alla didattica della matematica) tipica della cultura cinese [Fan Lianghuo 2004].

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Sono stati quindi progettati una serie di interventi didattici che hanno coinvolto tre scuole primarie (dalla I alla V) di Reggio Emilia (tutta la documentazione specifica del lavoro è visionabile al sito: http://shuxuematematica.wordpress.com/).

I risultati di questi progetti didattici sono diventati gli oggetti di lavoro su cui si è concentrata la seconda edizione della scuola estiva. Ad essa hanno partecipato 250 insegnanti di scuola primaria e secondaria di primo grado di tutta la provincia di Reggio Emilia, di questi 55 avevano partecipato all’iniziativa del precedente anno.

L’aspetto più interessante, e che crediamo abbia caratterizzato l’evoluzione del percorso è stata la trasformazione, rispetto alla I edizione, della dinamica di lavoro. Infatti, se nel 2012 l’attività si era organizzata in forma top-down, ossia con formazioni più frontali e solo qualche occasione di confronto e di discussione; quella del 2013 ha assunto come metodologia quella bottom-up, ossia le proposte didattiche sviluppate dai docenti, nei vari percorsi attivati, sono state l’occasione per una giornata laboratoriale e di discussione fra i docenti e una ricostruzione e riconduzione delle attività ad quadro teorico di riferimento, avvenuto solo al termine della tre giorni di lavori.1

Quadro di riferimento teorico

Che cosa accade, quando la didattica della matematica italiana (potremmo anche dire più genericamente la didattica della matematica occidentale) entra in contatto con quella cinese?

Proviamo a declinare la domanda e le riflessioni svolte nella premessa, all'interno dello specifico riferimento della ricerca in didattica della matematica. Per farlo ci rivolgiamo ad un testo M. G. Bartolini-Bussi, F. Martignone, Cultural issues in the communication of research on Mathematics Education, pubblicato su FLM nel 2013. In esso si parla espressamente di due aspetti che mi paiono fondamentali per comprendere il percorso di ricerca:

● i backgrounds culturali (contesti)

● gli esempi

Analizziamo questi due aspetti.

Nell'articolo ci viene detto che quando costruiamo un percorso, un progetto di lavoro esso porta con sé una serie di contesti impliciti che, se non considerati, ostacolano la comprensione del progetto stesso. Questo elemento acquisisce un’ulteriore possibilità interpretativa se considerato nell’orizzonte indicato da Jullien (parafraso il sinologo francese) di “farsi incontro all’altro per interrogarsi sul proprio impensato”. Immediatamente dopo questa riflessione, l'articolo ci dice qualcosa di estremamente interessante. L'esempio risulta essere in grado di mostrare come i backgrounds interagiscono e connotano il progetto stesso proprio a partire dal dato culturale in cui si inseriscono.

Da questo comprendiamo il tentativo di ricondurre, con un processo bottom-up, le esperienze didattiche al quadro di riferimento teorico, facendone emergere gli impensati. Non solo, ma queste analisi ci conducono ad identificare l'esempio come strumento descrittivo per una semiotica, che consente processi di significazione solo all'interno della civiltà (quindi di una serie di backgrounds, di contesti espliciti ed impliciti) in cui si mostra e viene collocato.

1 In riferimento all’aspetto metodologico rimandiamo alle analisi che saranno presenti nella stesura finale della tesi ed a cui stiamo lavorando in questo periodo. Per monitorare l’attività di formazione si è predisposto: 1) questionario d’ingresso sottoposto ai docenti prima della scuola estiva del 2012; 2) focus group con un gruppo di docenti che hanno partecipato alla formazione ed uno che non vi ha partecipato; 3) lezioni testimonianza svolte da 4 docenti che hanno partecipato alla formazione e realizzazione dei progetti didattici; 4) attività laboratoriali con stesura di protocolli di progettazione di attività didattiche; 5) intervista ai docenti che hanno svolto le attività nelle loro classi (attualmente da svolgere). Tutta questa attività è finalizzata a cercare di stimare il possibile cambiamento - se vi è stato - nei beliefs degli insegnanti, nelle loro rappresentazione e pratiche didattiche.

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Le domande di ricerca ed il disegno della ricerca

Dalla precedente riflessione sono nate le domande di ricerca che ho cercato di formulare in questo modo:

E' possibile formare un'insegnante attraverso il paradigma della differenza?

Se sì, come è possibile farlo?

Può questo processo, che investe le metodologie didattiche, permettere all'insegnante di cogliere gli impliciti, i backgrounds, gli impensati che ogni scelta didattica comporta?

Se sì, come è possibile?

Per indagare queste domande di ricerca, avendo come “segnavia” le differenze che si mostrano nell’esplicitarsi dei background culturali attraverso gli esempi che svelano queste stesse differenze, abbiamo costruito il progetto di formazione insegnanti e la serie di attività che, come abbiamo potuto osservare precedentemente, hanno tentato di modificare le rappresentazioni, le convinzioni e le modalità di operare didatticamente nella classe, da parte degli insegnanti stessi. Per fare ciò. il disegno della ricerca pone al centro la trasposizione come elemento a cui esporre gli insegnanti proprio durante l’attività di formazione, per poi costruire, con loro, partendo dalla trasposizione stessa, possibili percorsi didattici. Tale prospettiva è volta a collegare il paradigma della differenza (che diviene trasposizione della variazione) ai processi d'insegnamento-apprendimento della didattica della matematica. Questa diventa quindi la chiave di lettura attraverso cui rileggere il quadro generale del progetto di ricerca.

La trasposizione, quindi, diviene per noi la metodologia attraverso la quale si cerca di realizzare un continuo passaggio attraverso (across) le differenze (di artefatti, dei problemi con variazione, delle cannucce, etc., e di culture) che sono implicite nelle metodologie didattiche.

Bibliografia

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M. G. Bartolini-Bussi, F. Martignone, Cultural issues in the communication of research on Mathematics Education, FLM, 2013.

Maria G. Bartolini Bussi, Xuhua Sun, Alessandro Ramploud, A dialogue between cultures about task design for primary school, ICMI Study 22: Task Design in Mathematics Education July 2013.

Maria G. Bartolini Bussi, Rita Canalini and Franca Ferri, Towards cultural analysis of content: problems with variation in primary school, Patrasso, SEMT, May 2012.

Xuhua Sun, An Insider’s Perspective: “Variation Problems” and Their Cultural Grounds in Chinese Curriculum Practice, Journal of Mathematics Education, December 2011, Vol. 4, No. 1, pp. 101-114.

Xuhua Sun, “Variation problems” and their roles in the topic of fraction division in Chinese mathematics textbook examples, Educational Studies in Mathematics, 2011

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Allen Leung, Anna Baccaglini-Frank & Maria Alessandra Mariotti, Discernment of invariants in dynamic geometry environments, Educational Studies in Mathematics, Volume 84, No. 3, November 2013, pp. 439-460.

How Chinese Teach Mathematics and Improve Teaching, edited by Yeping LI, Rongjing Huang, Routledge, 2013.

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Mathematics Education, Singapore Journey, edited by Wong Khoon Yoong, Lee Peng Yee, Berinderjeet Kaur, Foong Pui Yee, Ng Swee Fong, World Scientific, 2009.

Early Algebraization: A Global Dialogue from Multiple Perspectives (Advances in Mathematics Education), edited by, Jinfa Cai, Eric Knuth, Springer, 2011.

Japanese Lesson Study in Mathematics. Its Impact, Diversity and Potential for Educational Improvement, edited by Masami Isoda, Takeshi Miyakawa, Max Stephens, Yutaka Ohara, World Scientific, 2007.

A. Sfard, Psicologia del pensiero matematico, Trento, Erickson, 2009

New Mathematical standards for the school from 5 through 18 years, edited by Giuseppe Anichini, Ferdinando Arzarello, Lucia Ciarrapico, Ornella Robutti, UMI-CIIM, MIUR, 2004

F. Jullien, Parlare senza parole, Bari, Laterza, 2008.

G. Bateson, Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi, 2000;

G. Bateson, Mente e natura, Milano, Adelphi, 2008.

L. Wittgenstein, Pensieri diversi, Milano, Adelphi, 2009

W. v. O. Quine, Parola e oggetto, Milano, Il Saggiatore, 2008

M. Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge ,Milano, Vita e Pensiero, 2009

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L’effetto “Età della Terra”: uno studio inerente all’accettazione del contratto didattico

Federica Ferretti, Università di Bologna

Il punto di partenza della nostra ricerca è un fenomeno didattico che è stato osservato in due valutazioni standardizzate dell'apprendimento in matematica, effettuate in Italia nel 2011 sugli studenti del livello scolastico 10 a cura del Servizio Nazionale di Valutazione dell’INVALSI. Il quesito è il seguente:

A livello nazionale, le risposte corrette sono state il 10,21%. Il risultato, abbastanza sorprendente, è stato immediatamente classificato dagli insegnanti e dagli osservatori, in maniera generica, con le categorie del contratto didattico: presenta infatti alcune analogie con il famosissimo effetto “età del capitano”. In primissima approssimazione, il comportamento degli allievi sembra indicare che essi hanno difficoltà ad accettare, in una problema di matematica, che la risposta alla consegna coincida con uno dei dati forniti nel testo. Allo stesso atteggiamento si possono ricondurre risultati di altre due domande di rilevazioni standardizzate nazionale effettuate dal SNV negli a.s. 2013 e 2011 ai livelli 08 e 10. Questo pone tuttavia diverse questioni per le quali è necessario un approfondimento. La prima questione è di chiarire se e come quanto osservato è effettivamente riconducibile all'idea di contratto didattico. La seconda è di comprendere le caratteristiche e le dinamiche di manifestazione del fenomeno, e di proporre quindi una analisi anche qualitativa dello stesso, complementare all'indiscutibile dato quantitativo. Un altro problema infine è di capire quanto sia diffuso e radicato questo effetto.

L'idea di contratto didattico, nella sua formulazione originale e nella maggior parte degli sviluppi teorici e applicativi che ha avuto in questi trent'anni, si propone in una ottica interazionista e interpersonale (Sarrazy, 1995). Il fenomeno osservato, come peraltro anche molti altri fenomeni che vengono sbrigativamente ricondotti all'effetto “età del capitano”, si manifesta invece come un comportamento caratteristico che, generato da situazioni d’aula, rimane proprio del rapporto tra l'allievo e la disciplina, vissuto nella prassi della istituzione scolastica.

In letteratura esistono diversi approcci teorici che, da con lenti differenti, possono aiutare a mettere a fuoco il fenomeno osservato.

Un primo punto di vista è l'approccio classico ai problemi legati al contratto didattico, nel momento in cui si osserva il risultato “sublimato” dell'interazione docente-allievo: l’intervento del professore modifica le condizioni di funzionamento del sapere, condizioni che fanno parte anche di ciò che l’allievo deve apprendere. L’oggetto finale dell’apprendimento è che l’allievo possa far funzionare il sapere in situazioni nelle quali l’insegnante non è presente (Brousseau 1988, p.322). Per far questo si possono utilizzare il quadro delineato da D'Amore, Font e Godino (2007) e la prospettiva socio-culturale di Bagni e D'Amore (2005). In

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particolare, sembra necessario fissare il significato di diversi termini (seguendo D'Amore, 2008)- entrati in modo talvolta disordinato nell'uso comune- che utilizzeremo nel corso della nostra analisi, come “effetto”, “clausola”, “situazione” di contratto.

Il fenomeno può essere visto anche come un coutume del microsistema classe (Balacheff, 1988), nel momento in cui c'è qualcosa che viene discusso, condiviso ed eventualmente accettato esplicitamente dagli allievi, al momento di un lavoro o di una intervista di gruppo (come quelle che sono state effettuate nel corso della sperimentazione).

L'effetto è stato peraltro osservato nel contesto di valutazioni standardizzate, e il nostro studio sperimentale è stato costruito svincolando, per quanto possibile, gli allievi dal contesto didattico specifico. Si è rilevata così la persistenza del fenomeno in un contesto istituzionale allargato. Un altro contributo alla comprensione di questa “metamorfosi” degli effetti di contratto, e di questo nuovo avatar del fenomeno, può quindi venire da teorie dei sistemi sociali, seguendo un approccio analogo a quello di Sierpinska, Bobos e Knipping (2008), che utilizzano la strumentazione (in termini di norms e rules) sviluppata da Ostrom (2005). Appare infatti necessario considerare le caratteristiche della noosfera e in particolare il ruolo delle regole e delle norme nell'istituzione in cui avviene l'interazione tra allievo, docente e matematica. Per certi aspetti, una possibile clausola soggiacente all'effetto osservato appare come una norma sociomatematica (nel senso di Yackel e Cobb, 1996) unilaterale e distorta. L'ultimo avatar del fenomeno, a livello di generalità, si ha quando la clausola è diventata una norma interiorizzata, con una propria autonomia e solidità, che regola il rapporto dell'allievo con la matematica stessa. Si è quindi realizzato uno switching dal lato “allievo-docente” al lato “allievo-sapere” dello stesso triangolo.

Alla fine, è infatti utilizzare il linguaggio della praxeologia (Chevallard 1999), funzionale alle descrizione del meccanismo dell'azione dell'allievo durante l'attività matematica, per cercare di comprendere dove il funzionamento di questo meccanismo venga reso difficile, o addirittura bloccato, da questa clausola. Da tutti questi punti di vista, l'effetto osservato (che abbiamo denominato “Età della terra”) si presta ad essere un buon caso per lo studio del problema generale della “trasformazione in norma” delle situazioni di contratto didattico. In quali altri contesti matematici e situazioni scolastiche si può manifestare questo effetto? In che modo questo effetto è legato alle evidenze semantiche della situazione? C’è una clausola/norma ben definita che regola e determina il manifestarsi dell’effetto in questione?

In relazione alle domande di ricerca, abbiamo elaborato un apparato sperimentale per lo studio qualitativo (Teppo, 1997) ed effettuato interviste task-based a piccoli gruppi di studenti di scuola secondaria di secondo grado (Goldin, 2000). La ricerca è stata condotta in tre istituti comprensivi nelle provincie di Bologna, Modena e Ravenna, e in due Licei Scientifici e un Istituto di Istruzione Superiore distribuiti nelle province di Bologna e Cesena, tutti nella regione Emilia-Romagna. In totale sono stati somministrati 124 questionari che hanno svolto la funzione di pre-test e 612 questionari definitivi sui quali si è basata l’analisi quantitativa della ricerca. Successivamente sono state effettuate interviste a piccoli gruppi a 10 allievi del Liceo Scientifico e a 2 allievi dell’Istituto di Istruzione Superiore.

Dai risultati ottenuti riteniamo si possa concludere che il fenomeno osservato effettivamente è legato a una clausola implicita che regola il comportamento di molti allievi, specificatamente riferibile al sapere matematico scolarizzato e istituzionalizzato. Non sembra dipendere dal contesto matematico né dall'evidenza semantica del problema, si presenta in tutti i livelli scolastici e, fatto abbastanza sorprendente, è presente in maniera simile in ragazzi di livelli di abilità molto diversi.

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Bibliografia

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Balacheff N. (1988). Le contract et la coutume: deux registres des interactions didactiques. In: Laborde C. (ed) (1988).

Brousseau, G. (1997). Theory of Didactical Situations in Mathematics. Dortrecht: Kluwer Academic Publishers.

Chevallard, Y. (1999). L’analyse des pratiques enseignantes en théorie anthropologique du didactique. Recherches en Didactique des Mathématiques, 19 (2), 221–266.

D’Amore B. (2005). Pratiche e metapratiche nell’attività matematica della classe intesa come società. Alcuni elementi rilevanti della didattica della matematica interpretati in chiave sociologica. La matematica e la sua didattica. 3, 325-336.

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D'Amore, B., Font, V. & Godino, L. (2007). La dimension metadidàctica en los processos de ensenanza y aprendizaje de la matematica. Relime XXXVIII, 2, 49-77.

Domingo, Impedovo, Orlandoni (2011). Quaderni SNV N.1-MAT. Guida sintetica alla lettura della prova di Matematica. Frascati: Invalsi

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Levinson E., Tirosh, D., & Tsamir, P: (2009). Students' perceibed sociomathematical norms: the missing paradigm. The Journal of Mathematical Behavior 28, 171-187.

Ostrom, E. (2005). Understanding Institutional Diversity. Princeton, NJ: Princeton University Press.

Sarrazy B. (1995). Le contrat didactique. Revue Française de pédagogie, Note de synthèse 112, 85-118.

Schoenfeld, A.H. (1987). What’s all the fuss about metacognition? In: Schoenfeld A.H. (ed.) Cognitive science and mathematics education. Hillsdale (N.J.): Lawrence Erlbaum Ass., 189-215.

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Voigt J. (1994). Negotiation of mathematical meaning and learning mathematics. Educational Studies in Mathematics 26, 275-298.

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Quale semiotica per i numeri reali?

Pratiche, oggetti scolastici, oggetti matematici e trasposizione didattica dei numeri reali

Laura Branchetti

PhD student, Università di Palermo

NRD, Università di Bologna

L'idea di indagare la trasposizione didattica dei numeri reali da un punto di vista semiotico e` nata in seguito ad un teaching experiment volto a introdurre i numeri reali come sezioni di Dedekind in una classe di 25 studenti italiani di Liceo Scientifico (livello 12). L'intento iniziale era quello di analizzare il problema della trasposizione didattica dei numeri reali da una prospettiva storico epistemologica. La scelta dell'uso della Storia nella didattica era legata al fatto che le numerose ricerche sull'infinito avevano attributo alla presenza di un ostacolo epistemologico o ad un ostacolo didattico legato all'ostacolo epistemologico l'alta percentuale di fallimento di molti studenti (e di alcuni insegnanti) nell'apprendimento dei numeri reali (vedi per esempio: Arrigo e D'Amore, 2002).

In fase di valutazione finale del teaching experiment agli studenti è stato chiesto di La scelta di cambiare la rappresentazione delle sezioni di Dedekind da grafica a insiemistica “per caratteristica” si è rivelata causa di un cambio di significato talmente significativo in termini qualitativi (e quantitativi, nonostante il numero piccolissimo di studenti) da far riflettere sul fatto che tra gli ostacoli didattici all'apprendimento dei numeri reali ce ne fosse uno di natura diversa da quella epistemologica. Uno degli ostacoli sembrava difatti legato alle scelte di rappresentazione e trasformazione di rappresentazione effettuate dall'insegnante. Questo da` ragione della scelta effettuata nella seconda fase della ricerca di indagare non tanto l'oggetto matematico da un punto di vista strettamente storico-epistemologico o le difficoltà degli studenti alle prese con le rappresentazioni degli insiemi numerici che vengono denominati “numeri reali” a scuola, ma il ruolo degli insegnanti, le loro scelte semiotiche, più o meno consapevoli e le pratiche in cui decidono di coinvolgere i loro studenti per rappresentare gli insiemi numerici. Naturalmente lo statuto epistemologico di R come oggetto matematico e i significati attribuiti dagli studenti alle rappresentazioni degli oggetti scolastici coinvolti nella sua trasposizione didattica sono importanti per la ricerca, dal momento che è proprio la mediazione tra Sapere e allievo a costituire, in un contesto istituzionale, il ruolo dell'insegnante. La scelta di porre il focus sugli insegnanti è però legata strettamente ai risultati della ricerca che mostrano il peso notevole del loro intervento didattico nell'apprendimento degli studenti: la matematica che “entra in aula” è quella riorganizzata dall'insegnante nel suo percorso formativo, con il filtro della sua posizione epistemologica, della sua cultura matematica, della sua (eventuale) conoscenza della semiotica applicata alla didattica della matematica (D’Amore, Fandino Pinilla, Marazzani, Santi e Sbaragli, 2009). La matematica degli studenti è profondamente condizionata dalla matematica dei loro insegnanti, è quella appresa a scuola, nel continuo gioco di costruzione e revisione di significati, di allineamento tra significati personali e culturali (Radford, 2006). Sembra perciò importante analizzare la struttura semiotica degli oggetti scolastici (rappresentazioni, registri di rappresentazione utilizzati, pratiche d'aula connesse all'uso di alcuni segni) usando gli occhi dell'insegnante che ne usa e trasforma rappresentazioni valutando la compatibilità tra questa struttura e quella dell'oggetto matematico R, piuttosto che indagare le difficoltà degli studenti, già note e indagate ampiamente. Verranno indagate perciò a fondo le pratiche degli insegnanti attraverso osservazioni in aula e interviste individuali e focus group. Un'analisi della letteratura della semiotica applicata alla didattica della matematica ha fatto ipotizzare che una ricerca sui segni utilizzati dagli insegnanti (mezzi semiotici di oggettivazione, (Radford, 2003)), sui significati dei segni coinvolti nell'insegnamento apprendimento dei

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numeri reali, e sulle scelte di trasposizione didattica, possa mostrare che tra gli ostacoli didattici all'apprendimento dei numeri reali ci sono anche alcune scelte di rappresentazione e trasformazione di rappresentazione degli oggetti matematici effettuate dagli insegnanti. Verranno usati diversi quadri di riferimento, ognuno dei quali può fornire informazioni importanti all'interno dell'ambito di competenza di ogni diversa teoria. In particolare, essendo la trasposizione didattica il focus dell'analisi, si approfondirà il tema delle trasformazioni semiotiche effettuate dall'insegnante.

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La matematica che non funziona, tra difficoltà, errori e strategie fallimentari

Cristiano Bechelli, Università Milano Bicocca

Il focus della mia ricerca è esplorare le differenze tra alunni "bravi" e "non bravi" in matematica attraverso la loro individuale interpretazione di cosa sia e come funzioni questa disciplina. E' un approccio epistemologico e al tempo stesso olistico, ovvero tenta di ridefinire in chiave contemporanea il significato di "matematica a scuola" facendola interagire con le recenti scoperte in campo neuropsicologico e sociolinguistico. Il quadro teorico di riferimento si rifà ad autori quali Lakoff per l'uso della metafora come canale privilegiato di sviluppo del pensiero, anche matematico; Sfard per il concetto di Commognition, ovvero pensiero come comunicazione interiore; Restivo per la fondamentale interpretazione della matematica come "fatto sociale"; Seligman per le ricerche post-pavloviane sull'"impotenza appresa"; Feuerstein per il ruolo della mediazione nello sviluppo delle capacità intellettive.

Si può sintetizzare la complessità del quadro affermando che questa attività di studio rientra nel filone delle ricerche sulla Nature of Math, intesa qui però non come interpretazione epocale o generazionale della matematica nella società moderna ma come individuale e personale modello mentale della disciplina, posseduto in chiave più o meno inconscia da ogni alunno e docente, le cui differenze possono essere ostacolo al raggiungimento dell'obiettivo finale del progresso dell'alunno stesso nella disciplina.

In passato ho cercato di indagare una particolare metafora concettuale che ho chiamato "immagine personale della matematica". Attraverso di essa è stato possibile evidenziare che una differenza fondamentale tra "bravi" e "non bravi" è l'organizzazione interiore delle conoscenze matematiche:

- per i "bravi" tutto è collegato ed ogni nuova conoscenza matematica si va ad incastrare con le conoscenze precedenti. Come un filo di cotone lasciato sospeso in una soluzione salina satura su cui si forma e cresce un unico cristallo perfetto.

- per i "non bravi" questi collegamenti possono essere noti ma non sono ovvi e soprattutto non sono utilizzati. Ogni nuova conoscenza è a se stante, come una Venezia senza ponti.

Questa differenza riesce a spiegare la ragione per cui si sviluppano negli alunni strategie fallimentari di "sopravvivenza" alla matematica e perchè è così difficile sradicarle. Suggerisce anche la possibile importanza di spostare l'attenzione dell'impegno didattico sulla costruzione dei "ponti" di collegamento, in perfetta linea con le posizioni sia dell'approccio metacognitivo, sia delle ricerche sugli artefatti matematici.

Alla luce di tutto ciò, è' in produzione un mio applet che punta in maniera originale a lavorare le quattro operazioni di base in modo tale da rinforzarne con continuità il senso operativo. Con un target previsto di 2°-4° primaria, l'uso e fli effetti di questo applet saranno oggetto della parte finale della mia ricerca.

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