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Originale Copia X VERBALE DI DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE N. 16 Registro Data 30.01.2018 Ogg L’anno DUEMILADICICIOTTO il giorno TRENTA del mese di GENNAIO alle or e 09.10 nella Sede delle adunanze, previa l’osservanza delle formalità prescritte dalla normativa vigente, vennero oggi convocati a seduta i componenti della Giunta Comunale. All’appello risultano presenti gli Assessori sotto indicati: N. Nome e cognome Carica Present i Assenti 1 Francesco Imperadore Sindaco X 2 Bruno Sisto Vicesind aco X Isabella Navarra Assessor X COMUNE DI SAN POTITO SANNI Piazza della Vittoria n°6, 81010 San Poti Sannitico C. F. 82000950616 Tel. 0823/9115 26 Fax 0823/911629 e-mail [email protected]

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Originale Copia X

VERBALE DI DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE

N. 16 Registro Data30.01.2018

Oggetto:

L’anno DUEMILADICICIOTTO il giorno TRENTA del mese di GENNAIO alle or e 09.10

nella Sede delle adunanze, previa l’osservanza delle formalità prescritte dalla normativa

vigente, vennero oggi convocati a seduta i componenti della Giunta Comunale. All’appello

risultano presenti gli Assessori sotto indicati:

N. Nome e cognome Carica Presenti Assenti

1 Francesco Imperadore Sindaco X

2 Bruno Sisto Vicesindac

o

X

3 Isabella Navarra Assessore X

Totale presenti

3 -

Assume la Presidenza il Sindaco Dott. Francesco Imperadore sottopone ai presenti la proposta di deliberazione di cui all’oggetto. Partecipa il Segretario Comunale dott. Antonio Merola con le funzioni previste dall’art. 97 comma 4 lett. A del decreto D.Lgs. 267/2000.

Oggetto: PIANO TRIENNALE ANTICORRUZIONE 2018/2020. ADOZIONE

LA GIUNTA COMUNALE

PREMESSO : che in attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite

contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata

COMUNE DI SAN POTITO SANNITICO Piazza della Vittoria n°6, 81010 San Potito Sannitico

C. F. 82000950616 Tel. 0823/9115 26 Fax 0823/911629

e-mail [email protected]

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ai sensi della L. 3 agosto 2009, n. 116, e degli artt. 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della L. 28 giugno 2012, n. 110, l’Autorità nazionale anticorruzione e gli altri enti pubblici indicati dalla legge nazionale sono tenuti ad adottare attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità in genere nella Pubblica Amministrazione;

che la L. 190 del 2012 all’art. 1, comma 7, quale norma di ratifica della Convenzione della Nazioni Unite contro la corruzione, dispone che per la finalità di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità in genere nella pubblica amministrazione l'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile anticorruzione, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il proprio piano triennale di prevenzione della corruzione;

CONSIDERATO : che i contenuti del Piano Anticorruzione devono essere in linea con i contenuti indicati nel

Piano Nazionale Anticorruzione che costituisce ex lege (art. 1, comma 2-bis, L. n. 190/2012) atto di indirizzo per gli enti tenuti ad approvare il proprio piano triennale di prevenzione della corruzione;

che l’Autorità Amministrativa Indipendente c.d. ANAC ha approvato il Piano Nazionale Anticorruzione attraverso i seguenti atti amministrativi di riferimento:- delibera n. 72/2013; - determinazione n. 12/2015;- deliberazione n. 831/2016;

PRESO ATTO : della nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione, avvenuta con decreto del

Sindaco Prot. N° 2142 del 25.03.2013 nella persona del Segretario Comunale p.t. dr. Antonio Merola;

dei contenuti del piano anticorruzione redatto dal responsabile della prevenzione della corruzione ed allegato al presente atto e ritenuto lo stesso pienamente aderente alle esigenze di questo ente;

delle indicazioni di cui alla determinazione ANAC n. 12/2015 di integrazione al PNA, della deliberazione ANAC n. 831/2016 di approvazione del nuovo PNA e della delibera N° 1208 del 22.11.2017 di approvazione definitiva dell’aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione;

degli allegati del piano, ed in dettaglio:- le schede di rilevazione dei rischi (Allegato A) ; - le misure specifiche di prevenzione della corruzione (Allegato B);

ACQUISITI i pareri di regolarità tecnica e contabile ai sensi degli artt. 49, comma 1 e 147 bis, comma 1, D. Lgs. 267/2000;PARERE DI REGOLARITÀ TECNICA “Sulla presente proposta di deliberazione si esprime, ai sensi degli artt. 49, comma 1 e 147 bis, comma 1, D. Lgs. 267/2000 parere FAVOREVOLE di regolarità tecnica, attestante la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa”;IL RESPONSABILE DELL’AREA AMMINISTRATIVAF.to Dott. Bruno Sisto

PARERE DI REGOLARITÀ CONTABILE“La presente proposta non necessita di parere di regolarità contabile in quanto non comporta riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente”;IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO FINANZIARIOF.to Si.re Rinaldo Santagata

VISTO il D. Lgs. n. 267/2000 ;VISTO il regolamento comunale sugli uffici e servizi;VISTO il vigente Statuto Comunale VISTA la L. 190/2012;

D E L I B E R A

1) Di ADOTTARE il piano triennale anticorruzione 2018/2020 allegato al presente atto, costituito dai seguenti documenti:

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Introduzione al Piano Anticorruzione Obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza Parte I - CONTENUTI GENERALI Parte II - CONTENUTI SPECIFICI DEL PIANO ANTICORRUZIONE Parte III - TRASPARENZA Allegato A - SCHEDA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO (CON METODOLOGIA

APPLICATA “ALLEGATO 5” PNA/2013) Allegato B - SCHEDA PER LE MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE PER

SINGOLO UFFICIO/PROCEDIMENTO 2) Di DARE ATTO che il piano anticorruzione, con tutti i suoi allegati, sarà pubblicato sul

sito del Comune in AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE e precisamente nella sottosezione “Altri contenuti – Corruzione” e che lo stesso rimanga in pubblica visione di chiunque.

3) Di DICHIARARE, data l’urgenza, con successiva, separata ed unanime votazione il presente atto immediatamente eseguibile, ai sensi dell’art. 134 comma IV, del D. Lgs. n. 267/2000.

DELIBERA GC APPROVAZ PTPC 2018 2020 SPS

COMUNE DI SAN POTITO SANNITICOProvincia di Caserta

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PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

2019-2020(Art. 1, commi 8 e 9 della L. 6 novembre 2012, n. 190, recante le disposizioni per la prevenzione e

la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione)

Approvato con delibera di Giunta Comunale N° 16 in data 30.01.2018

I N D I C E

INTRODUZIONE AL PIANO ANTICORRUZIONE

OBIETTIVI STRATEGICI IN MATERIA DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E TRASPARENZA

Parte I – CONTENUTI GENERALI

Parte II – CONTENUTI SPECIFICI DEL PIANO ANTICORRUZIONE

Parte III - TRASPARENZA

Allegato A - SCHEDA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO (CON METODOLOGIA APPLICATA “ALLEGATO 5” PNA/2013)

Allegato B - SCHEDA PER LE MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE PER SINGOLO PROCEDIMENTO

INTRODUZIONE AL PIANO ANTICORRUZIONE

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La L. n. 190 del 2012, introducendo l’obbligo normativo di redigere un piano anticorruzione si pone quale declinazione dei principi già introdotti per le aziende private attraverso i c.d. modelli organizzativi previsti dall’art. 6 del D.Lgs. 231 del 2001.

Questa norma invero precisa che se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo.

In termini analoghi, l’art. 1, comma 12, della L. n. 190 del 2012 dispone che in caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 risponde ai sensi dell'art. 21 del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 e successive modificazioni, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di anticorruzione e di aver osservato le prescrizioni previste nella L. n. 190 del 2012 e di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

Una prima rilevante distinzione tra i modelli organizzativi di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 231 del 2001 ed il piano di cui all’art. 1 della L. n. 190 del 2001 attiene all’ambito di applicazione oggettivo in quanto, mentre i modelli organizzativi devono essere generati per prevenire una pluralità di figure delittuose di natura sia dolosa e colposa, il piano di cui alla L. n. 190 del 2012 è perimetrato alla prevenzione di una figura di reato ben delimitata e circoscritta che coincide con il reato di corruzione. Ne consegue che tutto il piano dovrà precostituire una rete di controlli che troveranno nella prevenzione del reato di corruzione la sua esclusiva modalità applicativa. Nella dinamica dei controlli dei rischi di business, il rischio è ritenuto accettabile quando i controlli aggiuntivi costano più della risorsa da proteggere.

Nell’ambito della realizzazione del piano di prevenzione della corruzione l’aspetto economico non è tuttavia l’unico da tener presente, anche in ragione del fatto che ex lege viene individuato un soggetto al quale viene appositamente attribuito il ruolo di organo di vigilanza e di determinazione delle attività a rischi corruzione. Ebbene questo soggetto è interno e viene nominato dall’organo politico.

Sarà quindi onere del soggetto, previa indagine dei settori a rischio, precostituire l’elenco delle attività da inserire nella tutela del piano. Sul punto il legislatore al comma 9 lett. a) chiarisce che le attività elencate nel comma 16 sono già in re ipsa a rischio corruzione. L’elenco non è tuttavia tassativo, giacché al comma 9 si puntualizza che tra l’elenco delle attività a rischio ci sono appunto quelle di cui al comma 16 rimanendo impregiudicato l’esito della verifica del responsabile.

Fondamentale è il postulato secondo cui il piano deve essere concretamente idoneo a prevenire la realizzazione del delitto di corruzione; ne consegue che il soggetto non solo dovrà volere la realizzazione del reato, ma dovrà altresì, per poterlo realizzare, aggirare fraudolentemente le indicazioni del piano medesimo. Solo in questo caso il responsabile potrà essere esonerato dalla responsabilità in oggetto. Per altro se è vero che nei controlli dei rischi di business, il rischio è ritenuto accettabile quando i controlli aggiuntivi costano più della risorsa da proteggere è opportuno chiedersi che valore abbia il bene giuridico sotteso al delitto di corruzione che va prevenuto?

Si può ragionevolmente affermare che il valore del bene giuridico sotteso al delitto di corruzione ha un valore non quantificabile posto che costituisce un bene immateriale pilastro dell’ordinamento giuridico.

Il danno all’immagine che deriva dal delitto di corruzione è in grado di offuscare o addirittura di pregiudicare il prestigio delle istituzioni, posto che l’immagine pubblica investe direttamente il rapporto di fiducia che deve necessariamente sussistere tra Stato e cittadino. Il bene-valore che viene tutelato è quindi l’intimo senso di appartenenza che intercorre tra i consociati e la P.A. laddove l’immagine ha valore puramente strumentale di indice di corretto esercizio delle funzioni amministrative in aderenza ai canoni del buon andamento e della imparzialità. A fronte di comportamenti infedeli si incrina quel naturale sentimento di affidamento e di appartenenza alle istituzioni anche in virtù del principio di sussidiarietà secondo il quale l’Amministrazione deve essere vicina alle esigenze della collettività. La giurisprudenza per spiegare questo fenomeno ha parlato di rapporto di immedesimazione organica di rilievo sociologico prima ancora che giuridico. Questo principio porta ad identificare l’ente con il soggetto che agisce per conto dell’ente.

Per cui il bene giuridico leso è indubbiamente il prestigio della P.A., ossia il discredito che matura nell’opinione pubblica a causa del comportamento del pubblico dipendente.

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È stata la giurisprudenza stessa ha sottolineare come proprio nelle difese dei convenuti si esprima l’esistenza di un danno all’esistenza stessa dello Stato, in quanto nelle difese processuali si legge “Così fanno tutti … È pratica diffusa pagare per avere …”.

Pertanto, se si insinua la certezza che solo conoscendo o solo pagando si ottiene la propria soddisfazione, quando nella cittadinanza si ingenera questo modo di pensare, significa che lo Stato è venuto meno, almeno nel modo in cui era stato concepito dai costituenti.

Il presente piano è stato rivisto secondo l’approvazione definitiva dell’aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione approvato dall’ANAC con delibera N° 1208 del 22.11.2017, nonché alle determinazioni adottate dalla medesima ANAC , al D.Lvo 25.05.2016,N° 97 ed al D.Lvo 18.04.2016, N° 50 Codice dei contratti pubblici

Il Responsabile AnticorruzioneSegretario Comunale

F.to Dott. Antonio Merola

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OBIETTIVI STRATEGICI IN MATERIA DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E TRASPARENZA

In via preliminare, si ritiene che costituiscano obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e Trasparenza le seguenti azioni:

Promozione di maggiori livelli di trasparenza attraverso la pubblicazione di dati, informazioni e documenti maggiori rispetto quelli previsti dal D.Lgs n. 33/2013.

Nel dettaglio si ritiene di pubblicare, oltre a quanto già stabilito dal D.Lgs. n. 33/2013:- Art. 30 del D.Lgs. n. 33/2013 (beni immobili) - Oltre a quanto previsto nel testo

dell’articolo si dovranno pubblicare altresì le informazioni identificative degli immobili detenuti (e non solo posseduti); Si dovranno pubblicare altresì le informazioni identificative degli immobili a prescindere dai canoni locativi o di affitto. In sostanza si dovranno pubblicare le informazioni identificative degli immobili detenuti o posseduti ed a prescindere da eventuali canoni locativi o di affitto.

- Art. 42 del D.Lgs. n. 33/2013 (ordinanze straordinarie) - Oltre a quanto previsto nel testo dell’articolo, tutte le ordinanze emesse dagli organi dell’ente, con l’osservanza di quanto stabilito dal D.Lgs. n. 196/2006 e di quanto stabilito dall’art. 26, comma 4, del D.Lgs. n. 33/2013, saranno pubblicate integralmente, a prescindere dall’oggetto in libera visione di chiunque e per il tempo della loro efficacia giuridica nel link Altri contenuti sottosezione Atti amministrativi delle posizioni organizzative dell’Amministrazione trasparente.

Promozione e valorizzazione della motivazione del provvedimento.

Non appare superfluo rammentare che la stessa Corte Costituzionale (con la pronuncia n. 310/2010) anche recentemente ha sottolineato che “laddove manchi la motivazione restano esclusi i principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa ai quali è riconosciuto il ruolo di principi generali diretti ad attuare i canoni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione (art. 97). Essa è strumento volto ad esternare le ragioni ed il procedimento logico seguito dall’autorità amministrativa.” Per cui ogni provvedimento ammnistrativo deve menzionare il percorso logico - argomentativo sulla cui base la decisione è stata assunta, affinché sia chiara a tutti la finalità pubblica perseguita.

Promozione e valorizzazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nella materia degli appalti quale strumento ordinario di selezione delle offerte anche laddove, ai sensi dell’art. 95 del Codice dei contratti pubblici, possa essere utilizzato il criterio del prezzo più basso.

Parte I - CONTENUTI GENERALI

PREMESSA GENERALE

In attuazione dell’art. 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione e degli artt. 20 e 21 della Convenzione Penale sulla corruzione di Strasburgo del 27/01/1999, il 6/11/2012 il legislatore ha approvato la L. n. 190 recante le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione (di seguito L. n. 190/2012).

La Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, è stata adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 31/10/2003, firmata dallo stato italiano il 9/12/2003 e ratificata attraverso la L. n. 3/8/2009, n. 116.

La Convenzione ONU 31/10/2003 prevede che ogni Stato debba:- elaborare ed applicare delle politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate;- adoperarsi al fine di attuare e promuovere efficaci pratiche di prevenzione;- vagliarne periodicamente l’adeguatezza;- collaborare con gli altri Stati e le organizzazioni regionali ed internazionali per la promozione e

messa a punto delle misure anticorruzione.La medesima Convenzione prevede poi che ciascuno Stato debba individuare uno o più

organi, a seconda delle necessità, incaricati di prevenire la corruzione e, se necessario, la supervisione ed il coordinamento di tale applicazione e la diffusione delle relative conoscenze.

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In tema di contrasto alla corruzione, di grande rilievo sono le misure internazionali contenute nelle linee guida e nelle convenzioni che l’OECD, il Consiglio d’Europa con il GRECO (Groupe d’Etats Contre la Corruptione) e l’Unione europea riservano alla materia e che vanno nella medesima direzione indicata dall’ONU: implementare la capacità degli Stati membri nella lotta alla corruzione, monitorando la loro conformità agli standard anticorruzione ed individuando le carenze politiche nazionali (circolare n. 1 del 25/1/2013 del Dipartimento Funzione Pubblica - Presidenza C.d.M.).

IL CONCETTO DI “CORRUZIONE” ED I PRINCIPALI ATTORI DEL SISTEMA DI CONTRASTO ALLA CORRUZIONE.

Il concetto di corruzione che viene preso a riferimento dalla L. n. 190/2012, nel PNA e nel presente documento ed ha un’accezione ampia giacché tende a riferirsi non solo tout court al delitto di corruzione previsto nel codice penale, ma altresì ad ogni azione che intercetti fenomeni di mal amministrazione in senso lato.

In sostanza il concetto di corruzione è comprensivo si qualsivoglia situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.

Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica (artt. 318, 319 e 319-ter c.p.), e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, c.p., ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.

Con la L. n. 190/2012, lo Stato italiano ha individuato gli organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare un’azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione.

La strategia nazionale di prevenzione della corruzione è attuata mediante l’azione sinergica dei seguenti soggetti:- Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC), che svolge funzioni di raccordo con le altre

autorità ed esercita poteri di vigilanza e controllo per la verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni nonché sul rispetto della normativa in materia di trasparenza (art. 1, commi 2 e 3 della L. n. 190/2012);

- la Corte dei Conti, che partecipa ordinariamente all’attività di prevenzione attraverso le sue funzioni di controllo;

- il Comitato interministeriale, che ha il compito di fornire direttive attraverso l’elaborazione delle linee di indirizzo (art. 1, comma 4 della L. n. 190/2012);

- la Conferenza unificata che è chiamata ad individuare, attraverso apposite intese, gli adempimenti e i termini per l’attuazione della legge e dei decreti attuativi con riferimento a regioni e province autonome, agli enti locali, e agli enti pubblici e soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo (art. 1, commi 60 e 61 della L. n. 190/2012);

- il Dipartimento della Funzione Pubblica, che opera come soggetto promotore delle strategie di prevenzione e come coordinatore della loro attuazione (art. 1, comma 4 della L. n. 190/2012);

- i Prefetti che forniscono supporto tecnico e informativo agli Enti Locali (art. 1, comma 6 della L. n. 190/2012);

- la SNA, che predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni statali (art. 1, comma 11 della L. n. 190/2012);

- le pubbliche amministrazioni, che attuano ed implementano le misure previste dalla legge e dal PNA - Piano Nazionale anticorruzione (art. 1, L. n. 190/2012) anche attraverso l’azione del Responsabile della prevenzione della corruzione;

- gli Enti pubblici economici e i soggetti di diritto privato in controllo pubblico, che sono responsabili dell’introduzione ed implementazione delle misure previste dalla legge e dal PNA (art. 1, L. n. 190/2012).

Il Responsabile della prevenzione della corruzione

Il Responsabile della prevenzione della corruzione svolge i compiti seguenti:- entro il 31 gennaio di ogni anno, propone all’organo di indirizzo politico, per l’approvazione, il

piano triennale di prevenzione della corruzione (art. 1, comma 8, L. n. 190/2012);- entro il 31 gennaio di ogni anno, definisce le procedure appropriate per selezionare e formare i

dipendenti destinati ad operare in settori di attività particolarmente esposti alla corruzione;

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- verifica l’efficace attuazione e l’idoneità del piano triennale di prevenzione della corruzione;- propone la modifica del piano, anche a seguito di accertate significative violazioni delle

prescrizioni, così come qualora intervengano mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’amministrazione;

- d’intesa con il responsabile competente, verifica l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività per le quali è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

- entro i termini previsti, pubblica sul sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmette all’organo di indirizzo, sentiti i responsabili di servizio interessati sul rispetto del piano anticorruzione;

- nei casi in cui l’organo di indirizzo politico lo richieda, il responsabile riferisce sull’attività svolta.

Nel Comune di San Potito Sannitico con decreto sindacale Prot. N° 2142 del 25.03.2013 il segretario comunale è stato nominato quale Responsabile dell’Anticorruzione, Inoltre il Responsabile della prevenzione della corruzione non coincide con il Responsabile della Trasparenza in quanto le funzioni di quest’ultimo sono state attribuite al Responsabile del Settore Amministrativo ai sensi dell’art. 5, comma 2 del Programma Triennale per la Trasparenza e l’Integrità 2015/2017 approvato con delibera di G.C. N° 16 del 29.01.2015Il Responsabile, nell’esecuzione delle funzioni dovrà conformarsi ai seguenti principi:- improntare la gestione alla massima collaborazione con gli organi istituzionali, burocratici e di

controllo coinvolti delle attività oggetto del presente piano;- Informare i dipendenti del contenuto del piano e delle indicazioni in esso presenti affinché gli

stessi possano con maggiore facilità e precisione adeguarsi al contenuto del medesimo;- definire un report entro il 30 giugno di ogni anno che abbia ad oggetto lo stato di attuazione del

piano e della regolare pubblicazione dei dati, informazioni e documenti da pubblicare.

Processo di adozione del PTPC

Secondo il PNA il PTPC reca, tra le altre, le seguenti informazioni:- data e documento di approvazione del Piano da parte degli organi di indirizzo politico-

amministrativo;- individuazione degli attori interni all’amministrazione che hanno partecipato alla predisposizione

del Piano nonché dei canali e degli strumenti di partecipazione.

a) Gestione del rischioQuesto paragrafo del PTPC contiene:

- l’indicazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato (comma 5, lett. a) il rischio di corruzione “aree di rischio”;

- la metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio;- schede di programmazione delle misure di prevenzione utili a ridurre la probabilità che il rischio

si verifichi, in riferimento a ciascuna attività e funzione dell’ente (allegato B);

b) Formazione in materia di anticorruzioneInformazioni contenute in questo paragrafo:

- individuazione dei soggetti cui viene erogata la formazione in tema di anticorruzione;- individuazione dei soggetti che erogano la formazione in tema di anticorruzione;- indicazione dei contenuti della formazione in tema di anticorruzione;

c) Codici di comportamentoSecondo il PNA, il PTPC reca le informazioni in merito a:

- adozione delle integrazioni al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici;- indicazione dei meccanismi di denuncia delle violazioni del Codice di comportamento;

d) Altre iniziativeInfine, secondo il PNA (pagg. 27 e seguenti), le Amministrazioni possono evidenziare nel PTPC

ulteriori informazioni in merito a:- indicazione dei criteri di rotazione del personale;- elaborazione della proposta di decreto per disciplinare gli incarichi e le attività non consentite ai

pubblici dipendenti;- elaborazione di direttive per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali con la definizione delle

cause ostative al conferimento;

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- definizione di modalità per verificare il rispetto del divieto di svolgere attività incompatibili a seguito della cessazione del rapporto;

- elaborazione di direttive per effettuare controlli su precedenti penali ai fini dell’attribuzione degli incarichi e dell’assegnazione ad uffici;

- adozione di misure per la tutela del dipendente che denuncia l’illecito;- predisposizione di protocolli di legalità per gli affidamenti;- realizzazione del sistema di monitoraggio del rispetto dei termini, previsti dalla legge o dal

regolamento, per la conclusione dei procedimenti;- realizzazione di un sistema di monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che

con essa stipulano contratti e indicazione delle ulteriori iniziative nell’ambito dei contratti pubblici;

- indicazione delle iniziative previste nell’ambito dell’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere;

- indicazione delle iniziative previste nell’ambito di concorsi e selezione del personale;- indicazione delle iniziative previste nell’ambito delle attività ispettive/organizzazione del sistema

di monitoraggio sull’attuazione del PTPC, con individuazione dei referenti, dei tempi e delle modalità di informativa.

Parte II - I CONTENUTI SPECIFICI DEL PIANO ANTICORRUZIONE

1. Processo di adozione del PTPC

1.1. Data e documento di approvazione del Piano da parte degli organi di indirizzo politico-amministrativo

Il piano è stato adottato dalla giunta in data 16.02.2017.

1.1.1. Attori interni ed esterni all’amministrazione che hanno partecipato alla predisposizione del Piano, nonché canali e strumenti di partecipazione

Con avviso prot. N° 81 del 08.01.2018 gli attori interni (ad ogni livello: organi politici responsabili apicali, dipendenti), e gli attori esterni (cittadini, tutte le associazioni o altre forme di organizzazioni portatrici di interessi collettivi, organizzazioni di categoria ed organizzazioni sindacali ecc.) operanti nel territorio del Comune di San Potito Sannitico, sono stati invitati a formulare eventuali osservazioni finalizzate ad una migliore individuazione delle misure di contrasto alla corruzione mediante la presentazione di contributi di cui l’Ente ne avrebbe tenuto conto in sede di approvazione definitiva del Piano Triennale Anticorruzione 2018-2020 e della relativa sezione dedicata alla Trasparenza.

Nel termine assegnato del 22 gennaio 2018 non sono pervenuti suggerimenti e/o indicazioni.

1.1.2. Indicazione di canali, strumenti e iniziative di comunicazione dei contenuti del PTPC

Il PTPC sarà pubblicato sul sito istituzionale, link della homepage “Amministrazione trasparente” nella sezione “Altri contenuti – Corruzione ”, a tempo indeterminato sino a revoca o sostituzione con un Piano aggiornato.

2. Gestione del rischio

Nell’ottica della migliore applicazione del Sistema Anticorruzione preteso dalla legge e garantito ulteriormente dalla conseguente adozione del presente Piano, è da ritenersi come fase prioritaria ed insuperabile di quel meccanismo che è definito Processo di Gestione del Rischio da Corruzione, quella relativa all’inquadramento del Contesto ampiamente inteso, e che implica e coagisce con quello giuridico e sostanziale di cui a seguire nell’articolato.

L’inquadramento del contesto presume un’attività attraverso la quale è possibile far emergere ed astrarre le notizie ed i dati necessari alla comprensione del fatto che il rischio corruttivo possa normalmente e tranquillamente verificarsi all’interno dell’Amministrazione o dell’Ente in virtù delle molteplici specificità dell’ambiente, specificità che possono essere determinate e collegate alle Strutture territoriali, alle dinamiche sociali, economiche e culturali, ma anche alle caratteristiche organizzative interne.

Insomma, occorre un’analisi critica ed oggettiva che possa far emergere la definizione delle misure adeguate a contrastare i rischi corruttivi in sede di singolo Ente, ovvero occorre un Piano di

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Prevenzione della Corruzione, tarato a misura dell’Ente in termini di conoscenza e di operatività, ma fondato su tutta la complessa serie di presupposti giuridici disegnati dalle Norme e dal PNA: in tal maniera è fortemente ed oggettivamente agevolata la contestualizzazione, in fase di predisposizione, dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione, e quindi, si prefigura un PTPC caratterizzato da una ragionevole ed efficace operatività a livello di questo Ente e, di conseguenza, a livello generale.

ANALISI DEL CONTESTO

ANALISI DEL CONTESTO INTERNO

L’inquadramento del Contesto Esterno all’Ente richiede un’attività di individuazione, di selezione, di valutazione e di analisi delle caratteristiche ambientali in cui si trova ad agire il Comune; per cui, ha come obiettivo il porre in evidenza le caratteristiche dell’ambiente nel quale l’Ente opera, sia con riferimento alla serie di variabili, da quelle culturali a quelle criminologiche, da quelle sociali a quelle economiche, sino a quelle territoriali in generale, e che tutte possano favorire il verificarsi di fenomeni; e sia con riferimento a tutti quei fattori legati al territorio di riferimento dell’Ente, e quindi, sia le relazioni quanto le possibili influenze esistenti su e con quelli che il PNA aggiornato individua quali Portatori e Rappresentanti di interessi esterni.

Il Comune di San Potito Sannitico ha una popolazione di N° 1912 abitanti ( 01.01.2017 – ISTAT), su una superficie di 23,13 Km2, con un densità di 84,04 ab/Km2.

Il territorio comunale si estende come detto su una estensione di 23,13 Km2 con una altitudine che varia dai 120 metri sul livello del mare del confine con Alife e Gioia Sannitica ai 1.400 della località Airola. Fa parte del Parco Regionale del Matese. Dista da Caserta, capoluogo di provincia, 43 km. Le principali attività produttive sono l’agricoltura re la zootecnia, con la produzione in particolare di olio, di vino e lavorati del latte.

Come le altre realtà limitrofe, questo piccolo comune, pur vivendo, come dovunque, una fase di crisi legata a fattori modificativi del mondo del lavoro e dell’economia locale, mantiene ancora intatto il suo profilo dimensionale fondato su una collettività dedita alla promozione del territorio, della cultura e delle tradizioni a questa legate ed intimamente connesse. Nonostante una radicata dedizione al lavoro, molte piccole aziende anche artigianali hanno dovuto ridimensionare o addirittura cessare le attività, creando situazioni di disagio social che l'ente tende ad impattare in maniera significativa con previsioni di interventi in materia di welfare, e con la promozione di una serie di progettualità finalizzate alla diffusione del lavoro occasionale.

L’analisi del contesto esterno, la cui rilevanza è specificamente sottolineata nel provvedimento dell’Autorità Anticorruzione al fine di evitare che le misure adottate siano scollegate dalla realtà di riferimento, non può essere esaustiva se, come suggerito dalla medesima Autorità, non richiamandosi anche ai dati contenuti in documenti ufficiali quali ad esempio quelli delle relazioni prodotte sullo stato dell’ordine, della sicurezza pubblica e della criminalità organizzata, presentate al Parlamento dal Ministero dell’Interno.

L’ultima elazione presentata dal Ministro dell’Interno al Parlamento del 27.01.2017, pubblicata il 09.02.2017, analizza la situazione della criminalità organizzata in provincia di Caserta, attraverso una approfondita analisi del fenomeno criminale cosidetta camorra.

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CAMPANA

a. Analisi del fenomeno

La camorra si conferma un’associazione criminale multiforme e complessa, fortemente radicata nell’intera Regione e difficile da inquadrare in una definizione unitaria. Nei territori dove si assiste, con cadenza quasi quotidiana, ad azioni violente, i gruppi sembrano infatti aver assunto una struttura “pulviscolare” che ne accentua le conflittualità. Il denominatore comune di tali aggregazioni, specie di quelle operanti nell’area metropolitana di Napoli, rimane senza dubbio la spregiudicatezza dell’operato criminale, che non di rado si manifesta con le c.d. “stese”, ossia sparatorie non controllate a bordo di motociclette. La mancanza di prevedibilità nell’agire e l’assenza di una strategia comune rappresentano le caratteristiche essenziali del modus operandi di questi gruppi emergenti, la cui “sopravvivenza” è spesso molto breve: a Napoli, in particolare, si contrappongono sodalizi formati da giovanissimi ma con un curriculum criminale di tutto rispetto, che iniziano a delinquere dalla prima adolescenza, concludendo spesso la loro parabola criminale poco più che maggiorenni, a seguito di azioni sanguinarie. Conseguentemente, il tentativo di

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cristallizzare, attraverso le indagini, i ruoli e le funzioni degli affiliati e le alleanze operative in atto è spesso vanificato da una realtà criminale permanentemente in fieri, che nel capoluogo assume quasi una dimensione parossistica. Nella zona del centro, nell’area settentrionale ed orientale e in alcuni comuni a ridosso della città di Napoli, si continuano, infatti, a registrare un elevato numero di omicidi, ferimenti ed atti intimidatori, sintomatici della persistenza di molteplici focolai di tensione e di uno scenario criminale disomogeneo, con dinamiche significativamente diverse rispetto a quelle delle altre province. Si tratta di una realtà frutto della convivenza forzata di una pluralità di gruppi che interagiscono tra loro in equilibrio instabile ma con una connotazione comune: agire in territori caratterizzati da una densità abitativa molto alta, dove si concentrano povertà, emarginazione, assenza di nuclei familiari coesi da un’integrità di valori e tassi elevati di evasione scolastica. Tutti questi elementi rappresentano l’humus ideale per il radicamento della criminalità organizzata, che si propone offrendo un modus vivendi alternativo sotto il profilo “lavorativo”, ma sempre funzionale ai propri interessi. Non a caso, la facilità con la quale i clan riescono a rigenerarsi dopo l’esecuzione di provvedimenti cautelari, personali e reali, va ricondotta a diversi fattori: la possibilità di reclutare nuova manovalanza in un contesto territoriale depresso,

Relazione del Ministro dell’interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia gli ingenti patrimoni a disposizione e la rete di relazioni intessute nel tempo con esponenti collusi della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria locale. Emblematico di quanto i clan siano proiettati a condizionare il contesto di riferimento anche sotto il profilo sociale, il fatto intimidatorio accaduto nel mese di aprile, quando sono stati esplosi colpi di kalashnikov contro una caserma dei Carabinieri di Secondigliano, in risposta ad un decreto di allontanamento temporaneo - eseguito dalla stessa Arma - di due minori dalla madre, incensurata, moglie del reggente del clan Vanella-Grassi. Un’azione eclatante in risposta ad un provvedimento, l’allontanamento dei figli dalla moglie del boss, che ha minato alla base la prospettiva criminale del clan. Una presenza importante delle donne che trova conferma anche nel semestre in trattazione, atteso che sono loro che continuerebbero ad orientare e pianificare, sotto il profilo militare ed economico, nel capoluogo di regione le attività del clan D’Amico e a Poggiomarino e Striano quelle del clan Giugliano. Altrettanto significativo di questa tendenza a controllare i comportamenti dei soggetti che orbitano attorno ai clan, il tentativo di arginare con la violenza il crescente numero di collaboratori di giustizia, ordinando attentati verso la cerchia familiare del collaboratore. A questa espressione pulviscore della camorra se ne affianca tuttavia un’altra, rappresentata da clan più strutturati che, limitando il ricorso ad azioni violente lascerebbero la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite, per dedicarsi quindi ad attività criminali di più alto profilo, quali il riciclaggio e il reimpiego di denaro di provenienza illecita. La gamma dei settori interessati spazia dalla ristorazione al commercio di capi di abbigliamento, dall’acquisizione delle commesse pubbliche fino alle truffe ai danni dello Stato, in ciò potendo contare sulla collaborazione, in Campania ma anche fuori Regione, di soggetti collusi inseriti in ambienti istituzionali ed imprenditoriali. Si delinea, così, una geografia criminale eterogenea dove le aree a più alta densità mafiosa si confermano le province di Napoli e Caserta, ma anche nell’avellinese, nel beneventano e nel salernitano permane l’operatività di gruppi autoctoni, con caratteri tipicamente mafiosi, funzionalmente pronti ad assicurare sostegno logistico e militare ai clan delle aree limitrofe. Per il territorio casertano, la decapitazione dei vertici dei sodalizi, pur avendo determinato un vuoto di potere, differentemente da quanto accaduto nell’area napoletana, non avrebbe tuttavia posto le premesse per caotiche dinamiche conflittuali.

Le indagini concluse nel semestre confermano, peraltro, sia la persistente forza di intimidazione, consenso e controllo del territorio del cartello dei Casalesi – nonostante lo stato di detenzione dei capi clan – sia la commistione dell’organizzazione con apparati amministrativi ed imprenditoriali locali: è rilevante, infatti, la sequenza di investigazioni riportate nel paragrafo dedicato alla provincia di Caserta che hanno investito il capoluogo e diversi comuni limitrofi, coinvolgendo amministratori e funzionari, tutti espressione di una parte della classe dirigente accomunata da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata. La patologia di tali rapporti, cementati dalla corruzione, si realizza attraverso l’illecita concessione di autorizzazioni, licenze e varianti urbanistiche; con l’omissione dei controlli e con l’imposizione di assunzioni, di affidamenti di incarichi di progettazione, di lavori e manutenzioni, fino all’aggiudicazione della gara all’impresa camorrista. Tra le metodologie utilizzate per orientare le gare di appalto, la linea di tendenza è quella di attuare il cosiddetto “metodo del tavolino”, che consiste nel programmare una rotazione illecita degli appalti pubblici, che si fonda sull’accordo tacito secondo il quale, a turno, tutte le imprese partecipanti al “sistema” si impegnano preventivamente ad offrire, nel corso della gara, il maggior ribasso - già concordato - acquisendo in questo modo la certezza di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto pubblico. Il previo accordo oltre a rendere meno visibile la presenza mafiosa, eviterebbe il generarsi di contrasti,

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rendendo allo stesso tempo più complessa l’attività repressiva. Significative delle modalità attraverso le quali si estrinseca il rapporto tra camorra e imprenditoria collusa sono risultate le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia rilasciate nel corso di un interrogatorio, in occasione del quale avrebbe ben illustrato come l’aggiudicatario di un appalto acquisti dal clan, allo stesso tempo, una sorta di “pacchetto” di assistenza, che comprende la difesa da richieste estorsive da parte di altre famiglie camorriste e l’intervento nei confronti di funzionari ed amministratori comunali nel caso dovessero tentare di rallentare, anche a seguito di controlli legittimi, l’esecuzione dei lavori. È evidente che, in questo modo, il sodalizio diventa una sorta di “associato in partecipazione occulta” dell’impresa, nella quale conferisce, al posto del denaro, la forza di intimidazione camorristica, ricavandone come compenso una percentuale sul corrispettivo percepito dall’imprenditore.

La stessa logica di una ripartizione condivisa si rinviene nei casi di affidamento dei lavori da parte dei consorzi alle imprese consorziate, secondo la prassi della scomposizione di una commessa in vari sub-contratti, allo scopo di eludere la normativa di settore. I chiari interessi della camorra, in particolare casertana e napoletana, nell’aggiudicazione delle commesse pubbliche non avrebbero risparmiato neanche il settore sanitario, come testimonia un’indagine, conclusasi nel mese di giugno che, in linea con quanto già emerso nel recente passato, evidenzierebbe l’intervento dell’organizzazione nella gestione di attività strumentali al funzionamento di alcune grandi strutture ospedaliere della zona collinare di Napoli. È in questo contesto generale che, nel periodo in riferimento, al fine di riscontrare eventuali ingerenze della camorra nelle politiche comunali, si sono insediate Commissioni di accesso a Marano di Napoli, Casavatore, Crispano, mentre per la provincia di Caserta è stato disposto, l’11 maggio, lo scioglimento del comune di Trentola Ducenta. La strategia appena delineata di una silente contaminazione del territorio attuata attraverso l’opera di professionisti e apparati istituzionali compiacenti, sembra consolidarsi anche fuori Regione e all’estero, dove si conferma l’operatività dei gruppi camorristici nel settore del gioco e delle scommesse illegali, anche on line, in alcuni casi in sinergia con la ‘ndrangheta e cosa nostra, con una commistione di interessi la cui portata è tale da far prevalere la convenienza di una spartizione concordata dei profitti illeciti, alla stregua di quanto rappresentato con riferimento al menzionato “metodo del tavolino”. Una riflessione a se stante merita il traffico di stupefacenti che si attesta tra le principali fonti di finanziamento e che vede la camorra sempre più inserita nella gestione dei grandi flussi della droga di provenienza sudamericana e nordafricana, potendo contare su strutturate reti criminali in grado di rinnovare le tecniche di occultamento e di modificare costantemente le rotte internazionali. Anche su questo fronte, nel periodo di interesse sono state acquisite conferme circa l’intensificarsi di forme di cooperazione criminale tra clan camorristici ed articolazioni della ‘ndrangheta e di consolidate relazioni affaristiche con narcotrafficanti stranieri, facilitate dal trasferimento all’estero di pregiudicati campani. Oltre alla Spagna ed all’Olanda, tra i Paesi interessati al traffico internazionale di droga con la camorra figurano la Turchia, l’Ecuador, la Colombia e il Venezuela. Altro importante settore verso cui le organizzazioni campane continuano a manifestare interesse è quello dell’agroalimentare. In questo comparto le mafie tenderebbero a fare “cartello”, agendo sull’intera filiera: dall’accaparramento dei terreni agricoli all’intermediazione nella vendita dei prodotti, dal trasporto e lo stoccaggio dei prodotti fino al reinvestimento dei profitti illeciti nei centri commerciali, cui deve aggiungersi l’imposizione della vendita di determinate marche e prodotti di generi alimentari, quale altra forma di velata estorsione. Tra i gruppi più attivi in tale ambito figurano il clan Lo Russo e la famiglia Moccia, che proprio da evidenze investigative raccolte nel semestre è risultata proiettata in Spagna per espandersi sul mercato ortofrutticolo di Barcellona. Il fenomeno delle agromafie s’intreccia inevitabilmente con altre fattispecie delittuose notoriamente appannaggio della camorra, quali lo smaltimento illegale dei rifiuti ed il conseguente inquinamento di terreni e falde acquifere. Funzionali a queste pratiche illecite diventa, anche in questo caso, l’apporto di amministratori e professionisti collusi, i primi coinvolti nell’assegnazione ai clan degli appalti per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti, i secondi nella predisposizione di falsi documenti di trasporto e certificati di analisi alterati. Da segnalare, in proposito, con particolare riferimento alla “Terra dei Fuochi”, che per accelerare i processi di ripristino dei terreni risultati inquinati, nel mese di febbraio 2016 è stato istituito, su iniziativa del Comune di Napoli, un “Osservatorio permanente sulle indagini e sulle istanze relative alla Terra dei Fuochi”, con il compito di restituire costantemente ai decisori politici informazioni e dati utili per definire strategie di intervento coerenti e congrue rispetto alle necessità di quel comprensorio.

b- Provincia di Caserta

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Le attuali dinamiche della criminalità organizzata casertana ed in particolare del clan dei Casalesi fotografano una situazione di graduale depotenziamento dei sodalizi criminali, dovuto alla costante azione repressiva della Magistratura e delle Forze di polizia.

Sono stati numerosi, infatti, anche nel semestre in parola, gli arresti eseguiti, i sequestri e le confische portate a termine nei confronti dei gruppi dell’area.

Le indagini concluse - sviluppate anche grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, in passato al vertice del clan - hanno fatto luce sulle dinamiche interne, modalità di reinvestimento di capitali e rapporti con le Istituzioni della camorra casertana. Le stesse acquisizioni investigative hanno confermato la propensione dei Casalesi a permeare il tessuto socio-economico casertano ma anche partenopeo, grazie alla capacità di consolidare rapporti di natura collusiva con personaggi dell’imprenditoria, della finanza e della pubblica amministrazione, in una logica di reciproco vantaggio. Si è delineata, infatti, nel tempo, un’area grigia, momento di incontro tra soggetti apparentemente insospettabili della Pubblica Amministrazione ed esponenti della criminalità organizzata, funzionale innanzitutto ad infiltrare gli appalti pubblici. È rilevante, infatti, la sequenza di investigazioni concluse nel semestre che hanno investito il capoluogo e diversi comuni casertani (Trentola Ducenta, Santa Maria C.V., Grazzanise e Aversa), coinvolgendo amministratori in carica ed ex amministratori, nonché funzionari comunali, tutti espressione di una classe dirigente accomunata, nei casi oggetto d’indagine, da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata. E numerose sono state anche le attività condotte dalla D.I.A. di Napoli nei confronti dei Casalesi.

Nel mese di febbraio, il Centro Operativo di Napoli ha eseguito due provvedimenti di confisca, entrambi disposti dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di soggetti appartenenti all’ala Bidognetti e alla frangia Zagaria, per un valore complessivo di circa mezzo milione di euro.

Lo stesso Centro Operativo della D.I.A., sempre a seguito di provvedimenti emessi dall’A.G. di Santa Maria Capua Vetere, ha eseguito, nell’ordine, nel mese di marzo, la confisca del patrimonio nella disponibilità di un ex consigliere del comune di Casal di Principe (ritenuto organico al clan dei Casalesi), stimato in oltre 6 milioni di euro; nel mese di giugno il sequestro di diversi beni immobili e di una società, del valore complessivo di circa un milione di euro, nella disponibilità di un imprenditore attivo per l’organizzazione nel settore degli appalti e degli affidamenti diretti dei lavori pubblici.

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Lo spaccato che ne emerge è quello di un vero e proprio sistema che si è perpetuato nel tempo e che avrebbe determinato un fortissimo danno all’economia locale.

In altri casi lo sviamento dalle funzioni pubbliche, sebbene non immediatamente riconducibile a contesti di criminalità organizzata, è andato ad intaccare settori particolarmente esposti agli interessi mafiosi, come quello dei rifiuti nel Comune di Maddaloni.

È noto, infatti, che l’inserimento dei clan nel settore degli appalti rappresenta la principale causa di scioglimento degli Enti locali, l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, è il Comune di Trentola Ducenta, sciolto ex art. 143 T.U.E.L. con Decreto dell’11 maggio 2016, che ha tenuto conto delle evidenze giudiziarie che avevano acclarato l’opera di condizionamento esercitata dal clan dei Casalesi, gruppo Zagaria.

Oltre agli appalti, gli ambiti criminali di maggior interesse del cartello dei Casalesi sono rappresentati dal riciclaggio, l’usura, le estorsioni, la gestione delle puntate e delle scommesse d’azzardo on line e il traffico di stupefacenti.

Riguardo a quest’ultimo delitto, mentre in passato la criminalità casertana si era limitata ad operare in qualità di mero investitore, senza intervenire direttamente nelle fasi di distribuzione e gestione dello spaccio, negli ultimi anni avrebbe manifestato un maggiore interesse nella partecipazione attiva ai traffici, in sinergia con i sodalizi della vicina provincia napoletana. Ancora, gli interessi dei casalesi, oltre all’edilizia, al ciclo degli inerti ed alla ristorazione, ricadrebbero sulla grande distribuzione alimentare, sulla logistica e sui trasporti. Scendendo nel dettaglio degli assetti criminali interni al cartello, risulta ancora operativa la famiglia Zagaria di Casapesenna, mentre nel clan Schiavone le attività illecite sono coordinate dalla famiglia Russo. Nonostante i provvedimenti giudiziari ne abbiano ridotto gli organici, rimane attivo, sul litorale casertano, il sodalizio Bidognetti, che controllerebbe il territorio anche grazie ad alcune alleanze, come quella con il gruppo Gagliardi-Fragnoli-Pagliuca - presente nell’area di Mondragone - e con il clan Perreca di Recale. Al di fuori del cartello dei Casalesi, rileva l’operatività del clan Belforte, alias “i Mazzacane” di Marcianise, che estenderebbe la propria azione su una consistente porzione di territorio. La collaborazione con la giustizia di esponenti di vertice del clan - tra cui alcuni componenti della stessa famiglia Belforte - ha condotto all’emissione di numerosi provvedimenti a carico del sodalizio, come nel caso dell’operazione “Dynasty”314, del mese di aprile, che ha fatto luce su un’attività di usura nei confronti di imprenditori locali che, sottoposti a gravi atti di intimidazione, accettavano di pagare agli uomini del clan interessi superiori al 120%. Nel medesimo contesto marcianisano, oltre ai citati Belforte, si evidenziano le attività del contrapposto clan Piccolo e di gruppi familiari autonomi e di minore spessore criminale: Menditti, a Recale e San Prisco; Bifone, a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove, San Prisco e Massaro a San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico e Arienzo. Nei comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina si registra una fase di destabilizzazione degli equilibri che ha riguardato il gruppo Esposito, alias “i Muzzuni”, che avrebbe spostato i propri interessi verso il traffico degli stupefacenti, incrementandone lo spaccio315. Infine, il territorio di Santa Maria Capua Vetere vede contrapposte le famiglie Del Gaudio e Fava, entrambe gravitanti nell’orbita del cartello dei Casalesi.

c. Profili evolutiviIl quadro che emerge dall’analisi del contesto campano riflette una situazione disorganica, in cui

coesistono aggregazioni prive di consistente identità criminale - pericolose per il frequente ricorso ad azioni violente - e gruppi invece strutturati, che proiettandosi fuori Regione e all’estero starebbero affermandosi nei grandi traffici di stupefacenti, nel riciclaggio e nel reimpiego di capitali illeciti attraverso sofisticati meccanismi societari e finanziari.

Si profila, così, una duplice strategia che sembra essere stata intrapresa dalla camorra lato sensu intesa: una visione a brevissimo termine portata avanti dai micro gruppi criminali che costellano innanzitutto l’area metropolitana di Napoli - che si aggregano in funzione del perseguimento di finalità specifiche - e una visione di medio e lungo periodo, che sembra stia invece caratterizzando le scelte imprenditoriali dei più compatti clan della provincia di Napoli e dell’area casertana.

A fattor comune, queste ultime manifestazioni criminali potrebbero proiettare il consolidato modus operandi di infiltrare il tessuto socio economico di un territorio - facendo leva sulla corruzione di apparati burocratici istituzionali e sulla collusione di un’imprenditoria deviata - anche all’estero, specie in quei settori in cui la camorra si è notoriamente affermata.

Si pensi, ad esempio, alle mire espansionistiche verso il mercato ortofrutticolo di Barcellona, al settore dello smaltimento illegale dei rifiuti o al condizionamento delle gare di appalto, ambiti in cui i gruppi casertani avrebbero maturato un’alta specializzazione.

Analogo ragionamento vale per quei settori a naturale vocazione transnazionale, come quello del narcotraffico e dei giochi e delle scommesse illegali, anche on line.

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Si tratta di attività economico-criminali ad alta complessità organizzativa che potrebbero richiedere una sempre maggiore “coesione trasversale” tra l’organizzazione in parola, la ‘ndrangheta e cosa nostra, con una commistione di interessi la cui portata è tale da far prevalere la convenienza di una spartizione concordata dei profitti illeciti piuttosto che puntare a posizioni monopolistiche che potrebbero determinare situazioni di contrasto.

ANALISI DEL CONTESTO INTERNO

All’interno dell’Ente occorre prevedere una strategia di prevenzione che si deve realizzare conformemente all’insieme delle ormai molteplici prescrizioni introdotte dalla Legge n. 190/2012, da Provvedimenti di legge successivi, nonché dalle Direttive che il Piano Nazionale Anticorruzione, così come aggiornato dall’ANAC con Determinazione n. 1208 del 22 novembre 2017, enuncia e che rappresentano il Modello di riferimento.

L’inquadramento del Contesto Interno all’Ente richiede, invece, un’attività che si rivolge, appunto, ad aspetti propri dell’Ente, ovvero a quelli collegati all’organizzazione e alla gestione operativa che possono costituire ottimo presupposto di influenza e di sensibilizzazione in negativo della Struttura interna verso il rischio di corruzione; ecco perché, non solo è richiesta un’attività di conoscenza, di valutazione e di analisi, ma è richiesta, in parallelo, anche la definizione di un Sistema di responsabilità capace di impattare il livello di complessità funzionale ed operativa dell’Ente.

Ed allora, devono emergere: 1. elementi soggettivi, necessariamente le figure giuridiche coinvolte, definite nell’articolato,

quali gli Organi di Indirizzo ed i Responsabili, intesi in senso ampio, unitamente alla Struttura organizzativa;

2. elementi oggettivi: ruoli e responsabilità, politiche, obiettivi, strategie, risorse, conoscenze, sistemi e tecnologie, qualità e quantità del personale, cultura organizzativa, con particolare riferimento alla cultura dell’etica, sistemi e flussi informativi, processi decisionali (sia formali sia informali), relazioni interne ed esterne (UNI ISO 31000:2010 Gestione del rischio – Principi e linee guida. 9 PNA, All. 1 par. B.1.1, p. 13).

In buona sostanza devono emergere i profili identitari dell’Ente nella loro totalità, in modo che il contesto interno emergente sia il più pertinente possibile e che quindi questo Piano possa esperire i propri effetti in maniera analoga e secondo l’indirizzo nazionale.

Di conseguenza, l’attività svolta dall’Ente deve essere oggetto di un’analisi che deve essere condotta e completata attraverso la Mappatura dei Processi, al fine di definire nel particolare Aree che, in funzione della natura e delle peculiarità dell’attività stessa, risultano potenzialmente esposte a rischi corruttivi.

L’ente è attualmente organizzato in quattro aree: Economica-Finanziaria, Tecnica-LL.PP ( gestione associata di funzione con altro ente limitrofo), Tecnica-Urbanistica e manutentiva ed Ammnistrativa con un numero complessivo al 01.01.2018, ( escluso una unità di cat. D fuori pianta organica) di N° 09 unità come di seguito assegnate:

AREA RESPONSABILE N° UNITÀ DI PERSONALE

Economica-Finanziaria Sig.re Rinaldo Santagata Cat. C N° 1 cat. CN° 1 cat. B

Tecnica-LL.PP ( Gestione associata di funzione)

Dott. Ing. Antonio Romano Cat. D

Tecnica_ Urbanistica e manutentiva

Geom. Giuseppe Sisto – Cat. C N° 1 Cat. C

Amministrativa Assessore Comunale N° 5 cat. CN° 1 cat. B

Come è evidente non è possibile alcuna rotazione né tra i responsabili di posizione organizzativa,

né tra i responsabili di servizio e/o procedimento anche per effetto di infungibilità delle funzioni. Non sono state attivate convenzioni per l’utilizzo di personale ai sensi dell’art. 30 del D.Lvo 267/00 o dell’art. 14 del CCNL del 2004. E’ in atto una sola gestione associata di servizio con un comune limitrofo. Le criticità sono tutte quelle ordinarie che subiscono tutti gli enti con ridottissime dotazioni organiche e scarsità di personale in possesso di adeguate competenze.

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2.1. Indicazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione “aree di rischio”

Per l’individuazione delle attività e degli uffici a rischio si sono presi in considerazione i regolamenti degli uffici e dei servizi, la ripartizione interna delle aree e delle competenze, giungendo alla conclusione che i procedimenti a rischio corruzione per il seguente ente sono così classificabili: - acquisizione e progressione del personale (concorsi e prove selettive per l’assunzione di

personale e per la progressione di carriera);- affidamento di lavori servizi e forniture (procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento

di lavori, servizi, forniture aperte ristrette e negoziate; altresì i contratti attivi o negozi giuridici in genere dai quali in ogni caso l’Ente percepisca delle entrate;

- elargizione di contributi di ogni genere e specie ad ente e/o persone fisiche;- autorizzazione concessioni: permessi di costruire, concessioni demaniali; - provvedimenti di pianificazione urbanistica generale ed attuativa;- gestione del processo di irrogazione delle sanzioni per violazione del C.d.S.;- gestione del processo di accertamento tributario;- affidamento di incarichi esterni di ogni genere e tipologia;- contratti atti di ogni tipologia ed a prescindere dal valore;- affidamento di concessioni di beni immobili.

2.2. Metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischioLa valutazione dei rischi prevede l’identificazione, l’analisi e la ponderazione del rischio.

A. L’identificazione del rischioConsiste nel ricercare, individuare e descrivere i rischi. Richiede che, per ciascuna attività,

processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi di corruzione. Questi sono fatti emergere considerando il contesto esterno ed interno all’amministrazione, anche con riferimento alle specifiche posizioni organizzative presenti all’interno dell’amministrazione.

I rischi sono identificati:- attraverso la consultazione ed il confronto tra i soggetti coinvolti, tenendo presenti le specificità

dell’Ente, di ciascun processo e del livello organizzativo in cui il processo si colloca;- valutando i passati procedimenti giudiziari e disciplinari che hanno interessato

l’Amministrazione;- decidendo di applicare i criteri di cui all’allegato 5 del PNA (discrezionalità, rilevanza esterna,

complessità del processo, valore economico, razionalità del processo, controlli, impatto economico, impatto organizzativo, economico e di immagine).

B. L’analisi del rischioIn questa fase sono stimate le probabilità che il rischio si concretizzi (probabilità) e sono pesate

le conseguenze che ciò produrrebbe (impatto). Al termine è calcolato il livello di rischio moltiplicando “probabilità” per “impatto”.

B.1. Stima del valore della probabilità che il rischio di concretizzi- discrezionalità: più è elevata, maggiore è la probabilità di rischio (valori da 0 a 5);- rilevanza esterna: nessuna rilevanza esterna 2; se il risultato si rivolge a terzi valore 5;- complessità del processo: se il processo coinvolge più amministrazioni il valore aumenta

progressivamente secondo quanto stabilito dalla tabella dell’allegato 5;- valore economico: se il processo attribuisce vantaggi a soggetti terzi, la probabilità aumenta

progressivamente secondo quanto stabilito dalla tabella dell’allegato 5;- frazionabilità del processo: se il risultato finale può essere raggiunto anche attraverso una

pluralità di operazioni di entità economica ridotta, la probabilità sale (valori da 1 a 5);- controlli: (valore da 1 a 5) la stima delle probabilità tiene conto del sistema dei controlli vigente.

Per controllo si intende qualunque strumento utilizzato che sia utile per ridurre le probabilità del rischio: quindi, sia il controllo preventivo che successivo di legittimità e il controllo di gestione, sia altri meccanismi di controllo utilizzati.Per ogni attività/processo esposto è stato attribuito un valore/punteggio per ciascuno dei sei

criteri elencati. La media finale rappresenta la “stima della probabilità” (max 5).

B.2. Stima del valore dell’impattoL’impatto si misura in termini di impatto economico, organizzativo, reputazionale e

sull’immagine.

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L’allegato 5 del PNA propone criteri e valori (punteggi o pesi) da utilizzare per stimare “l’impatto” di potenziali episodi di malaffare.- impatto organizzativo: tanto maggiore è la percentuale di personale impiegato nel

processo/attività esaminati, rispetto al personale complessivo dell’unità organizzativa, tanto maggiore sarà “l’impatto” (fino al 20% del personale=1; 100% del personale=5);

- impatto economico: se negli ultimi cinque anni sono intervenute sentenze di condanna della Corte dei Conti o sentenze di risarcimento per danni alla pubblica amministrazione a carico di dipendenti, punti 5. In caso contrario, punti 1;

- impatto reputazionale: se negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati su giornali (o sui media in genere) articoli aventi ad oggetto episodi di malaffare che hanno interessato la pubblica amministrazione, fino ad un massimo di punti 5 per le pubblicazioni nazionali. Altrimenti, punti 0;

- impatto sull’immagine: dipende dalla posizione gerarchica ricoperta dal soggetto esposto al rischio. Tanto è più elevata, tanto maggiore è l’indice (punti da 1 5).Attribuiti i punteggi per ognuna delle quattro voci di cui sopra, la media finale misura la “stima

dell’impatto”.L’analisi del rischio si conclude moltiplicando tra loro valore della probabilità e valore

dell’impatto per ottenere il valore complessivo, che esprime il livello di rischio del processo, secondo gli indici della tabella di valutazione del rischio di cui all’allegato A del presente piano anticorruzione .

C. La ponderazione del rischioDopo aver determinato il livello di rischio di ciascun processo o attività si procede alla

“ponderazione”. In buona sostanza trattasi della graduatoria dei rischi sulla base del parametro numerico “livello di rischio”.

I singoli rischi ed i relativi processi sono inseriti in una “classifica del livello di rischio”. Le fasi di processo o i processi per i quali siano emersi i più elevati livelli di rischio identificano le aree di rischio, che rappresentano le attività più sensibili ai fini della prevenzione.

I livelli di rischio sono suddivisi in rischio basso, rischio medio e rischio alto.

3. Il trattamento dei rischi

Il processo di “gestione del rischio” si conclude con il “trattamento” ovvero misure di prevenzione.

Il trattamento consiste nel procedimento “per modificare il rischio”. In concreto, individuare e valutare delle misure per neutralizzare o almeno ridurre il rischio di corruzione.

Indubbiamente ai fini di una completa ed efficace gestione del trattamento del rischio è necessario aver analizzato tute le possibili ipotesi di rischio giacché la misura di prevenzione per quanto efficace sia, deve poter essere estesa a tutele possibili ipotesi, in quanto mancandone alcune si pregiudica il risultato complessivo.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione deve stabilire le “priorità di trattamento” in base al livello di rischio, all’obbligatorietà della misura ed all’impatto organizzativo e finanziario della misura stessa. L’incisività della misura sarà inevitabilmente proporzionale al grado di rischio come desumibile dai risultati della ponderazione effettuata.

Il PTPC contiene e prevede l’implementazione di misure di carattere trasversale, quali misure specifiche di prevenzione per ciascun ufficio di ciascuna area con relativa scheda di comportamento attraverso la quale definire nel dettaglio modalità operative che abbiano l’attitudine a prevenire la corruzione (non appare superfluo rammentare che laddove in un processo decisionale sono coinvolti più soggetti il rischio corruzione possa diminuire perché se può essere possibile corrompere una persona sarà più arduo doverne corrompere più d’una; Inoltre può essere utile prevede dei comportamenti virtuosi da tenere in via preventiva rispetto potenziali rischi derivanti da conflitti di interesse o simili, ecc.).

Le “misure” specifiche di prevenzione per ciascun procedimento sono delineate nel dettaglio nell’Allegato B) del presente Piano Anticorruzione.

4. Formazione in tema di anticorruzione

La formazione è strutturata su due livelli:- livello generale, rivolto a tutti i dipendenti: riguarda l’aggiornamento delle competenze

(approccio contenutistico) e le tematiche dell’etica e della legalità (approccio valoriale);

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- livello specifico, rivolto al Responsabile della prevenzione, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a rischio: riguarda le politiche, la gestione dei procedimenti, i programmi e i vari strumenti utilizzati per la prevenzione e tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto dell’Amministrazione.La formazione in tema di anticorruzione viene erogata a tutti i dipendenti comunali, ed agli

amministratori comunali, mediante corsi di formazione in sede, o anche per via telematica, da tenersi con frequenza almeno annuale.

I soggetti che saranno chiamati ad istruire il personale dipendente, oltre all’Amministrazione comunale, saranno individuati tra esperti del settore.

I contenuti della formazione saranno verteranno sulle tematiche dell’etica pubblica, sugli appalti, sul procedimento amministrativo, sulla disciplina delle autorizzazioni e concessioni e sui principi di buona amministrazione.

5. Codice di comportamento

A. Adozione del Codice di comportamento dei dipendenti pubbliciL’art. 54 del D.Lgs. n. 165/2001 ha previsto che il Governo definisse un “Codice di

comportamento dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni” per assicurare:- la qualità dei servizi;- la prevenzione dei fenomeni di corruzione;- il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura

dell’interesse pubblico.Il 16/4/2013 è stato emanato il D.P.R. n. 62/2013 recante il suddetto Codice di comportamento.

Il comma 3 dell’art. 54 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone che ciascuna Amministrazione elabori un proprio Codice di comportamento con “procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio Organismo Indipendente di Valutazione”.

Il codice di comportamento, sebbene il relativo schema sua stato già elaborato, non è stato ancora adottato in quanto non si sono perfezionate, per cause non imputabili agi uffici comunali, le procedure per la nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione che deve esprimere un preventivo parere prima della sua definitiva approvazione da parte del competente organo, per cui si invita a pervenire al più presto alla relativa nomina.

Per ogni schema tipo di incarico, contratto, bando, le indicazioni previste nel D.P.R. n. 62/2013 inserendo la condizione dell’osservanza del Codice di comportamento per i collaboratori esterni a qualsiasi titolo, per i titolari di organi, per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell’Autorità politica, per i collaboratori delle ditte fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell’Amministrazione, nonché prevedendo la risoluzione o la decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dai codici.

A tal fine in ogni contratto ed a prescindere dal valore del medesimo, sarà inserita la seguente clausola:“L’appaltatore prende atto che gli obblighi previsti dal D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 si estendono anche al medesimo e come tale lo stesso si impegna a mantenere un comportamento pienamente rispettoso degli obblighi di condotta etica ivi delineati. A tal proposito le parti dichiarano che un eventuale comportamento elusivo od in violazione degli obblighi di condotta costituiscono causa di risoluzione del presente contratto.”

B. Meccanismi di denuncia delle violazioni del codice di comportamentoTrova applicazione l’art. 55-bis, comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i. in materia di

segnalazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.

C. Ufficio competente ad emanare pareri sulla applicazione del codice di comportamentoProvvede l’ufficio competente a svolgere e concludere i procedimenti disciplinari a norma

dell’art. 55-bis, comma 4 del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i.

6. Inconferibilità ed incompatibilità

L’ANAC, con delibera n. 833 del 3 agosto 2016 ha definito le Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione.

Il responsabile del Piano anticorruzione cura che nell’amministrazione siano rispettate le disposizioni del D.Lgs. n. 39/2013 sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. A tale fine

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laddove riscontrate, il responsabile contesta all’interessato l’esistenza o l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità previste dalla legge.

InconferibilitàQualora il Responsabile venga a conoscenza del conferimento di un incarico in violazione delle

norme del D.Lgs. n. 39/2013 o di una situazione di inconferibilità, deve avviare di ufficio un procedimento di accertamento.

Nel caso di una violazione delle norme sulle inconferibilità la contestazione della possibile violazione va fatto sia nei confronti tanto dell’organo che ha conferito l’incarico sia del soggetto cui l’incarico è stato conferito.

Il procedimento avviato nei confronti del suddetto soggetto deve svolgersi nel rispetto del principio del contraddittorio affinché possa garantirsi la partecipazione degli interessati.

L’atto di contestazione deve contenere - una breve ma esaustiva indicazione del fatto relativa alla nomina ritenuta inconferibile e della

norma che si assume violata;- l’invito a presentare memorie a discolpa, in un termine non inferiore a dieci giorni, tale da

consentire, comunque, l’esercizio del diritto di difesa.Chiusa la fase istruttoria il responsabile del Piano anticorruzione accerta se la nomina sia

inconferibile e dichiara l’eventuale nullità della medesima. Dichiarata nulla la nomina, il responsabile del Piano anticorruzione valuta altresì se alla stessa

debba conseguire, nei riguardi dell’organo che ha conferito l’incarico, l’applicazione della misura inibitoria di cui all’art. 18 del D.Lgs. n. 39/2013. A tal fine costituisce elemento di verifica l’imputabilità a titolo soggettivo della colpa o del dolo quale presupposto di applicazione della misura medesima

IncompatibilitàL’accertamento da parte del responsabile del Piano anticorruzione di situazioni di incompatibilità

di cui ai Capi V e VI del D.Lgs. n. 39/2013 comporta la decadenza di diritto dall'incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo.

La decadenza opera decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all'interessato, da parte del responsabile, dell'insorgere della causa di incompatibilità.

Accertamenti del responsabile del Piano anticorruzioneAl fine di agevolare le attività di accertamento, controllo e verifica, come previsto dall’art. 20 del

d D.Lgs. n. 39/2013, all'atto del conferimento dell'incarico l'interessato presenta una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto che va comunicata entro 5 giorni al referente del responsabile del Piano oppure al responsabile del Piano.

7. I referenti per la gestione del Piano Anticorruzione

Il responsabile del Piano, per l’esercizio delle sue attività, può nominare uno o più riferenti per la gestione, il controllo e la corretta applicazione del Piano Anticorruzione. Ordinariamente i/il referente/i coincide/ono con le posizioni organizzative.

Ciascun referente, entro il 30 ottobre di ogni anno, riferisce in forma scritta al responsabile del Piano della effettiva attuazione delle misure del piano.

Ciascun referente può inoltre proporre al responsabile del Piano l’adozione di possibili ulteriori o diverse misure, volte ad implementare l’efficacia del Piano

L’attività informativa nei confronti del responsabile del Piano ha come finalità principale quella di garantire un flusso di informazioni, elementi e riscontri volti al continuo monitoraggio del Piano e sull’attuazione delle misure.

Ai fini della nomina del/i referent/ei il Responsabile del Piano deve valutare le capacità professionali, l’esperienza ivi compresa la condotta esemplare in termini di idoneità soggettiva a ricoprire l’incarico.

8. Tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower)

Chiunque venga a conoscenza di fatti e/o comportamenti che possano considerarsi in violazione del presente piano anticorruzione è tenuto a segnalarlo al Responsabile del Piano.

In dettaglio, si ritiene che le condotte illecite che costituiscono oggetto di segnalazioni intercettano sicuramente

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- comportamenti che si materializzano in delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del codice penale (ossia le ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari, disciplinate rispettivamente agli artt. 318, 319 e 319-ter del predetto codice);

- comportamenti dai quali possa riscontrarsi l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo.A titolo meramente esemplificativo, si rammentano i casi di sprechi, nepotismo,

demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro, ecc.

In buona sostanza costituiscono oggetto di segnalazione le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.

I fatti devono essere riportati secondo modalità circostanziate e chiare, se possibile con dovizia di particolari.

La presente sezione disciplina il procedimento volta alla segnalazione di fatti che possano avere attinenza al piano anticorruzione segnalati unicamente da dipendenti della struttura organizzativa allorquando il segnalante renda nota la sua identità.

Non rientrano in questa disciplina le segnalazioni anonime, quelle poste in essere da soggetti esterni in cui il segnalante renda nota la sua identità ovvero denunce obbligatorie all’autorità giudiziaria che devono essere fatte da soggetti il cui l’obbligo è previsto direttamente dalla legge.

Modalità di segnalazione:La segnalazione va effettuata:

- attraverso apposito strumento informatico;- in forma scritta con consegna nelle mani del responsabile del Piano.

Ricevuta la segnalazione, il responsabile del Piano valuta entro e non oltre 15 ( quindici) giorni dal suo ricevimento la condizioni di procedibilità e se del caso redige una relazione da consegnare al responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari per l’esercizio delle eventuali azioni di competenza.

Nel caso in cui, in ragione della segnalazione, una persona sia sottoposta ad un procedimento disciplinare, questa può accedere mediante lo strumento del diritto di accesso anche al nominativo del segnalante, pur in assenza del consenso di quest’ultimo, solo se ciò sia “assolutamente indispensabile” per la propria difesa.

Spetta al responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari valutare, su richiesta dell’interessato, se ricorrano le condizioni di assoluta indispensabilità della conoscenza del nominativo del segnalante ai fini della difesa.

Va da sé che sia in caso di accoglimento dell’istanza, sia in caso di diniego, il responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari deve ai sensi dell’art. 3 della L. n. 241/1990 motivare la decisione.

Il responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari può venire a conoscenza del nominativo del segnalante solamente quando il soggetto interessato chieda allo stesso che sia resa nota l’identità del segnalante per la sua difesa.

In questo caso, sul Responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari gravano gli stessi doveri di comportamento, volti alla tutela della riservatezza del segnalante, cui sono tenuti il Responsabile della prevenzione della corruzione.

Va assicurata la riservatezza dell’identità del segnalante sin dalla ricezione ed in ogni fase successiva del procedimento. La tutela della riservatezza trova tuttavia un limite nei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, reati per i quali deve, in relazione al fatto oggetto di segnalazione, esservi stata almeno una sentenza di condanna di primo grado sfavorevole al segnalante.

Calunnia (art. 368 c.p.) “Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito …”.Il reato presuppone tre elementi costitutivi:

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- la falsa incolpazione;- la certezza dell’innocenza del soggetto;- la dichiarazione formale resa all’autorità preposta.

L’elemento soggettivo in tema di reato di calunnia e la natura del doloNella calunnia, affinché si realizzi il dolo, e quindi si integri l’elemento soggettivo di

imputabilità, è necessario che colui che falsamente accusa un'altra persona di un reato abbia la certezza dell'innocenza del soggetto che accusa.

L'erronea convinzione che fosse colpevole esclude in radice l'elemento soggettivo, (Cass. Pen., Sez. VI, sentenza 2 aprile 2007, n. 17992).

Diffamazione (595 c.p. - Delitti contro l’onore): “Chiunque, fuori dei casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito …”.

Il reato di diffamazione tutela la reputazione della persona ossia la percezione che la collettività ha delle qualità essenziali di una persona.

Il reato presuppone tre elementi costitutivi:- l’assenza dell’offeso che consiste nel fatto che il soggetto passivo del reato è impossibilitato a

percepire direttamente l’addebito diffamatorio promanante dal soggetto che lo diffama (se fosse presente si tratterebbe di reato di ingiuria);

- l’offesa alla reputazione intesa come l’uso di parole ed espressioni che possano pregiudicare l’onore del soggetto verso cui sono preferite (in questi termini è un reato di pericolo);

- la comunicazione con più persone ossia che l’agente deve aver posto in essere la sia azione nei riguardi di almeno due persone.Per cui, in breve sintesi: “le c.d. "maledicenze" dette alle spalle della persona costituiscono

reato di diffamazione mentre una accusa consapevolmente falsa volta ad addebitare un fatto delittuoso ad un soggetto innocente resa formalmente davanti a pubblici ufficiali costituisce reato di calunnia.”

9. Funzioni dell’Organismo Indipendente di valutazione (OIV) e prevenzione della corruzione

Rappresenta l’organo istituzionale cui il Responsabile della prevenzione della corruzione ha il compito di segnalare le disfunzioni delle misure di prevenzione

L’OIV deve verificare la coerenza del Piano con gli obiettivi previsti nel documento di programmazione strategico gestionale dell’ente e tiene conto degli obiettivi previsti nel piano ai fini della valutazione delle performance.

L’OIV verifica la relazione che ogni anno il Responsabile della prevenzione della corruzione redige e pubblica sul sito istituzionale dell’ente.

La verifica dell’OIV concerne lo stato di corretta e concreta attuazione degli obiettivi del piano così come scaturenti dalla relazione del responsabile della prevenzione della corruzione.

Comunicano al Dipartimento funzione pubblica i dati dei dirigenti nominati dalla Pubblica Amministrazione senza selezione.

Fornisce il parere obbligatorio sul codice di comportamento dell’ente presso il quale svolge le funzioni.

Parte III - TRASPARENZA

1. La trasparenza come misura anticorruzione

Lo strumento principale per contrastare il fenomeno della corruzione è la trasparenza dell’attività amministrativa, elevata dal comma 15 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 a “livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione”.

I commi 35 e 36 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 hanno delegato il governo ad emanare un “decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità”.

Il Governo ha adempiuto attraverso due decreti legislativi:- D.Lgs. n. 33/2013;- D.Lgs. n. 97/2016.

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La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche. Essa rappresenta la condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali. Integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.

La trasparenza dell’azione amministrativa è garantita tramite l’accesso civico e tramite la pubblicazione di documenti, informazioni e dati così come previsto in dettaglio dal D.Lgs. n. 33/2013, così come modificato da ultimo dal D.Lgs. n. 97/2016.

La pubblicazione consiste nella pubblicazione nei siti istituzionali di documenti, informazioni, dati su organizzazione e attività delle pubbliche amministrazioni.

L’accesso civico consiste nell’esercizio del diritto, da parte di chiunque, di:- richiedere la pubblicazione di documenti, informazioni e dati dei quali sia stata omessa la

pubblicazione obbligatoria (accesso civico cd. “reattivo”, art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 33/2013);- accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a

quelli oggetto di pubblicazione, con le modalità stabilite nel D.Lgs. n. 33/2013 e nel rispetto dei limiti di cui all’art. 5-bis del medesimo decreto, relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti (accesso civico cd. “proattivo”, artt. 5 e ss. D.Lgs. n. 33/2013).In seguito alla entrata in vigore il D.Lvo 25.05.2016, n. 97, contenente la “Revisione e

semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della L. 6.11.2012, n.190 e del D.Lvo 14.03.2013, n.33, ai sensi dell’art. 7 della L. 7.8. 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della L. n. 124/2015, è stato diffuso un nuovo strumento, sul modello FOIA (Freedom of Information Act), detto “diritto di accesso universale”, complementare alla normativa sugli obblighi di pubblicazione in amministrazione trasparente, finalizzato a garantire la libertà di informazione di ciascun cittadino su tutti gli atti, i documenti e le attività delle pubbliche amministrazioni, senza che occorra la dimostrazione di un interesse attuale e concreto per richiederne la conoscibilità.

Nel solco di tale previsione è stato introdotto un nuovo sistema di trasparenza non più improntato semplicemente “a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” attraverso l’accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, bensì anche a “tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa” rendendo accessibili tutti i dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (nuovo art. 1, comma 1).

Pertanto con delibera di Giunta Comunale N° 150 adottata nella seduta del 20.12.2016 è stato approvato il “Regolamento in materia di accesso civico e accesso generalizzato” quale atto organizzativo ai fini dell’attuazione di detti istituti, con relativa modulistica necessaria per favorire il corretto esercizio degli istituti di accesso civico e accesso generalizzato;

2. Definizione della pubblicazione

Alla pubblicazione corrisponde il diritto di chiunque di accedere alle informazioni direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione.

È necessario garantire la qualità dei documenti, dei dati e delle informazioni, assicurandone: integrità, aggiornamento, completezza, tempestività, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità e conformità ai documenti originali.

La pubblicazione deve consentire la diffusione, l’indicizzazione, la rintracciabilità dei dati con motori di ricerca web e il loro riutilizzo.

Documenti, dati ed informazioni devono essere pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’art. 68 del CAD (D.Lgs. n. 82/2005). Ove l’obbligo di pubblicazione riguardi documenti in formato non aperto, prodotti da soggetti estranei all’Amministrazione e tali da non potersi modificare senza comprometterne l’integrità e la conformità all’originale, gli stessi sono pubblicati congiuntamente ai riferimenti dell’ufficio detentore dei documenti originali, al quale chiunque potrà rivolgersi per ottenere immediatamente i dati e le informazioni contenute in tali documenti, secondo le modalità che meglio ne garantiscano la piena consultabilità, accessibilità e riutilizzabilità in base alle proprie esigenze.

Documenti, dati e informazioni sono pubblicati tempestivamente, e comunque entro i termini stabiliti dalla legge per ogni obbligo di pubblicazione, e restano pubblicati per cinque anni computati dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui vige l’obbligo di pubblicazione. Se gli

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atti producono effetti per un periodo superiore a cinque anni, devono rimanere pubblicati sino a quando rimangano efficaci. Fanno eccezione i documenti, i dati e le informazioni concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo, i titolari di incarichi dirigenziali e i titolari di incarichi di collaborazione e consulenza, che sono pubblicati nei termini temporali stabiliti dall’art. 14, comma 2 e dall’art. 15, comma 4 del D.Lgs n. 33/2013. Sono inoltre fatti salvi i diversi termini di pubblicazione eventualmente stabiliti dall’ANAC con proprie determinazioni ai sensi dell’art. 8, comma 3-bis del D.Lgs. n. 33/2013.

Allo scadere del termine, i dati sono rimossi dalla pubblicazione e resi accessibili mediante l’accesso civico cd. “proattivo”.

3. Individuazione degli obiettivi di trasparenzaLa presente sezione del Piano dedicata alla trasparenza indica i Responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei dati, documenti e informazioni, ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, e definisce obiettivi organizzativi e individuali volti a garantire:- la promozione di maggiori livelli di trasparenza;- la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità;- massima interazione tra cittadini e Pubblica Amministrazione;- totale conoscibilità dell’azione amministrativa e delle sue finalità.

4. Obiettivi del Responsabile Unico della Trasparenza

Nell’esercizio delle sue funzioni il Responsabile della trasparenza può avvalersi dell’ausilio dei referenti comunali per l’attuazione del Piano che coincidono con le posizioni organizzative dell’Ente.

Il Responsabile unico della trasparenza, in osservanza alle disposizioni di legge provvede:- alla programmazione, tramite il Piano, delle attività necessarie a garantire l’attuazione corretta

delle disposizioni in tema di trasparenza;- a rapportarsi con i referenti per lo svolgimento delle attività di controllo sull'adempimento da

parte dei responsabili degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate;

- segnalare all'Organismo Indipendente di Valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina, e ad ogni altro interlocutore previsto per legge, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione;

- a fornire ad ANAC le informazioni da questa richieste nell’ambito di procedimenti sanzionatori e in ogni altra circostanza inerente le attività istruttorie, di verifica e di controllo operate dall’Autorità;

- a fornire le linee guida necessarie in tema di accesso civico, FOIA e privacy;- a individuare sistema e soggetti coinvolti per la raccolta delle istanze di accesso e la loro

evasione, predisponendo un meccanismo univoco valido per tutti gli Enti, in grado di soddisfare il cittadino;

- ad attivarsi nei modi e tempi previsti dalla legge e dal Piano per tutte le competenze attribuitegli;- ad avere particolare sensibilità nel coinvolgere stakeholders e cittadini, anche organizzando

eventi/attività di interesse nei temi toccati dalla trasparenza.Il Responsabile per la trasparenza avrà cura di gestire tutti gli ulteriori e dovuti adempimenti

previsti dalla legge, dai regolamenti e dalle deliberazioni ANAC, dal PNA e dal presente Piano, con particolare riferimento all’adozione, nei tempi e con le modalità di seguito stabiliti, degli atti organizzativi di integrazione al Piano necessari alla puntuale individuazione dei responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei dati, dei documenti e delle informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria.

I referenti comunali nelle persone dei responsabili dei servizi/aree hanno il compito istituzionale, ciascuno per gli atti, dati ed informazioni di competenza di provvedere alla corretta e completa pubblicazione dei provvedimenti, dati ed informazioni previste dal D.Lgs. n. 33/2013 come successivamente modificato ed integrato.

I responsabili in dettaglio devono garantire:- la tempestiva, corretta e completa pubblicazione dei documenti, dati e informazioni da

pubblicare (inclusa l’indicazione della corretta collocazione sui siti web istituzionali);- l’integrità, l’aggiornamento, la completezza, la comprensibilità, l’omogeneità, la conformità agli

originali dei documenti, dei dati e delle informazioni da pubblicare e/o da comunicare alle suddette banche dati, assicurandone altresì la conformità alle norme vigenti in materia di tutela della riservatezza e gli standard tecnici che ne consentano la riutilizzabilità (formato aperto).

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I provvedimenti, dati ed informazioni vanno pubblicati a seconda della loro natura nei termini previsti dalla legge e sino a che non sia predisposto un programma di pubblicazione automatizzato dovranno essere caricati manualmente. Anche dalla data di attivazione del programma di pubblicazione automatizzato i dati e le informazioni che non possono essere caricate in modo automatico dovranno essere pubblicate in via diretta dai responsabili sempre ciascuno per propria competenza.

5. Monitoraggio continuo della trasparenza

Il Responsabile Unico della trasparenza, di concerto con l’OIV, con cadenza annuale, redige un rapporto sull’attuazione degli obblighi di trasparenza, sulla base delle rilevazioni operate dai titolari di posizione organizzativa.

Il tutto sulla base dei criteri stabiliti da ANAC con propria delibera n. 43 del 20 gennaio 2016, con particolare riferimento ai seguenti parametri di rilevazione di qualità dei dati:- pubblicazione;- completezza del contenuto;- aggiornamento;- apertura formato.

I suddetti criteri potranno subire variazioni a seguito di diversa e successiva determinazione da parte di ANAC, cui dovranno in ogni caso conformarsi le modalità di rilevazione ai fini del monitoraggio continuo.

Le stesse rilevazioni sono altresì compilate e trasmesse al Responsabile unico della trasparenza e all’OIV, nei termini da questi comunicati, anche ai fini delle rispettive attività di valutazione, controllo e monitoraggio sull’adempimento degli obblighi di trasparenza previste dalla legge.

6. Obiettivi strategici specifici relativi alla trasparenza

Sono individuati i seguenti ulteriori obiettivi strategici specifici in merito alla trasparenza:

a) Formazione trasversale internaAllo scopo di fornire ai dipendenti un’adeguata conoscenza delle norme e degli strumenti di attuazione della trasparenza, nonché di favorire l’aggiornamento continuo delle professionalità coinvolte nell’attuazione degli obblighi di trasparenza, si ritiene necessario lo svolgimento di almeno di una giornata di formazione trasversale interna annuale, nonché in occasione di eventuali novità normative o se dovesse ravvisarsi la necessità di approfondimento di taluni aspetti critici della materia. La formazione sarà curata e gestita dal Responsabile della trasparenza.

b) La motivazione dei provvedimenti come strumento di trasparenzaA garanzia della massima trasparenza dell’azione amministrativa, come già sopra indicato nell’ambito degli obiettivi strategici, ogni provvedimento amministrativo deve menzionare il percorso logico-argomentativo sulla cui base la decisione è stata assunta, affinché sia chiara a tutti la finalità pubblica perseguita. Solo attraverso una adeguata e comprensibile valutazione della motivazione si è concretamente in grado di conoscere le reali intenzioni dell’azione amministrativa. Non appare superfluo ribadire che la stessa Corte Costituzionale (con la pronuncia n. 310/2010), anche recentemente, ha sottolineato che “laddove manchi la motivazione restano esclusi i principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa ai quali è riconosciuto il ruolo di principi generali diretti ad attuare i canoni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione (art. 97). Essa è strumento volto ad esternare le ragioni ed il procedimento logico seguito dall’Autorità amministrativa.”

c) Promozione di maggiori livelli di trasparenza attraverso la pubblicazione di dati, informazioni e documenti ulteriori rispetto quelli previsti dal D.Lgs. n. 33/2013

Oltre a quanto previsto nel testo dell’art. 23 del D.Lgs. n. 33/2013 come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, si dovranno pubblicare altresì tutte le deliberazioni degli organi collegiali, i decreti e/o le ordinanze sindacali, gli atti di determinazione e/o ordinanza, sempre evitando di pubblicare eventuali dati od informazioni che non possono essere divulgate o rese pubbliche.

A tutela del principio del buon andamento, di cui la trasparenza si pone in funzione di strumento attuativo, si ritiene infatti di valorizzare massimamente la messa a disposizione di ogni atto amministrativo prodotto dalla Pubblica Amministrazione e di cui chiunque potrebbe richiederne l’accesso, agevolando e garantendo la tempestiva conoscibilità dell’azione amministrativa.

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Tali atti saranno pubblicati all’albo pretorio on line e nella sezione Amministrazione Trasparente del sito istituzionale dell’ente.

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All A)

Comune di SAN POTITO SANNITICO (CE)Piano Comunale Anticorruzione 2018/2020

VALUTAZIONE DEL RISCHIOTABELLA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

INDICI DI VALUTAZIONE SULLA

PROBABILITA'INDICI DI VALUTAZIONE

DELL'IMPATTO Area/Servizio N°Denominazion

e Procedimento

Probabilità Impatto Livello di Rischio

Tipologia di Rischio Altro

Discrezionalità 5 Impatto organizzativo 4

 Personale 1

Acquisizione e progressione del personale ( concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale e per la progressione di carriera)

4,00 4,00 20,00 ALTO 

 

Rilevanza esterna 5 Impatto economico 4Complessità del processo 5 Impatto reputazionale 4

Valore economico 5

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 5    Controlli 5    MEDIA TOTALE 5,00 MEDIA TOTALE 4,00

Discrezionalità 4 Impatto organizzativo 4Lavori e servizi pubblici e tutti i settori

2  Affidamento di lavori, servizi e forniture ( procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi e forniture , aperti, ristretti e ne3goziati); contratti attivi o negozi giuridici in genere dai quali in ogni caso l’Ente percepisca

4,00 4,00 16,00  

MEDIO

Rilevanza esterna 4 Impatto economico 4Complessità del processo 4 Impatto reputazionale 4

Valore economico 4

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 4    Controlli 4    MEDIA TOTALE

4,00 MEDIA TOTALE 4,00

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delle entrateDiscrezionalità 4 Impatto organizzativo 4

Servizi Sociali e culturali

3

 Elargizione di contributi di ogni genere e specie ad ente e/o persone fisiche

4,00 4,00 16,00  

I servizi in parola sono gestiti dall’Ambito Sociale con sede presso il Comune capofila

Rilevanza esterna 4 Impatto economico 4Complessità del processo 4 Impatto reputazionale 4

Valore economico 4

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 4    Controlli 4    MEDIA TOTALE 4,00 MEDIA TOTALE 4,00

Discrezionalità 5 Impatto organizzativo 5

Territorio ed Ambiente 4

 Autorizzazioni e concessioni: permessi di costruire, concessioni demaniali

5,00 5,00 25,00 ALTO 

 

Rilevanza esterna 5 Impatto economico 5Complessità del processo 5 Impatto reputazionale 5

Valore economico 5

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 5

Frazionabilità del processo 5    Controlli 5    MEDIA TOTALE 5,00 MEDIA TOTALE 5,00

Discrezionalità 5 Impatto organizzativo 5 Territorio ed ambiente

5 Provvedimenti di pianificazione urbanistica generale ed attuativa

5,00 5,00 25,00 ALTO   

Rilevanza esterna 5 Impatto economico 5Complessità del processo 5 Impatto reputazionale 5

Valore economico 5

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 5

Frazionabilità del processo 5    Controlli 5    

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MEDIA TOTALE 5,00 MEDIA TOTALE 5,00

Discrezionalità 3 Impatto organizzativo 4

 Vigilanza 6

Gestione del processo di irrogazione delle sanzioni per violazioni al CdS

3,00 4,00 12,00 MEDIO 

 

Rilevanza esterna 3 Impatto economico 4Complessità del processo 3 Impatto reputazionale 4

Valore economico 3

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 3    Controlli 3    MEDIA TOTALE 3,00 MEDIA TOTALE 4,00Discrezionalità 3 Impatto organizzativo 4

 Tributi 7

Gestione del processo di accertamento tributario

3,00 4,00 12,00 MEDIO 

 

Rilevanza esterna 3 Impatto economico 4Complessità del processo 3 Impatto reputazionale 4

Valore economico 3

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 3    Controlli 3    MEDIA TOTALE 3,00 MEDIA TOTALE 4,00Discrezionalità 4 Impatto organizzativo 4 Lavori e

servizi pubblici e tutti i servizi/settori

8 Affidamento di incarichi esterni di ogni genere tipologia

4,00 4,00 16,00 MEDIO   

Rilevanza esterna 4 Impatto economico 4Complessità del processo 4 Impatto reputazionale 4

Valore economico 4

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 4   4 Controlli 4    MEDIA 4,00 MEDIA TOTALE 4,00

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TOTALEDiscrezionalità 4 Impatto organizzativo 4

 Tutti i settori/servizi

9

Contratti ed atti di ogni tipologia ed a prescindere dal valore

3,33 4,25 14,15  MEDIO

 

Rilevanza esterna 4 Impatto economico 4Complessità del processo 3 Impatto reputazionale 5

Valore economico 3

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 4

Frazionabilità del processo 3    Controlli 3    MEDIA TOTALE 3,33 MEDIA TOTALE 4,25Discrezionalità 2 Impatto organizzativo 3

 Territorio ed ambiente 10

 Affidamento di concessioni di beni immobili

3,50 3,50 12,25 MEDIO 

 

Rilevanza esterna 4 Impatto economico 4Complessità del processo 4 Impatto reputazionale 4

Valore economico 4

Impatto organizzativo, economico e sull'immagine 3

Frazionabilità del processo 4    Controlli 3    MEDIA TOTALE 3,50 MEDIA TOTALE 3,50

LEGENDA

(da 0 a 5,99) MARGINALE(da 6 a10,99) BASSO(da 11 a 18,99) MEDIO(da 19 a 25) ALTO

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All. B

PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2018/2020

MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE

I N D I C E

• Distinzione tra organi di governo ed organi di gestione - Gestione dei rapporti e misura di prevenzione per gli Amministratori

• Misure di prevenzione specifiche ed ulteriori al piano- Servizi sociali e gestione del sussidi di natura sociale- Appalti di lavori, servizi e forniture- Concorsi pubblici- Anagrafe e stato civile- Ragioneria ed economato- Commercio- Tributi- Gestione degli immobili comunali- Ecologia- Rilascio titoli abilitativi- Urbanistica e governo del territorio- Controllo degli abusi edilizi sul territorio- Sanzioni e controlli sul territorio- Accertamenti• Procedimenti amministrativi• Previsione di obblighi di informazione nel confronti del responsabile per evitare conflitti di

interesse• Rispetto del termini, previsti dalla legge o dai regolamenti per la conclusione del

procedimenti• Misure di trasparenza e di pubblicità ulteriori rispetto quelle già previste per legge•Rotazione•Referti della gestione del plano•Formazione sull'anticorruzione

DISTINZIONE TRA ORGANI DI GOVERNO ED ORGANI DI GESTIONE - GESTIONE DEI RAPPORTI E MISURA DI PREVENZIONE PER GLI AMMINISTRATORI

Modifiche sostanziai! al contenuto delle fattispecie criminose: corruzione

Occorre sottolineare in via preliminare che la corruzione per un atto d'ufficio di cui all'art. 318 c.p. (corruzione impropria), ha subito una rivisitazione ed ora viene ridenominata come "corruzione per l'esercizio della funzione". ·Mentre nella previgente configurazione il fatto incriminato al comma primo era quello del " pubblico ufficiale che. per compiere un atto del suo ufficio, riceve per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è .dovuta o ne accetta la promessa" e, al comma secondo, quello del pubblico ufficiale che “ riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto", nell'attuale impostazione la condotta espressamente contemplata è quella, complessivamente strutturata in un unico comma del "pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa".I1 primo, più evidente, segno di differenziazione tra la vecchia e la nuova ipotesi di "corruzione impropria" è rappresentato dalla soppressione del necessario collegamento della utilità ricevuta o promessa con un atto, da adottare o già adottato, dell'ufficio, divenendo quindi possibile la

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configurabilità del reato anche nei casi in cui l'esercizio della funzione pubblica non debba concretizzarsi in uno specifico atto.Da quanto messo in luce si evince altresì che il responsabile del piano debba tenere in grande considerazione anche il rapporto tra l'organo politico e la dirigenza poiché se è vero che il potere gestorio è attribuito ex lege al dirigente, potrebbe essere nella realtà che l'organo politico, in ragione della sua sfera di influenza sul dirigente, utilizzi il dirigente, (consapevole ovvero ignaro), per i suoi specifici interessi.Ecco quindi che sulla base della novella del codice penale appare quanto meno opportuno dare concreta attuazione al principio introdotto nel 1993 ed avente ad oggetto la suddivisione tra organi gestionali ed organi politici.L'art. 4 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone testualmente quanto segue:

Art. 4 Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità1.Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli

obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento ditali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo

interpretativo ed applicativo;b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione

amministrativa e per la gestione;c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle

diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione

di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;g) gli altri atti indicati dal presente decreto.2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.In senso analogo vanno le disposizione del D.Lgs. n. 267/2000, ed in particolare l'art. 107, il

quale dispone:Art. 1 07. Funzioni e responsabilità della dirigenza1.Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme

dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.

2.Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e. provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.

3.Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;c) la stipulazione dei contratti;d) gli atti digestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi il cui rilascio presupponga

accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri

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predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino

di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;h) le attestazioni certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni,

legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;i) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal

sindaco.1. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4,

possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.2.A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che

conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54.

3. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente,

della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.7. Alla valutazione del dirigenti degli enti locali si applicano i principi contenuti

nell'articolo 5, commi 1e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall'art/colo 147 del presente testo unico.Ne consegue che la scelta su come in concreto gestire l'attività amministrativa per realizzare quanto indicato negli obiettivi posti dall'organo di governo spetta ai dirigenti, e, ove questi non sono previsti, come in questo Ente, ai responsabili dei settori/aree, nei riguardi dei quali non può in alcun modo essere esercitata alcuna forma diretta od indiretta di pressione. La norma invero chiarisce che essi "sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati".Le relazioni tra l'organo di governo e la dirigenza transitano dal piano esecutivo di gestione od atto analogo, ove l'organo di indirizzo indica con puntualità gli obiettivi che vengono attribuiti ai dirigenti per l'anno finanziario di riferimento.Pertanto laddove un amministratore cerchi di ingerirsi attivamente nell'esercizio dell'attività amministrativa trasbordando con evidenza dal suo ruolo, volendo forzare, modificare, influenzare direttamente o indirettamente la gestione del procedimento, il dipendente, a prescindere dal suo ruolo, dovrà tempestivamente relazionare per iscritto al responsabile del piano anticorruzione, indicando con puntualità quanto accaduto.

MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE ED ULTERIORI AL PIANO

SERVIZI SOCIALI E GESTIONE DEL SUSSIDI DI NATURA SOCIALE

Breve descrizione dell’ attività: Elargizione delle prestazioni sociali a persone o nuclei famigliari che si trovano in difficoltà socio economica. Gli interventi possono essere di natura economica diretta come contributi, ovvero di natura economica indiretta attraverso l'esonero dal pagamento di tasse od imposte comunali. I contributi vengono definiti sulla base di un regolamento comunale.

Nella definizione operativa dell'intervento da attuare, svolge un ruolo centrale il servizio sociale di base che definisce le finalità e le modalità di attuazione dell'intervento sociale attraverso una relazione di servizi che viene allegata all'atto amministrativo e che ne costituisce la base fondante.

Necessità di elaborare criteri oggettivi per l'elargizione dei contributi economici

Nella prassi i Comuni gestiscono l'elargizione dei contributi nei modi più svariati in quanto alcune amministrazioni, ritenendo che la concessione di un contributo sia espressione di una volontà discrezionale politica, elargiscono il contributo con deliberazione di giunta comunale

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sulla base di una relazione del servizio sociale di base, mentre altre amministrazioni affidano l'elargizione dei contributi al responsabile o dirigente dei servizi alla persona.

A prescindere dalla prassi applicativa, l'art. 12 della L. n. 241/1990 subordina la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persona ed enti pubblici o privati, alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.

In punto di diritto ne consegue che l'elargizione economica che il Comune pone in essere nei riguardi di un soggetto terzo sia attuativa di un precedente atto formale dal quale si evincano le modalità procedurali di erogazione, i requisiti dei soggetti destinatari, nonché le modalità oggettive per l'attribuzione quantitativa del beneficio. In termini più concreti è necessario predeterminare oggettivamente "a chi dare, quanto dare e perché dare".

La discrezionalità dell'organo di governo si esaurisce nella determinazione dei criteri di determinazione del contributo

La discrezionalità dell'organo politico trova la sua espressione nella norma regolamentare ove sono incardinati i criteri di erogazione dei contributi che poi l'organo gestionale dovrà applicare alle concrete fattispecie.

Lo stesso art. 25 della L. n. 328/2000 stabilisce che ai fini dell'accesso ai servizi disciplinati dalla legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni del decreto legislativo 109/1998.

Per cui dalla lettura combinata dell'art. 12 della L. n. 241/1990 e dell'art. 25 della L. n. 328/2000 si evincono chiaramente due corollari:

- il Comune non può elargire una somma di denaro se prima non ha reso note le modalità procedurali ed i criteri attraverso cui la stessa verrà elargita;

- i contributi economici destinati ai soggetti in situazione di bisogno sono subordinati alla determinazione dell'ISEE.

Ciò premesso i contributi straordinari, che il Comune è solito elargire discrezionalmente ai soggetti residenti nel proprio territorio, rientrano pienamente in questa disciplina.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, l'art. 12 della L. 7 agosto 1990, n. 241, rivolto ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa, si pone come precetto che si atteggia a principio generale dell'ordinamento ed impone che l'attività dell'Amministrazione debba non solo essere preceduta da una adeguata pubblicizzazione dell'avvio del procedimento, ma debba rispondere a requisiti di carattere assolutamente oggettivo, precedenti al singolo provvedimento.

Ormai lo stesso principio della trasparenza decisionale, che a sua volta transita da una predeterminazione oggettiva dei requisiti di cui è doveroso dare conto, costituisce ex lege livello essenziale delle prestazioni, cosi come disposto dall'art. 1 della L. n. 190/2012.

La concessione di un contributo, come tutti i provvedimenti ampliativi in genere, specialmente che trovano copertura finanziaria in un'assegnazione di somme nel piano esecutivo di gestione, ma anche solo se previsti in bilancio negli appositi capitoli destinati alla contribuzione, rappresenta un provvedimento amministrativo a tutti gli effetti, e come tale rientrante nella competenza esclusiva del dirigente o responsabile del settore. .

1 contributi devono essere preceduti da idonea pubblicizzazione, dalla indicazione dei criteri di concessione che devono essere esaustivi e completi; devono inoltre essere sorretti da idonea motivazione che dia conto esaustivamente del perché della specifica somma assegnata. .

L'erogazione dei contributi equivale ad una vera e propria procedura di evidenza pubblica, dotata dello stesso rigore di una procedura concorsuale o di appalto, quanto alla coerenza tra presupposti, criteri di valutazione e provvedimento finale. Non devono cioè sussistere discrasie logiche o motivazionali tra i presupposti ed il provvedimento; quest'ultimo deve costituire il prodotto dell'applicazione dei presupposti desumibili dai criteri predeterminati.I margini c.d. “politici", ovvero discrezionali che l'Amministrazione pure possiede devono essere tutti assolti ed assorbiti a livello di regolamentazione della procedura, ossia nel momento in cui vengono fissati e pubblicizzati 1 criteri generali che, ex art. 12 della L. n. 241/1990, disciplineranno il procedimento di elargizione del beneficio.

Competenza in tema di erogazione del contributo

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11 provvedimento di concessione del contributo è essenzialmente ed ineliminabilmente un provvedimento del responsabile del settore servizi sociali dell'ente e non può formare oggetto di deliberazione della Giunta a pena di illegittimità dell'atto per violazione dell'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000 che fonda la c.d. "riserva di gestione" in favore dei dirigenti rispetto agli organi politici [sono provvedimenti rientranti nella disposizione di cui all'art. 107 comma 3, lett. f), T.U. D.Lgs. n. 267/2000].Elemento imprescindibile è comunque che il comune deve esercitare la sua discrezionalità nell'ambito della predeterminazione dei criteri sulla base dei quali poi il dirigente potrà porre in essere il relativo provvedimento amministrativo di assegnazione.L'organo di governo, quindi, nell'ambito dei principi dell'ordinamento giuridico definisce i criteri ed i requisiti oggettivi per attribuire contributi di natura economica in materia di servizi sociali.I contributi devono poi essere elargiti attraverso un procedimento formale da parte del dirigente essendosi la discrezionalità politica già esaurita nelle predeterminazioni dei criteri e requisiti di accesso al contributo.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione come classificato dalla commissione: MEDIONessun contributo di natura socio economica può essere elargito senza la previa predeterminazione di criteri oggettivi sulla cui base elargire il beneficio economico.I criteri generali vanno pubblicati sulla sezione corrispondente della AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE. Unica facoltà di deroga è data dalla necessità di associare all'intervento economico un progetto individuale predisposto dal servizio sociale il quale dovrà tuttavia puntualmente indicare le motivazioni che portano ad associare al progetto una somma di denaro e le ragioni che ne giustificano l'ammontare in funzione del progetto. Pertanto in data 30 maggio 2017, l’ente dando seguito a specifica indicazione prevista dal piano anticorruzione 2017/2018, con atto N° 13 il Consiglio Comunale ha approvato un nuovo “Regolamento per la concessione di contributi a carattere socio-assistenziale” in linea e conforme con la normativa di settore innanzi richiamata, che evita la possibilità di qualsivoglia ingerenza della componente politica nella erogazione dei contributi di tale natura.

APPALTI DI LAVORI. SERVIZI E FORNI TURE

Modello organizzativo per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e fornitureTra le attività a maggiore rischio corruzione, spiccano gli appalti. Attualmente, in questo ente il rischio è stato notevolmente ridotto, se non addirittura annullato,

in quanto in data 03.11.2016 Rep. Provv. OO.PP. N° 7921 del 03.11.2016 è stata sottoscritta con la Prefettura di Caserta ed il Provveditorato Interregionale alla Opere Pubbliche, sede di Caserta, la convenzione relativa al conferimento delle funzioni di Stazione Unica Appaltante- Centrale di Committenza per lavori di importo pari o superiori ad €. 150.000,00 e per forniture di beni e servizi di importo pari o superiore ad €. 40.000,00, al netto dell’IVA.

Restano gli appalti di importo inferiore ad €. 40.000,00, per i quali, al fine di evitare quanto più possibile la discrezionalità, occorre adottare procedure che rendano evidente e trasparente l’iter di aggiudicazione, privilegiando la digitalizzazione degli affidamenti, in quanto transitando da una piattaforma elettronica, appare molto più difficile ingenerare un rapporto che possa poi sfociare in un accordo collusivo se non a pena di modalità assolutamente fraudolente che appaiono quasi impossibili da contrastare. Si sollecita pertanto a voler adottare uno specifico regolamento aggiornato alle previsioni del D.Lvo 50/2016.

Posto che per i comuni non capoluogo di provincia vige l'obbligo della gestione degli appalti tramite centrali di committenza, tutte le presenti indicazioni trovano applicazione a tutte le fasi del procedimento di affidamento gestite dalla centrale di committenza.

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Breve descrizione delle attività: Acquisti dei beni e servizi necessari allo svolgimento delle attività istituzionali e dei lavori pubblici di interesse locale. La presente disciplina trova applicazione per ogni area coinvolta nella gestione degli appalti pubblici di beni, servizi e lavori.

Misure di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: MEDIO

Gestione degli appalti di lavori, servizi e forniture .

Prima di dar corso al procedimento di affidamento di un appalto, deve essere adottata sempre da parte del competente responsabile del servizio interessato la determinazione a contrarre nella quale va indicato con chiarezza l’iter che verrà seguito per l’affidamento in ossequio al D.Lgs. n. 50/2016, richiamando con precisione le norme sulla cui base verrà definita la procedura medesima. In base al valore dell'appalto, la procedura sarà svolta dall'ufficio o dalla Stazione Unica Appaltante, alla quale il Comune ha aderito.

Prima di procedere alla pubblicazione degli atti di gara, dovrà essere posta in essere la determinazione di approvazione dei medesimi atti.

Dovrà essere acquisito il codice CIG ed il codice CUP, ove richiesto, che dovranno essere espressamente menzionati in ogni atto che si riferisce a quella procedura di affidamento.

Lo schema di contratto deve contenere i riferimenti alla tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla L. n. 136/2010.

Nella determinazione di aggiudicazione definitiva si dovrà inoltre dare conto in forma sintetica di tutto l'iter amministrativo che precede l'affidamento così certificando la sua completa legittimità.

Affidamento degli appalti di servizi e forniture in economiaIl Comune, come precedentemente detto , non ha ancora adottato il regolamento interno sugli appalti in economia aggiornato al D.lgs. n. 50/2016. In ogni caso, prima di dar corso al procedimento di affidamento diretto di un appalto deve essere posta in essere sempre la determinazione a contrarre nella quale va indicata con chiarezza la motivazione della scelta in fatto ed in diritto {art. 3, L. n. 241/1990); sempre nella determinazione si deve dare atto che l'oggetto è ricompreso nell'elenco di quelli che si possono affidare direttamente e che il valore è tale da poter essere affidato direttamente.

Numero degli operatori economici da invitareGli affidamenti diretti devono transitare da un numero di operatori economici che siano in numero congruo rispetto il valore del contratto, alle ditte presenti sul territorio e rapidità della prestazione.Perizie di variante delle opere pubblicheIn particolare, un elevato rischio di corruzione si ritiene sussista con riferimento alle varianti, atteso che il funzionario corrotto o il responsabile dei lavori possono certificare la necessità di una variante senza che la stessa sia supportata da ragioni di fatto in concreto verificabili. Ed è la diretta proporzionalità tra aumento di spesa da parte dell'amministrazione e prezzo dello scambio occulto a rappresentare un indice del rischio.E' indispensabile seguire pedissequamente le norme del D.Lgs. n. 50/2016 e le disposizioni emanate dall'ANAC.

Controlli ex D.Lgs. n. 50/2016Prima dell'affidamento di un appalto di lavori, servizi e forniture, a prescindere dalla procedura seguita e dal valore del medesimo, devono essere posti in essere i controlli previsti dal D.Lgs. n. 50/2016. Nell'atto che chiude il procedimento si dovrà dar conto dell'avvenuta verifica dei controlli.

Gestione della procedura aperta (bandi di gara)È fatto obbligo di richiedere nei bandi di gara solo quello che è strettamente necessario a garantire l'idoneità allo svolgimento della prestazione sia in termini finanziari che tecnici.

CONCORSI PUBBLICI

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Breve descrizione delle attività dell'ufficio: Selezione del personale da impiegare presso l'ente a seguito di procedura di concorso volta ad individuare il candidato ovvero i candidati considerati idonei dalla commissione di concorso.Per evitare e prevenire il reato di corruzione è importante che tutte le operazioni più a rischio, come ad esempio la precostituzione delle domande, vengano gestite collegialmente. Per. dare ancora maggior garanzia si ritiene opportuno inoltre che la commissione collegialmente predisponga un numero di domande/prove pari almeno al triplo di quelle necessarie per l'espletamento delle prove; successivamente saranno estratte tra quelle preparate nel triplo, il numero delle domande sufficienti ad espletare i1 concorso.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOPrincipio della massima pubblicità: Al concorso _pubblico, a p rescindere dal posto a cui si riferisca ( posto a tempo indeterminato o determinato, a tempo pieno o parziale), deve essere data massima diffusione attraverso le forme di pubblicazione vigenti.Inoltre il tempo necessario alla presentazione delle domande dovrà essere di 30 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, salvo assunzioni a tempo determinato che siano qualificate urgenti dal responsabile del settore procedente.Adeguatezza del membri di commissione: .La commissione dovrà essere nominata in ossequio alle disposizioni di legge e comprendere funzionari di adeguata professionalità.Assenza di conflitto di interessi: Dopo la scadenza per la proposizione delle domande e visionate le medesime, ciascuno dei membri dovrà sottoscrivere una autodichiarazione circa l'inesistenza di conflitto di interessi anche potenziale tra loro ed i canditati che hanno presentato domanda.Trasparenza nella gestione delle prove: La commissione procederà collegialmente e poco prima dell'inizio delle prove alla formulazione di un numero di domande pari almeno al triplo di quelle necessarie per l'espletamento delle prove; successivamente saranno estratte tra quelle preparate il numero delle domande sufficienti ad espletare il concorso.A titolo di esempio, se per il concorso è prevista una prova scritta, la commissione collegialmente dovrà predisporre nove tracce ossia il triplo di quelle necessarie. Poi dalle nove estrarrà con sorteggio le tre prove scritte che costituiranno l'oggetto del concorso.Di tutte le operazioni dovrà essere redatto verbale. Anche al segretario verbalizzante si applica, se possibile, il principio della rotazione.

ANAGRAFE E STATO CIVILE

Breve descrizione delle attività: Rilascio delle certificazioni anagrafiche e delle attestazioni dello stato civile della popolazione residente nel comune.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: BASSOTrattandosi di attività interamente vincolata il rischio corruzione si attenua. Tuttavia è imprescindibile che i procedimenti seguano una rigorosa gestione cronologica ovvero che laddove questa sia interrotta o non garantita, venga messo per iscritto la motivazione di tale impossibilità.Il rilascio dei documenti deve essere sostanzialmente istantaneo cosi garantendo un rapporto meramente documentale caratterizzato da efficacia ed efficienza.

RAGIONERIA ED ECONOMATO

Breve descrizione delle attività dell'ufficioL'ufficio si occupa:della predisposizione e gestione del bilancio secondo i principi della contabilità finanziaria;della predisposizione del conto consuntivo;della verifica di legittimità degli atti sotto il profilo contabile;del reperimento dei mezzi finanziari straordinari (mutui, prestiti);

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delle verifiche in materia contabile su uffici e servizi;delle dichiarazioni fiscali e relativa contabilità;dei rapporti con la Tesoreria;delle registrazioni relative ai procedimenti di entrata e di spesa e a quelleconnesse alla contabilità fiscale;delle funzioni di supporto, in termini propositivi, per le scelte relative alla politica delle entrate;delle funzioni di supporto per le iniziative rivolte ad ottimizzare le entrate e le procedure di riscossione, in rapporto con gli altri Settori.L'ufficio si occupa altresì della gestione delle entrate e delle spese urgenti di non rilevante ammontare, in conformità con quanto previsto dal regolamento di contabilità ed entro i limiti di spesa previsti dal bilancio.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: MEDIOOgni fase relativa alla gestione amministrativa è di competenza esclusiva della posizione organizzativa nei riguardi del quale non può in alcun modo essere esercitata alcuna forma diretta od indiretta di pressione da parte degli organi politici.La posizione organizzativa, trattandosi di attività di .natura vincolata dovrà in ogni atto contabile dare conto del percorso normativo a giustificazione del prowed1mento indicando le norme applicabili al caso di specie.

COMMERCIO

Breve descrizione delle attività: Adempimenti sia istruttori che operativi, previsti alle normative vigenti, per l'esercizio delle attività di commercio, attività di pubblico esercizio e di trattenimento, distribuzione di carburanti, autonoleggio con e senza conducente, inoltro delle pratiche al competente servizio ASL.

Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione come classificato dalla commissione: ALTO

Ogni fase relativa alla gestione amministrativa è di competenza esclusiva della posizione organizzativa nei riguardi del quale non può in alcun modo essere esercitata alcuna forma diretta od indiretta di pressione da parte degli organi politici.

La posizione organizzativa, trattadosi di attività di natura parzialmente vincolata, dovrà in ogni atto dare conto del percorso normativo seguito e della giustificazione di pubblico interesse che sorregge il documento.

La motivazione deve essere espressamente indicata nel provvedimento finale.Le pratiche vanno trattate rigorosamente in ordine cronologico salvo i casi in cui la tempistica

oggettiva, ovvero la richiesta di pareri istruttori od altro, incida sul procedimento. In questi casi sarà cura del responsabile evidenziare le ragioni che hanno impedito la gestione cronologica dei provvedimenti.

TRIBUTI

Breve descrizione delle attività: Corretta applicazione dei tributi comunali, sia fornendo un adeguato supporto informativo ed operativo ai contribuenti, sia predisponendo tutti gli atti necessari a garantire il gettito atteso per ogni tributo. La gestione riguarda la connessa attività di accertamento dei tributi.

Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOL'ufficio ha l'obbligo di procedere agli atti di accertamento tributario secondo parametri

temporali che impediscano la prescrizione del tributo.L'accertamento è un procedimento vincolato e come tale si prescinde dal soggetto che è

destinatario dell'accertamento tributario.Non sono ammesse modalità di rateizzazione dei tributi se non nei modi e nei casi previsti per

legge. Allorquando si procede a rateizzazione, nel provvedimento che ammette alla rateizzazione è necessario indicare non solo la norma di legge che lo prevede, ma il suo contenuto specifico va trascritto integralmente nell'atto. ·

GESTIONE DEGLI IMMOBILI COMUNALI

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Breve descrizione delle attività: Gestione del patrimonio con particolare attenzione alla attribuzione a terzi del godimento di beni a titolo oneroso.

Affidamento a terzi di beni di proprietà dell'EnteL'art. 3 del R.D. n. 2440/1923 dispone che: I contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato

debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per particolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi da determinare con il regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi di necessità alla trattativa privata.

I contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, a giudizio discrezionale dell'amministrazione

Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOQualsiasi procedimento volto all'affidamento a terzi del godimento di beni dell'ente ed a

prescindere dal tipo negoziale che verrà utilizzato, devono transitare necessariamente da una procedura ad evidenza pubblica che tenga conto, come unico elemento di scelta del contraente, del maggior valore economico offerto in sede di aggiudicazione.

Al riguardo si segnala la necessità di adottare uno specifico regolamento. In ciascun atto di concessione dovranno inoltre essere indicate espressamente le norme sulla

base l’affidamento è stato possibile affidamento è stato posto in essere.

ECOLOGI A

Breve descrizione delle attività: Assicurare l'assistenza nella raccolta dei rifiuti e nella gestione dell’ ambiente per garantire la massima tutela nella gestione del territorio.

Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione come classificato dalla commissione: ALTOL'ufficio ha l'obblio di procedere agli atti di gestione e di tutela dell'ambiente attraverso provvedimento puntualmente motivato e che riportino sempre gli estremi normativi che stanno alla base del provvedimento stesso.Ad oggi è in fase avanzata di conclusione, presso la SUA di Caserta, la procedura per l’affidamento del servizio integrato di igiene urbana ed ambientale, compresi la raccolta domiciliare, il trasporto, il recupero e conferimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, in forma differenziata, lo spazzamento e servizi accessori

RIIASCIO TITOLI ABILITATIVI

Breve descrizione delle attività: Procedimenti di natura edilizia comprendenti:permesso di costruire ;S.C.l.A.;accertamento di conformità;comunicazione per opere interne eseguite prima del 1/1/2005;comunicazione per opere eseguite in difformità;condoni;autorizzazione paesistico/ambientale;rilascio agibilità;avvio procedimento;istruzione;redazione parere istruttorio per commissione edilizia;rilascio provvedimenti abilitativi;redazione certificati di competenza;attuazione verifiche conformità Ufficio Igiene;accesso agli atti informale/formale, ai fini di acquisire dati e nozioni sullo stato legittimato degli immobili, anche in funzione della stipula atti di compravendita.

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Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOIn tema di rilascio di atti abilitativi edilizi ogni fase relativa alla gestione amministrativa è di competenza esclusiva del responsabile del settore nei riguardi del quale non può in alcun modo essere esercitata alcuna forma diretta od indiretta di pressione da parte degli organi politici.La posizione organizzativa, trattandosi di attività di natura vincolata, dovrà in ogni atto abilitativo edilizio dare conto del percorso normativo a giustificazione del provvedimento indicando le norme applicabili al caso di specie.Le pratiche vanno trattate rigorosamente in ordine cronologico salvo i casi in cui la tempistica oggettiva, ovvero la richiesta di pareri istruttori od altro, incida sul procedimento. In questi casi sarà cura del responsabile evidenziare le ragioni che hanno impedito la gestione cronologica dei provvedimenti.Il soggetto deputato alla sottoscrizione del provvedimento finale dovrà dare atto, previa verifica, che l'istruttoria compiuta è corretta e conforme a legge e quindi provvedere alla sottoscrizione del provvedimento.

URBANI STI CA E GOVERNO DEL TERRITORIO

Breve descrizione delle attività: L'ufficio si occupa di:gestione dello strumento urbanistico generale (piano regolatore) e sue varianti;analisi e istruttoria degli strumenti di programmazione attuativa;coordinamento dell'attività per la approvazione di Piani di Lottizzazione, Piani di Recupero, Piani per Insediamenti Produttivi, Piani di Zona, Piani Integrati di Intervento, Piani Integrati di Recupero, Piani Particolareggiati; ·analisi del territorio per la valutazione degli effetti prodotti dalla trasformazione dei suoli in considerazione degli strumenti di programmazione attuativa di cui al punto precedente;redazione varianti allo strumento urbanistico;redazione e coordinamento alla attività di stesura del nuovo piano di governo del territorio;redazione e coordinamento alla attività di stesura della Valutazione Ambientale Strategica ( VAS);Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOTrattandosi per definizione di attività che si presenta altamente discrezionale nel momento genetico di governo del territorio si ritiene che la neutralizzazione oltre che da una formazione etica degli amministratori dei dipendenti addetti all'ufficio non possa che transitare dalla congrua motivazione in termini di pubblico interesse che dovrebbe sorreggere ogni decisione di amministrazione attiva.Se è vero infatti che gli atti amministrativi generali non necessitano di puntuale motivazione è altresì vero che in ossequio al principio di massima trasparenza sia doveroso esternare nel modo più puntuale possibile le ragioni che stanno alla base di una scelta di governo del territorio, specie per la diretta percezione che questa è diretta a generare sul contesto sociale.Oltre alla motivazione è necessario che ogni decisione segua rigidamente il principio della trasparenza e della pubblicità, favorendo nel modo più possibile la conoscenza dell'azione del governo del territorio e favorendo la partecipazione ad incontri pubblici per discutere sulle modalità più opportune di gestione del territorio.

Realizzazione opere di urbanizzazione a scomputo oneri (totale o parziale). Premialità edificatorie e opere di urbanizzazione extra oneri

In tutti i casi in cui, in forza di atto convenzionale (convenzioni urbanistiche, permessi di costruire convenzionati) o comunque in applicazione di norme di piano urbanistico, sia previsto un vantaggio per l'operatore privato (scomputo oneri di urbanizzazione, premialità) a fronte dell'impegno di quest'ultimo di realizzare opere destinate all'uso pubblico, sia mediante cessione al

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Comune, sia attraverso la costituzione di un diritto di uso pubblico, trovano applicazione le seguenti misure.a) Congruità del valore delle opere a scomputo

Il responsabile del procedimento, in sede di determinazione del contributo per oneri di urbanizzazione e di applicazione dello scomputo per opere di diretta realizzazione dell'operatore, accerta la congruità del valore di esse assumendo a riferimento i parametri ordinariamente utilizzati dai uffici per la stima del costo dei lavori pubblici eseguiti dall'Amministrazione ed applicando una percentuale di abbattimento pari alla media dei ribassi ottenuti dal Comune nelle gare per l'affidamento di lavori similari nell'anno precedente.b) Valorizzazione delle opere extra oneri attributive di premialità edificatorie

Il responsabile del procedimento produce, a corredo della proposta di approvazione dell'intervento edilizio o urbanistico, assentito in applicazione di norme attributive di premialità edificatorie a fronte della realizzazione a carico dell'operatore di opere di urbanizzazione extra oneri, apposita relazione recante la stima del valore delle opere medesime e la specificazione dell'entità della premialità accordata in ragione della realizzazione delle opere. La stima del valore delle opere è determinata con le stesse modalità indicate al punto a).

Esecuzione delle opereQualificazione del soggetto esecutore: Fermo restando il rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 50/2016, l'impresa esecutrice delle opere di urbanizzazione deve essere in possesso dei requisiti di qualificazione (requisiti generali e requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria) richiesti per l'affidamento di contratti di appalto di lavori pubblici di pari importo.Nei casi in cui il ruolo di stazione appaltante sia assunto dall'Amministrazione, tramite la Stazione Unica Appaltante, l'accertamento dei requisiti di idoneità dell'impresa esecutrice avviene secondo le ordinarie procedure previste per gli appalti di lavori pubblici.In ogni altro caso, l'operatore deve assumere nei confronti dell'Amministrazione precisi obblighi di garanzia in ordine ai requisiti di idoneità del soggetto esecutore dell'opera. Pertanto gli atti convenzionali che accedono ad atti di assenso ad interventi edilizi/urbanistici e che prevedono a carico dell'operatore la realizzazione di opere pubbliche, devono contenere specifiche clausole dirette a costituire e a disciplinare a carico dell'operatore medesimo tale obbligo e le relative modalità di adempimento, nonché sanzioni per il caso di violazione. I suddetti atti convenzionali devono altresì prevedere specifiche clausole che pongano a carico degli operatori specifici obblighi di comunicazione all'Amm1mstraz1one delle imprese esecutrici delle opere pubbliche e dei loro eventuali subappaltatori.

CONTROLLO DEGLI ABUSI EDILIZI SUL TERRITORIO

Breve descrizione delle attività: Verifica della presenza sul territorio di eventuali abusi edilizi. Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOI procedimenti di natura sanzionatoria si caratterizzano per essere procedimenti di natura esclusivamente vincolata.L'ufficio ha quindi l'obbligo di aprire l'istruttoria ogni qualvolta e per qualsiasi motivo si venga a conoscenza di una l'irregolarità ovvero di violazioni di leggi e/o regolamenti comunali di competenza dell'ufficio.Nel caso di segnalazioni anche anonime, si prescinde dalla fonte della notizia e si valuta solo il potenziale fondamento della medesima.L'istruttoria ed il procedimento di ufficio va aperto a prescindere dal soggetto che commette l'abuso ovvero l'irregolarità ovvero che viola leggi e/o regolamenti comunali.

SANZIONI E CONTROLLI SUL TERRI TORIO

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Breve descrizione delle attività: Accertamento di abusi al codice della strada ed alle leggi di pubblica sicurezza ivi compreso ogni altra violazione a norma e/o regolamenti che intercettino tematiche di competenza istituzionale.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOI procedimenti di natura sanzionatoria si caratterizzano per essere procedimenti di natura esclusivamente vincolata.L'ufficio ha quindi l'obbligo di aprire l'istruttoria ogni qualvolta e per qualsiasi motivo si venga a conoscenza di una l'irregolarità ovvero di violazioni di leggi e/o regolamenti comunali di competenza dell'ufficio.Nel caso di segnalazioni anche anonime, si prescinde dalla fonte della notizia e si valuta solo il potenziale fondamento della medesima.L'istruttoria ed il procedimento di ufficio va aperto a prescindere dal soggetto che commette l'abuso ovvero l'irregolarità ovvero che viola leggi e/o regolamenti comunali.

ACCERTAMENTI

Breve descrizione delle attività: Accertamento della regolare gestione delle entrate derivanti da infrazioni del codice della strada e redazione degli atti necessari al recupero delle somme secondo le modalità previste per legge.Misura di prevenzione in relazione al rischio di corruzione: ALTOL'ufficio ha l'obbligo di procedere agli atti di accertamento tributario in modalità automatica secondo parametri temporali che impediscano la prescrizione del tributo.L'accertamento è un procedimento vincolato e come tale si prescinde dal soggetto che è destinatario dell'accertamento.L'ufficio per garantire massima trasparenza rende l'attività di accertamento automatico utilizzando parametri di verifica dello scostamento della sanzione rispetto il dovuto per legge o per regolamento.Non sono ammesse modalità di rateizzazione delle sanzioni se non nei modi e nei casi previsti per legge. Allorquando si procede a rateizzazione, nel provvedimento che ammette alla rateizzazione è necessario indicare non solo la norma di legge che lo prevede, ma il suo contenuto specifico va trascritto integralmente nell'atto.

PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI

Pubblicazione del termini del procedimenti e del documenti che corredano l'Istanza di parte

1) Obbligo di definire i tempi dei procedimenti dell'area di riferimento nonché della loro pubblicazione sul sito dell'ente.

2) Obbligo di pubblicare sul sito dell'ente l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza e di termini entro cui il provvedimento sarà emanato. Si ricorda che l'art. 6, comma 2, lett. b), del D.L. n. 70/2011 dispone che allo scopo di rendere effettivamente trasparente l'azione amministrativa e di ridurre gli oneri informativi gravanti su cittadini e imprese le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, pubblicano sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte rientrante nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza.

La norma sottolinea che in caso di mancato adempimento di quanto previsto la pubblica amministrazione procedente non può respingere l'istanza adducendo la mancata produzione di un atto o documento e deve invitare l'istante a regolarizzare la documentazione in un termine congruo. Il provvedimento di diniego non preceduto dall'invito di cui al periodo precedente è nullo. Il mancato adempimento di quanto previsto dal numero 1 è altresì valutato ai fini della attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili.

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3) Per i provvedimenti che si chiudono mediante il silenzio assenso, il dirigente dovrà in ogni caso indicare nel dettaglio la tipologia del procedimento, i termini e l'applicazione dell'art. 20 della L. n. 241/1990 cosicché il privato abbia contezza del fatto che quel determinato procedimento non si chiude mediante l'adozione di un provvedimento espresso, ma attraverso la fictio iuris del silenzio che equivale giuridicamente all'adozione dell'atto espresso.

4) Si ricorda che l'art. 2 della L. n. 241/1990 comma 9-bis, prevede che l'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia nell'adozione dei provvedimenti.

Inoltre per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell'amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l'indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l'interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter.

Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell'avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PREVISIONE DI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DEL RESPONSABILE PER EVITARE CONFLITTI DI INTERESSE

Avendo il piano una funzione di prevenzione, ciascuna posizione organizzativa deve comunicare per iscritto entro tre giorni al responsabile della prevenzione della corruzione allorq.uando una persona fisica i n qualità di parente, affine (a prescindere dal grado), ovvero un imprenditore (a .prescindere dalla forma giuridica rivestita) presso il quale abbia prestato negli ultimi tre anni attività lavorativa ovvero consulenza di qualsivoglia natura, ponga in essere un'istanza volta all’ ottenimento di un provvedimento amministrativo che lo vede coinvolto ovvero allorquando sia iniziato l'iter per addivenire ad un rapporto con l'ente, di modo tale che si prenda atto sin da subito di questo aspetto nella dinamica del procedimento.

A seguito della comunicazione ed in modo automatico, il procedimento sarà seguito da altra posizione organizzativa secondo quanto previsto dal regolamento dei servizi in tema di sostituzione delle posizioni organizzative.

La disciplina si applica anche al responsabile del procedimento e ad ogni altro soggetto che svolge un ruolo attivo all'interno del procedimento interessato dal conflitto di interesse.

RISPETTO DEI TERMINI, PREVISTI DALLA LEGGE O DAI REGOLAMENTI, PER LA CONCLUSIONE DEI PROCEDIMENTI

Ciascuna posizione organizzativa pubblica sul sito istituzionale l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza e di termini entro cui il provvedimento sarà emanato.La pubblicazione dei tipi di procedimento e della tempistica relativa, per economicità di gestione andrà gestita in forma aggregata e verrà collocata nel link Attività e procedimenti dell'AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE.Per i provvedimenti che si chiudono mediante il silenzio assenso, la posizione organizzativa dovrà indicare nel dettaglio la tipologia del procedimento, i termini e l'applicazione dell'art. 20 della L. n. 241/1990 e delle altre norme in materia, cosicché il privato abbia contezza del fatto che quel

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determinato procedimento non si chiude mediante l'adozione di un provvedimento espresso, ma attraverso la fictio iuris del silenzio che equivale giuridicamente all'adozione dell'atto espresso.

Certezza del tempi procedimentali: ogni procedimento amministrativo deve avere tempi certi per l'adozione dell'atto.Le tempistiche del procedimento devono essere pubblicate sul sito istituzionale dell'ente locale di modo tale che il privato abbia contezza della durata fisiologica del procedimento che gli interessa. In ogni caso, il mancato rispetto della tempistica, con le eccezioni previste ex lege, comporta di diritto l'adozione del provvedimento. In questo senso dispone testualmente l'art. 20 della L. n. 241/1990.

Pubblicazione dell'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza

L'art. 6, comma 2, lett. b), del D.L. n. 70/2011 dispone che, allo scopo di rendere effettivamente trasparente l'azione amministrativa e di ridurre gli oneri informativi gravanti su cittadini e imprese, le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, pubblicano sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte rientrante nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza.La norma sottolinea che, in caso di mancato adempimento di quanto previsto, la pubblica amministrazione procedente non può respingere l'istanza adducendo la mancata produzione di un atto o documento e deve invitare l'istante a regolarizzare la documentazione in un termine congruo. Il provvedimento di diniego non preceduto dall'invito di cui al periodo precedente è nullo. Il mancato adempimento di quanto previsto è altresì valutato ai fini della attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili.In tema di Scia, il mancato adempimento di quanto previsto legittima comunque l'istante ad iniziare l'attività dalla data di presentazione della segnalazione certificata di inizio attività. In tal caso l'amministrazione non può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 19, comma 3, della L. 7 agosto 1990, n. 241 prima della scadenza del termine fissato per la regolarizzazione.Si rammenta che l'art. 2, comma 9-bis, della L. n. 241/1990, stabilisce che l'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia nell'adozione dei provvedimenti.Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell'amministrazione, è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l'indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l'interessato può rivolgersi.Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell'avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7,il privato pu.ò rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o c on la nomina di un commissario.Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 31 gennaio di ogni anno, comunica all ’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

MISURE DI TRASPARENZA E DI PUBBLICITÀ ULTERIORI RISPETTO QUELLE GIÀ PREVISTE PER LEGGE

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Oltre a quanto già stabilito dal D.Lgs. n. 33/2013, si prevede che le deliberazioni degli orano di indirizzo politico, con l'osservanza di quanto stabilito dal D.Lgs. n. 196/2006 e di quanto stabilito dall’ art. 6, comma 4, del D.Lgs. n. 33/2013, vengono tutte pubblicate a prescindere dall’ oggetto in libera visione di chiunque nell'albo pretorio on line.

Art. 23, D.Lgs. n. 3/2013 (atti amministrativi delle posizioni organizzative)Oltre a quanto previsto nel testo dell'articolo che si riferisce solo agli elenchi, tutte le

determinazioni delle posizioni organizzative, con l ’ osservanza di quanto stabilito dal D.Lgs. n. 196/2006 e di quanto stabilito dall’art. 26, comma 4, del Lgs. n. 33/2013, saranno pubblicate, a prescindere dall'oggetto, in libera visione di chiunque nell'albo pretorio on line.

Art. 30, D.Lgs. n. 33/2013 ( beni immobili) Oltre a quanto previsto nel testo dell'articolo, si dovranno pubblicare altresì le informazioni

identificative degli immobili detenuti (e non solo posseduti).Si dovranno pubblicare altresì le informazioni identificative degli immobili a prescindere dai

canoni locativi o di affitto.In sostanza si dovranno pubblicare le informazioni identificative degli immobili detenuti o

posseduti ed a prescindere da eventuali canoni locativi o di affitto.

Art. 42, D.Lgs. n. 33/2013 (ordinanze straordinarie)Oltre a quanto previsto nel testo dell'articolo, tutte le ordinanze emesse dagli organi dell'ente,

con l'osservanza di quanto stabilito dal D.Lgs. n. 196/2006 e dall'art. 26, comma 4, del D.Lgs. n. 33/2013, saranno pubblicate integralmente, a prescindere dall'oggetto, in libera visione di chiunque e per il tempo della loro efficacia giuridica, nell'albo pretorio on line.

ROTAZIONE

Nell’ambito del PNA la rotazione del personale è considerata quale misura organizzativa preventiva finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L’alternanza riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti e instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate. In generale la rotazione rappresenta anche un criterio organizzativo che può contribuire alla formazione del personale, accrescendo le conoscenze e la preparazione professionale del lavoratore. In tale direzione va anche l’esperienza del settore privato dove, a fronte di un mondo del lavoro sempre più flessibile e di rapido cambiamento delle competenze richieste, il livello di professionalità si fonda non tanto o, non solo, sulle capacità acquisite e dimostrate, ma anche su quelle potenziali e future. La rotazione è una tra le diverse misure che le amministrazioni hanno a disposizione in materia di prevenzione della corruzione. Il ricorso alla rotazione deve, infatti, essere considerato in una logica di necessaria complementarietà con le altre misure di prevenzione della corruzione specie laddove possano presentarsi difficoltà applicative sul piano organizzativo. In particolare occorre considerare che detta misura deve essere impiegata correttamente in un quadro di elevazione delle capacità professionali complessive dell’amministrazione senza determinare inefficienze e malfunzionamenti. Per le considerazioni di cui sopra, essa va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione e utilizzo ottimale delle risorse umane da non assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale, va accompagnata e sostenuta anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale.

La rotazione del personale all’interno delle pubbliche amministrazioni nelle aree a più elevato rischio di corruzione è stata introdotta come misura di prevenzione della corruzione dall’art. 1, co. 5, lett. b) della l. 190/2012, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni devono definire e trasmettere all’ANAC «procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari». Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 10, lett. b) della l. 190/2012, il RPCT deve verificare, d’intesa con il dirigente competente, «l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione». Questo tipo di rotazione, c.d. “ordinaria” (si veda infra § 7.2.2) è

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stata, quindi, inserita dal legislatore come una delle misure organizzative generali a efficacia preventiva che può essere utilizzata nei confronti di coloro che operano in settori particolarmente esposti alla corruzione.

L’istituto della rotazione era stato già previsto dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, c.d. Testo Unico sul pubblico impiego, dall’art. 16, co. 1, lett. l-quater) (lettera aggiunta dall’art. 1, co. 24, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 135), sia pure come misura di carattere successivo al verificarsi di fenomeni corruttivi. La norma citata prevede, infatti, la rotazione «del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva».

La rotazione ordinaria del personale è espressamente richiamata nelle Linee guida adottate dal Comitato interministeriale, istituito con d.p.c.m. 16 gennaio 2013, come misura da valorizzare nella predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione. L’art. 1, co. 4, lett. e) della l. 190/2012, dispone che spetta all’ANAC definire i criteri che le amministrazioni devono seguire per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione. Si ricorda, infatti, che l’art. 19, co. 15, del d.l. 90/2014 ha previsto che «Le funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, commi 4, 5 e 8, della legge 6 novembre 2012 n. 190, e le funzioni di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sono trasferite all'Autorità nazionale anticorruzione». L’ambito soggettivo di applicazione della rotazione va identificato con riguardo sia alle organizzazioni alle quali essa si applica, sia ai soggetti interessati dalla misura. Con riferimento alle organizzazioni, ai sensi dell’art. 1, co. 59, della l. 190/2012, si deve trattare delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001. Pur in mancanza di una specifica previsione normativa relativa alla rotazione negli enti di diritto privato a controllo pubblico e negli enti pubblici economici, l’Autorità ritiene opportuno che le amministrazioni controllanti e vigilanti promuovano l’adozione da parte dei suddetti enti di misure di rotazione come già, peraltro, indicato nelle Linee guida di cui alla determinazione n. 8 del 17 giugno 2015. In tale sede, sono inoltre state suggerite, in combinazione o in alternativa alla rotazione, misure quali quella della articolazione delle competenze (c.d. “segregazione delle funzioni”) con cui sono attribuiti a soggetti diversi i compiti relativi a:

a) svolgimento di istruttorie e accertamenti; b) adozione di decisioni; c) attuazione delle decisioni prese;d) effettuazione delle verifiche. Per quanto concerne l’individuazione specifica di quali siano i

dipendenti pubblici interessati dalla misura, la lettura sistematica delle disposizioni normative, (co. 4, lett. e), e co. 5, lett. b) dell’art. 1 della l. 190/2012), tenuto anche conto della finalità sostanziale della misura e dello scopo della norma e, peraltro, in continuità con le indicazioni già fornite nel PNA 2013, inducono a ritenere che l’ambito soggettivo sia riferito a tutti i pubblici dipendenti.

Le condizioni in cui è possibile realizzare la rotazione sono strettamente connesse a vincoli di natura soggettiva attinenti al rapporto di lavoro e a vincoli di natura oggettiva, connessi all’assetto organizzativo dell’amministrazione.

Vincoli soggettivi Le amministrazioni sono tenute ad adottare misure di rotazione compatibili con eventuali diritti

individuali dei dipendenti interessati soprattutto laddove le misure si riflettono sulla sede di servizio del dipendente. Si fa riferimento a titolo esemplificativo ai diritti sindacali, alla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (tra gli altri il permesso di assistere un familiare con disabilità) e al d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (congedo parentale). Con riferimento all’applicabilità della misura della rotazione, se attuata tra sedi di lavoro differenti, nei confronti del personale dipendente che riveste il ruolo di dirigente sindacale, si ritiene necessaria, in conformità con recenti orientamenti giurisprudenziali, una preventiva informativa da indirizzarsi all’Organizzazione sindacale con lo scopo di consentire a quest’ultima di formulare in tempi brevi osservazioni e proposte in ragione dei singoli casi.

Vincoli oggettivi La rotazione va correlata all’esigenza di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione

amministrativa e di garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attività specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico. Si tratta di esigenze già evidenziate dall’ANAC nella propria delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, per l’attuazione dell’art. 1, co. 60 e 61, della l. 190/2012, ove si esclude che la rotazione possa implicare il conferimento di incarichi a soggetti privi delle competenze necessarie per assicurare la continuità dell’azione amministrativa. Tra i condizionamenti all’applicazione della rotazione vi può essere quello della cosiddetta infungibilità derivante dall’appartenenza a categorie

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o professionalità specifiche, anche tenuto conto di ordinamenti peculiari di settore o di particolari requisiti di reclutamento. Occorre tenere presente, inoltre, che sussistono alcune ipotesi in cui è la stessa legge che stabilisce espressamente la specifica qualifica professionale che devono possedere alcuni soggetti che lavorano in determinati uffici, qualifica direttamente correlata alle funzioni attribuite a detti uffici; ciò avviene di norma nei casi in cui lo svolgimento di una prestazione è direttamente correlato al possesso di un’abilitazione professionale e all’iscrizione nel relativo albo. Nel caso in cui si tratti di categorie professionali omogenee non si può invocare il concetto di infungibilità. Rimane sempre rilevante, anche ai fini della rotazione, la valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del singolo. Proprio per prevenire situazioni come questa, in cui la rotazione sembrerebbe esclusa da circostanze dovute esclusivamente alla elevata preparazione di determinati dipendenti, le amministrazioni dovrebbero programmare adeguate attività di affiancamento propedeutiche alla rotazione. Rotazione e formazione La formazione è una misura fondamentale per garantire che sia acquisita dai dipendenti la qualità delle competenze professionali e trasversali necessarie per dare luogo alla rotazione. Una formazione di buon livello in una pluralità di ambiti operativi può contribuire a rendere il personale più flessibile e impiegabile in diverse attività. Si tratta, complessivamente, attraverso la valorizzazione della formazione, dell’analisi dei carichi di lavoro e di altre misure complementari, di instaurare un processo di pianificazione volto a rendere fungibili le competenze, che possano porre le basi per agevolare, nel lungo periodo, il processo di rotazione.

In una logica di formazione dovrebbe essere privilegiata una organizzazione del lavoro che preveda periodi di affiancamento del responsabile di una certa attività, con un altro operatore che nel tempo potrebbe sostituirlo. Così come dovrebbe essere privilegiata la circolarità delle informazioni attraverso la cura della trasparenza interna delle attività, che, aumentando la condivisione delle conoscenze professionali per l’esercizio di determinate attività, conseguentemente aumenta le possibilità di impiegare per esse personale diverso. Misure alternative in caso di impossibilità di rotazione Non sempre la rotazione è misura che si può realizzare, specie all’interno di amministrazioni di piccole dimensioni. In casi del genere è necessario che le amministrazioni motivino adeguatamente nel PTPC le ragioni della mancata applicazione dell’istituto. In questi casi le amministrazioni sono comunque tenute ad adottare misure per evitare che il soggetto non sottoposto a rotazione abbia il controllo esclusivo dei processi, specie di quelli più esposti al rischio di corruzione. In particolare dovrebbero essere sviluppate altre misure organizzative di prevenzione che sortiscano un effetto analogo a quello della rotazione, a cominciare, ad esempio, da quelle di trasparenza. A titolo esemplificativo potrebbero essere previste dal dirigente modalità operative che favoriscano una maggiore compartecipazione del personale alle attività del proprio ufficio. Inoltre, perlomeno nelle aree identificate come più a rischio e per le istruttorie più delicate, potrebbero essere promossi meccanismi di condivisione delle fasi procedimentali, prevedendo di affiancare al funzionario istruttore un altro funzionario, in modo che, ferma restando l’unitarietà della responsabilità del procedimento a fini di interlocuzione esterna, più soggetti condividano le valutazioni degli elementi rilevanti per la decisione finale dell’istruttoria. Altro criterio che potrebbe essere adottato, in luogo della rotazione, è quello di attuare una corretta articolazione dei compiti e delle competenze. Infatti, la concentrazione di più mansioni e più responsabilità in capo ad un unico soggetto può esporre l’amministrazione a rischi come quello che il medesimo soggetto possa compiere errori o tenere comportamenti scorretti senza che questi vengano alla luce. Sarebbe auspicabile, quindi, che nelle aree a rischio le varie fasi procedimentali siano affidate a più persone, avendo cura in particolare che la responsabilità del procedimento sia sempre assegnata ad un soggetto diverso dal dirigente, cui compete l’adozione del provvedimento finale. Attuazione della rotazione

Per l’attuazione della misura è necessario che l’amministrazione nel proprio PTPC chiarisca i criteri, individui la fonte di disciplina e sviluppi un’adeguata programmazione della rotazione. Tali contenuti sono mirati ad evitare che la rotazione sia impiegata al di fuori di un programma predeterminato e possa essere intesa o effettivamente utilizzata in maniera non funzionale alle esigenze di prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione.

L’art. 1, comma 10, lett. b) della L. 190/2012 stabilisce che il responsabile della Prevenzione della Corruzione provvede alla verifica, d’intesa con il dirigente/responsabile competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività per le quali è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione.

La ratio della norma generale è quella di evitare che un soggetto sfrutti un potere o una conoscenza acquisita per ottenere un vantaggio illecito. Nel contempo, la rotazione del personale consente all’Ente di essere più flessibile e di sfruttare appieno le conoscenze e le potenzialità dei

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propri dipendenti, consentendo ai dipendenti stessi di accumulare velocemente una buona esperienza in funzioni e in settori diversi, perfezionando così le proprie potenzialità e capacità.

La misura della rotazione del personale addetto alle aree a rischio rientra tra le misure obbligatorie di prevenzione del rischio da adottare, previa adozione di criteri generali di rotazione, da parte di tutte le Pubbliche Amministrazioni.

Tuttavia, nell’intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali raggiunta in sede di conferenza unificata del 24/07/2013 ai sensi dell’art. 1, commi 60 e 61 della L. 190/2012, si legge che l’attuazione della misura deve avvenire in modo da tener conto delle specificità professionali in riferimento alle funzioni e in modo da salvaguardare la continuità della gestione amministrativa; ove le condizioni organizzative della gestione non consentano l’applicazione della misura, l’Ente ne deve dar conto, con adeguata motivazione, nel PTPC.Nella deliberazione Anac 831/2016 si legge: “Ove, pertanto, non sia possibile utilizzare la rotazione come misura di prevenzione contro la corruzione, le amministrazioni sono tenute a operare scelte organizzative, nonché ad adottare altre misure di natura preventiva che possono avere effetti analoghi, quali a titolo esemplificativo, la previsione da parte del dirigente di modalità operative che favoriscono una maggiore condivisione delle attività fra gli operatori, evitando così l’isolamento di certe mansioni, avendo cura di favorire la trasparenza “interna” delle attività o ancora l’articolazione delle competenze, c.d. “segregazione delle funzioni”. Restano, naturalmente, ferme le discipline speciali di rotazione previste per particolari categorie di personale non contrattualizzato.

Pur nella condivisione della efficacia della misura della rotazione rispetto alla prevenzione dei fenomeni di corruzione, l’adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio deve essere quindi attuata con l’accortezza di mantenere e salvaguardare continuità e coerenza della gestione amministrativa, e tenendo conto delle specificità professionali in riferimento alle funzioni e necessarie competenze delle strutture. Presupposto per la corretta applicazione della rotazione è pertanto la valutazione della possibilità di assicurare e garantire, da parte delle figure professionali che si intende far ruotare, per profilo e capacità professionali possedute, l’esercizio del nuovo servizio assegnato.

Alla luce della attuale struttura organizzativa del Comune di San Potito Sannitico , priva di figure dirigenziali e con soli N° tre responsabili di servizi, ( la quarta area retta da un assessore comunale) va considerata, anche per quanto precedentemente rappresentato nell’analisi del contesto interno dell’ente, la non opportunità/possibilità della rotazione dei predetti responsabili in quanto la stessa potrebbe comportare gravi ripercussioni sulla correttezza e continuità dell’azione amministrativa.

Stante l’impossibilità di effettuare la rotazione dei soggetti apicali, si propone invece di provvedere, ove possibile, alla rotazione dei responsabili del procedimento così come confermato anche nel PNA dove si legge che: “ Nel caso di impossibilità di applicare la misura della rotazione per il personale dirigenziale a causa di motivati fattori organizzativi, l’amministrazione pubblica applica la misura al personale non dirigenziale, con riguardo innanzitutto ai responsabili di procedimento”.

A tal fine il responsabile del servizio, almeno ogni 5 anni a decorrere dall’originario termine di approvazione del piano 2014/2016, provvederà all’attuazione di detta rotazione tra il personale assegnatario della responsabilità del procedimento. Naturalmente, come già precisato, il Responsabile di servizio dovrà valutare attentamente l’eventuale ripercussione negativa che la stessa rotazione potrebbe comportare, avvalendosi anche della facoltà di proporre all’amministrazione specifici percorsi formativi o la stipula di apposite convenzioni con altri enti locali che consentano uno “scambio” periodico di professionalità. Per evitare inefficienze, la rotazione dovrà essere preceduta da un periodo di affiancamento, d’intesa con il responsabile del servizio.

Ulteriore strumento per assicurare la rotazione è poi rappresentato dal ricorso alle convenzioni con altri enti o alla mobilità temporanea, previo il rispetto di tutti i presupposti stabiliti dalla normativa vigente in materia.

REFERTI DELLA GESTIONE DEL PIANOCiascun responsabile di settore relazionerà per iscritto entro il 30 di ottobre di ogni anno

sull'andamento della gestione del piano per quanto di competenza.Nel referto si darà conto altresì atto che nessun procedimento è stato portato a conclusione e/o

esecuzione relativo a situazioni di conflitto di interesse, in quanto ogni eventuale situazione a rischio è già stata (eventualmente) debitamente segnalata con tempestività al momento in cui si è generata, secondo quanto stabilito nel piano anticorruzione.

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FORMAZIONE SULL'ANTICORRUZIONEOperativamente la formazione può riguardare i seguenti dipendenti: posizioni organizzative; amministratori; responsabili del procedimento; dipendenti con specifiche responsabilità; addetti ai controlli tributari, di vigilanza edilizia e di ogni altro genere; tutti dipendenti presenti nei settori a rischio almeno medio.

PROGRAMMA FORMAZIONE Il programma sarà definito in corso d'anno secondo le disponibilità finanziarie a disposizione, facendo ricorso anche a modalità a distanza, ovvero con la partecipazione a specifici corsi organizzati da soggetti qualificati, oppure con la docenza in sede di esperti esterni ed interni.

Il PRESIDENTE IL SEGRETARIO COMUNALE

F.to Dott. Francesco Imperadore F.to Dott. Antonio Merola________________________________________________________________________________

CERTIFICATO DI PUBBLICAZIONE

N. Reg. __________ del 01.02.2018

La presente deliberazione viene affissa all’Albo Pretorio on line del Comune e vi rimarrà per

quindici giorni consecutivi dal 01.02.2018 al 15.02.2018 ai sensi dell’art. 124 comma 2

del D.Lgs. 18 agosto 2000 n .267. Copia della presente deliberazione è stata comunicata in

elenco n. 553 in data 31.01.2018 ai Sig. Capigruppo Consiliari così come

prescritto dall’art. 125 del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000.

IL SEGRETARIO COMUNALE F.to Dott. Antonio Merola ________________________________________________________________________________

CERTIFICATO DI ESECUTIVITA’

Certifico che questa deliberazione è divenuta esecutiva ad ogni effetto di legge ai sensi dell’art. 134 comma terzo del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

CERTIFICATO DI ESEGUIBILITA’

Certifico che questa deliberazione è divenuta eseguibile ad ogni effetto ai sensi dell’art. 134, comma quarto del Decreto Legislativo 18 agosto 2000 , n .267.

San Potito Sannitico 01.02.2.01.2018 IL SEGRETARIO COMUNALE

F.to Dott. Antonio Merola________________________________________________________________________________

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COPIA CONFORME ALL’ORIGINALE

San Potito Sannitico 01.02.2018 IL SEGRETARIO COMUNALE Dott. Antonio Merola