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Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Medicina e Chirurgia A.A. 2011-2012 Dispense di Elementi di Legislazione Sanitaria: EVOLUZIONE DEL SISTEMA SANITARIO DALL’UNITA’ D’ITALIA AD OGGI” Docente: Prof. Roberto Prosperi

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Università degli Studi di CagliariFacoltà di Medicina e Chirurgia

A.A. 2011-2012

Dispense di Elementi di Legislazione Sanitaria:

“EVOLUZIONE DEL SISTEMA SANITARIO DALL’UNITA’ D’ITALIA AD OGGI”

Docente:Prof. Roberto Prosperi

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INDICEINTRODUZIONE…….………………………………………………3

CAPITOLO I

1.1 Quadro storico: dal Regno d’Italia ai giorni nostri……………….8

CAPITOLO 2

2.1 Evoluzione storica dei modelli organizzativi e della legislazione

sanitaria italiana: dal primo ordinamento sanitario ai primi anni del

Novecento….da beneficenza a diritto………………………………14

2.2 Dal fascismo all’istituzione dell’Alto Commissariato per l’igiene e

la sanità pubblica…………………………………………………….24

2.3 Costituzione e Salute…………………………………………….28

2.4 La riforma della legge 83 del 1978 e i relativi limiti……………31

2.5 La riforma del decreto legislativo n. 502 del 1992……………...35

2.6 La riforma del decreto legislativo n.229 del 1999………………39

2.7 Le principali norme successive alle tre riforme…………………41

CAPITOLO 3

3.1 Evoluzione della spesa sanitaria Italiana………………………43

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INTRODUZIONE

Il concetto di Salute è uno dei principi fondamentali del nostro

ordinamento ed è stato oggetto di interesse collettivo. L’evoluzione

storica del sistema sanitario è stato parallelo all’evoluzione sociale e

politica del nostro Paese. Nel corso dei secoli, con il cambiamento

culturale della società, l’idea di Salute è stata caratterizzata da

graduali conquiste normative che hanno costruito lentamente solidi

tasselli giuridici, determinanti per l’attuale assetto della Salute. I primi

progressi salutari sono rivenibili nella seconda metà del cinquecento

con l’adozione dei primi provvedimenti sanitari per fronteggiare le

ricorrenti epidemie di peste. Tali traguardi sono stati raggiunti dal

bisogno di salvaguardare dai pericoli che potevano colpire la

popolazione. La tutela della Salute stata sempre affidata alla iniziativa

dei privati e all’intervento delle organizzazioni religiose. Il concetto di

“salute” fu per molto tempo considerato un bene privato, infatti, le

istituzioni si limitavano a scarni interventi per “gestire” attività di

igiene e di profilassi delle malattie infettive. L’esigenza di garantire

un reale diritto in grado di soddisfare i bisogni della popolazione trova

una reale identificazione nel suo riconoscimento come diritto

inviolabile nella Carta costituzionale. L’articolo 32 della Costituzione

sancisce l’obbligo dello Stato di intervenire con le leggi e con tutti gli

strumenti a sua disposizione per garantire la Salute del cittadino e

della collettività in condizioni di uguaglianza. Una concezione dello

Stato con Welfare State, vale a dire uno Stato garante dell’assistenza

sanitaria nell’interezza del suo contenuto sostanziale, accessibile a

tutti e senza distinzioni. Fino alla metà degli anni settanta,

l’organizzazione sanitaria è stata caratterizzata dalla presenza di

molteplici istituti. Si occupavano di Salute, le casse mutue, i comuni,

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le province, gli ospedali con propri statuti e regolamenti. Una

legislazione, quindi, generale che portò a risultati poco efficaci. Con la

legge 12 febbraio 1968 n. 132, nota come riforma ospedaliera si cercò

di ricondurre in un’unica figura giuridica le strutture ospedaliere

esistenti. Nacque così l’ente ospedaliero, definito come “ente pubblico

che istituzionalmente provvede al ricovero e alla cura degli infermi”.

L’attività ospedaliera diventa, dunque, un pubblico servizio rivolto

alla cura dei malati, oltre che il luogo per assicurare il recupero della

salute. La più grande riforma si è concretizzata con la legge n. 833 del

23 dicembre 1978, nota come “riforma sanitaria”.

Con la riforma del 1978 si è passato da un sistema basato sulla

molteplicità di strutture di offerta di servizi sanitari avente carattere

mutualistico-assicurativo e assistenziale ad un sistema a offerta

unitaria con carattere garantistico, che ha dato origine al servizio

sanitario nazionale.

La riforma ha dato spazio a una serie di istituzioni di natura pubblica o

privata per svolgere attività ospedaliera per il raggiungimento degli

obiettivi del SSN, attraverso lo strumento convenzionale.

Il sistema sanitario e il sistema universitario si incontrano nelle

disposizioni contenute nella legge 833/1978.

Il rapporto tra università e regioni si esprime attraverso la stipulazione

di convenzioni “al fine di realizzare un idoneo coordinamento delle

rispettive funzioni istituzionali”. Con tale strumento si coordina gli

interessi e le attività del sistema universitario e del sistema sanitario.

Infatti, l’università, quale centro istituzionale di formazione culturale e

di attività di ricerca scientifica coniuga attraverso il

convenzionamento la sua attività alle finalità del servizio sanitario.

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La legge n. 833/78 ha ipotizzato due modelli organizzativi principali:

il complesso convenzionato misto e il policlinico a gestione diretta. Il

sistema delineato dalla riforma si caratterizza da una forte

deresponsabilizzazione economica e da una totale incontrollabilità dei

costi. Nel nostro paese la sua tutela è stata affidata alle unità sanitarie

locali sin dagli anni ’70. L’opera di tale istituzioni è stata al centro di

numerosi dibattiti a causa della diffusa insoddisfazione dei cittadini

che ha portato alla crisi del SSN.

A partire dal 1992, si è avviato un riassetto della materia che ha

intrapreso un processo di razionalizzazione dalla sanità e di

aziendalizzazione delle USL.

La riforma bis e la successiva riforma ter, nell’ambito di un sistema

che rimane pubblico, si propongono di raggiungere risultati migliori

tramite l’introduzione dei principi efficienza, economicità e

concorrenza. In questa nuova prospettiva si afferma la piena

autonomia della aziende della Salute e la libera scelta del cittadino-

utente.

Il riassetto sanitario ha mirato ad una migliore equità nell’erogazione

delle prestazioni sul territorio nazionale tramite la definizione dei

livelli essenziali di assistenza. Il cittadino è nella piena libertà di scelta

delle strutture, pubbliche e private, per soddisfare i suoi bisogni,

grazie all’introduzione dell’elemento competitività tra le strutture di

offerta, sia in ambito pubblico, sia nei rapporti tra pubblico e privato.

A livello centrale sono definiti gli obiettivi fondamentali di

prevenzione, diagnosi e cura, dei livelli di assistenza da assicurare in

condizioni di uniformità sul territorio nazionale. A livello regionale la

responsabilità di definire le strategie organizzativo-gestionale più

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adatte all’attuazione del servizio sanitario nel proprio ambito

territoriale.

Il concetto di azienda, attribuito alle strutture pubbliche di produzione

ed erogazione dei servizi, è un elemento innovativo nei meccanismi di

funzionamento del sistema sanitario legato alla nuova cultura

manageriale, intesa come logica di gestione orientata all’innovazione,

al cambiamento, alla competizione, all’economicità.

Le due tipologie aziendali codificate dalla norma sono le aziende

sanitarie e le aziende ospedaliere, entrambe caratterizzate da

personalità giuridica e autonomia imprenditoriale. Le prime operano

sul territorio regionale per assicurare i livelli essenziali di assistenza,

le seconde garantiscono l’assistenza ospedaliera.

La salvaguardia dell’esercizio pubblico è investito da nuove logiche e

da nuovi protagonisti che instaurano una rete di relazioni per garantire

una maggiore efficienza. La qualificazione aziendale di un ente

pubblico garantisce dinamicità all’attività di produzione ed erogazione

del servizio. Il riordino complessivo della disciplina in materia

sanitaria ha introdotto nuove strutture organizzative all’interno delle

quali si sono create intese fra i vari attori istituzionali.

Il rapporto tra il servizio sanitario nazionale e università si è inserito

nel quadro di riforme, adottando vari modelli aziendali fino a

delineare il modello unico di azienda-universitaria. Tale università

creando accordi con le aziende della salute per disciplinare le modalità

della reciproca collaborazione. Una collaborazione basata

sull’integrazione dell’attività assistenziale con le attività di didattica e

ricerca istituzionalmente affidate all’università. La cooperazione tra

SSN e università, iniziata attraverso i policlinici universitari e i

complessi convenzionati misti, ha trovato una compiuta definizione

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con l’adozione del decreto legislativo n. 517/1999. Il suddetto decreto

riunifica in un unico modello, l’azienda ospedaliero-universitaria le

funzioni di assistenza, ricerca e didattica.

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CAPITOLO I

1.1 Quadro storico: dal Regno d’Italia ai giorni nostri

Il Regno d’Italia. Il 17 marzo 1861 a Torino veniva proclamata la

costituzione del nuovo Regno d’Italia. Il Veneto venne all’Italia con la

III guerra d’indipendenza (1866); restava ancora aperta la questione

romana. I tentativi di occupare Roma da parte dei patrioti italiani

spinsero Napoleone III a inviare a Roma un corpo di spedizione, che

battè i garibaldini a Mentana (1867). Dopo la disfatta di Sedan (1870)

e la partenza del presidio francese da Roma, il generale Cadorna

prendeva finalmente la città (breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870),

che un plebiscito popolare annetteva al Regno d’Italia.

Nel 1876, la Destra, che dovette affrontare i gravi problemi finanziari

e amministrativi legati all’avvenuta unificazione nazionale, fu battuta

alle elezioni e salì al potere la Sinistra. Durante i governi Depretis

furono approvate leggi importanti come quelle per l’istruzione

primaria obbligatoria (1879) e per l’estensione del diritto di voto, e

prese iniziative in politica estera, tra queste la stipulazione della

Triplice Intesa con Germania e Austria-Ungheria (1882). Nel 1887,

alla morte del Depretis, gli succedeva Francesco Crispi che iniziò una

politica di imprese coloniali (Eritrea e Abissinia) alle quali il paese

non era preparato. Dopo la disfatta di Adua (1896), di cui fu ritenuto

responsabile, Crispi scomparve dalla scena politica.

L’uccisione di Umberto I da parte dell’anarchico Bresci (29 luglio

1900), avvenne in un clima teso: la sommossa popolare di Milano (6-8

maggio 1898), repressa dal generale Bava Beccarsi, scatenò una

reazione a catena contro l’estrema sinistra e le forze cattoliche

progressiste.

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L’età giolittiana. Il Paese ritrova il proprio equilibrio nel Governo di

A. Giolitti, uno dei più abili statisti che l’Italia abbia avuto. La sua

politica liberale e progressista fu caratterizzata dall’impulso dato

all’espansione economica, agricola e industriale del Paese, dalle

concessioni che fece alla classe operaia, a partire, a partire dalla classe

operaia, a partire dalla legge sul suffragio universale, dal rientro dei

cattolici nella vita politica. Si affermava, intanto, un forte movimento

nazionalista, che sosteneva la ripresa della politica coloniale, che si

ebbe nel 1911 con la guerra contro la Turchia e la conquista della

Libia.

La vittoria elettorale dei socialisti e dei cattolici nel 1913, portò alle

dimissioni di Giolitti, al quale succedette Calandra (1914).

La “Grande Guerra”e la crisi del dopoguerra. Dopo una

dichiarazione di neutralità (1° agosto 1914), sotto pressione

interventista, il governo aderì alla Triplice Intesa (Trattato di Londra,

aprile 1915) e dichiarò guerra all’Austria (24 maggio), sperando di

completare l’unità territoriale. Dopo notevoli sacrifici, arrivò nel

novembre 1918 la vittoria. Con i trattati di San Germano (1919) e

Rapallo (1920) fu concessa all’Italia: Trentino, Alto Adige, Trieste,

Istria e Zara. Ma gli italiani rimasero delusi dal trattamento ricevuto

dagli alleati. Crisi morale si aggiunse a crisi economica: chiusura

fabbriche di guerra, bilancio deficitario e svalutazione della lira.

Le elezioni del 1919 segnarono una netta avanzata dei cattolici del

Partito popolare italiano, fondato al principio dell’anno da Luigi

Sturzo, e del Partito socialista. Due anni dopo, al congresso di

Livorno, una frazione del Partito socialista fondava il Partito

comunista.

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Il fascismo. Dopo lo sciopero generale e l’occupazione della

fabbriche, la crisi costituzionale sfociò in un regime autoritario e

antidemocratico: il fascismo. Dopo la marcia su Roma (ottobre 1922)

e la nomina di Mussolini a primo ministro, l’opposizione, dopo le

elezioni politiche del 1924 svoltesi con una legge-truffa di tipo

maggioritario (legge Acerbo), ebbe un ultimo sussulto con la denuncia

delle violenze elettorali da parte del socialista Giacomo Matteotti, che

pagò con la vita il suo gesto generoso (10 giugno 1924). L’incertezza

e gli errori dei partiti antifascisti permisero a Mussolini (discorso alla

Camera del 3 gennaio 1925) d’inaugurare un regime totalitario.

In politica interna il fascismo realizzava importanti e grandi opere

pubbliche, come la bonifica dell’Agro Pontino; riusciva poi a rialzare

il prestigio nazionale risolvendo la questione romana con la

Conciliazione del 1929. Il conflitto italo-etiopico (1935-1936) e le

sanzioni economiche contro l’Italia, decise dalla Società delle

Nazioni, avvicinarono sempre più l’Italia fascista alla Germania

nazista (Asse Roma-Berlino, 1936).

Scoppiata la seconda guerra mondiale, l’Italia, dopo aver proclamato

in un primo tempo la non belligeranza, interveniva nel giugno 1940,

quando la Francia era già sconfitta. Ma per l’Italia, a causa

dell’impreparazione militare e dell’impopolarità della guerra, il

conflitto doveva risolversi in un disastro nazionale.

La caduta del fascismo e la liberazione. Messo in minoranza alla

seduta del Gran Consiglio, Mussolini fu arrestato (25 luglio 1943) per

ordine del re e l’incarico di formare il governo dato a Badoglio, il

quale, il 3 settembre, firmava l’armistizio di Cassibile con gli alleati.

Mentre i tedeschi minacciavano Roma, il re col governo riparava a

Brindisi. Il 13 ottobre l’Italia dichiarava guerra alla Germania e veniva

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riconosciuta dagli alleati come cobelligerante. Da parte sua Mussolini,

liberato dai tedeschi, proclamava a Salò la Repubblica Sociale

Italiana. Il Paese si trovò diviso in due: il Sud (fino alla Campania) in

mano agli Alleati e sotto il governo di Vittorio Emanuele III, il quale

conservava il Regno per accordo fatto tra i partiti antifascisti (tregua

istituzionale); il resto, in mano ai tedeschi e ai fascisti.

Dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) il governo tornava alla

capitale e il re cedeva i poteri al figlio Umberto, luogotenente generale

del Regno. Il Comitato di Liberazione Nazionale formò il primo

ministero Bonomi con la partecipazione dei partiti antifascisti.

La liberazione si compì il 25 aprile 1945. Mussolini veniva catturato e

giustiziato il 28 aprile.

La Repubblica Italiana. Dopo un secondo gabinetto Bonomi e un

governo Parri, capo della Resistenza nel Nord, assunse le redini del

potere il leader della Democrazia Cristiana Alcide De Gasperi

(dicembre 1945), che diresse il paese per quasi otto anni (dal 1947

senza comunisti e socialisti al governo). Nel 1946 Vittorio Emanuele

III fu indotto ad abdicare in favore di Umberto II (9 maggio), ma il

referendum istituzionale del 2 giugno risolveva la questione a favore

della Repubblica. Dalle elezioni nacque la Costituente, chiamata a

dare alla Repubblica gli ordinamenti costituzionali. Nel 1947, veniva

firmato il trattato di pace, assai duro sia per le clausole militari sia per

quelle concernenti le colonie. Il 1° gennaio 1948 entrava in vigore il

testo della Costituzione Repubblicana. Con le elezioni del 18 aprile

1948 la Democrazia Cristiana otteneva la maggioranza assoluta alla

Camera e apriva la stagione dei governi “centristi”. Einaudi veniva

eletto alla presidenza della Repubblica. La politica estera di Alcide De

Gasperi portava l’Italia ad inserirsi nel sistema Atlantico e nell’ambito

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della Comunità Europea. Nel 1954, Trieste veniva restituita all’Italia.

Nel 1955, presidente della Repubblica Gronchi, l’Italia era ammessa

all’ONU. Dopo il varo di importanti riforme (nazionalizzazione

dell’energia elettrica, riforma della scuola) il Parlamento rivelava la

propria fragilità, specchio del moltiplicarsi di “correnti” nei partiti e di

quell’espansione economica, che instaurava politica di tensione tra

governo e sindacati. Il mondo del lavoro premeva per il

riconoscimento dei propri diritti, formalizzati in uno Statuto; il mondo

dei giovani dava vita nel 1968 a clamorose contestazioni del “regime”

socio-politico-culturale dominante. Sotto la presidenza Leone (1971-

78) andò accentuandosi una crisi economica e sociale (segnata dal

diffondersi del terrorismo e da numerose stragi) che entrava in una

fase acuta proprio nel 1978, anno in cui venne rapito e ucciso dalle

Brigate Rosse il presidente della DC Aldo Moro, fautore dell’ingresso

nell’area del governo del PCI, che nelle elezioni del amministrative

del 1976 aveva di fatto raggiunto la parità con il Partito democristiano

e che, per la prima volta, diede l’appoggio ad un monocolore DC

presieduto da Giulio Andreotti; l’appoggio venne meno all’inizio

dell’anno successivo e portò ad elezioni anticipate. La presidenza

Pertini (1978-85) riuscì a restituire una certa fiducia al Paese

nonostante un succedersi di scandali a diversi livelli (primo fra tutti:

quello della loggia massonica P2, il crack del Banco Ambrosiano, il

dilagare delle interferenze mafiose).

Il 4 agosto 1983 venne instaurato il primo gabinetto socialista nella

storia della Repubblica: primo ministro Bettino Craxi, che s’impegnò

nella lotta contro l’inflazione, fornì garanzie di fedeltà alla NATO e

definì i rapporti col Vaticano (nuovo Concordato del 17 febbraio

1984). Il 24 giugno 1985, viene eletto Presidente della Repubblica F.

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Cossiga. Il governo Craxi deve dimettersi nel marzo 1987 a causa dei

contrasti tra le due principali forze politiche (DC e PSI) della

coalizione del cosiddetto “pentapartito” (DC, PSI, PRI, PSDI e PLI).

Dopo il breve gabinetto Fanfani che porta alle elezioni anticipate del

giugno 1987, gli stessi cinque partiti tornano insieme nel gabinetto

guidato dal democristiano G. Goria: Al quale è succeduto (aprile

1988) C. De Mita, dimessosi nel luglio 1989 in favore di G. Andreotti.

A Cossiga, nel 1992, succede O. L. Scalfaro. Nel 1999, è il turno di C.

A. Ciampi, tra l’altro, ex-governatore della Banca d’Italia. Nel 2001, il

centro-destra, alternandosi al centro-sinistra alla guida del Paese, in un

mutato assetto politico succedutosi tra l’altro al terremoto giudiziario

di “tangentopoli”, vince le elezioni politiche e il Governo Berlusconi

II resta in carica per l’intero mandato, stabilendo un “record” nella

storia Repubblicana italiana. Nel 2006 il nuovo premier è R. Prodi,

che alla guida di una coalizione di centro-sinistra vince le elezioni

politiche (con alta affluenza, rispetto alle consultazioni degli ultimi

anni) con uno scarto sul centro-destra di circa 25000 voti: il paese è

diviso in due. Nel 2006 viene votato G. Napolitano alla più alta carica

dello Stato.

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CAPITOLO II

2.1 Evoluzione storica dei modelli organizzativi e della legislazione

sanitaria italiana: dal primo ordinamento sanitario ai primi anni

del Novecento……da beneficenza a diritto.

Il concetto di “Salute” rappresenta nel nostro Paese un “diritto

soggettivo perfetto” ed è uno dei principi cardine del nostro

ordinamento. La tutela della salute viene definita come “uno stato di

completo benessere fisico, mentale e sociale”, ovvero una condizione

di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico dell’organismo

dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale.

La salute e il sistema di leggi, che ne disciplina l’organizzazione, ha

subito nel corso del tempo una serie di riforme che hanno alla fine

prodotto il nostro attuale sistema sanitario.

L’evoluzione storica del sistema sanitario è stato progressivo e

continuo, in linea con il progresso sociale, scientifico e tecnologico.

I compiti statali si sono via via intensificati per soddisfare i numerosi

bisogni dei cittadini, quelli nuovi e quelli consolidati, incrementando e

valorizzando la democrazia attraverso la predisposizione di efficienti

strutture organizzative.

I primi passi furono fatti nel 1552 con la creazione dell’ordinamento

sanitario, chiamato “provvedimenti di sanità” e fu adottato a Venezia

per fronteggiare le ricorrenti epidemie di peste. Dopo circa due secoli,

venne prodotto nel 1806 il codice sanitario napoleonico da rendere

vigente nel territorio nazionale italiano, che istituì medici per gli

indigenti, rafforzando così le misure igienico-sanitario e creando

commissioni sanitarie per consulenze alle autorità amministrative nei

comuni capoluoghi.

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Con il Regio Editto di Carlo Alberto del 30 ottobre 1847 abolendo la

giurisdizione dei Magistrati di Sanità si stabilisce un Consiglio

superiore e Consigli provinciali per vegliare alla tutela della sanità

pubblica con ordinamenti appropriati alle condizioni presenti nel

paese, e messi in armonia con la allora vigente organizzazione

amministrativa.

Di seguito viene riportato per esteso il Regio Editto di Carlo Alberto,

“Per la grazia di Dio” Re di Sardegna, di Cipro e

Gerusalemme…..Duca di Savoia di Genova….Principe di

Piemonte….:

Art. 1

Sarà stabilito nella Nostra Capitale un Consiglio superiore di sanità,

di cui sarà

Presidente nato il Nostro Primo Segretario di Stato per gli affari

dell’interno.

Esso sarà composto, oltre al Presidente, di un Vice-Presidente, di sei

Membri ordinarii,

di quel numero di Membri straordinarii che stimeremo di eleggere, e

di un Segretario.

Il Presidente potrà inoltre chiamare a sedere nel Consiglio con voce

consultiva, o per

somministrare notizie, quelle persone che a seconda dei casi

giudicasse opportuno fossero

sentite.

Art. 2

In ciascuna Provincia dei Nostri Stati vi sarà un Consiglio provinciale

di sanità, di cui

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sarà Presidente nato l’Intendente generale od Intendente della

Provincia.

Questi Consigli saranno composti, oltre al Presidente, di un Vice-

Presidente, di quattro

Membri ordinarii e delli straordinarii che stimeressimo di nominare.

Presso le Intendenze generali uno dei Segretarii, e presso

gl’Intendenti il Segretario

d’Intendenza, o chi lo rappresenterà, eserciterà le funzioni di

Segretario del Consiglio.

Art. 3

Nella Provincia di Torino il Consiglio superiore farà anche le veci di

Consiglio

provinciale.

Art. 4

Il Consiglio superiore di sanità e sotto la sua ispezione i Consigli

provinciali veglieranno alla

conservazione della sanità pubblica ed estenderanno pure la loro

vigilanza alle epizoozie.

Art. 5

Essi avranno l’ispezione sanitaria di tutti gli ospedali ed altri

stabilimenti pubblici non

militari, delle carceri e luoghi di reclusione.

Art. 6

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Il Primo Segretario di Stato dell’interno delegherà annualmente due o

più Membri del

Consiglio superiore per visitare gl’istituti e luoghi soggetti come

sovra all’ispezione sanitaria

del Consiglio.

Art. 7

Gl’Intendenti coll’approvazione del detto Primo segretario di Stato

delegheranno

eziandio in ciascun anno due o più Membri dei rispettivi Consigli

provinciali per effettuare

simili ispezioni nel distretto del Consiglio a cui appartengono.

Art. 8

Gl’Ispettori così delegati dovranno riferire rispettivamente al

Consiglio superiore ed ai

Consigli provinciali tutto quanto avranno rilevato nell’interesse della

sanità pubblica, e faranno quelle osservazioni e proposte che

riconosceranno opportune per rimediare agli inconvenienti osservati,

ed introdurre miglioramenti.

Le relazioni fatte ai Consigli provinciali saranno dagli Intendenti

rimesse per copia al

Primo Segretario di Stato dell’interno assieme al voto dei Consigli

stessi affinché ogni cosa

possa essere recata a cognizione del Consiglio superiore.

Art. 9

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Spetterà loro di promuovere le vaccinazioni siccome è stabilito per le

Giunte del vaccino.

Queste Giunte e la Direzione generale delle vaccinazioni rimarranno

di conseguenza abolite.

Il Nostro Primo Segretario di Stato dell’interno potrà colla Nostra

annuenza incaricare

specialmente in cadun anno uno dei Membri del Consiglio superiore

di sanità di tenere il

carteggio relativo alle vaccinazioni e di riferire in Consiglio gli affari

che le riguardano.

Art. 10

I Consigli di sanità veglieranno all’esercizio della medicina e della

chirurgia, non che

della ostetricia, della flebotomia e della farmacia, senza pregiudizio

delle attribuzioni spettanti al Protomedicato. Essi sorveglieranno più

specialmente il detto esercizio per parte dei Medici, Chirurghi,

Levatrici e Flebotomi stipendiati dalle Comunità o dalle

Congregazioni di carità ed altri Istituti di beneficenza e delli Speziali

eletti per somministrare medicinali a tali Istituti od ai poveri.

Cosiffatta attribuzione sarà esercitata da essi sia per mezzo degli

Ispettori di cui

all’articolo precedente, sia cogli altri mezzi di conoscere la verità che

il Presidente ed il

consiglio giudicasse più convenienti.

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Art. 11

I Consigli di sanità procederanno sempre in via di semplice proposta

da rivolgersi al

Nostro Primo Segretario di Stato dell’interno, il quale provvederà o

prenderà i Nostri ordini

secondo lo comporterà la natura e la gravità degli affari.

Art. 12

Nei casi però urgenti di malattie contagiose o di epizoozie

gl’Intendenti daranno col

voto del Consiglio provinciale tutte le disposizioni d’urgenza richieste

dalle circostanze

riferendone immediatamente alla Segreteria di Stato dell’interno.

Art. 13

Al rimanente la detta Segreteria di Stato potrà esplorare il parere del

Consiglio superiore

o dei Consigli provinciali sulle cose che interessano la sanità

pubblica ogni qual volta lo

giudicherà opportuno.

Art. 14

Le disposizioni del presente Editto avranno effetto a partire dal 1°

maggio 1848 nella

quale epoca si intenderanno aboliti i Magistrati di sanità di Torino,

Ciamberi e Casale, e

soppresse le attribuzioni di quelli di Genova e Nizza estranee al

servizio marittimo.

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Art. 15

Il Nostro Primo Segretario di Stato all’interno diramerà le istruzioni

che occorreranno per la esecuzione del presente. Deroghiamo alle

Regie Costituzioni, alle Regie Patenti del 1° luglio 1819 ed a ogni

altra legge e disposizione contraria al presente Editto; mandiamo ai

Nostri Senati ed alla Camera dei Conti di registrarlo, volendo che alle

copie stampate nella Tipografia Reale si presti la

stessa fede che all’originale; chè tale è Nostra mente.

A seguito della proclamazione dell’unità d’Italia nel 1861, emerse il

problema dell’assistenza e, quindi, la necessità di ricercare soluzioni.

L’esigenza più importante era quella di dare un nuovo ordinamento

alle innumerevoli istituzioni realizzate nei secoli precedenti dai

privati. Venne, così, approvata la legge Rattazzi n. 753 del 3 agosto

1862, che introdusse una coordinata disciplina delle istituzioni

solidaristiche (ospedali, fondazioni) fino ad allora garante

dell’assistenza sanitaria per i più bisognosi.

Il 20 marzo 1865 venne approvata la prima legge organica in materia

di sanità pubblica (n. 2248, allegato C), che affidava la tutela della

salute pubblica a livello centrale al Ministero dell’interno, a livello

periferico ai prefetti, nelle Province e nei Comuni ai Sindaci. Tale

articolo normativo realizzava, per la prima volta, una

regolamentazione unitaria e uniforme dal punto di vista finanziario,

ponendo a carico delle Province le spese per il mantenimento dei

“mentecatti poveri” e dichiarando obbligatorie per i comuni le spese

per il servizio dei medici, dei chirurghi e delle levatrici per i poveri.

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Sotto il governo Depretis nel 1885 venne predisposto un progetto di

“Codice per la pubblica igiene”, incentrato sulla figura del medico

condotto, ai quali venne anche attribuita la qualifica e l’autorità di

ufficiale sanitario dello Stato, in rappresentanza del governo.

Successivamente con la legge sanitaria n. 5849 del 22 dicembre 1888

venne istituito presso il Ministero dell’Interno il Consiglio Superiore

della Sanità, con compiti di organizzare la Direzione Generale della

Sanità Pubblica e, a livello periferico, gli uffici sanitari provinciali

dipendenti dai prefetti e quelli operanti presso i comuni, disciplinando

l’assistenza sanitaria a domicilio con apposite norme, intese a

determinare gli obblighi dei comuni e a garantire la posizione

giuridica dei medici incaricati del servizio.

Nel periodo tra il 1888 e il 1923 si provvede con successive

disposizioni legislative al miglioramento dei servizi previsti nella

legge del 1888 e all’organizzazione dell’assistenza farmaceutica e

della lotta contro la malaria, la pellagra, la sifilide, la tubercolosi e le

altre malattie sociali. Il Testo Unico del 30 giugno 1889 n. 6144 della

legge di pubblica sicurezza e il Regio Decreto Legislativo del 19

novembre 1889 n. 6535 provvedevano all’assistenza degli “indigenti”

inabili al lavoro.

Nel 1890 fu emanata la riforma più importante per il mondo della

sanità e dell’assistenza di quel periodo, la cosiddetta “legge Crispi”

(legge del 17 luglio 1890, n. 6972), con la quale gli ospedali, le case di

riposo, le opere pie, che una statistica del 1896 stimava in oltre 23.000

con un patrimonio superiore ai due miliardi, sono trasformati da enti

privati in Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza (IPAB). Il

provvedimento legislativo è in parte motivato dalla volontà dello stato

liberale di sottrarre all’ambito cattolico istituzioni di grande

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importanza dal punto di vista del controllo sociale. L’operazione non

sortisce grandi effetti concreti in termini di miglioramento

dell’assistenza, ma è in ogni modo importante perché fa emergere e

disciplina l’ormai diffuso senso comune del diritto all’assistenza

ospedaliera, stabilendo che i requisiti per potervi beneficiare sono

costituiti e riconosciuti per la legge nella povertà del malato e

nell’urgenza del ricovero. A tale proposito, occorre precisare che gli

ospedali di quel tempo sono strutture che assolvono a malapena alla

funzione assistenziale, tanto sono arretrati strutturalmente ed estranei

ai progressi e alle conquiste delle scienze mediche e dell’igiene.

Nel 1901 venne emanato il “Regolamento generale Sanitario”, con il

quale, si disciplinava per la prima volta l’esercizio delle professioni

sanitarie ed affini. Nel 1902 la legge 19 giugno n. 242 e il

regolamento 29 gennaio 1903 n. 41 provvedono alla protezione

igienica delle donne e dei fanciulli impiegati nei lavori industriali.

Nel 1904 vennero istituiti i manicomi Provinciali e l’assistenza

psichiatrica. Si tratta di una legge di pubblica sicurezza che introdusse

il criterio della custodia nei manicomi per le persone “pericolose per

sé e per gli altri o che recano pubblico scandalo”.

Qualche hanno dopo venne emanata un Regio Decreto del 1 agosto

1907, n 636 il primo Testo Unico delle leggi sanitarie. Tale testo

coordina le disposizioni della già citata legge del 22 dicembre 1888, n.

5849, con le norme precedentemente emanate e con le molteplici

disposizioni nel frattempo intervenute. Bisogna evidenziare però che

questo sforzo legislativo fu, del tutto inutile in quanto non furono mai

emanati i regolamenti che ne potessero permettere l’attuazione. Per

tale motivo la legge n. 5849/1888 rimase sostanzialmente in vigore

fino al 1945.

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Nel 1919 la legge 24 luglio n. 1382 disciplina con norme speciali

l’opera di profilassi antitubercolare.

Così l’assistenza pubblica si va sviluppando in Italia lentamente,

gradatamente, con un sistema che può dirsi frammentario, giacché le

norme che la regolano non formano un complesso organico, ma sono

sparse in varie leggi attinenti a disparate materie e i relativi servizi

sono attribuiti a svariati organi, tra i quali spesso manca il necessario

coordinamento. E’ da notare che in questo periodo le norme relative ai

servizi sanitari e quelle concernenti l’assistenza degli inabili al lavoro,

degli alienati, degli esposti e dei poveri abili al lavoro sono ancora

ispirate prevalentemente ai vecchi principi di integrazione delle

manchevoli forze individuali e di tutela dell’ordine pubblico. Solo le

norme relative alla vigilanza igienica comunale, alla profilassi delle

malattie sociali e alla tutela delle donne e dei fanciulli impiegati nei

lavori industriali cominciano ad adeguarsi al nuovo concetto di

assistenza sociale. Anche nel campo della previdenza dominano

ancora i vecchi principi; ed infatti le prime forme di assicurazione

obbligatoria, e specialmente l’assicurazione contro i rischi degli

infortuni sul lavoro, si ispirano ai concetti, prettamente

individualistici, che il lavoratore infortunato ha il diritto di essere

risarcito del danno subito al servizio della produzione e che è

necessario garantire agli individui economicamente deboli il minimo

indispensabile per la vita.

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2.2 Dal fascismo all’istituzione dell’Alto Commissariato per

l’igiene e la sanità pubblica

In base a un’impostazione filantropica della sanità, l’assistenza

sanitaria venne confinata negli interventi di beneficenza e lasciata

all’iniziativa dei privati e all’intervento delle organizzazioni religiose.

Per molto tempo infatti il concetto salute fu caratterizzato da contenuti

fortemente privatistici, in quanto considerato un bene privato, un bene

del singolo; le competenze statali si limitavano a gestire attività di

igiene e profilassi delle malattie infettive e gli interventi erogati

avevano un carattere lacunoso e gracile nei confronti della collettività.

L’esigenza di migliorare le condizioni dei cittadini cresceva e l’intera

sanità dell’epoca chiedeva gli fosse garantito un reale diritto attraverso

il dovere delle Stato di provvedere con rigoroso impegno ai bisogni

della popolazione. Lontano da una sostanziale garanzia, che troverà

una reale identificazione solo con l’entrata in vigore della

Costituzione del 1948, si delinearono con l’avvento del fascismo i

primi massicci interventi. Per il pratico svolgimento della sua

larghissima azione assistenziale, il governo fascista, si volse a

rielaborare ed integrare la frammentaria legislazione preesistente in

materia, per farne un sistema organico, con un indirizzo rispondente a

criteri di conservazione, miglioramento e difesa della collettività

nazionale. Questo nuovo indirizzo è particolarmente manifesto nelle

leggi che tendono a favorire la formazione di generazioni fisicamente

e moralmente forti e sane, mediante la protezione e l’assistenza della

maternità e dell’infanzia, l’educazione fisica e la preservazione morale

della gioventù. Quattro sono i provvedimenti fondamentali adottati in

questa materia sin dai primi anni del regime fascista:

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Il regolamento generale 16 dicembre 1923 n. 2900 per il servizio di

assistenza degli esposti;

La legge 10 dicembre 1925 n. 2277 per la protezione della

maternità e dell’infanzia;

La legge 3 aprile 1926 n. 2247 per l’educazione fisica e morale

della gioventù;

Il Regio Decreto Legge 8 maggio 1927 n. 798 sul servizio di

assistenza dei fanciulli illegittimi abbandonati o esposti

all’abbandono.

Nel 1922 vengono inoltre istituiti i primi Dispensari e Consorzi per la

profilassi e la copertura assistenziali di particolari malattie sociali

diffuse, come malattie veneree (1923) e la tubercolosi (1927).

Solo il 27 luglio 1934, venne approvato con Regio Decreto n. 1265 il

Testo Unico delle Leggi Sanitarie che ristrutturava da un punto di

vista organizzativo la sanità pubblica. Il suddetto TU consisteva in un

complesso organico di disposizioni che determinavano l’ordinamento

sanitario e le funzioni più importanti degli organi

dell’amministrazione sanitaria, regolava l’esercizio delle professioni

sanitarie, si occupava dei provvedimenti contro le malattie infettive e

sociali, tanto da costituire ancora oggi un importante riferimento nel

settore sanitario.

Nello stato corporativo fascista anche l’assistenza dei lavoratori è

essenzialmente riconnessa a fini di alto interesse sociale e nazionale, e

cioè al fine di conseguire, attraverso la tutela della salute e della forza

fisica della popolazione operaia, un maggiore e migliore rendimento

della prestazione d’opera e a quello di concorrere per mezzo della

protezione igienica delle madri occupate nelle aziende industriali e

commerciali, alla tutela del normale sviluppo fisico delle nuove

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generazioni. A tali finalità mirano in specie il regolamento generale 14

aprile 1927 per l’igiene del lavoro, la legge 26 aprile 1934 n. 653 sulla

tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli e il Regio Decreto Legge

22 maggio 1934 n. 654 per la tutela della maternità delle lavoratrici.

Secondo l’Annuari Statistico Italiano 1922, esistevano in Italia al 31

dicembre 1919, 31.543 istituzioni pubbliche di beneficenza

giuridicamente riconosciute, tra cui 2.070 ospedali, 893 orfanotrofi,

869 ricoveri di inabili e 2.614 asili infantili. Secondo accertamenti del

Ministero dell’Interno, il complessivo patrimonio delle istituzioni

pubbliche di beneficenza ammontava al 31 dicembre 1933 ad oltre

8.200.000.000 di lire.

I comuni concorrono con spese molto rilevanti ai servizi di assistenza

locale. Nel 1926 anno al quale risalgono questi dati statistici, le spese

di 8342 comuni del regno per servizi assistenziali e per contributi

facoltativi di beneficenza ammontarono in complesso a £

579.303.029, di cui £ 139.540.000 per l’assistenza sanitaria

domiciliare, £ 147.847.000 per la cura di infermi di malattie acute in

ospedali, £ 20.125.000 per il mantenimento di fanciulli illegittimi

abbandonati e £ 21.602.000 per l’assistenza degli indigenti inabili al

lavoro (Annuario Statistico Italiano, 1932).

Lo sviluppo dei servizi di assistenza sociale non ha ostacolato nello

stato fascista l’incremento della beneficenza. Ed infatti dal 1927 a

tutto il 1933 sono state fondate 640 nuove istituzioni pubbliche di

beneficenza, con un patrimonio complessivo di £ 303.666.966 e sono

stati disposti a favore di istituti preesistenti 13.422 lasciti e donazioni

per il complessivo importo di £ 560.952.602. Il patrimonio della

beneficenza si è perciò accresciuto nel periodo 1927-1933 di £

864.619.568 (Annuario Statisti Italiano, 1934).

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Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale il 12 luglio 1945 fu

istituito l’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità pubblica

dipendente dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. La materia

sanitaria, così, venne sottratta al Ministero dell’Interno e a tale

organismo vennero attribuite importanti funzioni quali la tutela della

salute pubblica, della vigilanza sulla Croce Rossa, sull’opera

nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia istituita con

legge n. 2277 del 1925 e, inoltre, ebbe il compito di coordinare e

vigilare sulle organizzazioni sanitarie e sugli enti che avevano il

compito di combattere e prevenire le malattie sociali.

Dai primi del novecento fino al 1946, furono anche istituiti diversi enti

mutualistici con compiti previdenziali e sanitari (INAIL, istituto

nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro; INPS,

istituto nazionale previdenza sociale; ENPAS, ente nazionale

previdenza e assistenza statali; INAM, istituto nazionale di

assicurazione contro le malattie) e varie altre mutue con finalità di

previdenza ed assistenza per determinate categorie di professionisti:

commercianti, artigiani, coltivatori diretti, lavoratori pubblici e privati.

Si creò un mosaico vasto e composito di forme assistenziali, talora

profondamente diverse tra loro.

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2.3 Costituzione e Salute

Con l’entrata in vigore della costituzione, il 1 gennaio 1948, ed in

particolare dei nuovi principi in materia sanitaria, contenuti negli

articoli 32 e 117 (ante riforma) venne concretizzata l’esigenza di non

smantellare l’apparato assistenziale, di mantenere il più possibile il

livello quali-quantitativo delle prestazioni sanitarie erogate con costi,

però compatibili con le risorse finanziarie disponibili.

L’articolo 32 al comma I, afferma solennemente che: “La repubblica

tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse

della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Questa norma dà dignità costituzionale al principio della doppia

rilevanza, individuale e sociale, della salute; indica inoltre una linea di

tendenza nella quale deve svilupparsi l’ordinamento.

Il comma secondo dell’art. 32 afferma: “Nessuno può essere obbligato

a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di

legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal

rispetto della persona umana”.

Si evince che il diritto di scegliere se e come curarsi non può essere

limitato salvo che di fronte al superiore interesse pubblico, ma

comunque in nome di questo superiore interesse non si può mai

violare il rispetto della persona, a pena di incostituzionalità.

L’altra norma particolarmente importante in materia sanitaria è

l’articolo 117 che è stato recentemente riscritto dalla legge

costituzionale n. 3/2001. Come in precedenza si attribuisce alle

regioni la materia della tutela della salute, nel rispetto dei principi

fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

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Nel 1956 fu istituito il Ministero della Sanità, che assorbì tutte le

competenze dell'Alto Commissariato e di tutte le altre amministrazioni

in materia di sanità pubblica. Ad esso furono attribuite le funzioni di

provvedere ai servizi sanitari delle amministrazioni dello Stato, di

vigilare su tutti gli enti erogatori di assistenza sanitaria e sull'esercizio

di tutte le professioni sanitarie, di emanare istruzioni obbligatorie per

tutte le amministrazioni pubbliche che si occupavano di sanità.

Quali organi periferici del Ministero della Sanità furono istituiti il

Medico Provinciale e gli Ufficiali sanitari comunali.

Il Ministero della Sanità fu la prima vera struttura istituzionale in

materia di sanità pubblica.

Ma è con la successiva riforma ospedaliera del 1968 (legge 12

febbraio 1968, n. 132) che si fece un concreto passo in avanti

nell'attuazione dell'articolo 32 della Costituzione.

Con la riforma ospedaliera, infatti, fu abbandonato il concetto degli

enti di assistenza e beneficenza e il criterio caritativo - assistenziale;

gli ospedali vennero scorporati dagli enti pubblici (IPAB, Mutue,

Ospedali civili ed altri enti pubblici) per essere costituiti in enti

autonomi, tutti con la stessa organizzazione e tutti con il solo scopo

del ricovero e della cura.

Questi ospedali furono distinti in categorie: generali e specializzati,

per lungodegenti e per convalescenti.

Quelli generali vennero a loro volta distinti in ospedali di zona,

provinciali e regionali.

La riforma ospedaliera previde anche:

• un'attività di programmazione ospedaliera, un piano nazionale

ospedaliero, da raccordare con i corrispondenti piani regionali;

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• il finanziamento della spesa tramite la retta di degenza e gli

stanziamenti del Fondo Sanitario Ospedaliero.

L'assistenza sanitaria comincia quindi a diventare sistema sanitario.

Ma vediamo i passaggi successivi verso la riforma del 1978.

Nel 1972, con Decreto del Presidente della Repubblica n. 4, lo Stato

trasferì alle regioni le funzioni amministrative statali in materia di

assistenza sanitaria ed ospedaliera, inclusi il personale e gli uffici.

Nel 1974, con legge n. 386, furono estinti i debiti che le mutue

avevano accumulato verso gli Enti ospedalieri, fu istituito il Fondo

Nazionale per l'Assistenza Ospedaliera (che veniva dato alle regioni,

che a loro volta lo erogavano agli ospedali e alle case di cura) e furono

dettate disposizioni per il concreto avvio della riforma.

Per effetto della legge 386, l’assistenza ospedaliera divenne

completamente gratuita per tutti coloro che erano già iscritti ad una

mutua ed anche per i non iscritti che si iscrivessero in un apposito

ruolo regionale, dietro pagamento di una somma forfetaria. E ci

approssimiamo alla riforma del 1978.

Nel 1977, con legge n. 349, furono soppresse le mutue con funzioni di

assistenza sanitaria e le gestioni sanitarie degli enti di previdenza;

furono anche emanate disposizioni per la stipulazione delle

convenzioni uniche per il personale sanitario.

Sempre nel 1977, con Decreto del Presidente della Repubblica n. 616,

fu completato il trasferimento alle regioni di funzioni amministrative

in materia sanitaria, esercitate dagli enti diversi dallo Stato.

L'anno dopo, con legge n. 833 del 23 dicembre 1978, fu istituito il

Servizio Sanitario Nazionale (SSN), dopo un intenso dibattito nel

paese tra le forze politiche, sociali, sindacali ed associazioni di

categoria e del volontariato.

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2.4 La riforma della legge 833 del 1978 e i relativi limiti.

I principi, fissati nella legge 833 all'articolo 1, si ispirano

direttamente all'articolo 32 della Costituzione; vediamoli in breve.

globalità degli interventi: tutte le attività sanitarie, tanto di

prevenzione quanto di cura, si muovono nell'ambito del Servizio

Sanitario Nazionale (SSN); uguaglianza di tutti i cittadini nei

confronti del servizio, senza distinzioni di condizioni individuali o

sociali; si tratta del superamento del sistema mutualistico, diviso tra

tanti enti ed erogatore di prestazioni diseguali secondo le categorie di

cittadini assistiti; partecipazione dei cittadini e controllo democratico

sulla funzionalità delle strutture pubbliche; collegamento e

coordinamento con tutte le istituzioni che operano nel settore della

sanità e, in particolare, con le associazioni di volontariato.

Gli obiettivi del SSN nella legge 833 vengono elencati, in modo

dettagliato, nell'articolo 2; vediamoli in breve.

La prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e

di lavoro; finalità che non esisteva nel sistema mutualistico, basato

esclusivamente sulla cura e sulla riabilitazione.

L'igiene e la salubrità degli ambienti di vita e di lavoro e degli

alimenti e il controllo dell'igiene ambientale.

La diagnosi, la cura e la riabilitazione delle malattie, nel quadro del

citato principio della globalità degli interventi, che comprende anche

le attività di prevenzione.

Il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni sociali ed

economiche nel Paese, per assicurare una effettiva eguaglianza di

trattamenti su tutto il territorio nazionale, fin dove possibile.

La tutela della maternità, dell'infanzia, della salute nell'età evolutiva e

negli anziani, delle attività sportive, della salute mentale.

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L'organizzazione Del SSN

Per dare attuazione ai propri obiettivi, la legge 833 previde una

complessa divisione di compiti tra lo Stato,

le Regioni, le Province, i Comuni e relative "strutture operative", le

Unità Sanitarie Locali.

In estrema sintesi, vediamo questa divisione di compiti.

Compiti dello Stato:

• determinare gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale,

nell'ambito della programmazione economica nazionale;

• fissare i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere garantite

a tutti i cittadini, nell'ambito del Piano Sanitario Nazionale (PSN);

• individuare e coordinare le attività amministrative delle regioni in

materia sanitaria, per esigenze unitarie ed internazionali, di

programmazione nazionale, di controllo della spesa sanitaria;

• dividere fra le regioni il Fondo Sanitario Nazionale (FSN).

Compiti delle Regioni:

• fare le leggi in materia sanitaria ed ospedaliera, nel rispetto dei

principi generali fissati dalle leggi dello Stato;

• esercitare le funzioni amministrative proprie e delegate dallo Stato;

• fare i Piani Sanitari Regionali (PSR);

• dividere fra le USL il Fondo Sanitario Regionale (FSR);

• stipulare convenzioni con le Facoltà di Medicina e gli enti di ricerca

per regolare i contributi delle USL e dell'Università alle attività di

assistenza, di didattica e di ricerca.

Compiti delle Province:

• approvare la localizzazione, nell'ambito del Piano Sanitario

Regionale, dei presidi del SSN;

• esprimere parere sulle delimitazioni del territorio delle USL.

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Compiti dei Comuni:

• esercitare tutte le funzioni amministrative in materia sanitaria ed

ospedaliera, attraverso le USL.

Le USL

La legge 833 stabilì quindi che le USL erano "strutture operative dei

comuni o delle comunità montane".

Organi della USL erano:

l'Assemblea Generale, costituita dal Consiglio comunale o

dall'assemblea dell'associazione dei comuni, nel caso in cui il

territorio della USL insistesse su più comuni. All'Assemblea fu

demandato il compito di fissare le linee di fondo dell'attività della

USL (approvazione dei bilanci e dei conti consuntivi, dei piani, dei

programmi e delle spese pluriennali, della pianta organica del

personale, dei regolamenti e delle convenzioni);

Il Comitato di Gestione ,eletto dall'Assemblea Generale; ad esso

spettavano tutti gli atti di amministrazione delle USL (le così dette

delibere);

il Presidente del Comitato di Gestione, eletto dallo stesso Comitato,

con potere di rappresentanza della USL e di adozione degli atti di

gestione necessari ed urgenti, da sottoporre alla successiva ratifica del

Comitato di Gestione;

il Collegio dei Revisori dei Conti, col compito di verificare la

conformità alle leggi e la correttezza economico contabile degli atti

della USL.

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Il modello di servizio sanitario costruito dalla legge 833 entrò presto

in crisi, principalmente per due fattori: l’insoddisfazione dei cittadini

utenti circa la qualità delle prestazioni e l’incontrollabilità della spesa

sanitaria.

Per quanto riguarda la qualità dei servizi, si assistette ad una forte

crescita della domanda di servizi sanitari, stimolata dalla mancanza di

limiti economici; domanda che divenne insostenibile; risultò difficile,

nella realtà, assicurare livelli omogenei di assistenza e, anzi, emersero

forti disparità nei servizi offerti nelle diverse regioni.

Per quanto riguarda l’incontrollabilità della spesa sanitaria, la legge

833 non aveva fissato specifici vincoli finanziari alla spesa sanitaria; a

ciò si aggiungeva la mancata approvazione del Piano Sanitario

Nazionale, che doveva stabilire l’entità del Fondo Sanitario Nazionale.

Il Fondo fu invece determinato ricorrendo al criterio della “spesa

storica”, che non consentiva alcun governo della spesa. Si

determinavano continui deficit, che si incrementavano di anno in anno

e venivano ripianati a piè di lista.

In sostanza il sistema della legge 833, separando i poteri di spesa (in

capo a regioni ed USL) dal finanziamento (a carico dello Stato),

determinò una forte deresponsabilizzazione economica e una totale

incontrollabilità dei costi.

Il livello di crisi raggiunto dal sistema determinò la necessità di una

nuova riforma, con gli obiettivi di aumentare l’economicità della

gestione e responsabilizzare di più tutti i soggetti interessati: le

regioni, le strutture ed i cittadini.

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2.5 La riforma del decreto legislativo n. 502 del 1992

Si giunse così a definire una nuova normativa, il Decreto Legislativo

n. 502 del 30 dicembre 1992, piùvolte integrato e modificato, fino allo

scorso anno.

Con questa seconda riforma, si era inteso realizzare, fra l’altro:

• una maggiore responsabilità delle regioni;

• una più chiara distinzione tra la politica e la gestione, per perseguire

un maggior livello di economicità;

• l’attribuzione di autonomia e responsabilità economica e gestionale

alle strutture sanitarie,

• il finanziamento dell’attività sanitaria, prevalentemente in termini di

remunerazione delle prestazioni erogate, piuttosto che di copertura dei

costi comunque sostenuti.

In sintesi, con la seconda riforma, il sistema si riorganizza come

segue.

A livello centrale (lo Stato) vengono definiti, tramite il Piano Sanitario

Nazionale, gli obiettivi fondamentali di prevenzione, di diagnosi e

cura, i livelli uniformi di assistenza e l’entità del finanziamento

assicurato al Servizio Sanitario Nazionale.

A livello regionale vengono definite le strategie organizzative e

gestionali più adatte per attuare il Servizio Sanitario Regionale. Una

novità veramente rilevante sta nel fatto che le regioni possono

decidere se assicurare livelli di assistenza superiori a quelli uniformi e

devono ripianare gli eventuali disavanzi di USL ed Ospedali,

utilizzando solo proprie risorse economiche. Per reperire queste

risorse le regioni possono intervenire sui tickets esistenti, istituirne di

nuovi e istituire nuove tasse.

35

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A livello delle strutture che erogano i servizi sanitari (Usl ed

Ospedali), viene loro attribuita la dimensione di "azienda"; in

particolare, le nuove aziende sanitarie assumono la personalità

giuridica di diritto pubblico ed autonomia organizzativa, patrimoniale,

contabile, gestionale e tecnica. Alcuni ospedali, ad alta

specializzazione o di rilevanza nazionale, diventano aziende e si

separano dalle USL; gli altri ospedali restano nelle USL, come presidi

interni alle stesse ma con una certa autonomia contabile (contabilità

separata).

L'aziendalizzazione consiste quindi nell'introduzione, nelle USL e

negli ospedali - azienda,

• di modelli di gestione tipici dell'impresa privata e

• di elementi di mercato nel rapporto tra domanda ed offerta di servizi.

Si spiega, così:

• la scelta di far dirigere le aziende sanitarie da un direttore generale,

che tende a somigliare ad un amministratore delegato dell'impresa

privata, in quanto accentra su di sé tutti i poteri di gestione e risponde

alla regione;

• l'introduzione di sistemi contabili, di analisi e di previsione dei costi,

tipici dell'impresa privata: la contabilità economico patrimoniale, la

contabilità analitica, il budget, l'obbligo del pareggio di bilancio;

• la libertà di scelta delle strutture sanitarie da parte del cittadino e la

remunerazione delle strutture stesse sulla base delle prestazioni

effettivamente erogate, perciò gli introiti realizzati dipendono,

praticamente, dalle scelte del cittadino.

Vediamo ora gli organi delle aziende sanitarie, previsti dalla seconda

riforma.

36

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Innanzitutto il Direttore Generale, che ha tutti i poteri di gestione e la

rappresentanza dell'azienda ed è assunto dalla regione con contratto

privatistico. Egli nomina un direttore amministrativo ed un direttore

sanitario, che dirigono rispettivamente i servizi amministrativi e

sanitari ed esprimono parere obbligatorio sugli atti relativi alle materie

di rispettiva competenza.

Poi, il Collegio dei Revisori, composto da 3 o 5 membri (se il bilancio

superava i 200 miliardi) designati dal Ministero del Tesoro (ora

Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica) e dal Sindaco; esso

ha il compito di vigilare sulla osservanza delle leggi e di controllare la

regolarità della gestione contabile.

Accanto ai due, predetti organi, la seconda riforma prevede anche i

seguenti organismi:

- il Consiglio dei Sanitari, organismo eletto dai dipendenti, con

funzione di consulenza tecnico sanitaria.

Esso è presieduto dal direttore sanitario ed è composto da medici ed

altri operatori del ruolo sanitario; esprime parere obbligatorio al

direttore generale per le attività tecnico sanitarie;

- la Conferenza Dei Sindaci (od il sindaco), composta dai sindaci del

comprensorio territoriale della USL; essa contribuisce alla

programmazione regionale e locale, fa osservazioni sui bilanci della

USL, verifica l'andamento generale delle attività e trasmette le proprie

valutazioni al direttore generale; per le aziende ospedaliere questo

organismo non è previsto;

- il coordinatore dei servizi sociali, figura prevista per le USL che

assumono dagli enti locali la gestione dei servizi socio assistenziali.

Dopo gli organi, parliamo dell'organizzazione delle aziende sanitarie.

37

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La seconda riforma conferma l'attribuzione alle USL di compiti di

prevenzione ed erogazione di prestazioni di medicina di base,

specialistiche, di diagnostica strumentale, di laboratorio ed

ospedaliere.

Per quanto riguarda i compiti di prevenzione, vengono istituiti presso

ciascuna USL i Dipartimenti di Prevenzione, che aggregano servizi

prima separati (igiene e sanità pubblica, prevenzione e sicurezza degli

ambienti di lavoro, igiene degli alimenti, servizi veterinari).

Le prestazioni di medicina di base vengono erogate dai medici e

pediatri convenzionati con le USL.

Le prestazioni specialistiche, di laboratorio ed ospedaliere vengono

erogate dai presidi della USL o da Aziende ospedaliere, previo

pagamento delle prestazioni da parte delle USL.

Sul territorio, poi, le USL continuano ad articolarsi in Distretti socio

sanitari ma con compiti più rilevanti e qualificati rispetto a quelli

previsti dalla prima riforma (erogazione dei servizi di primo livello e

di pronto intervento).

Il Distretto delle aziende USL è il centro di coordinamento dei servizi

sanitari sul territorio, il centro di orientamento e controllo della

domanda socio sanitaria; è, inoltre, un centro di responsabilità con

autonomia economico finanziaria e gestionale.

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2.6 La riforma del decreto legislativo n. 229 del 1999

Con Decreto Legislativo n. 229 del 16 giugno 1999, è stata varata la

terza riforma del Servizio Sanitario Nazionale, con i seguenti,

fondamentali obiettivi:

• rafforzare il SSN e confermare il suo carattere universalistico e

solidaristico;

• spingere e completare l'“aziendalizzazione” secondo criteri

privatistici: flessibilità, autonomia imprenditoriale, responsabilità

diretta della dirigenza;

• garantire la qualità dei servizi attraverso regole di accreditamento di

strutture e di professionisti, uguali per tutti;

• sperimentare nuovi modelli gestionali con la previsione, fra l’altro,

di forme di collaborazione tra strutture pubbliche e soggetti privati

(co-makering);

• dare più voce ai cittadini, facendo loro esprimere il gradimento

sull’assistenza ricevuta, ed attraverso il coinvolgimento delle

associazioni di utenti nella verifica del Servizio Sanitario; condizioni,

queste, per accreditare le strutture;

• rafforzare l’autonomia regionale, dando alle regioni un ruolo

propositivo per la predisposizione del Piano Sanitario Nazionale e la

responsabilità di gestire ed organizzare in prima persona l’offerta dei

servizi di prevenzione ed assistenza;

• coinvolgere maggiormente il Comune nella programmazione e

valutazione dei servizi, per esempio, attraverso la sottoposizione del

Piano Sanitario Regionale alla Conferenza Permanente per la

Programmazione Socio Sanitaria, di cui fa parte il Sindaco o il

Presidente della Conferenza dei Sindaci; ed ancora, attraverso la

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previsione del parere dei Comuni sulla conferma o revoca del

Direttore Generale;

• coinvolgere maggiormente i medici nel governo dell’azienda

sanitaria, rilanciando e premiando il rapporto esclusivo con il SSN.

• Per quanto riguarda l’organizzazione, i cambiamenti più rilevanti

sono i seguenti:

• le aziende possono acquistare beni e servizi con le regole di diritto

privato, senza dover fare le gare pubbliche, salvo l’obbligo di fare le

gare europee quando l’importo delle forniture da aggiudicare superi le

200.000 unità di conto europee (circa 400 milioni);

• viene confermata la figura del direttore generale, che deve essere più

“managerializzato”, in quanto deve possedere uno specifico titolo di

formazione in materia di sanità pubblica, organizzazione e gestione

sanitaria;

• scompare il Collegio dei Revisori, sostituito dal Collegio sindacale,

con compiti più simili alle imprese private;

• viene istituito il Collegio di Direzione, organismo tecnico che

affianca il Direttore Generale nella programmazione, nel governo e

nella valutazione delle attività sanitarie; del Collegio di Direzione

devono far parte i direttori sanitario ed amministrativo, i direttori di

distretto, di dipartimento e di presidio;

• vengono rafforzate le funzioni di integrazione del distretto e si

individua la figura del Direttore di distretto, affiancato da un Ufficio

di coordinamento delle attività distrettuali, composto dai rappresentati

delle professionalità coordinate dal distretto.

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2.7 Le principali norme successive alle tre riforme

Il Decreto legislativo n. 517/1999

Pochi mesi dopo la “riforma della riforma” del Decreto Legislativo n.

229, viene emanato un nuovo Decreto Legislativo, n. 517 del 21

dicembre 1999, col quale si ridefiniscono in parte i rapporti tra il

Servizio Sanitario Nazionale e l’Università.

Il fine è quello di precisare e migliorare la cooperazione tra il Servizio

Sanitario Nazionale e i Policlinici Universitari. Questo Decreto, in

sintesi, prevede:

La stipula di protocolli di intesa tra Regioni ed Università per

definire le linee generali della partecipazione delle Università alla

programmazione sanitaria regionale, i volumi ottimali di attività, i

posti letto, le strutture assistenziali, i criteri per l’adozione dell’atto

aziendale di diritto privato;

Il riconoscimento delle aziende ospedaliero – universitarie come

strutture attraverso le quali si realizza la collaborazione;

L’organizzazione di tali aziende in Dipartimenti, Strutture

Complesse e Strutture Semplici; l’individuazione del Direttore

Generale, del Collegio Sindacale e dell’Organo di indirizzo, quali

organi delle aziende ospedaliero – universitarie. L’Organo di indirizzo

è una novità; esso sovrintende all’attività dei cosiddetti “Dipartimenti

ad attività integrata” – attività assistenziale ed attività didattica –

proponendo misure per assicurare la coerenza di queste due attività

con la relativa programmazione generale;

La presenza nel Collegio di Direzione anche dei Direttori dei

Dipartimenti ad attività integrata.

Il Decreto legislativo n. 254/2000

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Con questo ulteriore Decreto, che integra e corregge il Decreto

Legislativo 229 si stabilisce, fra l’altro, il compito per le Regioni di

programmare la realizzazione di strutture sanitarie per l’attività libero

professionale intramuraria. Viene anche prorogato al 31 luglio 2003

l’uso degli studi professionali privati per questa attività. Viene

stabilito, infine, che il responsabile di struttura complessa si chiami

“Direttore” ed il responsabile di struttura semplice si chiami

“Responsabile”.

CAPITOLO III

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Evoluzione della spesa sanitaria Italiana

(periodo 1995-2004)

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% di incremento spesa 1995/2004

% di incremento

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

160,00

% di incremento

47

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Confronto spesa 1995/2004

0

5000000

10000000

15000000

20000000

25000000

30000000

spesa corrente 1995spesa corrente 2004

Distribuzione spesa 1995

spesa corrente 1995

6%

3%7% 0%

42%

19%

12%

11%

personale

beni e servizi

medicina di base

farmaceutica

osp. Conv.

special. Conv.

altre prest.

oneri fin.

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Distribuzione spesa 2004spesa corrente 2004

33%

24%

14%

11%

4%

8%

6%

personale

beni e servizi

medicina di base

farm aceutica

osp. Conv.

special. Conv.

altre prest.

Distribuzione spesa 1995/2004

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

45,00

% relative 1995

% relative 2004

49

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Incrementi % 1995/2004

67,34

67,39

68,43

69,24

70,92

71,98

72,19

77,40

77,57

80,86

87,50

87,58

88,91

92,16

95,15

97,77

98,55

101,13

101,50

104,93

80,52

80,79

0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 70,00 80,00 90,00 100,00 110,00

Puglia

Liguria

Sardegna

Marche

Calabria

Lombardia

Emilia Romagna

Friuli V.Giulia

Toscana

Umbria

Italia

Veneto

Basilicata

Piemonte

Sicilia

Lazio

P.A.Trento

Campania

Molise

V.Aosta

Abruzzo

P.A.Bolzano

Incrementi % 1995/2004 UMBRIA

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

45,00

50,00

55,00

Umbria 1995

Umbria 2004

50

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composizione % 2004 Umbria/ItaliaItalia

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

45,00

Umbria 2004Italia 2004

composizione % 2004 Umbria/Lombardia/Italia

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

Umbria 2004

Lombardia 2004

Italia 2004

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Indici di struttura – medici/posto letto

0,44

0,46

0,48

0,5

0,52

0,54

0,56

Media Toscana Media Umbria Media Nazionale

medici/pl

Indici di struttura – infermieri/posto letto

0,98

1

1,02

1,04

1,06

1,08

1,1

1,12

1,14

Media Toscana Media Umbria Media Nazionale

infermieri/pl

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Indici di attività – tasso occupazione P.L.

6264666870727476788082

tasso occupazione posto letto

Media Veneto Media Toscana Media Umbria Media Nazionale

Indici di attività – % ricoveri con peso > 2,5

0

2

4

6

8

10

12

14

Media Veneto Media Toscana Media Umbria MediaNazionale

% ricoveri con peso >2,5

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Indici di attività – peso medio DRG

1,1

1,15

1,2

1,25

1,3

1,35

1,4

1,45

1,5

1,55

Media Veneto Media Toscana Media Umbria Media Nazionale

peso medio DRG

54