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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O V ita n. Anno 112 DOMENICA 8 NOVEMBRE 2009 1,10 Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/25149 sito internet: www.settimanalelavita.it e_mail: [email protected] Abb. annuo 42,00 (Sostenitore 65,00) c/c p.n. 11044518 Pistoia La CONTIENE I.P. 39 39 Quei pochi che seguono con attenzione l’evolu- zione del pensiero sociale della chiesa ricorderanno che Giovanni Paolo II, nella Centesimus annus, alla domanda se “dopo il fallimento del comunismo, il si- stema sociale vincente sia il capitalismo”, aveva ri- sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsa- bilità per i mezzi di produzione, la risposta è certa- mente positiva, anche se forse sarebbe più appropria- to parlare di ‘economia d’impresa’ o di ‘economia di mercato, o semplicemente di ‘economia libera’. Ma se con capitalismo si intende un sistema in cui la libertà del settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa”. Altre volte lo stesso Pontefice si era co- raggiosamente e autorevolmente dissociato dalle tesi allora imperanti del neo-liberismo, cioè della libertà assoluta del mercato, senza limiti e senza controlli né da parte dello stato né da parte della società. Ora Benedetto XVI, nell’ultima sua enciclica, riprende il discorso portando a compimento l’auspi- cio del suo predecessore. E’ stato notato infatti che l’ultimo documento sociale della chiesa non nomina nemmeno il termine capitalismo, ma parla semplice- mente di economia di mercato. Mercato, dunque, sì, capitalismo no. Una delle affermazioni fondamen- tali della Caritas in veritate, di cui anche i cattolici, dopo (duole dirlo) i cosiddetti “uomini di buona vo- lontà”, dovrebbero prendere coscienziosamente atto. Allora, secondo lo spirito e la lettera dell’ultimo documento sociale della chiesa, l’alternativa non è più fra economia di mercato ed economia program- mata, tipica di un certo genere di socialismo, da noi ben conosciuto nel recente passato. La distinzione si porta all’interno della prima, fra la concezione di un’economia di tipo civile e un’economia di tipo darwiniano, cioè di tipo liberistico che, come nella giungla, privilegia i più forti e lascia in disparte i poveri e gli indifesi. E’ il genere di economia che ha portato per la seconda volta al collasso i paesi del- l’occidente e, di riflesso, del mondo intero. Benedetto XVI ha voluto aspettare due anni a pubblicare la propria enciclica per poter dare, anche col contributo dei maggiori esperti mondiali, un giudizio documen- tato sull’attuale crisi, certamente più grave e più profonda di quella storica del 1929. Il Papa ha incentrato la sua intera esposizione sui concetti tradizionali di solidarietà e di fraternità e sulla nuova “invenzione” della gratuità, da rico- noscere, forse, come l’elemento più innovativo del suo lungo e rivoluzionario messaggio. E’ su questi parametri che si svolge l’attuale dibattito. Bando, dunque, alla libertà assoluta del mercato, alla mas- simizzazione del profitto, al liberismo teorizzato soltanto qualche anno fa come la fine e il compimen- to della storia. Come l’esperienza ci ha ampiamente dimostrato, specialmente in questi ultimi tempi, il libero mercato non è affatto quella mano provvi- denziale che finisce col sistemare ogni cosa nella giustizia e nella verità. Con questo sistema i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E la fame e la miseria prosperano nel mondo, perfino nel mondo dei paesi opulenti, come non mai. E’ in nome di questi relitti della storia, individui, famiglie e popoli interi, che si è di nuovo levata, alta e solenne, la voce della chiesa, per sua stessa dichia- razione, amica e protettrice dei poveri, esattamente come il suo Fondatore, portavoce e interprete del Dio della Bibbia. Siamo dunque a un passaggio epocale, a uno sno- do fondamentale della storia. Ma ora, mentre si sta preparando da più parti un puro e semplice ritorno al passato, mentre i politici e gli economisti si ba- loccano con le loro consuete ricette di carattere con- tingente e superficiale, da che parte si schiereranno i cattolici? E’ chiaro che questa volta sono chiamati in causa i cattolici di una certa specie, per intenderci quelli che sono schierati sul settore della destra po- litica, ai quali nessuno vieta di poter continuare a militare nella parte da loro preferita, ma ai quali si domanda autorevolmente di comportarsi ancora da cristiani. E’ tempo di scelte lungimiranti e coraggio- se. C’è speranza che la voce del Papa venga raccolta indistintamente da tutti? Giordano Frosini All ’interno 15 4 LA NOSTRA RISPOSTA AL CONTINENTE DELLA FAME Il Sinodo dei Vescovi, recentemente finito, ci comunica che la Chiesa africana ha una grande voglia di camminare, ma questo sarà impossibile se l’Occidente opulento non le verrà incontro con il suo aiuto CAIFFA A PAGINA MAYOTTE SCOMMETTE IL PROPRIO FUTURO CON LA FRANCIA La piccola isola delle Comore vuol diventare il quinto dipartimento d’oltremare CARUSONE A PAGINA 1 4 UMANIZZARE LA CITTA’ Non è sufficiente affermare che la città appartiene agli uomini se questa espressione non si traduce in esperienza concreta DAL FERRO A PAGINA 2 INFLUENZA A: ATTENZIONE MA SENZA PANICO Cresco no i ricoveri e purtroppo anche le vittime , specialmente a Napoli. Si tratta di una vera e propria pa ndemia, ma la raccomandazione generale è di mettere in atto tutta la nostra attenzione senza cadere nel panico ROCCHI A PAGINA L ’enciclica postcapitalista

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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O

V ita n.

Anno 112

DOMENICA8 NOVEMBRE 2009

€ 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/25149sito internet: www.settimanalelavita.ite_mail: [email protected]. annuo € 42,00(Sostenitore € 65,00)c/c p.n. 11044518 Pistoia

LaCONTIENE I.P.

3939Quei pochi che seguono con attenzione l’evolu-

zione del pensiero sociale della chiesa ricorderanno che Giovanni Paolo II, nella Centesimus annus, alla domanda se “dopo il fallimento del comunismo, il si-stema sociale vincente sia il capitalismo”, aveva ri-sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsa-bilità per i mezzi di produzione, la risposta è certa-mente positiva, anche se forse sarebbe più appropria-to parlare di ‘economia d’impresa’ o di ‘economia di mercato, o semplicemente di ‘economia libera’. Ma se con capitalismo si intende un sistema in cui la libertà del settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa”. Altre volte lo stesso Pontefice si era co-raggiosamente e autorevolmente dissociato dalle tesi allora imperanti del neo-liberismo, cioè della libertà assoluta del mercato, senza limiti e senza controlli né da parte dello stato né da parte della società.

Ora Benedetto XVI, nell’ultima sua enciclica, riprende il discorso portando a compimento l’auspi-cio del suo predecessore. E’ stato notato infatti che l’ultimo documento sociale della chiesa non nomina nemmeno il termine capitalismo, ma parla semplice-mente di economia di mercato. Mercato, dunque, sì, capitalismo no. Una delle affermazioni fondamen-tali della Caritas in veritate, di cui anche i cattolici, dopo (duole dirlo) i cosiddetti “uomini di buona vo-lontà”, dovrebbero prendere coscienziosamente atto.

Allora, secondo lo spirito e la lettera dell’ultimo documento sociale della chiesa, l’alternativa non è più fra economia di mercato ed economia program-mata, tipica di un certo genere di socialismo, da noi ben conosciuto nel recente passato. La distinzione si porta all’interno della prima, fra la concezione di un’economia di tipo civile e un’economia di tipo darwiniano, cioè di tipo liberistico che, come nella giungla, privilegia i più forti e lascia in disparte i poveri e gli indifesi. E’ il genere di economia che ha

portato per la seconda volta al collasso i paesi del-l’occidente e, di riflesso, del mondo intero. Benedetto XVI ha voluto aspettare due anni a pubblicare la propria enciclica per poter dare, anche col contributo dei maggiori esperti mondiali, un giudizio documen-tato sull’attuale crisi, certamente più grave e più profonda di quella storica del 1929.

Il Papa ha incentrato la sua intera esposizione sui concetti tradizionali di solidarietà e di fraternità e sulla nuova “invenzione” della gratuità, da rico-noscere, forse, come l’elemento più innovativo del suo lungo e rivoluzionario messaggio. E’ su questi parametri che si svolge l’attuale dibattito. Bando, dunque, alla libertà assoluta del mercato, alla mas-simizzazione del profitto, al liberismo teorizzato soltanto qualche anno fa come la fine e il compimen-to della storia. Come l’esperienza ci ha ampiamente dimostrato, specialmente in questi ultimi tempi, il libero mercato non è affatto quella mano provvi-denziale che finisce col sistemare ogni cosa nella giustizia e nella verità. Con questo sistema i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E la fame e la miseria prosperano nel mondo,

perfino nel mondo dei paesi opulenti, come non mai. E’ in nome di questi relitti della storia, individui, famiglie e popoli interi, che si è di nuovo levata, alta e solenne, la voce della chiesa, per sua stessa dichia-razione, amica e protettrice dei poveri, esattamente come il suo Fondatore, portavoce e interprete del Dio della Bibbia.

Siamo dunque a un passaggio epocale, a uno sno-do fondamentale della storia. Ma ora, mentre si sta preparando da più parti un puro e semplice ritorno al passato, mentre i politici e gli economisti si ba-loccano con le loro consuete ricette di carattere con-tingente e superficiale, da che parte si schiereranno i cattolici? E’ chiaro che questa volta sono chiamati in causa i cattolici di una certa specie, per intenderci quelli che sono schierati sul settore della destra po-litica, ai quali nessuno vieta di poter continuare a militare nella parte da loro preferita, ma ai quali si domanda autorevolmente di comportarsi ancora da cristiani. E’ tempo di scelte lungimiranti e coraggio-se. C’è speranza che la voce del Papa venga raccolta indistintamente da tutti?

Giordano Frosini

All ’interno

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LA NOSTRA RISPOSTA AL CONTINENTE DELLA FAMEIl Sinodo dei Vescovi, recentemente finito, ci comunica che la Chiesa africana ha una grande voglia di camminare, ma questo sarà impossibile se l’Occidente opulento non le verrà incontrocon il suo aiuto

CAIFFA A PAGINA

MAYOTTE SCOMMETTEIL PROPRIO FUTURO CON LA FRANCIALa piccola isola delle Comore vuol diventare il quinto dipartimento d’oltremare

CARUSONE A PAGINA14

UMANIZZARELA CITTA’Non è sufficiente affermare che la città appartiene agli uomini se questa espressione non si traduce in esperienza concretaDAL FERRO A PAGINA 2

INFLUENZA A: ATTENZIONEMA SENZA PANICOCrescono i ricoveri e purtroppo anche le vittime, specialmente a Napoli.Si tratta di una vera e propria pandemia, ma la raccomandazione generale è di metterein atto tutta la nostra attenzione senza cadere nel panicoROCCHI A PAGINA

L’enciclicapostcapitalista

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2 n. 39 8 Novembre 2009LaVitain primo piano

UNA RIFLESSIONE NECESSARIA

Umanizzare la cittàSull’origine della città

è interessante il pensiero di Max Weber. L’autore afferma che la città è un insediamento umano nel quale manca una conoscenza reciproca, ma ci sono interessi comuni. In essa avviene lo scambio dei beni, ossia il mercato, anche se non sempre questo costituisce la città. Come fi era permanente di valori materiali e spirituali, essa quindi crea una mutua dipendenza fra i cittadini, e diventa per essi segno di riconoscimento. La città po-teva prendere l’avvio da una signoria fondiaria principesca, da un gruppo di produttori o dall’incrocio delle vie di co-municazione. Diventava però tale solo quando una serie di persone si trovavano interes-sate economicamente ad essa e quando si arrivava a una “autorità cittadina” regolativa dell’economia.

DIRITTO DEL SUOLOIn Occidente però, a diffe-

renza dell’Oriente, continua Weber, la città è caratterizzata dal “diritto del suolo”: gli abitanti possedevano una pro-prietà che potevano alienare: diveniva così spazio di libertà, in quanto rompeva il diritto signorile e il padrone di uno schiavo perdeva in breve tem-po il diritto di prenderlo quale soggetto al suo potere, quando questi diveniva autosuffi cien-te. Attraverso il profi tto econo-mico monetario, infatti, la città consentiva a tutti l’ascesa alla libertà. Nella città occidenta-le è sorto così un “patriziato cittadino” indipendente dai legami parentali e la nobiltà, ritiratasi in campagna nei pro-pri castelli, si è trovata nella necessità di acquistare case in città se voleva sedere con le corporazioni al governo di essa. “Le differenze di ceto scomparvero quindi nella città, almeno in quanto com-portavano una differenza tra libertà e non-libertà normale”.

Questo tipo di indagine, che può essere più o meno condivisa, ha il pregio di evidenziare la diversità tra la comunità di villaggio o rurale, caratterizzata da una solidarietà precedente ad ogni decisione del singolo, e la città, basata su un intreccio di relazioni volontaristiche e funzionali; l’esigenza della

privacy cittadina quale fonte di libertà e di autonomia per-sonale ed insieme la necessità di strumenti per intraprendere forme associative solidaristi-che non già date; l’incidenza delle strutture cittadine e il condizionamento manipolati-vo che queste possono avere nei cittadini, proprio perché non protetti da una solidarietà di gruppo precostituita.

La città, per le caratteristi-che indicate, più di altri ma-nufatti, esprime la cultura, se con questo termine si intende un modo particolare di essere, di agire e di intrecciare relazio-ni di un popolo. In realtà fi n dall’inizio gli uomini hanno proiettato sulla città la loro concezione del cosmo e del posto che vi occupa l’essere umano.

CITTÀ ASSERVITENella storia frequentemen-

te la città è stata asservita a fi ni particolari. A parte le città antiche, il Rinascimento ha disintegrato la crescita armo-nica delle città medievali per

assoggettarle alle esigenze della corte, alle sfi late militari, alla mentalità della burocra-zia. Sono sorte così città in forma di scacchiera, oppure concentriche attorno ai palazzi principeschi, con grandi viali idonei al passeggio delle car-rozze e allo spiegamento dei battaglioni.

Nell’età barocca il sistema di fortifi cazioni trasforma le città in fortezze. Rinchiuse in stretti confi ni, le città si svuo-tano delle attività produttive e si trasformano in residenza dell’aristocrazia, dell’esercito e dell’amministrazione. Sono indubbi in esse i segni di civil-tà, ma anche di ostentazione della ricchezza. L’architettura si carica di una quantità di ornamenti inutili, senza fun-zione, con il solo scopo dello sfarzo e con scarse preoccu-pazioni igieniche. Gli edifi ci creati dall’età barocca sono il palazzo, la borsa ed il teatro, prodotti della disintegrazione della cattedrale medievale. Questo modello di città, ridot-ta a esposizione di lusso e di

potere, ha indubbi valori di civiltà ed esercita ancora oggi un fascino in Occidente, anche se non si vuole esplicitamente ammetterlo.

Non migliori sono le città industriali, costruite secondo i criteri dell’effi cienza produtti-va. Dapprima sorgono vicine alle materie prime ed alle fonti di energia, sventrate dalle fer-rovie, annerite dalla polvere e dal fumo, inquinate dal ru-more e dalle scorie delle indu-strie. Il desiderio di sfruttare ogni metro quadrato di spazio diviene la politica di ogni pro-prietario, persino nell’edifi care la propria abitazione privata. Successivamente poi questi luoghi diventano abitazione malsana dei poveri. “In breve, l’era industriale ha disintegra-to le città, e dalla loro esplo-sione sono nati da una parte i quartieri residenziali della borghesia, dall’altra il mondo concentrato delle periferie operaie”.

Si è arrivati così alle “me-galopoli” del nostro secolo, ca-ratterizzate da una forma sen-za forma e da una espansione senza meta, congestionate fi no all’inverosimile, enormi con-centrazioni di potere politico, fi nanziario e tecnologico. Il cittadino vive in esse come un estraneo e spesso è angosciato dalla paura di un mondo dive-nuto a lui ostile.

Quale prospettiva si apre oggi per la città? Lewis Mu-mford afferma che “la metro-poli è il centro focale di quelle attività che per la prima volta stanno portando su un terreno comune di cooperazione e di interazione tutte le tribù e le nazioni umane”, per cui essa diviene “la sintesi più comple-ta del mondo”. Se diventano sempre più complesse, è anche vero che esse, in uno spazio relativamente limitato, radu-nano in quantità rappresen-tativa razze, culture, lingue, tradizioni, costumi diversi e consentono alle diversità di incontrarsi in un terreno neutro, diventando conse-guentemente possibili luoghi di convivenza e di pace. “Una civiltà complessa e poliedri-

Umanizzare la città signifi ca restituirle la funzione di riunire i cittadini non con servizi comuni

ma con una vita di relazione.I vantaggi personali devono armonizzarsi

con il dovere di assicurare a tutti il maggiore sviluppo possibile

di Giuseppe Dal Ferro

ca come la nostra -conclude Mumford- ha bisogno di una stabile organizzazione urbana capace di attrarre e di indurre a cooperare intimamente molti milioni di esseri umani, per-ché portino avanti tutte le sue attività”. Si capisce così l’affer-mazìone di Joseph Comblin: “È possibile che l’avvenire ci riservi l’abbandono della città. Ma occorrerebbe dimostrare che il fallimento della città non sarebbe senz’altro il fallimento dell’uomo”.

INCONTRO DI CITTADINIDa questo rapido excursus

si può notare come la civiltà metropolitana porta a con-clusione la contraddizione radicale insita nella sua storia: “dal villaggio la città deriva la sua natura di ambiente ma-terno e vitale, stabile e sicuro, radicato nei rapporti reciproci dell’uomo con altri organismi e comunità”; “d’altrocanto la città originaria doveva la sua esistenza, e più ancora la sua espansione, a tentativi di signoreggiare sugli altri uomini e di dominare con la forza l’intero ambiente”. Da questa tensione sono derivate le varie espressioni creative della vita urbana, ma anche le sofferenze più cupe: liberazio-ne e asservimento, libertà e co-strizione sono le componenti, fi n dai primordi, della cultura urbana.

Non è suffi ciente allora af-fermare che la città appartiene all’uomo e si fa di lui espres-sione, se questa resta una affermazione teorica e non si traduce in esperienza concre-ta e universale. È necessario individuare come essa possa diventare luogo di incontro dei cittadini nella libertà. La città fallirebbe ad una delle sue funzioni più importanti se non personalizzasse i rapporti interpersonali, che già i mass media creano in modo artifi -ciale ed illusorio. “Il problema allora cruciale della città di oggi e di domani è certamente come organizza la riunione materiale e concreta dei citta-dini”, come favorisce il bene comune, inteso come supera-mento del bene particolare del singolo, attraverso “l’integra-zione dei suoi vantaggi per-sonali in un bene comune nel quale tutti si uniscono su scala universale”.

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38 Novembre 2009 n. 39LaVita cultura

PoetiContemporaneiGRIDI E LACRIMELa quercia abbarbicata all’Appennino, è rovinata centenaria.

Lascio cadere lacrimesopra la terradel nostro luogo del sonnodi Valdibranadove riposi, mamma,sotto il segnodella Croce,vicino a coloroche insieme a te rotolaronoil peso della vitaper antichi sentieri, grido il mio doloreper non aver potutochiuderti gli occhi con le mie mani:un nemico impietosom’ha trattenuto lontano.

Orazio Tognozzi

In una intervista di non molto tempo fa, Alda Merini confi dò che per lei il mani-comio (“dove non si stava poi male, lì ho trovato anime povere ma non disperate”) era stato in realtà un esilio, aggiungendo poi che lì non si era sentita sola, perché aveva avvertito “la presenza di Dio e della sua misericordia”. Corte-se, asciutta, senza concessioni alla teatralità che pure il mito letterario della follia poteva favorire, una delle più grandi poetesse italiane del Novecen-to (scomparsa il primo novem-bre all’età di 78 anni) raccon-tava ciò che abitualmente si ritiene indicibile, l’esperienza della follia.

Perché il fondo la follia è stata la cifra portante della sua fama, il che la apparenta ad un’altra grande fi gura del nostro Novecento poetico, il grande Dino Campana, il quale, tra l’altro, rispondeva con simile dignità e asciut-tezza allo psichiatra che lo interrogava, dichiarando di aver scritto un tempo qualche verso (i Canti Orfi ci sono tra i capolavori assoluti della poesia non solo italiana) ma di non saperne fare più. Un destino comune reso ancora più sorprendente dal fatto che sia Campana che Ada Merini (nata a Milano il 21 marzo del 1931) sono morti in luoghi di cura della follia, il primo a Ca-stel Pulci, presso Firenze, nel 1932, la poetessa nel nosoco-mio San Paolo di Milano

Somiglianza impressio-nante tra i due destini, se non si dimentica però che molte altre rilevanti fi gure poetiche del nostro Novecento sono state sfi orate o condannate dal

soffi o di quella che noi chia-miamo follia ed hanno fatto salati conti con nosocomi e case di cura. Segno tangibile della contiguità tra sensibilità, sofferenza ed arte.

Impossibile citare tutte le raccolte poetiche della Merini, ma la data della prima, La pre-senza di Orfeo (si noti ancora una contiguità con Campana, attraverso il riferimento ad Orfeo) uscita nel 1953, parla già di una precoce consegna alla voce interiore: nel 1950 Giacinto Spagnoletti aveva compreso due sue liriche nel-l’Antologia della poesia italia-na 1909-1949 e l’anno dopo il nome della Merini era già pre-sente nella antologia Poetesse del Novecento. Questo vuol dire che la scrittrice a diciotto anni era già consacrata uffi -cialmente all’altare della poe-sia, senza dimenticare che due anni prima un’altra iniziazio-ne si era compiuta nel suo de-stino, con il suo internamento nella clinica di Villa Turro.

In realtà la voce della poesia nella Merini si nutre dell’incontro con l’indicibile, con la notte e con l’assenza. L’incombere del nulla e della negazione diviene qualche volta possibilità di recupe-rare brandelli di visione in cui riaggalla qualche segno d’altro: “le più belle poesie si scrivono/ davanti a un altare vuoto,/ accerchiati da argen-ti/ della divina follia” (da La Terra Santa, edita nel 1983). La possibilità di tornare a co-municare gli urti dell’incubo, che la accomunano ad altri altissimi tentativi (come quello del Lazzaro di Eliot nel Canto d’amore di Prufrock che grida “Vengo dal regno dei morti,/

Alda Merini

Incontro con l’indicibile

Martirio di Yukio Mishi-ma, pseudonimo di Kimitake Hiraoka, (Tokyo, 14 gennaio 1925 – 25 novembre 1970).

Questo il titolo del volumet-to numero 46 (pagg. 36, euro 4), della collana quadrimestrale “Ocra gialla”, curata da Fabri-zio Zollo per le Edizioni Via del

Edizioni Via del vento - Collana “Ocra gialla”

“Martirio” di Kimitake HiraokaVento di Pistoia, che da alcuni anni propone, agli appassionati bibliofi li, testi inediti e rari del Novecento.

In questa occasione, dello scrittore e drammaturgo giap-ponese più tradotto in occiden-te, viene proposto ai lettori un racconto del 1948 (titolo origi-nale Junkyo), pubblicato per la prima volta in Italia nel 1991, nella raccolta, ormai fuori cata-logo, Atti di venerazione, edita da De Agostini, Milano.

Tr a d u z i o n e a c u r a d i Yasuyuki Gemba e Francesco Cappellini che hanno lavorato direttamente sul testo originale in lingua giapponese.

Duemila gli esemplari nu-merati, impressi su carta ver-gatina avorio, per i tipi della Stamperia Elle Emme di Pieve a Nievole (Pistoia).

A pagina 2 una bella foto

in bianco e nero ritrae Yukio nel 1966, mentre a pagina 26 lo stesso è ritratto nella postura iconografi ca del martire San Se-bastiano. In copertina Studio per San Sebastiano, 1935, carboncino e gesso su carta di Lodovico Pogliaghi.

Nato in una famiglia appar-tenente all’alta borghesia nippo-nica, Yukio, con una personalità complessa, romantico e narcisi-sta, inizia a scrivere molto pre-sto e nel 1949, all’età di 24 anni, pubblica il suo primo romanzo, Confessioni di una maschera, in parte autobiografico, che lo renderà noto al grande pubblico e che viene riconosciuto dalla critica un’opera di genio, anche se la sua opera più importante è considerata la tetralogia Il mare della fertilità del 1970.

Tutta la sua produzione è oggi raccolta in quarantadue

torno per dirvi tutto, vi dirò tutto”) è una costante della sua poesia: “Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,/ il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola/ come una trappola da sacrifi -cio” (La Terra Santa”).

La sua lirica però non è rimasta fi ssa sulla contem-plazione della propria lacera-zione, perché ha continuato a tenere gli occhi aperti sul mondo, sulla violenza degli uomini, sulla contaminazio-ne della natura, sull’amore, sui rapporti familiari, sulla divinità, che se da una parte consegna il segno di Giona (“e sei fratello a Giona”), dall’altra dona vita vera: “in mezzo a tanto orrore c’è una certezza, credo io, molto felice; la scelta di Dio” (Maria, 2001).

Con un linguaggio sempli-ce, talvolta spezzato da una colloquialità nervosa –molte sue poesie sono state dettate talvolta addirittura al telefo-no- con un modo di costruire il verso o la frase sospeso tra il luogo comune e l’improvvi-sa illuminazione, Alda Merini conduceva una sua personale ricerca del Numinoso attra-verso la molteplicità, come se in essa confl uissero il pensiero zen e l’essenzialità francesca-na, tesi allo svelamento nel-l’uno divino: “ma non piange-rà certo un poeta per il ripudio di un uomo, perché gli uomini sono tanti, mentre Dio è uno solo”(Maria).

Nella “follia” la ricerca dell’Altro

di Marco Testi

volumi che comprendono ro-manzi, drammi, racconti e saggistica. Fra i suoi romanzi più conosciuti troviamo Colo-ri proibiti (1951), Il padiglione d’oro (1956) e Dopo il banchetto (1960).

La collana quadrimestrale di prosa “Ocra gialla” viene distribuita nelle migliori librerie e si può ricevere anche in abbo-namento annuale mentre, per maggiori informazioni e curio-sità sulla piccola ma qualifi cata casa editrice pistoiese, è attivo il sito internet all’indirizzo www.viadelvento.it.

Franco Benesperi

Edizioni Via del vento - Collana “Ocra gialla”

Dal “Cantico dei Vangeli” edizioni Frassinelli

GESÙ

O uomo,impasto di bene e di male,leva la luce che è in te, coronala di sacrifi ci. Tu, uomo, sei lo spettacolo del giorno: sorgi al mattino e ti addormenti la sera per il buon riposo. Ecco, ogni giorno si compie in te l’equinozio della primavera: c’è un momento in cui fai fi ori, un momento in cui fai stelle,un momento in cui fai le tenebre. È in queste ore di tenebre che io ti vengo a cercare. Ovunque comincia la fuga d’amore tra me e te: io che entro nel tuo sonno, e quando tu sogni i demoni, i demoni della tua morte, e ti senti lontano da Dio, io ti resuscito il giorno.

Bagnatevi gli occhi ogni mattino e ringraziate Dio perché vedete la luce, e che questa luce non diventi mai il fuoco della superbia. Vi ho lasciato lavorare, costruire, attendere.

Perché invece di odiare il vostro fratellonon gli dite: Vieni a vedere,non ti sei accorto che siamo ancora vivie padroni dell’universo?Vi ho regalato tutta la terra,e ogni tanto vi attaccatea una misera proprietàe credete che sarà vostra per sempre.Non è così:il vostro più stupido nemicove la potrebbe togliereda un momento all’altro.Però oltre alle valli e alle montagnec’è un altro regnoche voi non vedete e lo vi regalerò:la mia consolazione.Voi entrerete nel mio gremboe sarete partoriti ogni giorno nella beatitudine.

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4 n. 39 8 Novembre 2009LaVitaattualità ecclesiale

“In Africa c’è una Chiesa che ha voglia di camminare nonostante i propri limiti e le proprie diffi coltà”. E per l’Italia, nel messaggio conclusi-vo dei vescovi africani, c’è un richiamo forte sui temi delle migrazioni e della politica. È il parere di suor Elisa Kidané, missionaria comboniana, eritrea, uditrice alla se-conda Assemblea specia-le per l’Africa del Sinodo dei vescovi. A conclusio-ne di questa esperienza, così la ripercorre.

Quali richiami forti emergono, per l’Italia e gli italiani, nel messag-gio fi nale del Sinodo dei vescovi africani?

“Il messaggio è scritto soprattutto per l’Africa, ma è interessante che al-l’inizio del testo i vescovi africani si rivolgano alla Chiesa universale. È bello che una Chiesa che fi no a ieri ha dovuto ascoltare ciò che le veni-va detto, ora è cresciuta e ha diritto di cittadinanza nella Chiesa, parlando con parole sue. Al po-polo italiano è diretto soprattutto il richiamo a non fare leggi che ledono la dignità della persona, soprattutto in materia di migrazioni. Credo che i vescovi africani abbiano avuto coraggio nel dire cose forti alla comunità internazionale, alle mul-tinazionali, che hanno defi nito organismi ingor-di delle ricchezze natura-li. Una ingordigia che va,

SINODO AFRICA

Comerisponderemo?

troppe volte, a discapito delle popolazioni africa-ne. Come pastori hanno dato voce alle ansie, alle attese e alle speranze dei loro popoli”.

C’è poi un appello perché l’Africa abbia “politici santi” che con-trastino la “corruzione” e “lavorino per il bene della gente”. Vale anche per noi?

“Ho apprezzato molto il coraggio dei vescovi in questo senso, un appello emerso con grande forza e chiarezza. Un messaggio indiret-to c’è. Anche le Chiese d’Occidente dovrebbero imparare a parlare così. I vescovi africani non si sono chiesti fi no a che punto potevano dire, non hanno avuto paura di ritorsioni…”.

Il messaggio fi nale, nel suo sforzo di sintesi, è riuscito a rendere tutta la ricchezza dell’espe-rienza?

“Il giudizio fi nale è molto positivo. Certo non è emersa la carica dei primi giorni, quando in un coro tutti i vescovi hanno raccontato tra-gedie, fatiche e vitalità dei rispettivi popoli. Il documento, inevitabil-mente, penalizza gran parte di questa energia, ma i temi fondamentali - con annunci e denunce molto forti - sono tutti presenti”.

Cosa cambierà dopo

le nostre preoccupazioni e istanze. Sono partita con un po’ di timore ma oggi mi sento veramente soddisfatta. Abbiamo avuto tantissimo spazio e possibilità di far passare le nostre idee, che sono state assunte anche nel messaggio. Lì si parla del ruolo delle donne e ci si chiede cosa fare di più all’interno della Chiesa perché la donna possa avere gli strumenti per poter svolgere dignitosa-mente il proprio compi-to. C’è stato un passo in avanti: la donna non più come vittima ma come protagonista”.

Come ha presentato le sue argomentazioni?

“Parlando nel circolo minores un vescovo mi ha chiesto: cosa cercate? Io ho spiegato con calma e dolcezza e alla fi ne mi ha anche ringraziato. Ho capito che come donne non possiamo pretendere con rabbia e violenza. Noi abbiamo un’arma in più che è quella della dolcezza, con la quale possiamo convincere le persone. Per cui ho fatto un’esperienza di grande umanità, con tante pos-sibilità per avvicinarmi a persone che hanno pesi enormi sulle spalle, per aiutarli a comprendere questioni a loro magari poco note. Ho trovato persone veramente vali-de e umane, forse perché lontane dalle diffi coltà quotidiane e dal proprio ruolo”.

bastanza attenzione ai temi del Sinodo? Come missionari avete pro-posto un Osservatorio: avrà un seguito?

“A livello cattolico non ci sono stati pre-giudizi in partenza, abbiamo visto una atten-zione molto rispettosa. L’Osservatorio promosso dal mondo missionario è stata una bella intuizio-ne e un gesto di grande responsabilità, una arena aperta in cui la gente ha potuto intervenire e dire la sua. A metà novembre ci sarà un incontro per vedere come attualizzare e rendere operativi tutti i messaggi ricevuti dal Sinodo”.

Come ha vissuto questa esperienza, come donna e uditrice al Si-nodo?

“Per me è stata un’esperienza di Chie-sa, di comunione e di tanta umanità. Mi sono sentita molto a mio agio. Ho avuto uno spazio piccolino e ho cercato di condividerlo con tutta la passione possibile. Come le altre donne presenti al Sinodo siamo riuscite a far passare i nostri temi,

Un “ragionamento vizia-to sul presupposto che il croci-fi sso possa costringere ad una professione di fede, mentre esso è un simbolo passivo, che cioè non costringe in coscienza nessuno”. È il commento “a caldo” rilasciato il 3 novembre da Giuseppe Dalla Torre, ret-tore della Lumsa, poco dopo la sentenza con la quale nello stesso giorno la Corte europea dei diritti dell’uomo di Stra-sburgo ha stabilito, a seguito del ricorso di una cittadina italiana, che l’esposizione del crocifi sso in classe costituisce “una violazione al diritto dei genitori di educare i fi gli in linea con le loro convinzioni e con il diritto dei bambini alla libertà di religione”. Il ricorso a Strasburgo era stato presen-tato il 27 luglio 2006 da Solie Lautsi, madre di due ragazzi che nell’anno scolastico 2001-2002 avevano frequentato ad Abano Terme l’Istituto statale

CROCIFISSO A SCUOLA

Un ragionamento viziatola posizione della Conferenza episcopale italiana sulla sen-tenza, espressa in una nota. “Risulta ignorato o trascu-rato il molteplice signifi cato del crocifi sso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale”, precisa la nota. Secondo i vescovi, “non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifi sso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo” come “par-te del patrimonio storico del popolo italiano”, ribadito dal Concordato del 1984. “In tal modo, si rischia di separare ar-tifi ciosamente l’identità nazio-nale dalle sue matrici spirituali e culturali”, mentre, conclude la Cei, “non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazio-ne in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”.

“Vittorino da Feltre”. La Lau-tsi si era già rivolta nel luglio 2002 al Tar del Veneto, che nel gennaio 2004 ha consentito che il ricorso venisse inviato alla Corte costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato al Tar che nel marzo 2005 non ha accolto il ricorso, sostenendo che il crocifi sso è simbolo della storia, della cultura e dell’iden-tità del nostro Paese. Posizione confermata nel febbraio 2006 dal Consiglio di Stato.

UN “RITORNO” DI LAICISMO?

“Oltre che essere un simbo-lo religioso – conferma Dalla Torre – il crocifi sso esprime la nostra cultura e identità. Abbiamo bisogno di elementi che facciano mantenere coesa la società intorno a valori tra-dizionali e fondanti”. Questo, precisa il rettore della Lumsa, “è peraltro il ragionamento che ha portato a numerose

decisioni di giudici italiani che mi appaiono ancora del tutto condivisibili. Se il crocifi sso non fosse anzitutto un simbolo culturale – e quindi non coer-citivo per alcuno – dovremmo togliere tutte le croci presenti sulle nostre strade e piazze e questo sarebbe veramente ridicolo”. Per Dalla Torre non sono dunque “pertinenti” i richiami della sentenza in que-stione all’art.2 del protocollo n.1 (diritto all’istruzione) e all’art. 9 in materia di liber-tà di pensiero, coscienza e religione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. “Mi pare – dichiara il giurista – che i giudici della Corte di Strasburgo continuino a mani-festare una chiara lontananza da quelle che sono la realtà dei Paesi europei e le aspettative dei loro cittadini”. Dalla Torre parla di “uno dei tanti e ri-correnti ritorni di laicismo cui siamo ormai abituati” e ram-menta che “i giudici europei hanno un’estrazione politica

che non sempre corrisponde ai contesti nazionali dai quali provengono”. La sentenza af-ferma che lo Stato è tenuto alla “neutralità confessionale” nel quadro dell’istruzione pubbli-ca: “Un’istruzione pubblica che non rendesse presente anche una dimensione religiosa – re-plica Dalla Torre – non sarebbe un’istruzione neutrale, ma di parte. Occorre senza dubbio tutelare la libertà religiosa, ma il fatto religioso non va nasco-sto. Farlo signifi cherebbe assu-mere una posizione non laica ma laicista nel senso peggiore del termine”.

VISIONE PARZIALEE IDEOLOGICA

“La decisione della Corte di Strasburgo suscita amarezza e non poche perplessità. Fatto salvo il necessario approfon-dimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica”. Questa

U

La sentenza della Corte europea dei diritti

dell’uomodi Giovanna P. Traversa

Il messaggio conclusivo interrogaanche la nostra realtà

di Patrizia Caiffa

questo Sinodo?“A me è piaciuto che

i vescovi abbiano avuto la possibilità di parlare e dire le cose chiaramente e con coraggio. Spero che anche le comunità cri-stiane assumano questa valenza: il Vangelo dà il coraggio di annunciare la buona novella e di de-nunciare ciò che impedi-sce alla buona novella di crescere. Credo cambierà la percezione del ruolo della Chiesa africana. L’ha detto il Papa nel-l’Angelus di domenica, facendo notare la vitalità

di una Chiesa che diven-ta missionaria, ossia da evangelizzata ad evan-gelizzatrice. Certo, sono state date delle direttive, poi dipenderà da ogni Conferenza episcopale e da ogni cristiano di buo-na volontà”.

Nel mondo cattolico italiano c’è stata ab-

Page 5: ita · sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo ... un solido contesto giuridico che la metta al servizio ... Altre volte lo stesso Pontefice si era co-

58 Novembre 2009 n. 39LaVita attualità ecclesiale

XXXI Domenica del tempo ordinario - Anno B 1Re 17,10-16; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44

La Paro la e le paro le

“La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia”

La pagina dell’incontro del profeta Elia con la vedova di Sarepta può essere defi nita un racconto di ospitalità ed una pagina che parla di fi ducia. Ospitalità innanzitutto, da parte di una vedova in una situazione di povertà e di carestia. E’ nella condizione di raccogliere la legna per cuocere l’ultimo cibo per sé e per il fi glio vedendo avvicinarsi lo spettro della fame sulla sua casa. Eppure, davanti alla richiesta del profeta che le chiede acqua e pane, sceglie di condividere la poca farina e le ultime gocce d’olio nella giara. Un gesto semplice e quotidiano, il far parte del cibo essenziale, farina e olio, che esprime il senso profondo di un’accoglienza non proclamata ma vissuta nella concretezza. La vedova è presentata come colei che sa prendersi cura, pur nella sua povertà. Il suo pensiero non si limita al fi glio ma si apre all’ascolto della voce dell’ospite che la chiama a condividere. E condivide senza calcoli e senza riserve. Ma questa è anche una pagina di fi ducia: la vedova si affi da alla parola di Elia. Sa scorgere nella richiesta dello sconosciuto una parola di Dio che la spinge a condividere e si fi da. E si affi da a questa parola. Come Elia stesso si era affi dato alla parola di Dio facendo della sua vita un itinerario di ascolto e di disponibilità a seguire le esigenti e diverse chiamate di Dio nella sua storia. E così la farina non si esaurì e l’olio non venne meno, annota questa pagina, “secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia”. C’è una parola di Dio che passa al di dentro delle parole umane e c’è una promessa di Dio che, se accolta, diviene forza che trasforma le prospettive chiuse e il buio della morte in apertura di vita e di orizzonti nuovi. Elia, l’uomo di Dio e la vedova che lo accoglie, divengono così paradigmi della situazione di quel ‘resto di Israele’ che al di là di calcoli e progetti umani, pone la sua sicurezza nell’affi darsi sul Signore. Ci si potreb-be chiedere in che modo oggi le comunità credenti sanno riporre la loro fi ducia nella chiamata del Signore che giunge attraverso la voce di quanti chiedono ospitalità e aiuto. La situazione di carestia oggi assume le forme della disuguaglianza tra i popoli, e della crisi economica che genera nuove povertà e indigenze.

“Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete”

Marco accosta alcune parole sferzanti e di profonda critica da parte di Gesù agli scribi e a coloro che amano avere i primi posti ad un episodio in cui Gesù offre un insegnamento ai suoi amici a partire dal-l’osservazione di un fatto piccolo, che facilmente poteva sfuggire.La critica radicale e dura che emerge dalle parole di Gesù è uno smascheramento dell’ipocrisia e del ripiegamento su di sé, proprio di chi ha un ruolo di maestro ma nella sua vita vive una profonda incoerenza. Amano avere i primi seggi nelle sinagoghe, quindi i posti più in vista nelle riunioni religiose, ma per contro ‘divorano le case delle vedove e pregano per farsi vedere’. Tutto ciò procura guadagni di potere, stima e gloria mondana. Ma non vivono rapporti di giustizia e di attenzione ai più deboli. La critica non è solamente rivolta ad alcune fi gure che Gesù poteva aver incontrato nella sua vita terrena, ma il vangelo riporta queste parole per gli ambienti e le persone religiose di ogni tempo e di tutte le latitudini. C’è chi vive l’esperienza religiosa nei suoi aspetti esteriori, che non coinvolgono la vita e non generano scelte per cui pagare di persona chi proclama ostentatamente ‘valori’ e ‘radici religiose’ senza fare di questi orien-tamenti criteri per la propria vita. C’è una illusione ed una menzogna presente in queste persone: mettere al primo posto la ricerca della propria affermazione, la ricerca di sé, al posto dell’amore di Dio e del prossimo che per Gesù è sintesi di quanto Dio chiede a noi. E’ una tendenza presente soprattutto in chi ha ruoli di guida e maestro, la possibilità di insuperbire e di vivere in un egoismo profondo e nella sete di un potere presso gli altri senza rendersi conto che il culto a Dio non può andare scisso dal servizio al povero. Nel vangelo di Matteo tale comportamento è defi nito come quello di ‘sepolcri imbiancati’ (Mt 23,27) e ci si può chiedere ancor oggi se la tensione che sta al cuore di tante guide anche nella chiesa sia effettivamente nella linea di lasciare spazio al vangelo, nel sostenere la fatica e le scelte di chi cerca di farsi vicino e compassionevole verso gli ultimi, oppure non sia piuttosto di compromesso con una religiosità borghese e ipocrita, che mette insieme il culto esteriore e scelte di ingiustizia e rifi uto dell’altro nel lavoro e nella vita. E’ sempre al varco la possibilità di piegare le parole del vangelo ad aggiustamenti di compromesso con il potere umano o nella ricerca di un vantaggio e di una affer-mazione mondana nella preoccupazione non del primato di Dio che si specchia nel volto del povero, ma della propria importanza e della propria gloria. Anziché usare del ruolo di guida per attuare un reale servizio e per divenire tessitori di ospitalità versi i piccoli, tale ruolo è usato per trovare onori e riconoscimenti umani, per sé stessi o per l’istituzione. Tale comportamento si distanzia da quello di Gesù che ha vissuto non la ricerca dei primi posti ma ha cercato di alleviare la sofferenza delle vedove dei malati degli impoveriti, che ha cercato non i posti di rilievo nei banchetti, ma la compagnia di chi era considerato peccatore pubblico dai religiosi benpensanti.Gesù invita i suoi a guardare un gesto piccolo che sfugge ai più: un gesto di una vedova che nel tesoro del tempio getta due monetine. E’ un’offerta misera se la si considera secondo la quantità, ma è ‘tutto quello che aveva per vivere’. La sua offerta attuata con discrezione, non per farsi vedere, quasi di nascosto, diviene segno di un dono che supera ogni altro. Perché è dono della sua vita, è affi damento al Dio che la farà andare avanti anche nella sua miseria. Gesù dice così che l’intenzione vale più di ogni esteriorità, e dice anche ai suoi che questo gesto è un gesto di verità. Ma invita anche i suoi ad avere uno sguardo capace di andare oltre ciò che appare, oltre i luccichii, i primi posti e di leggere e di dare spazio ai segni e ai volti piccoli e nascosti, i gesti dei poveri. Alessandro Cortesi op

Se si interrogasse qualsiasi cristiano che la domenica varca la soglia di una chiesa per partecipa-re alla celebrazione dell’Eucaristia e gli si chiedesse chi è sacerdote, penso che nella stragrande mag-gioranza dei casi la risposta sareb-be sicura: il prete! Eppure il Conci-lio a questa domanda ha dato una risposta diversa, ponendo in pri-mo piano un sacerdozio comune a tutti i fedeli, come fondamento su cui si costituisce la dignità del po-polo di Dio. Basta rileggere il n. 10 della Costituzione Conciliare sulla Chiesa: «Cristo Signore, pontefi ce assunto di mezzo agli uomini fece del nuovo popolo un regno e sa-cerdoti per il Dio e Padre suo».

Tutto il popolo di Dio dunque ha il carattere sacerdotale; esso è ben prima e ben oltre un ruolo o una funzione, ma è un’impronta dell’essere, ricevuta nel Battesi-mo. È un sacerdozio interiore, che segna il cuore e la coscienza di coloro che sono battezzati e rige-nerati dallo Spirito Santo. Dopo l’offerta di Gesù al Padre, il vero sacrifi cio è quello spirituale, non fatto di cose esteriori, ma di ciò che è dentro lo spirito umano.

Il tempio e l’altare su cui i fedeli offrono sacrifi ci non è quello fatto di pietre, ma è il cuore; la lode a Dio è resa in spirito e verità, come ha detto Gesù alla Samaritana; è la disponibilità a consegnare a Dio nella lode, nella gratitudine, nel rendimento di grazie, tutto ciò di cui è fatta la vita di ogni persona e del mondo intero.

Nel capitolo dedicato ai laici, la “Lumen Gentium” afferma che anche i laici, uniti alla vita e alla missione di Cristo per il battesimo che hanno ricevuto, partecipano all’uffi cio sacerdotale di Cristo Si-gnore, offrendo a Lui le esperienze comuni dell’esistenza di ogni giorno, prima materia di questa offerta, possibile a tutto il popolo. Il sacerdozio originario, comune a tutti, fa parte della struttura profonda di ogni vita cristiana. Nel mondo, ciascun fedele altro non farà che mostrare, attraverso i gesti della sua esistenza che trae la propria linfa vitale dal rapporto con il Risorto, la grandezza e il va-lore dell’offerta con cui Cristo ha fatto dono di sé al Padre.

Il sacerdozio dei presbiteri non può essere confuso con il sacerdo-zio comune, ma ha in esso le sue radici. Dice ancora il Concilio che sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale differiscono per la loro natura, e non solo per grado, e tuttavia sono «ordinati l’uno all’al-tro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a proprio modo, partecipano al-l’unico sacerdozio di Cristo».

Un’esperienza grande e profon-

da di comunione: questo caratte-rizza secondo la visione conciliare i rapporti all’interno dell’unico popolo di Dio. Laici che vivono il sacerdozio comune e presbiteri che vivono il sacerdozio ministe-riale, uniti dallo stesso impegno a interpretare ciascuno la propria singolare vocazione, ma nella reci-procità, nell’interdipendenza, nella fi ducia e nell’apertura all’altro. Ai laici il compito di mostrare la grandezza della vita e di rendere esplicita ad ogni istante la relazio-ne che essa ha con il mistero della Pasqua. Al presbitero il compito di sostenere questa offerta quoti-diana, di ravvivarne le ragioni e lo spirito di orientare a Cristo ogni frammento; di contribuire a co-struire l’unità tra l’eterno e il tem-po; vita della comunità e vita del mondo. E in questo, far emergere come abbiamo bisogno, gli uni de-gli altri, perché insieme, chiamati a tener accesa e alimentare la spe-ranza dei fratelli.

Questo modo di intendere il sacerdozio, come dimensione che, appartiene a tutto il popolo di Dio, è presente nelle comunità cristiane con una consapevolezza ancora incerta. È diffi cile passare da questa visione di Chiesa ad una prassi ecclesiale e pastorale che lasci intravedere con chiarezza che esistono due forme di sacerdozio in reciproca relazione. Ma ogni sforzo fatto per far crescere questa coscienza non potrà che rendere la Chiesa più ricca e più convincente nella sua missione.

ANCHE I LAICI SONO SACERDOTI

Il sacerdoziodal doppio volto

S

Il tempio e l’altare su cui i fedeli offrono sacrifi ci non è quello fatto di pietre, ma è il cuore; la lode a Dio è resa in spirito e verità, come ha detto Gesù alla Samaritana; è la disponibilità a consegnare a Dio nella lode, nella gratitudine, nel rendimento di grazie, tutto ciò di cui è fatta la vita di ogni persona e del mondo intero.

Ai laici spetta il compitodi mostrare la grandezza

della vita e di rendere esplicita a ogni istantela relazione che essa ha

con il mistero della Pasqua.Al presbitero il compito

di sostenere questa offerta quotidiana, di ravvivarne continuamente le ragionie lo spirito, di orientare

a Cristo ogni frammentodi Paola Bignardi

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6 n. 39 8 Novembre 2009LaVita

Ancora sulle morti biancheHo avuto modo di leggere su La Vita del 4 ottobre scorso l’articolo di Daniela Simionato su “Morti bianche e sicurezza sul lavoro”. A parte la sentita partecipazione al dramma di vi-cende che si verifi cano con tanta frequenza nei luoghi di lavoro, e di questo è doveroso rendere atto alla consigliera comunale della Lega Nord, non si può non constatare la vera e propria approssimazione nelle informa-zioni contenute nell’articolo me-desimo. Ad esempio. Simionato, nonostante in altre sedi esprima ferme convinzioni federaliste, fa un discorso centralistico e non coglie il carattere regionalista della normativa vigente. L’attua-le assetto istituzionale in materia di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro risale alla Riforma Sanitaria del 1978 che sancì il superamento dei vari enti nazionali precedentemente preposti e l’attribuzione delle competenze in materia di vigi-lanza e prevenzione nel luoghi di lavoro al Servizio Sanitario Na-zionale nel rispetto dei principi della universalità e della unicità del diritto alla salute come diritto dell’individuo, in questo caso lavoratore, e interesse della col-lettività (art. 32 della Costituzio-ne). Su queste basi grande è stato l’impegno di gran parte delle Regioni (Veneto e Toscana, ad esempio) fi no all’affermazione, con la recente modifi ca del titolo V della Costituzione, di una loro piena titolarità legislativa in materia di gestione del SSN, rimanendo agli organi di Gover-no centrale, peraltro, importanti compiti di indirizzo e controllo. In questo contesto istituzionale si sono calate, dagli anni ‘90 in poi, le direttive comuinitarie che di volta in volta l’Unione Europea ha emanato, di fatto proponendo una legislazione sostanzialmente omogenea per tutte le nazioni aderenti. Non si colgono, quindi, i grandi passi in avanti fatti su questo terreno dal 1978 ad oggi: prima della Riforma Sanitaria il fenomeno infortunistico in Italia registrava un morto per ogni ora lavorativa e un ferito ogni sei secondi (dati Inail che si possono verifi care). Ma soprattutto, non si colgono i cambiamenti avvenuti nel

mondo del lavoro: il popolo delle partite IVA, l’80% delle nuove assunzioni, tutte, con rapporti di lavoro atipici e precari, la de-localizzazione delle aziende e la loro frammentazione in miriadi di ditte appaltatrici, il fenomeno della immigrazione che in alcuni comparti, quelli più a rischio, peraltro, ormai rappresenta il 40% dell’intera manodopera. Per questi motivi, da tempo, Regione, parti sociali ed altri enti di vigilanza svolgono un lavoro di coordinamento e confronto per la definizione dei propri programmi di intervento, anche in istanze pubbliche aperte al contribuito di tutti gli interessati. Infatti, soltanto il convergere e l’integrazione delle varie risorse può consentire di andare oltre i livelli intollerabili a tutt’oggi rimasti degli infortuni e delle malattie professionali. Non un generico richiamo a controlli da intensifi care, che pure devono essere fatti, rappresenta la solu-zione di queste problematiche, ma semmai è il riuscire davvero, cosa che non si è ancora realiz-zata, a fare, ciascuno, la propria parte secondo un disegno siste-matico, ragionando, senza inutili duplicazioni, sulle priorità sulle quali concentrare le risorse, non eccezionali, a disposizione per questo settore. Si tratta in defi -nitiva di fare sistema, ad iniziare dalle azienele e dal loro titolari che sono i primi responsabili, ai sensi delle norme vigenti, del rispetto e dell’attuazione delle prescrizioni di legge. Con questo intento, opera , da alcuni anni, a Pistoia un Osservatorio su infortuni e malattie professio-nali coordinato dalla Provincia che mette a confronto Comuni, Asl, direzione provinciale del lavoro,Vigili del fuoco, Inail, Inps, organizzazioni sindacali e di categoria. Ha prodotto un protocollo d’intesa nel quale vengono defi nite priorità d’in-tervento ben precise: l’edilizia e la materia degli appalti e dei costi della sicurezza, la forma-zione per i giovani apprendisti e in ambito scolastico con il progetto “Sicurezza in cattedra”, l’informazione periodica sull’an-damento di infortuni e malaltie professionali, il coordinamento, da parte del Dipartimento di prevenzione dell’Asl, tra tutti gli enti di viglianza. L’Asl, peraltro, opera sistematicamente di anno in anno su specifi ci piani di com-parto (edilizia, fl orovivaismo e metalmeccanico prini fra tutti),

il lavoratore, nonostante quanto stabilito dalla Costituzione e le norme relative, nonostante lo Statuto del Lavoratori, e delle rappresentanze sindacali, e nonostante ci siano tanti organi preposti al controllo, alla vigi-lanza e per far rispettare tutta questa normativa vigente (e menzionavo tutti questi organi) quindi nonostante tutto ciò che regola il rapporto tra l’azienda e il lavoratore per garantirgli la sicurezza, la tutela fi sica e mo-rale e la dignità, ecco succedono ancora infortuni sul lavoro e ci sono anche i morti.Mi chiedevo come mai tutto ciò, mi chiedevo come mai non vengono fatte rispettare le regole in tutti gli ambiti relativi. La mia non era una domanda retorica, la mia è vera preoccu-pazione tanto è vero che propo-nevo di intensifi care i controlli, di promuovere una cultura su questo tema e predisporre gli strumenti di educazione e for-mazione in materia di sicurezza e lavoro in modo che anche nei bandi pubblici si tenesse conto di questi rischi. Dicevo che la formazione era importante non solo per i lavoratori che così diventano più consapevoli dei propri diritti, ma anche per i controllori che spesso sono dei burocrati e non dei tecnici, ed è importante per verificare la responsabilità delle imprese.Ora caro Quiriconi, lei mi dice che io non nomino le imprese. Evidentemente non ha letto tutto l’articolo, perché parlo di ambienti lavorativi, di imprese, di datori di lavoro pubblici e privati e anche non li avessi nominati è chiaro che il lavo-ratore lavora da qualche parte, che si tratti di imprese, azienda pubblica o privata, o agricola o quel che le pare, a me poco interessa. A me interessa che la situazione migliori e che il lavoratore sia tutelato. Bene se ci sono le condanne quando le regole non sono rispettate, è proprio quello che auspico nella mia lettera. Bisogna che gli organi che esistono svolgano il proprio ruolo. Le ripeto, trovo la sua risposta polemica fuori luogo. Il mio era un appello ac-corato a chi può fare qualcosa in merito. Io purtroppo non conto niente, posso solo dire o scrivere che si deve fare di più. Posso indignarmi di fronte a cattivi comportamenti e denunciare la cosa. Lei per esempio con il ruolo che riveste certamente può fare più di me. Caro Quiriconi, vede, finché i problemi avranno un colore come sembrano avere per lei, non risolveremo mai niente. Deponga l’ascia di guerra, nes-suno, mi creda, nessuno può essere a favore degli infortuni sul lavoro, e tanto meno delle morti che siano di immigrati o no, sempre morti sono.Non strumentalizziamo queste cose per favore, vediamo invece di lavorare tutti uniti per miglio-rare la situazione. I morti sono di tutti, si può solo piangere e le lacrime come forse anche lei ha visto, non hanno colore.

Daniela Simionato

Lettere in RedazioneSul bene comune I Cattolici Democratici sono chiamatiad un grande impegno bi-partisanIn questi ultimi tempi emer-ge sempre più la richiesta di lavorare per il “bene comune” inteso come valore unificante di una società e posto al di so-pra delle parti. Scendiamo nel concreto e facciamo un esempio: l’acqua dovrebbe rientrare nel concetto di bene comune; è un servizio primario per il cittadino e chiunque gestisce il potere dovrebbe assolvere al meglio a questo compito. Dunque il servizio acquedotti dovrebbe uscire dalla contesa politica, assumere caratteri di effi cienza tecnica e garantire il servizio al meglio, con costi più bassi possibili, indipendentemente da chi detiene il potere. Ma è davvero così? L’amministratore che gestisce gli acquedotti ha un compito prima di tutti gli altri: nominato dalla politica e politico lui stesso, è il garante del consenso dei lavoratori degli acquedotti alla sua parte, poi se c’entra, penserà anche al servi-zio, ma prioritario è il consenso; quindi, qualunque servizio (gli acquedotti nel nostro caso), non può essere staccato dalla politica di parte e non può diventare “bene comune” perché è la sede stessa dove si forma il consenso attraverso un tacito voto di scambio. Stesso ragionamento vale per tutte le altre aziende ed in defi nitiva per tutta la pubblica amministrazione. Da qui deriva l’apparente disordine del settore pubblico, l’assoluta ineffi cien-za a livello locale, regionale e nazionale con la conseguente distruzione di risorse pubbli-che che hanno l’unico scopo di mantenere stabile un patto che si è creato e che prevede in sintesi la non responsabilità tecnica contro l’inamovibilità politica. E’ questo un patto molto forte, che pervade tutti i meccanismi della pubblica amministrazione e di cui, anche i sindacati (chi più, chi meno) se ne avvalgono a piene mani. Tutto diventa politica, tutto ser-ve a creare consenso attraverso accordi sottintesi che generano l’inefficienza complessiva del sistema e il concetto di “bene comune” rimane una astrazione o un pio desiderio. Non importa qui ricordare, perché il pensiero politico cattolico lo sa bene, che l’idea di “bene comune” è un concetto nato e sviluppato al-l’interno del più vasto pensiero del cattolicesimo democratico italiano, oggi minoranza, ma che mantiene intatto il proprio potenziale innovativo di fronte alle altre culture politiche.

Credo sia giunta l’ora che tale pensiero, prima assuma una forma più organica, poi si tra-duca nella vita politica e sociale del nostro Paese per riaffermare quei principi fondanti che pos-sono far riemergere l’Italia dalle sabbie mobili in cui, da troppi decenni è sprofondata. Affermare il principio del “bene comune” signifi ca togliere alla politica una serie di servizi co-muni di base, renderli effi cienti rompendo il patto della non responsabilità tecnica e inamo-vibilità politica, garantire a tutti, a cominciare dai più deboli, l’imparzialità del servizio. A qualcuno potrebbe sembrare che in questo caso il pensiero politico dei cattolici democratici svolga una funzione di sussidia-rietà nei confronti della cultura politica laica nel cui alveo è nata l’idea della terzietà e neutralità degli organi dello Stato ma che l’Italia del terzo millennio ha perso del tutto. In parte è vero ed in parte ha caratteristiche diverse e nuove. Innanzitutto per le motivazioni di fondo: la politica è un servizio per il prossimo e non dipende dalla concezione dello Stato arbitro, a cui si delega il potere di comporre i confl itti sociali; poi per la differente concezione dei soggetti che per il cattolico sono persone, cioè definibili solo all’interno di una pluralità, mentre nella cultura laica riman-gono individui assoluti e già di per sé definibili; e, da ultimo ma non ultimo, l’idea che la sera quando ci addormentiamo contenti di aver rispettato la legge degli uomini, i cristiani devono essere contenti anche di averne rispettata un’altra, ed in caso di confl itto la seconda deve prevalere sulla prima. E’ tempo che l’idea del “bene comune” esca dai discorsi ac-culturati per pochi e si sostanzi in azione politica; è tempo che si individui che cosa fa parte del “bene comune” e che cosa ne è escluso e dunque lasciato al giusto antagonismo politico. Abbiamo preso ad esempio, in modo innocente, gli acquedotti, ma crediamo che questo concet-to possa estendersi a molti altri settori di competenza locale, regionale e nazionale. Così che ci rimane diffi cile pensare che nel caso Marrazzo o Boffo, per citare i più recenti, qualche orga-no dello Stato non abbia messo il naso, così come ci rimane difficile pensare che dietro la “lectio magistralis” del colonnel-lo Gheddafi alla Sapienza non ci sia stata un’amicizia interessata a qualche “affaruccio” personale sulla quarta sponda.Come si vede, i terreni su cui ap-plicare concretamente il concetto di “bene comune” sono molti e a tutti i livelli, da qualche parte dovremmo pure cominciare; lavoriamo intanto per la nostra città.

Piero Bargellini

nonché in materia di apprendi-sti, lavoratrici madri, verifi che impianti, inchieste infortuni e malattie professionali, assisten-za, formazione e informazione (con particolare riguardo ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e alle scuole a indirizzo professionalizzante).Nelle iniziative di resoconto e programmazione dell’attività svolte a cadenza periodica e pubbliche, semmai, sarebbe bel-lo poter ascoltare le valutazioni dei nostri amministratori che tante volte, invece, non riesco-no a partecipare e a portare il loro contributo. La circostanza, peraltro, sarebbe oltremodo utile perché, al di là degli aspetti tecnici e normativi, le ammini-strazioni pubbliche potrebbero verificare sotto altri profili la rispondenza delle aziende a determinati requisiti di pre-venzione e sicurezza, per fare davvero un discorso coerente, e capace di suscitare e premiare atteggiamenti virtuosi e positivi. Gli operatori della prevenzione hanno sempre auspicato una simile situazione e si rendono fi n da ora disponibili a dare il loro, seppur modesto, contributo.Solo tutto questo, o gran parte di esso, o qualcosa di simile e integrativo, rappresenta davve-ro una risposta alla mancanza di cultura della prevenzione di cui si sente tanto parlare: non si tratta, tanto, di conoscenza delle norme e di acquisizione di informazione, quanto di traduzione di questo bagaglio di conoscenze in atteggiamenti conseguenti e coerenti.Anche l’attuale crisi economica ed occupazionale può essere superata solo attraverso l’ade-guamento in qualità dei processi produttivi delle nostre aziende e garantendo più elevati e migliori livelli di salute e sicurezza nel luoghi dli lavoro, perché sol-tanto così possiamo assicurare prospettive durature alle nostre produzioni, pienamente sosteni-bili da tutti i punti di vista, per le persone, per le comunità, per le città, per i territori e per l’am-biente, di vita e di lavoro.

Aldo Fediresponsabile area funzionale

prevenzione Valdinievole Asl 3

Simionato precisaHo appena letto la replica di Daniele Quiriconi al mio articolo apparso su “la Vita” del 4 ottobre. Francamente, non riesco a capire il tono polemico della sua lettera, né che cosa voglia dire. Mi spiego: nel mio articolo io scrivevo preoccupata dei troppi infortuni e addirittura delle morti bianche avvenute ultimamente sul lavoro. Mi chie-devo come mai, nonostante ci sia una buona normativa che regola i rapporti tra il datore di lavoro e

Il dibattito sulle morti bianche è uno dei tanti sol-levati dal nostro giornale, anche grazie alle lettere dei lettori.La redazione è ben lieta di accogliere tutti gli in-terventi, che vengono letti e attentamente valutati.Per vari motivi di spazio, non sempre è possibile pubblicarli, ma assicuriamo i nostri lettori che ogni intervento che solleva problemi importanti, anche se non pubblicato, costituirà uno stimolo per approfondimenti da parte della redazione.

R.

Page 7: ita · sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo ... un solido contesto giuridico che la metta al servizio ... Altre volte lo stesso Pontefice si era co-

PistoiaSetteN. 39 8 Novembre 2009

Così Monsignor Mansueto Bianchi conclude l’incontro con gli alunni dell’Istituto Compren-sivo Leonardo da Vinci, il giorno 27 Ottobre 2009.

Un gruppo di alunni acco-glie il Vescovo e lo accompagna nell’auditorium, dove rispon-de con umanità e semplicità straordinarie alle domande rivoltegli.

Spiega che la sua mansione non è facile, dovendosi occupare della diocesi ed essendo anche presidente dell’ente dei beni culturali ecclesiastici. Tuttavia, quando non ha impegni, ma questo capita raramente, ama fare lo “zuzzurellone”.

Racconta la sua vita: fi glio unico in una famiglia semplice, ha un padre barista che lo deve

trascinare a forza a Messa e una madre operaia alla Manifattura Tabacchi a Lucca.

Da adolescente a chi gli chiede cosa vuol fare da gran-de risponde o il sacerdote o il medico.

Compie studi classici e poi filosofia e teologia all’Univer-sità.

Dopo qualche incertezza dovuta a turbolenze amorose, a ventidue anni comincia il seminario, contro la volontà dei genitori, che però in futuro cambieranno idea.

Sarà sacerdote a Lucca, vice rettore in seminario e poi nomi-nato Vescovo.

Quando scopre di essere stato promosso alla carica di Vescovo, qual è la sua reazione?

Sbianca in faccia e pensa “Se scelgono me c’è proprio scarsità di personale”.

Tuttavia accetta e comin-cia il suo compito a Volterra, dove vive con la madre. Viene trasferito a Pistoia dove risiede attualmente in seminario.

E ora ecco le sue certezze interiori: la Chiesa è per lui “una comunità di persone diverse ma unite dalla scelta del Vangelo e dalla Fede in Gesù, una convin-zione spirituale, raggiungibile attraverso la strada del cuore”.

Secondo lui gli adulti aiuta-no poco i giovani e non pensano al loro futuro, oggi infatti è più difficile essere giovani perché si stanno perdendo quei valori fondamentali che animavano la vita dei ragazzi del tempo, ci

ISTITUTO COMPRENSIVO “LEONARDO DA VINCI”

Visita del vescovo BianchiIl racconto di una vita stimolata dai

giovani alunnidi Irene Calcagna

e Alessandra CalvariLe alunne giornaliste

della Scuola

si allontana sempre di più dal “mondo della profondità”. Per questo il vescovo cerca di aiutare le coppie in diffi coltà che voglio-no costruire una famiglia.

Alla domanda “cosa pensa della TV?” risponde con queste parole: “se te non usi lei, lei usa te perché al suo interno ci sono pagliuzze d’oro, ma in un fi ume di melma”.

Parla dei suoi rapporti con le altre religioni e dell’amicizia stretta con la Chiesa ortodossa, sottolineando che i rapporti con la religione islamica sono concentrati in modo particolare agli aiuti caritatevoli.

Se pensate che il vescovo si occupi solo della Chiesa vi sbagliate perché la domenica sera non può fare a meno di accendere la Tv e controllare i risultati della sua squadra del cuore: la Juve!

Salutato da un’ovazione Monsignor Bianchi si congeda dalla scuola.

Nel corso della mattinata alla Leonardo da Vinci Monsi-gnor Bianchi ha incontrato una rappresentanza del comitato dei Genitori che ha offerto una semplice merenda dai sapori genuini e tradizionali.

Da un minimo di mille a un massimo di settemila euro. Finan-ziabili per le persone fi siche con la procedura del microcredito (le organizzazioni – onlus, cooperative sociali, associazioni di volonta-riato, imprese a conduzione femminile - hanno minimo e massimo incrementati: si va da 5 mila fi no a 15 mila euro).

Questo è “Microcredito Pistoiese”, uno strumento per agevolare l’accesso al credito in un momento particolarmente diffi cile per l’eco-nomia globale e locale, realizzato da un pool di enti e associazioni: Fondazione Cassa Risparmio Pistoia e Pescia, Fondazione Un Raggio di Sole onlus, Misericordia di Pistoia, sistema bancario locale (BCC Masiano, Montagna Pistoiese, Pescia, Vignole, Valdinievole, Pistoia) e Caritas diocesane di Pistoia e Pescia.

Un apposito comitato di valutazione esaminerà le richieste (è comunque necessario disporre di un reddito: anche basso ma do-cumentabile. Così come è necessario non avere debiti in sofferenza con le banche).

Ma a cosa può servire il microcredito? Ampio il raggio di interventi possibili per le persone fi siche: da interventi collegati alla salute (protesi, percorsi socio-terapeutici …) all’assistenza per anziani non autosuffi cienti o diversamente abili; dall’educazione dei fi gli all’iscrizione di corsi professionali; dall’anticipo di mensilità per gli affi tti dell’abitazione al pagamento di utenze; dalla manu-tenzione straordinaria dell’abitazione all’acquisto di auto/motocicli per raggiungere il luogo di lavoro o per la mobilità delle persone con handicap; dal pagamento di spese straordinarie ad altri scopi approvati dal comitato di valutazione.

Informazioni e appuntamenti: 0573 505246 (lunedì, merco-ledì, giovedì 9-13 e 15-16:30; martedì e venerdì solo 9-13. E-mail: [email protected].

Serve una mano?Ecco il microcreditopistoiese

D

È operativo lo strumento per agevolare accesso al credito in un momento diffi cile

di Mauro Banchini

Fondazione Caripit

Rinnovo fondo CaritasDeliberati 50 mila euro per l’anno

2009/2010 “Vista la buona riuscita dell’iniziativa”, la Fondazione Cassa

di Risparmio di Pistoia e Pescia ha deliberato di rinnovare anche per l’anno 2009/2010 il progetto di “Fondo speciale” alla Caritas della diocesi di Pistoia. Lo comunica Marcello Suppressa, direttore di Caritas diocesana, con una nota che contiene il ringraziamento alla Fondazione (“nella persona del suo presidente Ivano Paci”) “per questo ulteriore gesto di solidarietà e fi ducia”. Il nuovo Fondo è di importo pari a quello stanziato nel dicembre 2008 e recentemente rendicontato proprio da Caritas: altri 50 mila euro “da destinare a soggetti e famiglie svantaggiate”. Caritas diocesana si avvarrà del lavoro dei suoi Centri di ascolto presenti nell’intero territorio diocesano (la città, Agliana, Oste, Quarrata, Poggio a Caiano). Sottolineata anche che questo contributo “è la parte più concreta di un progetto di condivisione molto più ampio, costituito dai valori e dalla consapevolezza che la solidarietà si costituisce soprattutto nel mettere insieme le forze, le capacità, le intelligenze, le risorse a favore di chi, nostro fratello, vive situazioni di esclusione e negazione dei diritti fondamentali”. Con il Fondo 2008/2009 sono state aiutate 500 persone. Tutti gli interventi sono stati concertati e verifi cati con gli assistenti sociali e non ci sono state spese di gestione: l’intero importo è andato alle persone in diffi coltà. M.B.

Carissimi fratelli e sorelle delle parrocchie di San Mar-cello, Gavinana e Mammiano, con questa lettera vengo ad annunciarvi una notizia che, a molti di voi, recherà disagio e sofferenza.

Dopo attenta riflessione, preghiera e consiglio ho chiesto a don Simone Amidei di trasfe-rirsi in città a Pistoia, per meglio provvedere al servizio diocesa-no della pastorale giovanile che da mesi gli ho affi dato.

Tale servizio richiede da parte sua, soprattutto nei primi anni del suo mandato, un im-pegno di tempo, di dedizione, di contatto con le persone e di presenza dentro le diverse realtà giovanili delle parrocchie e dei Movimenti che non può essere adeguatamente svolto rimanen-

do nella sede di San Marcello.Per questo gli ho assegnato

una residenza presso la par-rocchia di S. Andrea, in città, accanto ad un sarcedote, don Grazzini Fernando, cui è legato da grande stima ed affetto e che può validamente aiutarlo, in questi primi anni di sacerdozio, con la sua esperienza e con la sua saggezza. So che siete molto legati a don Simone e che la mia scelta vi recherà dolore, di questo mi dispiaccio sinceramente, ma vi è un bene più generale, quello della diocesi, che il vescovo non deve perdere di vista ed a cui deve al meglio provvedere.

Ringrazio don Simone per questo tempo di servizio e di dedizione che ha passato in mezzo a voi e per la disponibilità con cui ha accolto la richiesta del

vescovo.Ringrazio don Tommaso

per quanto si è impegnato nella collaborazione con don Simone e per il servizio che egli continua a svolgere in mezzo a voi con grande generosità e saggezza.

E’ don Tommaso il garante della continuità di una linea pastorale e di uno stile di vita sacerdotale che non andrà perso con la partenza di don Simone.

Avendo ben presenti le vo-stre necessità pastorali e l’im-portanza che le parrocchie siano seguite nel loro cammino da valide figure di sacerdoti, ho provveduto ad inviare come nuovo aiuto a don Tommaso, un sacerdote molto giovane, don Cipriano Farcas, che ho ordinato prete il 28 giugno di questo anno.

Egli, in questi mesi, ha as-sistito don Vincenzo Venturi nella sua ultima malattia ed ha curato la parrocchia di Maresca dopo la sua morte, raccogliendo l’apprezzamento e la simpatia di tutti. E’ originario della Ro-mania, ha compiuto in Italia, nel nostro seminario, gran parte del-la sua formazione, ed anche altri membri della sua famiglia hanno stabilito qui la loro residenza.

Vi chiedo di accoglierlo con grande disponibilità e di sostene-re ed incoraggiare con la vostra collaborazione questi primi passi del suo sacerdozio.

A don Tommaso, a don Si-mone, a don Cipriano ed ciascu-no di voi vada il mio augurio e la Benedizione del Signore.

X Mansueto Bianchivescovo di Pistoia

Alle comunità parrocchiali di San Marcello, Gavinana, Mammiano

Nuovi parroci in montagna

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8 n. 39 8 Novembre 2009LaVitacomunità ecclesiale

corso gramsci, 159/b - cell. 338.5308048 - pistoiaaperto pranzo e cena

Tutti gli incontri hanno come riferimento testi del Van-gelo di Luca, scelti in relazione ai criteri base della formazione religiosa del nucleo familiare, del signifi cato dell’unione fon-data sulla compartecipazione personale. Il primo incontro, l’Annunzio della nascita di Gesù (Lc, 26-38) si è svolto il 21 otto-bre. Prima di giungere al mistero dell’annuncio, don Palazzi ha ricordato alcune impostazio-ni specifiche dell’educazione femminile all’epoca ebraica che richiedevano un forte ap-profondimento della scrittura e quindi della storia degli ebrei che doveva giungere alla pie-nezza dei tempi. Certamente tale formazione di base caratte-rizza in un primo momento le reazioni di Maria nell’incontro con l’Angelo. Reazioni che nel testo di Luca sono puntualizzate con alcune espressioni molto forti: “rimase turbata”, “come è possibile, non conosco uomo”, espressioni che indicano lo stupore, il confronto con la realtà; ma il “ti saluto, o piena di grazia”, “nulla è impossibile a Dio”, “sono la serva del Signo-re” indicano la consapevolezza di una chiamata altissima e la disponibilità ad essere al servi-

Pranzo di solidarietà

“Aiutamo Leonardo”Pubblichiamo il resoconto di quanto ricavato dalla

cena di solidarietà fatta a Badia a Pacciana, per Leo-nardo Pagli, affetto da un tumore degenerativo e che deve effettuare un particolare intervento in Giappone molto costoso.Ricavo del pranzo euro 6.725,00Offerte libere euro 1.900,00totale raccolto euro 8.625,00spese cucina euro 1.100,00consegnato ai familiari euro 7.525,00

Quanto sopra è stato possibile grazie all’aiuto di Dio che ha permesso una bellissima giornata, e all’impegno di tante persone di Badia nell’organizzazione di un pranzo con la presenza al pranzo di circa 300 persone. A tutti va il ringraziamento e la stima dei familiari di Leonardo, per questa gara di solidarietà.

Associazione Pozzo di Giacobbe

7 donne stranieresuperano l’esameper la lingua italiana

Per il secondo anno consecutivo l’Associazione di Volontariato “Pozzo di Giacobbe” ha partecipato al progetto “Lingua e cittadinanza” in collaborazione con la Provincia di Pistoia, che prevede l’inserimento di cittadini stranieri residenti in Italia in un percorso di apprendimento della lingua e di cittadinanza ita-liana di cui uno degli obiettivi è l’ottenimento della certifi cazione Cils (rilasciato dall’Università per Stra-nieri di Siena) spendibile nel mondo del lavoro e per il rinnovo del permesso di soggiorno.

Questo anno l’Associazione ha accompagnato 7 donne straniere (4 marocchine e 3 albanesi) al C.T.P. di Pistoia per sostenere l’esame, di cui abbiamo rice-vuto i risultati di recente: per tutte quante ha avuto buon esito…complimenti a tutte loro!!! Un importan-te passo di integrazione e di possibilità.

I corsi di italiano si svolgono settimanalmente presso la sede del “Pozzo”, in via Fiume n° 53 a Quarrata, nei giorni di martedì e venerdì dalle ore 9:30 alle 11:30.

PER INFO telefonare allo 0573.739626 o presenta-rasi direttamente in sede.

Nuovi orari ad Al KalèL’Associazione di Volontariato “Pozzo di Gia-

cobbe” comunica il nuovo orario di apertura dello Spazio Giovani “Al Kalé”, situato in via Fiume 51 presso i locali del Centro Culturale “Sbarra” e dedi-cato ai ragazzi dai 14 ai 25 anni: lunedì, martedì, gio-vedì e venerdì dalle 15.00 alle 18.00; mercoledì dalle 21.30 alle 24.00; nuovo orario di apertura anche dello Spazio Studio “La Fratta”: lunedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.30; mercoledì dalle 14.00 alle 19.00.

Tutti i dettagli e gli aggiornamenti sulle iniziative sono reperibili sui nostri siti: www.pozzodigiacobbe-onlus.com, www.spaziogiovanialkale.com, oppure telefonare allo 0573.739626.

Alessio Frangioni

Centro famiglia Sant’Anna

Incontri di spiritualitàGli incontri, guidati da don Paolo Palazzi,

dureranno fi no al 19 maggio 2010 e avranno cadenza mensile

di Rosa Toscano

ciato il serpente. -Maria è l’Immacolata Con-

cezione. Dio l’aveva preservata, come Eva prima del peccato, nella santità, nella grazia, nella pienezza di Dio. In lei non c’era il male.

Alcuni partecipanti all’in-contro hanno espresso le loro riflessioni su quanto questo avvenimento si riflette oggi nella nostra realtà attuale. Ad esempio il “rimase turbata” , come è vissuto oggi? Cerchiamo di comprendere una richiesta divina? Siamo disposti a cercare di leggere e comprendere il messaggio e a realizzarlo nella nostra vita in relazione a ciò che Dio ci chiede? O ci limitiamo semplicemente ad analizzare le problematiche sociali, le in-terferenze con l’impostazione che diamo alla nostra vita sulla base dei nostri interessi perso-nali? Quanto, nelle difficoltà quotidiane, crediamo che nulla è impossibile a Dio, quanto sia-mo quindi disponibili ad essere servi del Signore? L’incontro si è concluso con una preghiera di Bruno Forte “Come Maria” che riassume i signifi cati teologici della fi gura di Maria e il signifi -cato del suo “si”.

Rosa Toscano

zio del Signore. Maria, creatura interamente umana, vive piena di grazia. Il suo contatto con Dio era continuo e non può che sfociare nell’obbedienza totale a Dio. Don Palazzi ha ricordato anche che sicuramente, per la sua formazione religiosa, Maria conosceva il brano del Profeta Isaia (7,14) che parla di una Vergine che avrebbe concepito e dato alla luce l’Emmanuele, il Dio con noi; si riconosce con umiltà in questa richiesta e si offre con completa disponibilità alla realizzazione del progetto divino, disponibilità collegata ad Abramo (Antico Testamento) che credette alla promessa di Dio di divenire padre e con il “si” di Abramo nasce la fede sulla terra, ma viene resa perfetta dal “si” che Maria compie sotto la guida dell’Angelo: passato e futuro si compiono in lei. Ma mentre il “fi at” di Abramo, è stato rile-vato, è fede per un solo popolo, il “fi at” di Maria rende ancora

più perfetta la fede di Abramo, nel suo grembo c’è la Trinità, il Verbo, è un “fi at” per tutti i popoli chiamati a fare parte della Chiesa. Certamente Maria non può comprendere tutto il mistero che si sta compiendo, però si fi da e sa che la sua vita sarà una vita di donazione totale. E don Palazzi ha quindi ricordato che su tutti noi esiste un progetto di Dio, ma dobbiamo lasciarci dominare come Maria dalla parola di Dio.

A conclusione sono stati citati i contenuti teologici del testo di Luca:

-L’onnipotenza di Dio che si realizza solo se l’uomo accetta come Maria con il suo “sì”.

-Gli attributi dell’Angelo a Gesù: Cristo è l’unto, il consacra-to, è Figlio di Dio, del Dio Altis-simo, citato già da Melchisedec nell’Antico Testamento e diventa un Dio vicino.

-La fedeltà di Dio alle pro-messe: la donna avrebbe schiac-

Il 24 ottobre 2009 il CeIS (Centro di Solidarietà di Pi-stoia) ha vissuto un momento molto importante, legato al rag-giungimento di quell’obiettivo fi nale che ogni ragazzo vuole conquistare da quando decide di intraprendere un percorso di re-cupero dalla tossicodipendenza, quello del “fi ne programma”

La cerimonia si è aperta con il discorso di suor Geltrude, pre-sidente del centro, con il quale ha espresso con commozione la sua gioia e soddisfazione, rivolgendosi in particolare ai ra-gazzi, che ora sono in comunità, facendo con loro memoria anche delle sofferenze e delle fatiche che i festeggiati hanno condiviso con i propri operatori

Ha poi evidenziato di quan-to la crescita individuale di que-

Ceis di Pistoia

Assegnati 17 “fi ne programma”sti ragazzi sia stata per lei, gli operatori e i familiari un grande motivo di arricchimento.

Dopo il discorso di suor Geltrude, ha preso la parola l’assessore alle politiche sociali del Comune di Larciano che ha salutato tutti i presenti anche a nome del Sindaco e ha espresso l’orgoglio della giunta comuna-le per la presenza sul proprio territorio della comunità “Il Poggiolino”.

La cerimonia è proseguita con la consegna degli attestati di “fi ne programma” e questo è stato il momento più toccante perché con la testimonianza di ciascuno dei festeggiati, fatta di parole molto semplici, si è dimo-strato che è possibile cambiare stile di vita, amare cose pulite, vivendo rispettando se stessi e

gli altri.Un fine programma “spe-

ciale” è stato dato ad una madre di un ragazzo che purtroppo è venuto a mancare durante l’ultima fase del suo percorso in comunità ma che è stato ed è sempre presente attraverso il costante servizio di volontariato di sua madre.

A fi ne manifestazione tutti i presenti, presidente del centro, assessore, ragazzi, familiari, amici, operatori si sono ritrovati in un momento comunitario di festa per celebrare l’impor-tante traguardo raggiunto, con l’augurio di ritrovarsi presto a festeggiare un altro “fi ne pro-gramma”.

Sarà Antonio Galanti ad eseguire le musiche (compo-ste da lui stesso) del Vespro d’organo, promosso dall’Ac-cademia «Gherardeschi», in collaborazione con il Capitolo, in programma domenica 8 novembre (ore 17) in Catte-drale (organo Costamagna, 1969). Antonio Galanti (1964), organista e compositore, ha studiato al Conservatorio di Firenze. Si è diplomato in pia-noforte (1985), composizione

Cattedrale

Vespro d’organo con Antonio Galanti(1986), organo (1988), stru-mentazione per banda (1989) e musica corale (1990). Ha vinto, tra l’altro, il 1° Premio al VII Concours Suisse de l’Orgue (Svizzera, 1989) e il 1° Premio al XXXI Festival Musica Anti-qua - Internationale Wedstrijd

Orgelpositief (Belgio, 1994). Dal 1989 insegna organo alla Scuola Comunale di Musica di Pistoia e dal 1999 è titolare della cattedra di Armonia contrappunto fuga e compo-sizione al Conservatorio di Alessandria. P.C.

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98 Novembre 2009 n. 39LaVita comunità ecclesiale

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Pellegrinaggio di preghiera

Le poesie

dei nostri lettoriSPERANZA NELLA RESURREZIONE

Com’è struggente, mamma,il desiderio di rivederti ancora,adesso che non posso piùabbracciarti.

Sotto il pesante marmo e il freddo suoloriposano le spoglie tue in attesa.

Ma tu forse mi vedi mamma?Grande in me è il desideriodi riallacciare il fi lo che è spezzato.

Allor che posso fare?Per te prego.Che breve siaSignoreil suo cammino per arrivare a TeAmore vero.

Quando non so,ma certa sono, che gli occhi tuoi celesti da bambinaio rivedrò mamma adorata,in cielo.

Gabriella Morandi

Il 15 novembre si svolgerà al Centro di Monteoliveto, la 25a Fe-sta dell’anziano.

La festa serve a riuni-re in un giorno di gioia tutti gli amici di Monteo-liveto, ospiti e volontari che vi operano.

La 25a edizione fe-steggia, come ogni anno, i novantenni del Comu-ne di Pistoia.

La direttrice Maria Grazia Strenta ed il presidente Giancarlo Matocci per l’occasione hanno rivolto loro un messaggio. “È una festa per i nostri concittadini che hanno compiuto no-vant’anni. È ormai una nostra tradizione e noi la teniamo come omaggio

Centro di Monteoliveto - 15 novembre

25a Festa annuale degli anzianialla vita eccezionale in ogni sua fase e degna di devozione perché dona-ta da Dio”. Poi rivolto ai novantenni: “il novan-tesimo compleanno di età è oggetto di nostra sincera ammirazione ed una grande speranza per tutti; pertanto si invi-tano gli anziani del co-mune ad essere presenti per ascoltare il pensiero di monsignor vescovo, attento alle migliori cure delle persone anziane”.

Il Centro informa che qualora vi fossero diffi -coltà per i familiari nel-l’accompagnare gli an-ziani non autosuffi cienti è possibile usufruire dei pullmini con autista: basta prenotare presso la

Come può il cristia-no solo per curiosità o per ignoranza o per pau-ra di essere considera-to diverso, festeggiare Halloween? Cosa c’è di divertente nel festeggiare la festa delle streghe, fan-tasmi, zucche pipistrelli? La sera del 31 ottobre è la vigilia della solennità di tutti i Santi, dunque di co-loro che si sono rallegrati nel Signore, e non la festa orientata all’occultismo e, tanto per cambiare, occasione di consumismo. E il giorno successivo

Fraternità dei Giovani di Gerusalemme

Evangelizzazione di stradaricordiamo i nostri defun-ti… La morte ha una sua dignità che la notte di hal-loween infanga e calpesta. I Santi sono persone già morte che stanno di faccia all’Agnello. I defunti sono coloro che si sono addor-mentati nella speranza della Resurrezione, non certo anime che vagano in cerca di corpi.

Mossi da queste certez-ze maturate nel cammino di fede e nella preghiera, noi ragazzi della Frater-nità dei giovani di Jerusa-lemme insieme alla nostra

comunità parrocchiale di San Paolo, in comunione con tutta la Chiesa, abbia-mo preparato una notte di Halloween alternativa, con una veglia di Adora-zione eucaristica notturna animata e un momento di evangelizzazione per le strade del nostro centro cittadino.

Non ci siamo trasfor-mati per un momento in superuomini o superdon-ne ma, sostenuti dalla pre-ghiera di coloro che rima-nevano in chiesa, abbiamo semplicemente annuncia-

to il kerigma contro i vari antivangeli che la cultura del tempo vuole propor-ci. Quindi, non ci resta che dire: “rallegriamoci tutti in Cristo, insieme ai Santi, perché siamo il suo corpo pellegrinante sulla terra sino alla morte e nel contempo corpo glorioso in cielo per l’eternità. Con gioia rivolgiamo a tutti voi che state leggendo queste poche righe l’augurio di una vita modellata sulle note delle beatitudini e del vero Amore.

Nunzia e Michele

Un pellegrinaggio a Santiago di Compostela, nell’anno giubilare di san Giacomo, con i gio-vani pistoiesi: a piedi dai Pirenei, a piedi nell’ul-timo tratto, in bicicletta, in pullman; ciascuno a modo suo, ma con l’im-pegno di ritrovarsi tutti insieme, con il vescovo Mansueto Bianchi, nella cattedrale di Santiago nel giorno prestabili-to (potrebbe essere il 4 agosto). C’è anche questo nel programma 2009/2010 della Pasto-rale giovanile illustrato da don Simone Amidei in una lettera inviata nei giorni scorsi a tutti i sacerdoti della diocesi. I dettagli del pellegri-

Nel luglio 2010 per il Giubileo Jacopeo

Pellegrinaggio giovanilePistoia-Santiago

Riparte consuccesso la

“Scuola della Parola”: il vescovo

parla ai giovani sull’Esodo

di M.B.naggio sono in fase di studio, ma ai sacerdoti è chiesto fi n da ora di “non accavallare in quel periodo altre uscite con i gruppi giovanili”.

Il Giubileo Compo-stelano, come molto noto in una città jacopea per eccellenza come Pistoia, è l’anno in cui la festa di San Giacomo (25 luglio) cade di domenica. Ogni secolo ciò accade almeno 17 volte. Dopo il 2010, questo specifi co giubi-leo (con tale termine si intendo un periodo di sosta e riposo, di riconci-liazione e remissione dei peccati) sarà celebrato nel 2021 e nel 2027.

E’ intanto partito, venerdì scorso, il nuovo

ciclo di “Scuola della Parola”: le catechesi del vescovo Bianchi pensate in modo specifi co per i giovani e quest’anno riunite da una rifl essione (“Testimoni di libertà”) sul libro dell’Esodo. Il bi-blista Mansueto Bianchi ha tenuto il primo incon-tro venerdì scorso, 30 ot-tobre, in un’affollata aula maggiore dell’antico se-minario pistoiese: alme-no 150 i giovani presenti. Seguono, a cadenza men-sile, altri nove incontri fi no a maggio (per iscri-zioni: www.pistoiagiova-ni.it dove, raggiungibili anche dal sito www.dio-cesipistoia.it, sono scari-cabili le registrazioni). Al termine di ogni incontro

sono possibili, per chi lo desidera, dialoghi personali, e confessioni, con sacerdoti. Il tema è il racconto dell’Esodo e, dunque, il racconto di un cammino verso la libertà, il signifi cato del concetto “libertà”.

Un altro appunta-mento nel feeling fra i giovani pistoiesi e il loro vescovo è già stabilito per il 20/21 febbraio: un ritiro a Bocca di Magra mentre in primavera, come da consuetudine, si svolgerà la tradizionale “giornata diocesana dei giovani”.

segreteria entro il 10 no-vembre al n. 0573.975064

Il programma della festa inizia con il saluto della direzione del Cen-tro alle 10,15 a cui segui-rà il saluto del vescovo; alle 10,45 saranno festeg-

giati i grandi novanten-ni. Alle 11,30 ci sarà la Messa presieduta dal ve-scovo e solennizzata dai canti della Corale polifo-nica pistoiese. Seguirà il pranzo sociale.

Daniela Raspollini

Inaugurazione del servizio di biblioteca

Sabato 7 novembre alle 17,30, presso il Centro Monteoliveto (Casa dell’anziano), si terrà l’inaugu-razione del servizio di biblioteca. Nell’occasione il professor Vasco Gaiffi leggerà il V canto dell’Inferno. Al termine della Lectura Dantis verrà offerto un ape-ritivo. Alle 20 cena su prenotazione.

(INFO: tel. 0573.975064 e 0573.975098).

Master per iconiugi Pierattini

Piero e Paola Pierattini hanno completato il loro master in scienze del matrimonio e della famiglia al “Pontifi cio Istituto Giovanni Paolo II per studi sul matrimonio e sulla famiglia” presso la Pontifi cia Uni-versità Lateranense.

E’ un corso di studi triennale che prevede esami in materie diversifi cate: antropologia, biblica, demografi a, fi losofi a, fi siologia umana, teologia, magistero della chiesa, pastorale, diritto, bioetica, sociologia, …

Il corso è strutturato, per venire incontro agli im-pegni di lavoro, su una settimana intensiva (44 ore di lezione) e su due settimane estive di studio, al mattino, e di riposo e ferie familiari, nel pomeriggio. Il materiale di studio viene poi integrato da documentazione e testi su un apposito sito di internet.

Page 10: ita · sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo ... un solido contesto giuridico che la metta al servizio ... Altre volte lo stesso Pontefice si era co-

10 n. 39 8 Novembre 2009LaVitacomunità e territorio

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

GLI EFFETTI DELLA CRISI E LE RISPOSTE ISTITUZIONALI A CURA DI PATRIZIO CECCARELLI

AnsaldoBreda

A rischio i livelli occupazionaliPrevisto il ricorso alla cassa integrazione,

l’azzeramento degli interinali e forti ripercussioni sull’indotto

Si fa sempre più incerta anche la situazione di AnsaldoBreda, la maggiore azienda del territorio pistoiese. Per sollecitare l’attenzione delle istituzioni, i dipendenti la scorsa settimana hanno sfi lato in corteo ed una delegazione è stata ricevuta in Prefettura. I timori in questo caso riguardano il futuro dello stabilimento pistoiese. Non è detto, infatti, che il cervello dell’azienda rimanga a Pistoia, anzi allo stato delle cose sembra quasi certo il contrario. Inoltre, il conto economico quest’anno si annuncia in forte perdita, a causa, pare, dello slittamento dell’apertura del bando di gara per la commessa sull’alta velocità. Ma quest’ultimo non sembra essere l’unico problema, si parla, infatti, di carenze organizzative tali che i costi complessivi dei prodotti sono superiori al prezzo di vendita degli stessi. In altre parole più l’azienda produce e più accumula perdite, con gravi ripercussioni anche sui livelli occupazionali. «Abbiamo manifestato –spiega Diego Breschi, coordinatore della Rsu– perché vogliamo che la nostra azienda rimanga cuore pulsante dell’economia locale, che i livelli occupazionali siano garantiti, che non succeda, come ci ha proposto l’azienda, di spacchettare e dividere i lavoratori. L’azienda ci ha presentato un progetto di bilancio, che riguarda sostanzialmente il ricorso alla cassa integrazione e l’azzeramento di tutti gli interinali, oltre ad una drastica riduzione dell’indotto». Il piano proposto dal-l’azienda si basa su due linee specifi che: da una parte viene proposta una serie di azioni per rendere più effi cienti i vari processi e funzioni aziendali, dall’altra si parla di un sostanziale taglio dei costi. Le proposte sono contenute in un “piano industriale” consegnato ai rappresentanti sindacali qualche giorno fa. Secondo questi ultimi, si tratterebbe della riproposizione di tutta una serie di interventi che l’azienda aveva già dato per fatti o avviati ormai da mesi, in alcuni casi da anni. «Non riusciamo a capire –dice Breschi- perché queste azioni ci vengano ora riproposte come la soluzione di tutti i mali. Nonostante alcuni reparti siano ormai obsoleti, il piano prevede pochi investimenti in nuove attrezzature e tecnologie produttive, peraltro condizionati dall’acquisizione di nuove commesse».

Il Comune di Pistoia vara un pacchetto anticrisi, defi nito in accordo con le associazioni di ca-tegoria e con le parti sociali della città. Il piano prevede una serie di agevolazioni alle imprese, tra cui l’esenzione dal pagamento della Tia per le microimprese gestite dai giovani e una conven-zione col sistema bancario che offre la possibilità di ottenere l’anticipo dei crediti vantati dai fornitori dell’amministrazione pubblica. L’amministrazione ha predisposto il secondo bando pubblico per l’erogazione dei contributi previsti dal bilancio 2009, dedicato a coloro che hanno perso il posto di lavoro. L’intesa è frutto dell’accordo tra l’ente, i sindacati confederali e

Comune

Fondo straordinario per chi perde il lavoro

do il modello disponibile sul sito internet del Comune di Pistoia: www.comune.pistoia.it, presso PistoiaInforma (piazza Duomo), oppure presso l’assessorato alle politiche sociali (piazza San Lo-renzo, 3). Il richiedente dovrà allegare alla domanda lettera di licenziamento, autocertifi cazio-ne che attesti di non percepire indennità di mobilità, accordo sindacale di cassa integrazione. Le domande dovranno essere consegnate esclusivamente al-l’uffi cio protocollo del Comune di Pistoia, Piazza Duomo, n. 1, dal 9 novembre al 10 dicembre 2009.

federazioni pensionati di Cgil, Cisl e Uil. L’importo messo a disposizione, circa 100mila euro, costituisce un fondo straordina-rio che l’amministrazione di Pistoia intende utilizzare per rispondere agli effetti della crisi economica, che ha determinato pesanti conseguenze, fi accando il tessuto produttivo locale. I destinatari del bando sono i cittadini residenti nel comune di Pistoia. Il contributo verrà erogato secondo le seguenti prio-rità e con gli importi di seguito indicati: 1) essere l’unico com-ponente occupato in un nucleo familiare, risultare disoccupato dal 30 giugno 2008 e essere pri-vo di ammortizzatori sociali: contributo mensile pari ad euro

361,52 per tre mesi; 2) lavoratori che abbiano esaurito l’indennità di disoccupazione o mobilità: contributo mensile pari ad euro 361,52 per tre mesi; 3) famiglia con più componenti disoccupati: contributo mensile pari ad euro 170 per tre mesi; 4) lavoratori licenziati in disoccupazione ordinaria esclusa la mobilità: contributo mensile pari ad euro 170 per tre mesi. Tutti coloro che hanno già benefi ciato del contri-buto assegnato con il 1° bando non rientrano nell’assegnazione del 2° bando. Il contributo non è cumulabile con altre forme di contributi ordinari o straordinari di natura pubblica previsti per la medesima fi nalità. La domanda deve essere presentata utilizzan-

È il vivaismo l’ultimo ba-luardo dell’economia pistoiese, ma neppure questo sembra essere immune alla crisi. Nel comparto lavorano oltre 5000 addetti, senza contare l’indotto. In questo caso si tratta di crisi rifl essa, ma l’occupazione è a rischio. A lanciare l’allarme è Confagricoltura di Pistoia, che segnala lo stato di crisi dei mer-cati per tutto il settore agricolo, compreso quello vivaistico. «È chiaro -afferma il presidente dell’unione agricoltori di Pistoia Edoardo Chiti- che l’agricol-tura e tanto meno il vivaismo non sono in crisi, ma risentono fortemente del minor potere di acquisto delle famiglie, che ha fortemente ridotto la domanda

Vivaismo

Confagricoltura chiede misure urgentiLa crisi si sta abbattendo anche sul

principale comparto produttivo della provincia. Diminuiscono la domanda e il prezzo dei prodotti, ma non i costi di

produzione

l’istituzione di un fondo di soli-darietà nazionale (250 milioni di euro), con portata retroattiva agli anni 2008-2009, la conferma del-le agevolazioni contributive per le zone svantaggiate e montane (200 milioni di euro), la riduzio-ne del cuneo fi scale per le aree non agevolate del Centro-Nord (6 milioni di euro), la proroga delle agevolazioni per il gasolio agricolo (48 milioni di euro), l’estensione della «Tremonti ter» alle imprese individuali per gli investimenti in macchinari e at-trezzature (300 milioni di euro), il ripristino dell’attuale sistema di compensazione crediti Iva, eliminando l’obbligo di com-pensazione successivamente alla dichiarazione annuale. Questa novità, introdotta in fi nanzia-ria a partire dal 2010, creerà diffi coltà alle imprese agricole di maggiori dimensioni del comparto fl orovivaistico.

ed il prezzo dei prodotti, mentre continuano ad aumentare i costi di produzione. Non chiediamo sussidi, ma soltanto incentivi per superare l’emergenza. È stato fatto per tutti, perché escludere il settore agricolo?». «Il settore agricolo va riequilibrato con le stesse misure attivate per gli altri settori -afferma il direttore provinciale di Confagricoltura Genunzio Giannoni– tanto più

che in agricoltura le risorse degli ammortizzatori sociali possono essere investite in opere preven-tive e non curative, dal momento che in agricoltura non si può chiudere o sospendere l’attività. Infatti, gli animali devono essere alimentati tutti i giorni e le piante devono essere curate periodi-camente». Le misure urgenti richieste da Confagricoltura per contrastare la crisi riguardano

Senza stipendio da oltre due mesi. Si fa di giorno in giorno più drammatica la situa-zione degli oltre 600 dipendenti della Answers di Pistoia, uno dei più grossi call center del centro Italia. Nel corso dell’ultima settimana li abbiamo visti ma-nifestare più volte per le strade di Pistoia, sono stati ricevuti in due occasioni in Comune ed hanno manifestato anche a Firenze, davanti alla sede del Consiglio Regionale, dove hanno incontrato l’assessore Simoncini. Il 26 ottobre c’è stato l’incontro al Ministero, dov’era prevista la presenza anche dei rappresentanti dell’azienda, che però non si sono presentati. «È una situazione gravissima – sottolinea Daniele Quiriconi, segretario generale della Cgil di Pistoia – Answers rappre-senta la seconda azienda privata della nostra provincia ed è una vicenda che pare senza sbocchi,

Answers

Lavoratori senza stipendio da due mesiLavoratori senza stipendio da due mesiSituazione drammatica con diffi coltà

materiali per i dipendenti, alle prese con mutui, bollette e fi nanziamenti da

rimborsare. Duecento di loro hanno intrapreso azioni legali contro l’azienda

un’altra delle crisi gravissime che hanno contraddistinto il nostro territorio». I lavoratori sono stati ricevuti due volte, nel giro di una settimana, a Palazzo di Giano, prima dal vicesindaco Mario Tuci, che li ha incontrati insieme alla presidente della Provincia, Federica Fratoni e all’assessore comunale allo sviluppo economico, Barbara Lucchesi e dopo due giorni sono stati ricevuti dal sindaco Renzo Berti e dalla giunta comunale al completo. Duecento lavoratori, intanto, hanno deciso di intra-prendere azioni legali contro l’azienda e per questo si sono rivolti all’uffi cio vertenze della Cgil. Oltre al ritardo dei paga-menti degli stipendi, i lavoratori lamentano una diffi cile comuni-cazione con i vertici aziendali, che non esprimono interlocutori certi ed affi dabili. La paura mag-giore espressa dai dipendenti è che le nuove proprietà del

di fronte all’atteggiamento ban-ditesco di questo gruppo, che ha acquisito lo stabilimento di Pistoia e che non si è presentato neppure all’incontro convocato al Ministero dell’Industria. Il sindacato e i lavoratori sono

privi di interlocutori, ci sono situazioni molto pesanti, di madri con fi gli che sono l’unico stipendio della famiglia, marito e moglie o persone che hanno il proprio coniuge o proprio convivente che è incappato in

gruppo aziendale non riescano a delineare un futuro per lo stabilimento pistoiese e che, al contrario, abbiano già fatto scelte che vanno nella direzione di uno smantellamento. Ad aggravare la situazione si aggiungono le diffi coltà materiali dei dipenden-ti, alle prese con mutui, bollette e fi nanziamenti da rimborsare. Il sindaco ha ribadito la propria

vicinanza ai lavoratori, pren-dendo anche diversi impegni. Innanzitutto, chiedendo un chiarimento defi nitivo in merito alla titolarità dell’azienda e alle intenzioni del prossimo futuro. Verranno interpellate anche le aziende nazionali titolari delle commesse Answers (Enel, Tim e Telecom), affi nché continuino a sostenere l’azienda.

do il modello disponibile sul sito

Stanziati 100mila euro per i

disoccupati e un pacchetto anticrisi

per le imprese

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118 Novembre 2009 n. 39LaVita

Franco Benesperi, vicepre-sidente della Banca di Credito Cooperativo di Vignole, è stato confermato presidente della Consulta comunale dell’econo-mia e del lavoro del Comune di Agliana. Conferma anche per il vicepresidente, Daniele Gioffredi, esponente Cgil. La prima seduta dell’organo con-sultivo, si è riunito recentemente presso il Comune di Agliana e ha visto la partecipazione di quasi tutti i membri effettivi in rappresentanza di associazioni di categoria, istituti di credito, ordini professionali e consiglio comunale. Il sindaco di Agliana Eleanna Ciampolini e l’asses-sore alle attività produttive Marco Pacini hanno sottolineato

Agliana: consulta dell’economia

Benesperi confermatol’importanza del punto di riferi-mento costituito dalla Consulta che, “come accade da 10 anni ad oggi, sarà un tavolo di confronto tra i vari soggetti dell’economia locale e rappresenterà un ruolo fondamentale di proposta e di consulenza per il consiglio e per la giunta comunale”. Nel corso della sua esistenza la Consulta ha promosso l’istituzione della Mostra mercato delle attività produttive, organizzata nel corso dei festeggiamenti del “Giugno aglianese”, l’Osservatorio seme-strale sull’andamento del settore tessile e manifatturiero e il pre-

mio relativo all’Aglio d’argento per le aziende aglianesi attive da anni sul territorio locale, oltre a convegni e incontri su varie te-matiche, dal tessile all’ambiente passando per l’informatica e le energie alternative. I membri dell’organo hanno valutato una-nimemente come “molto positi-va” la conferma del presidente e del vice e la successiva votazione ha evidenziato, di conseguenza, quanto emerso dal dibattito. Franco Benesperi, richiamando l’attenzione sulle competenze della Consulta, ha sottolineato la necessità di mantenere l’entusia-

Sarà visitabile fi no al 12 novembre, nei locali di Arte-mura, in via Bozzi 6-8, la Mostra dell’Ingegno dei Pistoiesi, terza edizione: 46 opere, articolate in quattro sezioni (brevetti storici, invenzioni industriali soggette a tutela brevettuale, progetti innovativi delle imprese e degli istituti scolastici), che esprimo-no tutto il genio della nostra provincia.

«Una mostra che guarda al futuro – dice Simone Gori, presidente del gruppo Giovani imprenditori di Assindustria Pistoia -, perché quest’anno ci sono tantissimi progetti delle scuole, che hanno realizzato un lavoro straordinario. Abbiamo la fortuna di avere anche una sezione di brevetti storici, con le grandi aziende che hanno fatto la fortuna di Pistoia e del nostro territorio e che qui hanno messo in mostra le loro opere. Questo serve anche da stimolo per darci energie per il futuro e per affrontare le diffi coltà che ci sono oggi a fare impresa».

Un pezzo di storia della provincia pistoiese, insomma, con successi imprenditoriali del passato e del presente, ma anche uno sguardo al futuro con i nuovi brevetti e le idee

BREVETTI

In mostra l’ingegnodei pistoiesi

I l popolare Gelsomino aveva 85 anni, abitava a Pian di Doccia –tra San Marcello e Gavinana- e rappresentava uno degli ultimi baluardi di quella cultura rurale che si esprimeva nella pastorizia e nella vita ad essa correlata e va purtroppo estinguendosi. Era, insomma, uno dei pochi ‘eroi’ che ancora proseguono, sul nostro Appen-nino, ad accudire pecore e muc-che con impegno e passione. Ora che Gelsomino non c’è più, oltre ad essere ovviamente rimpianto da familiari, parenti e amici anche i suoi armenti si sentono

storici dei modelli di treni della AnsaldoBreda. L’iniziativa è promossa dal Gruppo Giovani Imprenditori di Assindustria Pistoia con il contributo della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia - Banca Intesa San Paolo e Camera di Commercio. L’orario di apertura della mostra è il seguente: lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 15 alle 19 il mercoledì e il sabato dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19.

San Marcello

È morto Gelsomino Innocentiindubbiamente ‘orfani’. I fami-liari dello scomparso, all’insegna dell’altruismo a cui egli li ha sempre educati, nell’impossibi-lità di farlo personalmente rin-graziano i tanti che si sono stretti

attorno a loro per questa grave perdita. E, dando attuazione a un’esplicita volontà espressa da Gelsomino, hanno promosso una raccolta di fondo economici in favore della Associazione Amici

Fino al 12 novembre nei locali di Arte-mura. L’iniziativa è del gruppo Giovani

imprenditori di Assindustriadi Patrizio Ceccarelli

Era uno degliultimi pastori.

Iniziativa in sua memoria a favore

dei poveri dell’Indiadi Alessandro Tonarelli

smo iniziale per il progetto “nel corso dei 5 anni di lavoro a cui siamo chiamati. E’ fondamentale che le proposte provengano da parte di tutti e che ognuno di noi mantenga l’impegno con costanza e partecipazione. Dobbiamo essere orgogliosi di far parte di quest’organo, unico del genere in tutta la Provincia di Pistoia”. La prossima seduta della Consulta, servirà per l’ele-zione dei membri del Comitato esecutivo, oltre a gettare le basi per programmare l’attività da svolgere nei prossimi anni.

Marco Benesperi

Missioni Indiane Onlus – Ami Versilia, devolvendo in suo fa-vore le contribuzioni già raccolte e invitando coloro ce intendono onorare la memoria del loro caro a farlo tramite versamenti effettuabili sul conto corrente postale 20216206 intestato ad Ami Onlus, Via Aldo Moro 7, 20090 Buccinasco (Milano) o conto corrente bancario di Ami Onlus, Iban IT54 N030 6909 5480 0000 8724 189. “Vogliamo –affermano Brunetto, Mariarosa, Silvano, Giuliana, Valeria e le rispettive famiglie- che il ricor-do del nostro babbo rimanga, perché da lui e dal suo esempio abbiamo potuto avere molto. E’ stato il pilastro della nostra famiglia e non si è mai perso d’animo, anche quando la vita non riservava gioie”.

Centro studi “Donati”

Premio letterario internazionale di narrariva e poesia“Giorgio La Pira 2009”Ecco i vincitori

Si sono conclusi i lavori che negli ultimi mesi hanno tenuto impegnate due commissioni giudicatrici del Premio letterario internazionale “Giorgio La Pira”, poesia e narrativa. Per la sezione narrativa: 1° Classifi cato (euro 7000 con targa del Presidente della Repubblica) Raffaello Spagnoli (Bovezzo, BS) con il racconto “Macerie”; 2° Classifi cato (euro 500 con targa di rappresentanza) Mauro Nerucci (Firenze) con il racconto “Schiaffi sulla Pietra”; 3° Classifi cato (euro 250 con targa di rappresentanza) Rosa Giovanni (Modica, RG) con il racconto “Non è stato il mare”. La commissione ha inoltre ritenuto meritevoli di una particolare segnalazione M. Teresa Cipri (Roma), Silvana Aurilla (Napoli); Giuseppe D’Enrico (Avellino), Mara Depini (Castel S. Giovanni, PC); Leila Gambaruto (Chieri, TO); Lucia Giovannelli (Parma).

Per la sezione poesia: 1° Classifi cato (euro 700 con targa del Pre-sidente della Repubblica) Giovanni Caso (Siano, SA) con la poesia “I venti della vita”; 2° Classifi cato (euro 500 con targa di rappresentanza) Orietta Tosi Scaramuccia (Levanto, SP) con la poesia “Scricciolo”; 3° Classifi cato (euro 250 con targa di rappresentanza) Franco Marano (Milano) con la poesia: “Ibisco”. Sono stati inoltre segnalati per i loro meriti. Carmelo Consoli (Firenze), Umberto Vicaretti (Luco dei Marsi, AQ), Giannicola Ceccarossi (Roma), A. Maria Belli (Piacenza), Giovanni Aniello (Marina di Minturno, LT).

I premi verranno conferiti nella mattina di domenica 29 no-vembre 2009 (ore 09.30) nei locali della Sala Sinodale del Palazzo dei Vescovi di Pistoia, in occasione della Giornata della Pace, della Cultura e della Solidarietà 2009.

La scelta degli elaborati da parte delle Commissioni non è stata semplice: ancora una volta, a conferma della serietà e del successo del Premio, il numero dei lavori pervenuti è stato decisamente elevato (più di 600), e molti di questi erano di livello qualitativamente molto alto, motivo per cui i membri delle Commissioni si sono trovati più volte in imbarazzo davanti alle molte opere che avrebbero meritato di ricevere il Premio. Alla fi ne, tuttavia, sono stati scelti i lavori che mag-giormente mostravano la presenza, da parte dell’autore, non solo di evidenti capacità letterarie, ma anche e soprattutto di profondi valori umani all’insegna della tolleranza e della solidarietà. Tali valori, del resto, sono quelli che ispirano la stessa Giornata Internazionale della Pace all’interno della quale si inquadra il concorso letterario, nella ferma convinzione del Centro Studi “Donati” che l’arte, la letteratura e la poesia possano essere ottimi strumenti per la promozione dei valori della pace e dell’amicizia.

innovative dei giovani.Ce n’è davvero per tutti i

gusti: dalla poltrona «Love» di Miss Italia 2009, ideata e realiz-zata dall’azienda Giovannetti, all’indicatore di vita residua

per i prodotti deperibili, ossia un termometro di scadenza per cibo e medicinali, ideato da Marco Bianchini e Marco Maschietti per l’azienda Montal-bano Alimentare, fi no ai brevetti

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12 n. 39 8 Novembre 2009LaVita

VOLLEY

“Aglianese Montale”per stupire

Et voilà l’ “Aglianese Montale”, sponsorizzata dal ristorante Oca Rossa di Bot-tegone. Avete capito bene: due cittadine della Piana per una squadra vincente, l’un-der 18. Il gruppo, guidato dal tandem Meri Malucchi capo coach-Mauro Innocenti assistent coach, ha iniziato la propria trafi la nel campiona-to provinciale di categoria con una striscia di tre vitto-rie al cospetto di Milleluci Casalguidi, Unione Pistoiese Volley e Mazzoni Pistoia. Dopo aver perso il titolo provinciale l’anno passato, nella fi nale con il Blu Volley Quarrata, in una gara condizionata dall’infortunio della valente Cecilia Torracchi (rottura del crociato anteriore del ginocchio sinistro), la compagine è ripartita con l’intento di rifarsi. Obiettivo possibile, ma che dovrà essere conquistato sul campo. “La diffi coltà del torneo sta nel fatto che spesso le partite non sono equilibrate -spiega Meri Malucchi- e ci troviamo di conseguenza a disputare la fase fi nale senza essere suffi cientemente allenati alle situazioni di stress. Quest’annata, essendo la stessa squadra a eccezione di Bartoletti, Picchiotti e Di Vitantonio impegnata nel campionato di serie D regionale, non dovrebbe esserci quest’inconveniente. Il gruppo ha sempre avuto nel carattere il proprio tallone d’Achille e ci auguriamo con tutto il cuore che quest’aspetto possa migliorare sensibilmente. Niente da dire, invece, sulla qualità delle pallavoliste, che meritano grandi soddisfazioni e sinceri elogi per l’impegno e la dedizione alla causa”. Compongono la rosa-giocatrici Francesca Bartoletti, classe ’92, e Giulia Picchiotti, classe ‘93 (che fanno parte del parco atlete dell’Aglianese, in serie C), Ilaria Mungai, Alessandra Ciottoli e Cecilia Torracchi del ’92, Francesca Bartolesi, Irene Morotti, Cinzia Mati, Erica Innocenti del ‘93 e Linda Divitantonio del ‘92 (che fa parte della rosa di Seconda Divisione provinciale). Il dirigente accompagnatore è Gabriele Divitantonio, coadiuvato da Annalisa Agostini e assistito, durante gli allenamenti settimanali, dal duo Morot-ti-Torracchi. Presidente dell’“Aglianese Montale”, nata da una costola del Volley Aglianese è Stefano Bartolesi. Gianluca Barni

di Enzo Cabella

contropiede

Una domenica bestiale per Pi-stoiese e Carmatic. La Pistoiese ha perso il derby col Quarrata, la partita che non avrebbe mai voluto perdere, non solo per una questione di classi-fi ca ma anche per il forte desiderio di superare la squadra del capoluogo che anima tutti i quarratini, sportivi e non. La Carmatic è nuovamente civolata sul parquet di casa contro Jesi, un’av-versaria (sulla carta) alla sua portata. Sono due sconfi tte che hanno lasciato il segno nelle società. La Carmatic ha deciso di ‘tagliare’, cioè di mandar via, Philips, che è stato un vero e proprio oggetto misterioso. Spesso bloccato da malanni fi sici, il giocatore non si è mai ambientato e anche quando è stato impiegato il suo rendimento è sempre stato scarso. Ora la società sta cercan-do affannosamente un sostituto che possa offrire un rendimento ben di-verso e possa formare con Slay, Skinn e il sempre più ammirevole Toppo la spina dorsale della squadra e dare un volto nuovo alla formazione. A questo punto è necessaria una osservazione: capita che uno straniero non si am-bienti e non offra il rendimento che ci si attendeva, ma sul conto di Philips c’erano stati segnali non proprio con-fortanti; dubbi, prima del suo tesse-ramento, erano affi orati a più d’uno. E’ vero che la società, per stessa am-missione dei dirigenti e degli sponsor, non naviga nell’oro per cui è impos-sibilitata a fare prime scelte. Tuttavia,

attraverso un’opera di attenta ricerca e selezione si può rimediare. Alla ca-tegoria nessuno vuole rinunciare.

La Pistoiese è caduta malamente a Quarrata. Che, diciamolo in tutta sincerità, ha fatto ben poco per vin-cere. C’è riuscita soprattutto perché la squadra di Di Stefano ha fatto ben poco per impedirglielo. E’ vero che era priva di ben quattro titolari, ma è anche vero _ come lo stesso allenato-re aveva dichiarato alla vigilia _ che il fatto non poteva essere preso come alibi, che l’organico della squadra garantiva ugualmente la possibilità di schierare una formazione tecnica-mente e agonisticamente valida, in grado quindi di far sua la gara. Ma così non è stato. Gli arancioni non hanno affrontato l’incontro con la mentalità giusta, con quella voglia di imporre la propria superiorità come si conviene ad una formazione che ha ambizioni di promozione. Ingenuità in difesa, poca organizzazione a cen-trocampo, debolezza in attacco: tutte carenze che hanno fi nito per regalare su un piatto d’argento i tre punti al Quarrata. Peccato, perché in caso di vittoria nel derby il pareggio interno della capolista Pianese avrebbe potu-to ridurre lo svantaggio dalla vetta a 5 punti. Invece, è aumentato a 8, che sembra un margine rilevante da an-nullare per una Pistoiese oberata da tanti problemi.

s p o r t p i s t o i e s e

Si è svolta a Lucca la quinta edizione del convegno dedicato ai Beni Culturali, de-dicato all’analisi della funzio-ne che svolgono nel contesto attuale e agli strumenti per ampliarne la conoscenza.

I Beni Culturali sono il nostro patrimonio storico e artistico: le opere d’arte eredi-tate dal passato, nella nostra regione sono state conservate e valorizzate nel tempo e at-tualmente costituiscono una collezione tra le più ricche al mondo. Il desiderio di cono-scere e di ammirare i nostri capolavori attrae molti turisti. I Beni Culturali sono la nostra identità, sia culturale che po-polare. Questa ultima viene defi nita, “genius loci”, il ca-rattere tipico di cui noi toscani siamo tanto fi eri e con il quale sempre ci distinguiamo dagli altri.

L’articolo 9 della Costi-tuzione italiana dichiara: La Repubblica promuove lo svilup-po delle cultura e della ricerca scientifi ca e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico della nazione. I beni culturali sono un fattore im-portante, non solo per l’identi-tà del nostro paese, ma anche per la loro rilevanza nella nostra economia. I convegnisti si sono concentrati sui modi di valorizzare, comunicare e diffondere la nostra cultura,

Il convegno Lu.Be.C. Lucca 22 e 23 ottobre

Turismoe beni culturali

nale. Il turismo estivo, in par-ticolare nel mese di agosto, ha tenuto, essendo composto es-senzialmente da connazionali che diffi cilmente rinunciano alla vacanza ferragostana.

Per uno sviluppo indu-striale adeguato dobbiamo avere il coraggio di investire nei giovani incentivando percorsi educativi innovativi, nuove tecnologie, implemen-tando i corsi di studio nelle scuole, soprattutto negli isti-tuti tecnici. L’insegnamento delle lingue straniere, in par-ticolare il tedesco e l‘inglese, sono essenziali per coloro che scelgono percorsi di studio ad indirizzo turistico. Per va-lorizzare, cioè comunicare, il nostro patrimonio culturale è prioritario avere la possibilità di raccontarlo.

In occasione del D-day digiovedì 8 ottobre un cartello esposto in ogni impresa che produce vero made in Italy

attraverso l’utilizzazione di nuovi mezzi a disposizione dall’informatica. Le reti infor-matiche, Internet per prima, consentono di effettuare visite virtuali di tutti i musei del mondo da ogni angolo del globo terrestre. La facilità di collegamento e la messa in rete delle nostre eccellenze ar-tistiche, ma anche dei prodotti locali e delle tipicità gastro-nomiche, saranno la prossima frontiera per stimolare la co-noscenza diretta della Toscana attraverso il turismo.

Il titolo del convegno po-neva un interrogativo che è rimasto sottinteso negli inter-venti che si sono succeduti. Lo sviluppo economico può passare attraverso la valo-rizzazione o diffusione della conoscenza dei beni culturali? Il pensiero di chi scrive è che dobbiamo essere scettici su questo punto. Pur potendo infatti benefi ciare del patrimo-nio culturale più apprezzato al mondo, pur essendo la Tosca-na, in particolare, una terra di

di Marinella Sichinonne affi ttavano le camere e allevavano i polli da vendere ai villeggianti.

Molti analisti credono che alla fi ne di questa crisi i consu-mi saranno modifi cati a van-taggio delle nuove tecnologie. Il Wto (Organizzazione Mon-diale del Turismo) sosteneva, prima dell’avvento della crisi economica, che il turismo sa-rebbe stato uno dei settori più in crescita a livello globale e si sarebbe sviluppato soprattutto nei paesi più poveri. La Co-munità Europea non prevede una crescita del turismo con origine dai paesi al di fuori di essa e non si prevede una sua crescita il prossimo anno in Italia. Inoltre, la nostra realtà è ancor più fragile a causa della carenza di competitività di cui soffriamo da anni. Al convegno, in un intervento, si è sottolineato che i turisti sono diminuiti meno in Italia rispetto alla Francia, il nostro principale concorrente, ma questo è dovuto alla maggiore incidenza del turismo nazio-

grandi tradizioni, pur avendo essa una gamma di prodotti tipici conosciuti e degustati in tutti i paesi industrializzati, sarebbe stato meglio essere più cauti su una risposta che invece è sembrata scontata.

Lo sviluppo economico è una esigenza primaria in un contesto industriale che si vede coinvolto in una pro-fonda crisi e che deve essere risolto investendo in settori innovativi. Il turismo non può essere il settore che risolleva le sorti di un contesto indu-striale in declino, a causa della stagionalità breve, della scarsa specializzazione degli addetti, del consumo delle risorse, dei bassi redditi che produce. In molti paesi in via di sviluppo il turismo ha innescato un percorso di crescita econo-mica, lasciando poi spazio all’industria. Ma nel nostro contesto, non possiamo tor-nare all’epoca in cui le nostre

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138 Novembre 2009 n. 39LaVita dall’Italia

Due vicende drammatiche molto diverse, accomunate però dall’ingresso nel mondo del car-cere, stanno scuotendo in questi giorni l’opinione pubblica: la mor-te, in circostanze poco chiare, di Stefano Cucchi, il giovane romano di 31 anni, arrestato perché in pos-sesso di 20 grammi di hashish e 2 di cocaina, e il suicidio a Rebibbia della brigatista Diana Blefari, che soffriva da tempo di gravi pro-blemi psichici. Abbiamo chiesto un parere a don Sandro Spriano, cappellano della sezione maschile del carcere romano di Rebibbia.

Cosa emerge da questi due fatti drammatici?

“Sono situazioni che fanno ca-pire il disagio enorme che viviamo nei penitenziari, sia per quanto riguarda la sanità, sia per quanto riguarda la scarsa attenzione della politica nei confronti delle persone detenute. Tutto ciò rientra nella mancanza di interventi, risorse umane e fi nanziarie sul carcere. Chi ci lavora lo fa con tanta buona volontà ma manca una politica che legiferi in maniera più saggia. Questi detenuti non sono numeri, ma persone ammassate nelle cel-le. Purtroppo non sono soggetti interessanti per quasi nessuno, compresi noi cristiani”.

Che idea si è fatto della vicen-da del giovane Cucchi?

“La morte di Stefano Cucchi

forse si poteva evitare. Siamo di fronte ad un giovane di 31 anni che viene arrestato e perde la vita in una situazione in cui nessuno vuole spiegare cosa sia successo. Questo signifi ca che non si tratta-no i detenuti come persone. Non ho elementi per dire se sia stato picchiato e da chi. Però sicura-mente è arrivato in ospedale in condizioni serie. Bisogna capire se c’è qualcuno che ha la colpa di averlo ridotto in quello stato, e se i medici hanno fatto il possibile per comprendere la gravità della situazione”.

Come vigilare di più per pre-venire gli abusi?

“Con le modalità che già usia-mo negli ambienti carcerari, dove cerchiamo di dialogare e raffor-zare la nostra presenza per essere anche una sorta di «sentinelle» nei confronti di chi ha la respon-sabilità della custodia e della sicurezza. In questo modo molti arrivano a capire che il detenuto è una persona e non un numero. Poi sarebbe necessario un sussulto di attenzione per impedire che la legislazione vigente – presentata come il mezzo per perseguire la sicurezza – vada a favorire sempre più l’ingresso in carcere dell’emarginazione sociale (tossi-codipendenti, recidive nei reati...). Non si vuole capire che in questo modo usciranno dalle carceri per-sone con una maggiore volontà e

capacità di delinquere”.

E sul problema dei suicidi in carcere? Il caso di Diana Blefari ha fatto scalpore...

“Non conosco tutti i partico-lari della vicenda perché non mi occupo della sezione femminile di Rebibbia. Ma non mi sento di attribuire le responsabilità ad una mancata sorveglianza da parte del carcere. Mentre la legge stabilisce che chi è malato è incompatibile con il carcere, nulla è previsto per chi ha problemi psichici, se non l’ospedale psichiatrico giu-diziario. Anche qui bisognerebbe intervenire sulla legislazione: chi ha problemi di carattere psichico

– e sono tantissimi – non viene tu-telato, perché la legge non preve-de benefi ci. È impensabile tenere in carcere persone con malattie psichiche così gravi, pretendendo che agenti, volontari, educatori, direttori, sappiano sostenerli. O si pensano per loro strutture e leggi che prevedano cure serie, oppure avvengono questi fatti. Di certo non è colpevole il carcere, che non ha né la funzione, né le competenze per curare i malati psichici”.

Si parla di 61 suicidi in car-cere nell’anno in corso. Cosa ci dicono questi dati?

“Contare i suicidi è solo una

Hanno destato scalpo-re, fra le cronache italiane di questi ultimi giorni, due notizie più di altre. La prima riguarda la morte sospetta di Stefano Cucchi, trentenne arrestato per possesso di droga e deceduto in seguito a ferite gravi. Secondo quan-to da lui stesso affermato in sede di verbale, se le sarebbe procurate cadendo dalle scale. A giudizio della fami-glia, avrebbe invece subìto maltrattamenti da parte dei Carabinieri che lo hanno fer-mato e interrogato, venendo poi curato in maniera quanto meno approssimativa anche nell’ospedale carcerario. Da qui il tragico epilogo.

Il fatto avrebbe destato molto meno clamore se non fossero circolate le foto-grafie che mostravano il corpo martoriato di Cucchi e il volto tumefatto del suo cadavere. Quelle immagini hanno alimentato il fuoco delle polemiche e riacceso la miccia dello scontro sociale fra forze dell’ordine e “col-lettivi” antagonisti. Analiz-zando quelle immagini più esperti (anatomopatologi, medici, magistrati...) hanno espresso a distanza le loro convinzioni, soltanto guar-dando le foto senza nulla sapere della cartella clinica

del malcapitato. Su quelle immagini gli occhi di molti di noi si sono soffermati da un lato per cercare di scor-gere un segno della violenza che Cucchi avrebbe subito, dall’altro – forse – per misu-rare una volta di più la pro-pria capacità di sopportare la visione della violenza.

Un meccanismo simile ha suscitato l’attenzione e animato la volontà dei moltissimi che in questi giorni hanno visto e rivisto il video di un omicidio di camorra, mandato in onda dai telegiornali nazionali dietro invito degli inquirenti per facilitare la cattura del-l’assassino lì ripreso dalle telecamere. Il filmato, che documenta la morte violenta di Mariano Bacio Terraci-no, è tuttora disponibile in rete. Chissà quanti lo hanno guardato fi ngendo di inor-ridire per la sua crudezza ma compiacendosi in realtà della propria capacità di guardare in faccia la morte (altrui).

Per i pochi che ancora non le avessero viste in

rete, nei tg o spezzate in fotogrammi sui giornali: le immagini, registrate da telecamere fi sse ma nitide e chiare, mostrano la ripresa di un’esecuzione in diretta. Il video è stato diffuso dalla magistratura e dai Carabi-nieri di Napoli per lanciare un appello al riconoscimen-to del sicario (pare che que-st’ultimo sia stato fi nalmente individuato) e questo ha probabilmente sollevato i media da ogni eventuale scrupolo morale sulla messa in onda.

Ma non si può sorvolare sull’impatto di questo fil-mato. Sembra la scena di un fi lm poliziesco, è invece la vera uccisione di un uomo. Agghiacciante la sequenza, ancor più sconvolgente l’at-teggiamento dei presenti e dei passanti.

Giusto o sbagliato mo-strare il video al grande pubblico mediatico? La deontologia risponde(rebbe) comunque di no, nemmeno per uno scopo sociale o giu-diziario. Molti hanno soste-nuto che in questo modo ci si

può rendere conto di quanto in certi luoghi del nostro Paese sia incontrollata la lotta fra i poteri criminali, che dettano legge a dispetto di qualunque (eventuale) intervento delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Altri hanno stigmatizzato quella sorta di “assuefazione” che vede indifferenti di fronte alla violenza non soltanto i passanti del momento ma in qualche modo tutti noi.

Che, d’altronde, siamo talmente abituati alle imma-gini di violenza o di morte e altrettanto confusi dalla fi nzione e dalla rappresen-tazione della realtà da non riuscire più a provare sen-timenti autentici di fronte a fatti veri di estrema gravità. I mezzi di comunicazione conoscono bene la potenza delle immagini e la sfrutta-no per aumentare l’impatto sensazionale e spettacolare, sapendo di trovare terreno fertile nella nostra attenzio-ne guardona. Quella stessa curiosità pruriginosa che continua a circondare il “caso Marrazzo”, in cui si

DUE NOTIZIE CHE FANNO SCALPORE

Immagini che inquietanodiscute sulle responsabilità di ricattatori e ricattati, sul-l’eventuale ricettazione da parte di personaggi di altis-simo livello, sulla possibilità che certi vizi privati siano più diffusi fra i responsabili pubblici di quanto non si creda.

In questo caso, le imma-gini non ci sono ma sono state descritte per filo e per segno o, addirittura,

riprodotte in arbitrarie ri-costruzioni dell’accadu-to da parte di programmi che vorrebbero essere di approfondimento. Anche questo video, se davvero così come descritto, prima o poi sarà disponibile in rete; è solo questione di tempo. Sarà un’ulteriore segnale di quanto sia caduta in basso l’informazione “da vedere”. E con essa anche noi.

CARCERE

Persone o numeri?D

Due casi diversi, una fi ne tragica per entrambi

di Patrizia Caiffa

riprodotte in arbitrarie ri-

È condivisibile un’informazione

shock?di Marco Deriu

statistica. Sono numeri altissimi ma anche i detenuti sono aumen-tati (più di 65.000). Se guardo la mia piccola esperienza di Roma non mi sembrano aumentati. Ma è ovvio che se si mettono in carcere le persone per motivi a volte banali, in una situazione di dolore e di deprivazione – mentre tutti immaginano che in carcere si mangia, si beve e si guarda la tv – è evidente che ci si trova in una situazione limite, di rischio per la vita”.

Come risolvere i tanti proble-mi del carcere?

“In questo senso non si vede nessuno spiraglio. Attualmente si pensa solo alla possibilità di co-struire qualche nuovo carcere, ma si sa ci vorrebbero almeno 10 anni, mentre i detenuti aumentano ogni mese dalle 800 alle 1.000 unità. Tra 10 anni quel nuovo carcere non sarebbe più utile a nessuno. Poi sono aumentate le leggi che prevedono il carcere o l’aumento della pena: è stato reinserito il reato di oltraggio a pubblico uf-fi ciale, chi maltratta i cani viene incarcerato, chi è clandestino, chi non ottempera all’obbligo di espulsione, chi detiene sostanze stupefacenti in modiche quanti-tà... Anni fa non c’erano queste situazioni. Bisogna mettersi in testa che il carcere non risolve i problemi della sicurezza. Secondo me anziché punire sarebbe più giusto «interdire» i comporta-menti che riteniamo illegali: ad esempio, se qualcuno compie un reato allo stadio si vieta l’ingresso allo stadio per dieci anni; se ruba si impedisce di fare la professione in cui rubava...”.

Il peccatodell’umanità

Circa un miliardo di persone vivono, nel mondo, con meno di un dollaro al giorno. Basterebbe questa cifra per fotografare estensione e drammaticità del fenomeno della povertà estrema. Purtroppo di cifre se ne possono inanellare molte altre: 2,6 miliardi di persone (il 40% della popolazione mondiale, 5% del reddito globale) vivono con meno di 2 dollari al giorno, il 20% più ricco della popolazione mondiale detiene i tre quarti del reddito mondiale, il 28% dei bambini nei paesi in via di sviluppo è sottopeso o affetto da nanismo nutrizionale, 10 milioni di bam-bini muoiono ogni anno per povertà e malnutrizione prima dei 5 anni.

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14 n. 39 8 Novembre 2009LaVitadall’Italia

Al 2 novembre sono 14 i decessi in Italia provocati dal-l’infl uenza A/H1N1. Di questi ben 8 a Napoli, al punto che si parla già di “caso Campania”. Crescono anche i ricoveri in diversi ospedali della penisola. Da martedì 3 novembre la Croce rossa italiana (Cri) sta conse-gnando un milione e 200 mila dosi di vaccino contro l’infl uen-za A/H1N1. Si tratta della terza distribuzione ad opera della Cri, incaricata dal ministero della Salute che ha detto di fare affi damento “sull’esperienza e sulla autorevolezza in ambito sanitario dell’organizzazione umanitaria italiana”. Della dif-fusione del virus A/H1N1 ne parliamo con Roberto Cauda, direttore dell’Istituto di clini-ca delle malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma (Università Cattolica).

Professore, può tracciare un quadro della situazione attuale?

“Non siamo davanti ad un evento imprevisto né tanto-meno straordinario. Sappiamo che ciclicamente – nel passato secolo è avvenuto tre volte – si possono verifi care delle pande-mie. Ricordiamo la Spagnola, la più devastante anche perché si verifi cò a ridosso della prima Guerra mondiale, la seconda, nel 1956, l’Asiatica, e la terza, nel 1968, l’Honk Kong. Aspet-tavamo una nuova pandemia nel 2005, quando ci fu una grande apprensione per il virus

A/H5N1, l’Aviaria. Pensavamo che questo sarebbe stato il virus pandemico e, invece, abbiamo l’attuale A/H1N1”.

Si parla di pandemia: che cosa s’intende con questo ter-mine un po’ allarmante?

“La parola pandemia, che per alcuni rappresenta fonte di preoccupazione, è solo un termi-ne tecnico che rappresenta uno sviluppo contemporaneo in più continenti di un virus. È chiaro che questo l’attuale A/H1N1 merita un’attenzione maggiore di quelli di stagione proprio per la sua diffusione ampia e veloce. Aspettavamo il picco per Natale ed invece questo si sta verifi cando a ottobre-novembre. Ci sono più motivi, pertanto, per prendere la cosa in modo serio, come sembra stiano facendo i media, le agenzie nazionali e internazionali, i medici. Ma non si deve cadere nel panico: questa infl uenza pandemica ha una mortalità inferiore a quella di stagione che provoca ogni anno, solo in Italia, dai 4 mila agli 8 mila decessi. Certamente questi numeri non devono farci dimenticare le vittime attuali. Il numero dei casi non è edulcora-bile in niente”.

È in corso la distribuzione del vaccino: sull’opportunità di vaccinarsi o meno si sento-no pareri discordanti. Qual è il suo?

“Io andrò a vaccinarmi. La vaccinazione è auspicabile e

INFLUENZA A

Non caderenel panico

Intervista con il direttore dell’Istitutodi clinica delle malattie infettivedel Policlinico Gemelli di Roma

di Daniele Rocchi

tro. Saranno i medici a valutare i casi da indirizzare nei centri di cura. È opportuno evitare, quin-di, l’intasamento degli ospedali e dei Pronto Soccorso come accaduto in questo week end. Se si affollano gli ospedali sarà diffi cile poi dare quel necessario e indispensabile trattamento a chi ne ha veramente bisogno. Fiducia, dunque, al medico di famiglia, al pediatra e non di-menticare che tra i primi fattori di prevenzione, c’é l’igiene”.

Come giudica l’informazio-ne che i media stanno dando sul virus A/H1N1?

“C’è il diritto all’informa-zione e il dovere di informare. Sto vedendo in questo frangen-te un’informazione attenta e precisa. Di fronte a notizie che hanno un grande impatto sul-l’opinione pubblica, con morti che hanno provocato grande dolore, i media hanno fornito un’informazione pacata e abba-stanza effi cace, senza eccessivi allarmismi. L’Italia ha uno dei migliori sistemi di controllo delle infezioni respiratorie, In-fl unet, legato alla sorveglianza da parte di medici sentinella e del territorio che segnalano tutte le infezioni alle vie respiratorie. Ad oggi è stato estrapolato che sono oltre 400 mila le persone che hanno contratto l’infl uenza A/H1N1, un numero verosimil-mente molto elevato, a fronte di una letalità che, pur con tutto il rispetto e dolore per le vittime, è abbastanza bassa”.

della popolazione più colpita è proprio quella che va dai 4 ai 15 anni? Forse si vuole testare meglio il vaccino?

“Il fatto di vaccinare i bam-bini dopo le altre categorie di persone a rischio non credo sia dipeso dal fatto che si vuole te-stare meglio il vaccino. Il vaccino è sicuro. Credo si siano fatte scel-te a livello centrale basate sulle priorità: prima chi deve curare gli eventuali ammalati e chi deve restare in salute poiché fornisce servizi essenziali, poi le donne in gravidanza, a seguire le persone malate croniche o con patologie note. Va poi tenuto presente che siamo di fronte ad un’offerta vaccinale che la persona può declinare o accettare”.

In questo caso cosa con-siglia?

“Di dare massima fi ducia ai medici e pediatri di famiglia che sanno bene valutare eventuali contagi. L’influenza è di per sé una malattia estremamente benigna e questa non dovrebbe fare eccezione. Le famiglie devo-no interagire con i loro medici e pediatri che devono fare da fi l-

necessaria soprattutto per alcune categorie di persone: il personale medico e di servizio alla popola-zione, ma soprattutto quelle in cui la malattia potrebbe decorre-re in forma più grave, come nelle donne in attesa, i cardiopatici, gli asmatici, i diabetici, gli obesi, gli immunodepressi e via dicendo.

Resta aperto il capitolo sull’op-portunità di vaccinare i bambini che, per varie ragioni, sono sicu-ramente quelli che più possono essere colpiti dall’infl uenza”.

Perché il capitolo della vaccinazione dei bambini re-sta aperto, visto che la fascia

Conferenza epi-scopale toscana (Cet) e Regione insieme per quella che sarà la prima “clinica di chirurgia pe-diatrica della Palestina”. Il protocollo d’intesa che dà il via uffi ciale al progetto è stato fi rmato venerdì 23 ottobre, nella sede della presidenza della Regione, da mons. Giuseppe Betori, arci-vescovo di Firenze e presidente della Cet, e dal presidente Claudio Martini. Motore di que-sta operazione è la Fon-dazione Giovanni Paolo II, presieduta da mons. Luciano Giovannetti, vescovo di Fiesole. Altri partner operativi sono l’Azienda ospedaliero-universitaria “Meyer” insieme all’assessorato alla salute della Regione e alla Behetlem Arab So-ciety for Rehabilitation di Beit Jala a Betlemme.

IMPEGNO COMUNEIl protocollo d’intesa

ricorda, tra l’altro, come la “Toscana, nelle sue varie espressioni, mo-stra da sempre grande apertura ai temi della cooperazione internazio-nale e della solidarietà” e come “Giorgio La Pira, già sindaco di Firenze, rappresenta per tutti un punto di riferimento in-

sostituibile”. Il protocollo riafferma come “Confe-renza episcopale toscana e Regione Toscana con-siderano positivamente l’impegno comune per la giustizia, l’unità e la riconciliazione fra i po-poli” e cita in proposito “progetti per la pace in Terra Santa e per la riconciliazione tra il po-polo della Palestina e il popolo di Israele: gemel-laggi, interventi umani-tari, iniziative di incontro e di dialogo”. Il protocol-lo sottolinea inoltre che “Conferenza episcopale toscana e Regione To-scana hanno lavorato sempre con costanza e tenacia nella stessa di-rezione, trovando molti punti comuni, partendo sempre dall’ascolto del dolore dei più deboli: i bambini ed in particolare i piccoli ammalati pa-lestinesi, esposti spesso a situazioni di povertà di mezzi e di strutture”. Sia la Regione sia la Conferenza episcopale contribuiranno ciascuna con 1 milione e mezzo di euro, che per la Regione saranno ripartiti in due tranche di 750 mila euro nel 2010 e nel 2011. La Regione Toscana, attra-verso il servizio sanitario regionale e l’azienda ospedaliera “Meyer” si

REGIONE TOSCANA

Per i piccolidi Palestina

La prima clinica pediatrica in un’area di grandi sofferenze

di Simone Pitossi

ture private che operano nella zona. La clinica sarà realizzata nell’ambito del plesso, già esistente, della “Behtlem Arab Society fo Rehabilita-tion”, specializzata in riabilitazione, che si è resa immediatamente disponibile, e presenta tutti i requisiti necessari e offrirà inoltre il proprio supporto come struttura ospedaliera già operante. La nuova clinica è pen-sata come una struttura chirurgica d’eccellenza, con sale operatorie e do-tazioni specialistiche per interventi di chirurgia su bambini e adolescenti fi no a 14 anni. La scelta della creazione della nuova clinica nell’ambito dell’area ospedaliera del-la Behtlem Arab Society for Rehabilitation è stata effettuata dopo una rico-gnizione di tutti i plessi ospedalieri esistenti in Cisgiordania, condotta da padre Ibrahim Faltas.

una mano a una popola-zione molto in diffi coltà, in particolare ai bambini della Palestina che non hanno nel loro territorio nessuno struttura di chi-rurgia pediatrica”.

ENTRO DUE ANNIMons. Luciano Gio-

vannetti, presidente della Fondazione, ha precisato che “ci vorranno oltre 5 milioni di euro per costruire la clinica che dovrebbe essere ultimata in due anni”. La Fonda-zione “Giovanni Paolo II” - già attiva nei territo-ri palestinesi con azioni di cooperazione interna-zionale - si occuperà di coordinare gli interventi e reperire ulteriori risorse e disponibilità. La clinica apparterrà al Patriarcato Latino di Gerusalemme ma sarà in stretto con-tatto e sinergia con il sistema sanitario statale e contribuirà a creare un sistema di rete con l’in-tero sistema palestinese, comprese le altre strut-

impegna inoltre ad atti-vare un programma di formazione professionale per il personale medico e paramedico che opererà nella struttura.

PACE E VITA“La Toscana - ha det-

to mons. Giuseppe Betori - si fa ponte tra la Regio-ne intesa come persone e il mondo di sofferenza che sta in Palestina in questo momento. E quin-di, da questo punto di vista unisce la Toscana a un pezzo di mondo che ha bisogno. In questa prospettiva diventano signifi cative anche le ori-gini di questa possibilità di collaborazione: per la Conferenza episcopale toscana i fondi che ven-gono apportati a questa operazione arrivano

dall’8 per mille che la gente affi da alla Chiesa e che vengono destinati, in questo caso, a progetti di sviluppo nei Paesi che ne hanno particolare bisogno. Mi piace pen-sare che come un tempo i banchieri esportavano soldi per fare utile fi -nanziario, adesso dalla Toscana possano partire dei soldi che fanno utile sociale e contribuiscano a far crescere pace e vita in quei luoghi dove c’è sofferenza e morte”. “Non è la prima volta - ha detto Claudio Martini - che la Cet e la Regione collaborano per progetti di valenza sociale, di solidarietà e di grande valore umano. Questo è un passo ulteriore che facciamo molto volentie-ri perché si tratta di dare

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158 Novembre 2009 n. 39LaVita dall’estero

SOMMERGIBILI D’ISRAELELa Germania ha con-segnato alla marina militare israeliana due sottomarini della classe Dauphine, costruiti nei cantieri navali tedeschi. Il sottomarino Dauphine, con un raggio d’azione di 4.500 chilometri, può lan-ciare vettori con testate nucleari. Sono ora cinque i sommergibili su cui può contare Israele: dei tre già schierati, uno è dislocato nel golfo Persico, uno al largo delle coste israe-liane, l’altro sempre nel Mediterraneo ma più al largo. La capacità di lan-ciare testate nucleari, da parte dei due nuovi mez-zi navali, è un deterrente di cui Israele si è munito allo scopo di fronteggiare minacce di analoga por-tata.

DOMUS AUREASul colle Palatino, nel-l’area della Vigna Barbe-rini di Roma, ha avuto luce la sala da pranzo della Domus Aurea di Nerone, una sala che disponeva di una piat-taforma lignea ruotante giorno e notte ad imi-tazione del movimento della Terra: è sala che potrebbe corrispondere alla “coenatio rotunda” descritta da Svetonio nella “Vita dei Cesari”. Finora, questo stesso sito era stato identifi cato da molti studiosi nella Sala Ottagonale posta sul colle Oppio. Gli scavi condotti sul Palatino hanno con-fermato il senso di magìa aleggiante sulla leggen-daria e sontuosa dimora dell’imperatore romano, Nerone.

IL BASILICO,UN FARMACORicercatori del Poona college of pharmacy di Pune, in India, hanno scoperto nel basilico la presenza di proprietà curative, particolarmente effi caci nel mitigare le sofferenze dell’artrite: esaminate due varietà di basilico - la Ocimum tenuifl orum (indiana) e la Ocimum americanum (africana) - entrambe hanno mostrato di potere alleviare il dolore artico-lare riducendolo fi no al 73% in 24 ore; l’eugenolo, la sostanza che dà al ba-silico il suo tipico aroma, potrebbe essere l’elemen-to che agisce sull’infi am-mazione. 1 probabili, fu-turi farmaci “al basilico” avrebbero il pregio di non causare bruciori allo stomaco.

mondoMayotte scommette il propriofuturo con la Francia

A lla fine portare gli afghani a votare con il rischio di saltare in aria o di rimane-re con un dito in meno per decidere se il presidente del Paese deve essere Hamid Karzai oppure Karzai Hamid è apparso un esercizio assur-do perfi no allo stesso Karzai, che pure ha insistito fino all’ultimo perché il ballottag-gio in Afghanistan si facesse. Karzai voleva che, con la celebrazione del ballottaggio, la sua rielezione apparisse più legittima. Tuttavia, sarebbe stata comunque una vittoria buffa in cui arrivava primo perché non c’erano altri con-correnti dopo che Abdullah Abdullah, lo sfi dante al primo turno dello scorso 20 agosto, ha gettato la spugna.

È noto che anche in un Paese normale gli elettori che votano al secondo turno sono molti meno di quelli che partecipano al primo round elettorale. In Afghanistan già alle elezioni di agosto era andato a votare il 40% di chi aveva diritto. Nei due mesi successivi si è dovuto fatico-samente scoprire che dei 4 milioni di voti espressi 1 su 4 era il risultato di un broglio. È facile immaginare che gli afghani, dopo una prima prova così macchiata dalle

irregolarità, non avrebbero fatto fi le tanto lunghe per par-tecipare alla seconda edizione di una gara con un favorito a cui, anche dopo il riconteggio dei voti, mancava meno di mezzo punto per arrivare ad un 50% già scontato. Alla fi ne Karzai doveva scegliere fra una vittoria senza elezione e una vittoria senza elettori.

Abdullah ha dichiarato di non voler partecipare al ballottaggio perché Karzai non ha voluto cambiare la commissione elettorale che era in carica alle elezioni di agosto. Simili stoccate dimostrano che, nonostante la situazione dram-matica del Paese, i responsabili politici che dovrebbero oppor-si ai talebani impiegano più livore a combattersi fra loro che responsabilità nel compor-tamento di fronte a coloro che dovrebbero essere i loro nemi-ci. Se Abdullah avesse parte-cipato al ballottaggio avrebbe potuto accusare Karzai solo di essere stato scelto da pochi elettori. Rifi utando invece di

correre perché, secondo lui, le regole erano ancora truccate, ha accusato implicitamente Karzai di diventare presidente con le truffe e ha puntato a minarne anche quel poco di autorità e di rappresentatività che gli rimane. La parabola discendente delle elezioni afgane che, fra trucchi e faide, arriva al risultato di lasciare di fatto sulla scheda un solo nome come nella più classica delle dittature tanto che, se-condo lo stesso copione, alla fi ne si rinuncia alle elezioni stesse, non è un risultato che può consolare chi almeno all’inizio era partito per l’Af-ghanistan mettendo in valigia la democrazia. D’altra parte, Karzai diventa sempre più il problema anziché la soluzione anche per chi, a cominciare dall’amministrazione ameri-cana, cerca ancora un’uscita positiva ad una guerra che si sta sempre più avvitando su se stessa.

Nonostante tutto, l’Afgha-nistan si dovrà tenere almeno

per ora un presidente che esce come un’anatra zoppa da un’elezione torbida e troncata a metà. E se il presidente rie-letto si porta dietro l’ombra della corruzione elettorale, la sua numerosa famiglia ha intorno a sé una fama ancora più ambigua, a cominciare dai tre fratelli del presidente, di cui uno è stato accusato dal “New York Times” di essere addirittura coinvolto nel grande traffi co di eroina del Paese.

Nel frattempo, la sfida dei talebani si fa sempre più violenta. Una settimana fa c’è stato, nel pieno centro di Ka-bul, l’attentato più micidiale fi nora condotto contro civili stranieri, con l’uccisione di 6 funzionari dell’Onu. E l’otto-bre appena trascorso è stato il mese più sanguinoso per le truppe americane dall’inizio della guerra, con 53 soldati caduti, che portano a 445 il numero dei militari stranieri morti in 8 anni.

Romanello Cantini

AFGHANISTAN

Un’anatra zoppaIl presidente uscito da un’elezione torbida e troncata a metà

Dal

Scommettere il proprio futuro con la Francia. È quanto chiedono gli abi-tanti di Mayotte, una delle isole Comore, la sola che già nel 1974 rifi utò l’indi-pendenza da Parigi. Con un referendum, infatti, gli abitanti hanno deciso per la creazione del 101esimo dipartimento francese, e quinto dipartimento d’ol-tremare a partire dall’aprile del 2011. Creando non pochi problemi all’Eliseo, in diffi -coltà dal punto di vista in-ternazionale già da quando l’Onu, ormai 35 anni fa, ha riconosciuto l’indipendenza delle Comore nel rispetto dell’integrità territoriale dell’arcipelago.

Quest’isola di 374 chilo-metri quadrati, tra il Mada-gascar e il Mosambico, sotto il dominio francese dalla seconda metà del dician-novesimo secolo, rischia quindi di aprire un caso politico-diplomatico di non facile soluzione.

Con l’istituzione di un nuovo dipartimento Parigi mette a repentaglio la sua credibilità internazionale, anche alla luce dell’atteg-giamento dell’Unione Afri-cana, che ha condannato il referendum e chiesto “l’im-mediata interruzione” del

tà più popolata di Mayotte, questa percentuale, poi, su-pererebbe il 50 per cento.

Sovvenzionando l’iso-la come ha fatto con gli altri territori d’oltremare, la Francia ha infatti creato “un’isola di prosperità in un oceano di miseria”, secondo le parole di un diplomatico locale. Anche se il prodotto interno lordo di Mayotte ri-mane cinque volte inferiore a quello dell’Europa a 27, è pur sempre nove volte su-periore a quello delle vicine Comore indipendenti.

“L’economia mahore rimane in gran parte infor-male – ricorda Michelon – al punto che si può stimare in quasi l’80 per cento la percentuale di lavoratori clandestini nelle imprese edilizie con meno di die-ci dipendenti”. “Il lavoro clandestino è generalizzato nei settori dell’agricoltura e della pesca, nell’edilizia, nel lavoro a domicilio anche grazie alla complicità di fun-zionari statali”, sottolinea un rapporto del senatore Henry Torre, in cui si ricorda che “da un lato gli abitanti di Mayotte, i mahore, sono contrari all’immigrazione clandestina che subiscono, ma dall’altro partecipano allo sviluppo di questo lavo-

processo in corso.“Presentato per gene-

razioni come il contesto che avrebbe permesso uno sviluppo armonioso, il di-partimento di Mayotte è anche visto come l’ultima tappa della separazione con le Comore”, spiega Thier-ry Michalon, ordinario di Storia all’Università delle Antille, sottolineando che “di fatto, lo Stato francese, dividendo un arcipelago le cui isole distano solo poche

decine di chilometri, ha creato un mostro migratorio diffi cilmente gestibile e una situazione potenzialmente esplosiva”.

Secondo l’ultimo censi-mento, quello del 2007, un terzo dei 186.500 abitanti dell’isola sarebbe straniero, tutti o quasi di nazionalità delle Comore e, secondo la Prefettura, per il 30-35 per cento si tratta di clandestini: a Mamoudzou, il capoluogo, e a Koungou, la seconda cit-

ro clandestino anche perché, nonostante la scissione tra Mayotte e le altre tre prin-cipali isole dell’arcipelago delle Comore negli anni Settanta, le relazioni, in particolare quelle familiari, sono continuate”.

“Il fatto è – osserva il so-ciologo David Guyot – che i clandestini non sono solo una manodopera a buon mercato, ma anche dei fra-telli, dei cugini, delle zie che la separazione politica non ha fatto scomparire. Entrata nel linguaggio comune per designare l’insieme degli im-migrati comoriani a Mayotte – sottolinea – l’espressione clandestino sembra quindi poco appropriata per de-scrivere la realtà di questa popolazione”.

Eppure, contro questi fratelli, zii, cugini, la Fran-cia da anni ah deciso di costruire un muro. Dal 1995, infatti, è stato istituito un visto quasi impossibile da ottenere, e i 70 chilometri che separano l’isola di Nd-zouani da Mayotte sono diventati uno dei principali cimiteri marini dal mondo: si calcola che negli ultimi 14 anni tra le tremila e le seimi-la persone abbiano perso la vita su imbarcazioni piccole sovraccariche, che seguono rotte sempre più pericolose per evitare le pattuglie.

Nel corso degli ultimi cinque anni sono stati quasi triplicati gli effettivi della polizia e della gendarmeria, e quasi 50mila persone sono state respinte o cacciate dal territorio. Secondo al-cune ong locali “sull’isola le retate sono quotidiane: si respingono i minorenni mentre i genitori vivono sull’isola, e non si rispetta alcuna procedura legale”. Secondo i dati provenienti da un’inchiesta sanitaria del 2007, quasi la metà dei clan-destini vive a Mayotte da più di dieci anni. Ha scritto un magistrato che lavora sull’isola: “La situazione sembra ingestibile, mentre le diffi coltà continuano ad accumularsi: si moltiplicano i ragazzi abbandonati che vivono in strada in seguito all’espulsione dei loro geni-tori, c’è l’arrivo in massa di persone che chiedono asilo e provengono dalla regione dei Grandi Laghi africani, aumenta la precarietà delle donne immigrate. L’isti-tuzione del dipartimento regolerà forse per i mahore un certo numero di proble-mi materiali ma –avverte- ne creerà altri molto più gravi”.

La piccola isola delle Comore vuol diventare il quinto dipartimento

d’oltremare di Angela Carusone

Page 16: ita · sposto con queste precise parole: “Se con capitalismo ... un solido contesto giuridico che la metta al servizio ... Altre volte lo stesso Pontefice si era co-

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Si può proporre al pub-blico del piccolo schermo un programma educato, interes-sante, divertente e anche un po’ “culturale”, garantendo conte-nuti di qualità e senza annoiare il pubblico? Sì, come dimostra “Per un pugno di libri” (Rai Tre, domenica ore 18), giunto alla tredicesima edizione a te-stimonianza del successo di una formula azzeccata e vincente.

La conduzione è affidata al bravo Neri Marcorè, balzato alla ribalta del successo come imitatore, affermatosi poi come attore e - in questo caso - pre-sentatore. Il suo predecessore era stato Patrizio Roversi, che ha lanciato la trasmissione, lasciando poi il posto a Marcorè per intraprendere la saga dei “Turisti per caso” insieme alla moglie Syusi Bladi.

Ospite fisso nel ruolo di critico letterario Piero Dorfl es, professore, giornalista e re-sponsabile della programma-zione culturale di RadioRai. La formula non cambia: in ogni puntata due squadre di studenti delle scuole superiori si sfi dano a colpi di titoli dei bestseller della letteratura mondiale, tanto classica quanto contemporanea. Il programma si articola su un certo numero di giochi, da tre

fi no a un massimo di otto, basati su un libro prescelto.

Alcuni di essi meritano una citazione. “Il bersaglio”: il conduttore sottopone ai con-correnti una lista di parole in ordine sparso, da mettere in fi la secondo un’associazione logica (storica, grammaticale, lettera-ria) che le lega l’una all’altra e partendo dal nome dell’autore si giunge al titolo dell’opera. “Di qua o di là”: ogni squadra deve rispondere a una lista di do-mande che hanno per oggetto il rapporto fra il libro del giorno e altri capolavori letterari. “Caccia al titolo”: il conduttore fornisce alle due classi dieci indizi per provare a indovinare il titolo di un libro attinente a quello prescelto; la squadra che riesce a rispondere utilizzando meno in-dizi guadagna più punti. “Fuori gli autori”: cinque rappresentan-ti per ciascuna delle due squadre rispondono alternandosi ai quesiti posti dal conduttore, chi sbaglia è eliminato e vince la squadra che rimane in gioco per ultima. “Franckenstein”: il con-duttore legge un testo elaborato dagli autori, che contiene da 4 a 6 brani tratti da opere letterarie famose: gli studenti devono individuare i titoli delle opere citate. “L’intruso”: viene letto un brano tratto dal libro prescelto, ma vengono inseriti alcuni

DENTRO LA TV

Libri in pugnotermini - gli “intrusi”, appunto - non presenti nel testo originale; vince la squadra che individua il maggior numero di termini fuori posto. “2 di 3”: è l’ultimo gioco della trasmissione, in cui ciascuna squadra ha la possibi-lità di rispondere a domande di diffi coltà differente, a seconda dei punti in palio. Ogni classe ha a disposizione un “Jolly”, che può giocare una volta sola nel corso dell’intera puntata per rendere più cospicuo il bottino di punti.

Contrariamente a quanto avviene nella maggior parte dei quiz televisivi, in cui la possi-bilità di vincere somme anche

La bellatrasmissione

di Neri Marcorèdi Homo Videns

di Maria Costanza Bresci

Era piccola mia fi -glia che ora ha trent’anni, quando mi resi conto che la famiglia di cui spettego-lavano due vicine (quasi in un rito che si compiva regolarmente, dopo pranzo, da balcone a balcone) non era realmente esistente come mi ero immaginata (anche se mi apparivano un po’ esage-rate le vicende che sentivo commentare), bensì era la protagonista di una fi ction televisiva.

Mi volli documentare, guardai qualche puntata e poi smisi perché mi sembrò una cosa molto stupida.

Ma la fi ction mi si è imposta: ne sentivo parlare persino in ambiente di la-voro.

Ho ripreso a guardarla qualche volta e mi sono resa conto che non era un even-to trascurabile: attraverso personaggi accattivanti (bellissimi, ricchissimi, di successo e fascino) e studiati in modo da far leva su una grande varietà di persone e da intercettare le aspettative di vita dei più, ad un’ora in cui volentieri si “stacca” guardandosi due pagine di televisione, fra le fac-cende del mattino e quelle del pomeriggio o in pausa pranzo fra due spezzoni di orario lavorativo, portava

grosse di denaro è legata (Quasi) esclusivamente alla fortuna, qui vince la squadra che dimostra di conoscere meglio l’opera in questione. E, naturalmente, i premi sono libri e soltanto libri. Soltanto lo scorso anno ne sono stati vinti oltre 2.000 fra classi partecipanti e pubblico a casa. Già, perché anche gli spettatori possono aggiudicarsi qualche pubblicazione rispondendo telefonicamente o via internet alle domande loro riservate.

“Per un pugno di libri” di-mostra che fare cultura letteraria in tv si può e che il pubblico giovanile non è insensibile alle proposte di qualità. Se abbiamo elencato uno per uno i giochi del programma, è perché magari a chi legge queste righe può venire l’uzzolo di replicarli in altre sedi. Tutta salute per la mente.

nelle famiglie la cultura dello scandalo malsano e della trasgressione triviale, appas-sionava alla corruzione e alle condotte perverse.

Questo fa Beautiful. Questo è: una insinuante

e ambigua proposta giorna-liera di oscenità.

Un relax nel peccato, quello vero.

Beautiful è interamente giocata sulla narrazione di condotte gravemente cor-rotte ed è pericolosa perché non le consegna al pensiero critico e al giudizio valoriale, al contrario, le veicola come “normali”, peggio, come attraenti.

E così passa di tutto di più, anche perché mai lo spettatore intravede rese di conto, mai si incontra con i sensi di colpa o l’inesorabi-lità della restituzione, mai è dato assistere a forma alcuna di punizione del cattivo e di premio del buono.

Del resto non esistono buoni e cattivi in Beautiful, ma solo belli.

Tutti belli. I sentimenti più negativi

e le azioni più atroci non la-sciano traccia sui volti, non li induriscono, non li rendono

più foschi. Niente. Personaggi al silicone. Donne ed uomini di

plastica.La prima nefandezza

che viene veicolata è l’idea malatissima di “famiglia” come nucleo assolutamente autoreferenziale, al cui inter-no tutto viene riassorbito e trasfi gurato per essere subi-to dopo restituito all’esterno senza compromissione alcu-na di rispettabilità.

Il detto: “I panni sporchi si lavano in famiglia” in Beautiful trova la sua più perfetta applicazione, acqui-sendo il senso di una permis-sività estrema e patologica e assurgendo a valore non solo coprente ma assolvente.

E ciò che viene coperto ed assolto è il peggio che sia dato immaginare: donne che si sposano, a turno, con tutti gli uomini di una stessa fa-miglia passando dal letto di un fi glio al letto di quell’altro a quello del loro padre per poi partorire disinvoltamen-te fi gli che sono fra di loro fratellastri, zii, nipoti e che hanno fratelli-cugini, cugini-zii e così via dicendo; madri

che intrecciano relazioni ses-suali con i mariti o i fi danzati delle proprie fi glie (l’amore è così travolgente da riuscire a commuovere e da togliere all’evento qualsiasi alone, quantomeno, di sconvenien-za) rimanendo pure incinte e partorendo disinvoltamente (il caso può volere che il parto si presenti improvviso e rischioso e che a prestare soccorso si trovi proprio la fi glia tradita, con tanto di enfasi da nascita che tutto fa dimenticare); uomini che dopo (ma non tanto dopo) aver avuto una relazione con una donna si mettono con la di lei fi glia e poi questa muore e “si fanno” anche quell’altra; il capofamiglia che produce progenie con la moglie, ma anche con la ex moglie del fi glio e poi, dopo vari altri intermezzi matrimoniali, si sposa con la sorella di quest’ultima; fi gli che a un certo punto emergo-no dalle nebbie di un passato dissoluto e che, abbagliati dal luccichio del denaro, del lusso e del successo, in un attimo dimenticano di essere stati abbandonati, traditi, dimenticati e trascinano lo spettatore in una retorica del

perdono che davvero niente ha di puro e di spirituale.

C’è stato persino, pra-ticamente, un incesto: baci sensuali fra fratelli prima di scoprire che fratelli non sono, per una colpa antica che come al solito, appena svelatasi, perde ogni conno-tato di peccato e viene resti-tuita come semplice “errore” (e chi non ne commette!)

Persino la morte viene dissacrata: ogni tanto qual-cuno muore e poi … torna in vita.

Il funerale era stato una farsa, il cadavere non era reale, la bara viene riaperta e dentro non c’è nessuno oppure la persona perfetta, intatta perché di una statua di cera trattasi.

Di tutto di più. Vale la pena guardare. A farlo si capisce fi no a

che punto può spingersi l’or-rore televisivo.

Si capisce il desiderio

sotteso di istupidire, di ren-dere più banali, più insen-sibili al sacro, più prede. Si capisce che molte cose sono cambiate rispetto a quando avevano un senso le parole “onore”, “rispetto”, “coe-renza”, “impegno”, “lealtà”, “patto”, “fi ducia”, “valore”, “principio”, “fede”.

Non si capisce il silenzio di chi queste parole dovreb-be difenderle.

Penso in particolare al Vaticano che su un tema così importante non vorremmo sorprendere in contraddi-zione.

Senza incorrere in interventi censori che con-fi ggerebbero con il valore della libera scelta, una presa di posizione della Chiesa contro la nefandezza di certa televisione, testimonierebbe qualcosa di molto importan-te, cioè la purezza del suo vigilare a difesa di un mon-do etico.

Uno spettacolo dal quale salvaguardare i bambini

Beautiful