BIOTECNOLOGIEdoc.mediaplanet.com/all_projects/1478.pdf · PERCHÈ LE BIOTECNOLOGIE SONO IL FUTURO?...

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QUESTO SUPPLEMENTO É STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL CONTENUTO. UNA PUBBLICAZIONE MEDIAPLANET BIOTECNOLOGIE NOVEMBRE 2007 IL BIOTECH IN ITALIA In Italia la crescita del settore biotech è inarrestabile. Gli ostacoli ritenuti rilevanti sono stati superati brillantemente: il nostro Paese si colloca, infatti, sullo stesso livello di altri Paesi europei. Imprese, parchi scientifici e ricercatori esprimono dinamismo e innovazione, a cui devono, però, corrispondere adeguati investimenti. Pag. 5 CONSIDERAZIONI ETICHE SULLE BIOTECNOLOGIE Oggi la ricerca e le sue implicazioni tecnologiche sono vicine al vivere quotidiano. Eppure la ricerca biologica è guardata ancora con sospetto dal punto di vista etico. Pag. 7 LA RICERCA SULLE MALATTIE RARE Lo sviluppo della genetica medica e della ricerca biotecnologica hanno determinato l'individuazione delle basi genetiche di molte malattie rare e la realizzazione di nuovi test diagnostici e di nuovi farmaci. Pag. 8 BIOTECNOLOGIE APPLICATE ALL’ONCOLOGIA Il cancro nel mondo rappresenta un problema sociale che coinvolge sempre più persone. Saper leggere la biodiversità è fondamentale per individuare la cura più efficace per i diversi tipi di tumori. Pag. 15 PERCHÈ LE BIOTECNOLOGIE SONO IL FUTURO? Le biotecnologie rappresentano una delle speranze scientifiche più sentite per il miglioramento della nostra qualità di vita, viste le innumerevoli possibilità offerte agli utilizzatori e compresi gli scenari di sviluppo possibili.

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QUESTO SUPPLEMENTO É STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL CONTENUTO.

UNA PUBBLICAZIONE MEDIAPLANET

BIOTECNOLOGIENOVEMBRE 2007

IL BIOTECH IN ITALIA

In Italia la crescita del settore biotech è inarrestabile. Gli ostacoliritenuti rilevanti sono stati superati brillantemente: il nostro Paesesi colloca, infatti, sullo stesso livello di altri Paesi europei. Imprese,parchi scientifici e ricercatori esprimono dinamismo e innovazione,a cui devono, però, corrispondere adeguati investimenti.

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CONSIDERAZIONI ETICHE SULLE BIOTECNOLOGIE

Oggi la ricerca e le sue implicazioni tecnologiche sono vicine alvivere quotidiano. Eppure la ricerca biologica è guardata ancoracon sospetto dal punto di vista etico.

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LA RICERCA SULLE MALATTIE RARE

Lo sviluppo della genetica medica e della ricerca biotecnologicahanno determinato l'individuazione delle basi genetiche di moltemalattie rare e la realizzazione di nuovi test diagnostici e dinuovi farmaci.

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BIOTECNOLOGIE APPLICATE ALL’ONCOLOGIA

Il cancro nel mondo rappresenta un problema sociale checoinvolge sempre più persone. Saper leggere la biodiversità èfondamentale per individuare la cura più efficace per idiversi tipi di tumori.

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PERCHÈ LE BIOTECNOLOGIE SONO IL FUTURO?

Le biotecnologie rappresentano una delle speranze scientifiche più sentite per il miglioramento della nostra qualità di vita, viste leinnumerevoli possibilità offerte agli utilizzatori e compresi gli scenari di sviluppo possibili.

2 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

Uno speciale per mettere in luce i successi ottenuti e le enormipotenzialità del settore biotech, che si configura non solo come unarealtà affermata e in continua crescita, ma anche come unapiattaforma che sostituirà le metodologie tradizionali

QUESTO SUPPLEMENTO É STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL CONTENUTO.

Le moderne biotecnologie fannoparte della vita quotidiana di

ciascuno di noi, seppure a volte inmaniera silenziosa. Dalle biotecno-logie derivano infatti numerosiprodotti che trovano ampio uso inambito farmaceutico, diagnostico,cosmetico, zootecnico, agro-ali-mentare, industriale, solo per farealcuni esempi.L’impatto principale è però senzadubbio quello che le biotecnologiehanno avuto, hanno e sempre dipiù avranno sulla cura della salute.I numeri parlano da soli: nel mon-do, ad oggi, più di 325 milioni dipersone hanno potuto beneficiaredei 250 farmaci biotecnologici giàdisponibili (ormoni e fattori di cre-scita, vaccini, anticorpi monoclo-nali, terapie cellulari). E, mentrenumerosi farmaci sono in fase diapprovazione, appena dietro l’an-golo vi sono prospettive di cura chepossiamo definire entusiasmanti,se pensiamo che il 50% di tutte leterapie in sviluppo è di origine bio-tecnologica. Parliamo di ben 500molecole in sperimentazione clini-ca, di cui 300 in fase avanzata. Dietro questi numeri c’è moltaconcretezza, ovvero una tecnologiache è capace di produrre innovazio-ne al servizio dell’uomo.E l’Italia? Nel nostro paese, come po-trete leggere da questo inserto, il set-tore delle biotecnologie sta crescendorapidamente al punto da guadagnar-si uno spazio di rilievo sulla scena in-ternazionale. I dati di settore, emersidal Rapporto ‘’Biotecnologie inItalia 2007’’ curato da BlossomAssociati e Assobiotec, parlano da so-li: 222 imprese, 1.3 miliardi di eurocapitalizzati per lo sviluppo di pro-dotti e processi biotecnologici nelcorso del 2005, oltre 4 miliardi dieuro fatturati dalle imprese per lavendita o operazioni di licensing suprodotti biotecnologici, oltre 14.000dipendenti di cui circa 5000 impe-gnati in attività di R&S. E, soprat-tutto, per quanto riguarda l’ambitoterapeutico, 67 prodotti in fase disviluppo clinico, 12 dei quali in fasemolto avanzata. Lo sviluppo ulteriore delle biotec-nologie italiane dipende ora dal-l’impegno e dalla volontà delle no-stre Istituzioni di costruire unastrategia di promozione orientataalla ricerca e all’innovazione. Sul

modello di quei governi dell’UEche da anni stanno mettendo incampo risorse e strategie per aiuta-re le realtà di impresa e di ricercaattive nei loro territori. Dobbiamo diventare maggiormen-te attrattivi nei confronti del capi-tale finanziario internazionale.Quello intellettuale - le idee sonola forza del nostro biotech - fortu-natamente non ci manca.A livello di sistema-paese la sfida èquindi quella di concretizzare e so-stenere le potenzialità italiane conscelte di politica industriale forti estrategiche, di breve e medio ter-mine, capaci di attrarre flussi cre-scenti di investimenti. Proprio intale prospettiva Assobiotec ha de-ciso di organizzare a Milano il 1ºaprile 2008 BioInItaly, un eventoche offrirà l’occasione a imprese eprogetti innovativi in campo bio-tecnologico (compresa l’area dellenanobiotecnologie) di presentarsiagli investitori italiani e stranieri.Chiunque volesse cogliere questaopportunità, può candidarsi con-sultando il nostro sito www.asso-biotec.it.

SOMMARIO

Perché le biotecnologie sono il futuro? 3

Perché investire nelle biotecnologie? 4

Il biotech in Italia 5

Il “biometacluster” Italia 5

I nostri science-park 6

Considerazioni etiche sulle biotecnologie 7

Grandi speranze nelle cellule staminali 7

La ricerca sulle malattie rare. La vera innovazione è Biotech 8

Fermentazione biotecnologica per un prodotto più naturale 9

Terapia cellulare ed i suoi utilizzi in medicina 10

Bio-similari: un approfondimento sulla loro efficacia e sicurezza 11

DNA-base: una sfida per l’industria biotech italiana 11

Biotecnologie industriali applicate alla salute 12

Dalla biotecnologia una nuova risorsa per l’osteoporosi 13

Anticorpi Monoclonali: Armi Intelligenti nella Diagnosi,

Cura e Prevenzione 14

Biotecnologie applicate all’oncologia 15

Innovazione e biotecnologie

BIO TECH - UNA PUBBLICAZIONE DI MEDIAPLANET

Project Manager: Eylem Yaylali, Mediaplanet +39 02 36269428Production Manager: Gianluca Cò, Mediaplanet +39 02 36269429Testi: Massimiliano Riatti, giornalista scientificoProduzione/Layout: Daniela Haggiag - [email protected]/Distribuzione: Il Sole 24 OreFoto: istockphoto.com

Mediaplanet è una casa editrice leader in Europa per la pubblicazione di supplementi tematici allegati a quotidiani e portali online di economia, politica e finanza.Per ulteriori domande: Filippo Gioiello, +39 02 36269426

Mediaplanet with reach and focuswww.mediaplanet.com

Roberto Gradnik, PresidenteAssobiotec, Associazione nazionaleper lo sviluppo delle biotecnologie

BIOTECNOLOGIE 3PUBBLICITÀ

Perché le biotecnologie sono il futuro?Le biotecnologie rappresentano

una delle speranze scientifichepiù sentite per il miglioramento del-la nostra qualità di vita. È necessarioinnanzi tutto premettere che non èconsuetudine definire il settore co-me “biotecnologia” perché essa nonrappresenta una scienza unitaria.Infatti si parla comunemente di bio-tecnologie perché esse consistono inun insieme di tecnologie avanzate,destinate alla produzione di beni oalla trasformazione di sostanze natu-rali o sintetiche. Tali risultati sonoottenuti attraverso l’utilizzo di esse-re viventi, di agenti biologici o diderivati, da cui si origina la parola“bio”. Si tratta pur sempre e comun-que di processi e tecnologie che trag-gono origine dall’antichità, mutuatipoi nella moderna scienza per dive-nire un complesso utile all’uomo.Per esemplificare, la stessa fermenta-zione dell’uva o la trasformazione dellatte in formaggio sono di fatto pro-cessi biotecnologici perché sono ot-tenuti attraverso fermentazioni ope-rate da esseri viventi: i lieviti, i bat-teri e i microrganismi. Ma soltantonegli ultimi anni, grazie alle scoper-te genetiche, si sono aperti nuoviorizzonti di ricerca. Infatti le biotec-nologie hanno raggiunto risultatidavvero stupefacenti: per esempiol’ormone della crescita o l’insulinasono divenuti prodotti disponibili infarmacia e sono tutti derivati da pro-cessi biotecnologici; gli stessi farma-ci trombolitici che oggi permettonodi salvare moltissimi pazienti colpitida infarto derivano da queste ricer-che. Peraltro i confini della nuova ri-cerca spaziano verso le possibilità of-ferte dalla terapia genica, per la curadelle malattie ereditarie e persino al-cuni tumori possono risultare cura-bili attraverso queste nuove capacitàoperative. Non esiste come in altricampi di studio una separazione net-

ta tra ricerca di base e applicata, per-ché le continue ricongiunzioni tra illivello di studio e quello applicativonon ne permettono una differenzia-zione netta. L’applicazione industriale segue laricerca e la ricerca continua l’appli-cazione, in un ciclo di crescita espo-nenziale. È il motivo per cui questoè uno dei settori più interessanti del-la ricerca anche per gli investitori.Una recente pubblicazione dei datiOCSE sul comparto biotecnologicocostituisce lo spunto per rifletteresul posizionamento relativo delle di-verse nazioni e sulla evoluzione delleimprese biotecnologiche nell’ultimodecennio. Le biotecnologie divengo-no progressivamente un compartoestremamente significativo dell’eco-nomia, in notevole crescita in diver-si paesi del mondo, il cui ruolo nonpuò però essere adeguatamenteespresso, come in altri settori, daidati di occupazione o di fatturato,ma tramite indicatori propri comel’investimento in ricerca e sviluppo,le licenze e i brevetti ottenuti. Inoltre le biotecnologie si rivelanosempre di più come una piattaformascientifica e tecnologica e non tantocome un settore di sviluppo in sensotradizionale. Infatti la ricerca deglistrumenti produce strumenti oltreche risultati. E attraverso gli stru-menti possono essere ricercati nuovistrumenti e nuovi risultati. Come adire che il mezzo è esso stesso ogget-to e strumento di ricerca. Molti pae-si hanno compreso l’importanza dipossedere una forte base scientificain questo settore, per evitare diorientare i propri sforzi su ricerchetradizionali che identifichino risul-tati immediati ma senza prospettiveper il futuro. Infatti nessun paese èdisposto a trasferire il proprio know-how tecnologico e scientifico ad al-tro che sarà poi concorrenziale con il

proprio sistema produttivo e indu-striale. Quindi risulta evidente checiascuna nazione deve saper costrui-re un proprio patrimonio di ricercadi base, quindi anche l’Italia, perfruire poi adeguatamente delle ap-plicazioni tecnologiche produttive.Senza strumenti non si raggiungononuovi risultati e poiché oggi il setto-re offre l’opportunità di “scoprire”nuovi strumenti l’attenzione di foca-lizza verso questi piuttosto che versoi semplici risultati. Sono nati nuovimodelli aziendali per supportare

questo tipo di ricerca: citiamo adesempio il fenomeno della “cluste-rizzazione” cioè la concentrazione inaree geografiche limitate, originan-do distretti o “cluster” biotecnologi-ci. In pratica, una nazione potrà esse-re valutata sotto il profilo della pos-sibilità di ricerca in un rapportostrettamente numerico con i clusterpresenti nel proprio territorio. Avolte si tratta comunque di realtà so-vranazionali anche perché lo svilup-po di poli ad elevata tecnologia ri-chiede investimenti che potrebbero

risultare ottimizzati in un’otticaconsortile piuttosto che in visionestrettamente privatistica. Ad esem-pio i legami sempre più stretti trabiotecnologie e imprese del farmaconascono da sinergie che ne valorizza-no i rispettivi punti di forza: il bio-tech fornisce il mezzo di esplorazio-ne, l’impresa i capitali necessari perl’innovazione e lo sviluppo.

(Fonte: Rapporto ‘’Biotecnologie in Italia2007’’ di Blossom Associati – Assobiotec(disponibile sul sito www.assobiotec.it)

4 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

Intervista al Dott. Gianpaolo NodariSenior analyst di J. Lamarck.

La J. Lamarck è una delle piùprestigiose società di consu-

lenza finanziaria specializzata inbiotech companies. La Societàoffre un servizio a coloro che in-tendono investire nella biotecno-logia. Ci può dire come possiamoinvestire in questo settore?Per investire in biotecnologia in mo-do corretto è necessario il sostegno dianalisti e consulenti esperti in gradodi selezionare le aziende destinate adavere il maggior successo. Noi dellaJ. Lamarck sconsigliamo vivamenteil “fai da te” in quanto in questo set-tore i comuni parametri utilizzatinelle analisi finanziarie, come il rap-porto Prezzo/Utile per azione o iltasso di crescita di questo indice nonvengono utilizzati.Molto più importanti risultanoessere gli eventi positivi su pro-dotti o test clinici che possonoportare a sostanziali aumentidelle performance. Da molti anni, unendo competenzefinanziarie e scientifiche sulla bio-tecnologia, selezioniamo societàquotate sui mercati internazionalidestinate, per i prodotti che com-mercializzano o che hanno in fase disviluppo, a diventare leader pervendite e quote di mercato dell’in-dustria biotecnologica. Società ilcui valore delle azioni è destinato adapprezzarsi considerevolmente nelcorso dei prossimi anni.Ci dica un buon motivo per in-vestire in biotecnologia?La biotecnologia sta creando unnuovo straordinario business finan-ziario. Le società che la impieganosono infatti le società i cui prodotticambieranno le forme del mondoper come le conosciamo come è sta-to per il vapore, l’energia elettrica,il petrolio o il computer.Se poi consideriamo che da qualcheanno le aziende biotech ottengono

più autorizzazioni da parte della FDArispetto alle aziende farmaceutichetradizionali si può evincere come ilsettore sia sempre più competitivo econcreto con più di 800 nuovi farma-ci nelle fasi cliniche di cui circa 300

nelle fasi finali di sperimentazione.Quali sono, secondo lei, le areepiù promettenti?Ritengo che il settore più promettesia quello legato alle biotecnologiemediche in quanto consentiranno ilmiglioramento della qualità di vita

delle persone. E, all’interno di questo,oggi tante società stanno puntando suuna tecnologia innovativa chiamataRNA-interference, che permette diinterferire o silenziare l’informazionecontenuta in un gene.

Che prospettive ci sono nel futuro?Premetto che, oltre ad essere senzadubbio uno dei settori più promet-tenti del futuro, la biotecnologia hagià dato importanti ritorni anche nelpassato. Un nostro studio dimostracome l’investimento in biotecnologia

abbia dato negli ultimi dieci-dodicianni migliori rendimenti rispetto aiprincipali indici azionari mondiali. Inparticolare, 100.000 euro investitinel settore dodici anni fa sarebberooggi diventati circa 520.000 euro

contro circa 300.000 se fossero statiinvestiti sui principali indici azionari(NYSE, NASDAQ o S&P500).Oggi le prospettive sono ancora piùinteressanti in quanto, come giàdetto, grazie ai progressi ed alla ri-cerca sta arrivando una nuova onda-

ta di farmaci destinati a far crescerein misura esponenziale la curva delfatturato biotech. A che tipo di investitore si adattal’investimento in biotecnologia?Senz’altro ad un investitore evoluto

che consideri la biotecnologia comeuna diversificazione strategica delproprio portafoglio del tutto assi-milabile all’investimento fatto nel-le case farmaceutiche tradizionalinegli anni ’60-’80. Un investimen-to sicuro fondato su solide basi!

Perchè investire nelle biotecnologie?

BIOTECNOLOGIE 5PUBBLICITÀ

In Italia la crescita del settore bio-tech è inarrestabile. Secondo il

rapporto ‘’Biotecnologie in Italia2007’’ di Blossom Associati - Asso-biotec, esistono nel nostro Paese222 imprese per un totale di oltre 4miliardi di euro di fatturato com-plessivo con un investimento in ri-cerca di 1,2 miliardi di euro. Le im-prese del settore biotech contano14000 addetti di cui quasi un terzoè impiegato nella ricerca. Il punto diorigine del settore è attribuibile al-l’anno 2000, con una velocità cre-scente anno dopo anno. Per alcuniversi pare che ostacoli ritenuti rile-vanti siano invece stati superati bril-lantemente, tanto è vero che il no-stro Paese si posiziona in testa insie-me ai maggiori paesi europei.Imprese, parchi scientifici e ricerca-tori esprimono dinamismo e inno-vazione, con la grande capacità di farfronte giorno dopo giorno alle diffi-coltà, tra cui ad esempio la reperibi-lità di risorse dal lato pubblico.Occorre però anche che le aziendedel settore vengano premiate da in-vestitori in borsa, perché seppure sitratta di settori innovativi, è giusti-ficabile la partecipazione ad un ca-pitale di rischio che potrebbe pro-durre risultati davvero eccezionali,ad esempio con la scoperta di nuoviritrovati farmacologici. Occorronoanche sostegni da parte degli opera-tori specializzati, in grado di crearevalore nelle imprese, soprattuttonelle fasi di avvio delle stesse, che ri-

sultano le più critiche. È necessarioche il know-how economico/finan-ziario dei finanziatori contribuisca,insieme al capitale stesso, alla strut-turazione e al mantenimento delleaziende ad avanzata tecnologia, chepotrebbero infatti scivolare a causadel punto più debole, quello legato

alla finanza. Risulta utile una con-centrazione di sforzi tesi a migliora-re i rapporti e le comunicazioni a li-vello internazionale, sviluppandocollaborazioni con aziende parteci-pate nello stesso oppure in altri set-tori, e con i centri universitari e pri-

vati. La carenza di questi fattori disviluppo è stata la causa del ritardodell’Italia nel mercato delle biotec-nologie. In ogni caso il Paese ha poitrovato la giusta marcia riuscendo acolmare il divario accumulato so-prattutto grazie all’innegabile qua-lità della ricerca. Esiste un problema

strutturale nel nostro Paese connes-so alla scarsa capacità di attivare ca-nali tra il mondo accademico e quel-lo industriale e un altro derivantedai ritardi accumulati dal potere po-litico nazionale di assegnare un ruo-lo di importanza strategica alla ri-

cerca biotecnologia e alle risorsespecifiche da investire in venture ca-pital. Si conferma però il fatto cheattualmente il settore è in pieno svi-luppo con realtà emergenti che han-no saputo trovare sinergie per conti-nuare ad esistere e progredire. A li-vello di sistema Paese la sfida da rac-cogliere è quella di essere in gradodi intercettare i flussi crescenti diinvestimenti e nello stesso tempoevitare i fenomeni di deflusso. In so-stanza si tratta di divenire un poloattrattivo per le realtà economichein grado di attirare capitali non solointerni in modo da essere propulsoridello sviluppo. E’ importante sotto-lineare che si è realizzato un elevatolivello di concentrazione di interessiattraverso i cluster biotecnologiciche possono convogliare più linee ditendenza appartenenti a interessipubblici e privati in modo da risul-tare proficui per entrambi. In ognicaso è necessario evitare il rischioche il nostro Paese sia assimilato adun mercato di sbocco piuttosto chead un area di sviluppo e ricerca.Occorre quindi attuare una politicaanche fiscale legata all’agevolazioneper gli investimenti nel settore, alfine di cogliere proprio nelle fasi diavvio le migliori possibilità di cre-scita. Il nostro Paese ha i numeri pergiocare la propria partita a livellomondiale, sia sotto il profilo scienti-fico sia per quello industriale, po-tendo contare su personalità brillan-ti e di spicco nel campo della ricerca

e altrettanto validi manager per laparte amministrativa. E’ importan-te comprendere che lo sviluppo dinuovi settori richiede tempo e che ilciclo di cassa che lega l’investimentocon il ritorno economico è fisiologi-camente lungo, quindi richiede lacapacità di essere sostenuto nel tem-po evitando di dover ridurre la qua-lità della ricerca stessa per carenza difondi necessari a sostenerla. I moto-ri dello sviluppo sono principal-mente costituiti dalle nuove impre-se “born biotech” cioè specificamen-te create per questo tipo di settore, eda quelle nate per diversificazionedi mercato di aziende già operantiin settori correlati (prevalentementedi natura farmaceutica). E’ chiaroche aziende che possano contare sul-l’appoggio di strutture già esistentie su un consolidato fatturato annuoin altri settori, riescano ad essere so-stenute con minore sforzo rispetto aquelle di nuova costituzione, ed èproprio per questo motivo che l’in-teresse pubblico dovrebbe essere in-dirizzato a queste forme di incenti-vo economico, al fine di consentireun maggior grado di sviluppo dellepiccole realtà. Il futuro è dunquenelle mani di chi lo sa cogliere, conla certezza di un risultato di grandeutilità sociale.

Per approfondimenti: Rapporto ‘’Biotecnologie in Italia 2007’’ di Blossom Associati – Assobiotec (disponibile sul sito www.assobiotec.it)

Il biotech in Italia

Lo sviluppo dell’industria biotechin Europa è strettamente legato

ai cluster biotecnologici che concen-trano, in un ambito territoriale bendefinito, un insieme di realtà azien-dali, di ricerca e istituzionali forte-mente interconnesse e sinergiche chestimolano l’innovazione e la compe-tizione a livello globale.Anche l’Italia vede lo sviluppo di va-ri cluster biotech che si sono formaticon il supporto delle Istituzionipubbliche che hanno creato le condi-zioni per favorirne la crescita laddo-

ve sussisteva uno stretto coordina-mento tra i principali attori e l’Am-ministrazione locale. Dall’indagine contenuta nel report“Facts & Trends Analysis 2007” a cu-ra di Biopolo (www.biodirectory.it),si evidenzia che, fra i biocluster ita-liani, quello in Lombardia presentasufficienti fattori critici per essereconsiderato un cluster funzionantead alto potenziale, nonostante abbiale difficoltà nel reperire i fondi perinvestimento ad alto rischio nella fa-se di incubazione e di start-up.

I biocluster italiani, pur presentandodelle specificità legate ai loro conte-sti di origine e al territorio di appar-tenenza, mostrano dei tratti comunie sono per molti versi complementa-ri fra di loro. Pertanto è ipotizzabileun’intensificazione dei rapporti fra idiversi cluster in un unico “biometa-cluster” che sia una vera e propriasintesi ove vengano valorizzate leproprie specificità e i propri asset.Complessivamente, l’industria bio-tech del sistema Italia si fonda sul-l’eccellenza del mondo della ricerca

dove l’Italia si posiziona ormai sta-bilmente al settimo posto a livellomondiale sia in termini di pubbli-cazioni che per citazioni. Tuttavia,in questo comparto sarebbero ne-cessari degli interventi volti a ri-durre la frammentazione dei grup-pi di ricerca, tramite la creazione dipoli accademici ad alta specializza-zione per rinforzare l’impatto dellaricerca nazionale nell’ambito dellacomunità internazionale.La creazione di una cultura impren-ditoriale fra i ricercatori sta com-piendo importanti passi avanti conil consolidamento degli uffici ditrasferimento tecnologico presso lemaggiori Università. Inoltre, pro-grammi come “Bioiniziativa” dellaRegione Lombardia e “Discovery”nel Canavese (Piemonte), stannoportando alla nascita di nuove real-tà imprenditoriali biotech suppor-tate anche da finanziamenti erogatiin Lombardia dal fondo Next e daEporgen in Piemonte. Queste nuove aziende biotech van-no a costituire la spina dorsale diuna nuova classe di imprese forte-mente innovative che aiutano l’in-

staurarsi di una generazione di ma-nagers dedicati al business dellescienze della vita. Queste nuove fi-gure professionali sono attualmentedifficili da attirare in Italia per laforte competizione a livello interna-zionale e questo costituisce uno de-gli ostacoli allo sviluppo perché laloro assenza impedisce alle impresebiotech di crescere. Pertanto, l’in-gresso di figure manageriali bio-tech nello scenario Italiano dovreb-be essere facilitato da meccanismidi incentivazione fiscali e salariali.Sempre in tema di incentivi, pro-grammi di sgravi fiscali legati allostatus di “Giovane ImpresaInnovativa”, come nel caso dellaFrancia, sarebbero di grande utilitàper l’industria biotech in quantopermetterebbero da un lato l’incre-mento delle start-up e dall’altro fa-ciliterebbero l’insediamento inItalia di realtà imprenditoriali stra-niere, innescando così un ciclo vir-tuoso e sinergico fra università,nuove aziende e multinazionali.Per approfondimenti: Rapporto Facts & Trends Analysis2007 – www.biodirectory.it

Il “biometacluster” Italia

Bioindustry Park CanaveseIl Bioindustry Park Canavese è un parco scientifico focaliz-

zato sullo sviluppo delle biotecnologie. Sorge nei pressi diIvrea, in provincia di Torino, ed è operativo dal 1998 per lapromozione e lo sviluppo della ricerca nel campo delle scien-ze della vita, collegando la ricerca universitaria al mondo del-le imprese, con l'obiettivo di favorire la nascita e la crescita di

aziende innovative. Conta oggi oltre 500 addetti.Oltre alle opportunità di insediamento per aziende del settore (uffici, laboratori ed impianti di pi-lota; ad oggi sono 35 le imprese insediate), il Bioindustry Park offre spazi, supporto gestionale e(grazie alla collaborazione con Eporgen Venture) finanziario per l’incubazione di start-up (il proget-to Discovery é ormai giunto alla terza edizione); servizi di ricerca a contratto; servizi di consulenzaspecialistica, quali analisi di fattibilità economica e brevettuale. Le attività di ricerca e di trasferimento tecnologico sono al centro del sistema “BioindustryPark”. Queste attività hanno il loro centro propulsivo nel LIMA, il Laboratorio integrato diMetodologie Avanzate del Parco, che si occupa sviluppare progetti di ricerca applicata in col-laborazione con l’Università ed offre servizi di ricerca a contratto per le aziende del settore. Inoltre, il LIMA è sede di formazione permanente per neolaureati e ricercatori che intendonospecializzarsi in biotecnologia e metodologie scientifiche orientate alla ricerca applicata neisettori chimico, farmaceutico, diagnostico, biomedicale, alimentare.

Parco Tecnologico PadanoIl Parco Tecnologico Padano (PTP) nasce nel 2000, su input

della Regione Lombardia e con il supporto degli EntiTerritoriali del Lodigiano, per lanciare la sfida allo sviluppoagricolo attraverso la realizzazione di un centro di eccellen-za per l’agro-alimentare. Raccogliendo intorno a sé una for-te presenza universitaria, centri di ricerca pubblici e privati,un incubatore di impresa e un business park, il PTP si pro-

pone come un motore di sviluppo ed si candida a diventare il cluster agrobiotecnologico di rife-rimento per il Sud-Europa. Il Parco inoltre, per rispondere ai bisogni di innovazione del sistemaagro-alimentare, mette a disposizione del mondo produttivo i suoi oltre 60 ricercatori e le suepiattaforme tecnologiche quali la Piattaforma Genomica (PGP), un laboratorio certificato perla diagnostica molecolare nei settori animale, vegetale e microbiologico pensato appositamenteper sviluppare sistemi per la caratterizzazione di materie prime, per il controllo di qualità e la si-curezza sanitaria delle produzioni, la tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti alimentari.

Area Science ParkDai primi laboratori sul Carso triestino nel 1982, AREA

Science Park si è affermato oggi come uno dei princi-pali parchi scientifici europei. Suo obiettivo principale è fa-vorire lo sviluppo del territorio attraverso la leva dell’innova-zione, grazie alla creazione di un legame stabile tra il mondodella ricerca e il sistema imprenditoriale. AREA ospita at-

tualmente 84 centri, società e istituti, con 2100 addetti impegnati in attività di ricerca e svilup-po, trasferimento tecnologico, formazione e servizi qualificati. Nel campo delle scienze della vita, numerosi sono i laboratori e le imprese che, dagli studi sul-le malattie degenerative, alla messa a punto di kit diagnostici, alla brevettazione di metodicheper l’amplificazione dell’efficacia dei principi attivi, hanno trovato in AREA l’ambiente idea-le per crescere. Da segnalare, in particolare, il Distretto di Biomedicina Molecolare, ricono-sciuto dal MUR, i cui programmi di sviluppo guidati dagli attori della ricerca e dell’industriasono fortemente supportati da fondi pubblici e privati, da servizi avanzati a valore aggiunto, dainfrastrutture di ricerca di eccellenza.

Insubrias BioparkPromozione, tutela e sostegno alla ricerca in un contesto

transfrontaliero di grandi potenzialità.È con questoobiettivo che Provincia di Varese, Stato e Repubblica delCantone Ticino, Comunità di lavoro Regio Insubrica,Universtà dell’Insubria di Varese e Como, FondazioneCardiocentro Ticino e Comune di Busto Arsizio hanno pro-

mosso la realizzazione di Insubrias BioPark attraverso la Fondazione Istituto Insubrico di Ricercaper la Vita. Venticinquemila metriquadrati di “Centro” collocato in una splendida area verde eche gode di una posizione assolutamente strategica. Quindicimila metriquadrati di laboratoried uffici aperti alle aziende, agli atenei, alle istituzioni territoriali e a quelle scientifiche.Dotato di infrastrutture flessibili e d’avanguardia, Insubrias BioPark offre tutti i servizi tecnici,logistici, informatici e telematici, di promozione, formazione, supporto e consulenza necessari adincentivare la Ricerca della Vita, lo Sviluppo e l’Innovazione Tecnologica, al fine di creare un ef-ficace sistema di relazioni tra i propri partners ed il territorio. Un Parco tecnologico e scientifi-co con strutture ed attrezzature di alto livello che ospita al suo interno aziende biotecnologiche.

Toscana Life SciencesLa Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) è una orga-

nizzazione non-profit costituita a Siena nel Dicembre2004 da le cinque Università toscane, il Comune, la

Provincia, l’Azienda Ospedaliera e la Camera di Commer-cio di Siena, la Banca e la Fondazione Monte Paschi e laRegione Toscana. L’obiettivo di TLS è di supportare l’appli-cazione industriale delle attività di ricerca nell’ambito del-

le scienze della vita. Con questa finalità la fondazione è impegnata attivamente nello sviluppodell’omonimo Parco Scientifico a Siena, all’interno del quale è operativo già da un anno il bio-incubatore, una struttura di circa 2 mila mq comprendente uffici, laboratori e piattaforme tec-nologiche, a disposizione delle nuove imprese che desiderano avviare le loro attività di ricercae sviluppo. “TLS non offre solo spazi” sottolinea il direttore generale Germano Carganico, maanche “un network di competenze tecniche, manageriali, gestionali e amministrative utili per losviluppo del business.” Inoltre, continua Carganico, “TLS si occupa anche di reperire finanzia-menti. Attraverso la nostra intermediazione, infatti, le aziende di ricerca in fase di creazione ven-gono messe in contatto con fondi d’investimento locali e regionali e con società di venture capi-tal internazionali”.

Sardegna RicercheCreato da Sardegna Ricerche, l'Ente regionale per la ri-

cerca e lo sviluppo tecnologico che lo gestisce e lo pro-muove, il parco tecnologico della Sardegna ha due sedi, aPula e Alghero, all’interno di riserve naturali, dove ambien-te, cultura e tradizione fanno da cornice a laboratori e servi-zi tecnologici all’avanguardia nei settori ICT, Biomedicina,Bioinformatica ed Energie Rinnovabili. Oltre 50 organiz-zazioni insediate, più di 400 addetti: questo è il biglietto davisita del parco a soli quattro anni dalla sua fondazione. Ilparco offre spazi insediativi e piattaforme tecnologiche eun’ampia gamma di strumenti e servizi per l’innovazione,dall’assistenza brevettuale al trasferimento dei risultati del-la ricerca, alla formazione e al marketing. La biomedicina ha

visto importanti sviluppi in Sardegna negli ultimi anni. Gli studi sugli isolati genetici e i risulta-ti della ricerca farmacologica, unitamente agli investimenti della Regione Sarda in attività diR&S, hanno dato impulso alla nascita del Distretto Tecnologico della biomedicina e alla crea-zione di un polo di eccellenza delle tecnologie bioinformatiche applicate alla medicina perso-nalizzata. La Regione Sardegna ha inoltre creato Fase Uno, la prima società regionale in Italiache promuove in loco la sperimentazione clinica di fase I e II di nuovi farmaci. Lo scopo è va-lorizzare i risultati della ricerca raggiunti, richiamare le industrie farmaceutiche internaziona-li e porre il sistema sanitario regionale in posizione innovativa.

6 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

I nostri science-park

I parchi scientifici rappresentano una delle più importanti opportunità di sviluppo per la ricerca nel nostro paese. Attraversol’unificazione di interessi e progetti, tra enti di ricerca di natura pubblica e privata, università e aziende, assistiamo alla realiz-zazione di un vero e proprio polo propulsivo in grado di determinare significativi risultati nel progresso scientifico. In un parcovengono convogliate le energie dei ricercatori e degli amministratori di società per cercare di definire un intesa che sappiasposare in una forma consortile complessa le idee, gli intenti e gli sforzi per il domani. Il parco scientifico è una opportunità dicrescita per il paese che lo ospita al punto che vi sono nazioni nel mondo che ritengono di avvantaggiarsi fornendo struttura eospitalità nel proprio territorio a queste formazioni di interesse culturale e tecnologico. In Italia sono nati dei veri e propripunti di interesse a livello internazionale per la ricerca scientifica nel settore delle biotecnologie, che rappresentano il fioreall’occhiello di un paese che sa raccogliere la sfida del proprio futuro.

BIOTECNOLOGIE 7PUBBLICITÀ

Giovanni BonioloCattedra di Filosofia della scienzaIstituto Firc di Oncologia Molecolare –Milano; Scuola Europea di MedicinaMolecolare – Milano

Forse mai come oggi chi si dedicaalla ricerca di base in biologia

molecolare vive a stretto contattocon chi si occupa di trasferimentotecnologico. Forse mai come oggi laricerca e le sue implicazioni tecnolo-giche sono vicine al vivere quotidia-no. Eppure forse mai come oggi laricerca biologica e le sue conseguen-ze tecnologiche sono guardate consospetto dal punto di vista etico eforse mai come oggi ci si pone la fa-mosa questione se sia moralmentelecito produrre e utilizzare ciò che ètecnicamente possibile produrre eutilizzare. Certamente una questio-ne importante e centrale, specie perla società contemporanea attenta al-le innovazioni e molto sensibile alleistanze etiche. Tuttavia anche unaquestione che può presentare delletrappole quando non la si affrontacon la dovuta cautela.In primo luogo, quando si discutedelle implicazioni etiche delle bio-tecnologie bisognerebbe avere pre-sente che in oggetto non vi sono lebiotecnologie in quanto tali, ma leazioni umane volte a produrle e a

usarle. Le biotecnologie non sononé “buone” né “cattive”, semplice-mente sono. Ciò che può essere giu-dicato come “buono” o “cattivo” so-no le azioni umane relative alle bio-tecnologie. In secondo luogo, ognivolta che si entra nel dibattito, bi-sognerebbe avere una chiara e preci-sa idea, dal punto di vista scientifi-co, tecnologico ed etico di che cosasi sta discutendo. Quante volte, in-fatti, assistiamo a discussioni da cuisi ha la netta impressione che fra co-loro che parlano non vi sia nessunocon una almeno sufficiente prepara-zione sull’argomento? Non sarebbemeglio avere una sorta di onestà in-tellettuale e condividere con i no-stri padri latini l’idea che aut tace,aut loquere meliora silenzio.Veniamo ora brevemente ai duemaggiori argomenti usati contro laproduzione e l’uso di biotecnologie:l’argomento del pendio sdrucciolevolee l’argomento che si basa sul princi-pio di precauzione. Per il primo nondovremmo produrre o usare certebiotecnologie - anche se per il mo-mento non presentano implicazioniriprovevoli - perché se lo si facesse siaprirebbe la strada alla produzionee all’uso di future possibili biotec-nologie moralmente esecrabili emagari pure ambientalmente peri-colose o insostenibili. Come si in-

tuisce, questo è un argomento soloapparentemente cogente, in realtà èmolto debole, dal momento che dalfatto che oggi si possa produrre ousare una certa biotecnologia nonsegue per nulla che domani si deb-ba acconsentire alla produzione eall’uso di biotecnologie estrema-

mente pericolose o totalmente im-morali (oltre tutto, condividiamoveramente il significato di ‘morale’e ‘immorale’?). Con il secondo argo-mento si sostiene che per precauzio-ne sarebbe meglio astenersi dal pro-durre e dall’usare certe biotecnolo-

gie perché, pur sapendo che non sisono avute conseguenze negative,non si sa quale possa essere il loroimpatto sull’ambiente e sulla salutea lungo tempo. Tuttavia, se il prin-cipio di precauzione viene applica-to in senso dogmatico (come troppevolte accade in campo biotecnolo-

gico), si dovrebbe smettere di farequalunque attività, dal momentoche qualunque attività umana haavuto, ha, e avrà conseguenze nega-tive. Non sarebbe preferibile invo-care e impiegare il principio di pre-cauzione con “più precauzione” e

smettere di considerarlo come uninsormontabile argomento control’innovazione biotecnologica?Per chiudere vorrei sottolineare checertamente occuparsi di biotecnolo-gie, sia nel senso della loro produ-zione che del loro uso, deve compor-tare un’assunzione di responsabilità.Ma ricordiamoci anche che ‘respon-sabilità’ viene dal latino respondere equindi che il suo significato è legatoa ‘dare una risposta’. Ma a chi? Nelnostro caso, comporta assumersi ilcarico etico, sociale e legale di ri-spondere a chi per ruolo istituziona-le o per convivenza civile ci chiedequalcosa intorno alla nostra attività,con la possibilità anche di invitarci asospenderla qualora se ne ravvisasseveramente il pericolo o l’immorali-tà. Ma tale pericolo o immoralitànon potranno certo essere identifica-te in dibattiti del tutto superficialidove si brandisce in modo fallacel’argomento del pendio sdrucciole-vole o quello che fa capo al principiodi precauzione.Si vorrebbe invece che ci fosse undibattito sereno, razionale, profon-do e basato su reali competenzescientifiche, tecnologiche ed etiche.Insomma un reale e non invadentedibattito di etica pubblica ben im-postato e ben condotto che sostitui-sca un inutile brusio bioetico.

Considerazioni etichesulle biotecnologie

Le cellule staminali rappresenta-no il futuro della ricerca medi-

ca perché di fatto rappresentanol’origine di tutte le cellule umane.Infatti si tratta di cellule la cui fun-zionalità specifica non si è ancoradefinita per cui possono originarevari tipi di cellule diverse, attraver-so un precesso definito “differen-ziamento”. Quando lo sviluppoumano è alle prime fasi, le cellulestaminali sono situate nell’embrio-ne, e risultano differenti da tutti i

tipi di cellule del resto dell’organi-smo, come ad esempio quelle epi-dermiche, ossee, cerebrali ecc. Essedi fatto possono specializzarsi inqualsiasi funzionalità e da ciò deri-va l’aspettativa della ricerca: potereun giorno ricostruire le celluleumane danneggiate attraverso l’usodelle staminali. Un’applicazionepratica di questo principio risulte-rebbe ad esempio la cura del morbodi Parkinson o dell’Alzheimer, inquanto si tratta di problemi con-

nessi a lesioni di determinati grup-pi di cellule cerebrali. Realizzandoun trapianto di cellule staminaliderivate da un embrione, e inseren-dole nella parte del cervello colpita,si ipotizza che si possa sostituire laparte di tessuto cerebrale lesa. Mala rivoluzione non è certo limitata aquesto: si spera che in un futuroprossimo la ricerca sulle cellule sta-minali possa curare altre malattiemortali, come ad esempio l’ictus ole malattie cardiache. Non tutti gli

stati dell’unione europea hannomostrato di accettare la ricerca se-guendo le stesse modalità. Vi sononazioni dove la semplice estrazionedi staminali da un embrione uma-no è considerata una pratica illega-le. Altrie che invece si sono addi-rittura promosse a livello politicocome i centri di cultura per eccel-lenza nella ricerca sulle cellule sta-minali. Vi sono anche paesi in cuile norme hanno inteso regolare itempi di prelievo e le modalità conle quali la ricerca possa trovare ap-plicazione. In gioco vi è la filosofiastessa della vita: la ricerca avanzavalicando confini assolutamenteparticolari dovendo agire diretta-mente sugli embrioni e trattando ilconcetto stesso di sviluppo delleprime fasi dell’esistenza, generandopolemiche e causando movimentifavorevoli e contrari al problema.Vista la difficoltà di armonizzare lalegislazione in questo settore perogni area geografica, gli scienziatisi sono posti il problema di riuscirea ricavare queste cellule da altrefonti che non siano gli embrioniumani. Ad esempio una possibilitàsembra essere quella di eseguirne ilprelievo dal midollo osseo degliadulti. Infatti queste cellule stami-nali risultano già in grado di diffe-renziarsi in differenti varietà diglobuli rossi del ciclo vitale. E’chiaro che si tratta di un inizio. Lasperanza è di ricavare da queste for-ti alternative tutti i tipi di cellule edi poter effettuare ricerche a tuttocampo senza scontrarsi con proble-mi di ordine etico e morale. Fino aqualche tempo fa, i ricercatori rite-nevano impossibile che le cellule

del midollo osseo potessero regre-dire allo stadio iniziale, potendoquindi “reinventarsi da capo” peroriginare tipi di cellule differenti,come quelle nervose, intestinali oepiteliali. Però alcuni scienziati ne-gli Stati Uniti hanno identificatouna cellula staminale in grado disvilupparsi in un altro tipo di cel-lula. Tutto ciò, a parte la soluzio-ne dei problemi etici già descritti,significhebbe che la cura dei nostrimali risiederebbe proprio dentro dinoi, nel nostro midollo osseo, po-tendo estrarne cellule staminali chepossano regredire e ritrasformarsiin quelle che servono per il nostrobisogno, evitando rigetti nei pa-zienti trattati. Un’altra possibilefonte di cellule staminali è rappre-sentata dal sangue, eliminato du-rante il parto, proveniente dal cor-done ombelicale. Il vantaggio inquesto caso è di poter disporre infuturo delle cellule staminali ne-cessarie senza intervenire né sullamadre né sul bambino. A sostengodi questa tesi vi sono molte impre-se specializzate in tutto il mondoche hanno come obiettivo la con-servazione (si definiscono “ban-che”) dei cordoni ombelicali deinuovi nati, dietro corrispettivo eco-nomico, che potrebbe consentireun giorno di poter curare non solole malattie del bambino stesso, maanche dei familiari diretti, vista la“compatibilità” di tali cellule conquelle dei congiunti. Tesi futuristi-ca ma a quanto pare assolutamentereale visto che il mercato crescegiorno dopo giorno favorendo pe-raltro l’interesse e gli studi in que-sto settore.

Grandi speranze nelle cellule staminali

8 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

Intervista al Dott. Palmisano

La filosofia cardine dell’azienda,dove la ricerca mirata sul pa-

ziente riesce a portare il profitto edove il profitto sostiene la ricercaper i pazienti di settori inesploratidi cui altrimenti nessuno si occu-perebbe. Le differenze con il mer-cato di riferimento.La mission che Genzyme si è data findalla nascita è lo sviluppo di farmaciinnovativi per il trattamento di pa-zienti colpiti da malattie rare. La sfidaè stata quella di ritenere possibile sod-disfare le aspettative del mercato azio-nario anche senza puntare sui grandinumeri, cioè su patologie che colpi-scono milioni di persone. Il successodei primi farmaci ha consentito direinvestire ogni anno il 20% del fattu-rato in ricerca e di instaurare un circo-lo virtuoso che pur mantenendo al

centro l’interesse del paziente non per-desse di vista quello degli investitori. Acquisizioni mirate di molecole:capacità previsionale e rischio ele-vato d’insuccesso. Chi sceglie eperchè.La strategia che Genzyme sta appli-cando è quella di arricchire la pro-pria pipeline di prodotti, non solocontinuando ad investire in ricercama anche attraverso una politica diacquisizioni mirate. Il focus sui pa-zienti e sui bisogni medici ancorainsoddisfatti guida le scelte e que-ste operazioni di alta finanza diven-tano il mezzo per arricchire le com-petenze interne, potenziare le strut-ture di ricerca, affacciarsi ad altrearee terapeutiche dove ancora moltipazienti aspettano una cura.Cosa intendete per piattaformetecnologiche che permettono disviluppare davvero nuove idee.

Le differenze con il mercato.Genzyme considera la diversità unafonte di arricchimento e di crescita,non un pericolo: le idee innovative,le nuove competenze, lo spirito im-prenditoriale delle nostre personesono una delle principali ricchezzedel Gruppo. Mentre aziende piùtradizionali tendono ad incorporareciò che comprano e ad omogeneiz-zare lo stile e la cultura, il Biotechapprezza e stimola il coraggio ed ilpensiero “out of the box”.Le ricerche per il futuro. Goderei benefici oggi non significa di-sporre di capacità per il futuro. Ledifferenze con il mercato.Il modello della Big Pharma tradi-zionale, dei blockbuster e della ricer-ca di me-too drug è ormai dichiara-tamente in crisi. Genzyme punta sulmantenimento dello spirito pionie-ristico della ricerca anche oggi cheha superato largamente i 3 miliardidi dollari di fatturato. La filosofiache ci guida nel continuare nelle“sfide impossibili” della ricerca èmolto semplice: se non ci prendiamonoi questa responsabilità, chi lo farà?

Le sfide impossibili della ricercaGenzyme Corporation è stata fondata a Boston 26 anni fa ed è oggi una delle cinque principali societàdi biotecnologie farmaceutiche nel mondo.

Dr. Riccardo Palmisano, Direttore Generale e Amministratore Delegato Genzyme S.r.l

Le Malattie Rare, secondo una sti-ma dell’Organizzazione Mondiale

della Sanità sono 6/7 mila, e rappre-sentano il 10% di tutte le patologieumane riconosciute; riguardano oltre1.500.000 pazienti nel nostro Paese ecirca 25-30 milioni in Europa. Il problema fondamentale di taliMalattie, di cui l’80% circa è di origi-ne genetica, risiede proprio nella lororarità, da cui discendono le difficoltàsia nella diagnosi che nella prevenzio-ne e nel trattamento.In questi ultimi anni lo sviluppo del-la genetica medica e della ricerca bio-tecnologica hanno portato da un latoall’individuazione delle basi geneti-che di molte di queste patologie, dal-l’altro all’individuazione di test dia-gnostici e di farmaci in grado di faci-litare la diagnosi e di consentire iltrattamento di un certo numero diMalattie Rare. Il 20% dei prodotti terapeutici lancia-ti sul mercato è di tipo biotecnologico;si tratta di diagnostici, dispositivi me-dici, biomateriali e test genetici. Il futuro sembra risiedere nelle bio-tecnologie, prodotti a base di cellulee/o tessuti ottenuti attraverso tecni-che di ingegneria genetica che richie-dono un processo produttivo estre-mamente complesso, lungo ed onero-so. Quest’affermazione assume mag-gior valore se si considera che oltrel’80% di tutti i nuovi medicinali evaccini oggi in fase III di sperimenta-zione negli US nascono all’interno diindustrie biotech.Dall’Orphan Drug Act del 1983 cheha dato il via alle agevolazioni ed agliincentivi per la ricerca di farmaci or-fani negli US, si è arrivati a dare oggiuna risposta a una serie di Malattieestremamente Rare, che fino a ieri af-fliggevano pazienti senza che ci fossealcuna possibilità di terapia, ne’ inmolti casi alcuna speranza di vita;piccoli pazienti destinati a un’esisten-

za molto breve e pazienti adulti con-dannati a una vita fatta di continuiricoveri, di accessi nei dipartimenti diemergenza degli ospedali, di cure pal-liative, spesso molto costose ma sem-pre, invariabilmente, non risolutive. E ciò avviene grazie a poche, pochissi-me aziende che sono nate e cresciuteper questo scopo, che per vocazionehanno preferito concentrarsi su que-ste “rare” realtà riconoscendone lastraordinaria importanza.Proprio da una di queste aziende chesi sono scelte le Malattie Rare comemissione, dieci anni fa arrivava la pri-ma terapia per la Malattia diGaucher, una malattia da accumulolisosomiale che fa parte di un vastogruppo di patologie dovute a un defi-cit di enzimi preposti al degrado dispecifiche sostanze che vanno a com-promettere tutta la catena metaboli-ca, con conseguenze altamente invali-danti e, spesso, fatali. Questo primo

farmaco ha rappresentato un momen-to fondamentale nella gestione e curadelle Malattie Rare, dando, per la pri-ma volta, una speranza a pazienti chenon ne avevano e generando il valorenecessario a finanziare la ricerca pertrovare nuove terapie e combattere al-tre patologie.Ma ci sono ancora tante, nuove fron-tiere da raggiungere e superare. La te-rapia genica e quella cellulare, peresempio, possono contribuire a trova-re delle soluzioni per malattie che so-no ancora senza cura, sfruttando la ca-pacità naturale dell’organismo digiungere alla guarigione. La terapia genica, in particolare, pun-ta a innescare la produzione di unaproteina specifica, sia essa mancante oinefficace: iniettando il gene pro-grammato per creare una versione sa-na e sufficiente della proteina in que-stione, le cellule dovrebbero riusciread attivare la replicazione del DNA in

grado di produrre la proteina sana. Già oggi la terapia cellulare è utilizza-ta, in campo ortopedico, nelle ripara-zioni cartilaginee mentre sono in cor-so studi avanzati sull’applicabilità del-la terapia genica nel campo delleMalattie cardiovascolari o del Par-kinson, oltre che per ovviare ai limitiche le attuali terapie enzimatiche so-stitutive presentano nel non riusciresuperare la barriera emato-encefalica.Malattie come la Malattia di Gaucherdi tipo 3 e la Malattia di NiemannPick, la Sclerosi Multipla e la SclerosiLaterale Amiotrofica hanno un im-portante coinvolgimento del sistemanervoso centrale ed alcune tecnologieinnovative saranno in grado di porta-re i geni direttamente al cervello. Il futuro della medicina rigenerativa èmolto diversificato e ancora ampia-mente indeterminato: come avvieneper qualsiasi altra nuova opzione inmedicina, lo sviluppo e l’adozione di

queste applicazioni dovranno esserevalutati soppesando vantaggi e rischipotenziali per i pazienti e costruendoil necessario ambiente normativo,equilibrato e rigoroso, che garantiscala sicurezza dei malati e, al tempostesso, apra la via all’innovazione. E ancora una volta, inevitabilmente, sitorna a parlare di ricerca e di investi-menti; operare sul fronte dell’innova-zione significa esporsi ad altissimi ri-schi di fallimento: basti pensare cheper ogni farmaco che ottiene l’autoriz-zazione occorrono una decina d’annidi lavoro e investimenti comparabili aquelli necessari a sviluppare farmaciche si rivolgono a decine di milioni dipazienti e non solo a poche migliaianel mondo. Una sfida nella sfida, cheavrebbe bisogno di un accordo di si-stema tra le diverse parti interessate(sia dell’industria che delle istituzioni)e di una programmazione tale da po-terne garantire la sostenibilità.

La ricerca sulle Malattie Rare:La vera innovazione è Biotech

BIOTECNOLOGIE 9PUBBLICITÀ

La fermentazione biologica costi-tuisce uno stadio iniziale della di-

gestione anaerobica, cioè quella cheavviene in assenza di ossigeno, e puòavvenire sia in presenza di luce, e intal caso si definisce fotofermentazioneoppure anche in sua assenza, quindifermentazione al buio. La fonte essen-ziale per la quale questo meccanismoha origine è la materia organica: laconseguenza lato chimico di tale pro-cedimento è il rilascio di anidride car-bonica nel processo produttivo. Inogni caso tale fatto non aumenta il bi-lancio termico della terra in quantonon si tratta di un effetto di sostanzefossili, ma rinnovabili. Negli ultimi30 anni la ricerca si è molto interessa-ta ad entrambe le versioni della fer-mentazione biologica, in particolarenello sviluppo di soluzioni innovativein grado di risolvere diverse esigenzedella società moderna, tra cui anchequella alimentare. La motivazione difondo è che tale tipo di fermentazioneè assolutamente migliorativa nellaproduzione di alimenti e sostanze ri-spetto ad una tecnica tradizionale disintesi. Il processo è totalmente natu-rale e risolve positivamente un aspet-to delicato per l’alimentazione: la pre-

senza nei cibi di sostanze nocive comei solventi. Risulta infatti che fermen-tazione biologica possa migliorare si-gnificativamente la qualità di quantoassorbito dal nostro organismo. Oggile tecniche di fermentazione biologi-ca sono impiegate con successo nellosviluppo di probiotici, vitamine e an-

tiossidanti. L’interesse è giustificatodalle conseguenze su scala mondialedello sviluppo di tecnologia nel setto-re: l’Organizzazione mondiale dellasanità e la Fao hanno elaborato lineeguida internazionali tese a regolare laricerca e il mercato dei batteri provita(i probiotici) e degli alimenti che li

contengono. Alcuni studi interessanonello specifico anche le vitamine e gliantiossidanti la cui azione inibitorianei confronti delle cellule tumorali èstata oggetto di notevole interesse daparte della comunità scientifica. Inmolti laboratori e aziende di produ-zione i meccanismi di fermentazione

biologica sono selezionati utilizzati emigliorati per produrre specifici ali-menti: yogurt, latte e formaggio sem-pre più spesso, oltre ai classici fer-menti lattici, contengono probioticiresistenti ai succhi gastrici e biliaritanto da risultare vivi e attivi lungotutto l’apparato gastrointestinale. Laloro capacità di favorire e mantenerelo stato di benessere dell’organismo‘ospite’ era noto da più di un secolo,ma le prime evidenze scientifiche sisono avute solo dalla fine degli anni‘70. Da allora i processi di fermenta-zione biologica sono diventati og-getto di numerosi studi e hanno ri-chiamato grossi interessi che lemultinazionali tutelano con brevet-ti. In pochissime nazioni (Italiaesclusa) esiste peraltro una normache riguarda i fermenti lattici; perquesto, ad ottobre dello scorso anno,l’Oms e la Fao hanno chiesto ai mas-simi esperti del settore di tracciarele prime linee guida. I principi dibase, in sintesi, sono: sicurezza, tol-lerabilità, efficacia nel mantenereuno stato di benessere nell’uomo elibera circolazione delle informazio-ni, soprattutto all’interno della co-munità scientifica.

Fermentazione biotecnologica per un prodotto più naturale

GNOSIS S.p.A., creata nel1989, è un azienda specializ-

zata nella ricerca e sviluppo diprocessi innovativi nel campo del-le biotecnologie, dove grazie al-l’ampia esperienza e il supporto ditecnologie avanzate, è in grado diselezionare , isolare e ottimizzaresistemi biologici di particolare in-teresse tecnologico in campo far-maceutico, nutraceutico, alimen-tare, veterinario ed agrario.Gnosis è ubicata in due unitàstrettamente correlate: il centro diRicerca e Sviluppo in Italia e l’im-pianto di produzione in Svizzera.Tali strutture rendono Gnosis unasolida e strutturata azienda di bio-tecnologie avanzate in ampiaespansione.Il centro di Ricerca e Sviluppo diDesio (Mi), è costituita da quattrounità fondamentali: I. Screening, isolamento dei ceppie ottimizzazione del processo sufermentatori pilota; II. Sintesi, di supporto ai processi;III. Estrazione attraverso avanzatetecniche cromatografiche;

IV. Sviluppo analitico al fine di ga-rantire la qualità del processo.L’unità produttiva (Gnosis BioRe-search SA), con sede in Sant’An-tonino (Bellinzona, Svizzera), certi-ficata dalle Autorità Svizzere, è di-stribuita su una superficie di20.000 m2 dove fermentatori dallacapacità di 150 m3 ciascuno, opera-no in modo continuo in ottempe-ranza delle norme GMPs (GoodManufacturing Practice).Tra i prodotti biotecnologici dimaggior rilievo Gnosis annoveraantiossidanti, come CoenzimaQ10, Glutatione e SOD favorendola riduzione dei radicali liberi; de-rivati vitaminici come il menaqui-none-7, isomero attivo della vita-mina K2 per la prevenzione del-l’osteoporosi; probiotici altamenteselezionati come il ceppo S.bou-lardii che favorisce il riequilibriointestinale soprattutto a seguito ditrattamento con antibiotici e prin-cipi attivi fermentati come S-ade-nosil methionina di cui la sua atti-vità epatoprotettrice e antidepres-siva è ben nota. Inoltre Gnosis in-

veste costantemente nella ricerca enello sviluppo di nuovi prodottibiotecnologici al fine di fornire in-novazione, tecnologia e qualità al

fine di soddisfare la continua ri-chiesta sul mercato internazionale.Gnosis collabora attivamente connumerose multinazionali farma-ceutiche nell’intento di identifica-re nuovi principi attraverso siste-mi biotecnologici (drug discove-ry) per lo sviluppo molecolare nel-le varie fasi cliniche.Inoltre Gnosis fornisce una validaalternativa alla sintesi chimica at-traverso originali, avanzati ed eco-nomici processi produttivi perl’ottenimento di prodotti farma-ceutici di largo consumo, quali igenerici, nel rispetto più comple-to delle vigenti norme ambientali.

Gnosis SPA: un’azienda di tecnologie avanzate

10 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

Intervista al Dr Lanfranco Callegaro, AmministratoreDelegato di Fidia Advanced Biopolymers

CHE COS’È LA TERAPIA CELLULA-RE E QUALI SONO LE SUE APPLI-

CAZIONI?La terapia cellulare consiste nell’innesto dicellule nel corpo di un paziente allo scopo disostituire quelle non funzionali o integrarequelle carenti; trova la sua applicazione prin-cipalmente nel trattamento dei danni a tessu-ti e dei danni biologici. A tale fine vengonoimpiegate, ad esempio, le cellule staminali,capaci di autorinnovarsi in coltura e di diffe-renziarsi in linee cellulari che compongonotessuti ed organi. Il recente e notevole sviluppo delle ricerchesulle proprietà, le sorgenti e la manipolabili-tà di diversi tipi di cellule staminali ha aper-to la prospettiva di un’estensione della tera-pia cellulare al trattamento di alcune malat-tie metaboliche, muscolari, cardiovascolari,neurologiche, neoplastiche e di altra natura.QUALI SVILUPPI SONO POSSIBILIATTRAVERSO LA TERAPIA CELLU-LARE? E NEL CAMPO INDUSTRIALE?Attraverso le modifiche del patrimonio bio-logico della cellula si possono inserire nuovisegnali biologici che permettano alle celluledi produrre sostanze mirate o trasferire ma-teriale genetico (DNA) allo scopo di preve-nire o curare una malattia – è la terapia geni-ca (o Gene Therapy). Inoltre, esiste la possibilità di far crescerecellule in modo mirato per ricostruire tessu-ti o parti di organo umani. Questa nuovafrontiera è rappresentata dall’ingegneria deitessuti (Tissue Engineering), attraverso laquale si arriva a sostituire i tessuti originalidanneggiati. Si tratta di una tecnica assolu-tamente innovativa dove le cellule specifichea produrre i tessuti sono coltivate su bioma-teriali in modo da costruire strutture tridi-mensionali e generare veri tessuti biologici.Dal punto di vista industriale è utile ricordareche sono molte le aziende che operano in que-sto settore in forte crescita competitiva, so-prattutto in USA e in Europa: tra queste, FidiaAdvanced Biopolymers (FAB). Si tratta di unaazienda del gruppo italiano Fidia FarmaceuticiS.p.a., con sede ad Abano Terme (PD), checonta 68 addetti ed un fatturato di 10 milionidi euro e che ha sviluppato, a partire dal 1993,una tecnologia di proprietà per la produzionedi tessuti riconosciuta a livello mondiale. La tecnologia consiste nel coltivare cellule

umane autologhe – quindi prelevate dal pa-ziente stesso - su un biomateriale completa-mente naturale, ottenuto dall’acido ialuroni-co che, successivamente, viene riassorbitodall’organismo. L’acido ialuronico è un com-ponente della matrice extracellulare dei tes-suti connettivi ed ha un ruolo fondamentalenei processi di riparazione tessutale. Le cel-lule crescono all’interno della struttura crea-ta dal biomateriale, si moltiplicano e secer-nono fattori di crescita e matrice proteicaextracellulare, fino a formare un tessuto tri-dimensionale funzionante, pronto per essereapplicato ed integrato nel tessuto danneg-giato del paziente. Tutte le applicazioni so-no riconducibili a diversi tipi cellulari, datoche la tecnologia delle cellule autologhe nonpresenta problemi di rigetto: attualmentesono in fase di impiego clinico prodotti cel-lulari autologhi per il trapianto di pelle eper le applicazioni ortopediche nella cartila-gine danneggiataQUALE FUTURO PER LA MEDICINACON L’INGEGNERIA DEI TESSUTI?Anche se l’ingegneria dei tessuti, come tutte lenuove tecnologie, è più costosa, la storia clinicadi FAB dimostra chiaramente come l’utilizzodella terapia cellulare possa costituire un van-taggio per il SSN. Ad esempio, il trapianto dicute bioingegnerizzata autologa per il tratta-mento delle ulcere croniche, una patologia inampia espansione, legata all’invecchiamentodella popolazione e correlata a situazioni patolo-giche quali il diabete e l’obesità, porta ad un re-cupero dei pazienti superiore al 90%.Soprattutto, dopo 1 anno, meno dell’8% dei pa-zienti presenta episodi recidivi di riulcerazione,contro una media del 37% relativa ai pazientitrattati con le terapie tradizionali, una dimo-strazione del vantaggio di questa tecnologia intermini di rapporto costo-beneficio.QUALI ACCORGIMENTI SONO NE-CESSARI PER EVITARE RISCHI PERLA SICUREZZA?In merito al discorso sicurezza è necessariosottolineare come l’EMEA,l’autorità regola-toria europea deputata a regolare le nuove te-rapie biologiche, sia in procinto di emanareuna serie di parametri per regolamentare lasperimentazione e successiva commercializ-zazione dei prodotti ‘cell-derived’; anchel’AIFA sta lavorando per allinearsi a queste li-nee guida, a vantaggio dell’impiego di questenuove tecnologie e dello sviluppo di un nuo-vo comparto industriale ad alta tecnologia,dove l’Italia ha la possibilità di competere.

Terapia cellulare ed i suoi utilizzi in medicina

Il CEINGE - Biotecnologie Avanzate è unasocietà consortile senza scopo di lucro che si

occupa di biotecnologie avanzate e delle suepossibili applicazioni. Gli ambiti di competenza del Centro sono:- Ricerca nel campo della biologia molecolaree delle biotecnologie avanzate; - Servizi ad alta tecnologia a supporto dellaricerca nei settori di competenza accessibilianche alle PMI, basati su piattaforme tecno-logiche di ultima generazione di genomica epost-genomica; - Alta Formazione nelle biotecnologie avanza-

te e nella medicina molecolare anche attraver-so la Scuola Europea di Medicina Molecolare(SEMM) - Presidente Prof. U. Veronesi, consede a Milano e a Napoli, presso il CEINGE(Coordinatore Prof. F. Salvatore).- promozione della diffusione della culturascientifica e tecnologica per favorire gliscambi di conoscenze tra gli Enti legati alsettore della ricerca e per lo sviluppo dellebiotecnologie; - trasferimento tecnologico, nei settori di in-teresse, anche attraverso la creazione di Spin-off di azienda.

Biotecnologie avanzate

BIOTECNOLOGIE 11PUBBLICITÀ

Potrebbe dirci che cosa sono ifarmaci biosimilari e come

vengono creati?I farmaci a basso peso molecolaresono tipici prodotti medicinali diuso comune. Una volta scaduto ilbrevetto di tali farmaci, ne vengonoprodotte e utilizzate versioni “ge-neriche” che, pur essendo similiagli originali, hanno un costo deci-samente più basso e quindi risulta-no più appetibili in ambiti a risorselimitate come quelli sanitari. Pereffetto dei meccanismi di scadenzadei brevetti a livello mondiale, og-gi l’Europa è chiamata a definirequale regolamentazione dare all’ap-provazione dei cosiddetti prodottibiosimilari, ossia quei farmaci chesi propongono come copia dei far-maci biotecnologici originatori. Ilconcetto dei farmaci generici non sipuò tuttavia applicare tout-cour aifarmaci biotecnologici. Il concettosu cui si basano tali prodotti sono lacosiddetta “bioequivalenza” su vo-lontari sani, la stessa forma chimicofisica e la stessa composizione qua-liquantitativa dell’originatore intermini di principio attivo.È verificato che tali farmaci pos-sono di fatto sostituire gli origi-nali? Quali sono le garanzie pergli utilizzatori?

Numerosi sono gli interrogativisull’efficacia e la sicurezza dei bio-similari. La dimostrazione di bioe-quivalenza infatti non è sufficientea qualificare un biosimilare comeefficace e sicuro. Occorrono studicomparativi pre-clinici e tossicolo-gici seguiti dalla somministrazionesu volontari sani e successivamenteda studi clinici di efficacia controplacebo. Per produrre un farmacobiosimilare occorre riprodurre esat-tamente il complesso processo pro-duttivo biotecnologico, dalla geno-mica ai sistemi di purificazioneproteica, con tempi e costi non in-differenti. Si può arrivare a dire cheil farmaco biotecnologico ed il suoprocesso produttivo sono tutt’uno:se si cambia il processo si cambiaanche il prodotto. Quali accorgimenti e tecnichedevono essere adottate perchè ifarmaci biosimilari non presen-tino livelli di rischio?Perché il prodotto finale abbia ca-ratteristiche di sicurezza ed effica-cia assolutamente affidabili e co-stanti nel tempo, i protocolli diproduzione devono essere estrema-mente accurati, costanti e riprodu-cibili. Ma attenzione, la fase post-produttiva non è meno importante

con gravi rischi di stabilità econsistenza dei preparati che nonvengano scrupolosamente mante-nuti all’interno di una catena delfreddo edel monitoraggio qualita-tivo. La mancanza di purezza o distabilità potrebbero indurre im-portanti reazioni immunitarie chein passato sono accadute, per fortu-

na oc-casionalmente,con i farmaci ori-ginatori (ad esempionel caso della PRCA inpazienti immunizzati daepoietina alfa). Poiché l’in-

gresso dei biosimilari nel nostro ar-mamentario terapeutico sarà ine-

vitabile, dobbiamo insistereperché venga fatta

formazione e

informazione sul problema, perchéne vengano chiariti gli aspetti nor-mativi nazionali ed europei e per-ché si possa condurre una adeguatavigilanza nel nome del benessere edella sicurezza dei nostri pazienti.

Irisvolti applicativi della ricercabiotecnologica sono ad ampissi-

mo spettro e coprono settori qualiquelli legati alla salute, ai nuovibioprocessi industriali che permet-tono di utilizzare procedimentimeno inquinanti basati su enziminonché nuove tecniche diagnosti-che per la tutela dei consumatori inambito agroalimentare. Tuttavia, i risultati e le tecnichebiotech hanno anche risvolti nellapratica investigativa dove hannoin gran parte rivoluzionato i meto-di in uso alle forze dell’ordine finoa pochi anni fa. Il potenziale appli-cativo in questo ambito è moltoampio e ormai la creazione anchein Italia della banca dati del DNAper scopi investigativi sembra ora-mai una questione più legata al

“quando” che al “se”. Il nostro Paese ha infatti aderito al-la Convenzione di Prum (firmata il27 maggio 2005) sullo scambio afini investigativi di dati sul DNA esulle impronte digitali. Questoprogetto è sicuramente fonte di in-teressanti questioni su svariati fron-ti - da quello puramente biotecno-logico-bioinformatico, a quelloICT o ancora a quello giuridico oetico. Ma prima ancora, il “DNA-BASE” è, innanzi tutto, una grande

sfida tecnologica peril nostro paese. Per capire meglioil senso di que-

sta affermazio-ne basta pen-

sare a comedovrebbe

e s s e r e

strutturato il sistema, che dovrebbegestire almeno cinque fasi: acquisi-zione del campione genetico, estra-zione dei dati, memorizzazione del-le informazioni, reperimento e con-fronto con altri dati provenienti dal-la scena del crimine. È evidente,dunque, che il DNA-BASE è innan-zi tutto un enorme “esercizio” dibioinformatica (la “fusione” fra bio-logia molecolare e l’ICT).Mentre, infatti, spetta alle biotec-nologie decidere “quali” dati ge-netici estrarre dal campione e “co-me” farlo, è la bioinformatica a en-trare in gioco quando si tratta diprogettare il centro di calcolo, isoftware e le infrastrutture di retenecessarie a rendere effettivamenteutilizzabili le informazioni prove-nienti dalle analisi criminalistichedei reparti di polizia scientifica.“Tutto il gioco” - spiega l’avv.Andrea Monti, esperto di bioinfor-matica e computer forensics - “si

regge sulle procedure diacquisizione dei cam-

pioni da parte delleforze di polizia, e sul-la sicurezza dell’in-frastruttura tecnolo-gica per il successivoaccesso alle informa-zioni. E’ essenzialeche ntervenendosulla scena del cri-mine gli investiga-tori raccolgano icampioni geneticicon la massima cu-ra, per evitare“contaminazioni”che potrebberoalterare - o addi-rittura rendere

inutili nelprocesso - lesuccessiveanalisi”.Per ga-r a n t i r eq u e s t i

risultati ènecessario

eliminare - oridurre al minimo

- la possibilità di erro-ri nella memorizzazione

dei marker genetici rilevanti a fini

di identificazione personale, ga-rantire tramite la ridondanza deidatabase, la continua disponibilitàdelle informazioni, tracciare inmodo rigorosissimo gli accessi alsistema in lettura e scrittura (per“ricostruire” chi, come e quandoha potuto usare determinate infor-mazioni).Le cronache recenti su custodia egestione di informazioni “sensibi-li” sui cittadini, pur raccolte con lepiu’ nobili finalita’, insegnanoquanto sia opportuno prevederemeccanismi che tutelino la privacydegli interessati non solo dal puntodi vista tecnico ma soprattutto dalpunto di vista procedurale. Questimeccanismi non possono esseremeramente tecnologici ma vannocercati partendo da una definizionechiara dei diritti e dei limiti di ac-cesso alle informazioni stesse, solopartendo da questa definizione latecnologia potra’ rispondere attin-gendo a quei modelli (sistemi dicrittografia e gestione dei dati tra-sparenti e documentati, tecnologieopen-source, sistemi di “autorita’distribuita”, etc) gia’ rivelatesi effi-caci in altri campi.La realizzazione del DNA-BASE èuna impresa che integra necessaria-mente comparti industriali diffe-renti quali le telecomunicazioni insenso stretto per quanto riguardal’infrastruttura di rete necessaria alivello nazionale, l’IT per il tratta-mento e l’analisi dei dati e il biotech“puro” per le tematiche prettamen-te scientifiche aprendo interessantiscenari di sviluppo. Appare eviden-te che per garantire il successo diquesto progetto è necessaria una for-tissima competenza trasversale a ba-se biotech - una vera e propria “dire-zione d’orchestra” - per coordinaregli sforzi di ciascun settore. Un obiettivo del genere puo’ esse-re raggiunto se il coordinamentodel progetto e’ gestito da entitàche siano contemporaneamente ra-dicate nel mondo della ricerca enel mercato. In questo modo si az-zera il maggior fattore di inerziache potrebbe gravare sull’iumpre-sa: la difficoltà di dare una “linguacomune” al mondo della ricerca e aquello dell’impresa.

DNA-base: una sfida per l’industria biotech italiana

Intervista al Prof. Claudio Ronco, MD Director Dep. Nephrology, Dialysis and Transplantation, San Bartolo Hospital, Vicenza

Bio-similari: un approfondimento sulla loro efficacia e sicurezza

Nonostante i finanziamenti pub-blici e privati nella ricerca bio-

medica crescano annualmente di circail 10%, negli ultimi tempi non si è re-gistrato un aumento di nuovi farmaci.Negli anni ’50 le aziende farmaceuti-che investivano il 5% delle vendite inricerca e sviluppo, negli anni ’80 lapercentuale è salita al 9 e nel 2002 al16% con punte fino al 20% in alcunicasi. La produttività del settore farma-ceutico è però in calo: nel 2006 solo18 nuovi farmaci e 4 prodotti biotec-nologici sono stati approvatidall’FDA (l’agenzia regolatoria ameri-cana) e le previsioni per il 2007 nonsembrano discostarsi da questi nume-ri. Il “trend” è decisamente negativose si considera che nel 1996 sono statiapprovati 53 farmaci e solamente 27nel 2000. La probabilità media di rag-giungere il mercato per una nuovamolecola è solo del 5% e i costi si ag-girano intorno a 1 miliardo di dollari.Inoltre il tempo medio per portare unfarmaco sul mercato supera i dieci an-ni. Da questi dati risulta evidente co-me il sistema sia altamente improdut-tivo oltre che dispendioso. La ragioneper questo declino è ampliamente di-battuta ed è probabilmente di naturamultifattoriale e certamente le grandiaspettative generate dal completa-mento del sequenziamento del geno-ma umano nel 2001 sono state disillu-se. Quali sono quindi gli aspetti su cuile aziende farmaceutiche devono pun-tare per uscire da questa situazione?Negli ultimi tempi si sta assistendoall’applicazione di nuove tecnologie enuovi approcci interdisciplinari nellefasi precoci della “drug discovery”: peresempio gli studi di metabolismo etossicità (ADME-Tox) sono semprepiù anticipati e si fa sempre più uso di“screening” virtuali e di banche datibioinformatiche per valutare i nuovicomposti secondo paramentri di“drug-likeliness”, con la speranza dimigliorare la probabilità di successodi una molecola.Una strategia molto seguita recente-mente dai grandi gruppi è quella diacquisire dall’esterno le molecole, ti-picamente da piccole-medie aziendebiotecnologiche.I maggiori gruppi farmaceutici nonriescono più da soli a mantenere unanutrita “pipeline” di composti e si ve-dono quindi costretti ad acquistarli, odirettamente tramite accordi di licen-za o “partnering” o indirettamente ac-quistando altre aziende.Si stima che quasi la metà dei prodot-ti in sviluppo nelle prime 10 aziendefarmaceutiche derivino da licenze eche le 40 maggiori aziende farmaceu-tiche e biotecnologiche abbiano spesopiù di 16 miliardi di dollari nel 2006per acquisizioni di altre aziende e que-sto “trend” è previsto in crescita. Unrecente studio ha dimostrato che lemolecole acquisite in licenza non solohanno più successo nella clinica, masono anche meno costose rispetto aquelle sviluppate internamente.Un’altra strategia per ridurre i costi,ottimizzare i tempi e accedere a tecno-logie innovative a volte mancanti al-l’interno dell’azienda è l’”outsour-cing”. Le aziende farmaceutiche han-no da sempre dato in “outsourcing”

alcune delle proprie attività: 40 annifa ci si limitava al marketing e alle in-dagini di mercato. Circa 30 anni fal’”outsourcing” incominciò ad inclu-dere aspetti come la formulazione, lesperimentazioni cliniche e la registra-zione. Da una decina di anni a questaparte anche le prime fasi della “drugdiscovery” come l’identificazione e lavalidazione di nuovi “target”, la messaa punto di saggi (biochimici e cellula-ri) basati sulle tecniche del DNA ri-combinante, lo “screening” automa-tizzato di un alto numero di compostiin parallelo e la produzione e l’otti-mizzazione stessa dei composti sono

diventate oggetto di “outsourcing”.Queste attività richiedono l’acquisto ela messa a punto di piattaforme tecno-logiche molto dispendiose e personalealtamente specializzato in grado digestirle e, in un contesto sempre piùtecnologicamente avanzato e compe-titivo, è difficile avere a disposizioneinternamente tutti gli strumenti ne-cessari. Risulta quindi più convenien-te e opportuno per le aziende farma-ceutiche (anche per quelle di grandidimensioni) affidare parte dei proget-ti di ricerca all’esterno ad aziende bio-tecnologiche già esperte in questi set-tori di punta.

Negli ultimi anni i processi tipici del-le fasi precoci della “drug discovery”sono stati applicati ad altri settori cheseguivano strategie più tradizionali eanche in questi casi l’”outsourcing”sta diventando sempre più frequente.Per esempio, le biotecnologie hannorivoluzionato l’approccio all’identifi-cazione di nuovi principi attivi nelcampo degli antinfettivi per l’agricol-tura: partendo dall’identificazione eclonaggio di un gene vitale per unaspecie patogena (ad esempio un fungoo un insetto parassita), si passa allamessa a punto del saggio e allo “scree-ning” delle librerie chimiche. Queste

tecniche offrono grandi potenzialitàanche per le aziende alimentari e co-smetiche alla ricerca di nuove moleco-le come additivi per il cibo, le bevandeo nuovi profumi.Concludendo, l’industria farmaceuti-ca (ma anche altri settori) sta semprepiù puntando sulle innovazioni bio-tecnologiche per aumentare le proba-bilità di successo dei suoi prodotti: iprimi risultati incominciano a vedersima bisognerà aspettare qualche annoper poter fare dei bilanci.

Chiara Liberati, Responsabile“Discovery”, Axxam SpA

Biotecnologie industriali applicate alla salute: approcci innovativi nell’identificazione di nuovi prodotti

12 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

BIOTECNOLOGIE 13PUBBLICITÀ

L’osteoporosi post-menopausa èuna condizione clinica estrema-

mente comune nelle donne di età su-periore ai 50 anni: si calcola che circa75 milioni di donne in Europa, StatiUniti d’America e Giappone sianoaffette da questa malattia. Essa è unacondizione sistemica dello scheletrocaratterizzata da rarefazione e demi-neralizzazione ossea e da alterazionidella micro-architettura del tessutoosseo, cui conseguono una aumenta-ta fragilità ossea ed una maggioretendenza della paziente ad andare in-contro a fratture, segnatamente a li-vello dei corpi vertebrali e dell’anca.Le fratture osteoporotiche,soprattut-to del femore, comportano una si-gnificativa invalidità ed un elevatorischio di mortalità, ma anche lefratture dei corpi vertebrali, moltopiù comuni, determinano un signifi-cativo peggioramento della qualitàdi vita delle pazienti.L’osteoporosi post-menopausa insor-ge come conseguenza della carenzaestrogenica. Misure dietetico-farma-cologiche appropriate, quali la as-sunzione di supplementi di calcio evitamina D, possono risultare effica-ci nell’attenuarne lo sviluppo, ma lamaggior parte delle pazienti richie-

de un trattamento farmacologicospecifico, tradizionalmente costitui-to da farmaci che bloccano il riassor-bimento osseo. Più recentemente hadestato particolare interesse una op-zione terapeutica alternativa, costi-tuita dalla somministrazione di far-maci attivi nel ricostruire il tessutoosseo, ossia da farmaci osteo-anaboli-ci. Fra questi si annovera il parator-mone umano (PTH), le cui proprietàosteo-anaboliche sono note da de-cenni. Il PTH, oltre alle sue noteazioni sul metabolismo del calcio edel fosforo, promuove direttamentela ricostruzione ossea quando som-ministrato in modo intermittente.Si è recentemente reso disponibileper l’uso terapeutico nella osteopo-rosi severa il PTH umano ricombi-nante (Preotact ®), sviluppato comeprodotto farmaceutico da NPSPharmaceuticals ed attualmente di-stribuito da Nycomed in Europa edin numerosi paesi extraeuropei. Ilprodotto è identico al paratormoneumano intatto nativo, nella suastruttura di 84 aminoacidi, ed in ta-le senso differisce da teriparatide, unprodotto farmaceutico la cui strut-tura riflette la sezione 1-34 N-ter-minale del PTH.

PTH è stato ottenuto con una tec-nologia ricombinante in E.Coli. Ilprocesso prevede l’uso di un plasmi-de (pJT42), contenente la regione diespressione del PTH, introdotto inuna linea cellulare PAL 1000. Il pri-

mo prodotto di espressione ge-nica è costituito

da una proteina difusione di 105 aminaocidi, con-tenente il PTH intatto (84 aminoa-cidi) ed un peptide funzionale di se-gnalazione di 21 aminoacidi(OmpA) che ne permette la secre-zione nel mezzo di coltura. Il pepti-

de viene poi rimosso tramite unapeptidasi tipica di E. coli, lasciandola struttura proteica intatta delPTH (peso molecolare 9.4 kDa). Lamolecola è una proteina monome-trica e non presenta ponti disolfuroné siti di glicosilazione. Il processoindustriale comprende le fasi di fer-mentazione seguita da una purifica-

zione in 5 tappe cromatogra-fiche.

Il prodotto finale ècostituito da una polvere (contenutain una cartuccia in vetro) che vienericostituita con l’aggiunta di un sol-

vente. PTH va somministrato unavolta al giorno per via sottocutaneanell’addome. E’ stato sviluppato undispositivo medico per auto-som-ministrazione (Preotact Pen ™) co-stituito da una penna ricaricabileappositamente disegnata per offrireparticolari vantaggi ergonomici al-le pazienti di età avanzata. Il dispo-sitivo è particolarmente sempliceda usare e deve essere ricaricatoogni due settimane con una nuovacartuccia.Il prodotto presenta rilevanti carat-teristiche di termostabilità, che neconsentono l’uso senza refrigerazio-ne continua, con intuibili vantaggiper le pazienti.PTH è stato sviluppato secondo cano-ni classici, con la dimostrazione dellasua l’efficacia terapeutica nei consuetimodelli preclinici (ratti e primatiovariectomizzati) ed in pazienti conosteoporosi post-menopausa di diver-so grado di severità. In un ampio stu-dio randomizzato (denominatoTOP), condotto in oltre 2500 pazien-ti trattate per 18 mesi,PTH ha signi-ficativamente ridotto la frequenza difratture vertebrali (-62% in compara-zione con placebo) ed ha significativa-mente aumentato la densità mineraleossea. L’effetto osteoanabolico delPTH è stato confermato dal significa-tivo innalzamento dei livelli plasma-tici dei marcatori bioumorali di rimo-dellamento osseo; tale aumento persi-steva a 18 mesi, a differenza di quan-to osservato con altri prodotti osteoa-nabolici, a dimostrazione di una per-sistente attivazione della ricostruzio-ne ossea. In effetti, un prolungamentodello studio TOP per ulteriori 6 mesiha permesso di documentare un ulte-riore miglioramento della densità mi-nerale ossea. PTH non deve essere associato conagenti che riducano il riassorbimentoosseo, ma in un secondo studio clinico(denominato PATH) è emerso comeinvece un trattamento sequenzialecon PTH prima e un bisfosfonato inseguito dia luogo ad un significativoconsolidamento del risultato conse-guito sulla densità minerale ossea.Queste evidenze aprono interessantiprospettive per un trattamento razio-nale ed integrato delle pazienti conosteoporosi post-menopausa, propon-gono nuovi paradigmi terapeutici, eprefigurano la possibilità di applicareregimi individualizzati e appropriatiper le diverse forme le diverse fasievolutive di questa malattia.Marco NazzariMedical Director Nycomed S.p.A.

Dalla biotecnologia una nuova risorsa per l’osteoporosi

14 BIOTECNOLOGIE PUBBLICITÀ

Intervista al Dr. Paolo Banfi dello studioBianchetti Bracco Minoja

Il Vostro Studio risulta essere ilpiù rinomato in Italia nell’am-

bito della proprietà industriale.Nel settore Biotech come sieteposizionati?Lo Studio Bianchetti Bracco Minojaopera nel settore chimico-farmaceu-tico e biotecnologico sin dalla suafondazione nel 1976. La nostra atti-vità consiste nel fornire assistenza adaziende che producono innovazione,a partire dalla pianificazione strate-gica del processo innovativo fino alconseguimento e alla difesa del-l’esclusiva brevettuale sia in Italiache all’estero. La nostra attività diconsulenza si rivolge ad aziende pri-vate, industrie, istituzioni pubbli-che quali università, CNR, enti diricerca e a iniziative imprenditorialinate dal mondo accademico o indu-

striale (spin-off e startup).Quali sono i fattori critici piùimportanti nella brevettazionebiotecnologica? Il termine “biotecnologie” indicaun insieme di attività piuttosto ete-rogenee, accomunate dal fatto di ri-guardare più o meno direttamentemateriale biologico, che, secondo ladefinizione contenuta nel testo del-la convenzione europea, consiste in“qualsiasi materiale contenente in-formazione genetica e capace di ri-prodursi o essere riprodotto in unsistema biologico”. In realtà il cam-po di applicazione delle biotecnolo-gie è più ampio, potendo spaziareda processi industriali che utilizza-no sostanze biologiche o microrga-nismi a cellule staminali e geni. Èdunque evidente che ci si deve mi-surare con problematiche diverse,sia di natura tecnica che legale, almomento della brevettazione e suc-cessivamente. Indubbiamente negli

ultimi anni il quadro normativo nelsettore delle biotecnologie, almenoper quanto riguarda gli aspetti bre-vettuali, è andato definendosi inmaniera sempre più precisa; rimanetuttavia la necessità di valutare vol-ta per volta l’opportunità e i rischiassociati a una determinata strate-gia brevettuale, tenendo conto an-che della realtà industriale e com-merciale entro cui l’impresa biotec-nologica si trova ad operare. L’attività del consulente risulta per-tanto cruciale nel definire un per-corso che valorizzi il più possibile losforzo innovativo dell’impresa.Quali sono invece i fattori criticida seguire nel periodo post-bre-vettazione?La brevettazione è indubbiamenteuna fase fondamentale del processoinnovativo. Sarebbe però riduttivopensare che sia l’unica o la più im-portante e che una volta raggiuntol’obiettivo e ottenuto il brevetto neiPaesi più importanti – a volte dopoestenuanti procedure d’esame e diopposizione - automaticamente sipresentino le opportunità di colla-borazione con partner industriali dimaggior calibro. Gli uffici per iltrasferimento tecnologico internialle aziende, alle istituzioni accade-miche o agli enti di ricerca hanno ilcompito di promuovere e proporrela tecnologia brevettata in cambiodi una partecipazione ai proventiderivanti dal suo sfruttamento o diuna collaborazione finalizzata a so-stenere e finanziare la ricerca. Negliultimi tempi il capitale intellettua-le, di cui i brevetti rappresentanouna componente fondamentale, haassunto sempre maggiore impor-tanza e non di rado arriva a rappre-

sentare l’asset primario di aziendebiotecnologiche che, nate da inizia-tive in ambito accademico o dalloscorporamento di realtà industrialipiù grandi, fanno della ricerca e in-novazione la propria missione. E’dunque cruciale che nella fase post-brevettazione l’impresa continui asostenere e valorizzare l’innovazio-ne in modo da instaurare un circolovirtuoso grazie al quale la ricercapossa generare finanziamenti chevadano poi a beneficio della ricercastessa. Accanto alla promozionedella tecnologia brevettata, inoltre,l’impresa che opera nel settore bio-tecnologico dovrebbe farsi caricodella difesa del titolo di proprietàindustriale acquisito, ricorrendo,dove necessario, agli strumenti le-gali più idonei a scoraggiare la con-correnza che voglia indebitamentetrarre profitto dalla tecnologia bre-vettata, anche se questo può signifi-care in certi casi l’avvio di conten-ziosi legali.Come accoglie la revisione dellaConvenzione per il rilascio deibrevetti europei?La revisione della convenzione sulbrevetto europeo (“EPC 2000”)rappresenta indubbiamente unavanzamento da più punti di vista.Oltre a prevedere un riassetto nor-mativo da tempo auspicato nel set-tore, rende di fatto più agevoli e ve-loci le procedure di brevettazione inlinea con i più recenti orientamentiinternazionali tra cui gli accordiTRIPs e il Patent Law Treaty del2000. Uno degli obiettivi è la mag-giore diffusione dello strumentobrevettuale e il suo più efficace uti-lizzo da parte dell’industria. Anchese l’Italia ha attivamente partecipa-

to all’atto di revisione della conven-zione, a tutt’oggi non ha ancoraprovveduto alla sua ratifica, per laquale è stato fissato come termineultimo il 13 dicembre 2007. In ca-so di inadempimento da parte deinostri organi istituzionali, l’indu-stria italiana e con essa tutti glioperatori del settore, compreso l’uf-ficio italiano brevetti e marchi, nericeverebbero grave danno con con-seguenze imprevedibili e ripercus-ssioni quasi certe in tutti i settoritecnologici, in particolare quellobiotecnologico che, come detto, sifonda sull’innovazione.Quali potrebbero essere i suoiconsigli per il settore biotechnell’iter di brevettazione?Il primo consiglio che darei a chiintendesse avviare il processo dibrevettazione è ovviamente quellodi affidarsi a consulenti che abbianol’esperienza e le conoscenze necessa-rie per affrontare le complessità chei sistemi brevettuali internazionalipresentano, soprattutto nel settorebiotecnologico, dove occorre distri-carsi tra normative e procedure incontinua evoluzione. La buona riu-scita dell’iter di brevettazione di-pende anche dalla capacità, da par-te di chi lo intraprende, di sapersiadattare alle necessità che gli stessisistemi brevettuali a volte impon-gono, mettendo a disposizione ri-sorse, sia economiche che lavorati-ve, indispensabili per poter ottene-re un diritto di esclusiva forte.Quest’ultimo, come detto, è allabase di qualsiasi attività successivafinalizzata alla valorizzazione delprocesso innovativo in un settore adalta competizione quale è quellobiotecnologico.

Brevettazione nel Biotech

Sono definiti “anticorpi monoclo-nali” alcune molecole biologiche

con la capacità di individuare cellu-le specifiche nell’organismo, svol-gendo in tal senso una azione anti-tumorale. Infatti riescono a ricono-scere tipologie particolari di celluletumorali, per poi attaccarsi a questee distruggerle. Il loro utilizzo è comunque estesoanche ad altri scopi: infatti si trattainfatti di un ritrovato utile per leneoplasie del sangue, dove l’impiegoè assai diffuso. La storia di queste ar-mi “intelligenti” non è recente. ini-zia infatti nel lontano 1975, con unaricerca di Cesar Milstein pubblicatasulla rivista Nature. Attraverso uno studio sulle cavie, ilricercatore americano era riuscito aprodurre il primo anticorpo mono-clonale, chiamato ibridoma, realiz-zato con la fusione di alcuni linfoci-ti e cellule di mieloma. Tale nuovacellula possedeva la capacità di cre-scere e riprodursi a grande velocitàperché disponeva nel proprio patri-monio genetico delle caratteristichedell’unità tumorale, ma al contem-po conservava la possibilità di pro-durre l’anticorpo specifico contro ilmieloma stesso. Si trattava quindi di un nuovo e uni-co clone cellulare, “anticorpo mono-clonale”, che poteva quindi produrreanticorpi in grande quantità, speci-

ficamente indirizzati alle caratteri-stiche biologiche della cellule dimieloma: in breve tali anticorpi ri-sultavano attivi solo nei confronti ditale cellula, con un ineguagliabilegrado di specificità. Dal quella data la ricerca a livello in-ternazionale ha compiuto passi dagigante, producendo anticorpi mo-noclonali che a tutt’oggi vengonosintetizzati escludendo l’utilizzo dicavie. Le possibilità di utilizzo si so-no estese alle diagnosi di gravidanza,e di malattie infettive come l’epatiteC e altre infezioni trasmesse per viasessuale, alla prevenzione della rea-zione immunitaria nei trapianti e al-l’individuazione di molecole presen-ti negli alimenti. Una vera e propria rivoluzione cheha cambiato il modo di interveniresul problema, ma purtroppo ancoraesistono alcuni limiti, perché gli an-ticorpi monoclonali non sono effica-ci su tutte le tipologie tumorali. Uno dei motivi per cui questi anti-corpi non riescono ad eliminarecompletamente il tumore è che nontutte le cellule neoplastiche si mo-strano come target dei monoclonali,quindi tali anticorpi sono inefficaciperché non individuano il soggettobersaglio. Inoltre avviene che l’anti-corpo non si attivi in modo direttosulla cellula target, ma la sua azionevenga arrestata dall’antigene tumo-

rale circolante nel sangue e quindi inpratica non arriva al bersaglio biolo-gico specifico. In altri casi ancora avviene che l’an-ticorpo monoclonale pur nella pro-pria elevata specificità, non riesca adinibire completamente lo sviluppodella neoplasia. Ciò avviene perchéla crescita tumorale non è di solitol’effetto di un unico fattore, ma di uninsieme di cause, per cui bloccare unsolo elemento potrebbe non risulta-re efficace al 100%. Un ultimoaspetto da evidenziare circa la falli-bilità dei monoclonali è legata al fat-to che non tutti i distretti corporeipossono essere raggiunti da questianticorpi, per cui pur nelle più ade-guate condizioni di riconoscimentodel bersaglio, l’anticorpo fisicamen-te non lo raggiungerà mai e quindi ilrisultato è nullo. Il sistema di trattamento con tali an-ticorpi può avvenire in diverse mo-dalità: possono essere somministratiin modo autonomo oppure possonoessere combinati con molecole radio-attive, in grado di irradiare diretta-mente le cellule tumorali bersaglio. Di solito il metodo di somministra-zione è per infusione in vena, unavolta alla settimana, oppure in alcu-ni casi può risultare utile associarlialla chemioterapia. È necessario porre attenzione all’usodi tali molecole in quanto è possibi-

le da parte del soggetto trattato unareazione allergica. Per questo motivodi solito la somministrazione deglianticorpi monoclonali è graduale: laprima dose ha tempi più prolungati,nell’arco di ore. Inoltre è possibileche sia associata alla dose anche qual-che preparato in grado di limitaretale reazione allergica, che in generesi manifesta con cali di pressione,senso di nausea e vomito oppurecon una vera e propria sindro-me simile all’influenza. La ricerca nel caso dei mo-noclonali si indirizza versoil miglioramento dellaloro specificità, e sullapossibilità di utilizzocombinato di tali an-ticorpi con ulteriorimetodologie di cu-ra in grado diesercitare unaazione sinergicacontro le cellu-le tumorali,migliorando-ne quindi irisultati el’efficacia.

Anticorpi Monoclonali: Armi Intelligentinella Diagnosi, Cura e Prevenzione

BIOTECNOLOGIE 15PUBBLICITÀ

Il cancro nel mondo rappresentaun problema sociale che coinvol-

ge praticamente chiunque: in mododiretto o indiretto tutti sappiamodi esserne a rischio e ne conosciamoanche gli esiti clinici a volte infau-sti. Si stima che solamente nel no-stro paese circa 400 persone al gior-no muoiano per tumore. Ma perquale motivo è così difficile com-batterlo? In buona sostanza il tu-more si sviluppa come conseguenzadi cellule “impazzite”, nelle qualicioè risulta alterata l’originale fun-zionalità e che invece si comporta-no come sviluppatori della malattiastessa. Tale fenomeno avviene attra-verso alterazioni di parametri fun-zionali chiave, che sono allo studioda parte dei ricercatori di tutto ilmondo. Le nuove scoperte hannoorientato l’attenzione della scienzamedica sulla possibilità di identifi-care in ciascun tumore degli speci-fici bersagli biologici per terapie ri-tagliate su misura. Studi recentihanno reso evidente che pazienticon la medesima diagnosi istologi-ca potessero avere malattie diversesotto il profilo biologico. Si arrivaad un tale livello di differenziazionedella problematica tumorale che èdifficile che due neoplasie possanoessere ritenute identiche. Pertantosaper leggere la biodiversità si rive-la il fattore determinante per cata-logare il singolo tumore. Per questomotivo attraverso l’uso di biomar-catori, che sono sostanze misurabilinel tumore o nei liquidi biologicidel paziente, si riesce ad identifica-re in modo specifico un tumore e adavviare una conseguente strategiadi cura verso altrettanto specificibersagli molecolari. I biomarcatorisono in sostanza segnali biochi-mici-molecolari prodotti daitessuti anche in condizionidi normalità. Nella fase disviluppo di un tumore,tali marcatori vengo-no modificati nellaloro quantità enella loro quali-tà, in quantosi modifica laloro struttu-ra molecola-re. E’ perquesto mo-tivo cheidentifican-do singolar-

mente i biomarcatori si ottengonodati necessari a catalogare e poicombattere i tumori. I biomarcato-ri sono anche definiti come “spiebiochimiche” perché permettono inprimis di diagnosticare in modocorretto il tumore per area di com-petenza e anche per individuare ifenomeni di ripresa della malattiaper tumori comuni. L’aspetto vir-tuoso della diagnosi precoce è quel-lo di riuscire ad intervenire quandoi bersagli sono ancora pochi, quindinel momento in cui il tumore nonsi è ancora sviluppato. Quindi ladoppia azione è di riconoscimentoprima, e di azione immediata dopo,con il vantaggio di contrastarne ef-ficacemente la crescita. E’ noto in-fatti che una cellula cancerogenaprima di diventare un tumore delledimensioni di una biglia, deve ef-fettuare numerose replicazioni al fi-ne di aumentare il numero di cellu-le tumorali fino a centinaia di mi-lioni. E’ il momento in cui la dia-gnosi convenzionale tramite TACpuò scoprirlo, ma in effetti è giàtardi perché a questo punto con po-che replicazioni ulteriori si rag-giunge il degrado biologico e poi lamorte del soggetto che ne è porta-tore. La nuova capacità ispettiva at-traverso la diagnosibiomolecolare(con i biomar-catori) per-mette diindivi-dua-r e

un tumore con il semplice esamedel sangue o delle urine quando iltumore ha un numero di cellule an-cora molto limitato (nell’ordinedelle centinaia). Le figure professio-nali principali per l’azione dellenuove metodologie di indagine ecura sono il biologo e l’oncologoche dovranno realizzare sinergieoperative per supportare l’azionespecifica dei nuovi farmaci “intelli-genti”. Lo sviluppo di nuovi farma-ci antitumorali biologici potrà arre-stare l’angiogenesi, ovvero la for-mazione di nuovi vasi sanguigniprovocati dal tumore, e inibire i fat-tori di crescita tumorali, eventual-mente fermando l’azione dei me-diatori che stimolano la replicazio-ne delle cellule “impazzite”.

Numerose attività nel nostropaese sono state promosse per

effettuare più precise valutazionimetodologiche e cliniche dei para-metri messi a punto dalla ricerca dibase e per valutare il rapporto co-sto/efficacia nell’utilizzo dei biomar-catori, anche se il principio fonda-mentale della ricerca nel settore è in-dirizzato alla messa a punto di lineeguida per l’uso clinico degli stessi inoncologia, con una maggiore atten-zione quindi all’aspetto operativo.

Biotecnologie applicate all’oncologia

EuroclonePotreste darci qualche infor-

mazione in merito al vostrogruppo? Quali sono i vostri set-tori di interesse?Euroclone S.p.A. nasce nel 1985con il nome di Polyfin srl, unendosotto un’unica proprietà diverseattività commerciali avviate dasingoli manager attivi nel settorebiomedico allo scopo di realizzaresinergie e raggiungere la massa

critica necessaria alla crescita a li-vello sia nazionale che internazio-nale. Il Gruppo Euroclone operaoggi nei settori delle Biotec-nologie: Biologia Cellulare, Cito-genetica, Genomica, Proteomica,Immunologia e Strumenti per ilcontrollo della contaminazione ae-roportata, della Diagnostica:Umana, AgroAlimentare e Vete-rinaria e nel settore Ospedaliero:Chirurgia Generale ed Orto-pedia/Artroscopia.Quali sono le vostre risorseper la ricerca delle novitàscientifiche?La missione aziendale prevede unacostante attività di “scouting” sulmercato internazionale, per repe-rire e rendere disponibili agli ope-ratori italiani tutte le novità che ilrapido sviluppo tecnologico forni-sce alla comunità scientifica. Per

questo motivo nasce Celbio S.p.A.che è stata fondata nel 1983 conl’obiettivo di divenire il polo di ri-ferimento per le esigenze, in ter-mini di prodotti e strumenti, del-la comunità scientifica italiana, sianel settore delle biotecnologie chein quello medicale.Avete portato il vostro modelloanche nel campo della diagno-stica? Quali innovazioni sonostate compiute? Nel 1997 un piccolo gruppo diRicerca, Sviluppo e Produzione diuna gamma di prodotti per l’allora

emergente mercato della diagno-stica pre e postnatale (Citogene-tica) da vita a EuroClone LifeSciences Division. Esso divieneuno dei principali fornitori di rea-genti per ricerca in Italia ed in al-tri mercati Europei. EuroCloneLife Sciences ha oggi impostatonumerose collaborazioni strategi-che con scienziati in molti Istitutidi Ricerca in.

Sappiamo che nel gruppo vioccupate anche della contami-nazione dell’aria: in che modoproponete i vostri servizi alcliente?Gli apparecchi di controllo e dicontenimento della contamina-zione aeroportata BioAir hanno,grazie alle loro prestazioni ed allaloro affidabilità, una larga diffu-sione nei laboratori di ricerca, ne-gli ospedali e nell’industria intutto il mondo. Avete introdotto novità anchein altri settori?Attraverso ConMed Italia S.p.A.costituita nel corso del 2006 tuttii prodotti di marchio ConMed,che in Italia si avvale, in questomodo, di una struttura autonomadi marketing, vendita, assistenzatecnica, logistica ed amministra-zione efficiente e motivata.

Il Gruppo Euroclone ha inoltrepartecipazioni societarie in Cyana-gen Srl che è attiva nell’ R&D enella sintesi di reagenti chimiciinnovativi per applicazioni nellebiotecnologie, in Labosystem Srlche produce arredi tecnici da labo-ratorio.L’adesione di Euroclone S.p.A. inqualità di socio fondatore al Con-sorzio per la Ricerca su CelluleStaminali CONSTEM, ha segna-to un'importante tappa per ilprogetto strategico dello svilup-po del Gruppo.