ITINERARIUM -Monografia_Paternico...La vita di Francesco Fasola (1898-1988) attraversa quasi...

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ITINERARIUM RIVISTA MULTIDISCIPLINARE DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO” MESSINA – ITALY 68-69 Anno 26 - 2018/1-2

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ITINERARIUMRIVISTA MULTIDISCIPLINARE

DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”MESSINA – ITALY

68-69Anno 26 - 2018/1-2

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Indice

Itinerarium 26 (2018) n. 68-69, gennaio-agosto 2018

EditorialeCassaro Giuseppe Carlo, Una storia che vale una vita . . . . . . . . . . . . . 15

Sezione Monografica (a cura di Giuseppe C. caSSaro): Sulle spalle dei giganti.Il “San Tommaso” di Messina tra storia, presente e futuro, a servizio della Chiesa

La storia:Calderone Santi, L’Arcidiocesi di Messina nella riforma

del Concilio Vaticano II (1962-1969) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19Frattallone Raimondo, Mons. Francesco Fasola e la fondazione

dell’Istituto Teologico “San Tommaso” di Messina . . . . . . . . . . . . . 33

i personaggi:PaterniCò Ettore – FragaPane Ada, Il Servo di Dio Mons. Francesco Fasola.

La vita e il ministero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49Montanti Calogero, Don Calogero Conti. Una vita a servizio per amore . . . 67CuCinotta Filippo, P. Angelico Di Marco OFMCap (1929-1993).

Docente di Scienze bibliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83galluCCio Mariangela, Don Ferdinando Aronica: una vita tra ministero

sacerdotale, attività di formazione e impegno di studio . . . . . . . . . . . 103triPodo Gaetano, Il Seminario nel cuore. Profilo biografico

di Mons. Giuseppe Sciglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117Costa Giuseppe, La figura e l’opera di Don Francesco Varagona sdb,

Professore stabile di Sacra Scrittura, Preside e Maestro di vitanell’Istituto Teologico “S. Tommaso” di Messina . . . . . . . . . . . . . . 131

Fazio Antonino, Ancora una volta e sempre “Padre Amoroso”.Don Domenico Amoroso SDB, Vescovo di Trapani. Uomo “a tutto tondo”,docente, pastore, amico... padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

Majuri Vincenzo Massimo, «Credidimus Caritati».Mons. Francesco Sgalambro, vescovo dotto e pio . . . . . . . . . . . . . . 153

garuFi Giovanni, Don Giovanni Cravotta: l’uomo, il salesiano, il teologo . . 167Schede bio-bibliografiche dei Docenti e Allievi illustri del “San Tommaso”:

Mons. Francesco Basile (G. Costa), P. Mansueto Barreca (F. Cangelosi),Mons. Luciano Capelli (G.C. Cassaro), Mons. Cesare Di Pietro (G.C. Cassaro),Mons. Calogero La Piana (F. Di Natale), Mons. Vittorio Mondello (L. Cannizzo), Card. Francesco Montenegro (G.G. Mellusi), P. Antonio Spadaro (N. Antonazzo),Mons. Rosario Vella (A. Romano) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

iL servizio deL san tommaso aLLa Chiesa:ruta Giuseppe, La fondazione della specializzazione in Catechetica

al “San Tommaso” di Messina. Genesi e sviluppo, identità e prospettive . . 185

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Itinerarium 26 (2018) 68-694

di natale Francesco, La formazione teologica per la vitae la prassi pastorale nella Chiesa di oggi. Riflessione pastoralealla luce del Magistero di Papa Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . 199

roMano Antonino, Catechetica e Teologia dell’evangelizzazionedopo la svolta epistemologica contemporanea. . . . . . . . . . . . . . . . 213

rinaudo Basilio, La formazione teologica del clero pattesetra passato, presente e futuro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

lanFranCo Alfio, La formazione e lo studio nella vita francescana . . . . . . 241CiaroCChi Valerio, “Cantare amantis est”. La musica nella formazione

teologica: l’esperienza del San Tommaso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247

MiScellanea Mantovani Mauro, Panorama teologico-sapienziale o paradigma tecno-cratico? . . 265la rosa Luigi, La catechesi di una profetessa:

Ildegarda di Bingen (seconda parte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279

DiScuSSionirandazzo Alberto, Prime notazioni sul ruolo dei fedeli laici in politica

(prima parte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293

Collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 304

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Sezione Monografica

SULLE SPALLE DEI GIGANTIIl “San Tommaso” di Messina tra storia,presente e futuro, a servizio della Chiesa

(a cura di Giuseppe C. Cassaro)

L’Arcidiocesi di Messina nella riforma del Concilio Vaticano II (1962-1969)Santi Calderone

Mons. Francesco Fasola e la fondazionedell’Istituto Teologico “San Tommaso” di Messina

Raimondo Frattallone

Il Servo di Dio Mons. Francesco Fasola. La vita e il ministeroEttore PaterniCò – Ada FragaPane

Don Calogero Conti. Una vita a servizio per amoreCalogero Montanti

P. Angelico Di Marco OFMCap (1929-1993). Docente di Scienze biblicheFilippo CuCinotta

Don Ferdinando Aronica: una vita tra ministero sacerdotale,attività di formazione e impegno di studio

Mariangela galluCCio

Il Seminario nel cuore. Profilo biografico di Mons. Giuseppe SciglioGaetano triPodo

La figura e l’opera di Don Francesco Varagona sdb,Professore stabile di Sacra Scrittura, Preside e Maestro di vita

nell’Istituto Teologico “S. Tommaso” di MessinaGiuseppe Costa

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Ancora una volta e sempre “Padre Amoroso”. Don Domenico Amoroso SDB, Vescovo di Trapani. Uomo “a tutto tondo”, docente, pastore, amico... padre

Antonino Fazio

«Credidimus Caritati». Mons. Francesco Sgalambro, vescovo dotto e pioVincenzo Massimo Majuri

Don Giovanni Cravotta: l’uomo, il salesiano, il teologoGiovanni garuFi

Schede bio-bibliografiche dei Docenti e Allievi illustri del “San Tommaso”: Mons. Francesco Basile (G. Costa), P. Mansueto Barreca (F. Cangelosi), Mons.

Luciano Capelli (G.C. Cassaro), Mons. Cesare Di Pietro (G.C. Cassaro), Mons. Calogero La Piana (F. Di Natale), Mons. Vittorio Mondello (L.

Cannizzo), Card. Francesco Montenegro (G.G. Mellusi), P. Antonio Spadaro (N. Antonazzo), Mons. Rosario Vella (A. Romano)

La fondazione della specializzazione in Catecheticaal “San Tommaso” di Messina. Genesi e sviluppo, identità e prospettive

Giuseppe ruta

La formazione teologica per la vita e la prassi pastorale nella Chiesa di oggi. Riflessione pastorale alla luce del Magistero di Papa Francesco

Francesco di natale

Catechetica e Teologia dell’evangelizzazionedopo la svolta epistemologica contemporanea

Antonino roMano

La formazione teologica del clero pattese tra passato, presente e futuroBasilio rinaudo

La formazione e lo studio nella vita francescanaAlfio lanFranCo

“Cantare amantis est”. La musica nella formazione teologica:l’esperienza del San Tommaso

Valerio CiaroCChi

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Itinerarium 26 (2018) 68-69, 49-66

IL SERVO DI DIO MONS. FRANCESCO FASOLALA VITA E IL MINISTERO

Ettore PaterniCò - Ada FragaPane*

1. Dall’infanzia al conferimento del ministero

La vita di Francesco Fasola (1898-1988) attraversa quasi interamente il XX secolo. Vi fa ingresso con la sua prima infanzia e la sua esistenza terrena si chiude nel decennio antecedente la fine. Egli nacque dunque alla vigilia di un secolo, il XX, travagliato da complessi processi e da profonde trasformazioni, in una nazione gio-vanissima, la cui unificazione si era pienamente attuata appena ventotto anni prima con la breccia di Porta Pia, che aveva acuito la “Questione romana”.1 Una nazione che presentava i sintomi di un travaglio di assestamento, che raggiunse il culmine proprio nel 1898, con la sommossa di Milano, determinata dal rincaro del pane.

I cattolici soffrivano ancora il peso del non expedit di Pio IX2 (1846-1878) e della legge “Crispi” (1890), sulle “opere pie”, ma furono anche gli anni della matura-zione dell’impegno sociale del clero, che trovava nella Rerum novarum (15.05.1891) di Leone XIII (1878-1903) l’esortazione a superare l’assistenzialismo a favore di un aperto protagonismo nella società.3

Il Piemonte, terra di origine di Francesco Fasola, fin dal 1832 aveva visto il fiorire della grande opera benefica del Cottolengo e successivamente di Don Bosco, che non poco sembrano avere influito sulla sensibilità del giovane Fasola.

Pio X (1903-1914), convinto che gli ideali della società cristiana si dovessero difen-dere anche sul terreno della lotta politica, determinò di fatto l’entrata di una forza cattolica nell’agone politico. Intanto esordiva il sindacalismo a difesa del proletariato lavoratore ve-nuto alla ribalta, allorché si era imposta all’attenzione la cosiddetta “questione sociale”.4

Se da un lato s’ingigantiva il fenomeno del capitalismo, dall’altro le teorie marxiste esercitavano un’influenza profonda sugli animi, determinando la nascita del Socialismo.

* Responsabili dell’Associazione “Amici del Servo di Dio Mons. Francesco Fasola”. Ettore Pater-nicò, docente di Materie Giuridiche ed Economiche e Dirigente Scolastico incaricato presso Istituti di Istruzione Secondaria di secondo grado; Ada Fragapane, docente di Materie Letterarie e Latino presso Istituti di Istruzione Secondaria di secondo grado.

1 La legge delle guarentigie (1871) regolò i rapporti tra Stato italiano e S. Sede, fino al 1929. Cfr. g.b. PiCotti – g. rossi sabatini, Nuovi Lineamenti di storia, La Scuola, Brescia 1961, III, 177.

2 Divieto ai cattolici di partecipare attivamente alla vita politica. Cfr. Ibidem.3 Cfr. g. zito, Storia delle Chiese di Sicilia, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2009, 117.4 Cfr. g.b. PiCotti – g. rossi sabatini, Nuovi lineamenti di storia, 264-266.

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Ettore PATERNICÒ - Ada FRAGAPANE50

Mentre la “questione romana” si avviava gradualmente ad una soluzione, nuo-vi problemi presentava il “Modernismo”, duramente contrastato dalla gerarchia con scomuniche, sospensioni a divinis e con visite apostoliche in tutte le diocesi italiane. Solo un’ala moderata del movimento univa ad una sicura fedeltà verso Roma l’ansia di rispondere alle nuove esigenze dei tempi.5

In questo clima di insicurezza, il cui peso era avvertito più nei piccoli centri che nelle città, il 23 febbraio 1898, nacque Francesco Fasola, a Maggiora, un paesino estre-mamente povero della provincia di Novara, il cui unico vanto era aver dato i natali, esattamente un secolo prima, al grande architetto Alessandro Antonelli (1798-1888).6

Fu battezzato il giorno dopo la sua nascita, particolare che tenne poi a sotto-lineare come grazia per essere stato subito figlio di Dio, diceva infatti: «... perché oggi sono nato e domani sono stato battezzato...»7 con i nomi di Francesco Donato Giovanni.

Il papà Candido e la mamma Marietta Allegrini erano persone semplici, dedite alla vita dei campi. «Contadini e di capacità straordinaria di lavoro», i figli avrebbero dovuto baciare la terra su cui passavano i genitori, «tanto erano santi gli insegnamen-ti» che davano ed incredibili i sacrifici che avevano fatto per loro.8

Insieme ai genitori e ai fratelli Alberto e Giovanni, vivevano in casa la nonna paterna e la zia Panacea, poi claustrale a Grasse col nome di sr. Anastasia. Così tra-scorse i suoi primi anni nella casa paterna, molto vicina alla parrocchia, in un clima di dignitosa povertà, di semplicità e di amore vicendevole.9

L’incontro, a cinque anni, con don Mario Sburlati, coadiutore a Maggiora e con don Bernardino Pavesi, nuovo parroco del paese, fu per il piccolo Francesco un germe di vocazione. Da quel momento servì Messa alle sei e trenta tutte le mattine, suonò le campane, giocò a predicare ai compagni dalla finestra di casa, sognò spesso di celebrare la S. Messa.

Il 25 settembre 1909, accompagnato dal padre, fece il suo ingresso nel Semi-nario dell’isola di S. Giulio sul lago d’Orta, dove frequentò le prime due classi del ginnasio; per il terzo ginnasio passò al Seminario di S. Carlo ad Arona. Lì venne a salutarlo suo papà costretto ad emigrare in America, da dove tornò solo dopo dieci anni di lavoro in miniera.

Ad Arona, dopo qualche reticenza, si affidò alla guida del direttore spirituale del Seminario, il sac. Silvio Gallotti (1881-1927),10 nel quale trovò un sicuro punto di riferimento, rimanendogli fedele tutta la vita.

5 Cfr. g. Martina, Storia della Chiesa. L’età contemporanea, 4 voll., Morcelliana, Brescia 2008, IV, 81-94.

6 Autore della cupola di S. Gaudenzio a Novara e della Mole Antonelliana a Torino.7 F. Fasola, Omelia nell’ottantaquattresimo compleanno, da audioregistrazione, custodita in Ar-

chivio dell’Associazione “Amici del Servo di Dio Mons. Francesco Fasola”, presso Parrocchia S. An-tonio, Piazza Armerina.

8 Cfr. ideM, Ricordi d’infanzia, in: “Memorie”, raccolta di scritti inediti, a cura dell’Associazione e custoditi in Archivio.

9 Cfr. a. gaglio, Grazie Padre “arrivederci in paradiso”, Concordia, Agrigento 1989, 63-67.10 Oggi Venerabile. Per approfondire: F.M. Franzi, Un Sacerdote di Maria, Propaganda Mariana,

Casalmonferrato 1952.

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Il Servo di Dio mons. Francesco Fasola. La vita e il ministero 51

Nel 1914 conseguì la licenza ginnasiale al Regio Ginnasio-Liceo “Carlo Al-berto” di Novara, dove poi nel 1917 conseguì la licenza liceale.11

Il patriottismo, che nel 1800 aveva condotto all’unità nazionale, era degenera-to anche in Italia in un culto esasperato della violenza e della forza, con il graduale svuotamento delle istituzioni democratiche.

Benedetto XV (1914-1922) condannò il ricorso alle armi in quell’Europa che in una decina di giorni era stata trascinata dai nazionalismi nel turbine di una guerra.

In Italia nazionalisti, irredentisti, socialisti, dissidenti dal Socialismo come Mussolini, reclamavano un intervento che, strappando all’Austria le terre irredente, completasse l’opera del Risorgimento.12

Il 24 maggio 1915 cominciarono le ostilità e il Seminario di Novara fu requi-sito come ospedale militare.13

La guerra aveva impoverito anche il Seminario: povertà materiale e intellet-tuale, considerata l’inadeguatezza degli studi per mancanza di professori.14 Ciò fece sì che nel quarto anno di Teologia (1920-’21), Fasola fosse mandato al Seminario di Arona ad insegnare storia, geografia, aritmetica e francese ai chierici del ginnasio, mentre si applicava da autodidatta allo studio dei trattati di teologia. Di non poco aiuto pratico e spirituale gli fu don Silvio Gallotti, col quale si era tenuto sempre in corrispondenza epistolare.15 Scriveva infatti che durante l’ottava dell’Epifania 1921 gli aveva tenuto dei discorsi così alti di ascetica che lo avevano incantato.16 Qui visse le tappe, prossime al Sacerdozio, del Suddiaconato e del Diaconato. L’ordinazione diaconale lo riempì di fervore: pensava tanto a S. Lorenzo.17

La data dell’ordinazione sacerdotale (26 giugno 1921) cadde nell’anniversario della morte del Venerabile Francesco Quagliotti (1583-1619) - coincidenza! -, fon-datore degli Oblati dei SS. Gaudenzio e Carlo.

Il nostro passò la notte in preghiera e alle sei del mattino, in forma molto privata, Mons. Giuseppe Gamba, allora vescovo di Novara, lo ordinò presbitero. Erano presenti il papà, la mamma, la quale, fin da quando lo teneva in grembo, aveva pregato che fosse chiamato al sacerdozio, il fratello Gianni e la zia, sr. Anastasia che

11 Degli anni di liceo trascorsi ad Arona scrisse: «Farci santi: fu la dolce persuasiva insistenza del Padre. […] Particolare rilievo merita il pensare alla sua paternità. […] pronto ad accoglierci, ad ascol-tarci, soprattutto a parlarci con spontaneità ed affetto intensi. […] Ma una svolta nella sua vita sacerdo-tale gli venne dal “Trattato della Vera devozione alla SS. Vergine” di S. Luigi Grignon de Montfort. […] Ne faceva riferimenti continui […]. Quasi tutti i chierici seguivano il Padre» (F. Fasola, Al Seminario S. Carlo di Arona, in: “Memorie”).

12 Cfr. g.b. PiCotti – g. rossi sabatini, Nuovi lineamenti di storia, 288-289.13 I pochi studenti di teologia nel 1917-18 andarono all’isola di S. Giulio; nel ‘18-’19 ad Arona; nel

‘19-’20 nel seminario riaperto a Novara; nel ‘20-’21 ad Arona dove affluirono in un’unica classe (perciò chiamata “l’arca”) chierici di varie età, superstiti dalla guerra. Il chierico Fasola attribuì ad una grazia speciale di S. Giuseppe non essere stato chiamato alle armi. Cfr. F. Fasola, Al Seminario.

14 Cfr. ideM, Lettera a Mons. Del Monte Vescovo di Novara, Varallo, Festa di S. Giulio 1980, in: Archivio.

15 Cfr. s. gallotti, Lettere a F. Fasola, raccolte a cura dell’Associazione, in: Archivio.16 Cfr. F. Fasola, Al Seminario S. Carlo di Arona.17 Cfr. Ibidem.

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Ettore PATERNICÒ - Ada FRAGAPANE52

aveva ricamato per lui il fazzoletto di lino per legare le mani consacrate, usato poi come corporale.

Tornato ad Arona, la sera don Gallotti gli consegnò una busta sulla quale era scritto: «vovete et reddite»,18 insieme ad un “Regolamento di vita Sacerdotale” ispi-rato all’“Ideale di perfezione sacerdotale del P.A. Chevrier”: Il sacerdote deve essere «un uomo spogliato – un uomo crocifisso – un uomo mangiato».19

Di nuovo lo attendeva il Seminario per un quinto anno di teologia, allietato dalle celebrazioni domenicali nella “sua” Maggiora.

2. Il presbiterato

2.1. A Galliate (1922-1928)

Qui, da cappellano, ricalcò le orme lasciate da don Silvio Gallotti prima del-la direzione del Seminario. Fu tutto fervore, dedito agli ammalati, ai giovani, alla catechesi dei fanciulli per la quale trovò collaborazione nel maestro Carlo Carretto (1910-1988).20

Nonostante un diffuso anticlericalismo, egli non conquistò «solo i ragazzi, ma le famiglie intere, il paese tutto quanto».21 E fu anche un fiorire di vocazioni.22

Nel 1926 peregrinò per la prima volta a Lourdes, prima di tante «pagine più sfolgoranti del suo ministero».23 A Galliate riuscì a penetrare in ogni casa, «compose dissidi, riunì famiglie divise, recò pace, amore, conforto...».24

Nel 1927 la prematura morte di don Silvio Gallotti gli ravvivò nel cuore gli insegnamenti ricevuti e il desiderio di attuare la speciale illuminazione avuta dal suo padre spirituale ai piedi della Madonna del Sangue,25 di un gruppo di sacerdoti, già suoi chierici, per i quali la Madonna gli avrebbe detto «Io voglio che essi portino in sé la mia ardente carità […] si uniranno in santa compagnia […] sotto la perfetta obbedienza del loro Pastore […], saranno i miei Missionari».26 Maturò così in lui la chiamata ad una più radicale donazione di sé tra gli Oblati dei SS. Gaudenzio e Carlo, fondati dal Quagliotti,27 ai quali fu aggiunto, in omaggio a don Gallotti, il

18 Vi trovò una pagina di diario spirituale scritta in terzo liceo, nella quale prometteva di celebrare trenta SS. Messe ad m. B.M.V. Cfr. Ibidem.

19 F. Franzi, Un Sacerdote di Maria, Appendice.20 Scrittore, Presidente nazionale di Azione Cattolica (A.C.), fratello di Charle de Foucauld.21 a. gaglio, Grazie Padre, 94.22 Tredici dei “suoi ragazzi” divennero sacerdoti e molte furono le vocazioni religiose femminili.

Cfr. Ibidem, 98.23 Ibidem, 100.24 F. gallinotti, Cinquant’anni fa…, in: Galliate Incontro con S. E. Mons. Francesco Fasola 1922

– 1972, Galliate 1972, 11.25 Venerata nel santuario a Re in diocesi di Novara.26 F. Franzi, Un Sacerdote di Maria, 229-233.27 Nel giorno della cui festa F. Fasola era stato ordinato sacerdote. Degli Oblati dei SS. Gaudenzio

e Carlo - Missionari di Maria - fu più volte prevosto.

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Il Servo di Dio mons. Francesco Fasola. La vita e il ministero 53

nome di Missionari di Maria. Obbediente a questa vocazione lasciò, non senza pena, Galliate per trascorrere l’anno di noviziato a Vergano. Emise la professione religiosa il 21 dicembre 1929.28

Nel 1972, a cinquant’anni di distanza dal suo arrivo, Galliate gli tributò segni di gratitudine così viva, che sembrò essere andato via solo qualche giorno prima.29

2.2. A Novara (1930-1942)

Trasferitosi a Novara, nella casa degli Oblati presso la parrocchia S. Giuseppe, con l’ardore dei suoi trent’anni e con la carica di un ideale tenacemente perseguito, il P. Fasola esercitò il ministero in una concomitanza di incarichi delicati e impegna-tivi, come Assistente diocesano dei vari settori di A.C., della giunta, infine delegato vescovile per l’A.C. fino al 1942.

Egli infuse entusiasmo anche negli angoli più remoti della diocesi. «Sotto il suo impulso si moltiplicarono le giornate di studio, le settimane sociali, le scuole per propagandisti, le missioni popolari, le predicazioni varie».30 Dal 13 novembre 1928 al dicembre del 1937, le sue predicazioni furono ben novecentotrentacinque.31 P. Fa-sola formò così intere generazioni, dalle quali emersero personalità di rilievo, quali L. Gedda, G. Pastore, O.L. Scalfaro, P. Bonomi.

Coraggiosamente il suo zelo non cedette quando nel 1931 il governo fascista, dopo una serie di soprusi compiuti contro le sedi dei circoli cattolici e dei soci, deli-berò lo scioglimento delle associazioni giovanili di A.C. e costrinse successivamente l’associazione a rinunziare ad un’organizzazione centralizzata a carattere nazionale.32

«... In particolare nel 1931, alla chiusura delle giornate di studio tenutesi clandestina-mente a Miasino […] nelle parole conclusive lo sdegno, l’ardore, la carità facevano tutt’uno e con richiami al “suo” S. Paolo, incitava a guardare più a Dio che agli uomini e invitava a proseguire coraggiosamente, a qualunque costo».33

Senza concedersi soste, incontrò ripetutamente gli assistenti spirituali, penetrò nelle circa quattrocento parrocchie, talune nelle zone più impervie, per rilanciare tutti i gruppi.34 Per ogni anno organizzò un grande convegno diocesano e/o un so-lenne congresso eucaristico. Contemporaneamente era presidente dell’OFTAL35 e

28 F. Fasola, Don Gallotti – La vita religiosa – gli Oblati, in: “Memorie”.29 I “suoi ragazzi” di allora scrissero: «Tutti quanti, dopo molti anni, si ricordano con tanta tenerez-

za e commozione ancora di Lei, […] per quanto Ella ha profuso di bontà, di serenità, di spirito giova-nile, di sacrificio, e soprattutto di santità» (F. gallinotti, Cinquant’anni fa…,11).

30 arCidioCesi di Messina, Causa di canonizzazione dell’Arcivescovo Francesco Fasola – Comuni-cazione alla Diocesi, Messina 2005, 10.

31 Cfr. F. Fasola, Agenda e appunti, raccolta a cura dell’Associazione.32 Cfr. g. Martina, Storia, 168.33 M. viasCo, Nel mondo dei ricordi, in “Galliate. Incontro…”, 15.34 Cfr. a. gaglio, Grazie Padre, 109.35 Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes.

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Ettore PATERNICÒ - Ada FRAGAPANE54

della POA36 con l’onere della distribuzione degli aiuti, tanto impegnativa in tempo di guerra. «In taluni momenti di estremo impegno apostolico, celebrava la S. Messa alle due - tre di notte e poi partiva per la Diocesi, in treno, in bicicletta, a piedi, ovun-que e sempre presente a incitare, a insegnare, a destare entusiasmo».37

Al termine della festa dell’Immacolata del 1942 la salute cedette.

2.3. A Varallo (1942-1946)

Dall’1 gennaio 1943 fu costretto a ritirarsi presso il santuario del Sacro Mon-te di Varallo. Qui, dopo un breve periodo di ubbidiente riposo, si diede a fare del santuario dell’Assunta un centro di attrazione e di irradiazione e ne divenne presto rettore. La sua intraprendenza e la sua genialità organizzativa promossero un forte movimento di pellegrini, che curò con vivo senso pastorale.38

Erano gli anni durissimi della seconda guerra mondiale (1939-1945) e delle misure antisemitiche39 anche in Italia: invano Pio XII (1939-1958) aveva scongiura-to i governi di evitare l’immane catastrofe.40

Il Sacro Monte fu teatro di rappresaglie tra fascisti e partigiani. Alla casa del pellegrino annessa al santuario cercarono rifugio Ebrei, fascisti, partigiani. Il rettore P. Fasola, con l’aiuto dei confratelli Oblati,41 accolse e protesse tutti indistintamen-te; nascose e supportò per quasi due anni, fino al termine della guerra, la famiglia ebrea Basevi: genitori e tre bambini; 42 corse a Novara in bicicletta a supplicare ora gerarchi fascisti, ora capi dei partigiani, per evitare esecuzioni sommarie; assistette condannati a morte; si frappose in una sparatoria tra fascisti e partigiani e un proiet-tile lo sfiorò, lasciando il segno sulla facciata della Basilica.43

2.4. Ritorno a Novara (1946-1954)

Terminata la guerra, fu richiamato a Novara a riprendere a ritmo intenso le responsabilità in A.C., e alla delicata mansione di Pro-vicario generale. Quest’ultima potrebbe farlo immaginare nel chiuso di un ufficio di curia, tra carpette e documenti, alla scrivania a ricevere preti per districare importanti problemi. Egli fu invece “vo-lante” o “itinerante” per trovare in loco soluzioni e incoraggiare iniziative apostoli-che. «L’ampiezza, la profondità dell’opera pastorale che l’allora Padre Fasola svolse

36 Pontificia Opera Assistenza.37 o.l. sCalFaro, L’amore per le anime: la sua quotidiana consumazione, in “L’Osservatore Ro-

mano”, 7. 7 – 1988.38 Cfr. a. gaglio, Grazie Padre, 122.39 Cfr. g. Martina, Storia, 175.40 Cfr. g.b. PiCotti - g. rossi sabatini, Nuovi lineamenti di storia, 342.41 P. Erbetta, P. Trovati, P. Miniggio.42 Cfr. l. basevi, Lettera da Haifa, Israel 5-6-2009, in: “Carità eroica del S.d.D. Mons. F. Fasola”,

raccolta a cura dell’Associazione.43 Per i frammenti del proiettile e altri documenti, cfr. Carità eroica.

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nella Diocesi, è sorprendente: furono anni pienissimi e fervidi»,44 ma non privi di dolorose umiliazioni che lo ferirono profondamente e di sofferte, silenziose ubbi-dienze. Infatti «fu valorizzato al sommo, sembrava che senza di lui non si potesse far nulla […] e più volte fu poi messo in disparte come chi non serve, o è superato e non è più gradito».45 In queste circostanze mantenne sempre lo stesso sorriso, la stessa pace.

3. Il ministero episcopale

Nel 1954 gli arrivò, non voluta, non desiderata, inaspettata, la nomina a Ve-scovo coadiutore sedi datus dell’Arcivescovo di Agrigento Mons. Giovanni Battista Peruzzo. Ne rimase turbato e disorientato. Alla notizia la sua mamma che lo aveva educato allo spirito di povertà e umiltà gli disse: «[…] Potrai ora salvarti l’anima?».46 La destinazione poi dovette individuarla sulla carta geografica, tanto gli era lontana e… sconosciuta. L’ordinazione avvenne in Cattedrale la domenica 2 maggio, XXVII anniversario della morte di don Silvio Gallotti; Vescovo consacrante Mons. Gre-migni, conconsacranti Mons. Peruzzo, Arcivescovo di Agrigento, e Mons. Tonetti ausiliare a Messina.

3.1. Ad Agrigento (1954-1961)

L’ingresso di Mons. Fasola ad Agrigento fu fissato per il 20 giugno. Giunse a Palermo in treno, dove un’intera carrozza era stata occupata da Novaresi. Dopo una sosta a Monreale, ospite del Metropolita Mons. Francesco Carpino (1905-1993), procedette in auto per Agrigento. Nel viaggio gli «ripresero le angosce fino a Cam-marata, primo paese della diocesi agrigentina». Lì un francescano, P. Celestino, gli rivolse un saluto concludendo: «Abbiamo tanto pregato per V.E. nel nostro santua-rio della Madonna Scacciapensieri». Gli si «squarciò il cielo» e con molta calma e serenità fece i cinquanta chilometri di strada che rimanevano, fino alla cattedrale.47

Certo non gli fu difficile cogliere fin dall’arrivo i segni tangibili della “que-stione meridionale”: l’inadeguatezza delle infrastrutture, la povertà della conduzione agricola, la rassegnazione all’assistenzialismo e alle logiche clientelari, l’analfabeti-smo ancora diffuso, una certa ristrettezza di mentalità.

Mons. Fasola impresse il suo zelo pastorale alle attività già esistenti, poten-ziando l’A.C., il Movimento laureati, le associazioni caritative; lavorò per l’incre-mento delle vocazioni; riavviò, con grandi risultati che si protrassero nel tempo, l’Opera dei Tabernacoli. Parlano ancora di lui: il settimanale cattolico “L’Amico del

44 F. Franzi, Novara, in: Cinquantesimo sacerdotale di Monsignor Francesco Fasola, opuscolo stampato da La Tipografica, Messina 1971, 21.

45 o.l. sCalFaro, L’amore per le anime.46 A. gaglio, Grazie Padre, 135.47 Cfr. F. Fasola, Agrigento, in: “Memorie”.

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Popolo” tenacemente voluto, i numerosi interventi di restauro e di ristrutturazione delle cappelle dei seminari, la costruzione di nuove chiese. Ma più contano i piccoli gesti che ancora, attraverso il susseguirsi di generazioni, vengono ricordati: le sue braccia spalancate nell’abbraccio ideale di tutti, la sua concretezza fattiva, le sue catechesi mariane, il suo guardare «dai tetti in su...», la ricchezza e la dolcezza degli incontri. Furono questi i tratti distintivi che gli appartennero e che portò con sé, ma-turandoli nelle successive fasi della sua vita.

Il suo rapporto con l’Arcivescovo, contrassegnato da diversità di tempera-mento, di abitudini e di metodo di lavoro, gli diede l’opportunità di praticare in modo ineccepibile la virtù dell’obbedienza. Mai nessuno colse una sua espressione di di-sappunto. Così chiuse nel silenzio la pena di non frequentare il Seminario maggiore e tante altre contrarietà vissute in pazienza ed umiltà.48

Le settimane sociali dell’A.C. e la visita pastorale della diocesi impegnarono il suo spirito di totale donazione di sé.

Stava per completare la seconda visita pastorale, quando l’Arcivescovo Pe-ruzzo, ritenendo la sua esperienza ormai matura, sollecitò «la sua elevazione a Ve-scovo di una diocesi dove Egli potrà profondere i tesori della Sua multiforme attività e delle Sue non comuni virtù».49

Il 19 agosto 1960 gli pervenne la nomina a Vescovo di Caltagirone. Gliela porsero mentre, a Cannobio, era in preghiera presso la tomba di don Silvio Gallotti.

Il 19 gennaio 1961, Mons. Domenico De Gregorio, in nome della diocesi, lo salutò con queste parole:

«... negli ultimi sei anni e mezzo [la Chiesa agrigentina] si è arricchita dell’esperienza e dell’entusiasmo apostolici, delle opere e delle fatiche, del sacrificio, della santità di Mons. Francesco Fasola. […] Egli in tutte le sue opere, in tutti i suoi discorsi ha fatto respirare […] un’atmosfera di vita soprannaturale non comune e non ordinaria: è questo il segreto che spiega la sua operosità, il suo successo, la grandezza dei suoi sacrifici, la forza delle sue convinzioni, lo slancio delle sue opere, il disprezzo di se stesso, l’olocausto della Sua persona, […] per il bene della nostra diocesi».50

3.2. A Caltagirone (1961-1963)

Il 22 gennaio una pioggia incessante e le lacrime degli agrigentini accompa-gnarono la partenza del vescovo Fasola. In prossimità di Caltagirone il cielo apparve solcato da un meraviglioso arcobaleno. «Sole, arcobaleno, sventolio di fazzoletti, acclamazioni...».51 Caltagirone gli riservò un’accoglienza trionfale con il concorso di autorità civili52 e militari e di un popolo straripante. Erano presenti anche i suoi

48 Cfr. a. gaglio, Raggi di luce, Tipolitografia Alba, Alessandria della Rocca 2006, 66-89. 49 g.b. Peruzzo, Discorso di commiato, in: “Bollettino Ecclesiastico di Agrigento”, dicembre 1960.50 Cfr. citato in: a. gaglio, Grazie Padre, 59-60.51 Ibidem, 138.52 Presenti il ministro dell’interno Scelba e il sottosegretario Scalfaro, autorità nazionali, regionali

e provinciali. Cfr. F. Fasola, Caltagirone in: “Memorie”.

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fratelli Alberto e Giovanni, il Parroco di Maggiora e gli Agrigentini che lo avevano seguito con un centinaio di auto.

«Il mio programma siete voi – proclamò nel primo discorso in Cattedrale – da amare con tutta l’anima per darvi tutti a nostro Signore Gesù Cristo». Scoppiò un applauso segno di un’adesione che fu inalterata negli anni. Qui Mons. Fasola poté dispiegare le sue “ali” e dare libero sfogo allo slancio del suo zelo, organizzare un’a-zione pastorale coerente al motto del suo stemma duc in altum (Lc 5,4), prendere il largo, solcare le acque senza timore di dover tirare i remi in barca. La diocesi non è grande, più volte egli ebbe a dire: «[…] mi sta addosso come un abito tagliato su misura!».53 Questo gli consentì di offrire una presenza diffusa e costante e di intrat-tenersi amabilmente con la gente. Il territorio fu quindi oggetto di un’“aratura pro-fonda” e di una “seminagione intensiva”, i cui frutti maturano ancora nelle persone e nelle opere da lui intraprese.

Nel breve arco di trenta mesi, intervallati dalle assenze per la partecipazione al Concilio, inventò modalità diverse per incontrare ognuno nel suo ambiente, co-gliendo ogni occasione per evangelizzare, per scaldare i cuori anche più indifferenti. Fu massima la sua attenzione per il decoro delle chiese e perché le liturgie fossero ordinate, solenni e soprattutto comprensibili da tutti.54 Impegnò in questo e in altri settori della vita della Chiesa il laicato, nel quale ripose massima fiducia, spingendo-lo ad essere avanguardia nell’evangelizzazione e nella carità.

Fu un “vulcano” di idee e di iniziative, per la cui realizzazione moltiplicò riunioni e consultazioni. Iniziative che godettero poi sempre della sua presenza, o in testa a guidarle o dietro le quinte a suggerire e spingere chi rallentava il passo.

Memorabili i pellegrinaggi notturni al santuario del Signore del Soccorso, di Maria SS. di Conadomini su per la scala S. Maria del Monte, della Madonna delle la-crime di Siracusa; la conclusione delle feste religiose popolari in piazza Municipio; la peregrinatio Mariae nel cinquantesimo dell’Incoronazione della Conadomini. In queste circostanze la sua predicazione era un vibrare di tutta la sua persona e giun-geva dritta al cuore. Subito nacque l’Opera dei Tabernacoli tenuta a battesimo dalle socie agrigentine e nuovo impulso ebbero l’A.C. e l’UNITALSI. Portò una ventata di freschezza e circolarità di nuova linfa tra gli Istituti religiosi; infuse dinamismo ed entusiasmo con la visita pastorale; indisse la campagna per le vocazioni, che portò da cento a centotrenta il numero dei seminaristi; e la campagna per la catechesi con i conseguenti catechismi rionali in tutta la diocesi; diede vita al settimanale cattolico “L’Avvenire di Sicilia”.

Nel 1961 realizzò un convegno missionario regionale e nel 1962 una missione cittadina condotta dalla Pro Civitate Christiana di Assisi.

Nel centenario della nascita di don Luigi Sturzo (1861-1961) acconsentì con convinzione alla proposta dell’on. Mario Scelba di traslarne la salma da Roma a Cal-tagirone, nella Chiesa del SS. Salvatore, dove aveva celebrato la prima Messa. Fece preparare un artistico sacello e per l’occasione celebrò in Cattedrale alla presenza del

53 Ibidem.54 Precorrendo la riforma liturgica operata dal Concilio, coinvolse i giovani della FUCI per tradurre

in italiano le risposte della messa e la Parola di Dio nelle chiese di periferia.

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Presidente della Repubblica Antonio Segni e delle più alte cariche dello Stato e tenne una stupenda omelia sulla politica come mezzo di santificazione. A Sturzo volle che fosse dedicato anche un convegno nazionale dell’Unione Apostolica dei Sacerdoti Adoratori, che riunì intorno alla sua tomba seicento Sacerdoti e quattro Vescovi. «Essere nella terra di Luigi Sturzo gli parve un onore e maggiore impegno, Lui che sentì il dovere dei cattolici nella vita pubblica come pochi nel mondo cattolico sen-tono e vivono».55

Nella sua breve permanenza realizzò molte opere: chiese, asili, case canoni-che, casa del clero anziano, restauro e riscaldamento del Seminario, ampliamento del Seminario estivo, nuovi arredi per la Cattedrale. Tra queste meriterebbe d’essere più ampiamente ricordato l’acquisto del terreno per la costruzione della Parrocchia S. Famiglia, grazie alla sua illimitata fiducia nella Provvidenza.56

Nel pieno fervore delle attività apostoliche curate con infaticabile zelo, il 23 marzo 1963 gli arrivò la nomina di Arcivescovo e Archimandrita di Messina. Rima-se «allibito e sconcertato»,57 lontano com’era da ambizioni di carriera e quando il 5 agosto ne diede comunicazione al clero, il dispiacere fu generale e non gli fu facile calmare gli animi amareggiati. Scrisse:

«Quanta sofferenza in quei mesi! Troppo mi trovavo come in famiglia a Caltagirone […]. Tale era la corrispondenza non soltanto del clero o dei laici impegnati, ma anche della gente comune […]. Quando torno col pensiero a quei brevi due anni e otto mesi, sento che furono un po’ come la “luna di miele” del mio episcopato».58

3.3. A Messina (1963-1977)

Ricco di esperienze pastorali vissute con zelo apostolico, il piemontese Faso-la, dopo circa un decennio di episcopato, era riuscito ad “incarnare” il suo ministero nel tessuto culturale e sociale del “suo” popolo, sentendosi «totalmente siciliano».59 Il 15 settembre 1963, festa della Vergine Addolorata, fece il suo ingresso a Messina, giungendovi via mare, a bordo della corvetta militare Airone, accolto al suo passag-gio, in corteo verso la Cattedrale, da due ali di popolo festante. Durante l’omelia così presentò se stesso:

«Guardando il vostro Arcivescovo, cercate […] il sacerdote, il ministro della Grazia e non altre cose che non ha, perché egli deve e vuole tradurre nel suo ministero soprat-tutto questa vocazione datagli dal Signore».60

55 o.l. sCalFaro, L’amore per le anime.56 Cfr. F. Fasola, Caltagirone, in: “Memorie”.57 Ibidem.58 Ibidem.59 o.l. sCalFaro, L’amore per le anime.60 F. Fasola, Primo incontro in Cattedrale, in: “Bollettino Ecclesiastico Messinese” (BEM), 9

(1963) 188.

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Suscitò non poca positiva meraviglia il fatto che al termine della celebrazione abbia salutato i centotrenta chierici e un cospicuo numero di Calatini che lo avevano accompagnato, chiamandoli per nome. Il Pastore, agnoscit… nominatim (Gv 10,3), perché «per lui l’incontro con la gente non era mai anonimo. La Chiesa era la comu-nità dei volti».61

Durante i primi due anni del suo ministero messinese Mons. Fasola partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II. Si era all’inizio di un rinnovamento che sarebbe poi stato delineato dalle quattro Costituzioni Conciliari.62 Mons. Fasola scriveva da Roma:

«Sacerdoti e fedeli […] pensino a questa irruzione di Dio nella storia dell’umanità e dia ognuno il contributo sentito, valido, generoso di offerta, perché la grande aratura della Chiesa sia tale da far maturare per la raccolta tutti quei frutti che sono nei disegni della Provvidenza».63

Conclusosi il Concilio l’8 dicembre 1965, la sua indefessa fatica pastorale consistette nel volere che la “sua” Chiesa si conformasse nel contenuto e nello stile di vita alle quattro Costituzioni, nelle quali aveva trovato conferma della validità di intuizioni già avute e di iniziative precedentemente proposte e sperimentate soprat-tutto sul piano della liturgia e sul ruolo dei laici nella Chiesa, che ora, dai documenti conciliari, ricevevano nuova luce e acquisivano nuovo significato.

Messina fu una delle prime diocesi, per una speciale concessione chiesta dall’Arcivescovo al S. Padre, a celebrare la S. Messa secondo le nuove norme li-turgiche. Quanto ai laici affermava la necessità che i battezzati partecipassero alla vita della Chiesa: «Quanto bisogno si ha oggi di menti aperte e di cuori caldi che, affianco dei sacerdoti, lavorino per il Regno di Dio».64

Certamente il documento che più gli fu congeniale e ispirò le sue direttive e la sua azione pastorale fu la Lumen gentium col nuovo concetto di Chiesa come po-polo di Dio attorno alla guida del suo Pastore, animata dallo spirito comunionale di partecipazione corresponsabile, “incarnata” nel mondo, pur non essendo del mondo.

«Questa visione della Chiesa non si espresse in forme eclatanti nella pastorale del “grande” Padre della Chiesa messinese, ma attraverso affermazioni magisteriali e ge-sti pastorali, diretti ad entrare nel “tessuto” vitale della comunità ecclesiale».65

61 g. Malgioglio, Un pastore nella Chiesa e per la Chiesa, in: Atti inediti del Convegno degli Amici di Mons. F. Fasola, Roma 1995.

62 Costituzione dogmatica su “La Chiesa”, Lumen Gentium (21 novembre 1964); Costituzione dogmatica su “La Divina Rivelazione” Dei Verbum (18 novembre 1965); Costituzione su “La Sacra Liturgia” Sacrosanctum Concilium (4 dicembre 1963); Costituzione Pastorale su “La Chiesa nel mondo contemporaneo” Gaudium et Spes (7 dicembre 1965).

63 F. Fasola, Concilio, in: “Bollettino Ecclesiastico Messinese” (= BEM) 10 (1964) 369.64 ideM, La giornata dell’Azione Cattolica, in: BEM 4 (1965), 160.65 i. Cannavò, Presentazione, in: g. sCiglio, Un Arcivescovo aperto alle esigenze del Mondo Con-

temporaneo, Città del Ragazzo, Messina 1997.

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Il suo ministero fu impegnato più nella costruzione della Chiesa che nelle costruzioni di edifici ecclesiali, che pure non mancarono, soprattutto per dotare di chiese le periferie. E a questa opera di costruzione in prospettiva comunionale66 spin-geva sacerdoti, religiosi e laici, perché vi si dedicassero con scelte radicali di vita, senza mezze misure. Lo attestano ampiamente le sue lettere pastorali e i molteplici messaggi rivolti alla sua diocesi.67 Lo attesta il crescendo numerico e qualitativo di incontri: per i Sacerdoti diocesani e religiosi, per le vocazioni e il Seminario, la Tre-giorni per le Suore, i Convegni per i Ministranti, le giornate diocesane per l’A.C., le Settimane teologiche, le catechesi, i pellegrinaggi diocesani alla Basilica Cattedrale e al Santuario di Montalto, infine gli incontri tra Sacerdoti, religiosi e laici per rico-noscersi insieme operatori dell’unica pastorale che costruisce la Chiesa nel territorio. Sempre indicò il cammino gioiosamente e faticosamente tra il vento della contesta-zione e l’ansia di rinnovamento che caratterizzarono quegli anni.

Oggetto particolare delle sue cure furono le missioni nelle periferie,68 alle qua-li partecipò personalmente, che furono il suo “chiodo fisso”, e le zone pastorali in graduale costituzione. Più volte i quotidiani del tempo registrarono la sua presenza tra gli ultimi, tra i baraccati, al lebbrosario, negli ospedali, tra i carcerati, come in ogni ambiente di lavoro, quali scuole, caserme, cantieri navali, capannoni industriali, ferrovie, grandi magazzini, da curare in senso religioso sì, ma anche umano e sociale. Memorabile la S. Messa celebrata nel Natale del 1968 sulla soglia di una baracca del villaggio “Villa Lina”. Da ricordare il suo inascoltato appello ai consiglieri comuna-li, per esortarli ad intervenire in favore delle periferie disagiate. La sua “pastorale di strada” fu espressione nuova e inconsueta in quel tempo, di una “Chiesa in uscita”.

Anche agli emigranti si fece vicino, visitandoli a Torino, in Lussemburgo, a Langres, ad Hannover, in Svizzera.69

L’attenzione ai sacerdoti andava dall’accoglienza incondizionata in episcopio, alle visite non programmate a casa loro, dalla vita spirituale alla cultura teologica.70

Rivolse lo sguardo anche ai loro bisogni materiali con l’istituzione del Fondo diocesano di solidarietà, allo scopo di integrare in via ordinaria il trattamento eco-nomico e di aiutare con interventi straordinari. Li confortò in eventi dolorosi e nella malattia e non trascurò di presiedere la liturgia di suffragio nel caso della loro morte.

Gli anni post-conciliari furono particolarmente difficili, soffiava anche nella Chiesa il vento dell’inquietudine e della contestazione che talvolta arrivava alla ri-bellione. Molti Sacerdoti attraversarono un periodo di crisi personale e di identità ministeriale. Mons. Fasola cercò di indagarne i motivi; fu pronto ad intervenire per

66 Cfr. g. sansone, Fasola Francesco, in: F. arMetta (ed.), Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia Secc. XIX e XX, Salvatore Sciascia, Caltanissetta - Roma 2010, 1198-1200.

67 Documenti custoditi in: Archivio dell’Associazione.68 Cep, Camaro S. Paolo, UNRRA – CASAS, Villaggio Matteotti, Contesse, Minissale. Cfr. “La

Scintilla” 19 (1971).69 Cfr. F. Fasola, Messina, in: “Memorie”.70 Ritiri; esercizi; Tre giorni annuale; incontri giovane clero; esercizi spirituali per i “novensili”;

corsi di aggiornamento teologico; lezioni di Sacra Scrittura o su documenti conciliari; apertura dell’I-stituto di Pastorale presso l’“Ignatianum”; studi specialistici per il conseguimento dei gradi accademici presso Pontificie Università.

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illuminare, confortare, sostenere quelli che si trovavano in sofferenza di fronte alle esigenze della fedeltà al Sacerdozio71 e, quando da loro gli fu concesso, offrì com-prensione, pazienza e carità, senza calcolo di energie, di tempo e di distanze.

Scrisse: «Il mio tormento maggiore sono più ancora i Sacerdoti che hanno diser-tato la vigna del Signore e sono parecchi. È questa una sofferenza che non mi dà pace».72

Perciò fu costante l’impegno nell’esortarli: «Chiediamo dunque fervorosa-mente di essere tutti preti del Signore, non preti delle fantasie; […] preti del Concilio Vaticano II, attenti alla Parola di Dio e alle esigenze del mondo».73

Alla fine del ministero a Messina non poteva non ripetere: «[…] sentite cari Sacerdoti, la gioia di essere preti e rinnovate ogni giorno in voi l’anelito alla santità. […] Sì, la Chiesa ha bisogno di Sacerdoti santi, non di preti qualunque, senza spirito e senza slancio. Fate guerra alla mediocrità».74

Nonostante ogni sua appassionata e sofferta dedizione, «il fenomeno dell’ab-bandono del ministero da parte dei Sacerdoti assunse a Messina proporzioni eccezio-nali, segnando l’intero episcopato del Servo di Dio Fasola».75 Egli scrisse:

«È certo il dolore più grave mai attenuato della mia vita […]. Avvicinamenti, colloqui, telefonate, notti insonni per ogni caso. Tutto fu vano […]. È continuo in me il pensie-ro, gli esami di coscienza e la preghiera per essi […]. Parecchi mi dissero ed anche mi scrissero che non avevo nessuna colpa per la loro decisione. Ma il problema rimane vivo in me».76

L’amore alla liturgia e al Sacerdozio lo portava a volere annualmente un Con-vegno per i Ministranti che considerava vivaio di vocazioni, e a promuovere l’Opera dei Tabernacoli, per dotare le chiese povere di paramenti dignitosi.

Riguardo ai Seminaristi scriveva: «Missione del Seminario è ricolmare di Cri-sto i candidati al Sacerdozio, perché lo facciano risplendere in mezzo agli uomini».77 «Solo se e quando questa nostra Chiesa sentirà nel cuore il problema del Seminario e delle vocazioni […] si mostrerà come Chiesa della speranza».78

La sua volontà alimentata dal desiderio che quanti si preparavano al Sacerdo-zio vivessero in comunione, per operare in futuro come membri dell’unica Chiesa, portò alla decisione di far confluire i ginnasiali e i liceali al Liceo-Ginnasio “Pan-taleone Minutoli” del Seminario; vi si ritrovarono insieme Camilliani, Francescani, Rogazionisti, Seminaristi.

Lo stesso accadde per gli studi teologici: confluirono al “S. Tommaso” religio-si e seminaristi, esperimento tra i primi a livello mondiale, con professori religiosi e del clero secolare, in reciproca collaborazione sostenuta da stima e fraternità.

71 Cfr. F. Fasola, Sic state in Domino (Fil 1-4) in: BEM 12 (1968) 532.72 ideM, Dimissioni, in: BEM 5 (1973) 181.73 ideM, Iniziando, in: BEM 10 (1966) 451.74 ideM, Commiato, in: BEM 6-7-8 (1977) 130.75 g. Martina, Storia della Chiesa, 501.76 F. Fasola, Messina, in: “Memorie”.77 ideM, Vocazioni e Seminario, in: BEM 4 (1972) 184.78 ideM, Vocazioni e Seminario, in: BEM 4 (1975) 128.

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Mensilmente celebrava in Seminario l’Eucarestia e invitava a colloquio i Se-minaristi per ascoltarli e incoraggiarli. Desiderava che l’ambiente del Seminario fos-se sereno e accogliente e si prodigò in tutti i modi per il rifacimento della cappella resa decorosa, bella e funzionale alle innovazioni liturgiche. Il Seminario fu sempre all’apice dei suoi pensieri, usando un’espressione conciliare, come «il cuore della diocesi».79

Per il senso vivo in lui della comunione ecclesiale e della utilità di una pasto-rale d’insieme, la Chiesa messinese, nello spirito conciliare, poté dotarsi presto del Consiglio Pastorale diocesano, di cui approvò lo Statuto (1966); dei Consigli Vica-riali (1967); e del Consiglio Presbiterale (1969), per il quale volle confrontarsi con esperienze di altre diocesi. Nel 1974 nacque la Caritas diocesana.

Questa volontà di lavoro unitario apparve compiutamente ai vescovi della provincia ecclesiastica80 e più ancora alla C.E.Si, in seno alla quale fu prima Vescovo delegato per il Clero, poi per tre volte, Vice-Presidente.81 Per l’importanza da lui data alla formazione, fu anche Vescovo delegato alla catechesi per la Sicilia.

Le due visite pastorali furono occasione per approfondire in maniera sistema-tica la conoscenza del territorio, già in lungo e in largo visitato per ogni circostanza opportuna da “Vescovo volante”82 e per verificare oggettivamente la vitalità delle co-munità ecclesiali e motivarle per una donazione sempre più generosa. In conseguen-za, aderente ai bisogni riscontrati, nasceva una sempre rinnovata programmazione.

Per gli ammalati istituì la Giornata Lourdiana che ebbe ampia partecipazione e incoraggiò con la sua presenza i pellegrinaggi dell’UNITALSI a Lourdes.

Costantemente invitò i Sacerdoti ad operare una pastorale familiare più effica-ce e a servirsi di laici preparati per avvicinare le famiglie, specie quelle in difficoltà, perché fossero moralmente sostenute e le coppie fossero richiamate al cammino di santità della loro vocazione.

L’occasione per ribadire i principi del matrimonio cristiano gli fu offerta da una lettera aperta,83 a lui indirizzata da alcuni esponenti del laicato cattolico, che si erano dissociati dalle posizioni della Chiesa, avente come oggetto il referendum riguardante la legge sul divorzio. Con la lettera pastorale I Cattolici e il matrimonio nel momento attuale,84 Mons. Fasola ribadiva la necessità di una legge che tutelasse il matrimonio e non che lo disgregasse, e le inequivocabili parole di Cristo circa la sua indissolubilità.

In politica fu geloso custode della libertà della Chiesa rispetto ai partiti politi-ci, ponendola al di sopra delle contese politiche, contro chi vorrebbe coinvolgerla a proprio vantaggio,85 ma non esitò a contrastare l’avanzare delle idee marxiste e ma-

79 ConCilio vatiCano ii, Decreto su “La Formazione Sacerdotale” Optatam Totius (28 ottobre 1965), in: AAS 58 (1966) 713-727.

80 Lipari, Nicosia, Patti, cui si aggiunse volontariamente Acireale.81 Cfr. F. Fasola, Messina, in: “Memorie”.82 Cfr. a. gaglio, Grazie Padre, 164.83 La notizia di tale lettera è abbastanza diffusa anche se, ad oggi, essa non è ancora reperibile.84 Cfr. F. Fasola, I cattolici e il matrimonio nel momento attuale, in: BEM 5 (1974) 209-211.85 Cfr. ideM, Noi e la Chiesa, Omelia pronunziata a Montalto il 12 giugno, in: BEM 6 (1976) 255-

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Il Servo di Dio mons. Francesco Fasola. La vita e il ministero 63

terialistiche, il laicismo, il secolarismo e il comunismo ateo. «All’occorrenza seppe parlare chiaro. Seppe essere anche duro di fronte a fatti poco trasparenti […]. Non si legò al carro di nessuno».86

Accanto alla denuncia del cattivo uso dei mezzi di comunicazione, promosse con forza la buona stampa. Rifacendosi al dettato conciliare dell’Inter mirifica,87 sol-lecitò i giornalisti a servire sempre la verità88 e incoraggiò la diffusione del periodico diocesano “La Scintilla”.

Nelle omelie delle solennità trattò spesso grandi temi di rilevanza sociale, quali il dilagare della violenza e del terrorismo, del malcostume, del libertinaggio, dell’ingiustizia sociale, della corruzione, la battaglia contro la legge sull’aborto in discussione in Parlamento nella seconda metà degli anni settanta.

Nel 1968 il terremoto del Belice portò distruzione e morte in un vasto territo-rio della diocesi agrigentina che aveva tanto amato. Il suo cuore non rimase insen-sibile, ma neanche i Messinesi dovevano rimanere insensibili. Prontamente fu orga-nizzato alla stazione centrale un centro di aiuti permanente, con l’apporto di laici e degli alunni del Seminario e dei vari studentati teologici della città, per i profughi terremotati diretti al nord.

L’Arcivescovo, con un appassionato appello alla città, fece leva sul ricordo del terribile sisma del 1908, suscitando una fraterna solidarietà. Sorse così, a S. Mar-gherita Belice, il Villaggio Messina89 inaugurato e benedetto da lui il 16 febbraio del 1969 e rimasto per molto tempo l’unico segno di ricostruzione.

Nel settantacinquesimo compleanno (23 febbraio 1973) presentò le dimissioni al S. Padre Paolo VI (1963-1978). Non furono accolte fino al 1977, nonostante le avesse ripresentate puntualmente ogni anno. Qualcuno pensò che non volesse farsi da parte. Ricevette per questo una lettera anonima90 che gli diede molta pena. Anche se la salute cominciava a presentare qualche problema, con le aritmie cardiache che si ripetevano di tanto in tanto e l’andatura un po’ incerta per un intervento di cataratta all’occhio destro, egli non rallentò il ritmo, fino a quando non gli fu messo accanto a conforto e sollievo, come Vescovo ausiliare con diritto alla successione, Mons. Ignazio Cannavò. A lui, in Cattedrale, il 3 giugno 1977, festa della Madonna della Lettera, al termine del solenne Pontificale, consegnò il Pastorale con un abbraccio fraterno. Due feste mariane segnarono così l’inizio e la fine del suo Ministero mes-sinese. L’addio ufficiale alla diocesi avvenne in Cattedrale il 9 luglio. Al termine consegnò al Decano della Cattedrale, Mons. Romeo, l’anello pontificale usato per le celebrazioni solenni, perché venisse appuntato sulla manta della Madonna della Lettera, in segno di fedeltà alla Chiesa messinese.

257.86 g. Malgioglio, Un pastore nella Chiesa.87 Cfr. ConCilio vatiCano ii, Decreto su “I mezzi di Comunicazione sociale” Inter Mirifica (4 di-

cembre 1963), in: AAS 56 (1964), 145-157.88 Cfr. La Scintilla 5 (1964).89 Trentadue alloggi, due chilometri di strade asfaltate, la chiesa, la scuola, l’ambulatorio, con una

spesa di centosessantamilioni di lire. Cfr. Dopo il terremoto, in: beM 2 (1968) 94-95.90 Notizia fondata su testimonianze dirette, anche se al momento non documentabile.

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I saluti avvennero in un clima di intensa, ma serena commozione. Ultimo saluto dall’alto del campanile della Cattedrale: «[…] abbracciò con lo sguardo la città, si commosse sino alle lacrime, quindi con un ampio gesto volle benedire tutta la “sua” Messina».91

Lasciò la Sicilia il mattino del 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo. Sul traghetto, fino alla costa calabra, fu accompagnato da alcuni Sacerdoti e laici e dal suo successore Mons. Ignazio Cannavò, davanti al quale, al momento del commiato, si inginocchiò chiedendo la benedizione.92 Considerando che la sera del 15 settembre 1963, appena arrivato a Messina, si era recato in Seminario per chiedere in ginoc-chio la benedizione al suo predecessore Mons. Angelo Paino,93 possiamo dire che tra questi due grandi segni di umiltà sono compresi i quattordici anni di Ministero apostolico di questo grande Vescovo della Chiesa messinese.

4. Gli ultimi anni

Facendo tappa presso vari monasteri, decantate le emozioni degli ultimi gior-ni, Mons. Fasola fece ritorno in diocesi di Novara e prese dimora nella casa dei Padri Oblati presso il Santuario del Sacro Monte di Varallo. Si spese ancora, al massimo delle energie rimastegli, in Santuario, in diocesi e visitando Sacerdoti ammalati. Ri-tornò anche occasionalmente in Sicilia fino al 1982, rivedendo con immutato affetto la “sua gente”, ovunque accolto con gioia devota e riconoscente, anche in seno alla C.E.Si.

Trascorse gli ultimi anni nella “spoliazione di sé”; la sua cella con nulla più dell’essenziale, fu polo di attrazione, meta di pellegrinaggi, scuola di alta spiritua-lità, conformemente a quanto sulla porta sta scritto di San Carlo Borromeo: «in hac cellula dormientis cor vigilabat». Lì continuò ad essere maestro di vita e pastore, esercitando il carisma che gli era peculiare, di una straordinaria paternità, tenera e forte, protratta nel tempo, estesa a centinaia di persone per le quali fu semplicemente “Padre”, come amava essere chiamato, tenendo tutti uniti in una rete di preghiera e di aiuto vicendevole. Nel 1986, il declino della salute impose il trasferimento a Novara, dove le cure sanitarie erano più immediate. Considerato “Patriarca” della Congrega-zione e della Chiesa novarese, visse con i confratelli Oblati presso la parrocchia S. Giuseppe, dedito a quello che chiamava «l’apostolato del telefono e della corrispon-denza», rispondendo a centinaia di lettere e confortando e assicurando benedizioni fino alla fine con un fil di voce.

Tenne costantemente “le mani alzate” per tutti i suoi figli e si preparò con estrema consapevolezza all’incontro con il Signore, adorando nella sofferenza la volontà di Dio, nell’attesa della beata speranza. Celebrò l’ultima Messa nel sessan-tasettesimo anniversario dell’ordinazione presbiterale.

91 a. gaglio, Grazie Padre, 183.92 Cfr. Ibidem, 184.93 Cfr. Cinquantesimo sacerdotale.

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«Lo si vedeva seduto, con il Breviario sul tavolo e altri libri di preghiera, con la corona del rosario tra le mani: continuava così a raccontare e a testimoniare il suo amore per Cristo, per la Madonna, per la Chiesa, fino a quel primo luglio 1988, primo venerdì del mese, festa del Preziosissimo Sangue, quando consumò nell’incontro col Signore l’olocausto della sua vita»94.

Il Vescovo di Novara Mons. Aldo Del Monte, chiamato al capezzale, si ingi-nocchiò accanto a lui, e con tono ispirato gli disse: «Caro Patriarca, ti ringrazio per quanto hai fatto per questa nostra Chiesa; […] Ed ora ti chiedo di benedirci». Egli sollevando la mano, segnò con la croce la fronte del Vescovo e chiese di essere da lui benedetto. Poi il grande cuore cessò di battere, ma non di amare.95

«Sic moritur iustus».96

Ora che viviamo una nuova stagione di rinnovamento e di speranza, le sue ampie vedute, la sua attenzione ai “segni dei tempi”, la sua lungimiranza, la sua disponibilità all’azione dello Spirito, ci fanno sentire questo Padre e Pastore vivo ed attuale nella Chiesa e nel mondo di oggi.

Conclusioni

Può essere interessante concludere menzionando in parte la petizione rivolta all’Arcivescovo di Messina, S.E. Mons. Giovanni Marra, per ottenere l’avvio della Causa di canonizzazione.

Il servo di Dio Mons. Francesco Fasola, nel ministero presbiterale, episcopale e fino al termine della vita terrena, testimoniò

«la fede, la speranza, la carità, fu traboccante d’amore per Dio e per le anime, la-sciando ovunque un’impronta del suo zelo apostolico, nella quotidianità di una santità feriale. La profondità della sua vita interiore; l’amore donato a tutti col cuore di Dio nel bene compiuto da un capo all’altro dell’Italia; l’aver coniugato la Parola di Dio con la parola degli uomini, nell’ascolto e nella ricerca di tutti, specialmente degli ultimi, divenendo per molti segno di speranza e di vita nuova; la spiritualità montfor-tana, ispirazione ed anima della sua azione apostolica; l’Eucaristia celebrata col cuore aperto ai problemi del mondo e delle persone; la povertà e la castità vissute senza cedimenti e senza compromessi; l’illimitata fiducia nella Provvidenza; il notevole numero di vocazioni sacerdotali e religiose germogliate nel solco del Suo ministero; la sofferenza (lacerante fino al pianto accorato e alla prostrazione fisica) per alcune dolorose vicende che contrassegnarono la vita ecclesiale degli anni post-conciliari, offerta e affrontata col coraggio di una fede incrollabile e di una cristiana speranza; la tessitura di inesauribili rapporti tra gente del Nord e del Sud furono caratteristiche costanti del Suo ministero sacerdotale ed episcopale, unitamente alle particolari sfu-mature del Suo immenso amore alla Vergine Madre, all’incondizionata fedeltà alla Chiesa, ad una non comune capacità di umiltà e di perdono, alla vigile attenzione ai

94 Malgioglio, Un pastore nella Chiesa.95 Cfr. Ibidem.96 Stando ai testimoni, così sussurrò Mons. Del Monte.

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segni dei tempi, allo sforzo di attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II per certi aspetti da Lui precorso ed al carisma di una straordinaria Paternità spirituale tenera e forte, [… capace di compenetrazione nelle gioie, nei dolori e nelle situazioni che faceva “sue” all’Altare]. Il “Padre” […] è ancora vivo non solo nella memoria [delle sue Chiese e dei suoi figli], ma in un rapporto di comunione in Dio e di comunicazione orante e nell’impegno di tradurre nella vita i Suoi insegnamenti».97

97 Dalla Petizione sottoscritta da diciottomilaquarantacinque firme, nell’Annunciazione del Signore 2002, in: Archivio dell’Associazione.