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Fisica Matematica M. Pulvirenti A.A. 07-08 1

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Fisica Matematica

M. Pulvirenti

A.A. 07-08

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Introduzione

Queste note sono un ausilio didattico per gli studenti del corso di FisicaMatematica, del corso di lurea in Matematica dell’A.A. 2007-08.

Lo studente dovra essere perfettamente conscio che queste note nonpossono sostituire un libro di testo per varie ragioni. Esse sono incom-plete, imprecise, purtroppo carenti di esercizi ed esempi significativi e nonhanno subito quel lavoro di limatura necessario anche a delle dispense chesiano minimamente presentabili. E’ quindi opportuno integrare la letturadi queste note con dei manuali meglio strutturati anche al fine di abituarsia consultare libri diversi ed operare quel lavoro di sintesi che ogni studentematuro deve essere in grado di fare.

Cio nonostante spero che queste note possano essere utili a quei let-tori dotati di senso critico, non disposti ad accettare affermazioni e di-mostrazioni di un libro di Matematica senza avere prima ben compreso edinteriorizzato la strategia complessiva, capaci, a volte, di prevenire le lineedi sviluppo e comunque disposti a meditare a lungo anche su una singolapagina se il caso lo richiede e che sappiano, infine, trarre profitto da esempied esercizi.

I prerequisiti necessari alla comprensione di queste note, oltre natural-mente al contenuto standard dei corsi di Analisi 1 e 2 e Meccanica Razionalesono qualche elemento di Teoria dell’integrazione di variabile complessa, dispazi di Hilbert, serie e trasformate di Fourier e Laplace. Alcuni testiconsigliati in cui tali argomenti vengono svolti sono:

• A. Kolmogorov, S. Fomine: Elements de la Theorie des Functions etde l’Analyse Functionelle, Ed. Mir (1974)

• W. Rudin: Real and complex analysis, McGrow-Hill (1970)• M. Reed, B. Simon: Methods of modern Mathematical Physics Vol.1,

Academic Press (1970)• Knopp: Theory of functions (per le funzioni olomorfe) Ed. Dover

Per quanto riguarda i libri che contengono gli argomenti svolti nellepresenti note, segnalo

• S. Salsa: Equazioni alle derivate parzialiMetodi, Modelli e Applicazioni(simile in spirito alle presenti note), ma anche

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• A.V. Bitsadze: Equations of Mathematical Physics, Ed. MIR (1980)• Vladimirov: Equazioni differenziali della fisica matematica, Ed. MIRe, a un livello piu avanzato:• Mikhailov: Equazioni differenziali alle derivate parziali, Ed MIR• G. Evans: Partial differential equationsPer quanto riguarda le motivazioni e la formulazione dei principi della

Meccanica Quantistica (senza preoccupazione di rigore) si vedano i volumi:• Landau e Lifshitz: Quantum Mechanics• Messiah: Quantum Mechanics.Questo paragrafo introduttivo ha lo scopo di chiarire le finalita di un

corso di Fisica Matematica orientato allo studio delle equazioni alle derivateparziali di interesse per le applicazioni.

Il primo contatto che lo studente ha avuto con la Fisica Matematica estato quando ha seguito il corso di Meccanica Razionale al secondo anno.Egli ha, in quest’occasione, verificato come la matematica costituisca unmezzo potente e insostituibile per la comprensione quantitativa del mondoreale, vedendo come, per mezzo di un modello matematico, si organizzino idati fenomenici e le leggi empiriche descritte dalla fisica.

Il modello matematico della Meccanica e molto semplice e puo rias-sumersi nel dire che il moto di sistemi di punti materiali e descritto daequazioni differenziali ordinarie del secondo ordine: le leggi di Newton.

Dunque in Fisica abbiamo studiato delle leggi che hanno permesso dimodellizzare e studiare il mondo reale con le tecniche tipiche della Mecca-nica, in maniera precisa e rigorosa.

La distinzione tra la Fisica, che descrive fenomeni e stabilisce leggi e laFisica Matematica che pone modelli matematici e li studia rigorosamente,non e cosı netta come sto affermando, ma certamente le metodologie e gliobiettivi sono diversi e, in una certa misura, complementari.

Un modello matematico del mondo reale e utile quandoa) fornisce previsioni,b) tali previsioni sono in accordo con i dati sperimentali.Vediamo come la Meccanica Classica dei punti matriali, che e il modello

fondamentale della Fisica Matematica, puo fallire nell’ottemperare ai puntisopra esposti.

In molte situazioni che coinvolgono sistemi a un grandissimo numerodi gradi di liberta, e inipotizzabile l’uso pratico delle equazioni di Newton.

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Ad esempio anche se l’atmosfera e la terra sono insiemi di punti materi-ali (molecole), nessuno penserebbe di utilizzare le leggi del moto di questemolecole per determinare il clima che si avra tra una settimana. Per questiproblemi e necessario introdurre altre equazioni che si sappiano studiare.In altre parole occorre cambiare modello e passare ad un altro piu trattabileda un punto di vista pratico. In questo tipo di problemi le incognite fonda-mentali non sono la velocita e la posizione delle singole molecole che cos-tituiscono il sistema in esame, ma piuttosto campi, che sono funzioni dellospazio e del tempo, come la distribuzione di densita, di velocita, di tem-peratura di un fluido. I problemi di evoluzione associati a queste funzionidi piu variabili, non sono equazioni differenziali ordinarie, ma equazionidifferenziali alle derivate parziali. Nel prossimo capitolo introdurremo adesempio l’equazione di evoluzione per una corda o una membrana vibrante.

Questo non e in realta un fallimento della Meccanica Classica bensı unsuccesso. Le equazioni che otterremo sono derivate usando le leggi dellameccanica per mezzo di argomenti diretti, o per mezzo di procedure dilimite come vedremo nel prossimo capitolo.

Un limite piu profondo della Meccanica Classica si e trovato nei primianni del ’900, quando entrano in gioco velocita prossime a quella della luceo nello studio dei fenomeni atomici. In questi due casi occorre modificaredrasticamente il modello della Meccanica Classica ricorrendo alla Teoriadella Relativita e alla Meccanica Quantistica rispettivamente.

In queste note non parleremo di Teoria della Relativita, ma discuteremobrevemente alcune idee di base della Meccanica Quantistica allo scopo diintrodurre l’equazione di Schrodinger che e lo strumento fondamentale dellateoria.

Le equazioni alle derivate parziali di cui ci occuperemo in queste notesono di vario tipo

1) Equazione delle onde:

∂2

∂t2u(x, t) = c2∆u(x, t)

ove c e una costantre positiva, d la dimensione spaziale,

∆u(x) =d∑

j=1

∂2

∂x2u(x)

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e l’operatore di Laplace e t ∈ R e il tempo.2) Equazione del calore

∂tu(x, t) = ν∆u(x, t)

ove ν e una costante positiva.3) Equazione di Laplace

∆u(x) = 0

4) Equazione di Poisson

∆u(x) = ρ(x).

ove ρ : Rd → R e una funzione assegnata.Un’altra equazione che studieremo in qualche detaglio e l’equazione di

Schrodinger che e l’equazione fondamentale della Meccanica Quantistica.Come vedremo il quadro concettuale di riferimento cambia drasticamenteper cui la sua introduzione richiede una discussione un po piu approfondita.

Le equazioni differenziali alle derivate parziali che abbiamo ora in-trodotto sono tutte equazioni del secondo ordine (che vuol dire che l’ordinemassimo di derivazione che compare nell’equazione e 2) e lineari (che vuoldire che la combinazione lineare di due soluzioni e ancora soluzione). Sebbenenon vogliamo studiare in queste note le equazioni del secondo ordine lineariin generale ma soltanto analizzarne qualcuna di particolare interesse perle applicazioni, vogliamo ugualmente introdurre una terminologia larga-mente usata, che permette di orientare il lettore nella vasta letteraturasull’argomento.

La forma generale di un equazione lineare del secondo ordine in D ⊂ Rn

e: ∑i,j

Ai,j∂2u

∂xi∂xj+

∑i

Bi∂u

∂xi+ Cu = f (0.1)

dove Ai,j , Bi e C sono funzioni reali del dominio D ⊂ Rn e f : D → R euna funzione nota. Si noti che in questa fase, non avendo l’equazione (0.1)una particolare interpretazione fisica, le variabili temporali e spaziali sonodenotate nello stesso modo.

All’eqn. (0.1) vanno aggiunte condizioni al contorno, cioe occorre as-segnare il valore di u o di opportune derivate prime sulla frontiera di D.

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Equazioni del tipo (0.1) si classificano sulla base della struttura dellamatrice Ai,j che, senza scapito di generalita, puo assumersi simmetrica.Infatti, se non lo fosse, poiche ∂xi,xj

= ∂xj ,xipotremmo sempre porre

l’operatore differenziale di ordine massimo nel membro di sinistra della(I.1) nella forma:

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∑i,j

(Ai,j + Aj,i)∂2u

∂xi∂xj(0.2)

Siano n+,n− e n0 il numero di autovalori positivi negativi o nulli di Ai,j

in un punto x ∈ D. Se n = n+ o n = n− allora l’equazione si dice ellitticain x. Se n0 > 0 l’equazione si dice parabolica in x. Se n+ = 1 e n− = n−1oppure n− = 1 e n+ = n− 1 l’equazione si dice iperbolica. Se il caratteredell’equazione e mantenuto in tutti i punti del dominio D l’equazione si diraellittica, parabolica o iperbolica senza alcuna altra specificazione. Esempidi equazioni ellittiche sono le equazioni di Laplace e di Poisson. L’equazionedelle onde e iperbolica. L’equazione del calore, o piu in generale le equazionidi diffusione, sono paraboliche.

L’indice delle note e il seguente.I. Equazione delle ondeII. Equazione del CaloreIII. Introduzione alla Teoria del PotenzialeIV. Equazione di SchrodingerV. AppendiciVi sono varie appendici che trattano approfondimenti o argomenti com-

plementari al testo. Alcune di esse costituiscono argomenti facoltativi, nonindispensabili alla preparazione dell’esame: esse hanno lo scopo di consen-tire al lettore interessato di avere un’idea di ulteriori sviluppi.

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I. Equazione delle onde

1. Propagazione ondosa

In questo paragrafo cercheremo di descrivere in maniera matematicamenteprecisa ed elementare alcuni aspetti della propagazione ondosa a partireda qualche semplice fatto sperimentale. Ci riferiamo, per semplicita, adun canale pieno d’acqua che penseremo infinitamente esteso e di dimen-sione trasversale trascurabile. In accordo al linguaggio comune, un’onda euna perturbazione della posizione di equilibrio dell’acqua che, in assenzadi agenti esterni, sara a riposo con un profilo costante. Denotiamo conu = u(x, t) la deviazione del pelo libero dell’acqua dalla sua posizione diequilibrio nel punto x ∈ R del canale al tempo t. Supponiamo che altempo zero l’acqua si trovi in equilibrio e dunque u(x, 0) = 0. Se gettiamoun sasso nel canale ovviamente si genera una perturbazione per cui pert > 0, u(x, t) 6= 0 (vedi fig.1). Osserviamo che spesso una perturbazioneesterna genera un comportamento spazio-temporale del profilo u(x, t) ap-prossimativamente periodico.

Si osserva ad esempio che un sughero galleggiante non abbandona la suaposizione iniziale x, ma oscilla verticalmente in maniera periodica. D’altraparte il profilo, a tempo fissato e anch’esso spazialmente periodico. Perqueste ragioni siamo tentati di ipotizzare che la configurazione u(x, t) siadel tipo

u(x, t) = A sin(kx + ωt) (1.1)

Interpretiamo i parametri che compaiono nella formula (1.1) (vedi fig.2).A > 0 e l’intensita dell’onda o la quota massima raggiunta dal pelo

dell’acqua. Se λ e la lunghezza dell’onda, cioe il periodo spaziale e T ilperiodo di oscillazione temporale, si vede facilmente che

k =2π

λ, ω =

T. (1.2)

Si osservi che con le grandezze k e ω, che hanno le dimensioni dell’inversodi una lunghezza e di un tempo, possiamo costruire una velocita c definitada:

c =ω

k. (1.3)

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Tale velocita puo interpretarsi come la velocita di propagazione dell’onda.Infatti sia f0 una funzione assegnata. La funzione traslata di ct e ovvia-mente

f(x, t) = f0(x− ct) (1.4)

e dunque la u(x, t) data dalla (1.1) non e altro che la traslazione di u(x, 0) =A sin kx.

Si osservi che la funzione u(x, t) soddisfa all’equazione

u(x, t) = c2u′′ (1.5)

dove denotiamo con il punto la derivata parziale rispetto a t e con il primola derivata parziale rispetto a x. La (1.5) segue da un semplice calcolo.

Naturalmente non tutti gli esempi di propagazione ondosa sono de-scrivibili dal semplice andamento sinusoidale: altre soluzioni periodichepiu complesse o anche soluzioni non periodiche sono possibili. Tutte questesoluzioni pero debbono soddisfare all’equazione (1.5), detta equazione delleonde. Essa sara l’oggetto di studio del presente capitolo. Altre nozioni dipropagazione ondosa saranno poi sviluppate quando introdurremo la Mec-canica Quantistica.

2. Derivazione euristica dell’equazione delle

onde

Si consideri una corda o un elastico nel piano x, y la cui sezione sia trascur-abile rispetto alla sua lunghezza che considereremo infinita. Supponiamoche la corda sia descritta da una funzione u = u(x) (fig. 3) e che la sua po-sizione a riposo sia la configurazione u(x) = 0. Con questo intendiamo che,in assenza di sollecitazioni esterne, la corda si sistemer ’a in coincidenzacon l’asse delle x. Si pensi, ad esempio, alla corda di una chitarra.

Il fatto di caratterizzare le configurazioni della corda con una funzionee non con una piu generale curva, esclude a priori situazioni del tipo infigura 4.

Questa assunzione non e restrittiva nell’ambito dei moti che intendiamotrattare. Tali moti sono, in un senso che preciseremo tra poco, puramentetrasversali e danno luogo a configurazioni ammissibili descritte da funzioniu = u(x).

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La corda dovra essere pensata da un continuo di punti materiali lacui distribuzione di massa e caratterizzata da una funzione densita ρ =ρ(x). Questo significa che il pezzetto di corda compreso tra il punto x eil punto x + dx puo essere considerato come un punto materiale di massaρdx. Affinche cio sia vero occorre che non ci sia trasporto di massa insenso longidutinale (nel senso delle ascisse), ma solo in senso verticale (otrasversalmente nel senso delle ordinate, vedi fig.5).

Il moto avverra in maniera puramente trasversale se le forze che agisconosul generico pezzetto di corda sono verticali. Tali forze sono di due tipi.Quelle esterne, tipo gravita, e quelle dovute al resto della corda. Mentre leprime sono per definizione note, le seconde sono incognite per cui dovremofare delle ulteriori ipotesi per derivare un’equazione utilizzabile.

Cominciamo con lo scrivere l’equazione di Newton per il tratto di cordacompreso tra x e x + dx. Essa e:

ρ(x)dx∂2u

∂t2(x) = f(x, t)dx− (2.1)

|T (x, t)| sin θ(x, t)− |T (x + dx, t)| sin θ(x + dx, t),

dove f(x, t) e la densita di forza (verticale) esercitata da azioni esterne ed esupposta nota. T (x, t) e la forza esercitata dal resto della corda nel puntox al tempo t. Essa, come vettore, e tangente alla corda (fig.6).

Poiche le forze orizzontali debbono bilanciarsi, risulta:

|T (x, t)| cos θ(x, t) = |T (x + dx, t)| cos θ(x + dx, t), (2.2)

da cui

∂x(|T (x, t)| cos θ(x, t)) = 0 (2.3)

Dunque |T (x, t)| cos θ(x, t) e costante in x, per ogni t. In ipotesi dipiccoli spostamenti dalla posizione di equilibrio u = 0, cos θ ≈ 1, dunquepossiamo assumere |T (x, t)| costante in x per ogni t. Tale costante denotatacon T0 e una caratteristica della corda, che puo essere assunta, per ovvieragioni fisiche, anche costante nel tempo.

Infine, sempre a causa dei piccoli spostamenti,

sin θ(x, t) ≈ tan θ(x, t) = ∂xu(x, t). (2.4)

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Dalla (2.1) otteniamo dunque:

ρ0u(x, t)dx = f(x, t)dx + T0(u′(x + dx, t)− u′(x, t)) (2.5)

dove abbiamo supposto ρ(x) costante (la corda e omogenea) e pari al valoreρ0 ed abbiamo usato le comode notazioni ∂tu = u, ∂xu = u′.

Dalla (2.5) si ottiene finalmente:

ρ0u(x, t) = f(x, t) + T0u′′(x, t). (2.6)

In assenza di forze esterne:

u(x, t) =T0

ρ0u′′(x, t). (2.7)

Si noti che la costante T0ρ0

ha le dimensioni di una velocita.Le considerazioni sin qui svolte si applicano anche al caso della mem-

brana vibrante, ad esempio un tamburo, oppure ad un solido vibrante, adesempio il materasso di un letto. In questo caso l’equazione risultante e:

ρ0u(x, t) = T0∆u(x, t). (2.8)

L’operatore ∆, che giocheraa un ruolo importante in queste note, si chiamaLaplaciano (o operatore di Laplace) ed e definito come:

∆u =d∑

i=1

∂xiu, (2.9)

ove n = 1, 2, 3 e la dimensione dello spazio fisico.L’equazione (2.8) si chiama equazione delle onde perche, come vedremo,

ammette soluzioni di tipo ondoso.La versione inomogenea si scrive:

u(x, t) = c2∆u(x, t) + F (x, t). (2.10)

dove c e una costante con le dimensioni di una velocita e F e una forza perunita di massa.

L’equazione delle onde interviene nella descrizione di altri fenomenifisici.

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Consideriamo le equazioni di Maxwell nel vuoto:

divE = ρ; divH = 0 (2.11)

rotE = −1c∂tH; rotH =

1c(J + ∂tE) (2.12)

dove ρ e J sono le densita di carica e corrente rispettivamente, mentre c ela velocita della luce nel vuoto.

Supponiamo ora che ρ = 0, J = 0. Usando la relazione

rot rotV = −∆V +∇divV (2.13)

valida per un generico campo vettoriale V (di facile verifica), si perviene,in assenza di densita e correnti, all’equazione

u(x, t) = c2∆u(x, t) (2.14)

per una qualunque componente u del campo elettrico e magnetico. Dunqueil campo elettromagnetico si propaga in accordo all’equazione delle onde.

Abbiamo dunque visto come le configurazioni della corda (membrana,solido) vibrante, oppure le componenti del campo ellettromagnetico, sievolvono in accordo all’equazione dlle onde. Vi sono pero molti altrifenomeni di interesse, con cui abbiamo frequentemente a che fare nellavita quotidiana, che sono descrivibili in termini di equazione delle onde.Ad esmpio le onde sonore che sono onde di compressione e rarefazione diun gas. Esse sono responsabili della propagazione dei segnali sonori, inparticolare della musica. Ad esempio la corda di una chitarra vibra ad unadata frequenza (nota). L’aria circostante viene perturbata e produce ondedi densita che ereditano la frequenza di vibrazione della corda. Le ondesonore, a loro volta, producono una vibrazione del timpano dell’orecchio,che e una membrana vibrante.

La derivazione dell’equazione delle onde per la densita di un gas, prevedeun’analisi preliminare, di interesse intrinseco, sull’evoluzione dei fluidi ide-ali, che sara svolta nelle Appendici F e G.

Concludiamo questo paragrafo con l’analisi delle condizioni al contorno.Ritorniamo al caso della corda vibrante, la cui equazione riscriviamo percomodita:

u(x, t) = c2u′′(x, t). (2.15)

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Per risolvere l’equazione (2.15), cioe determinare u al tempo t > 0,dobbiamo certamente conoscere lo stato fisico del sistema a un tempoprecedente. Al solito fissiamo l’istante zero come l’istante di riferimento.L’equazione e del secondo ordine e dunque dobbiamo fissare il profilo dellacorda e il campo di velocita (in analogia con la meccanica):

u(x, 0) = u0(x); u(x, 0) = v0(x). (2.16)

ove u0ev0(x) sono due funzioni assegnate.Se la corda e localizzata nel segmento [0, L] dobbiamo poi specificare

le condizioni al contorno, dobbiamo cioe dire cosa fa la corda agli es-tremi dell’intervallo. Possiamo ad esempio fissare un comportamento delleelongazioni:

u(0, t) = a(t); u(L, t) = b(t), (2.17)

dove a e b sono due funzioni del tempo assegnate. Si pensi ad esempioad una corda fissata ad un estremo (a = 0), e arbitrariamente mossa (permezzo della legge b) all’altro.

Possiamo altresı fissare agli estremi le tensioni (che sono proporzion-ali alla derivata spaziale) lasciando incognite le elongazioni. Cio significaimporre

u′(0, t) = a(t); u′(L, t) = b(t). (2.18)

Le condizioni (2.17) e (2.18) vengono dette di Dirichlet e Neumannrispettivamente. Saranno le uniche condizioni al contorno che consider-eremo.

3. Derivazione microscopica dell’equazione della

corda vibrante

In questo paragrafo considereremo una derivazione dell’equazione dellacorda vibrante concettualmente diversa da quella discussa nel precedentecapitolo. Lo scopo e quello di ricondurre il modello matematico della cordavibrante, descritto dall’equazione (2.7) del precedente paragrafo, a quellopiu familiare di un sistema meccanico a un numero finito di gradi di liberta.

Si consideri dunque una corda vibrante i cui estremi siano fissati agliestremi dell’ intervallo [0, L]. Uno stato fisico del sistema e descritto dal

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profilo della corda, cioe una funzione reale u : [0, L] → R e dalla velocita v

di ogni sua molecola che e un punto del grafico del profilo. Si assumera chela corda possa vibrare solo trasversalmente per cui v ha la sola componenteverticale non nulla.

Supporremo la corda formata da molte particelle di taglia molto pic-cola per cui una buona approssimazione finito dimensionale del sistema siotterra considerando un sistema meccanico formato da un numero moltogrande, ma finito, di particelle del tipo in figura 7. Una descrizione precisadi questa approssimazione e la seguente. Dividiamo l’intervallo [0, L] in N

segmenti denotati con (k LN , (k+1) L

N ) con k = 0 . . . N−1. Su ogni sito k LN e

posto un oscillatore che puo vibrare nella direzione ortogonale al segmento[0, L]. La sua elongazione e denotata con uk. Tutti gli oscillatori sonoidentici. Tra un oscillatore localizzato in k L

N e i suoi primi vicini, quellilocalizzati in (k − 1) L

N e (k + 1) LN , si ipotizza un’interazione elastica pro-

porzionale alle differenze delle elongazioni. La forza agente sull’oscillatorek–mo e supposta agire verticalmente e la sua intensita e:

K[(uk−1 − uk) + (uk+1 − uk)]

con K una costante positiva.Se si assume che tutti gli ascillatori hanno massa identica, m > 0, le

equazioni del moto per il sistema (a N − 1 gradi di liberta) sono:

muk = K[(uk−1 − uk) + (uk+1 − uk)], k = 1 . . . N − 1, (3.1)

dove si sta assumendo che gli oscillatori estremi, posti in 0 e in L (che cor-rispondono agli indici 0 e N), sono nella posizione di riposo, di elongazionenulla. Cio corrisponde, a livello di sistema continuo, ad assumere le con-dizioni di Dirichlet nulle: u(0, t) = u(L, t) = 0.

Come conseguenza l’energia del sistema e data dall’espressione

HN =12m

N−1∑k=1

u2k +

12K

N−1∑k=0

(uk+1 − uk)2. (3.2)

E evidente che per descrivere la corda continua, siamo interessati allimite N →∞ che analizzeremo da un punto di vista euristico.

Cominciamo con l’osservare che la massa totale della corda e assuntafinita. Questo significa che le masse degli oscillatori debbono essere risca-

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late. Introducendo un nuovo parametro ε = LN (la lunghezza di ogni inter-

vallino), si pone m = µε. Da questo segue che µ ha le dimensioni di unadensita lineare. Tale parametro, in accordo con il fatto che abbiamo sceltouguale la massa degli oscillatori, e la densita di massa della corda assuntacostante.

Poiche siamo interessati a configurazioni continue della corda, deve ac-cadere che uk → uk+1. Perche cio avvenga, la forza tra un oscillatore e isuoi primi vicini deve essere molto forte. Dunque riscaliamo K nel modoseguente: K = σε−1. L’espressione (3.2) diventa:

HN =12µ

N−1∑k=1

εu2k +

12σ

N−1∑k=1

ε(uk+1 − uk

ε)2 (3.3)

Assumendo infine che esista una funzione regolare u = u(x, t) per cuiuk(t) = u(k L

N , t), ricordando la definizione di integrale di Riemann, ci siconvince che l’espressione (3.2) converge, nel limite N →∞, alla quantita:

H(u, u) =12µ

∫ L

0

dxu(x, t)2 +12σ

∫ L

0

dxu′(x, t)2, (3.4)

dove abbiamo posto u = ∂tu e u′ = ∂xu.Si passi ora ad analizzare le equazioni del moto (3.1). Inserendo le

grandezze riscalate, otteniamo:

µuk = σ(uk−1 + uk+1 − 2uk

ε2) = σ(D+

ε D−ε u)k (3.5)

dove abbiamo posto (D+ε u)k = ε−1(uk+1−uk) e (D−

ε u)k = −ε−1(uk−1−uk)i rapporti incrementali destro e sinistro rispettivamente. Riconoscendo illaplaciano discreto nel membro di destra dell’equazione (3.5), otteniamocome limite formale:

µu = σu′′. (3.6)

All’equazione (3.6) occorre aggiungere le condizioni al contorno:

u(0, t) = u(L, t) = 0 (3.7)

e le condizioni iniziali:

u(x, 0) = u0(x), u(x, 0) = v0(x) (3.8)

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dove u0 e v0 sono funzioni note che descrivono lo stato iniziale del nostrosistema fisico. Risolvendo la (3.6) possiamo dunque sapere lo stato delsistema u(x, t) e u(x, t) a tempi successivi, sempre che la nostra modelliz-zazione sia accurata per il problema concreto in esame.

Si verifichi come esercizio che ddtH(u, u) = 0 se u = u(x, t) si evolve

in accordo all’eq. (3.6) con le condizioni al contorno u(0, t) = u(L, t) =u(0, t) = u(L, t) = 0. Il funzionale H e dunque un integrale primo per lanostra equazione ed e esattamente l’energia. Essa si conserva poiche nonabbiamo ipotizzato alcun meccanismo di dissipazione nel sistema.

Si osservi l’ equazione (3.6) e stata ottenuta nell’ipotesi in cui non c’etrasferimento di materia per la corda (cosı come per i sistemi approssi-manti), nella direzione parallela al segmento [0, L]: ogni particella checompone la corda, puo vibrare solo nella direzione trasversa.

Da un punto di vista fisico la nostra derivazione euristica e opinabile.Abbiamo infatti ipotizzato che le interazioni tra le particelle microscopicheche compongono la corda sono di tipo lineare e comunque puramente trasverse.Nella pratica tali ipotesi sono verificate soltanto per piccoli spostamentidella corda dalla sua posizione di riposo u = 0.

Inoltre, da un punto di vista matematico, la nostra derivazione e carentedi rigore. Non si e mostrato che le soluzioni delle equazioni del sistemadi oscillatori convergono alle soluzioni dell’equazione alle derivate parziali(3.6) (come ci si aspetta ) allorquando i dati iniziali del sistema di oscillatoriconvergono ai dati iniziali per il Problema di Cauchy per la corda vibrante.In effetti e possibile dimostrare questa affermazione che discuteremo inseguito. Per il momentoi ci accontentiamo di osservare che la presentederivazione dell’equazione della corda vibrante e rigorizzabile nel senso cheil modello matematico della corda vibrante e ottenibile, per mezzo di unaprocedura di limite continuo, da un altro modello matematico gia acquisito,che e quello della meccanica dei sistemi di punti matriali soggetti a forzeconservative.

Determiniamo ora alcune soluzioni particolari della (3.6) con un metodoche viene detto di separazione delle variabili (di piu ampia applicabilita) eche consiste nella strategia seguente. La funzione cercata u(x, t) dipende

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dalle due variabili x e t. Cerchiamo una soluzione di tipo prodotto:

u(x, t) = U(x)V (t). (3.9)

Applicando la (3.6) si ottiene:

µ

σ

V

V=

U ′′

U(3.10)

Dall’identita (3.10) segue che che le quantita VV e U ′′

U sono costanti (in-fatti il membro di sinistra della (3.10) dipende solo da t mentre il membrodi destra dipende solo da x). Ponendo U ′′/U = −λ (il segno meno e statoposto per convenienza notazionale), otteniamo le equazioni differenziali or-dinarie:

V = −λσ

µV, (3.11)

U ′′ = −λU. (3.12)

Per λ > 0 l’equazione (3.12) e quella di un oscillatore armonico ed hadunque soluzioni oscillanti. Oppure, per λ < 0 ha soluzioni esponenziali.Le condizioni al contorno ci impongono la condizione U(0) = U(L) = 0 ecio ci forza a porre λ > 0. La soluzione generale della (3.12) e dunque

U(x) = C1 sin√

λx + C2 cos√

λx,

da cui, usando le condizioni al contorno, determiniamo√

λ = k πL e

U(x) = C1 sin kπ

Lx

con k = 1, 2, . . . .Dalla (3.11) otteniamo anche che:

V (t) = A cos kπν

Lt + B sin k

πν

Lt

dove abbiamo posto ν =√

σµ .

In conclusione:

u(x, t) = sin kπ

Lx(A cos k

πν

Lt + B sin k

πν

Lt) (3.13)

e una soluzione dell’equazione (3.6) con condizione al contorno u(0, t) =u(L, t) = 0.

16

Questa semplice analisi suggerisce come si costruira una generica soluzionedel problema ai valori iniziali associato all’equazione (3.6), cosa che sarafatta nel prossimo paragrafo per mezzo della serie di Fourier.

Abbiamo accennato al fatto che non c’e trasporto di materia nell’equazionedelle onde che abbiamo introdotto. Per questa ragione le onde soluzioni chesi ottengono per questa equazione vengono dette onde trasversali. E’ pos-sibile tuttavia ipotizzare un diverso modello di oscillatori, che da luogo allastessa equazione, che pero descrive onde longitudinali.

Si consideri la catena di oscillatori in figura 8.Si osservi che la posizione di equilibrio del k–mo oscillatore e sempre

k LN . Tale oscillatore si puo spostare a destra e a sinistra e la differenza

dalla sua posizione di equilibrio e denotata con uk. La forza che su di essoagisce e data ancora dall’espressione K[(uk−1 − uk) + (uk+1 − uk)], maquesta volta la sua direzione e orizzontale.

Lo stesso tipo di limite descritto sopra porta ancora all’equazione (3.6),ma in questo caso essa descrive l’evoluzione di un elastico rigorosamenteorizzontale in cui u(x) e lo spostamneto della particella di elastico che,nella posizione di riposo, si trova in x. Le soluzioni ondose che otteniamosono dette onde longitudinali per ovvie ragioni. A differenza delle ondetrasversali, in questo caso si ha variazione di densita di massa. Si noti chetali soluzioni possono descrivere fenomeni di trasmisione del suono nei gasin cui il fenomeno principale e la propagazione di gradienti di densita.

4. Soluzione dell’equazione della corda vibrante

In questo paragrafo ci poniamo l’obiettivo di risolvere il problema ai valoriiniziali e al contorno relativi all’equazione (3.6). In altre parole, asseg-nate due funzioni u0 e v0, continue e nulle al bordo, vogliamo trovare unafunzione u = u(x, t), che soddisfa ai seguenti requisiti:

µu = σu′′ (4.1)

u(0, t) = u(L, t) (4.2)

u(x, 0) = u0(x), u(x, 0) = v0(x). (4.3)

.

17

Dall’analisi svolta nel precedente paragrafo e dalla linearita dell’equazionerisulta che l’equazione (4.1) ammette la soluzione formale:

u(x, t) =∞∑

k=1

sin kπ

Lx(Ak cos k

πν

Lt + Bk sin k

πν

Lt). (4.4)

I coefficienti Ak e Bk sono al momento arbitrari e possono essere de-terminati al fine di soddisfare le condizioni iniziali (4.3). Le condizionial contorno (4.2) sono automaticamente verificate dalla scelta del tipo disoluzioni cercate.

Deve essere:

u0(x) =∞∑

k=1

Ak sin kπ

Lx (4.5)

e

v0(x) = u(x, 0) =∞∑

k=1

Bkkπν

Lsin k

π

Lx (4.6)

Dalle (4.5) e (4.6) si riconosce lo sviluppo di Fourier delle funzioni u0

e v0 nell’intervallo [−L,L]. Infatti in tale intervallo una funzione f =f(x) dispari (tale cioe che f(x) = f(−x)) ammette lo sviluppo in senif(x) =

∑k sin 2π

2Lkx. Dalla teoria della serie di Fourier otteniamo pertanto icoefficienti dello sviluppo in termini dei dati iniziali per mezzo delle formule:

Ak =2L

∫ L

0

u0(x) sin kπ

Lxdx (4.7)

Bk =2L

kπν

∫ L

0

v0(x) sin kπ

Lxdx. (4.8)

Si rimanda il lettore all’Appendice A per richiami sulla serie di Fourier.Siamo ora in grado di dimostrare il seguente teorema:

Teorema 2.1Siano (u0, v0) ∈ C∞

0 ([0, L])×C∞0 ([0, L]). Allora la serie (4.4) e assolu-

tamente convergente in x per ogni t ≥ 0. La funzione u = u(x, t) e l’unicasoluzione del problema ai valori iniziali e al contorno (4.,1,2,3).

L’energia del sistema

E =12µ

∫ L

0

dxu(x, t)2 +12σ

∫ L

0

dxu′(x, t)2 (4.9)

18

si conserva durante il moto.

Dim. Se u0 e v0 sono infinitamente differenziabili, i coefficienti diFourier decadono, in k piu rapidamente di un qualunque polinomio:

|Ak|+ |Bk| ≤C(p)|k|p

,

con p arbitrario. Quindi la serie che definisce u, cosı come la serie dellederivate prime e seconde in x e t, e convergente assolutamente e uniforme-mente per x ∈ [0, L] e t ∈ [0, T ], ove T > 0 e prefissato. Ne segue che u

e derivabile per serie almeno due volte rispetto a x e t e pertanto soddisfaall’equazione delle onde. La conservazione dell’energia segue da verificadiretta. Per quanto riguarda l’unicita, si considerino due soluzioni dellostesso problema. La differenza (denotata con h(x, t)) e ancora soluzionecon dato iniziale nullo. Per la conservazione dell’energia h ha energia nullaper tutti i tempi e dunque:∫ L

0

dxh(x, t)2 =∫ L

0

dxh′(x, t)2 = 0. (4.10)

Ne segue che h e identicamente nulla.

Osservazione. Nella dimostrazione di Teorema 2.1 abbiamo fattodelle ipotesi molto restrittive. Per richiedere che i coefficienti di Fourierdi u0 e v0 decadano piu rapidamente di ogni potenza, abbiamo ipotiz-zato che esse fossero funzioni C∞ come funzioni periodiche in tutto l’assereale. Questo non e naturalmente garantito dalla semplice richiesta che u0 ,v0 ∈ C∞((0, L)), perche le loro estensioni dispari potrebbero avere qualchediscontinuita di salto di qualche derivata sul bordo. Per evitare questoabbiamo ipotizzato che u0 e v0 fossero nulle assieme a tutte le derivate sulbordo. Questa e un’ipotesi troppo forte per trattare tutti i casi fisicamenteinteressanti. Per evitare questioni di regolarita e di convergenza della se-rie di Fourier (4.4) possimo limitarci a ”definire” soluzione dell’equazionedelle onde, qualunque soluzione espressa per mezzo della serie (4.4) ove taleserie risulti convergente. In ogni caso vedremo, con la costruzione dellasoluzione di D’Alambert, come sia possibile la costruzione di una soluzione(col metodo delle riflessioni) del problema (4.1), (4.2),(4.3) piu generale edel tutto soddisfacente.

19

La corda vibrante e un esempio, il piu semplice non banale, di sistemameccanico a infiniti gradi di liberta. In qualche senso e l’equivalente infinitodimensionale dell’oscillatore armonico. Tale analogia e molto stretta comesi vede dalla seguente osservazione. Se scriviamo la soluzione del problemadella corda vibrante nalla forma:

u(x, t) =∞∑

k=1

Vk(t) sin kπ

Lx (4.11)

cioe considerando lo sviluppo di Fourier di u(x, t) con coefficienti dipendentidal tempo, ne segue che tali coefficienti soddisfano all’equazione:

Vk = −ω2kVk (4.12)

con ωk =√

σµ

kπL , cioe l’equazione di un oscillatore armonico con frequenza

k2L

√σµ . Pertanto la dinamica di una corda vibrante puo essere pensata

come la dinamica di infiniti oscillatori disaccoppiati con energia:

Ek =12(V 2

k + ω2kV 2

k ) (4.13)

Esercizio 1. Verificare che l’energia totale (4.9) assume la forma

E =∑

k

Ek

con Ek dato dalla (4.13).

Esercizio 2. Il limite formale della Lagrangiana associata all’energia(3.2) e ovviamente:

L(u, u) =12µ

∫ L

0

dxu(x, t)2 − 12σ

∫ L

0

dxu′(x, t)2.

Si ottenga l’equazione (4.1) come equazione di Eulero Lagrange associataal principio di Azione Stazionaria relativo a tale Lagrangiana.

Suggerimento. Si introduca lo spazio dei moti definito come la famigliadi funzioni in C2([0, L]× [0, T ]) con profili iniziali e finali fissati: u(x, 0) =

20

u0(x);u(x, T ) = u1(x) con u0 e u1 funzioni assegnate. Sullo spazio dei motisi definsce l’azione:

A(u) =∫ T

0

dtL(u(t), u(t))

Si impone la stazionarieta di A.

Esercizio 3. Dimostrare che esistono dati iniziali per la corda vibranteche danno luogo a soluzioni periodiche.

Esercizio 4. Assumere che sul sistema di oscillatori di energia (3.2)agisce anche la forza peso e una forza di richiamo sulla posizione di riposodi ogni singolo oscillatore pari a −ελuk. Mostrare che l’equazione dellacorda vibrante associata e:

µu = σu′′ − λu− βu− g

Esercizio 5. Risolvere per separazione delle variabili

µu = σu′′ − βu

Esercizio 6. Risolvere l’equazione

µu = σu′′

in [0, L] con condizioni nulle al bordo e dato iniziale

u0(x) = 0, v0(x) = sinnπx

L

Esercizio 7. Risolvere l’equazione

µu = σu′′

in [0, L] per separazione delle variabili con condizioni al bordo

u′(0, t) = u′(L, t) = 0.

L’analisi fin qui svolta sulla corda vibrante in un segmento preassegnatopuo parzialmente estendersi alla membrana o al solido vibrante che sono le

21

versioni bidimensionali e tridimensinali della corda vibrante. Le equazionirelative possono essere ottenute a partire da sistemi di oscillatori che vi-brano attorno a siti di reticoli di dimensione arbitraria, seguendo l’analisisviluppata per il caso unidimensionale. Il problema ai valori iniziali e alcontorno (con condizioni nulle al bordo) si scrive:

µ∂ttu(x, t) = σ∆u(x, t), x ∈ D, t ∈ [0, T ] (4.14)

u(x, t) = 0, x ∈ ∂D (4.15)

u(x, 0) = u0(x); u(x, 0) = v0(x) (4.16)

dove D ⊂ Rn, n = 2, 3 e un dominio regolare dello spazio fisico e u0 e v0

sono dei dati iniziali assegnati.Se sul sistema agisce una forza di richiamo di costante λ > 0 , una forza

esterna (per unita di massa) assegnata f e una viscosita β l’equazionerisultante e:

µ∂ttu(x, t) = σ∆u(x, t)− λu(x, t)− βu + f(x) (4.17)

L’equazione (4.17) ( o anche la piu semplice (4.14)), non e piu risolubileper serie di Fourier nel caso di un generico dominio D.

Torneremo su questo punto in seguito.

Esercizio 8 Si risolva il problema (4.14) per n = 2 (membrana vi-brante) nel caso in cui D = [0, L1] × [0, L2], usando la serie di Fourier indimensione 2.

Quanto discusso in questo paragrafo permette al lettore di risolvere iproblemi di evoluzione di una corda vibrante in un intervallo per mezzodella serie di Fourier ed apprezzare, nel contempo, la potenza di questometodo. Le condizioni al contorno date dal problema ci dicono qualesviluppo ipotizzare sulla soluzione. La determinazione dei coefficienti seguedall’inserire tale sviluppo nell’equazione e risolvere il problema differenzialeordinario (naturalmente lineare) che viene fuori.

Esercizio 9 Risolvere il problema ai valori iniziali relativo all’equazione

µu = σu′′

in [0, L] per un dato iniziale generico e condizioni al bordo

u′(0, t) = u′(L, t) = 0,

22

u(0, t) = u′(L, t) = 0.

Concludiamo questo paragrafo con un problema che abbiamo lasciatoin sospeso e cioe dimostrare rigorosamente che la soluzione dell’equazionedella corda vibrante e effettivamente approssimata dalla dinamicaa deglioscillatori armonici nel limite N →∞.

Quest’ultimo argomento si colloca a un livello di difficolta lievementesuperiore rispetto al resto del paragrafo e puo essere omesso in prima let-tura.

Il punto di partenza e l’equazione (3.5) in cui poniamo per semplicitaσ = 1.

Dato un profilo di oscillatori ukNk=1, definiamo una funzione uε nel

modo seguenteuε(x) = uk, x ∈ [kε, (k + 1)ε).

In altre parole uε e una funzione a scala, costante sugli intervalli [kε, (k +1)ε) e che assume il valore dell’osciullatore posto nell’estremo di sinistra.Estendiamo poi la funzione in tutto l’asse reale facendogli assumere il valorenullo al di fuori di [0, L].

Sulla base della (3.5) si ha:

µuε(x, t) = (D+ε D−

ε uε)(x, t) (4.18)

oveD±

ε =f(x± ε)− f(x)

ε

sono i rapporti incrementali destro e sinistro.Si noti inoltre che vale la seguente identita (integrazione per parti disc-

reta): ∫f(x)D+

ε g(x) = −∫

D−ε f(x)g(x).

Gli integrali, adesso e nel seguito, si intendono in tutto l’asse reale in as-senza di ulteriori specificazioni.

Al tempo zero sia u0 e v0 = u(t = 0) lo stato iniziale della cordavibrante. Lo stato del sistema di oscillatori, descritto ora dalla funzioneuε, sara simile al profilo continuo della corda. Si assumera percio, x ∈[kε, (k + 1)ε):

u0ε(x) := uε(x, 0) = u0(εk) u0

ε(x) := uε(x, 0) = v0(εk).

23

Dunque per ε piccolo, i profili iniziali degli oscillatori e della corda,cosı come le velocita associate, sono molto prossimi. Il problema e dunquedimostrare che tale prossimita si conserva durante il moto.

Vogliamo essere piu precisi. Per u0 e v0 funzioni continue a supportocompatto, vale:

limε→0

∫|u0(x)− u0

ε(x)|2 = 0, limε→0

∫|v0(x)− v0

ε(x)|2 = 0. (4.19)

Tale proprieta dovrebbe essere nota allo studente, comunque la convergenzaL2 espressa dalla formula (4.19) e di immediata verifica. Il problema checi poniamo e dimostrare la stessa convergenza, assicurata per ipotesi altempo zero, anche al tempo t > 0.

A tal fine introduciamo la seguente quantita:

Wε(t) =12

∫|uε(x, t)− u(x, t)|2dx +

12

∫|D+

ε (uε(x, t)− u(x, t))|2dx,

(4.20)ove u(x, t) e la soluzione dell’equazione delle onde con dato iniziale u0 e v0

chge supporremo sufficientemente regolari affinche tale soluzione esista.Allora risulta:

Wε(t) =∫

(uε − u)(uε − u)dx +∫

D+ε (uε − u)D+

ε (uε − u)dx, (4.21)

da cui, usando le equazioni del moto e l’integrazione per parti discreta,

Wε(t) =∫

(uε − u)(D−ε D+

ε −∆)udx ≤

(∫

(uε − u)2dx)12 (

∫|(D−

ε D+ε −∆)u|2dx)

12 .

Si osservi ora che il secondo fattore del membro di destra e O(ε) (percheu e una funzione C2). Il primo fattore e controllabile in virtu della conser-vazione dell’energia che vale sia per la corda che per il sistema di oscillatori.In conclusione

Wε(t) ≤ CO(ε)

e dunque, integrando nel tempo:

Wε(t) = Wε(0) + CtO(ε). (4.22)

Abbiamo visto che Wε(0) → 0 e dunque anche Wε(t) → 0.

24

5. Soluzione di D’Alambert

In questo paragrafo ci occuperemo della soluzione del problema di Cauchyrelativo all’equazione delle onde in R1 . Come vedremo e possibile trovaredelle formule esplicite per le soluzioni cosı come nel caso a due o tre dimen-sioni che sara discusso in seguito.

Nel caso unidimensionale l’equazione delle onde e:

u(x, t) = c2u′′(x, t), (5.1)

dove c > 0 e una costante che ha le dimensioni di una velocita.Riscrivendo l’equazione (5.1) nelle due forme equivalenti

(∂t + c∂x)(∂t − c∂x)u = 0, (5.2)

(∂t − c∂x)(∂t + c∂x)u = 0, (5.3)

siamo condotti a studiare l’equazione del primo ordine:

(∂t ± c∂x)v = 0. (5.4)

Essa ammette come soluzione:

v(x, t) = F (x∓ ct) (5.5)

per una qualunque F ∈ C1(R). Ne segue dunque che

u(x, t) = F (x− ct) + G(x + ct) (5.6)

e certamente una soluzione dell’equazione (5.1) per due generiche funzioniF e G due volte differenziabili.

Se si considera la particolare soluzione F (x−ct) (onda viaggiante dell’equazione(5.1)) si comprende che c e la velocita di propagazione di un disturborispetto alla soluzione banale u = 0 (fig. 9).

Vogliamo ora risolvere il problema di Cauchy relativo all’equazione(5.1) che significa risolvere la (5.1) fissando i dati iniziali u(x, 0) = u0(x),u(x, 0) = v0(x). Allora una soluzione che ammette come dato inizialeu(x, 0) = u0(x) e

u(x, t) =12[u0(x + ct) + u0(x− ct)] (5.7)

25

La soluzione (5.7) (vedi fig.10) non risolve pero il problema di Cauchyse no per il particolare valore iniziale u(x, 0) = v0(x) = 0.

Cerchiamo allora una soluzione della (5.1) con dato iniziale nullo, cioeu0 = 0, ma con velocita iniziale non nulla ∂tu(x, 0) ≡ v0(x). Se poniamo:

u(x, t) = G(x + ct)−G(x− ct). (5.8)

Allora ∂tu(x, t) = c[G′(x+ ct)+G′(x− ct)] → 2cG′(x) per t → 0+. QuindiG deve essere scelta in modo che:

2cG′(x) = v0(x) (5.9)

e dunque:

G(x) =12c

∫ x

a

v0(ξ)dξ (5.10)

dove a ∈ R e arbitrario. In conclusione:

u(x, t) =12c

∫ x+ct

x−ct

v0(ξ)dξ (5.11)

risolve il problema (5.1) con dati iniziali u(x, 0) = u0(x) e u(x, 0) = v0(x).Abbiamo dunque mostrato il seguente:

Teorema 5.1Si consideri il problema di Cauchy:

u(x, t) = c2u′′(x, t) (5.12)

con condizioni iniziali

u(x, 0) = u0, ∂tu(x, 0) = v0(x) (5.13)

con u0 ∈ C2(R) e v0 ∈ C1(R) e tali che l’energia:

E =∫

dx(|u′0(x)|2 + |v0(x)|2) (5.14)

sia finita. Allora esiste un’unica soluzione del problema (5.12) (5.13) datadalla formula:

u(x, t) =12(u0(x + ct) + u0(x− ct)) +

12c

∫ x+ct

x−ct

v0(ξ)dξ. (5.15)

26

L’esistenza della soluzione segue dalle considerazioni fin qui svolte. L’unicitadi tale soluzione e conseguenza della conservazione dell’energia come nelcaso della corda vibrante discusso in precedenza.

La (5.15) viene detta formula di D’Alambert.E’ interessante osservare che la soluzione u(x, t) dipende solo dal valore

dei dati iniziali nell’intervallo [x− ct, x+ ct]. La regione dello spazio-tempoda cui la soluzione dipende, prende il nome di cono di influenza.

Si noti che la formula (5.15) ha senso anche se i dati iniziali non sod-disfano a tutte le proprieta di regolarita richieste. Senza addentrarci inconcetti di soluzione piu deboli di quelli presentati qui, converremo di con-siderare come soluzione dell’equazione delle onde ogni funzione u(x, t) dellaforma (5.15) con v0 localmente integrabile. Ad esempio si vuole deter-minare la soluzione per un dato a scalino:

u0(x) = 1, per x > 0; u0(x) = 0, per x ≤ 0; v0 = 0

si ottiene (vedi fig.11):

u(x, t) = 0, per x < −ct;

u(x, t) =12, per − ct ≤ x < ct;

u(x, t) = 1, per x ≥ ct.

Si calcoli, per esercizio, il profilo delle velocita.Si calcoli anche il profilo di velocita associato al dato iniziale

v0(x) = 1,per x > 0; v0(x) = 0,per x ≤ 0; u0 = 0

Concludiamo questo paragrafo sulla propagazione ondosa unidimension-ale considerando il problema della corda semiinfinita:

u(x, t) = c2u′′(x, t); x ≥ 0 (5.16)

con condizioni iniziali

u(x, 0) = u0, ∂tu(x, 0) = v0(x) (5.17)

e condizioni al contornou(0, t) = 0. (5.18)

27

E’ naturale per questo problema ricorrere alle solite considerazioni disimmetria. Consideriamo la soluzione di D’Alambert

u(x, t) =12(u0(x + ct) + u0(x− ct)) +

12c

∫ x+ct

x−ct

v0(ξ)dξ, (5.19)

per un dato iniziale esteso per disparita a tutto l’asse:

u0(x) = −u(−x), v0(x) = −v(−x), per x < 0. (5.20)

E’ ovvio che la (5.19), ristretta al semiasse positivo e ancora una soluzione.Inoltre u(x, t) e dispari come segue da ispezione diretta. Dunque la (5.19)e una soluzione del problema (5.16,17,18), ma anche l’unica per la conser-vazione dell’energia. Analizziamo ora il comportamento qualitativo dellasoluzione trovata considerando un dato iniziale positivo, a supporto com-patto con velocita iniziale nulla. Dapprima calcoliamo la soluzione delproblema su tutto l’asse dopo aver esteso il dato per antisimmetria(vedi fig.12). Poi ne consideriamo restrizione della soluzione al semiasse positvo.

La comparsa di una componente negativa della soluzione dopo la rifles-sione, non sorprende chi ha provato a giocare con una corda fissata ad unaestremita.

Esercizio 1. Si risolva l’equazione delle onde in tutto l’asse con datiiniziali u0 = 0 e v0 = xe−x2

.

Esercizio 2. Si risolva l’esercizio 1 nel semiasse x ≥ 0 con condizioninulle all’origine.

Consideriamo ora il problema inomogeneo:

u(x, t) = c2u′′(x, t) + f(x, t) (5.21)

con condizioni iniziali

u(x, 0) = 0, u(x, 0) = 0. (5.22)

ed f funzione assegnata.Sia, per s > 0 fissato, K(x; t, s) soluzione del problema (t > s):

K(x; t, s) = c2K ′′(x; t, s) (5.23)

28

con condizioni iniziali

K(x; s, s) = 0, K(x; s, s) = f(x, s). (5.24)

Dunque:

K(x; t, s) =12c

∫ x+c(t−s)

x−c(t−s)

f(ξ, s)dξ. (5.25)

Si ponga poi:

u(x, t) =∫ t

0

dsK(x; t, s). (5.26)

Risulta che u e la soluzione cercata perche:

u(x, t) = K(x; t, t) +∫ t

0

dsK(x; t, s) =∫ t

0

dsK(x; t, s).

u(x, t) = f(x, t) +∫ t

0

dsK(x; t, s) = f(x, t) +∫ t

0

dsc2K”(x; t, s) =

c2u”(x, t) + f(x, t).

La soluzione per dati iniziali differenti da zero si ottien poi per sovrap-posizione.

6. Soluzione fondamentale e funzione δ.

Consideriamo l’equazione stazionaria della corda vibrante nell’intervallo[a, b],

y′′ = f, (6.1)

con condizioni nulle al bordo:

y(a) = y(b) = 0. (6.2)

f denota la densita di forza esterna ed e supposta nota. La soluzione di(6.1) e (6.2) puo facilmente ottenersi mediante l’integrazione diretta della(6.1) che fornisce:

y(t) = c1 + c2(t− a) +∫ t

a

(t− x)f(x)dx, (6.3)

29

dove c1 e c2 sono costanti da determinare. Le condizioni al contorno im-plicano che:

c1 = 0; c2(b− a) = −∫ b

a

(b− x)f(x)dx, (6.4)

da cui si ottiene:

y(t) = − (t− a)(b− a)

∫ b

a

(b− x)f(x)dx +∫ t

a

(t− x)f(x)dx. (6.5)

Si noti ora che la soluzione (6.5) puo essere scritta nella forma seguente:

y(t) =∫ b

a

G(t, x)f(x)dx (6.6)

ove la funzione G, detta funzione di Green, e definita dalla seguente espres-sione:

G(t, x) =(t− b)(x− a)

b− at > x (6.7)

G(t, x) =(t− a)(x− b)

b− at < x

La funzione e definita per continuita in t = x, e vale G(x, x) = (x−b)(x−a)b−a .

Si noti che G(a, x) = G(b, x) = 0, G(·, x) e continua in [a, b], e differen-ziabile con continuita due volte per t 6= x e risulta ∂2G

∂t2 (t, x) = 0. Infine∂G∂t (t, x) e discontinua per t = x e risulta:

∂G

∂t(x+, x)− ∂G

∂t(x−, x) = 1. (6.8)

Verifichiamo ora direttamente che l’espressione (6.6) effettivamente ri-solve l’equazione (6.1). Posto

y(t) =∫ t

a

G(t, x)f(x)dx +∫ b

t

G(t, x)f(x)dx

si differenzi due volte tale espressione.Si ottiene:

y′(t) =∫ t

a

∂G

∂t(t, x)f(x)dx +

∫ b

t

∂G

∂t(t, x)f(x)dx

y′′(t) =∂G

∂t(t, t−)f(t)− ∂G

∂t(t, t+)f(t) = f(t)

30

Pertanto y, come peraltro gia sappiamo, e la soluzione cercata del prob-lema (6.1). Diciamo soluzione e non una soluzione perche tale problemaammette soluzione unica come si verifica immediatamente.

Si noti che la funzione di Green cattura l’aspetto generale di tutte lepossibili soluzioni al variare del dato f .

Il grafico di G e di G′ sono riportati in figura 13.G′′ non e ovviamente definita, ma se forziamo un po l’interpretazione,

possiamo pensarla come una funzione che vale 0 per t 6= 0 e +∞ per t = x.Il suo integrale e pero ben definito:∫ b

a

G′′(t, x)dt = G′(b, x)−G′(a, x) = G′(x+, x)−G′(x−, x) = 1.

Il significato fisico di G puo essere spiegato nel modo seguente.La soluzione del problema (6.1) (6.2) e la soluzione di equilibrio di

una corda vibrante sotto l’azione di una forza per unita di lunghezza f .Supponiamo che tale forza sia fortemente concentrata nel punto x ∈ [a, b],in modo tale che la forza totale F =

∫ b

af(x)dx = 1, ma la densita di forza

(o forza per unita di lunghezza) sia (approssimativamente) zero in tutti ipunti differenti da x. Un modo per descrivere questa situazione e quello diintrodurre una misura δx(dt), detta di Dirac, definita sui Boreliani di [a, b],definita dalle relazioni δx(A) = 0 se x /∈ A e δx(A) = 1 se x ∈ A, per ogniBoreliano A. La densita della misura di Dirac, che ovviamente non esistecome funzione L1 (δx non e assolutamente continua rispetto alla misuradi Lebesgue) si descrive in maniera non rigorosa, ma significativa, comeuna funzione (meglio funzione generalizzata o distribuzione), denotata conδ(t− x) per cui

δx(dt) = δ(t− x)dt, (6.9)

che gode della proprieta di valere +∞ in x, 0 altrove e con integrale 1. Inparticolare, per ogni funzione continua e limitata f = f(x) risulta:∫

Rf(x)δ(x− t)dx = f(t) (6.10)

Comunque, al di la delle notazioni usate, il significato di δ(x − t) e quellodato dalla (6.10), ed e un innocuo abuso di notazione il denotare la misuradi Dirac che ha perfettamente senso, per mezzo della sua densita che in-vece non esiste . Naturalmente esistono vere funzioni che approssimano

31

opportunamente δ(x− t). Ad esempio

δ(x− t) ≈ gn(x− t) =e−n(x−t)2

(πn)1/2

nel senso che ∫R

gn(x− t)f(x)dx → f(t)

nel limite n →∞.In Appendice B discutiamo il concetto di distribuzione che fornisce, in

particolare, un senso matematicamente corretto e utile per le applicazionidella funzione δ.

Tornando all’equazione (6.1) sostituendo f(t) con δ(t − x) si ha cheG(t, x) e la soluzione che descrive la posizione di equilibrio della cordavibrante sotto l’azione della densita di forza δ(t − x) . In un senso chepreciseremo nel prossimo paragrafo, anche se la funzione di Green G(t, x)non e differenziabile due volte, potremo dire che

G′′(t, x) = δ(t− x). (6.11)

Dalla soluzione G della (6.11), la cui espressione esplicita e data dalla(6.7), possiamo poi ricavare la soluzione del problema (6.1) per ogni datof usando la (6.6).

Tale procedura e generale e si applica ad altre situazioni. Consideri-amo ora il caso del problema di Cauchy associato all’equazione delle ondeomogenea (unidimensionale):

∂2ttG(x, y; t) = ∂2

xxG(x, y; t); G(x, y; 0) = 0; G(x, y; 0) = δ(x− y)(6.12)

L’equazione (6.12) esprime l’evoluzione di un dato inizialmente nullo conun dato impulsivo in velocita, concentrato in y.

La formula risolutiva, che scriviamo per il momento a livello formale, e:

G(x, y; t) =12

∫ x+t

x−t

δ(ξ − y)dξ =

=12χ(y ∈ [x− t, x + t]) (6.13)

dove χ(y ∈ A) e la funzione di caratterisitca dell’insieme A.

32

La soluzione per qualunque dato h del problema

∂2ttu = ∂2

xxu; u(x; 0) = 0; u(x, 0) = h(x) (6.14)

si ottiene dunque per mezzo della funzione di Green:

u(x, t) =∫

RG(x, y; t)h(y)dy. (6.15)

Come poi passare da questa alla soluzione generale del problema aivalori iniziale quando anche u(x, 0) sia diverso da zero e stato discusso nelprecedente paragrafo.

Dunque la funzione di Green di un problema e una soluzione particolareper un dato distribuzione, la δ, che si studia perche permette di ottenereautomaticamente ogni altra soluzione (per dati regolari) per mezzo di unasemplice integrazione.

7. Soluzioni di Kirchhoff e di Poisson

Come vedremo in questo paragrafo e possibile dare una formula esplicitaper la soluzione dell’equazione delle onde in tre dimensioni. Tale formula,dovuta a Kirchhoff, ha un analogo bidimensionale (formula di Poisson) chesara ottenuto alla fine del paragrafo.

Consideriamo l’equazione dell onde in R3

∂tu = ∆u (7.1)

(poniamo per semplicita c=1).In analogia con il caso unidimensionale in cui una soluzione dell’equazione

delle onde in x, t si esprime attraverso i valori di una generica funzione F

agli estremi dell’intervallo x± t poniamo

u(x, t) =∫

S(x,t)

σ(dy)F (y)|x− y|

=∫

S(0,t)

σ(dy)F (x + y)

|y|, (7.2)

doveS(x, t) = ∂B(x, t) B(x, t) = y||x− y| ≤ t (7.3)

e dσ e la misura superficiale sulla superficie di una sfera. Verifichiamo cheeffettivamente u risolve l’equazione dell onde. Poiche |x − y| = t, con un

33

semplice cambiamento di variabili otteniamo:

u(x, t) = t

∫S(0,1)

σ(dy)F (x + ty) (7.4)

da cui

∂tu(x, t) =∫

S(0,1)

σ(dy)F (x + ty) + t

∫S(0,1)

σ(dy)∇F (x + ty) · y

=u

t+

1t

∫S(x,t)

σ(dy)∇F (y) · n(y) (7.5)

dove n(y) = (y−x)|y−x| e la normale esterna a S(x, t).

Derivando ancora rispetto al tempo:

∂2ttu = − u

t2+

∂tu

t− 1

t2

∫S(x,t)

σ(dy)∇F (y)·n(y)+1t∂t

∫S(x,t)

σ(dy)∇F (y)·n(y)

=1t∂t

∫S(x,t)

σ(dy)∇F (y) · n(y) =1t∂t

∫B(x,t)

dy∆F (y). (7.6)

Si noti che nell’ultimo passaggio abbiamo trasformato un integrale disuperficie in un integrale di volume applicando il teorema della divergenza.

Si noti ora che, per una funzione continua f vale:

∂t

∫B(0,t)

f(y)dy =∫

S(0,t)

σ(dy)f(y). (7.7)

La formula (7.7) segue facilmente esprimendo il membro di sinistra in co-ordinate sferiche:

∂t

∫ t

0

∫ π

0

∫ 2π

0

dϕρ2 sin θf(y(ρ, ϕ, θ)) = t2∫ π

0

∫ 2π

0

dϕ sin θf(y(t, ϕ, θ))

= t2∫

S(0,1)

σ(dy)f(y) =∫

S(0,t)

σ(dy)f(y) (7.8)

Usando la (6.7) si perviene all’identita

∂2ttu =

1t∂t

∫B(x,t)

dσ(y)∆F (y) = t

∫S(0,1)

dσ(y)∆F (x + ty). (7.9)

D’altra parte:

∆u = t∆∫

S(0,1)

dσ(y)F (x + ty) = t

∫S(0,1)

dσ(y)∆F (x + ty) (7.10)

34

e dunque u risolve l’equazione delle onde.Definendo:

M(F )(x) =14π

∫S(0,1)

dσ(y)F (x + ty) (7.11)

abbiamo mostrato che tM(F ) e una soluzione dell’equazione delle onde (maanche ∂t[tM(F )] perche se u e soluzione anche ∂tu lo e). Inoltre si verificafacilmente che

limt→0

M(F ) = F (7.12)

Dunque ponendo:

u(x, t) = tM(v0)(x) + ∂t[tM(u0)](x) (7.13)

per una coppia di funzioni u0 e v0 sufficientemente regolari, si ha che u esoluzione dell’equazione delle onde e inoltre

limt→0

u(x, t) = u0(x), (7.14)

limt→0

∂tu(x, t) = v0(t). (7.15)

Dimostriamo la (7.14). Da una parte si ha che, dalla (7.12):

lim tM(v0) = 0. (7.16)

Inoltre dalla (7.5)

∂t[tM(u0)](x) = [M(u0)](x) +1t

∫S(x,t)

σ(dy)∇u0 · n(y). (7.17)

L’integrale superficiale e O(t2) e dunque

limt→0

∂t[tM(u0)](x) = limt→0

M(u0)(x) = u0(x). (7.18)

Infine :∂tu(x) = ∂t[tM(v0)](x) + ∂2

tt[tM(u0)](x). (7.19)

Lo stesso argomento visto sopra ci dice che ∂t[tM(v0)](x) → v0(x). D’altaparte dalla (7.9) segue anche che:

∂2tt[tM(u0)](x) → 0 per t → 0 (7.20)

se u0 ∈ C3(R3). In conclusione:

35

TeoremaSiano u0 ∈ C3(R3) e v0 ∈ C2(R3) dati iniziali per il problema di Cauchy

associato all’equazione delle onde (7.1). Supponiamo che u0 e v0 soddisfinoalla condizione di energia finita

E =12[∫

dx|∇u0|2 +∫

dx|v0|2] < +∞. (7.21)

Allora esiste un’unica soluzione del problema data dalla formula (7.13).

Osservazione. In accordo alla formula (7.13), (formula di Kirchhoff)la soluzione al tempo t calcolata nel punto x dello spazio, dipende dal valoredel dato e da quello della sua derivata temporale solo sulla sfera di raggiot. Anche nel caso tridimensionale dunque abbiamo la nozione di cono diinfluenza.

Concludiamo il paragrafo trattando il caso bidimensionale. La formuladi Kirchhoff applicata a dati u0(x) e v0(x) che non dipendono dalla terzavariabile x3 da luogo ad una funzione di due sole variabili, che e, natural-mente, una soluzione del problema ondoso:

∂2ttu = (∂2

x1x1+ ∂2

x2x2)u (7.22)

Tale espressione e:

u(x1, x2; t) =1

4πt

∫S(0,t)

v0(x1 + y1, x2 + y2)dσ+

14π

∂t[1t

∫S(0,t)

u0(x1 + y1, x2 + y2)dσ] (7.23)

Si osservi che l’elemento di misura sulla sfera proiettato sul piano x3 = 0soddisfa

dy1dy2 = dσ cos θ = dσy3

t= dσ

√t2 − (y2

1 + y22)

t(7.24)

e dunque (fig. 14):

u(x1, x2; t) =12π

∫C(0,t)

v0(x1 + y1, x2 + y2)√t2 − (x1 − y1)2 − (x2 − y2)2

dy1dy2+

12π

∂t[∫

C(0,t)

u0(x1 + y1, x2 + y2)√t2 − (x1 − y1)2 − (x2 − y2)2

dy1dy2]. (7.25)

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dove C(0, t) e il cerchio di raggio t centrato nell’origine. Si noti che il fattore2 viene dai due contributi della proiezione dσ. La formula (7.25) viene dettaformula di Poisson. Si noti la differenza con la soluzione dell’equazione delleonde in R3. Qui la soluzione non dipende solo dal valore dei dati sul bordodel cercho ma occorre conoscere i dati su tutto il cerchio.

37

II. Equazione del calore

1. Derivazione euristica

In questo capitolo ci occuperemo di un’altra importante equazione dellafisica matematica, l’equazione del calore. Tale equazione, sebbene sia ap-parentemente simile all’equazione delle onde, ammette soluzioni che si com-portano in maniera molto differente da soluzioni di tipo ondoso. Cominci-amo col derivare tale equazione.

Supponiamo di avere una sbarra i cui estremi siano in contatto con dellesorgenti di calore. Su ogni punto x della sbarra e pensata definita la suatemperatura che dunque sara una funzione T = T (x), x ∈ [0, L], ove [0, L]e l’intervallo in cui la sbarra e posta. . Vogliamo ottenere un’equazionedi evoluzione per il campo di temperatura. Le leggi fenomenologiche cheassumeremo sono le seguenti.

1) L’aumento di energia termica nell’intervallo V = [a, b] ⊂ [0, L] dellasbarra, relativo all’intervallo di tempo (t, t + ∆t) e:

∆tcρ

∫ b

a

∂tT (x, t)dx (1.1)

dove c e il calore specifico e ρ la densita che supporremo costante e unitaria.2) Il calore che fluisce attraverso il punto x della sbarra e proporzionale

alla variazione di temperatura nel punto:

k∆t[T (x + dx, t)− T (x, t)] = k∆t∂xT (x, t)dx (1.2)

dove k e il coefficiente di conducibilita termica della sbarra.Le due leggi su esposte definiscono le costanti c e k

Possiamo ora scrivere il bilancio energetico in un intervallo V dellasbarra. In accordo al primo principio della termodinamica l’aumento dienergia termica in V e uguale al flusso di calore che passa per i suoi estremi

c∆t

∫ b

a

∂tT (x, t)dx + k∆t[∂xT (b, t)− ∂xT (a, t)]dx = (1.3)

c∆t

∫ b

a

∂tT (x, t)dx + k∆t

∫ b

a

∂2xT (x, t)dx = 0

38

e dunque, vista l’arbitrarieta di a e b:

∂tT (x, t) =k

c∆T (x, t). (1.4)

La stessa deduzione sarebbe stata possibile in piu dimensioni per cuiinterpreteremo la (1.4) per x ∈ Ω ⊂ Rn con n = 1, 2, 3.

La (1.4) si chiama equazione del calore.Si osservi che nella nostra deduzione abbiamo considerato c e k come

delle costanti. Nel caso fosse stata presente nel volume occupato dal corpoanche una sorgente di calore schematizzata da una funzione f = f(x, t) e nelcaso che il coefficiente di conducibilita termica e il calore specifico fosserostati non costanti ma dipendenti dal punto x sotto osservazione, avremmoottenuto l’equazione piu complessa, detta equazione di diffusione:

∂tT =1c[div(k∇T ) + f ]. (1.5)

L’equazione del calore (1.4) (cosı come la generica equazione di diffusione(1.5)) possono esere studiate in un dominio Ω di Rn. In questo caso dobbi-amo specificare le condizioni al contorno. Le condizioni di Dirichlet discusseper la membrana vibrante assegnano un profilo di temperatura al bordo.Le condizioni di Neumann invece prescrivono un flusso di calore assegnato.

A differenza dell’equazione delle onde, per l’equazione del calore, chee del primo ordine nelle derivate temporali, basta assegnare il profilo ditemperatura al tempo zero. Infatti il problema:

∂tT (x, t) =k

c∆T (x, t). (1.6)

T (x, t) = ϕ(x), (oppure ∂nT (x, t) = ϕ(x)) x ∈ ∂Ω

T (x, 0) = T0(x)

come si vedra, ammette soluzione unica.Naturalmente lo stesso problema ai valori iniziali e al contorno puo

essere formulato per l’equazione di diffusione piu generale (1.5).

2. Derivazione microscopica

Come nel caso della corda vibrante anche per l’equazione del calore pos-siamo darne una giustificazione microscopica. Tuttavia la derivazione che

39

stiamo per presentare non fa riferimento, come nel caso della corda vi-brante, ad un modello microscopico meccanico, ma ad uno probabilistico.Tale modello descrive la situazione del moto di una particella sottopostaa forze molto complesse e che, di conseguenza, compie un moto erratico.Si pensi ad esempio al moto di una particella leggera sottoposta agli urtidovuti all’azione di un gruppo di molte particelle pesanti che urtano traloro e con la particella leggera. Quest’ultima si muovera con movimentodisordinato, cambiando molto spesso direzione della velocita in maniera es-senzialmente aleatoria, la qual cosa ci induce a schematizzare il fenomenoda un punto di vista probabilistico. Quest’analisi ci fa anche capire comel’equazione del calore sia associata ai fenomeni di diffusione che possonoavere natura molto diversa.

Per semplificare l’esposizione supporremo che il moto avvenga su unreticolo bidimensionale (vedi fig.15).

Sia ε > 0 e consideriamo il reticolo bidimensioale Z2ε di passo ε.

Consideriamo una particella che si muova sul reticolo nel seguente modo.Inizialmente la particella e localizzata in un sito (punto) del reticolo x ∈ Z2

ε.Al tempo t = 1 la particella puo saltare in uno dei 4 primi vicini del punto. Iprimi vicini del punto di coordinate (kε, hε) sono tutti i punti di coordinate((k±1)ε, (h±1)ε). Il moto non e deterministico, ma stocastico: la particellaha uguale probabilita di andare su uno di questi 4 punti. Conseguentementevisitera un dato primo vicino con probabilita 1/4. Il passaggio dal tempot = 1 al tempo t = 2 avviene con le stesse regole. Al tempo t = n laparticella avra compiuto una traiettoria del tipo in figura. Data la naturaprobabilistica del problema, tante sono le traiettorie possibili, ognuna dellequali ha probabilita (1/4)n di realizzarsi.

Supponiamo di non conoscere esattamente la posizione della particella altempo zero, ma di conoscere la sua distribuzione di probabilita P0. Matem-aticamente P0 e una funzione

P0 : Z2ε → R+

tale che∑

x∈Z2εP0(x) = 1. Un caso particolare e quando la funzione P0

assume la forma:P0 = δ(x− x0) (2.1)

ove x0 ∈ Z2ε e un punto prefissato e δ(x−x0) = 1 se x = x0 e δ(x−x0) = 0

altrimenti. Allora vuol dire che la particella e in x0 con certezza.

40

Il nostro scopo e quello di dare un’espressione per la distributione diprobabilita P (t) relativa alla particella al tempo t, assumendo P0 nota.

Si osservi che possiamo esprimere facilmente P (t+1) in termini di P (t).Infatti si ha:

P (x, t + 1) =14(P (x + e1ε, t) + P (x− e1ε, t) + P (x + e2ε, t) + P (x− e2ε, t)

(2.2)dove e1 = (ε, 0) ∈ Z2

ε , e2 = (0, ε) ∈ Z2ε sono i versori in Z2

ε .La (2.2) ha un sigifiacto ovvio: la probabilita di trovare la particella nel

punto x al tempo t + 1, e uguale alla somma delle probabilita di trovare laparticella al tempo t nei 4 primi vicini per 1/4.

La (2.2) puo scriversi in forma piu espressiva introducendo gli operatoridifferenze:

D±1 u(x) = u(x± εe1)− u(x); D±

2 u(x) = u(x± εe2)− u(x) (2.3)

per cui

P (x, t + 1)− P (x, t) = (1/4)[(D+1 D−

1 + D+2 D−

2 )P (x, t)]. (2.4)

che puo essere interpretata come un’equazione di evoluzione per P (t). Ineffetti l’ Eq. (2.4), che esprime P (t) in termini di P (t − 1), puo essereiterata fino al tempo 0 e cosı possiamo ottenere l’espressione cercata perP (x, t) in termini di una somma finita di quantita note.

Fino adesso non abbiamo discusso del parametro ε assunto come scalaspaziale fissata. Inoltre abbiamo anche fissato la scala dei tempi, assumendoche i salti avvengono ogni unita di tempo (per esempio ogni secondo). Seavessimo fissato la scale dei tempi in maniera diversa, imponendo salti ogniη secondi (si pensi ad esempio η 1 per cui i salti avvengono con moltamaggiore frequenza) avremmo derivato l’equazione:

P (x, t + η)− P (x, t) = −(1/4)[(D+1 D−

1 + D+2 D−

2 )P (x, t)]. (2.5)

Si osservi ora, che in vista di un limite continuo, il membro di destradell’equazione (2.5) ha un limite finito, per ε → 0, se diviso per ε2. Talelimite e (1/4)∆P come segue da una semplice verifica. Il membro di sinista

41

invece converge se diviso per η e tale limite da ∂tP . Sulla base di questaosservazione si ponga

4νη = ε2

e si prenda, formalmente il limite ε → 0. Si ottiene:

∂tP (x, t) = ν∆P (x, t) (2.6)

che si chiama equazione del calore. Di tale equazione (per il momentoassumiamo x ∈ R2, t ∈ R+) ci interesseranno soluzioni positive per ovvieragioni. L’incognita P (x, t) si interpreta come la densita di probabilita diuna particella che si muove sotto l’azione di opportune forze stocastiche.Si noti il fatto importante che la scala di tempo η e la scala di spazio ε

non sono le stesse. Per avere un limite significativo deve essere ε ≈ √η e

cio significa che in un tempo macroscopico t la particella si allontana dalsuo punti iniziale x0 per grandezze dell’ordine di

√t. Questa e infatti la

caratteristica del processo stocastico sul reticolo che abbiamo consideratocome modello microscopico e che si chiama passeggiata aleatoria.

EsercizioQual’e l’equazione per P se poniamo η = ε?

Il fatto di aver considerato reticoli bidimensionali non e importante:avremmo ottenuto gli stessi risultati lavorando in una o tre (o qualunque al-tra) dimensione. La dimensione gioca pero un ruolo importante se vogliamoinformazioni piu dettagliate sulle proprieta qualitative della passeggiataaleatoria, cosa che peraltro esula dagli scopi di quaste note.

In Appendice D trattiamo brevemente il moto Browniano che e un pro-cesso stocastico continuo nel tempo e nello spazio connesso all’equazionedel calore (2.6), cosı come l’equazione del calore discreta (2.4) e connessaalla passegiata aleatoria.

Concludiamo con un’osservazione euristica. Se x(t) e il processo aleato-rio limite per ε → 0 della passeggiata aleatoria appena definita, valutiamola sua variazione totale. Posto ∆x = x(t + η)− x(t), si ha, per un numerodi salti η−1 (il che significa di osservare il processo per un tempo 1, per4ν = 1) ∑

|∆x| =∑

ε = ε−1

42

Dunque la variazione totale della traietoria diverge. D’altra parte,∑|∆x|2 = 1.

Questo significa che le traiettorie del moto browniano, limite di passeggiatealeatorie, pur continue, sono molto irregolari. In particolari non differenzi-abili, ma, al meglio, Holderiane di esponente 1

2 .

3. Soluzioni dell’equazione del calore

Consideriamo l’equazione del calore in tutto lo spazio Rn, n = 1, 2, 3:

∂tu(x, t) = ∆u(x, t). (3.1)

ed il problema di Cauchy ad essa associato. In altre parole cerchiamo unafunzione u(x, t) (con derivata prima temporale e derivate seconde spazialicontinue, tale che l’equazione (3.1) sia soddisfatta e che sia una funzioneassegnata u0(x) per t → 0+.

Una soluzione per tale problema si trova facilmente passando in trasfor-mata di Fourier (vedi Appendice C). Infatti se u = u(k), k ∈ Rn e latrasformata di Fourier di u, l’equazione (3.1) diviene:

∂tu(k, t) = −k2u(k, t)

che ha soluzione:u(k, t) = e−k2tu0(k),

dove u0 e la trasformata di Fourier di u0.Passando poi all’antitrasformata, si ottiene mediante un semplice cal-

colo:u(x, t) = gt ∗ u0(x) (3.2)

dove:

gt(x) =e−

x24t

(4πt)n/2. (3.3)

e dove * denota il prodotto di convoluzione. L’espressione (3.2) esplicita-mente si scrive:

u(x, t) =∫

Rn

dygt(x− y)u0(y) =∫

Rn

dyu0(y)e−

|x−y|24t

(4πt)n/2(3.4)

43

Per ricavare la (3.3) si parte dalla definizione di gt(x):

gt(x) = (12π

)n

∫Rn

dkeik·xe−k2t = (12π

)nn∏

i=1

∫R1

dkieikixie−k2

i t. (3.5)

Si osservi ora che, con un’integrazione in campo complesso:∫R1

dkeikxe−k2t = e−x24t

∫R1

dke−(k

√t−i x

2√

t)2 =

√π

te−

x24t (3.6)

e dunque la (3.3) e provata.La funzione gt gioca dunque un ruolo importante nella teoria dell’equazione

del calore in Rn in quanto permette di risolvere esplicitamente il problemaai valori inziali.

Esercizio 1. Verificare esplicitamente che la (2.4) e una soluzionedell’equazione. Si dimostri poi che u(x, t) → u0(x) quando t → 0+.

Si noti inoltre che la gt e essa stessa soluzione dell’equazione del calore.Si ha infatti:

∂tgt(x− y) = ∆xgt(x− y). (3.7)

Inoltre :lim

t→0+gt(x− y) = δ(x− y) (3.8)

e il limite (3.8) va naturalmente inteso nel senso delle distribuzioni.Abbiamo dunque un’idea del grande potere regolarizzante dell’equazione

del calore: un dato iniziale misura ammette, per t > 0, una soluzione clas-sica. Cio non accade per l’equazione delle onde che si limita a propagarela regolarita del dato iniziale.

La gt (che viene chiamata funzione di Green del problema ai valori in-iziali associato all’equazione del calore) ha un’interpretazione probabilisticatrasparente. Si noti che valgono le proprieta:

gt ≥ 0,

∫Rn

gt(x− y)dy = 1.

Dunque gt e una distribuzione di probabilita. Sulla base di quantoabbiamo visto nel precedente paragrafo, e possibile costruire una dinamica

44

stocastica (processo stocastico che prende il nome di moto Browiniano) percui: ∫

A

gt(x− y)dy

si interpreta come la probabilita di andare dal punto iniziale x all’insiemefinale A nel tempo t (vedi Appendice D). Nel precedente paragrafo abbiamocostruito una versione discreta di tale processo.

La differente natura fisica delle equazioni delle onde e del calore fa sup-porre che le soluzioni delle due equazioni si comportino in maniera moltodiversa. Abbiamo visto che le soluzioni dell’equazione delle onde propaga leperturbazioni con velocita finita . Al contrario la soluzione dell’equazionedel calore, per un dato iniziale a supporto compatto, si delocalizza istan-taneamente: la soluzione e diversa da zero in tutto lo spazio. Si potrebbepercio dire che la velocita di propagazione dei segnali e infinita. In realta,come segue dall’analisi della soluzione fondamentale (3.6), la soluzione epositiva in maniera significativa, solo se |x| > 2

√t, altrimenti e esponen-

zialmente piccola.Pasiamo ora a considerare il problema di Cauchy relativo all’equazione

del calore in un dominio limitato e regolare D ⊂ Rn. Il problema si formulanel modo seguente. Si cerca una funzione u ∈ C(D × [0, T ]) (ove T e untempo fissato ma arbitrario), dotata di derivate temporali prime e derivatespaziali seconde in D× (0, T ) e tale che l’equazione (3.1) sia soddisfatta inD × (0, T ). Si prescrive inoltre il valore di u sul bordo:

u(x, t) = f(x, t), x ∈ ∂D,

e la condizione iniziale:

u(x, 0) = u0(x), x ∈ D.

Tale problema risolve, ad esempio, si pone se vogliamo determinarel’evoluzione del campo di temperatura nel dominio D, assegnando un profilodi temperatura (eventualmente dipendente dal tempo) sul suo bordo.

Se invece vogliamo prescrevere il flusso di calore al bordo dobbiamoporre come condizione al contorno

∇u · n(x, t) =∂u

∂n(x, t) = f(x, t), x ∈ ∂D,

45

ove n e la normale a ∂D calcolata in x.La soluzione (del problema con dati al bordo assegnati) cercata puo

essere espressa come somma di due funzioni: u = u1 + u2 ove u1 risolve:

∆u1 = 0, u1(x) = f(x) x ∈ ∂D (3.9)

e u2 risolve∂tu2 −∆u2 = 0, u2(x) = 0 x ∈ ∂D. (3.10)

Il problema (3.9) e l’equazione di Laplace con condizioni di Dirichlet albordo. Tale problema sara discusso nel prossimo capitolo e vedremo cheammette soluzione. Dunque il problema originario si riduce all’ evoluzionerelativa all’equazione del calore con dati nulli al bordo. Quest’ultimo prob-lema non ha soluzione elementare in generale. Ci limitiamo ad osservareche, utilizzando la serie di Fourier, possiamo risolverlo con la stessa strate-gia impiegata per studiare l’equazione delle onde nel caso di semplici dominicome intervalli, rettangoli, etc.

Accenniamo brevemente a una possibile strategia per ridolvere il prob-lema ai valori iniziali in D, dominio regolare

∆u = 0, u(x) = 0, x ∈ ∂D. (3.11)

Il punto centrale e il seguente. E’ possibile dimostrare l’esistenza diuna successione di autofunzioni ej∞j=1, dell’operatore di Laplace con con-dizioni 0 al bordo, esattamente come nel caso di domini particolarmentesemplici come, ad esempio, un parallelepipedo:

∆ej = λjej .

In analogia con la tecnica vista della trasformata di Fourier, possiamo poiesprimere ogni ragionevole funzione f , con dati nulli al bordo, in terminidi una serie:

f(x) =∑

j

cjej(x).

Le autofunzioni di ∆ sono poi ortogonali nel senso L2(D):

(ej , ek) = δj.k

per cui i coefficienti cj soddisfano a

cj = (ej , f).

46

Allora una soluzione del problema (3.11) con dato iniziale f , si ottieneponendo:

u(x, t) =∑

j

cjeλjtej(x),

come si verifica facilmente.Lasciamo al lettore, come esercizio, verificare che gli autovalori λj sono

negativi.

Esercizio 2. Si ottenga la soluzione dell’equazione (3.1) in [0, L] concondizioni nulle al bordo. Si dimostri che tale soluzione tende a zero nellimite t →∞ e si confronti questo risultato con la soluzione dell’equazionedelle onde nello stesso dominio e con le stesse condizioni al bordo.

Esercizio 3. Risolvere il problema (3.11) in D = [0, a]× [0, b] .

Per affrontare il problema di unicita della soluzione dell’equazione delcalore in un dominio limitato, occorre premettere un importane risultato,detto principio di massimo per l’equazione del calore. Consideriamo unasoluzione dell’equazione (3.1) in Ω = D × (0, T ). La frontiera di Ω sidecompone tre contributi:

S1 = (x, t)|x ∈ ∂D, t ∈ (0, T )

S2 = (x, t)|x ∈ D, t = 0

S3 = (x, t)|x ∈ D, t = T

Assumeremo che u(x, t) = f(x, t) in S1 (con f non necessariamenteindipendente dal tempo).

Il principio di massimo afferma:

TeoremaSia u ∈ C(Ω) soluzione dell’equazione (3.1). Allora il massimo di u e

assunto in S1 ∪ S2.

Dim. Supponiamo che il massimo di u sia in (x0, t0) ∈ Ω∪S3 e sia talemassimo M . Definiamo la funzione:

v(x, t) = u(x, t) + a(T − t)

47

con a > 0 da determinare tra un attimo, che verifica l’identita:

∂tv −∆v(x, t) + a = 0. (3.12)

Ovviamente:u(x, t) ≤ v(x, t) ≤ u(x, t) + aT

da cui, se denotiamo con mu e mv i massimi assunti da u e v su S1 ∪ S2,risulta:

mv ≤ mu + aT ≤ M = u(x0, t0) ≤ v(x0, t0)

dopo aver scelto a < M−mu

T , che e positivo per ipotesi. Da cio discendeche max v(x, t) ≡ v(x1, t1) con (x1, t1) ∈ Ω ∪ S3.

Se (x1, t1) ∈ Ω allora in tale punto ∂tv = 0 e ∆v ≤ 0, mentre se(x1, t1) ∈ S3 ∂tv ≥ 0 e ∆v ≤ 0. In entrambi i casi:

∂tv −∆v(x1, t1) ≥ 0.

Ma cio e in contrasto con la (2.10) perche a > 0 e cio conclude la prova.

Il Teorema appena dimostrato ha un ovvio significato fisico, di naturatermodinamica, su cui il lettore e invitato a riflettere.

Come ovvio corollario abbiamo che anche il minimo di u e assunto inS1 ∪ S2 (basta applicare il Teorema alla funzione −u). Inoltre se u0 e f

sono funzioni positive, altrettanto e u.Il teorema ci permette allora di concludere che una soluzione dell’equazione

del calore e necessariamente unica. Infatti si consideri u(x, t), una soluzionedel problema

∂tu−∆u = 0; x ∈ D, t ∈ [0, T ], (3.13)

u(x, t) = f(x); x ∈ ∂D, u(x, 0) = u0.

Allora tale soluzione e unica. Supponendo il contrario, siano u1 e u2 duesoluzioni. La differenza v = u1 − u2 soddisfa al problema con dasti nullasu S1 ∪ S2. Per il principio di massimo essa e nulla in Ω.

48

III Introduzione alla Teoria del Potenziale

1. Introduzione

Questo capitolo e devoluto allo studio di alcuni problemi al contorno di tipoellittico. Non ci occuperemo della teoria generale delle equazioni ellitticheche va ben al di la degli scopi di queste note, ma tratteremo in dettaglioqualche problema di interesse fisico. In particolare studieremo l’equazionedi Laplace e di Poisson con condizioni al bordo assegnate. Tali problemisi formulano, rispettivamente, nel modo seguente. Occorre trovare unafunzione u : D → R, u ∈ C2(D) ∩ C(D), dove D e un aperto di Rn,n = 2, 3 con frontiera sufficientemente regolare, tale che:

∆u(x) = 0, x ∈ D

u(x) = f(x), x ∈ ∂D (1.1)

con f ∈ C(∂D) funzione assegnata.Oppure si vuole determinare u : D → R, u ∈ C2(D) ∩ C(D), tale che:

∆u(x) = −ρ, x ∈ D

u(x) = 0, x ∈ ∂D (1.2)

dove ρ e una funzione continua assegnata.Abbiamo gia discusso alcune possibili interpretazioni e motivazioni fisiche

delle equazioni (1.1) e (1.2). Il problema (1.2), ad esempio, si pone inmaniera naturale se si vogliono studiare le posizioni di equilibrio meccanicodi una membrana (n = 2 ) o di un solido (n = 3) vibrante. Ma descriveanche il campo di temperatura all’equilibrio di un corpo al cui bordo siaassegnata la temperatura . E’ possibile citare molti altri esempi dalla Mec-canica dei Fluidi e dalla Teoria dell’ Elettromagnetismo, ma anche nellescienze applicate, in cui i problemi di Laplace e di Poisson si presentanofrequentemente. Tali equazioni sono il prototipo di equazioni ellittichepiu generali che compaiono spesso nelle applicazioni, in cui all’operatoredi Laplace ∆ si sostituisce un operatore del secondo ordine piu generale:div[h(x)∇], con h funzione assegnata.

Per affrontare questi problemi occorrera premettere alcune proprietasulle funzioni armoniche, che saranno discusse nel prossimo paragrafo. Per

49

il momento premettiamo alcune considerazioni di carattere introduttivo suiproblemi (1.1) e (1.2).

Cominciamo con l’osservare che il problema (1.1), in dimensione 1, as-sume la semplice forma:

u′′ = 0 (1.3)

u(a) = f1; u(b) = f2 (1.4)

dove stiamo assumendo D = (a, b). Tale problema ha l’ovvia soluzione:

u(x) =f1 − f2

a− bx +

af2 − bf1

a− b. (1.5)

Il problema di Poisson con condizioni nulle (o di Dirichlet) al bordodiviene:

u′′ = −ρ, (1.6)

u(a) = u(b) = 0, (1.7)

dove ρ : (a, b) → R e una funzione sufficientemente regolare assegnata.Abbiamo gia affrontato questo problema nel primo capitolo per mezzo

della funzione di Green G(x, t) (o soluzione fondamentale) che, per definizione,e la soluzione del problema:

G′′(x, t) = −δ(x− t) (1.8)

G(a, t) = G(b, t) = 0, (1.9)

ove t ∈ (a, b) gioca il ruolo di un parametro, il doppio primo nella (1.8) fariferimento alla derivazione (seconda) rispetto a x, la (1.8) stessa va intesanel senso delle distribuzioni e la (1.9) vale per ogni t ∈ (a, b). La G puoessere calcolata esplicitamente e vale

G(x, t) =(x− b)(t− a)

b− ax > t

G(x, t) =(x− a)(t− b)

b− ax < t.

Dalla (1.8) (1.9) segue che la soluzione del problema (1.6) (1.7) si scrive:

u(x) =∫ b

a

G(x, t)ρ(t)dt. (1.10)

50

In dimensione maggiore (n = 2, 3) il problema (1.1) non ammette ingenerale soluzione semplice esplicita. Si pensi, ad esempio, al problema diequilibrio di una membrana vibrante in D ⊂ R2 con condizioni di profiloassegnate al bordo di D. A meno che il dominio D non abbia particolariproprieta, non ci aspettiamo che tale profilo di equilibrio sia descrivibile intermini di funzioni elementari.

Accantoniamo per il momento questo problema che affronteremo in se-guito e sviluppiamo alcune considerazioni generali sul problema di Poissonin dimensione maggiore di uno.

In analogia con il caso unidimensionale possiamo cercare di risolvereil problema per mezzo della funzione di Green. Nostro scopo e dunquecercare di risolvere il problema:

∆xG(x, t) = −δ(x− t), x, t ∈ D (1.11)

G(x, t) = 0, x ∈ ∂D, t ∈ D. (1.12)

Se trascurassimo le condizioni al contorno (1.12) una soluzione di (1.11)sarebbe data dalla funzione:

G(x, t) =14π

1|x− t|

(1.13)

che si chiama funzione di Green (o soluzione fondamentale) dell’equazionedi Poisson nello spazio.

Perche la (1.13) risolve il problema (1.11)? La risposta ci viene dallaFisica dell’Elettromagnetismo: la (1.13) e il potenziale, calcolato in x, gen-erato da una carica positiva puntiforme posta in t. Per i malfidati ricor-diamo che il fatto che la (1.13) soddisfa alla (1.11) (nel senso delle dis-tribuzioni) significa che, per ogni f ∈ D, risulta:∫

∆xf(x)G(x, t)dt = −f(t). (1.14)

Il lettore puo provare a dimostrare la (1.14)......comunque essa sara di-mostrata nel seguito.

Attenzione: in R2, abbiamo per la funzione di Green un’altra espres-sione, come vedremo.

Come abbiamo detto la (1.13) non e una soluzione del problema (1.11-12) perche viola le condizioni al contorno (1.12). Si cerca allora di com-

51

pensare questa mancanza definendo:

GD(x, t) = G(x, t) + γ(x, t) (1.15)

dove γ(x, t) soddisfa al problema di Laplace con condizioni di Dirichlet:

∆xγ(x, t) = 0 (1.16)

γ(x, t) = −G(x, t), x ∈ ∂D, t ∈ D. (1.17)

Da questa osservazione segue che, se siamo capaci di risolvere il prob-lema di Laplace con condizioni di Dirichlet (1.16-17), abbiamo anche trovatola funzione di Green per il problema di Poisson GD (soluzione di (1.11-12))e quindi risolto il problema di Poisson stesso.

Il problema di Poisson e dunque riconducibile al problema di Laplacecon condizioni di Dirichlet che sara investigato e discusso in seguito.

Concludiamo questo paragrafo introduttivo con lo stabilire un’importanteconnessione. Si consideri una membrana vibrante il cui profilo e dato dallafunzione u = u(x), x ∈ D ⊂ R2, con elongazione f assegnata al bordo. Laposizione di equilibrio della membrana sara assunta dalla configurazione u

che rende minima l’energia:

E(u) =12

∫D

|∇u|2dx. (1.18)

Tale energia, se si pensa al modo con cui abbiamo introdotto l’equazionedella corda (o membrana) vibrante in termini di sistemi di oscillatori, risultaessere l’energia potenziale del sistema meccanico in esame ed e dunque nat-urale ipotizzare che le configurazioni di equilibrio corrispondano ai minimidel funzionale (1.18). E’ possibile dimostrare che tale funzionale, definitosu una spazio di funzioni opportuno e che soddisfano alle condizioni albordo, ammette un unico minimo e che tale minimo risulta essere ancheuna soluzione del problema (1.1).

2. Funzioni armoniche

Sia D ⊂ Rn, con n = 2, 3 un aperto con frontiera regolare. Con questointendiamo che la superficie ∂D ammette in ogni punto il piano tangente.

52

Una funzione u : D → R si dice armonica in D se accade che:

∆u(x) ≡n∑

i=1

∂2i u(x) = 0, x ∈ D (2.1)

(dove ∂2i = ∂2

∂x2i).

L’operatore di Laplace ∆ in coordinate sferiche (n = 3) assume la forma:

∆f(r, θ, φ) =1r2

∂r(r2 ∂f

∂r) +

1r2

[1

sin θ

∂θ(sin θ

∂f

∂θ) +

1sin2 θ

∂2f

∂ϕ2]

e in coordinate polari (n = 2),

∆f(r, φ) =1r

∂r(r

∂f

∂r) +

1r2

∂2f

∂ϕ2

per cui, se u = u(r) e una funzione armonica a simmetria radiale (dipen-dente cioe soltanto da r), deve essere:

u′′ +n− 1

ru′ = 0 (2.2)

dove il primo denota la derivata rispetto a r. Le soluzioni di (2.2) sonodella forma

c1

r+ c2, n = 3 (2.3)

c1 log r + c2 n = 2 (2.4)

Le funzioni (2.3) e (2.4) sono dunque armoniche in R3/0 e in R2/0rispettivamente.

Quanto visto giustifica l’introduzione delle funzioni

G(x, y) =14π|x− y|−1 x ∈ R3/y (2.5)

G(x, y) = − 12π

log |x− y| x ∈ R2/y (2.6)

Le funzioni (2.5) e (2.6) vengono dette funzioni di Green del Laplacianoin 3 e 2 dimensioni rispettivamente e denotano il potenziale generato dauna carica elettrica positiva e puntiforme posta in y, calcolato nel puntox . Si osservi che entrambe le funzioni dipendono da (x, y) per il tramitedella norma della loro differenza.

Esercizio 1. Si dimostri direttamente che, per x 6= y, ∆G(x, y) = 0.

53

Qui e nel seguito si adottera la convenzione che un operatore differen-ziale applicato a una funzione di due variabili, agisce sulla prima vari-abile salvo contrario ed esplicito avviso. Nella fattispecie ∆G(x, y) ≡∑n

i=1∂2

∂x2iG(x, y).

Esercizio 2. Si consideri il potenziale generato da una distribuzionedi volume di cariche ρ = ρ(x):

u(x) =∫

R3G(x, y)ρ(y)dy. (2.7)

Si assuma che ρ sia continua e con supporto contenuto nella palla uni-taria B. Si dimostri che u e armonica in R3/B. (E sufficiente dimostrareche u e derivabile due volte e che e ammesso derivare sotto il segno diintegrale).

Esercizio 3. Si dimostri che l’unica funzione armonica e uniforme-mente limitata in tutto R2 e necessariamente della forma u(x) = cost .

Suggerimento. Si sfrutti la connessione tra funzioni armoniche e fun-zioni analitiche descritta alla fine del paragrafo. Si usi il Teorema di Liou-ville per le funzioni analitiche.

Le funzioni armoniche godono di notevoli proprieta alcune delle qualisono descritte dai lemmi che seguono.

Nei 7 lemmi seguenti assumeremo sempre che la funzione u = u(x) siaarmonica in D e continua in D. Denoteremo con ∂D la frontiera di D, conn la sua normale esterna, con σ(dy) l’elemento di superficie in ∂D e con∂n = ∂u

∂n la derivata normale. Infine useremo varie volte il lemma di Gauss(o della divergenza).

Lemma 1Se u(y) = 0 per ogni y ∈ ∂D allora u = 0 in D. Se ∂nu(y) = 0 per ogni

y ∈ ∂D allora u = cost in D.Dim.Dall’identita:

div(u · ∇u) = |∇u|2 + u∆u

e dall’armonicita di u segue∫D

|∇u|2dx =∫

D

div(u · ∇u)dx =∫

∂D

un · ∇uσ(dy) =∫

∂D

u∂nuσ(dy).

(2.8)

54

Pertanto, se si annulla il membro di destra della (2.8), ∇u = 0 e dunqueu = cost. Se in piu u = 0 su ∂D allora u e identicamente nulla.

Lemma 2 ∫∂D

∂nuσ(dy) = 0 (2.9)

Dim. ∫∂D

∂nuσ(dy) =∫

∂D

n · ∇uσ(dy) =∫

D

∆udx = 0 (2.10)

Lemma 3 (Rappresentazione integrale delle funzioni armoniche)Vale la seguente formula:

u(x) =∫

∂D

G(x, y)∂nu(y)σ(dy)−∫

∂D

u(y)∂nG(x, y)σ(dy) (2.11)

Dim. Sia x ∈ D e Bε = y||x − y| < ε, con ε > 0 sufficientementepiccolo in modo tale che Bε ⊂ D. Sia Dc = D/Bε. Per y ∈ Dc, G(x, y) earmonica (come funzione di y) in Dc.

Sulla base dell’identita:

div[G(x, ·)∇u− u∇G(x, ·)] = 0

che segue dall’armonicita di u e di G(x, ·)(si noti che in questa identita x

e un parametro, mentre gli operatori differenziali div e ∇ agiscono sullavariabile non scritta), integrando sul volume D, abbiamo che:∫

∂Dc

G(x, y)∂nu(y)σ(dy)−∫

∂Dc

u(y)∂nG(x, y)σ(dy) = 0, (2.12)

da cui:∫∂D

G(x, y)∂nu(y)σ(dy)−∫

∂D

u(y)∂nG(x, y)σ(dy)−∫

∂Bε

G(x, y)∂nu(y)σ(dy)

+∫

∂Bε

[u(y)−u(x)]∂nG(x, y)σ(dy)+u(x)∫

∂Bε

∂nG(x, y)σ(dy) = 0, (2.13)

Si osservi, che se y ∈ ∂Bε allora:

G(x, y) =14π

55

∂nG(x, y) = − 14π

1ε2

per n = 3 e

G(x, y) = − 12π

log ε

∂nG(x, y) = − 12π

per n = 2.In entrambi i casi:

−u(x)∫

∂Bε

∂nG(x, y)σ(dy) = u(x)

mentre ∫∂Bε

[u(y)− u(x)]∂nG(x, y)σ(dy) → 0

se ε → 0 e ∫∂Bε

G(x, y)∂nu(y)σ(dy) = 0.

Cio conclude la prova.

Si osservi che, sulla base del Lemma 3, una funzione armonica in D,e nota quando e noto il suo valore al bordo e il valore della sua derivatanormale.

L’argomento usato nella dimostrazione di Lemma 3 consiste nell’isolarecon una sferetta di raggio ε la singolarita x = y, e l’uso dell’identita:∫

∂Bε

∂nG(x, y)σ(dy) = 1. (2.14)

Questo e un argomento chiave che e ricorrente nella teoria del poten-ziale.

Lemma 4 (I Teorema della media)Posto B(x,R) = y||x− y| < R, sia B(x, R) ⊂ D. Allora:

u(x) =1

4πR2

∫∂B(x,R)

u(y)σ(dy) (2.15)

Dim. E conseguenza ovvia di Lemma 3 se si osserva che G(x, y), pery ∈ ∂B(x,R) e costante e che:∫

∂B(x,R)

∂nu(y)σ(dy) = 0

56

Lemma 5 (II Teorema della media)

u(x) =3

4πR3

∫B(x,R)

u(y)dy (2.16)

Dim. E un corollario del primo teorema della media, integrando su R.

Lemma 6 (Principio di massimo)Se u e non costante, il massimo e minimo valore di u sono assunti sul

bordo.Dim Sia M = maxx∈D u(x) e u(x0) = M . Se x0 ∈ D, sia B(x0, ε)

completamente contenuta in D. L’applicazione del II teorema della mediaimplica che u(z) = M per ogni z ∈ B(x0, ε). Sia ora y ∈ D tale cheu(y) < M (tale punto deve esistere se si assume che u non e costante). Efacile vedere che si possono costruire una successione finita di palle (vedifig.17), interamente contenute in D, che connettono x0 a y e i cui centrisiano contenuti ognuno nella palla precedente come in figura. Ripetuteapplicazioni del teorema della media ci permettono di concludere che u(y) =M e dunque u = cost contro l’asserto. Quindi il massimo e sul bordo. Lostesso argomento puo applicarsi per il minimo.

La seguente proposizione ci fornisce una caratterizzazione completadelle funzioni armoniche.

Lemma 7 (Inversione del Teorema della media)Sia u ∈ C2(D) che soddisfa alla (2.15) per ogni x e R tale che B(x,R) ⊂

D. Allora u e armonica.

Dim. Con un cambiamento di variabili (t = R), si ha:

u(x) =14π

∫∂B(0,1)

u(x + ty)σ(dy). (2.17)

Il primo argomento del paragrafo 7 del Cap I ci dice che la funzionev = tu e soluzione dell’equazione delle onde. Dunque:

v = u = 0, (2.18)

57

poiche u non dipende da t. Allora

∆v = t∆u = 0. (2.19)

C’e un’interessante connessione tra la teoria delle funzioni analitiche diuna variabile complessa e le funzioni armoniche in R2. Sia f = f(z), z ∈ C,una funzione analitica in un aperto del piano complesso. Si ponga f =u + iv e si pensino u e v come funzioni (reali) di due variabili x = Re z,y = Im z. Allora la differenziabilita di f in un punto z ∈ A implica lecondizioni di Cauchy-Riemann:

ux = vy uy = −vx

da cui segue facilmente che entrambe u e v sono armoniche. Questo sem-plice fatto permette di trattare problemi di funzioni armoniche in R2 permezzo di tecniche di funzioni analitiche e cio risulta talora molto utile.

Esercizio 4 Si dimostri che il campo generato dalla funzione di Greenbidimensionale: ∇ 1

2π log r e uguale al campo generato da un filamento dimassa in tutto R3, di densita lineare unitario costante.

3. Equazione di Poisson nello spazio

Sia ρ = ρ(x) una funzione continua e integrabile in R3. Consideriamo laquantita:

u(x) =∫

R3G(x, y)ρ(y)dy (3.1)

che puo interpretarsi come il potenziale Coulombiano generato da una dis-tribuzione di cariche ρ.

Osserviamo che la quantita (3.1) e ben definita. Infatti l’integrale in(3.1) e assolutamente convergente perche G ha una singolarita integrabilein x = y : G(x, y) = C|x−y|−1. Inoltre la sommabilita di ρ e la limitatezzadi G per |x− y| grandi assicura la convergenza dell’integrale all’infinito.

Notiamo inoltre che ∇u esiste e vale:

∇u(x) =∫

R3∇G(x, y)ρ(y)dy (3.2)

58

Per far veder cio si osservi preliminarmente che l’integrale in (3.2) e assolu-tamente convergente perche |∇G(x, y)| = c|x− y|−2 e dunque ∇G ha unasingolarita integrabile per x = y. Introducendo poi una regolarizzazioneGε della funzione di Green, definita nel modo seguente. Gε(x, y) = G(x, y)se |x− y| > ε e inoltre Gε e una qualunque funzione C∞ soddisfacente allecondizioni Gε(x, y) ≤ G(x, y) e |∇Gε(x, y)| ≤ |∇G(x, y)| per |x − y| ≤ ε.Ad esempio se g(r) = 1

r per r > ε, ed e una funzione C∞((0,∞)) per cui

g(r) ≤ 1r; |g′(r)| ≤ C

r2

allora si puo porre:

Gε(x, y) =14π

g(|x− y|).

Definendouε(x) =

∫R3

Gε(x, y)ρ(y)dy (3.3)

ne segue che uε e una funzione C∞ e vale:

∇uε(x) =∫

R3∇Gε(x, y)ρ(y)dy (3.4)

Per dimostrare la (3.2) faremo vedere che uε → u e che ∇uε → v,uniformemente, dove v e definita da:

v(x) =∫

R3∇G(x, y)ρ(y)dy (3.5)

che abbiamo visto esere un integrale ben definito. Infatti:

|v(x)−∇uε(x)| ≤ 2∫|x−y|<ε

|ρ(y)||∇G(x, y)|dy

≤ C‖ρ‖L∞

∫|x−y|<ε

1|x− y|2

≤ C‖ρ‖L∞ε. (3.6)

Analogamente si dimostra che:

|u(x)− uε(x)| ≤ C‖ρ‖L∞ε2. (3.7)

da cui segue la (3.2).Se tentiamo di ispezionare ulteriori regolarita della funzione u con-

siderando le derivate seconde, troviamo subito una difficolta. La quan-tita ∂i∂jG(x, y) non e piu integrabile per x = y e dunque questo tipo di

59

singolarita richiede maggior attenzione. Se richiediamo che ρ ∈ C1 con∇ρ ∈ L1 ∩ L∞, allora, integrando per parti e usando l’ovvia relazione

∂iG(x, y) =∂G(x, y)

∂xi= −∂G(x, y)

∂yi,

abbiamo che:

∂iu(x) =∫

R3∂iG(x, y)ρ(y)dy =

∫R3

G(x, y)∂iρ(y)dy. (3.8)

Pertanto, usando lo stesso argomento visto sopra possiamo concludere che:

∂i∂ju(x) =∫

R3∂iG(x, y)∂jρ(y)dy. (3.9)

In particolare

∆u(x) =∫

R3∇G(x, y) · ∇ρ(y)dy. (3.10)

L’assoluta convergenza del membro di destra della (3.10) permette discrivere:

∆u(x) = limε→0

∫|x−y|>ε

∇G(x, y) · ∇ρ(y)dy. (3.11)

Usando un ben noto argomento (la (2.14)):∫|x−y|>ε

∇G(x, y) · ∇ρ(y)dy = −∫|x−y|>ε

divy[∇G(x, y)ρ(y)]dy =

−∫|x−y|=ε

∂nG(x, y)ρ(y)dσ(y) = −∫|x−y|=ε

∂nG(x, y)[ρ(y)− ρ(x)]dσ(y)−

ρ(x)∫|x−y|=ε

∂nG(x, y)dσ(y) → −ρ(x)

quando ε → 0.Abbiamo dunque provato la seguente proposizione:Proposizione 1Sia ρ ∈ C1(R) ∩ L1(R) e ∇ρ ∈ L1 ∩ L∞. Allora il potenziale di volume

u = u(x) dato dalla (3.1) e di classe C2 e vale:

∆u = −ρ (3.12)

L’equazione (3.12) e l’equazione di Poisson nello spazio.

60

Lsciamo al lettore per esercizio dimostrare che le stesse conclusioni val-gono per R2.

Come corollario alla Proposizione 1 abbiamo che G e differenziabile nelsenso delle distribuzioni e che vale

∆G(x) = −δ(x) (3.13)

(dove abbiamo usato la notazione G(x) = G(x, 0).Ricordiamo che la relazione (3.13) va intesa nel senso che, per ogni

funzione f ∈ D(R3):

−∫

∆fGdx =∫∇f · ∇Gdx = f(0) (3.14)

L’equazione (3.14) si deriva facilmente in virtu della (2.14):

∫∆f(x)G(x)dx = lim

ε→0

∫|x|>ε

∇f(x)·∇G(x)dx = limε→0

∫|x|>ε

div[∇G(x)f(x)]dx

limε→0

∫|x|=ε

∂nG(x)f(x)dσ(x) = f(0) limε→0

∫|x|=ε

∂nG(x)dσ(x) = f(0).

Le nostre considerazioni sono state svolte per l’equazione di Poissonnello spazio. Nel piano valgono le stesse conclusioni a patto di sostituirela funzione di Green nello spazio con quella del piano data dalla formula(2.6).

4. Equazione di Poisson con condizioni di Dirich-

let

Consideriamo ora il problema di Poisson con condizioni di Dirichlet: datauna funzione ρ ∈ C1(D), trovare una funzione u ∈ C2(D)∩C(D) tale che:

∆u(x) = −ρ(x)

u(x) = 0 x ∈ ∂D (4.1)

D denota un dominio con frontiera regolare in Rn, n = 2, 3.

61

Il problema (4.1) si dice problema di Poisson con condizioni di Dirichletsul bordo. Il problema (4.1) e l’equazione per il potenziale u generato dauna distribuzione di cariche ρ al di fuori di un mezzo conduttore (R3/D)e quindi a potenziale costante che considereremo nullo. Oppure la (4.1)descrive la posizione di equilibrio di una membrana vibrante, nel caso n = 2,soggetta ad una forza esterna per unita di superficie data dalla funzione ρ.

Considereremo esplicitamente il caso n = 3. Si consideri il potenzialedi volume:

v(x) =∫

R3G(x, y)ρ(y)dy (4.2)

e consideriamo la differenza φ = u − v, dove u si suppone essere unasoluzione della (4.1). Ovviamente φ e armonica in quanto u e v sono en-trambe soluzioni dell’equazione di Poisson. La funzione φ e un indice diquanto sbaglia la funzione v dal soddisfare le corrette condizioni al contornoche nel nostro caso sono nulle. Infatti:

∆φ = 0

φ(x) = −v(x), x ∈ ∂D. (4.3)

Il problema (4.3) e il Problema di Laplace con condizioni (assegnate)omogenee al bordo (v e nota dalla (4.2)) che sara discusso nel seguito e chevedremo ammette soluzione unica. Dunque il problema di Poisson e risoltouna volta che sia risolto il problema di Laplace.

Anche nel caso del problema (4.1) possiamo introdurre la funzione diGreen del problema, cioe una funzione GD : D × D → R che soddisfa alproblema:

∆GD(x, y) = −δ(x− y)

GD(x, y) = 0 x ∈ ∂D (4.4)

Notare che nella (4.4) la variabile y funge da parametro fissato. Lasoluzione di (4.4) si ottiene ponendo

GD(x, y) = G(x, y) + γ(x, y) (4.5)

ove la funzione γ soddisfa al problema relativo all’equazione di Laplace:

∆γ(x, y) = 0

62

γ(x, y) = −G(x, y) x ∈ ∂D (4.6)

Abbiamo gia detto che questo problema, che discuteremo in seguito,ha soluzione unica γ ∈ C2(D) ∩ C(D). Siamo dunque interessati alla fun-zione di Green perche la soluzione del problema (4.1) si scrive facilmentein termini di GD per mezzo della formula:

u(x) =∫

D

GD(x, y)ρ(y)dy (4.7)

come nel caso D = R3.La funzione di Green GD, che dipende naturalmente dalla geometria

del dominio D, non e, in genere, esattemente calcolabile. Vi sono dei casi,tuttavia, in cui tale funzione si puo esprimere esplicitamente e alcuni diquesti casi saranno visti nel prossimo paragrafo. Per il momento osserviamoche, essendo γ una funzione regolare, la GD ha lo stesso tipo di singolaritadella G:

GD(x, y) ≈ |x− y|−1, x ≈ y, n = 3

GD(x, y) ≈ − log |x− y|, x ≈ y, n = 2.

Enunciamo ora alcune proprita delle funzioni di Green.Proposizione 4.2Sia GD la funzione di Green associata al dominio D ⊂ Rn (con le solite

ipotesi di regolarita della frontiera). Allora:

1) GD(x, y) = GD(y, x)

2) GD(x, y) > 0

Per n ≥ 33) G(x, y) > GD(x, y)

Dim. La 1) ha significato fisico ovvio: il potenziale generato dal puntoy e calcolato in x e uguale al potenziale generato da x e calcolato in y. Unaprova di questo fatto segue dalla definizione:

−GD(z, y)∆GD(z, x) = δ(z − x)GD(z, y)

−GD(z, x)∆GD(z, y) = δ(z − y)GD(z, x)

63

Integrando in dz e integrando il risultato per parti:

GD(x, y)−GD(y, x) =∫

D

dz[GD(z, x)∆GD(z, y)−GD(z, y)∆GD(z, x)] = 0.

Questa identita e giustificata dal fatto che ∆GD(z, y) e la divergenzadella distribuzione ∇GD(z, y) che e singolare solo in z = y. D’altra parte,per z 6= y GD(z, x) e regolare e puo giocare il ruolo di funzione test inun intorno di tale punto, per cui l’integrazione par parti puo essere fatta.Stesso discorso per l’altro termine.

Per provare 2) si consideri un fissato y. Per x sufficientemente vicinoa y risulta GD(x, y) > 0. Si fissi dunque una sferetta Bε(y) di raggio ε

attorno ad y per cui GD (come funzione di x) e positiva. Tale funzione inD/Bε(y) e armonica, nulla in ∂D, positiva in ∂Bε(y). Per il principio dimassimo e dunque positiva in D/Bε(y) ( e dunque positiva ovunque).

Infine per mostrare il punto 3) si consideri GD = G+γ. γ e una funzionearmonica che assume sul bordo valori negativi (precisamente −(4π|x −y|)−1). Ancora per il principio di massimo possiamo concludere che γ enegativa.

Esercizio 1. Sotto quale condizione su D la disuguaglianza 3) su GD

vale anche nel caso n = 2?

5. Alcuni esempi esattamente risolubili.

Vi sono dei domini particolarmente semplici in cui la funzione di GreenGD puo essere calcolata. Si consideri, ad esempio, il semispazio D = x ∈R3|x3 > 0. Per ogni punto x ∈ D consideriamo il punto simmetrico inR3/D = Dc definito da: x = (x1, x2,−x3) posto che x = (x1, x2, x3) ∈ D.

Poniamo:GD(x, y) = G(x, y)−G(x, y) (5.1)

L’interpretazione fisica della formula (5.1) e trasparente: GD denota ilpotenziale elettrostatico (in tutto lo spazio) generato da due cariche pun-tiformi, di cui una, con il segno positivo, posta in y e l’altra, di segnoopposto, posta in y. Quest’ultima carica viene detta carica immagine. Eovvio che GD(x, y) = 0 per x ∈ ∂D = x3 = 0.

64

Un altro caso che puo essere risolto e quello dela sfera. Sia D = x||x| <1. Per ogni x ∈ D si consideri il punto immagine, che e il simmetrico dix rispetto al cerchio unitario ed e definito da x = x/|x|2. Postuliamo perGD la seguente formula:

GD(x, y) = G(x, y)−AG(x, y) (5.2)

dove A e il valore che deve assumere la carica immagine affinche GD sianulla sul bordo. Naturalmente e inutile sottolineare che la funzione G(x, y)e armonica in x ∈ D.

Sia dunque |x| = 1. Allora:

|x− y| = ||y|2 − 2x · y + 1|1/2 = | y

|y|− |y|x| = |y||x− y|

Scegliendo A = |y|−1 si ottiene la funzione di Green del sfera che es-plicitamente si scrive come:

GD(x, y) =14π

1|x− y|

− 14π

1|y||x− y|

(5.3)

Esercizio 1. Calcolare la funzione di Green per il cerchio (n = 2)usando la stessa tecnica. Il risultato e:

− 12π

log|x− y||y||x− y|

(5.4)

Esercizio 2. Determinare (per serie e con l’aiuto della serie di Fourier)la funzione di Green di un parallelepipedo.

Vogliamo ora studiare il problema di Laplace sul cerchio unitario D =x||x| < 1. Tale problema puo essere risolto esplicitamente con il metododi separazione delle variabili.

Introducendo le coordinate polari abbiamo per l’equazione di Laplace:

∆u(r, ϕ) =1r

∂r(r

∂u

∂r) +

1r2

∂2u

∂ϕ2= 0 (5.5)

Al solito si cercano soluzioni del tipo u(r, ϕ) = R(r)Φ(ϕ). Si arriva facil-mente alla coppia di problemi:

Φ′′ + µΦ = 0 (5.6)

65

r(rR′)′ = µR (5.7)

dove µ e un parametro reale. Dalla (5.6) abbiamo soluzioni del tipo Φ(ϕ) =e±inϕ e dunque µ = n2.

D’altra parte l’equazione:

r(rR′)′ = n2R (5.8)

ha soluzione Arn + Br−n. Per n = 0 Φ=cost, abbiamo anche la soluzioneR = C log r.

Possiamo dunque esprimere la soluzione generale dell’equazione di Laplacein R2/0 per serie:

u(r, ϕ) = a0 +∑n∈Zn 6=0

aneinϕr|n| +∑n∈Zn 6=0

bne−inϕr−|n| + c0 log r. (5.9)

dove an, bn e c0 sono opportuni coefficienti.Si noti che tale funzione e armonica in tutto il piano privato dell’origine

dove c’e una divergenza dovuta al terzo e quarto termine dell’espressionedi destra. Per il problema sul cerchio unitario, affinche la funzione siaarmonica in D, manteniamo solo i primi due termini e dunque:

u(r, ϕ) = a0 +∑n∈Zn 6=0

aneinϕr|n|. (5.10)

I coefficienti an sono incogniti e vanno determinati dalle condizioni alcontorno. Se f = f(φ) e il valore assunto dalla u sulla frontiera, deveessere:

u(1, ϕ) = f(ϕ) = a0 +∑n∈Zn 6=0

aneinϕ. (5.11)

Dunque gli an sono i coefficienti di Fourier della f da cui ricaviamol’espressione della soluzione per mezzo della serie:

u(r, ϕ) =12π

+∞∑n=−∞

einϕ

∫ 2π

0

dθf(θ)e−inθr|n|. (5.12)

La serie (5.12) puo facilmente essere risommata. Infatti dall’identita:

+∞∑n=−∞

ein(ϕ−θ)r|n| =+∞∑n≥0

ein(ϕ−θ)rn ++∞∑n>0

e−in(ϕ−θ)rn =

66

1− r2

1 + r2 − 2r cos(ϕ− θ)(5.13)

si ottiene finalmente:

u(r, ϕ) =12π

∫ 2π

0

dθf(θ)1− r2

1 + r2 − 2r cos(ϕ− θ). (5.14)

che e la soluzione cercata.

Esercizio 4. Si usi la stessa tecnica per risolvere il problema di Laplacecon condizioni assegnate al bordo nel caso in cui D sia una corona circolare.Attenzione in questo caso tutti i contributi presenti nella (5.9) vanno tenutiin conto!

Esercizio 5. Si risolva il problema di Laplace nel settore circolare:D = (r, φ)|0 < r < 1, 0 < φ < α con le condizioni al contorno u(r, 0) =u(r, α) = 0 e u(1, φ) = f(φ) con f ∈ C0((0, α))

Abbiamo piu volte discusso il fatto che il problema di Poisson e ricon-ducibile alla soluzione del problema di Laplace con condizioni di Dirichlet.Anche l’inverso e in qualche modo vero. Supponiamo di conoscere la fun-zione di Green GD del problema di Poisson. Allora una soluzione del prob-lema di Dirichlet (dovremmo meglio dire la soluzione per via dell’unicita)puo esprimersi per mezzo della formula:

u(x) = −∫

∂D

∂nGD(x, y)f(y)dσ(y) (5.15)

Naturalmente la derivata normale ∂nGD(x, y) e intesa rispetto a y chee il punto generico sulla frontiera ∂D su cui l’integrazione e fatta. Perdimostrare la formula (5.15) si ripercorra la strada percorsa nel derivareal formula (2.11) di rappresentazione integrale delle funzioni armonichesostituendo alla funzione di Green libera G la funzione di Green relativa aldominio D e usando il fatto che GD assume condizioni al contorno nullenella variabile y. In particolare se D e la sfera unitaria abbiamo:

GD(x, y) = G(x, y)−G(x|y|, y

|y|) = G(x, y)−G(y|x|, x

|x|)

da cui segue facilmente:

∂nGD(x, y) = − 14π

1− |x|2

|y − x|3

67

e finalmente otteniamo la soluzione del problema di Laplace sulla sfera:

u(x) =14π

∫|y|=1

1− |x|2

|y − x|3f(y)σ(dy). (5.16)

Esercizio 6. Si applichi la formula (5.15) per ritrovare la soluzione delproblema di Laplace sul cerchio (5.14), utilizzando l’espressione esplicita diGD sul cerchio.

Esercizio 7 Ricavare, usando la medesima strategia, la soluzione es-plicita del problema di Dirichlet sul semispazio x3 > 0:

u(x1, x2, x3) =12π

x3

∫ ∫dy1dy2µ(y1, y2)

f(y1, y2)√(x1 − y1)2 + (x2 − y2)2 + x2

3

Passiamo ora ad analizzare un altro caso esattamente risolubile perseparazione delle variabili. Si tratta di risolvere l’equazine di Laplace nelrettangolo

D = (x, y)|0 < x < a; 0 < y < b

con le condizioni al contorno u(a, y) = f(y),u(0, y) = u(x, b) = u(x, 0) = 0.Si osservi che se richiediamo la continuita de u sul bordo, occorre chef(0) = f(b) = 0.

Posto u(x, y) = X(x)Y (y) si ottiene facilmente dall’equazione di Laplace:

X ′′

X= −Y ′′

Y= k

dove k e costante. L’equazione Y ′′ = −kY ha soluzione:

Y (y) = B sin py

a causa delle condizioni al contorno. Dunque ancora per le condizioni alcontorno risulta p = nπ

b ove n e intero. Abbiamo dunque trovato la famigliadi soluzioni:

Yn(y) = Bn sinnπy

b.

Inoltre:Xn(x) = Cne

nπxb + Dne−

nπxb = 2Cn sinh

nπx

b

68

ancora in virtu delle condizioni al contorno. Una soluzione del nostro prob-lema e dunque:

u(x, y) =∞∑

i=1

An sinhnπx

bsin

nπy

b.

La determinazione dei coefficienti An si ottiene per mezzo dei coefficientidi Fourier di f :

An sinhnπa

b=

2b

∫ b

0

f(y) sinnπy

b.

6. Formulazione Variazionale del Problema di

Laplace.

In questo paragrafo affronteremo in generale lo studio del problema diDirichlet che, per comodita del lettore, riportiamo:

∆u = 0 in D (6.1)

u = f in ∂D. (6.2)

dove f ∈ C(∂D) e D ⊂ Rn, n = 2, 3 e un dominio con frontiera regolare.Il problema si intende risolto se determiniamo l’esistenza di una funzione

u ∈ C2(D) ∩ C(D) che sia soluzione delle equazioni (6.1) e (6.2). Poicheil problema non e in generale risolubile esattamente, ci accontentiamo distabilire l’esistenza e l’unicita per le soluzioni di questo problema. In questoparagrafo ci limiteremo ad accennare ad un metodo sintetico ed eleganteche ci permette di stabilire l’esistenza della soluzione di una versione piudebole del problema originario (6.1) (6.2).

La base di partenza di questo metodo e una semplice osservazione dinatura fisica. Si osservi che, come gia osservato, la soluzione cercata e laposizione di equilibrio di una membrana vibrante in D (se n = 2, ma quelloche diremo vale anche per n = 3) in cui siano prescritte le elongazioni sulbordo. Allora e naturale ipotizzare che la posizione di equilibrio cercataminimizzi l’energia potenziale che e definita da:

H(u) :=12

∫D

|∇u(x)|2dx. (6.3)

69

La forma quadratica (6.3) prende il nome di forma di Dirichlet. For-muliamo dunque il seguente problema variazionale.

Trovare una funzione u = u(x) tale che:

H(u) = minv∈Kf

H(v). (6.4)

Kf , l’insieme su cui ricercare il minimo, sara un insieme di funzioni chesoddisfano alla condizione al contorno (6.2). Che tipo di regolarita occorrerichiedere sulle funzioni di Kf ? Se vogliamo che l’integrale (6.3) sia finitoe naturale richiedere che Kf sia l’insieme delle funczioni C(D) tali che∇u ∈ L2(D) e inoltre u(x) = f(x) per x ∈ ∂D..

Prima di porsi il problema della minimizzazione del funzionale H, veri-fichiamo che effettivamente una soluzione del problema (6.1) (6.2) (se esiste)e un minimo di tale funzionale. Cio si vede facilmente. Sia v ∈ Kf . Allora,posto v = u + h con h ∈ K0:

H(v)−H(u) =12

∫|∇(u + h)|2 − 1

2

∫|∇u|2 = (6.5)

12

∫|∇h|2 +

∫∇u · ∇h

D’altra parte ∫∇u · ∇h =

∫div(∇uh)−

∫h∆u. (6.6)

Si osservi ora che h ha condizioni al contorno nulle e quindi il primo in-tegrale del membro di destra della (6.6) e nullo. Poiche u e armonica,concludioamo dalla (6.5) che:

H(v)−H(u) =12

∫|∇h|2 > 0. (6.7)

Cerchiamo ora di minimizzare il funzionale H sull’insieme Kf .Poiche H(u) ≥ 0 , necessariamente esiste

infu∈Kf

H(u) := m. (6.8)

Non e detto pero che esista una funzione u ∈ Kf tale che H(u) = m.Se cosı fosse potremmo procedere nel modo seguente. Supponiamo che

infv∈Kf

H(v) = m = H(u), u ∈ Kf . (6.9)

70

Allora per ogni v ∈ C10 (D):

d

dλH(u + λv)|λ=0 = 0 (6.10)

da cui risulta: ∫D

∇u · ∇vdx = −∫

D

∆uvdx = 0 (6.11)

qualora u fosse anche C2 con laplaciano in L2. Allora, per l’arbitrarietaadi v (questo e il lamma fondamentale del calcolo dell variazioni visto aMeccanica!) potremmo concludere che u e la soluzione da noi cercata.

Sfortunatamente questo argomento non funziona fino in fondo. Infattise approssimiamo l’estremo inferiore m per mezzo di una successione un ⊂Kf , al piu possiamo estrarre una sottosuccessione convergente in uno spaziopero troppo grande per riuscire a dar senso ai passaggi (6.10) e (6.11).

Tuttavia, se rinunciamo al legame diretto con il problema (6.1) (6.2),il problema di minimo che abbiamo introdotto ammette soluzione unica acosto di considerare, in luogo di Kf , uno spazio sufficientemente grande.In altre parole il problema di minimo puo essere risolto senza risolverele equazioni di Eulero -Lagrange associate (nel nostro caso l’equazione diLaplace).

Tali tipi di approcci vengono chiamati variazionali. Essi sono potentisintetici ed eleganti. Tuttavia se vogliamo recuperare le proprieta di re-golarita che ci eravamo preposti all’inizio, occorre un’ulteriore analisi pernulla agevole e, di fatto, equivalente agli approcci classici cui accenneremonel seguito (vedi Appendice E).

Purtroppo un’analisi piu approfondita di questi interessanti problemimatematici esula dagli scopi di queste note che hanno solo un carattereintroduttivo.

7. Discretizziamo.

Abbiamo visto nel precedente capitolo, che l’equazione del calore discretiz-zata ha un’interessante caratterizzazione in termini di passeggiate aleatoriesul reticolo. Le funzioni armoniche sono legate alle soluzioni stazionariedell’equazione del calore e dunque e naturale domandarsi se i problemi

71

che abbiamo affrontato fino ad ora abbiano una qualche interpretazioneprobabilistica che ci aiuti a comprendere meglio la loro struttura.

Consideriamo dunque il reticolo bidimensionale Z2 per fissare le idee,sebbene le considerazioni che seguono valgono per un reticolo a dimen-sione maggiore di due, con modifiche minori. Con le notazioni di Cap. 2introduciamo il laplaciano discretizzato:

∆u(x) =2∑

j=1

[u(x + ej) + u(x− ej)]− 4u(x) (7.1)

ove u : Z2 → R e una funzione reale definita sul reticolo (di passo uno).Dunque una funzione armonica (tale che ∆u = 0) gode della proprieta

della media locale:

u(x) =14

2∑j=1

[u(x + ej) + u(x− ej)]. (7.2)

Il problema di Laplace discretizzato si pone nella maniera seguente.Dato un insieme di siti D nel reticolo, definiamo punti interni gli elementidi D i cui 4 primi vicini siano in D. I siti primi vicini di un sito assegnatosono quelli a distanza euclidea unitaria dal sito stesso (fig. 18).

Dato un insieme D chiamiamo punti di frontiera l’insieme ∂D

∂D = D/D0 (7.3)

ove D0 e l’insieme dei punti interni di D (fig. 19).Assegnata ora una funzione f : ∂D → R vogliamo determinare u ar-

monica e tale che u|∂D = f .Un attimo di riflesione e ci si accorge subito che, se si tenta di ri-

solvere questo problema per via algebrica, si incontrano difficolta. Unmodo che ci consente di stabilire almeno l’esistenza della soluzione, consistenell’introdurre la probabilita π(x, y) di una passeggiata aleatoria, di par-tire da un punto x di D e di raggiungere il punto di frontiera y senza averraggiunto prima nessun altro punto di frontiera. Naturalmente se x ∈ ∂D

allora π(x, y) = δ(x − y). Allora, denotando con p(x, z) la probabilita disaltare da x a y in un passo, si ha l’ovvia identia:

π(x, y) =∑z∈D

p(x, z)π(z, y) x ∈ D, y ∈ ∂D. (7.4)

72

Ovviamente p(x, z) = 0 se x e z non sono primi vicini, altrimenti taleprobabilita di salto vale 1

4 .Dalla (7.4) si vede subito che π(x, y), come funzione di x a y fissato, e

armonica.Ponendo:

u(x) =∑

y∈∂D

π(z, y)f(y), (7.5)

ne segue che anche u e armonica. Inoltre, poiche π(z, y) = δ(x− y) se x ey sono siti di frontiera, si conclude anche che

u|∂D = f. (7.6)

In conclusione una soluzione al nostro problema esiste (perche esiste laquantita π(x, y) .

L’unicita della soluzione trovata segue dal principio di massimo chelasciamo al lettore dimostrare (facile).

Il teorema di esistenza e unicita trovato non ci consente tuttavia, diconcepire una strategia di calcolo della funzione u. Possiamo allora tentarela strada di minimizzare l’energia. Definiamo la forma di Dirichlet discretacome:

H(u) =12

∑〈x,y〉

x,y∈D

|u(x)− u(y)|2. (7.7)

dove 〈x, y〉 significa che stiamo sommando su tutte le coppie di D di primivicini. Annullare il gradiente di H ci fornisce la condizione:

∂u(x)H(u) =

∑y:|y−x|=1

(u(x)− u(y)) = 0. (7.8)

per ogni x ∈ D0. Da cui otteniamo che il minimo di H (se esiste!) e unafunzione armonica.

Per ottenere l’esistenza del minimo pero, dobbiamo usare altri argo-menti. Come nel caso continuo, la positivita di H ci porta a concludereche esiste :

m = infv∈F(D0)

H(v). (7.9)

Lo spazio F(D0) = R|D0|, ove |D0| e la cardinalita di |D0|, e l’insiemedi tutte la funzioni v : D0 → R. Sia ora vn una successione minimizzante,

73

cioe tale chem = lim

n→∞H(vn). (7.10)

E’ facile vedere che la successione vn e limitata. Infatti, per ogni x ∈D0 possiamo scrivere, per un cammino x0 = y, x1, . . . , xk, xk+1 = x checonnette y a x per primi vicini:

|vn(x)| ≤ |f(y)|+k∑

j=1

|vn(xj)− vn(xj−1)| (7.11)

≤ |f(y)|+√

k(k∑

j=1

|vn(xj − vn(xj−1)|2)1/2 ≤ |f(y)|+√

kH(vn)

e dunque |vn(x)| ≤ C con C indipendente da n. Possiamo allora trovareuna sottosuccessione ni comune a tutti gli x ∈ D tale che

limi→∞

vni(x) = u(x). (7.12)

Poiche H e una funzione continua (da F(D0) a R) , deve essere

H(u) = m = infv∈F(D0)

H(v) = minv∈F(D0)

H(v). (7.13)

Questo argomento ci porta a concludere che la soluzione unica al prob-lema di Laplace discretizzato si puo risolvere minimizzando una funzione eper questo esistono molti metodi di approssimazione.

8. Potenziali di strato e doppio strato

Supponiamo di voler calcolare il potenziale generato da una distribuzione dicariche disposta su una superficie regolare Σ immersa in R3. La densita dicariche su Σ e descritta da una funzione continua ρ : Σ → R. Il potenzialeassume la forma:

u(x) =∫

Σ

G(x, y)ρ(y)dσ(y) (8.1)

dove dσ(y) e la misura superficiale su Σ. u(x) e certamente ben definita sex /∈ Σ e, in questo insieme, la funzione e armonica. Si osservi inoltre che, sex0 ∈ Σ, u(x0) definito dalla (8.1) ha senso perche G(x0, y) ≈ |x0 − y|−1 se

74

x0 ≈ y. Dunque tale singolaria e integrabile in due dimensioni e l’integralee ben definito cosı come e ben definita la funzione u = u(x) per x ∈ R3.

Esercizio 1. Si dimostri che u = u(x) definita dalla (8.1) e una funzionecontinua: se x → x0 con x /∈ Σ e x0 ∈ Σ, allora u(x) → u(x0).

Esercizio 2. Usare il risultato dell’esercizio 1 per dimostrare:

limε→0

∫ρ(y1, y2)√

y21 + y2

2 + y23

f(y3

ε)dy1dy2dy3 =

∫ρ(y1, y2)√

y21 + y2

2

dy1dy2

dove f = f(x) e una funzione positiva di integrale 1 (approssimante unaδ).

Esercizio 3. Sia Σ = x3 = 0 un piano. Si consideri la distribuzionedi cariche di volume:

ρε(x1, x2, x3) = ρ(x1, x2)e

x23

ε

√πε

e il potenziale da essa generato:

uε(x1, x2, x3) =14π

∫ρε(y1, y2, y3)√

(x1 − y1)2 + (x2 − y2)2 + (x3 − y3)2dy1dy2dy3

Si dimostri che uε → u puntualmente, ove:

u(x1, x2, x3) =14π

∫ρ(y1, y2)√

(x1 − y1)2 + (x2 − y2)2 + x23

dy1dy2

Esercizio 4. Si formulino e risolvano gli esercizi visti sopra nel caso diR2 (considerando la funzione di Green bidimensionale G(x, y) = − 1

2π log |x−y|.

Consideriamo ora due cariche puntiformi localizzate nei punti y e y+hn,dove h e un piccolo parametro e n e un versore prefissato. Le due carichevalgono −h−1 e h−1. Tale configurazione di cariche prende il nome didipolo.

Si noti che le cariche devono divergere in ragione inversamente pro-porzionale alla distanza. Se esse rimanessero costanti la loro azione sulpunto potenziato tenderebbe a svanire.

75

Inoltre il potenziale uh generato dal dipolo soddisfa all’equazione:

−∆uh(x) =1h

[δ(x− y − hn)− δ(x− y)]. (8.2)

Siamo ora tentati di investigare il limite h → 0. E’ immediato ri-conoscere che uh converge, nel senso delle distribuzioni, a v soluzione delproblema:

∆v(x) =d

dnδ(x− y) (8.3)

dove ddn e la derivata direzionale rispetto alla variabile x lungo n (che in

questo caso va intesa in senso distribuzionale). Piu esplicitamente, dalla(8.2) posiamo scrivere:

uh(x) =1h

[G(x, y + hn)−G(x, y)]

e dunque:

v(x) = limh→0

uh(x) =d

dnG(x, y) =

14π

d

dn

1|x− y|

dove la derivata direzionale e fatta rispetto alla variabile y e il limite vainteso in senso ordinario. Dunque:

v(x) = ∇yG(x, y) · n =14π

cos(x− y, n)|x− y|2

(8.4)

Con la notazione cos(x− y, n) intendiamo il coseno dell’angolo formatotra il vettore x− y e n.

La funzione v = v(x) data dalla (8.4) e definita per x 6= y, e armonicae descrive il potenziale generato da un dipolo puntiforme. Si osservi chela singolarita per x ≈ y e O(|x − y|−2) e quindi piu forte di quella creatadall’usuale potenziale di singola carica.

Data una superficie Σ, consideriamo una distribuzione continua di dipoliµ : Σ → R su di essa. Per un dipolo dobbiamo considerare non solo ladensita di carica µ, ma anche la direzione. Assumeremo che tale direzionesia la normale n alla superficie (dal meno al piu come in figura 21). Ilpotenziale generato da tale superficie sara dunque:

v(x) =14π

∫Σ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y) (8.5)

76

L’espressione (8.5) prende il nome di potenziale di doppio strato. Siosservi che la (8.5) e perfettamente ben definita, non solo in R3/Σ dovev e armonica, ma anche per x ∈ Σ. Infatti per x ≈ y, (con x, y ∈ Σ),cos(x−y, n) ≈ |x−y| e dunque la singolarita nell’integrale (8.5) e dell’ordinedi |x− y|−1 la qual cosa rende perfettamente convergente l’integrale anchese x ∈ Σ.

Dunque la funzione v sara pensata definita ovunque compresi i puntidella superficie. Tuttavia, anche se il potenziale generato da un doppiostrato ha senso se calcolato sulla superficie, la funzione v(x) non e continuanell’attraversamento della superficie stessa (a differenza del potenziale disingolo strato che abbiamo visto essere continuo). Per vedere questo fattoconviene, inizialmente, considerare il semplice caso di una superficie piattaΣ = x3 = 0. In questo caso si ha:

v(x1, x2, x3) =14π

∫ ∫dy1dy2µ(y1, y2)

cos θ

(x1 − y1)2 + (x2 − y2)2 + (x3 − y3)2

dove θ e l’angolo formato dall’asse delle x3 e dal vettore x− y.Per semplificare le notazioni possiamo assumere il punto x potenziato,

sull’asse delle x3 e dunque l’espressione assume la forma:

v(0, 0, x3) =14π

∫ ∫dy1dy2µ(y1, y2)

x3

(y21 + y2

2 + x23)3/2

. (8.6)

Vogliamo investigare il limite x3 → 0 dell’espressione (8.6). Posto x3 =±ε, con ε > 0 e operando un opportuno cambio di variabili si ottiene:

v(0, 0,±ε) = ± 14π

∫ ∫dy1dy2µ(εy1, εy2)

1(y2

1 + y22 + 1)3/2

. (8.7)

Poiche vale ∫ ∫dy1dy2

1(y2

1 + y22 + 1)3/2

= 2π

e µ e una funzione continua, ne consegue che:

limx3→0±

v(0, 0, x3) = ±12µ(0, 0)

o, in generale,

limx3→0±

v(x1, x2, x3) = ±12µ(x1, x2).

77

Dunque v(x) dato dalla (8.5) e una funzione che ha una discontinuitadi salto per x3 = 0 e il salto e dato dalla denita µ calcolata nel punto diattraveramento della superficie.

Esercizio 5. Nella precedente dimostrazione abbiamo calcolato la dis-continuita attraversando la superficie Σ trasversalmente. Si dimostri che ilrisultato non cambia se la superficie e attraversata in maniera arbitraria.

Esercizio 6 Posto

vδ(0, 0,±ε) =14π

∫ ∫|y2

1+y22 |<δ2

µ(y1, y2)x3

(y21 + y2

2 + x23)3/2

dy1dy2

con |x3| = ε e ε/δ → 0. Dimostrare che:

limx3→0±

vδ(0, 0, x3) = ±12µ(0, 0)

e dunque l’unico contributo dell’integrale al limite viene da un piccolo in-torno dell’origine.

Siamo ora in posizione di considerare il caso generale. Si consideri unasuperficie regolare Σ, x0 ∈ Σ e Iδ:

Iδ = Σ ∩ x||x− x0| < δ

l’intersezione di Σ con una sfera di raggio δ attorno al punto x0. Alloraper x /∈ Σ;

v(x) =14π

∫Iδ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y)+

14π

∫Σ/Iδ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y).

Posto ε = |(x − x0) · n|, dove n e la normale in x0 a Σ e consideriamoora il limite ε → 0, δ → 0, ε/δ → 0. Il primo integrale puo essere calcolatocome nel caso piatto (con un piccolo errore dipendente da o(δ) (si vedal’esercizio 6), mentre il secondo integrale converge a

14π

∫Σ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y).

78

In conclusione arriviamo all’importante formula:

limx→x±0

v(x) = ±12µ(x0) +

14π

∫Σ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y). (8.8)

Si noti che nel caso piatto il contributo dell’integrale nel membro didestra della (8.8) svanisce perche cos(x0 − y, n) = 0.

La formula (8.8) costituisce un utile strumento per la soluzione delproblema di Dirichlet per l’equazione di Laplace (vedi Appendice E).

Passiamo ora ad analizzare il comportamento del campo elettrico E

generato da una distribuzione superficiale di cariche su una superficie Σ.Saremmo tentati di scrivere l’uguaglianza:

−E(x) ≡ ∇u(x) =∫

Σ

∇G(x, y)ρ(y)dσ(y). (8.9)

Al solito il membro di destra della (8.9) ha perfettamente senso perx /∈ Σ e si puo facilmente dimostrare che in quest’ipotesi si puo differenziarela (8.1) sotto il segno di integrale e dunque la (8.9) vale. I problemi nasconoquando si vuole calcolare il campo E su Σ. Poiche ∇G(x, y) = − 1

4π(x−y)|x−y|3 ,

la singolarita non e integrabile per cui il campo E non ha un ovvio sensose calcolato su Σ. Se proiettiamo E lungo la direzione normale n allasuperficie in un punto x0 abbiamo la seguente espressione:

−E(x) · n =∂u

∂n(x) = − 1

∫Σ

ρ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y). (8.10)

che e, a meno di un segno, il potenziale di doppio strato. Dunque la compo-nente normale del campo ammette una discontinuita di salto nell’attraversamentodella superficie e tale discontinuita e data dalla densita di carica ρ(x0).Procedendo come nel caso del potenziale di doppio strato otteniamo leformule:

limx→x±0

∂u

∂n(x) = ∓1

2ρ(x0) +

14π

∫Σ

ρ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y). (8.11)

Non e difficile dimostrare che invece la componente tangente del campoE e continua (vedi esercizio seguente). Omettiamo per brevita i dettagli.

Esercizio 7 Si consideri una distribuzione di cariche sulla retta x2 =0 in R2, e il potenziale bidimensionale G(x, y) = − 1

2π log |x − y|. Si cal-coli il campo E(0, x2) e le proprieta di continuita per x2 → 0± delle duecomponenti Ei, i = 1, 2.

79

9. Disuguaglianza di Harnack e Teorema di

Liouville

Abbiamo visto, in paragrafo 5, come la soluzione unica del problema diDirichlet sulla sfera unitaria puo esprimersi per mezzo della formula:

u(x) =14π

∫|y|=1

1− |x|2

|y − x|3f(y)σ(dy). (9.1)

Dalla formula (9.1), mediante un cambiamento di scala, si puo ricavareal soluzione del problema di Dirichlet per una sfera SR, centrata in O edi raggio R. Infatti se f e il dato sulla sfera SR e u e la soluzione di taleproblema, ne segue che v(x) = u(R−1x) e armonica in S1 ed assume su∂S1 il valore g(x) = f(R−1x). Applicando a v la formula (9.1) si pervieneper u facilmente all’espressione:

u(x) =1

4πR

∫|y|=R

R2 − |x|2

|y − x|3f(y)σ(dy). (9.2)

La formula (9.2) e molto utile per dimostrare il teorema di Liouvillein R3 (la dimostrazione per Rn con n > 3 e uguale a quella che stiamoper discutere, mentre lo stesso teorema per n = 2 e gia stato trattato permezzo della Teoria delle funzioni olomorfe).

Cominciamo col dimostrare la non esistenza di funzioni armoniche intutto lo spazio positive o nulle che non siano costanti. Sia per assurdou > 0 una tale funzione. Per la formula (9.2) e per l’ovvia disuguaglianzavalida per x ∈ SR, y ∈ ∂SR:

R− |x| ≤ |x− y| ≤ R + |x|

si ha

14πR

R− |x|(R + |x|)2

∫|y|=R

u(y) ≤ u(x) ≤ 14πR

R + |x|(R− |x|)2

∫|y|=R

u(y)

da cui, utilizzando il teorema della media si ottiene la disuguaglianza(dovuta ad Harnack):

RR− |x|

(R + |x|)2u(0) ≤ u(x) ≤ R

R + |x|(R− |x|)2

u(0). (9.3)

80

La disuguaglianza (9.3) controlla le variazioni di una generica funzionearmonica ed ha un interesse intrinseco.

Prendendo ora il limite R → ∞ ne segue che u(x) = u(0) e dunqueu =cost, contro le ipotesi. Ugualmente si dimostra la non esistenza difunzioni globalmente armoniche non positive.

Come corollario di quanto visto si dimostra la non esistenza di funzioniglobalmente armoniche uniformemente limitate. Sia infatti u globalmentearmonica e tale che u < M . Allora u −M e ancora armonica e negativa.Ne segue che u−M =cost.

Esercizio 1. Risolvere il problema ellittico:

−∆u(x) = ρ(x), x ∈ D

u(x) = f(x) x ∈ ∂D

e dare un’esplicita formula risolutiva nel caso che D sia il cerchio unitario.

Fino adesso abbiamo trattato il problema di Dirichlet per problemi indomini limitati, se si eccettua il caso del semispazio risolto esplicitamente.Si osservi che il problema esterno a un dominio D, cioe la soluzione delproblema di Laplace ∆u = 0 in R3/D con condizioni al contorno asseg-nate, e gia stato in pratica risolto dalla stessa formula che ci fornisce lasoluzione del problema interno, in termini del potenziale di doppio strato,con la stessa densita µ, ma valutata per x ∈ R3/D. Si osservi che per talepotenziale u vale il comportamento asintotico:

lim|x|→∞

u(x) = 0. (9.4)

Non e difficile dimostrare (lasciamo al lettore la dimostrazione per es-ercizio, per mezzo del principio di massimo) che nelle ipotesi (9.4), esisteun’unica funzione armonica in R3/D che assume condizioni assegante albordo ∂D .

Esercizio 2. Siano u1 e u2 le soluzioni del problema di Dirichlet in D

con condizioni assegante f1 e f2. Si dimostri che:

‖u1 − u2‖∞ ≤ C‖f1 − f2‖∞.

Esercizio 3. Si dimostri l’equivalent della formula (9.3) nel caso n = 2.

81

Appendice

A. Serie di Fourier

Si consideri una funzione periodica f : R → R di periodo L. Cio significache, per ogni x ∈ R, f(x + L) = f(x). Ad esempio

sin2π

L, cos

L

sono funzioni periodiche di periodo L.Vogliamo esprimere una tale funzione come combinazione lineare di seni

e coseni di frequenze multiple di 1L :

f(x) =a0

2+

∞∑k=1

ak cos k2π

Lx + Bk sin k

Lx. (A.1)

Esprimendo i seni e coseni in termini di esponenziali complessi, possi-amo riscrivere la formula (A,1) come:

f(x) =+∞∑

k=−∞

ckei 2πkL x (A.2)

Si noti che i coefficienti ck sono complessi. La serie (A.2), se conver-gente, definisce una funzione reale f se e solo se:

ck = c−k.

Il passaggio dalla (A.1) alla (A.2) e fatto solo per convenienza: si lavorameglio con gli esponenziali che con i seni e coseni.

Le serie (A.1) a (A.2) vengono dette serie di Fourier.Ammettendo che la formula di rappresentazione (A.2) valga, usando il

fatto che:1L

∫ L

0

e−i 2πkL xei 2πj

L xdx = δj,k

si determinano facilmente i coefficienti:

ck =1L

∫ L

0

e−i 2πkL xf(x)dx (A.3)

La (A.3) si ottiene moltiplicando per e−i 2πkL x la (A.2) e integrando.

82

I coefficienti ck si chiamano coefficienti di Fourier.Ci possiamo domandare se la serie (A.2), con i coefficienti ck dati dalla

(A.3), e convergente e, in caso affermativo, se la serie converege a f . Valeil seguente teorema:

Teorema Sia f periodica, f ∈ C1(R) allora la serie (A.2) convergeuniformemente a f . Se f ∈ C2([0, L]) la convergenza e anche assoluta.

In realta basta meno regolarita. Vedi la monografia Kolmogorov-Fomine:Elements de la theorie des fonctions et de l’analyse fonctionelle.

Esiste un legame tra la regolarita di f e il decadimento dei coefficientick per grandi k. Dalla (A.3), integrando per parti:

ck =1

2πk

∫ L

0

dxd

dxe−i 2πk

L xf(x) = − 12πk

∫ L

0

dxe−i 2πkL xf ′(x) (A.4)

Dalla (A.4) segue che i coefficienti di Fourier di f ′ sono 2ikck, se ck

sono i coefficienti di Fourier della f . L’argomento puo essere iterato percui, denotando con c

(n)k i coefficienti di Fourier della derivata n-ma, si

ottiene:c(n)k = (2ikck)n. (A.5)

Da cio segue anche che, se f ∈ C2([0, L]), la serie (A.2) converge assoluta-mente.

Quanto detto puo riformularsi in termini di seni e coseni. Le stesse con-dizioni del Teorema appena enunciato, garantiscono la convergenza dellaserie (A.1). I coefficienti ak e bk si calcolano per mezzo della serie esponen-ziale oppure per calcolo diretto. Risulta:

ak =2L

∫ L

0

f(x) cos2πk

Lxdx; k = 0, 1 . . . (A.6)

bk =2L

∫ L

0

f(x) sin2πk

Lxdx; k = 1 . . . (A.7)

Non e difficile dimostrare le affermazioni seguenti. Consideriamo lefunzioni

ek =1√L

e−i 2πkL x, k ∈ Z.

83

Esse costituiscono una base ortonormale in L2([0, L]). E’ un fatto generaleche una generica funzione f ∈ L2([0, L]) puo essere espressa nel modoseguente:

f(x) =+∞∑

k=−∞

(f, ek)ek (A.8)

dove (f, g) denota il prodotto scalare in f ∈ L2([0, L]). La (1.8) e esat-tamente la serie di Fourier (A.2) e quindi tale serie ha anche senso, comeserie convergente in f ∈ L2([0, L]). L’applicazione

f ∈ L2([0, L]) → ck ∈ `2(Z) (A.9)

e un isomorfismo Hilbertiano.

B. Cenni di teoria delle distribuzioni

Cominciamo col considerare un semplice esempio. Sia g(x) = |x|. Risultag′(x) = sgn(x) ma g non e differenziabile due volte. Sia f una funzioneinfinitmente differenziabile a supporto compatto. Se g′′ esistesse potremmo,integrando per parti, scrivere∫ ∞

∞g′′(x)f(x) = −

∫ ∞

∞g′(x)f ′(x). (B.1)

Un semplice calcolo mostra che il membro di destra della (B.1), che haperfettamente senso, vale 2f(0). Siamo dunque tentati di definire g′′(x)dx

come una misura.Lo spirito di questa procedura e che oggetti singolari possono avere

senso se integrati con funzioni regolari e questo ci porta naturalmente aconsiderare il concetto di distribuzione. Cominciamo con l’introdurre lospazio delle funzioni test in R1. Una funzione test e una funzione infinita-mente differenziabile a supporto compatto. Denotiamo con D lo spazio diqueste funzioni. D e munito di una topologia che esprimeremo mediante lanozione di convergenza. Una successione fn si dice convergente in D a f ,se fn e tutte le sue derivate convergono uniformemente a f e a tutte le suederivate. Come si vede tale nozione di convergenza e molto forte.

Denotiamo con D′ lo spazio di tutti i funzionali lineari e continui su D.Un tale funzionale lineare sara denotato con:

〈t, f〉, f ∈ D

84

e dunque, per c1, c2 ∈ R:

〈t, c1f1 + c2f2〉 = c1〈t, f1〉+ c2〈t, f2〉, f1, f2 ∈ D,

〈t, fn〉 → 〈t, f〉

se la successione fn ⊂ D e convergente in D.

E’ facile verificare che, se g e localmente integrabile, la distribuzione tg

definita da:〈tg, f〉 =

∫g(x)f(x)dx

(tutti gli integrali senza limiti di integrazione sono intesi da −∞ a +∞) hasenso come elemento di D′. Nel seguito useremo la notazione piu pratica〈g, f〉 in luogo di 〈tg, f〉. Si noti che D′ contiene oggetti piu singolari qualiad esmpio le misure Boreliane su R. In particolare la distribuzione δ edefinita da:

〈δ, f〉 = f(0). (B.2)

E’ possibile definire operazioni sulle ditribuzioni. Se t1 e t2 sono dueditribuzioni, allora t1 + t2 definita in maniera ovvia come:

〈t1 + t2, f〉 = 〈t1, f〉+ 〈t2, f〉

e ancora un elemento di D′ la qual cosa rende quest’ultimo uno spaziolineare.

Si noti pero che D′ non e un’algebra: il prodotto di due distribuzioninon e definibile in maniera sensata (si tenti ad esempio di dare un senso aδ2). Tuttavia se g ∈ D, e t ∈ D′ allora e possibile definire gt come quelladistribuzione definita da:

〈tg, f〉 = 〈t, gf〉.

Il punto centrale di questa teoria e che e possibile definire la derivata diuna distribuzione per dualita. Se t ∈ D′ allora si definisce t(n), la derivatan–sima di t per mezzo della relazione:

〈t(n), f〉 = (−1)n〈t, f (n)〉 (B.3)

85

Esercizio 1. Si calcolino le prime quattro derivate nel senso delledistribuzioni della funzione di Heaviside definita da

H(x) = 0, x < 0;H(x) = 1, x ≥ 0

E’ naturale introdurre una topologia nello spazioD′ attraverso la seguentenozione di convergenza: tn una successione in D′ e convergente in D′ seaccade che:

〈tn, f〉 → 〈t, f〉

per ogni f ∈ D.

Esercizio 2 Se t ∈ D′, definiamo th ∈ D′ per mezzo della formula:

〈th, f〉 = 〈t, f−h〉

dove fh(x) = f(x−h), dove f e fh sono ovviamente in D. Dimostrare che:

t′ = limh→0

th − t

h

Esercizio 3 E’ spesso comodo introdurre approssimazioni della δ permezzo di funzioni regolari o almeno L1(R). Dimostrare che le seguentisuccessioni di funzioni L1(R) ( o L1 locali) sono convergenti nel senso delledistribuzioni alla δ(x)

1) gn(x) =e−nx2

(πn)1/2

2) gn(x) = 2nχIn

dove χA e la funzione caratteristica dell’insieme A e In = [−1/n, 1/n].

3) gn(x) = nφ(nx)

dove φ = φ(x) una funzione positiva e tale che∫

φ(x)dx = 1.

Esempio. Il seguente limite vale nel senso delle distribuzioni:

limk→∞

sin kx

πx= δ(x).

86

Infatti se f ∈ C∞([−M,M ]) si ha:∫ M

−M

sin kx

xf(x) =

∫ M

−M

f(x)− f(0)x

sin kx + f(0)∫ M

−M

sin kx

x.

Si osservi che il primo termine del membro di destra tende a zero per ilteorema di Riemann-Lebesgue, in quanto la funzione f(x)−f(0)

x e integrabile.D’altra parte:

limk→∞

∫ M

−M

sin kx

xdx = lim

k→∞

∫ M/k

−M/k

sinx

xdx

converge all’integrale improprio:∫ ∞

−∞

sinx

xdx = −i

∫ ∞

−∞

eix

x

che puo essere calcolato facilmente in campo complesso. Il risultato e π

(infatti la funzione ez

z ha un polo in zero).Usando il fatto che:

sin kx

πx=

12π

∫ k

−k

eipxdp

si ottiene la seguente utile rappresentazione della δ:

δ(x− y) =12π

∫ ∞

−∞eip(x−y)dp

87

C. Trasformata di Fourier

In quest’appendice richiamiamo alcune proprieta della trasformata di Fouriere di Laplace.

Sia f ∈ L1(R) ( a valori complessi), si definisce trasformata di Fourierdi f la funzione f : R → R:

f(p) = Ff(p) =1√2π

∫R

e−ipxf(x)dx. (C.1)

L’interesse principale di tale trasformazione risiede nel fatto che l’operazionedi derivazione e particolarmente semplice se letta in trasformata di Fourier.Piu precisamente dalla definizione (C.1), assumendo anche che f ∈ C1(R),segue facilmente che:

Ff ′(p) = ipFf(p) = ipf(p), (C.2)

la qual cosa riduce la derivazione ad una semplice moltiplicazione per ip.E’ facile vedere che l’applicazione f → Ff non manda L1 in se. In-

fatti da una parte la trasformata di Fourier regolarizza, come si vededalla definizione, verificando che p → f(p) e continua. Dall’altra ci siconvince immediatamente che le proprieta di decadimento all’infinito nonsono garantite. Infatti se f = χ[0,1], la funzione caratteristica dell’intervallo[0, 1], risulta

f(p) =1√2π

∫ 1

0

e−ipx =1− e−ip

ip, (C.3)

che decade in maniera non integrabile.In generale si verifica immediatamente con un’integrazione per parti che

valgono l’ seguenti relazioni per n intero:

F d(n)f

dxn(p) = (ip)nf(p) (C.4)

dove abbiamo assunto che f ∈ L1 ∩ Cn: Inoltre

F((−ix)nf)(p) =d(n)f

dpn(p) (C.5)

dove abbiamo assunto che f non e solo L1, ma decade all’infinito in manierasufficientemente rapida: piu rapidamente di |x|−n.

Le (C.4) e (C.5) ci dicono che tanto piu la f e liscia (con questo inten-diamo buone proprieta di differenziabilita), tanto piu la sua trasformata

88

di Fourier decade all’infinito. Viceversa, tanto piu f ha buone proprietadi decadimento, tanto piu f e liscia. Questa considerazione suggeriscel’introduzione di uno spazio che sia stabile per l’applicazione della trasfor-mata di Fourier. Tale spazio si chiama spazio di funzioni a decrescenzarapida, si denota con S e consiste di tutte le funzioni C∞(R) che decadonoall’infinito piu rapidamente di ogni polinomio. E’ facile verificare che:

F : S → S (C.6)

tale applicazione e invertibile e inoltre:

FF−1 = 1. (C.7)

La (C.7) segue dalla rappresentazione:

δ(x− y) =12π

∫ ∞

−∞eip(x−y)dp

Dalla (C.7) segue anche che l’applicazione (C.6) e iniettiva e surgettiva.Si noti inoltre che l’applicazione (C.7) e isometrica per la norma L2:

‖f‖L2 = ‖f‖L2 . (C.8)

Lo spazio S puo essere munito della stessa topologia di D (determinatadalla nozione di convergenza uniforme sui compatti di tutte le derivate).Cio suggerisce anche l’introduzione di uno spazio di distribuzioni, S ′, chesono gli elementi del duale di S. Poiche D ⊂ S, ne segue che S ′ ⊂ D′. Adesempio la funzione:

t(x) = exp expx

e una distribuzione in D′ ma non e in S ′ infatti non e necessariamentefinito l’integrale di t contro una funzione a decrescenza rapida. Parlandorozzamente, le distribuzioni di S ′ sono oggetti che crescono all’infinito alpiu come polinomi (di qualunque grado). Per questa crescita moderata ledistribuzioni di S ′ vengono dette distribuzioni temperate. Naturalmente laδ e le sue derivate sono distribuzioni temperate.

Se f, g ∈ S allora:〈Ff,Fg〉 = 〈f, g〉. (C.9)

Cio suggerisce di definire trasformata di Fourier Ft = t di una dis-tribuzione temperata t, la distribuzione definita da:

〈t, f〉 = 〈t, f〉. (C.10)

89

Si noti che tale definizione non e applicabile alle distribuzioni di D′

perche se f ∈ D non necessariamente f e in D e quindi il membro di destradella (C.10) non avrebbe senso.

Si calcolino, per esercizio, la trasformata di Fourier della distribuzionetemperata δ(x− x0) e delle sue prime due derivate.

Citiamo infine un importante proprieta della trasformata di Fourierrispetto al prodotto di convoluzione. Si definisce prodotto di convoluzionetra due funzioni f e g ∈ S la funzione:

f ∗ g(x) =∫

f(x− y)g(y)dy.

Allora:F(f ∗ g) =

√2πf g. (C.11)

Anche questa proprieta e di facile verifica.

L’aspetto piu rilevante della trasformata di Fourier e che essa diagonal-izza l’operatore di derivazione (e dunque tutte le sue potenze). Questa e unaproprieta utile per le applicazioni. Ad esempio se u(x, t) risolve l’equazionedelle onde, la sua trasformata di Fourier u(k, t) risolve l’equazione

d

dtu(k, t) = −k2u(k, t).

Tale equazione puo essere risolta facilmente: per ogni k e l’equazione diun oscillatore armonico. La soluzione nella variabile naturale x si ottieneantitrasformando la soluzione u(k, t):

u(x, t) =1√2π

∫e−ikxu(k, t)dk.

Il calcolo esplicito di questo integrale pero non e sempre agevole. Indimensione 1 si puo ottenere facilmente la formula di D’Alambert (si con-siglia il calcolo per esercizio). Le analoghe formule in dimensione 2 e 3richiedono calcoli piu laboriosi.

D. Interpretazione probabilistica dell’equazione

del calore.

Ritorniamo al paragrafo 1 di Cap II dove abbiamo derivato microscopi-camente una versione discretizzata dell’equazione del calore da un punto

90

di vista probabilistico. Vogliamo vedere se, anche nel caso continuo, lesoluzioni dell’equazione del calore possono essere interpretate come sommesu cammini. Come vedremo, cio e possibile e il risultato sara una rappre-sentazione suggestiva, ma anche tecnicamente utile.

La costruzione che faremo, al fine di evitare argomenti probabilisticiforse non noti al lettore, sara di tipo astratto. Ci limiteremo a considerare ilcaso unidimensionale, ma e facile convincersi che tutti gli argomenti trattatisi estendono senza difficolta al caso multidimensionale.

Cosideriamo R la compattificazione a un punto della retta reale e lospazio:

Ω =∏

t∈[0,T ]

Rt (D.1)

dove Rt = R per ogni t ∈ [0, T ]. Dunque ω ∈ Ω e una qualunque funzionet → ω(t) (detta nel seguito traiettoria) senza nessuna proprieta di regolaritae che puo assumere anche il valore del punto all’infinito !

Tuttavia Ω e uno spazio topologico compatto essendo uno spazio prodottodi compatti. Su Ω possiamo definire opportune funzioni continue nel modoseguente. Sia F ∈ C(Rk) e t1 . . . tk una successione finita di k istanti in[0, T ]. Allora:

f(ω) = F (ω(t1) . . . ω(tk)) (D.2)

e una funzione continua f : Ω → R.Al variare di k, di tutte le possibili successioni di istanti t1 . . . tk, e

di tutte le possibili funzioni F ∈ C(Rk) generiamo un insieme di funzionicontinue che denotiamo C. C e un’algebra.

Si osservi che le funzioni f ∈ C sono funzioni che dipendono dalle trai-ettrorie ω solo attraverso i valori che esse assumono in un numero finitodi istanti noti t1 . . . tk. Tuttavia tali funzioni sono, per il Teorema didensita di Stone, uniformemente dense nell’algebra delle funzioni continuein Ω. Infatti C sono un algebra di funzioni che separa i punti e contienel’identita.

Consideriamo ora la funzione di Green per il problema del calore in R:

gt(x) =e−

x24t

(4πt)1/2(D.3)

e, per una funzione f ∈ C del tipo (3.2) per cui t > tk > tk−1 . . . t1 > 0,

91

definiamo:P t

x,y(f) =∫

dy1

∫dy2 . . .

∫dyk

gt−tk(y − yk)gtk−tk−1(yk − yk−1) . . . gt1(y1 − x)F (y1 . . . yk). (D.4)

L’applicazione f ∈ C → P tx,y(f) e un funzionale lineare per cui vale la

stima:|P t

x,y(f)| ≤ gt(x− y)‖F‖∞ (D.5)

e che dunque (essendo continuo) puo essere esteso si tutto C(Ω).Per il Teorema di Riesz-Markov, esiste una misura positiva su Ω per

cui:P t

x,y(f) =∫

P tx,y(dω)f(ω). (D.6)

Tale misura si chiama misura di Wiener ed e a priori concentrata sulletraiettorie di Ω tali che ω(0) = x e ω(t) = y.

Si noti che a priori P tx,y(dω) e definita su uno spazio enorme di traietto-

rie. In realta si puo dimostrare che P tx,y(dω) e supportata sulle traiettorie

continue, piu precisamente su traiettorie Holderiane di esponente α < 1/2ma la P t

x,y(dω)-misura delle traiettorie differenziabili e nulla.Per visualizzare le traiettorie ”tipiche”, possiamo pensare a un moto

continuo, ma molto erratico.Non diamo la dimostrazione di queste affermazioni (un po’ tecniche),

ma andiamo avanti a vedere le conseguenze di questa analisi sulle soluzionidell’equazione del calore.

Definiamo ora un’altra misura su P tx(dω) su Ω definita dalla relazione:∫

Ω

P tx(dω)f(ω) =

∫R

dy

∫Ω

P tx,y(dω)f(ω). (D.7)

La (D.7) definisce una misura, ancora sulla base del Teorema di Riesz-Markov. E’ anche ovvio che le proprieta di supporto di P t

x(dω) sono lestesse di P t

x,y(dω). Si noti inoltre che∫

P tx(dω) = 1 e dunque P t

x(dω) e unamisura di probabilita. Infine si osservi che se

f(ω) = F (ω(t)) (D.8)

( f dipende solo dal valore della traiettoria al tempo t), si ha che:∫R

F (y)dy

∫Ω

P tx,y(dω) =

∫R

dy

∫Ω

P tx,y(dω)F (ω(t)) =

∫Ω

P tx(dω)F (ω(t))

(D.9)

92

Stabiliamo ora un interessante connessione con l’equazione del calore.Poiche ∫

P tx,y(dω)1 = gt(x− y) (D.10)

ne segue che:

e∆tu0(x) =∫

Ru(y)

∫P t

x,y(dω) =∫

Ω

P tx(dω)u(ω(t)) (D.11)

dove con e∆t indichiamo l’operatore soluzione dell’equazione del calore.Dalla (D.11) ne segue che tale soluzione puo essere espressa per mezzo diun integrale, rispetto a una misura di probabilita, su tutte le traiettorieche partono da x.

Una formula analoga alla (D.11) puo essere ottenuta a partire dalleconsiderazioni svolte in paragrafo 1 per l’equazione del calore discretizzata:la soluzione puo’ essere facilmente espressa in termini di una somma sututte le passeggiate aleatorie. Lasciamo al lettore per esercizio il ricavarlaesplicitamente.

E. Problema di Dirichlet per l’equazione di

Laplace: cenno al metodo di doppio strato

Ricordiamo preliminarmente alcuni fatti di algebra lineare che dovrebberoessere gia noti al lettore.

Consideriamo lo spazio H = Cn e denotiamo il prodotto scalare nelmodo seguente: (f, g) =

∑nj=1 fjgj . Sia data l’equazione lineare

Af = g (E.1)

in H. A e una matrice n× n e si denotera con A∗ la sua matrice aggiunta((A∗)i,j = (A)j,i). Denotiamo con KerA il nucleo di A, con RA il codo-minio di A e con RanA = dimRA il suo rango (cioe la dimensione del suocodominio).

E’ ben noto che se KerA = ∅ allora l’equazione (E.1) e risolubile perogni g ∈ H.

Teorema ESia Ker 6= ∅ e dim (KerA) = k. Allora dim (KerA∗) = k. Siano

u1 . . . uk ∈ Ker A∗ k vettori linearmente indipendenti. Allora l’equazione(E.1) e risolubile se e solo se (g, uj) = 0 per ogni j = 1 . . . k.

93

Dim. Se u ∈ KerA∗ allora:

(A∗u, v) = (u, Av) (E.2)

per ogni v ∈ H. Ci si convince allora che KerA∗ ⊥ RA e in piu che:

H = KerA∗⊕

RA

H = KerA⊕

R∗A (E.3)

Quindi per un generico u ∈ H possiamo scrivere in maniera unica:

u = u1 + u2 (E.4)

con u1 ∈ KerA e u2 ∈ RA∗ .Dalla relazione:

Au = Au1 + Au2 = Au2

poiamo dedurre che:

RanA = dimA(RA∗) ≤ dimRA∗ = RanA∗.

Scambiando i ruoli tra A e A∗ si evince che RanA = RanA∗ e, passandoai sottospazi complementari:

dim(KerA∗) = dim(KerA).

Infine se g e ortogonale a KerA∗ ne segue che g ∈ RA e dunque l’equazione(E.1) e risolubile.

Come corollario abbiamo il seguente teorema di alternativa.Corollario.Vale una e soltanto una delle affermazioni seguenti1) l’equazione (I −A)f = g ha soluzione per ogni g ∈ H;2) l’equazione A∗f = f ammette soluzioni non banali

Le precedenti considerazioni valgono naturalmente anche nel caso chela matrice A sia considerata in Rn. In questo caso alla matrice aggiunta vasostituita la matrice trasposta.

Veniamo ora al problema della costruzione la soluzione u ∈ C2(D) ∩C1D) del problema:

∆u(x) = 0, x ∈ D (E.5)

94

u = f, x ∈ ∂D (E.6)

dove f ∈ C(∂D) e assegnata e D ⊂ Rn, n = 2, 3 e un dominio regolare elimitato.

L’idea e quella di esprimere la soluzione di questo problema, se esiste,nella forma di potenziale di doppio strato:

u(x) =14π

∫Σ

µ(y)cos(x− y, n)|x− y|2

dσ(y) =∫

Σ

µ(y)K(x, y)dσ(y). (E.7)

Per semplicita notazionale abbiamo posto:

K(x, y) =14π

cos(x− y, n)|x− y|2

.

Naturalmente u e una funzione armonica in D quindi e soluzione della(8.1-1). La distribuzione di dipolo µ non e a priori nota. La si vuoledeterminare imponendo per u le condizioni al contorno (E.6).

Se u e soluzione della (E.5), in virtu della formula (8.8) abbiamo (po-nendo ∂D = Σ):

f(x) = −12µ(x) +

∫Σ

µ(y)K(x, y)dσ(y). (E.8)

che e un’equazione integrale nell’incognita µ sul dominio Σ.Purtroppo non abbiamo studiato la teoria delle equazioni integrali che

ci consente di studiare a fondo l’eq. (E.8), possiamo pero dare un’idea dicome si procede in questo caso.

Si osservi che l’applicazione

µ →∫

Σ

µ(y)K(x, y)dσ(y) := Kµ(x).

e un operatore lineare in qualche spazio di funzioni che, per fissare le idee,penseremo essere L2(Σ). Dunque l’equazione (E.8) e un’equazione linearedel tipo

f = −12µ + Kµ (E.9)

da risolversi nello spazio di Hilbert L2(Σ), nellincognita µ, con l’operatoreK e il dato f assegnati.

95

Se K fosse una matrice e non un operatore su uno spazio funzionale,potremmo applicare il Corollario per cui si hanno soluzioni della (E.8) sel’equazione:

12µ(x) =

∫Σ

µ(y)K(x, y)dσ(y). (E.10)

ammette solo la soluzione nulla. Si noti che l’operatore K e simmetrico:K = K∗.

L’applicabilita del Teorema di alternativa, che abbiamo formulato permatrici, al nostro case operatoriale, puo essere giustificato dalla Teoria diFredholm, che vale per operatori compatti che sono una classe speciale dioperatori che si comportano in maniera molto simile alle matrici. None difficile dimostrare che l’operatore K e in effetti compatto per cui ilTeorema dell’alternativa invocato puo essere applicato.

Per escludere soluzioni non banali della (E.10) procediamo per assurdo.Sia µ ∈ C(Σ) una soluzione non banale della (E.10). Il potenziale u gen-erato da questa distribuzione di strato singolo e una funzione armonica inR3/∂D, che ha derivata normale esterna ( ∂u

∂n (x))+ = limx→x+0

∂u∂n (x) nulla

per la (E.10).Prendiamo ora una sfera S di raggio R, molto grande che contiene D.

La funzione u in S/D e armonica, la derivata normale ha valori nulli in ∂D

e molto piccoli in ∂S. Dall’identita:∫S/D

|∇u|2dx =∫

S/D

div (u∇u)dx =∫

∂S

u∂nuσ(dx)

si ottienne che il membro di destra tende a zero quando R tende a infinito.Quindi ∇u = 0 e u=cost. D’altra parte u → 0 quiando |x| → ∞ e dunqueu = 0 in R3/D. Infine, poiche u e continua nell’attraversamento di Σ e u earmonica in D, u e anche nulla in D per il principio di massimo. Dunqueu e nulla ovunque cosı come e nullo il salto della sua derivata normale.Quindi u e armonica in tutto lo spazio da cui si deduce che µ = 0 .

F. Problema di Neumann

In alcune applicazioni fisiche ha interesse risolvere il problema di Neumannper l’equazione di Laplace:

−∆u(x) = 0, x ∈ D

96

∂nu(x) = f(x) x ∈ ∂D. (F.1)

L’incognita u e dunque armonica in D, si richiede che sia C(D) e cheabbia derivata normale assegnata sulla frontiera di D.

Osserviamo preliminarmente che, in virtu della condizione (2.9), taleproblema non puo risolversi in generale dovendo essere:∫

∂D

f(x)σ(dx) = 0. (F.2)

La condizione (F.2) va dunque intesa come una condizione di compat-ibilita che deve essere sempre soddisfatta perche il problema (F.1) abbiasenso. Supponiamo dunque che la (10.2) sia soddisfatta. E’ ben evidenteche anche avendo una soluzione della (F.2), tale soluzione non puo essereunica. Infatti le costanti soddisfano la (F.2) con f = 0, e dunque, se u euna soluzione del problema (F.1), anche u+cost lo sara.

Per costruire una soluzione del problema (F.2), sulla base di quantovisto nel precedente paragrafo, si cerca una soluzione del tipo:

u(x) =∫

∂D

G(x, y)µ(y)dσ(y) (F.3)

che e il potenziale di singolo strato generato dalla densita superficiale µ.La ragione di questa scelta sara ovvia tra un attimo se si pensa che ∇u

ha componente normale discontinua sul bordo e quindi la conoscenza delladerivata normale sul bordo ci da un’equazione integrale per µ dello stessotipo di quella vista nel precedente paragrafo. Questa volta pero la risolu-bilita di tale equazione non puo essere garantita perche la condizione (F.2)che sappiamo essere essenziale per la risolubilita del problema, non e stataancora utilizzata. In effetti si puo dimostrare che l’omogenea associata am-mette soluzioni non banali e che la non omogenea ammette pure soluzionise f e ortogonale alle costanti, cioe se la (F.2) e soddisfatta.

Non sviluppiamo in dettaglio la teoria ma ci limitiamo ad affermare chela soluzione del problema (F.1) esiste, unica a meno di costanti, in ipotesidi sufficiente regolarita per f e la frontiera ∂D.

Esercizio 1. Risolverel problema di Neumann in un rettangololo.Esercizio 2. Determinare una formula esplicita per la soluzione del

problema di Neumann per il cerchio unitario.

97

G. Equazione di trasporto e di continuita

Consideriamo l’equazione in Rd:

∂tu + (F · ∇)u = 0 (G.1)

ove u = u(x, t) e la funzione incognita e F = F (x, t) e un campo vettorialedipendente dal tempo F : Rd×R+ → Rd assegnato. Chiariamo la notazioneF · ∇:

F · ∇ =d∑

j=1

Fj∂

∂xj.

Sul campo F assumeremo condizioni di regolarita sufficienti affinche ilsistema differenziale ordinario da esso generato possegga soluzione glabale.Sia Φt(x) la traiettoria che parte da x al tempo 0, cioe la soluzione delproblema di Cauchy:

Φt(x) = F (Φt(x)); Φ0(x) = x. (G.2)

ProposizioneSa la funzione u ∈ C1(Rd × R+) e soluzione del problema (G.1) allora

e costante lungo le traiettorie:

u(Φt(x), t) = u(x, 0)

Dim. E’ una verifica diretta.

d

dtu(Φt(x), t) = ∂tu(Φt(x), t) + Φt(x) · u(Φt(x), t) =

∂tu(Φt(x), t) + F (Φt(x)) · ∇u(Φt(x), t). (G.3)

L’equazione (G.3) suggerisce che e anche vero l’inverso e cioe che se u ecostante lungo le traiettorie allora e soluzione dell’equazione (G.1). Cio nat-uralmente e vero, almeno in un intervallo di tempo [0, T ], se l’applicazioneΦt(x) e invertibile in tale intervallo. Cio significa che per ogni x ∈ Rd esistey ∈ Rd tale che x = Φt(y). Useremo la notazione: y = (Φt)−1(x) = Φ−t(x).

98

La (G.3) implica allora che la costanza lungo le traiettorie implica che u esoluzione. In tale ipotesi, se u0 ∈ C1(Rd) la funzione

u(x, t) = u0(Φ−t(x)) (G.4)

e la soluzione (unica: verificare!) dell’equazione (G.1) con dato iniziale u0.

Una variante dell’equazione (G.1), di grande interesse per le appli-cazioni, e la seguente:

∂tu + div(Fu) = 0 (G.5)

o, equivalentemente,

∂tu + (F · ∇)u + udivF = 0. (G.6)

Ne segue allora che la quantita:

u(Φt(x), t)eR t0 divF (Φs(x))ds (G.7)

e costante lungo le soluzioni di (G.2) e, in caso di invertibilita, possiamoscrivere la soluzione di (G.5) come:

u(x, t) = u0(Φ−t(x))e−R t0 divF (Φs−t(x))ds (G.8)

L’equazione (G.5) prende sovente il nome di legge di conservazioneperche la quantita: ∫

Vt

u(x, t)dx

ove Vt = x ∈ Rd|x = Φt(y), y ∈ V e un volume in moto con il flusso Φt,e conservata nel tempo.

Per comprendere meglio tale fatto, che peraltro puo essere verificatodirettamente, consideriamo il caso concreto di una massa fluida che si evolvein accordo a una famiglia a un parametro di diffeomorfismi

Φt(·) : Rd → Rd

che supporremo invertibili. Il campo di velocita e denotato con F secondola (G.2). Supponiamo che sia assegnato un campo di densita ρ(x, t). Ciosignifica che ρ(x, t)dx e la massa che compete al tempo t al volume dx

attorno al punto x. La conservazione della massa implica:∫Vt

ρ(x, t)dx =∫

V

ρ0(x)dx (G.9)

99

ove ρ0(x) e il campo di densita iniziale e

Vt = x ∈ Rd|x = Φt(y), y ∈ V

e il volume trasportato dal flusso Φt. Naturalmente V ⊂ Rd e un insiememisurabile. Abbiamo dunque:

0 =d

dt

∫Vt

ρ(x, t)dx =d

dt

∫V

ρ(Φt(x), t)J(x, t)dx. (G.10)

In (G.10) abbiamo operato il cambiamento di variabili

x → Φt(x)

il cui Jacobiano eJ(x, t) = |∂Φt(x)

∂x|. (G.11)

Il Teorema di Liouville assicura che J soddisfa all’equazione:

∂tJ(x, t)− J(x, t)divF (Φt(x), t) = 0. (G.12)

Pertanto dalla (G.10) segue:

0 =∫

V

(∂tρ + (F · ∇)ρ + ρdivF )(Φt(x), t)J(x, t)dx. (G.13)

Dall’arbitrarieta di V e dall’invertibilita di Φt segue dunque

∂tρ + div(Fρ) = 0 (G.14)

che prende il nome di equazione di continuita.

H. Equazione di Eulero per i fluidi ideali e

onde sonore

Consideriamo un continuo fluido in Rd, d = 2, 3. Ogni punto x ∈ Rd eda considerarsi come una partiucella di fluido cui compete una densita dimassa ρ(x, t) e una velocita v(x, t). L’evoluzione del fluido e descritta dauna famiglia di diffeomorfismi di Rd:

Φt(·) : Rd → Rd

100

che supporremo invertibili. Cio significa che le particelle di fluido conser-vano la loro individualita. Il campo di velocita e dunque definito come:

Φt(x) = v(Φt(x), t). (H.1)

Da un punto di vista fisico v(x, t) non e la velocita di una prefissataparticella di fluido, ma la velocita della particella che al tempo t transitaper il punto x. Accanto all’equazione di continuita, derivata in AppendiceG, che descrive la conservazione della massa:

∂tρ + div(vρ) = 0, (H.2)

vogliamo ricavare la legge di moto. L’equazione di Newton ci dice che, se

PVt=

∫Vt

ρ(x, t)v(x, t)

e il momento della quantita di moto che compete al volume di fluido Vt inmoto col fluido, allora:

PVt=

d

dt

∫Vt

ρ(x, t)v(x, t) = forze che agiscono su Vt. (H.3)

Infatti il termine di sinistra della (H.3) e l’impulso che compete a un volumeVt di fluido in moto. Procedendo come in Appendice G:

PVt=

d

dt

∫V

ρ(Φt(x), t)v(Φt(x), t)J(x, t) = (H.4)

∫V

(∂tρ + v · ∇ρ)(Φt(x), t)v(Φt(x), t)J(x, t)dx+∫V

ρ(∂tv + v · ∇v)(Φt(x), t)J(x, t)dx+∫V

ρv(Φt(x), t)divv(Φt(x), t)J(x, t)dx.

Il primo e terzo termine si compensano per l’equazione di continuita.Dunque

PVt=

∫Vt

ρ(x, t)(∂tv + v · ∇v)(x, t)dx. (H.5)

Analizziamo ora il termine di forze che agisce sul volume Vt. Faremol’ipotesi severa ( che caratterizza i fluidi ideali o perfetti) che tali forze (a

101

parte le forze esterne, come la forza di gravita, che sono note e che dannoun termine aggiuntivo che non consideriamo) siano solo forze di pressione.Esse agiscono sulla superficie ∂Vt e sono esclusivamente dirette nel versodella normale alla superficie stessa. Cio esclude sforzi di taglio che dannoluogo a termini piu complicati che non analizzeremo in questa sede. Dunqueassumiamo che il termine di forza sia:

−∫

∂Vt

pndσ

per un campo p = p(x, t), detto campo di mpressione. dσ e l’elemento disuperficie e n e la normale esterna a Vt. Il segno meno e convenzionale.Dal teorema della divergenza segue che:

−∫

∂Vt

pndσ = −∫

Vt

∇pdx

da cui, per l’arbitrarieta di V ,

ρ(∂tv + v · ∇v) = −∇p. (H.6)

L’equazione (H.6) va accoppiata con l’equazione di continuita (H.2).Queste due equazioni non bastano a risolvere (almeno in linea di principio)il problema della determinazione delle incognite ρ e v perche il campo dipressione p non e noto. Si ricorre ad una equazione aggiuntiva ottenibileper mezzo di argomenti termodinamici. Sappiamo che pressione e densitasono legati, in equilibrio termodinamico, da relazioni, dette leggi di stato.Si pensi ad esempio all’equazione per i gas perfetti che ci dice che, a tem-peratura costante il prodotto p

ρ e costante. In generale si puo ipotizzareuna legge del tipo:

p = Cργ ; γ ≥ 1, (H.7)

ove γ e C sono costanti caratteristiche del fluido in esame. Per l’aria γ valecirca 1.4.

Le equazioni (H.2),(H.6) e (H.7) prendono il nome di equazioni di Eu-lero.

Passiamo ora alla derivazione dell’equazione di propagazione delle ondesonore. Si noti che le equazioni di Eulero ammettono la soluzione banalev = 0, ρ = ρ0 ove ρ0 e costante nello spazio e nel tempo. Consideriamo ora

102

il problema ai valori iniziali per una piccola perturbazione di questo statostazionario. Assumiamo dunque che inizialmente:

v = 0, ρ = ρ0(1 + h)

con h << 1 una perturbazione molto piccola. Assumendo che a tempisuccessivi, a causa della piccolezza di h si creino piccole velocita w che ciconsentono di trascurare i termini non lineari, si ottiene dall’equazione dicontinuita:

∂th + divw = 0 (H.8)

(trascurando div(hw)). Dall’equazione di evoluzione della velocita otteni-amo poi:

∂tw + Cγργ−10 ∇h = 0. (H.9)

Derivando ancora rispetto al tempo l’equazione (H.8) e prendendo la di-vergenza dell’equazione (H.9), si perviene al risultato:

∂2tth− Cγργ−1

0 ∆h = 0. (H.10)

Dunque il disturbo h si propaga per mezzo dell’equazione delle ondee la velocita di propagazione (ad esempio la velocita di propagazione del

suono) e data da c =√

Cγργ−10 =

√γ p0

ρ0, ove p0 = Cργ

0 .

103