A02 · Fisica e Astronomia nella Rivoluzione Scientifica 17 La Nuova Fisica Copernicana ... 125 Il...

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Realizzato con il contributo del Dipartimento di Lettere e Filosofiadell’Università degli Studi di Bergamo

Cielo e terraFisica e Astronomia

Un antico legame

Saggi di Storia della Fisica e dell’Astronomia e di ArcheoastronomiaDai congressi della SISFA e della SIA

– settembre

a cura di

Enrico R. A. Calogero GiannettoSalvatore Ricciardo

&Elio Antonello

Massimo Mazzoni

Quaderno della Scuola di Dottorato in Antropologiaed Epistemologia della Complessità e del Centro di Ricerca ISHTAR

.

Copyright © MMXIVARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I edizione: giugno

Indice

PrefazioneEnrico R. A. Calogero Giannetto

Parte ISaggi di Storia della Fisica e dell’Astronomia

Fisica e Astronomia nella Rivoluzione Scientifica

La Nuova Fisica CopernicanaAnna De Pace

I mesi successivi alla stampa del Sidereus NunciusFrancesco Castaldi

Predicazione e nuova scienza. I domenicani fiorentini controGalileo (–)Luigi Guerrini

Incontro le osservazioni astronomiche di Galileo GalileiNicoletta Lanciano

Note Storiche sul carattere fisico del Trattato di Fortificazionedi GalileiRaffaele Pisano

John Donne e Thomas Harriot. Gli Anniversari e la New Philo-sophyAudrey Taschini, Enrico R. A. Calogero Giannetto

Indice

Robert Boyle lettore di Descartes: leggi di natura e causefinaliSalvatore Ricciardo

Isaac Newton, la relatività, Henri More e la teologia dellaquarta dimensioneEnrico R. A. Calogero Giannetto

Note su scienza e tecnicaRaffaele Pisano, Danilo CapecchiFabrizio De Cesaris, Flavia Brenci

Il processo plurisecolare di nascita della scienza modernaAntonino Drago

Aristotle’s mechanics and virtual work principleDanilo Capecchi

Giovanni Battista Amici alla Specola di Boboli in FirenzeAlberto Meschiari

Barnaba Oriani e il generale BonaparteElio Antonello

Dalla Meccanica classica alla Fisica del Novecento

Beyond Classical Mechanics and Classical Thermodynamics:Duhem’s wide–scope theoretical physicsStefano Bordoni

Il tempo in fisica. Evoluzione storica tra certezze e ambiguità:il caso dell’irreversibilità e non soloBarbara Villone, Francesca Calore

Storia del corpo nero: Planck ha ragionato in logica nonclassicaAntonino Drago

Indice

The Strange Equation of Dr. Sackur and Mr. TetrodeMassimiliano Badino

Galileo e Oppenheimer: processo alla scienzaVincenzo Cioci

Il celebre esperimento mentale del gattoSalvo D’Agostino

Il versante fondazionale della Fisica italiana del primo Nove-centoArcangelo Rossi, Cristiano Buttaro

Alcune lettere di scienziati nell’Archivio della FondazioneD’AgostinoGiovanni Acocella

Fundamental times, lengths and physical constants:the known story and some unknown contributions by EttoreMajoranaGiovanni Salesi, Salvatore Esposito

An interesting research note by Majorana on melting ther-modynamics in magnetic mediaGiovanni Salesi, Michela Longo

La catalogazione delle carte di Augusto OcchialiniMassimo Mazzoni, Anna Corinna Citernesi

Cronologia delle contrastate vicende dei programmi nuclearicivili italiani: ambizioni e improvvisazioniAngelo Baracca, Matteo Gerlini

Strumenti scientifici antichi e divulgazione scientifica allaCittà della Scienza di Napoli nell’Anno GalileianoLaura Franchini

Indice

Parte IISaggi di Archeoastronomia

La stella Spica e la VergineElio Antonello

Gallieno imperatore tra le stelleErmanno A. Arslan

Il monumento funebre di Margherita di Brabante e l’orienta-mento della chiesa di San FrancescoRiccardo Balestrieri

La roccia del Sole a Paspardo (Brescia): una meridiana stagio-nale per gli uomini dell’età del rameGiuseppe Brunod, Giuseppe Veneziano

Utilizzo di fasci di luce come indicatori puntuali di fenomeniastronomici nel Castellare di Pignone (La Spezia) e nel sitopre–etrusco di Poggio Rota (Grosseto)Enrico Calzolari, Antonello Carrucoli

Il disegno delle tavole astronomiche del Collegio RomanoCristina Càndito

The Knowledge of the aequinoctial precession before Hyp-parcusMario Codebò

Ipotesi su origini e sviluppo dell’insediamento di Kampil(U. P., India)Annamaria Dallaporta, Lucio Marcato

Il cielo nel folklore italiano. Il caso del Cilento (Salerno)Domenico Ienna

Indice

The Sacred Space at the time of the Solar Kings: Heliopolis,Giza, Abusir,Giulio Magli

Calakmul (Mexico): il pianeta Venere (Noh Ek) nella geome-tria, struttura e orientamenti astronomici del sitoSilvia Motta, Adriano Gaspani

Le radici dell’astronomia modernaVito Francesco Polcaro, Andrea Martocchia

Il ruolo dell’astronomia culturale nella divulgazione dellacultura scientificaV. F. Polcaro

L’orologio di re Ruggero nel Palazzo dei Normanni di Paler-moMaria Luisa Tuscano

Cielo e terra: Fisica e Astronomia, un antico legameISBN 978-88-548-7206-6DOI 10.4399/97888548720661pag. 11–11 (giugno 2014)

Prefazione

E R. A. C G

Questo libro raccoglie e pubblica, purtroppo con molto ritardo, i testi(per ragioni editoriali ridotti) delle relazioni presentate al XXIX Con-gresso Nazionale della Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’A-stronomia (SISFA) tenutosi a Firenze, presso l’Osservatorio di Arcetri(dal al Settembre ), e al IX Convegno della Società Italianadi Archeoastronomia (SIA) (dal al Settembre ), tenuti con-giuntamente in relazione alle celebrazioni dell’anno dell’astronomiae delle osservazioni telescopiche di Galileo (non dimenticando quelledi Thomas Harriot). Si è preferito organizzare i contributi, sottopostia peer–review, separando quelli dei due congressi, e in una prospetti-va tematica e storica per una più chiara e fruibile presentazione aglistudiosi.

La pubblicazione di questo volume compare come Quaderno dellaScuola di Dottorato in Antropologia ed Epistemologia della Comples-sità e del Centro di Ricerca di Studi Storici Transdisciplinari ISHTARdell’Università degli Studi di Bergamo che attualmente coordino e lecui attività di ricerca si sono intrecciate negli ultimi anni con quelledella SISFA per una serie di convergenze sulle tematiche della storiadella scienza.

Bergamo, Marzo

Enrico R. A. Calogero GiannettoPresidente della SISFA –

Coordinatore della Scuola di Dottorato in Antropologiaed Epistemologia della Complessità e del Centro di Ricerca ISHTAR

P I

SAGGI DI STORIA DELLA FISICAE DELL’ASTRONOMIA

FISICA E ASTRONOMIANELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Cielo e terra: Fisica e Astronomia, un antico legameISBN 978-88-548-7206-6DOI 10.4399/97888548720662pag. 17–29 (giugno 2014)

La Nuova Fisica Copernicana

A D P

Sono molteplici i temi filosofici che intessono tutto il processo dimo-strativo con cui nel Libro I del De revolutionibus Copernico concludeai moti della Terra come al principio vero dell’assetto del mondo.Dovendo qui selezionare, ho scelto di considerare la teoria fisica pre-sentata nei capp. e : non perché, nelle intenzioni dell’autore, essaservisse a fondare la verità del cosmo. Tale compito, che la tradizionearistotelica riservava alla filosofia naturale, secondo canoni platonicicui aderisce dichiaratamente Copernico nel suo Proemio al Libro I,viene affidato all’astronomia filosofica, cioè a quell’astronomia chePlatone, in specie nel VI e VII della Repubblica, invitava a riformaresecondo il metodo dialettico in modo da superare il carattere ipo-tetico intrinseco alla disciplina e arrivare all’acquisizione epistemicadella bellezza intelligibile dei cieli, ossia dell’ordinamento planetario edell’invariante armonia matematica che in esso si esprime, manifesta-zione eminente dell’intelligenza e bontà divine. Tuttavia, nella lezionedi Platone colta perfettamente da Copernico, tale ruolo dell’astrono-mia non autorizzava affatto a tralasciare l’indagine fisica. Per quanto ilfilosofo avesse spiegato che le cause fisico–meccaniche non sono ingrado di fornire risposte univoche ai problemi che si presentano allaragione, aveva sottolineato, in specie nel Fedone (b–d) e nel Timeo(c–e, e–a), che esse non possono essere trascurate nel processodimostrativo. Ora, che proprio su questi aspetti teoretici Copernico

. Cioè, nella dichiarazione di Copernico, il principio in grado di rivelare «la cosa prin-cipale, ossia la bellezza del mondo e la certa simmetria delle sue parti». Cfr. N. C,De revolutionibus caelestibus, Dedica a Paolo III, p. .– (qui e in seguito i riferimentisono alla recente edizione da me curata del Libro I del De revolutionibus, in A. D P,Niccolò Copernico e la fondazione del cosmo eliocentrico, Bruno Mondadori, Milano ).

. Per le citazioni nascoste dei dialoghi di Platone che si intrecciano nel Proemio alLibro I redatto da Copernico, Proemio assente dalle prime edizioni e ritrovato solo a metàOttocento, rinvio all’Introduzione del volume sopra citato Copernico filosofo, pp. –.

Anna De Pace

non fosse riuscito a conseguire risultati adeguati a un’interpretazionerealista della cosmologia eliocentrica e a salvare i fenomeni che siarguiva si sarebbero prodotti su una Terra in rotazione è, com’è noto,un tema sul quale la storiografia copernicana ha espresso un giudiziosostanzialmente unanime, per quanto variamente modulato.

Prima di cercare di illustrare la coerenza e la novità della trattazionefisica copernicana, ritengo tuttavia siano necessarie alcune avverten-ze preliminari. Innanzitutto sul genus scribendi dell’autore, non solosempre assai conciso nello svolgere i passi delle sue argomentazioni,ma anche poco preoccupato di esplicitare le conseguenze delle sueconclusioni, nonché reticente a dichiarare le auctoritates coinvoltenei suoi ragionamenti, con il risultato che, poiché fonti e luoghi sonospesso indispensabili per comprendere gli argomenti, quando gli unisfuggano, sfugge anche il rigore degli altri. Tuttavia, un’indicazionegenerale che aiuti a comprendere in quale direzione si muova Coper-nico ci fornisce la testimonianza preziosa di Retico nell’Elogio dellaPrussia, laddove, esponendo in modo succinto le questioni di caratterefisico esaminate nel De revolutionibus, ci informa che il suo maestroera perfettamente consapevole dell’inconcludenza delle prove fisichecon cui Aristotele sosteneva l’immobilità della Terra al centro, e avevaacquisito il convincimento che nel Timeo e nei documenti “pitagorici”fossero esposti temi e argomenti a favore della mobilità della Terrache restavano saldi alla prova della confutazione aristotelica. Il che

. Il primo aspetto sottolinea anche Galileo nella Giornata Seconda del Dialogo sopra idue massimi sistemi del mondo, dove l’estrema concisione dei ragionamenti e confutazionipresenti nel Libro I del De revolutionibus e in specie nel cap. viene giustificata con l’“altezzadell’ingegno” dell’autore e il suo sprofondamento nelle “maggiori e più alte contemplazio-ni”: cfr. G. G, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (d’ora innanzi Dialogo), inLe Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale a cura di A. Favaro, voll., Giunti e Barbera,Firenze – (), vol. VII, p. . Sul secondo aspetto siamo istruiti per esempiodalla Narratio prima di Retico, laddove viene esplicitato che tra i cosiddetti orbi o cieliplanetari del sistema eliocentrico vi sono spazi vuoti o inoccupati di notevoli dimensioni,ma non immensi come l’intervallo che occorre postulare tra Saturno e la sfera delle stellefisse: cfr. G.J. R, De libris Revolutionum Narratio prima (d’ora innanzi Narratio), ed.critica, trad. e comm. a cura di H. Hugonnard–Roche, J.–P. Verdet, con la collaborazionedi M.–P. Lerner e A. Segonds, Ossolineum, Wroclaw–Warszawa–Kraców–Gdan´sk–Lodz («Studia Copernicana» XX), pp. .–, .–; trad. it. in Opere di Nicola Copernico,a cura di F. Barone, UTET, Torino , pp. –, –. Tale considerazione Reticoricavava certamente dall’esame del manoscritto copernicano, ma qui questa conseguenzanon è né dichiarata né sottolineata.

. Cfr. G. J. R, Narratio, cit., pp. .–..

La Nuova Fisica Copernicana

ci suggerisce che per comprendere le soluzioni fisiche adottate nelLibro I dobbiamo volgere lo sguardo al Timeo, e che per afferrarepienamente la confutazione copernicana delle tesi aristoteliche, dob-biamo prestare attenzione soprattutto al De caelo, dove si concentranole critiche alla fisica platonica.

Un ultimo aspetto che occorre mettere a fuoco è il metodo di-mostrativo con cui procede Copernico, il quale in una prima faseesercita sempre il vaglio critico secondo i moduli dell’elenchos socrati-co, mostrando cioè come le tesi degli avversari, quando siano svoltecorrettamente, conducano alla loro negazione, e poi ricostruisce lateoria alternativa a partire dall’ipotesi contraddittoria a quella risultatainaccettabile alla prova del logos, attenendosi ancora alle istruzioni sulmetodo ipotetico messe a punto da Platone in più dialoghi, ma conmaggiore ampiezza e puntualità nel Fedone e nella Repubblica.

Tale struttura dimostrativa la ritroviamo puntualmente nel cap., dove Copernico esamina la questione della rotazione assiale dellaTerra. Il capitolo si apre con lo scrutinio critico delle ragioni fisicheelaborate in passato per fondare la verità dell’immobilità della Terraal centro. La gravità quale tendenza naturale dei corpi di terra e afortiori dell’intera Terra a portarsi verso il centro dell’universo perivi quietarsi, e la distinzione dei moti semplici naturali e dei rispettivicorpi semplici: queste le giustificazioni teoretiche fatte valere nel Decaelo. Per parte sua Tolomeo — così Copernico legge Almagesto, I —, accogliendo la dottrina aristotelica dei moti naturali, si soffermavasugli effetti violenti che conseguirebbero alla rotazione della Terra,ossia la dispersione dei corpi terrestri, anzi dell’intera Terra, provocatadalla sua enorme velocità. Infine, Copernico riporta le considerazioni

. Della rilevanza che Copernico attribuisce alla methodos è testimonianza il passodella Dedica a Paolo III (cfr. Copernico, De rev. cael., p. .–), in cui il filosofo polaccoindica nell’assenza di metodo la ragione che ha impedito ai suoi predecessori di acquisirela conoscenza epistemica dell’ottimo ordinamento predisposto dall’artefice del cielo. Per leconsiderazioni che obbligano a ritenere che l’allusione sia al metodo ipotetico delineatoda Platone, cfr. A. D P, Copernico filosofo, cit., in specie pp. –, ma in tutto questotesto introduttivo ho cercato di mostrare la stretta aderenza di Copernico alle istruzionimetodologiche di Platone nei vari passaggi del percorso dimostrativo che egli sviluppa neicapitoli – del Libro I del De revolutionibus. Per una chiara esposizione di tale metodobasti qui rinviare a R. R, Plato’s earlier dialectic, Clarendon Press, Oxford , inparticolare pp. –

. Cfr. N. C, De rev. cael., I , p. .–.. Ivi, p. .–. Per la lettura copernicana di questo capitolo dell’Almagesto meditata

Anna De Pace

che si pretende poggino su inequivocabili dati di esperienza: la cadutaperpendicolare dei gravi, e la sospensione nell’aria delle nuvole e diqualsiasi altro corpo, senza che siano soggetti allo spostamento versoovest.

La confutazione delle ragioni aristoteliche è tutta contenuta nellaseguente affermazione: «ma in verità se qualcuno ritiene che la Terragira, dirà senz’altro che il moto è naturale, non violento», coope-rando all’ordine eterno del mondo. Il passo specifico del De caelo chequi Copernico ha in mente è II , a–b, in cui Aristotele, percontestare la tesi “pitagorica” del moto planetario della Terra e quellaplatonica della sua rotazione assiale, così argomenta: nell’uno e nell’al-tro caso quel moto dovrebbe di necessità essere naturale ed eterno,perché il moto eterno conviene all’ordine eterno del mondo; ma che il motocircolare della Terra sia eterno è impossibile. Infatti, se la Terra così simuovesse, «anche ogni sua parte avrebbe allora questo moto; invecetutte si muovono in linea retta verso il centro», come ci viene atte-stato dai sensi (II , b–). Dunque, il moto naturale ed eternodell’intera Terra è il rettilineo. Ora, non è difficile avvedersi che ladimostrazione aristotelica della minore del sillogismo contiene in sé lasua confutazione: se «ciò che è per costrizione non può essere eterno,ciò che non è eterno non può essere naturale»; e poiché il motoretto all’in giù non è eterno, ma finito e terminato, e il “moto eterno”,secondo quanto puntualizzava Aristotele stesso nella Fisica (VIII, –),non può essere concepito come la successione temporale infinita dimoti finiti, ma solo come circolare, il moto retto né è naturale né siconfà all’ordine eterno; dunque alla Terra è naturale il moto circolare.

Questa la conclusione, riportata all’inizio del cap. , che, secondoCopernico, Aristotele avrebbe dovuto trarre in modo coerente dalleproprie premesse; tanto più che la testimonianza dei sensi non puòapportare alcuna prova decisiva: se le parti terrestri ruotassero comeil tutto — e ciò potrebbe essere inteso solo nel senso che seguono ilmoto del tutto —, noi non potremmo affatto percepire questo motocomune, e continueremmo a vederle muoversi in linea retta verso il

sulla base del testo greco dell’Almagesto, cfr. A. D P, Copernico filosofo, cit., pp. –.. Cfr. N. C, De rev. cael., I , p. .–.. Ivi, I , p. .–.

. Così annotava lo stesso Galileo, commentando il medesimo passo: cfr. G. G,Dialogo, cit., p. .

La Nuova Fisica Copernicana

centro, esattamente come se la Terra fosse in quiete. È evidente chele conseguenze deducibili da questo emendamento della conclusionearistotelica vanificano gli argomenti di Aristotele richiamati nel cap. .Se infatti la rotazione della Terra è naturale e perenne e se, sulla basedella corrispondenza istituita da Aristotele tra moti e nature dei corpi,ciò esclude che essa sia grave senza perciò escludere la gravità delle sueparti in apparente moto rettilineo verso il suo centro, non solo la Terranon è affatto il corpus gravissimum destinato a occupare il centro delmondo, ma occorre anche abbandonare il principio che a un corposemplice (l’elemento terra) appartenga un solo moto semplice e,inoltre, rinunciare a dedurre dall’eternità del moto circolare l’esistenzadi una materia eterea, eterna e incorruttibile.

Anche per l’argomento tolemaico Copernico adotta la tecnica so-cratica di mettere l’avversario in contraddizione con se stesso. Il passodell’Almagesto che egli prende di mira è quello del cap. del LibroI, dove l’alessandrino annotava che dal punto di vista astronomiconulla si oppone alla rotazione diurna della Terra, e anzi essa spiega inmodo più semplice i fenomeni celesti. Di qui la replica di Coperni-co: o quando ragioniamo sull’ordine perenne del mondo, i moti cheprendiamo in considerazione sono naturali e perpetui, e perciò prividegli effetti violenti ed effimeri dovuti a forze e impeti, perché vale ilprincipio che «le cose fatte dalla natura si trovano nel modo miglioree si conservano nella loro ottima disposizione»; oppure i medesimieffetti violenti paventati per la rotazione impetuosa della Terra devonoessere simmetricamente considerati per la rotazione dell’ultima sfera, main questo caso il ragionamento, sviluppato con rigore, conduce alla suainfinità e dunque alla sua immobilità. Ora, tale conclusione, affermaCopernico, innanzitutto è inaccettabile per i sostenitori dell’immobi-lità della Terra al centro, i quali fondano sul moto dell’ultima sferaquella forma sferica e finita del mondo che è condizione necessariaalla definizione dei luoghi e moti naturali e dei corpi semplici, in brevealla struttura ordinata del loro cosmo; ma anche per noi quella conclu-sione, non potendo essere mai verificata, sarebbe fonte di incertezzairresolubile: noi, dichiara Copernico, «ignoriamo i confini del mondo,

. Cfr. T, Syntaxis Mathematike, I , Pars I, p. .– ed. Heiberg.. Cfr. N. C, De rev. cael., I , pp. .–... Ivi, p. .–. Per questo argomento in A, cfr. De caelo, I , b ss.

Anna De Pace

né è possibile conoscerli». In poche battute Copernico ha privato ilcosmo tradizionale di ogni legittimazione razionale e sgomberato lostudio del moto locale dai vincoli aristotelici che gravavano su di esso.Ciò che resta, invece, è il principio affermato in apertura di capitolo:il moto circolare uniforme è il moto conveniente alla conservazioneperpetua dell’ottima disposizione, o dell’ordine, in cui si trova tuttociò che è fatto dalla natura. È rilevante sottolineare che cosa Coperni-co intenda qui per “ordine”. Una volta estromessi, insieme alla sferadel mondo, le direzioni e i luoghi naturali coi quali veniva definita lastruttura d’ordine anteriormente al movimento, l’ordine non è piùnulla al di fuori dell’unico modo in cui si manifesta, ossia la disposi-zione stabile delle parti garantita dal moto circolare uniforme, con laconseguenza che tra l’uno e l’altro — moto circolare e ordine — vi èormai una perfetta reciprocità e, cosa più importante, l’uno assumela stabilità e perpetuità dell’altro. Questo principio è tutto ciò di cuiCopernico può ormai avvalersi per investigare la struttura del mon-do, e tale indagine deve in primo luogo prescindere da affermazioniarbitrarie sulla sua finitezza o infinità.

Egli avvia così un nuovo percorso razionale, riprendendo il ragio-namento, come suggeriva il metodo platonico, dall’ipotesi contraddit-toria a quella messa in scacco dalla ragione: ossia, com’egli dichiara,la rotazione naturale della Terra conforme alla sua figura «globosa»,åfigura che, secondo l’unanime giudizio dei filosofi, è causata dallagravità delle parti verso il suo centro. Si tratta, ovviamente dell’ipote-si iniziale di un percorso di ricerca. Nel seguito, Copernico, seguendoancora le istruzioni platoniche sul metodo ipotetico, attende a svilup-pare le tesi fisiche che siano in accordo tra loro e con l’ipotesi stessa,in modo da formare un corpo di proposizioni coerenti, esplicative

. De rev. cael., I , p. ... Ivi, p. .–. Giova notare che il termine “globosus” era usato per lo più dagli

antichi per designare non la sfera geometrica perfetta, ma una figura prossima alla sfera, nelsuo insieme non intaccata dalle irregolarità alla sua superficie; in questo senso si dichiaravaper esempio Calcidio parlando della Terra: «Se qualcuno, pur considerando l’altezza el’estensione delle montagne e l’irregolarità delle loro rocce, affermasse che [la Terra] èsimile a una palla ben tornita, proferirebbe un’opinione erronea: noi, infatti, non diciamoche la Terra è un globo, ma di forma globosa (non enim nos terram globum esse dicimus sedglobosam)»: C, In Tim., , p. .– ed. Waszink.

. Cfr. De rev. cael., I , p. .–.. Per questa fase del “metodo ipotetico” che, secondo le indicazioni di Ficino (verosi-

La Nuova Fisica Copernicana

anche dei principali fenomeni naturali osservabili sulla Terra. Taliproposizioni sono affatto estranee agli schemi aristotelici e ampiamen-te ispirate a Platone e alla tradizione medioplatonica. Esse possonoessere così esplicitate:

) Poiché ogni intero è costituito dalle sue parti e di necessità unosolo è il moto del tutto e delle parti, dalla naturalità e perpetuitàdel moto rotatorio del tutto–Terra occorre concludere alla natu-ralità e perpetuità di quello delle sue parti costitutive; parti, èbene precisare che, scartata la nozione aristotelica di elemento,Copernico concepisce della medesima materia composita diquel globo che con la loro gravità esse stesse formano.

) Essendo il solo moto naturale e perenne quello circolare perchéconviene alla conservazione dell’ordine, i moti rettilinei versol’alto e verso il basso, in quanto si verificano in una situazionedi disordine sono effetti effimeri di una forza, e non sono na-turali. In modo analogo nel Timeo i moti rettilinei meccanicisono associati al disordine, e contrapposti alla rotazione qualemoto in cui si esprime l’intelligenza ordinatrice del demiurgo.Tale moto, viene aggiunto nelle Leggi (X, b–c), è l’unicoveramente naturale.

) Il luogo naturale di un corpo terrestre non è più definito a prio-ri sulla base di porzioni assolute dello spazio, ma individuatoin rapporto al centro di gravità del suo tutto rispetto al qua-le soltanto, annullata la struttura del cosmo aristotelico, puòessere ormai descritta la sua “ottima disposizione”: per ogniparte corporea luogo naturale è quello del tutto in cui quelladisposizione si conserva.

milmente lette da Copernico), si svolgeva nell’ambito della filosofia naturale, cfr. A. DP, Copernico filosofo, cit., pp. ss., –.

. Questo perché, spiega Platone in Leg., X, a–b, è l’unico moto che, esprimendo ilmoto spirituale del nous che lo causa (dunque senza relazione alla struttura fisica dei corpicelesti, che d’altra parte nel Timeo sono composti di tutti e quattro gli elementi, benché conla prevalenza del fuoco), si muove «secondo le stesse relazioni, identicamente, nel medesimoposto, intorno allo stesso centro, nel medesimo verso, secondo una stessa proporzione e unostesso ordine» (miei i corsivi). Invece, sono moti di costrizione o necessità, causa di perennitrasformazioni, quelli propri alle parti dei corpi integrali cosmici che muovono essendo aloro volta mosse da altre parti corporee.

Anna De Pace

) Se entrambi i moti rettilinei non sono naturali, non per questocondividono il medesimo statuto: quello verso l’alto estromettecon violenza le parti terrestri dal loro intero o dal loro luogo na-turale, l’altro invece ve le riconduce, ripristinando l’ordine tem-poraneamente alterato; e questa loro diversa funzione non puòche avere effetti diversi sulla difformità o “irregolarità” delle lorovelocità. Quando una forza (Copernico esemplifica con il fuocosecondo la caratterizzazione datane nel Timeo), sopraffacendola tendenza naturale della materia terrestre, la spinge verso l’alto,questo moto non può che rallentare progressivamente ed estin-guersi, «quasi a rendere manifesto — scrive Copernico — che lacausa di quel moto è la violenza inflitta alla materia terrestre»;se invece il moto verso il centro accelera, è perché la forza chelo determina — e che egli ravvisa nell’impeto del peso — ègenerata dalla stessa tendenza interna di ogni parte terrestre aricongiungersi al suo tutto: in una parola, dalla gravità.

) Se dunque non esiste accelerazione verso l’alto, non esiste luogonaturale verso l’alto né leggerezza positiva, come appuntoaffermava Platone in Tim. b–c, e come da lungo tempo anchela tradizione gli attribuiva.

. In Tim. a–c, e–a, a il fuoco è caratterizzato da una grande forza ed efficaciadi corpuscoli geometrici impercettibili — i tetraedri regolari — più piccoli dei corpuscoligeometrici assegnati agli altri corpi semplici, i cui angoli più acuti e taglienti li rendonoestremamente mobili, capaci di penetrare e disgregare, provocando variazioni volumetrichenel processo di riscaldamento e di combustione. Il fuoco, ripete Copernico (cfr. De rev. cael., I, p. .–), è talmente potente che, quando penetra in un corpo, niente può trattenerlodall’erompere dal suo carcere e, dilatando il corpo in cui è racchiuso, costringerlo a muoversiverso regioni più esterne.

. Ivi, p. .–.. Ossia dall’effetto dinamico generato dall’inclinazione della gravità. Secondo la te-

stimonianza di [ps.–] P, De plac. philos., I , e–a (fonte dossografica nota aCopernico), questa era la posizione di Platone, il quale aveva distinto l’inclinazione di uncorpo a riportarsi al proprio luogo qualora se ne trovasse fuori — in altri termini la gravità—, dall’impeto (rope) che è conseguenza di tale inclinazione.

. Copernico, infatti, estromette la sfera del fuoco dal suo cosmo. Proclo nel commentoal Timeo (cfr. In Tim., III, p. .– ed. Diehl; trad. Festugière, IV, pp. –), giudicandoanch’egli insostenibile l’esistenza della sfera del fuoco sublunare, ricordava che giustamentePlatone nella sua esposizione aveva omesso tale sfera, giacché il fuoco esiste solo nelle cavitàdegli altri elementi sublunari e, unico tra essi, sussiste finché ne è alimentato.

. È quanto veniva affermato nel commento di Eutocio di Ascalona al libro archimedeosull’Equilibrio dei piani, più volte tradotto dopo la versione di Moerbeke: cfr. P. G,

La Nuova Fisica Copernicana

) Contrariamente a quanto aveva stabilito Aristotele, nella real-tà naturale non esistono moti rettilinei, ma solo il moto circo-lare proprio del tutto unitario, e i moti composti propri delleparti che si trovino da esso separate. Ne consegue, esplicitaCopernico, che la distinzione aristotelica dei moti «nei tre ge-neri dal centro, al centro e intorno al centro sarà consideratasolo un atto della ragione, nel modo in cui distinguiamo lalinea, il punto e la superficie, sebbene l’uno non possa sussi-stere senza l’altro e nessuno di essi senza il corpo». Anchequesta teoria è di ispirazione platonica: l’idea del Timeo di uncosmo visibile già formato, in cui l’Intelligenza domina laNecessità persuadendola a «rivolgere al meglio la più partedelle cose che si generano» (a), era stata interpretata daAttico e Plutarco nel senso che i moti provocati dalle causemeccaniche di gravità e leggerezza si combinano con i moticircolari in cui quell’intelligenza si manifesta.

) Infine: anche a prescindere dalla loro reale composizione conil moto circolare, i moti rettilinei non sono semplici perchénon sono sempre eguali a se stessi, secondo quanto richie-deva la classificazione aristotelica dei moti semplici a partiredalle linee geometriche semplici. L’unico moto che può es-

Momento. Studi galileiani, Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma , pp. –. Si vedanoanche le Considerazioni di Vincenzio Di Grazia, in Le Opere di Galileo, cit., vol. IV, pp. –:«Platone, in effetti, avendo sostenuto che l’alto e il basso non sono contrari per propria natura,ma solo relativamente alla posizione di ciascuno, aveva eliminato, insieme alla contrarietàdel luogo, la contrarietà dei moti naturali».

. De rev. cael., I , p. .–.. Della composizione dei moti circolare e rettilineo aveva parlato Attico, criticando

Aristotele: dopo aver dichiarato che in ogni corpo celeste integrale il moto circolare, ilpiù bello e divino, è segno di un’anima automotrice, mentre gli elementi che si muovonoin linea retta ricevono il principio del loro movimento dalla rope della pesantezza e dellaleggerezza, aveva attaccato Aristotele perché, non avvedendosi della diversa natura diquei moti, invece di combinarli, si era inventato il quinto corpo per riservargli il motocircolare: cfr. E, Praep. ev., , – (=Attico, fr. , p. .–. Des Places).Anche Plutarco nella Quaest. Plat. V, (b–c) aveva sostenuto che il moto circolareperfetto conveniva naturalmente ai corpi celesti non perché fossero corpi perfettamentesferici (ché questo è impossibile per tutti i corpi, anche se in superficie vi è un’apparenzadi rotondità) ma perché impartito dall’Intelligenza, e aveva precisato al contempo cheera altro il principio di moto che determinava le parti corporee a muoversi per natura dimoto rettilineo.

. Cfr. De rev. cael., I , p. .–. Per il passo aristotelico, cfr. De caelo, I , a–.

Anna De Pace

sere detto “semplice, uniforme ed eguale” è il moto circolare,perché, sempre partendo dal termine ordinato e sempre giun-gendovi, è il solo che ha sempre in se stesso la causa (finale) delmoto, ossia il conseguimento del luogo ordinato. Per questasua prerogativa, non solo è uniforme, ma si conserva indefini-tamente conservando le relazioni ordinate in conformità congli scopi della natura.

Importantissimo il commento antiaristotelico con cui Copernicoconclude e in certo qual modo sintetizza questa parte del suo per-corso razionale relativa alla rotazione terrestre: l’affermazione deiperipatetici, egli scrive, secondo cui

il moto semplice appartiene al corpo semplice, viene stabilito come veroanzitutto a proposito del circolare, finché il corpo semplice resta nel proprioluogo naturale e nel proprio tutto. Infatti, il movimento nel [proprio] luogonon è altro che circolare, il quale permane interamente in se stesso, similea ciò che è in quiete. Invece il moto rettilineo si aggiunge in quei corpi chesi muovono lontani dal loro luogo naturale, sia che ne siano estromessi,sia che in qualunque altro modo si trovino fuori di esso. Ora nulla ripugnatanto all’ordine del tutto e alla bellezza del mondo quanto il fatto che qualcosasia fuori del suo luogo. Pertanto il moto rettilineo non accade se non allecose che non si trovano nel modo migliore, e non sono perfette secondonatura mentre si trovano separate dal loro tutto e abbandonano la suaunità.

Ormai per ogni corpo terrestre che condivide il moto circolaredel tutto, essere semplice, ordinato e perfetto sono termini che siequivalgono: il che sta a dire che, per ogni corpo terrestre, “essereperfetto secondo natura” non ha nulla a che fare con l’incorrutti-bilità e la perfezione della sua sostanza: ciò che importa è l’ordine,ossia la stabilità dei rapporti nella quale è mantenuto grazie al motocircolare. Benché infatti tale moto trasporti il corpo da un luogo a

. In De rev. cael., I , p. .–, un passo spesso frainteso, Copernico scrive chela ragione dell’uniformità del moto circolare è che esso «ha una causa che non vienemai meno, mentre quello rettilineo ne ha una che si affretta a estinguersi, e i corpi, unavolta che per esso hanno conseguito il loro luogo, cessano di essere gravi o leggeri, ecessa quel moto». Mi sembra evidente dal contesto che la causa dell’uniformità del motocircolare è la causa che spinge i corpi a conseguire il luogo.

. Ivi, pp. .––.

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un altro, questo effetto è come nullo per il corpo mosso, che vienemantenuto nel suo luogo ordinato, ossia alla medesima distanza dalcentro del suo tutto e dalle altre parti che lo compongono; comesi esprime Copernico, «il moto nel luogo permane interamente inse stesso, simile a ciò che è in quiete». Per garantire la perpetuaconservazione e l’uniformità di tale moto non sono più necessarieanime o Intelligenze motrici: basta la prerogativa geometrica dellatraiettoria circolare. Ma se così è, il moto circolare assume nella co-smologia copernicana uno statuto del tutto specifico: diventa statodi un corpo che al pari della quiete si conserva indefinitamente dase stesso, soddisfacendo soltanto all’assunto dell’ordine naturalee perpetuo; in quanto tale, esso è indipendente da ogni vincoloontologico.

Congrua a questo nucleo teorico fondamentale è l’universalizza-zione del concetto di gravità che, come si è detto, non ha più alcunarelazione con la gravità del corpo integrale e della sua quiete alcentro. Copernico espone tale universalizzazione nel cap. e, sullascorta del Timeo e più in particolare del De facie plutarcheo, la descri-ve come la tendenza delle parti di ogni corpo cosmico a condursial loro tutto, cioè al loro luogo naturale, congiungendosi in formadi globo e a permanervi conservando tale forma. La funzionefondamentale di tale concezione è quella di stabilire una causa fisicadella sfericità che tolga alla Terra la prerogativa dell’immobilità di-pendente dalla sua essenza corporea e ai corpi celesti la prerogativadel moto circolare uniforme dipendente dalla loro, per ricomporre

. Proprio ad affermare, in polemica con Aristotele, l’indipendenza del moto cir-colare dalla perfezione ontologica e del moto rettilineo dal perfezionamento ontologicorealizzato con la quiete in un passo conclusivo del cap. Copernico scrive: «Poiché dun-que il moto circolare è proprio dei corpi integrali, ma delle parti anche quello rettilineo,possiamo dire che il circolare rimane con il rettilineo, come l’animale con la malattia»(De rev. cael., I , p. .–). Ciò che qui Copernico sta affermando, modificandovolutamente e polemicamente un passo del De caelo (IV , b–) è che il motocircolare, o la disposizione ordinata, è una realtà così permanente nella materia terrestreda poter essere assimilato alla consistenza ontologica della sostanza dell’essere vivente,mentre il moto rettilineo le è tanto accidentale ed effimero quanto la malattia lo è per lostesso essere vivente. Per un’esposizione più analitica, rinvio a A. D P, Copernicofilosofo, cit., pp. –.

. Cfr. De rev. cael., I , p. .–. Per la concezione della gravità nel Timeo e lemodifiche introdotte da Plutarco nel De facie, mi permetto di rinviare ancora al mio A.D P, Copernico filosofo, cit., pp. –.

Anna De Pace

l’identità della perfezione di tutti i corpi cosmici nella conserva-zione del proprio ordine, a conseguire la quale è indifferente peressi essere in quiete o in moto circolare. Notevolissimo ciò checonsegue da quanto sin qui detto. Se l’abolizione della distinzioneontologicamente fondata tra moto circolare e quiete comporta negareche vi siano corpi per sé mobili o immobili, essa comporta ancheescludere che vi siano ragioni fisiche legate alla natura dei corpi ingrado di stabilire a priori, in presenza di un movimento, quali simuovano e quali no. E poiché nemmeno la concezione d’ordine(= stabilità di relazioni) fornisce alcuna indicazione in tal senso, nederiva che la relatività ottica del moto, richiamata da Copernico nelcap. come uno degli elementi che giustificavano un ripensamentoteorico sulla disposizione planetaria, si innesta ormai sulle teoriefisiche esposte nei capp. e , in un contesto speculativo sgombroda restrizioni filosofiche aristoteliche lasciate operanti sullo sfondo.In questo modo, integrata ad altre considerazioni, potrà condurreal principio della relatività meccanica di Galileo.

Che questo sia l’aspetto teorico importante conseguito al termi-ne del percorso nel campo della filosofia naturale esplicita Coperni-co stesso, pur nei suoi modi alquanto ellittici, quando, a conclusionedel cap. , afferma che, poiché la gravità lascia tutti i corpi cosmiciintegrali liberi di compiere i loro circuiti, dirimere perciò (igitur) laquestione se sia la Terra o il Sole ad avere un circuito annuo potràsolo l’astronomo qualora, guardando la questione “con entrambigli occhi”, trovi la causa in grado di far coincidere la spiegazionedei fenomeni e la rivelazione dell’ordine e armonia intelligibili del-l’intero mondo. L’indifferenza dei corpi cosmici al moto circolaree alla quiete restituisce così alla mente divina la libertà di deciderea quali corpi assegnare l’uno o l’altra al fine di costituire un co-smo unificato da vincoli intelligibili, e all’astronomia il ruolo dicomprenderlo assegnatole da Platone. Detto altrimenti, quell’indif-ferenza, risultato del percorso dimostrativo fin qui compiuto dallaragione, spiega perché le cause fisiche, pur se non possono esseretrascurate, sono insufficienti a farci conoscere la bellezza e la veritàdell’universo, come aveva insegnato Platone nel Timeo e nel Fedone.

. Cfr. De rev. cael., I , p. .–.. Ivi, I , pp. .–..

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In che modo, poi, guardare alla questione «con entrambi gli occhi»è lezione che Copernico trarrà dai libri VI e VII della Repubblica diPlatone. Ma questo esula dai temi filosofici che qui mi sono propostadi considerare.

Anna De PaceUniversità degli Studi di Milano

. Su questi temi cfr. A. D P, Copernico filosofo, cit., pp. –.