Ibridamente · che la cartografia è raramente ciò che i cartografi ... Informatica, informatico,...

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1 Hic sunt leones. Triginta leones. Ricordatevi questo numero, ci servirà poi. Ibridamente. È questo il nome dei documentari mostrati stamattina in questa sala. Ibridamente. Il soggetto è negli avverbi, così scriveva Umberto Eco. E in modo ibrido e con menti ibride il progetto Ibridamente racconta. Cosa? il mestiere dell’archivista, oggi. E lo fa attraverso il racconto di esperienze, opere, metodi. Parliamo di avverbi. Ne uso uno. Raramente. Lo usa anche Harley, geografo - non archivista - nel suo Decostructing the map Harley scrive «è meglio per noi partire dalla premessa che la cartografia è raramente ciò che i cartografi dicono che sia». Hic sunt leones. Ho sempre immaginato l’archivista come un geografo. Qualcuno che concorre a osservare, descrivere, organizzare un perimetro considerandone il contesto, gli oggetti, gli attori, le relazioni, le identità, proponendone una mappa – ex ante oppure ex post – bilanciando la ricerca e l’indagine con la pianificazione. Qualcuno che concorre a investigare un territorio inesplorato, qualcuno che partecipa a descrivere quel posto in cui sono i leoni. È meglio per noi – qui e ora – partire dalla premessa che l’archivio è raramente ciò che gli archivisti dicono che sia? È meglio per noi partire dalla premessa che l’archivista - hic et nunc - è raramente ciò che l’archivistica tradizionale dice che sia? Non vogliamo estinguerci, vogliamo evolverci, imparare a raccontarci, a far comprendere chi siamo, ma siamo sufficientemente istruiti al cambiamento? Ne consegue una sola soluzione: dobbiamo aggiornarci, ri-formarci.

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Hic sunt leones. Triginta leones. Ricordatevi questo numero, ci servirà poi.

Ibridamente. È questo il nome dei documentari mostrati stamattina in questa sala. Ibridamente. Il soggetto è negli avverbi, così scriveva Umberto Eco. E in modo ibrido e con menti ibride il progetto Ibridamente racconta. Cosa? il mestiere dell’archivista, oggi. E lo fa attraverso il racconto di esperienze, opere, metodi.

Parliamo di avverbi. Ne uso uno. Raramente. Lo usa anche Harley, geografo - non archivista - nel suo Decostructing the map Harley scrive «è meglio per noi partire dalla premessa che la cartografia è raramente ciò che i cartografi dicono che sia».

Hic sunt leones. Ho sempre immaginato l’archivista come un geografo. Qualcuno che concorre a osservare, descrivere, organizzare un perimetro considerandone il

contesto, gli oggetti, gli attori, le relazioni, le identità, proponendone una mappa – ex ante oppure ex post – bilanciando la ricerca e l’indagine con la pianificazione. Qualcuno che concorre a investigare un territorio inesplorato, qualcuno che partecipa a descrivere quel posto in cui sono i leoni.

È meglio per noi – qui e ora – partire dalla premessa che l’archivio è raramente ciò che gli archivisti dicono che sia? È meglio per noi partire dalla premessa che l’archivista - hic et nunc - è raramente ciò che l’archivistica tradizionale dice che sia? Non vogliamo estinguerci, vogliamo evolverci, imparare a raccontarci, a far comprendere chi siamo, ma siamo sufficientemente istruiti al cambiamento? Ne consegue una sola soluzione: dobbiamo aggiornarci, ri-formarci.

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Questo solo oggi possiamo dirci: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

La nostra categoria professionale affronta quotidianamente le più varie sollecitazioni ed è sottoposta agli urti più imprevisti, si muove in territori in cui la custodia, la conservazione, la selezione, la progettazione di strumenti – tutte agite tanto in contesti digitali quanto ibridi e analogici – devono far evolvere quei luoghi a loci credibiles. Se la nostra categoria individua e riconosce le sue fragilità aiuta a prevenire incidenti. Se il nostro mestiere acquisisce consapevolezza e si dimostra duttile all’evoluzione, in quei loci credibiles emerge come stella polare il genius loci.

Nullus locus sine genio, scrive Servio nel commento all’Eneide [5,9]. Nelle antiche mappe il leone indicava visivamente il carattere attribuito ai territori sconosciuti: asprezza, esoticità, mistero, rischio, senso per la conquista tradotti in una decorazione. Ieri contro l’horror vacui di sperdute terre di confine vergate su mappe, ieri, oggi horror vacui dei confini professionali.

Per l’architettura del Novecento il genius loci 1 è quell’essenza in grado di intrecciare caratteristiche socioculturali, linguaggi, abitudini che caratterizzano un ambiente. È il carattere determinato delle cose come sono.

E un archivio è sempre come è: è come nasce, cresce, è come si sedimenta, come si conserva, si seleziona, è come è consultato, promosso, valorizzato,

raccontato. L’archivio vive, continua a vivere indipendentemente dalla sua identità, dalle sue identità. L’archivio è pianificato dalla volontà - consapevole o meno - di qualcuno. Qui e oggi siamo più leoni che nascondono quel territorio archivio – locus credibilis, leoni che ne celano i difetti o ne esaltano alcune porzioni per distrarre l’altrui attenzione da zone poco note e scivolose oppure siamo più portatori consapevoli di genius loci? Riusciamo a porci questa domanda e risponderci, sinceramente e senza indugi? Siamo catalizzatori di quell’essenza trasversale? Chi siamo? O chi vogliamo provare a essere? O, perlomeno, come proviamo a definirci?

Proviamo a definirci come responsabili della gestione documentale, responsabili della conservazione, responsabili delle funzioni archivistiche, responsabili del trattamento dati, responsabili dei sistemi informativi, responsabili della sicurezza dei dati, responsabili della sicurezza dei sistemi. Tutte definizioni che declinano come un caleidoscopio il senso di responsabilità, tutte ibride menti. Siamo davvero responsabili? Responsabili nel senso puro dell’etimo. Coloro che rispondono, agiscono, soddisfano, custodiscono, coloro che si fanno carico di pianificare e si assumono il carico delle conseguenze, tanto con oneri quanto con onori. Siamo responsabili de facto, oltre che ex lege e per nomina? Consapevolmente responsabili, individualmente e come categoria professionale?

1 Il concetto novecentesco di genius loci è attinto da Christian Norberg-Schulz, Genius Loci, Paesaggio Ambiente Architettura, 1979.

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Di cosa abbiamo bisogno e cosa e come dobbiamo agire attraverso il nostro operato? Permeabilità, confronto, formazione? Partiamo da un abc che prova a rispondere a queste domande: la norma UNI 11536 2 , Qualificazioni delle professioni per il trattamento dei dati e dei documenti, figura professionale dell’archivista.

Figura. Professionale. Dell’archivista. Dobbiamo essere consapevoli delle nostre fragilità per porre rimedio con la permeabilità e malleabilità nei confronti del continuo aggiornamento. La norma individua tre ambiti: conoscenza, abilità e competenza.

Conoscenza come assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento; conoscenze teoriche e pratiche: il sapere. Abilità come capacità di applicare conoscenze, di portare a termine compiti e risolvere problemi: il saper fare. Infine, la competenza, ovvero il metodo che ci consente di utilizzare conoscenze, abilità e attitudini personali: il saper essere.

Qual è oggi lo stato di aderenza fra richiesta, offerta e aspettativa? Esiste un gap fra domanda formativa, offerta didattica? Esiste un gap fra le aspettative del nostro pubblico – anzi dei nostri pubblici – e la nostra offerta di servizi? Dove sono i leoni? Correva l’anno 2006 e Scheurkogel3 illustrava l’educazione all’archivistica come una feconda isola autonoma entro le università. Rilevava una condizione necessaria e imprescindibile per il suo avanzamento: la necessità di manutenersi ed evolversi, rafforzandosi attraverso una ricerca di qualità, non solo demandata all’accademia. Un confronto fra i professionisti e le professioni. Sosteneva che la

2 Lo schema, se pur dibattuto e controverso, della norma UNI 11536 si basa sulle definizioni e i criteri dell’EQF European Qualifications Framework, il quadro europeo delle qualifiche e dei titoli di apprendimento, organizzato come triade di competenze, abilità e conoscenze. 3 Hans Scheurkogel (1953-2006) membro dell’International Council on Archives – ICA Executive Board; un sintetico profilo biografico a cura di ICA è disponibile in Flash (11/2007), http://www.archives.gov.ua/International/Flash11E.pdf <ultima vista 15 marzo 2018>. Il contributo menzionato, dal titolo What master do we want? What master do we need? è stato pubblicato da Archival Science nel 2006, volume 6 alle pagine 146-165 (DOI:10.1007/s10502-006-9025-3). Si veda anche An archival summer school – Fitting archival education into the Bologna Process, nell’ambito del Network of Archival Educators and Trainers http://www.naet-europe.org/Summer%20School.pdf <ultima vista 15 marzo 2018>.

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professione nel suo complesso deve essere orientata alla ricerca. E auspicava definizioni moderne di moderni aggiornamenti professionali nell’ambito didattico.

Contemporanei. Professionali. Orientati alla ricerca. Oggi vi abbiamo presentato questo progetto, un progetto che prova a essere contemporaneo, professionale e orientato alla ricerca. Un progetto in un avverbio: Ibridamente. Un progetto che narra di un file rouge: la propensione all’aggiornamento e la voglia – forte, appassionata, convinta, pervicace, metodica, scientifica – di applicare il nostro aggiornamento e di raccontarlo, provando una forma nuova di racconto. Un progetto per apprendere, fare rete, trasferire le conoscenze, le abilità e le competenze. Per essere responsabili, operativamente responsabili. Per narrare, presentare i protagonisti sul campo. Omaggiare il genius loci.

Scheurkogel raccolse impressioni e desiderata di chi offre servizi archivistici e di chi cerca servizi archivistici, di discenti e docenti in tema di formazione in ambito archivistico. Individuò tre differenti ambiti di ingredienti: conoscenze specialistiche, competenze metodiche, competenze morbide, soft. Quali gli ingredienti per la ricetta della nostra rinnovata professione?

Conoscenze specialistiche: strategie in ambito di records management, standard archivistici, leggi e norme in materiai o confine di archivi, conoscenze e terminologie ICT, gestione del soldo, nuova gestione pubblica e gestione della nuova cosa pubblica. Competenze metodiche: doti di leadership, gestione del progetto, applicazione di norme e leggi, metodi di presentazione e metodi di moderazione, gestione delle risorse umane, relazioni pubbliche. Competenze morbide, soft: iniziativa e responsabilità. La responsabilità come requisito soft. Curioso e istruttivo. Il comune immaginario ci conduce normalmente ad associare il concetto di responsabilità a un carico, a qualcosa agli antipodi del soft. A qualcosa di estremamente heavy. Se riflettiamo, la responsabilità emerge, invece, come la caratteristica propedeutica –

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insieme con l’iniziativa – all’applicazione di tutti gli altri ingredienti. È la base, il perimetro del locus credibilis. La nostra testa, la nostra mente ibrida può così diventare il locus credibilis. Oggi parlo in rappresentanza di un gruppo, un gruppo di studio e ricerca, DAP Digital Archives Perspectives. Non posso esimermi quindi dall’affrontare alcuni dati.

Trentanove volte ricorre il termine responsabilità nel rapporto dell’Osservatorio sulle competenze digitali, prodotto da AGID e MIUR, con AICA, Assinform, Assintel e Assinter4. Trentanove volte in 141 pagine. Agid presenta il report come un monitoraggio sulle competenze digitali, per le professioni operanti nel settore ICT e per i soggetti che utilizzano l’ICT nella propria attività.

Qualche altro numero: ICT compre 773 volte. La radice digital 489 volte. 424 volte il termine competenza. Informatica, informatico, informatici: 206 volte. Documentazione: 17 volte. Conservazione: 1 volta. Archivio, archivista: zero.

Il sottotitolo del report recita “scenari, GAP, nuovi profili professionali e percorsi formativi”. Ed è proprio un divario ciò che emerge dal conteggio delle occorrenze nel report: la professione che rappresentiamo non è rappresentata. Hic sunt leones. Qualche cosa - forse - abbiamo sbagliato nel confronto con gli altri, almeno con gli autori di quel report. Il nostro non è un territorio ancora da esplorare, è conosciuto. È il nostro mestiere che deve sconfinare, attraverso il racconto, la formazione, i contesti multidisciplinare. Il nostro mestiere deve continuare a contaminarsi e contaminare con maggiore pervicacia se vogliamo far emergere il nostro genius loci professionale.

Ho iniziato menzionando Harley, dopo avervi confessato un’immagine a me cara: l’archivista come geografo. L’immagine del professionista della gestione documentale latu sensu prima come geografo, poi come portatore sano di genius loci. Torno nuovamente e per l’ultima volta alla penna di Harley: se siamo veramente

4 Il rapporto è disponibile dal giugno 2017: http://www.agid.gov.it/sites/default/files/osservatorio_competenze_digitali_2017.pdf <ultima vista 15 marzo 2018>.

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preoccupati dalle conseguenze di ciò che accade quando facciamo una mappa possiamo anche decidere che la cartografia è troppo importante per essere lasciata interamente ai cartografi.

Provo a ribaltare questo concetto: l’archivistica è troppo importante per essere lasciata interamente agli archivisti, se siamo veramente preoccupati dalle conseguenze di ciò che accade quando non partecipiamo a una mappa.

Hic sunt leones. Proviamoci con un avverbio: Ibridamente.

Ricordate i triginta leones di cui vi ho fatto menzione all’inizio? Ibridamente nasce con trenta sconosciuti uniti da un desiderio: aggiornarsi. Trenta persone distribuite in tutta Italia che convergono nell’ateneo maceratese per formarsi in tema di archivi ibridi e digitali, per approfondire informatica, giurisprudenza, diplomatica, archivistica.

Da quei trenta leoni – sia professionisti sia neolaureati, archivisti, giuristi, informatici, storici, matematici – nasce Ibridamente.

Obiettivo: raccontarsi. Raccontare il nostro caleidoscopico mestiere e provare a raccontare i progetti di eccellenza, i progetti “che bucano lo schermo”. Grazie alle linee di ricerca del DAP Digital Archives Perspectives il progetto è stato realizzato. DAP Digital Archives Perspectives è un gruppo di studio e ricerca con finalità quali l’individuazione di strategie, analisi, strumenti, proposte di formazione in materia di archivi e sistemi documentali nel contemporaneo scenario digitale. Il professor Stefano Pigliapoco, coordinatore, ha illustrato oggi le linee di ricerca e gli obiettivi del gruppo DAP. Oggi vi parlo dei colleghi che con me contribuiscono a questo gruppo di studio e di ricerca, le menti ibride DAP.

Alessandro Alfier, archivista informatico, responsabile vicario della conservazione per uno dei dipartimenti del Ministero dell’economia e delle finanze. Docente a contratto del Master FGCAD e di DASDI, corso di perfezionamento in documenti e archivi sanitari digitali. Le sue linee di ricerca sono la gestione documentale digitale, la conservazione digitale, la natura e funzione dei metadati rispetto al ciclo di vita degli archivi digitali.

Andrea Grilli, Digital marketing manager di Voice Road (Gruppo My Voice) e Data Protection Officer, docente a contratto del Master FGCAD per il corso “Gestione della base di dati: dalla progettazione alla creazione dei database fino alla conservazione sostitutiva”. Ha collaborato con l'Università degli Studi dell’Aquila in tema di Knowledge management e usabilità. Si occupa di comunicazione, cultura digitale, informatica e privacy.

Eleonora Luzi, laureata in “Ricerca storica e risorse della memoria” e diplomata alla VII edizione del Master FGCAD, collabora a progetti di catalogazione e riordino, è cultrice della materia in archivistica e titolare di una

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borsa di ricerca all’Università degli Studi di Macerata: si occupa in particolare di dinamiche di formazione, gestione e conservazione del “Fascicolo studente” in ambito digitale.

Gilda Nicolai - che invito a raggiungermi accanto ai relatori per condividere questo momento - docente di archivistica generale nel corso di laurea in Beni Culturali dell’Università della Tuscia e docente nell’ambito del Master FGCAD per l’insegnamento “Elementi di archivistica generale. Scarto archivistico e piano di conservazione: aspetti teorici e applicazioni in ambiente digitale”. La sua ricerca è principalmente indirizzata allo scarto e conservazione in ambiente digitale per gli enti pubblici.

E, dulcis in fundo, grazie - e ancora grazie - a tutte le menti ibride protagoniste di Ibridamente, che invito a raggiungerci qui:

Ilaria Cristallini e Gianluca Perondi, in rappresentanza dei tringinta leones della IX edizione del master FGCAD da cui è nata l’idea del progetto Ibridamente

Giusy Galatà e Stefany Sanzone, archiviste diplomate nella X edizione del master FGCAD, protagoniste dei documentari visti oggi in anteprima e accessibili dal sito ibridamente.it

Domenico Quartieri, archivista, Virgilio e Caronte per l’archivio di regione Lombardia, come avete potuto constatare da un altro documentario di Ibridamente

Marisa Santarsiero e Tiziana Dassi, rispettivamente direttrice e archivista della struttura Biblioteca e Archivi dell’Università Bocconi

Infine, Gabriele Locatelli, archivista, collega, amico. Con emozione chiudo i lavori di questa giornata con un ringraziamento. Gabriele e io dobbiamo molto a una persona, una mente ibrida ben nota al pubblico delle Stelline: Paolo Pozzi.

Ibridamente, grazie.