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AMBIENTE Dalla legge sulla pesca del 1931 agli ecoreati del 2015 Obblighi, divieti e sanzioni per inquinamenti aria, acqua e rifiuti Normativa e giurisprudenza Il diritto penale dell’ambiente Gianfranco Amendola vai alla scheda del libro altri titoli l'autore

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AMBIENTE

Dalla legge sulla pesca del 1931 agli ecoreati del 2015Obblighi, divieti e sanzioni per inquinamenti aria, acqua e rifi utiNormativa e giurisprudenza

Il diritto penale dell’ambienteDalla legge sulla pesca del 1931 agli ecoreati del 2015

Il volume vuole fornire al lettore un panorama, succinto ma com-pleto, di tutta la normativa ambientale (o, comunque, utilizzabile ed utilizzata a difesa dell’ambiente) corredata dalla giurispruden-za più signifi cativa. Si parte dagli anni ‘30 e si arriva ai nostri gior-ni, analizzando la normativa non solo italiana, ma anche le princi-pali disposizioni comunitarie e le più rilevanti sentenze della Corteeuropea di giustizia. Il testo, ricco di schemi e quadri sinottici e un con linguaggio volutamente “non tecnico”, privilegia i problemi più comuni e rilevanti, le tematiche più controverse e quelle che più di frequente si presentano nella pratica. Partendo dalle prime leggi che sono state utilizzate in Italia per difendere l’ambiente, fi no ai nuovi delitti contro l’ambiente, il volume descrive le disposizioni essenziali di legge, la giurisprudenza più signifi cativa, il quadro di raccordo normativo complessivo e i commenti dell’autore, non trascurando, ove necessario, i richiami alla normativa ed alla giu-risprudenza comunitarie. Un libro non solo per giuristi, ma anche e soprattutto per i tanti tecnici, funzionari e agenti di polizia giudi-ziaria che ogni giorno si trovano di fronte a problemi ambientali.

Gianfranto Amendola, magistrato dal 1967, si è occupato di tute-la dell’ambiente dal 1970, prima come Pretore, poi come Sostituto e Procuratore aggiunto a Roma, infi ne (dal 2008) come Procu-ratore capo della Repubblica di Civitavecchia, fi no al pensiona-mento (dicembre 2015). Dal 1989 al 1994 è stato parlamentare europeo, e in tale veste vice presidente della commissione per la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei con-sumatori. Autore di una ventina di libri sulla normativa ambien-tale ha insegnato diritto penale dell’ambiente nelle Università di Roma, Teramo e Siena nonché ai corsi organizzati dal C.S.M. e dalla Scuola Superiore della Magistratura. Attualmente è docente di diritto dell’ambiente all’Università La Sapienza di Roma, è con-sulente della Commissione bicamerale di inchiesta sulle ecoma-fi e ed è titolare di un blog sul Fatto Quotidiano.

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE

Il diritto penale dell’ambienteGianfranco Amendola

AMBIENTE

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Gianfranco Amendola

Il diritto penale dell’ambiente

Dalla legge sulla pesca del 1931 agli ecoreati del 2015

Obblighi, divieti e sanzioni per inquinamenti aria, acqua e rifiuti

Normativa e giurisprudenza

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTEISBN: 978-88-6310-721-0

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SOMMARIO

Premessa generale ........................................................................ 9

PARTE PRIMASintesi storica e generalità

Capitolo 1 TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE: SINTESI STORICA FINO AL 2006 .....................................................15

1.1. Premessa ......................................................................15

1.2. Dagli anni ‘30 agli anni ‘70 ..................................................15

1.3. Dal 1970 al 1993 .............................................................18

1.4. Dal 1993 al 1997 .............................................................19

1.5. Dal 1997 al 2006 .............................................................20

Capitolo 2 IL RICORSO AL CODICE PENALE .....................................................25

2.1. Cenni sulla responsabilità penale in generale..............................26

2.2. La delega di funzioni .........................................................27

2.3. Dolo, colpa, buona fede ......................................................29

2.4. I reati del codice penale applicabili: la giurisprudenza .............................................................32

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE

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Capitolo 3 IL TESTO UNICO AMBIENTALE DEL 2006. GENERALITÀ .....................45

3.1. Il quadro generale ............................................................45

3.2. Diritto comunitario e diritto italiano.........................................49

3.3. I rapporti tra leggi statali, leggi regionali e regolamenti comunali ......................................................52

3.4. L’obbligo di autorizzazione e il divieto di silenzio assenso ...........................................................52

Capitolo 4 L’AVVENTO DELLA CRISI ECONOMICA ED OCCUPAZIONALE. LE NOVITÀ NORMATIVE DEL GOVERNO MONTI, DEL GOVERNO LETTA E DEL GOVERNO RENZI .................................55

4.1. Il governo Monti ..............................................................55

4.2. Il governo Letta ...............................................................59

4.3. Il governo Renzi: in particolare il D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 46, il D.L. 24 giugno 2014, n. 91, il cd. decreto sbloccaItalia (D.L. 12 settembre 2014) ......................................63

PARTE SECONDAIl Testo unico ambientale del 2006 in particolare

Capitolo 5 LA TUTELA DELL'ARIA E LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA .................................................79

5.1. Prevenzione e limitazioni delle emissioni in atmosfera di impianti e attività ...........................................795.1.1. Campo d’applicazione ...............................................79

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SOMMARIO

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5.1.2. Autorizzazioni: impianti con emissioni scarsamente rilevanti e impianti con inquinamento ridotto ...............................81

5.1.3. Limiti di emissione ..................................................84

5.1.4. Le sanzioni ...........................................................85

5.2. Impianti termici civili: obblighi e sanzioni (amministrative) ..................................................90

5.3. Combustibili: obblighi e sanzioni ............................................92

5.4. L’art. 674 c.p. e la giurisprudenza della Cassazione ........................97

Capitolo 6 LA TUTELA DALL’INQUINAMENTO IDRICO .................................... 103

6.1. Generalità e ambito di applicazione: le acque reflue .............................................................. 103

6.2. La definizione di scarico: rinvio ............................................ 108

6.3. Autorizzazione: obblighi e sanzioni ........................................ 109

6.4. Disciplina e limiti degli scarichi ........................................... 114

6.5. Superamento dei limiti e sanzioni: la responsabilità penale nella giurisprudenza ............................ 117

6.6. Campionamento: dove farlo, le norme tecniche, istantaneo o medio, diritto di difesa ..................................... 121

6.7. La diluizione: la giurisprudenza della Cassazione ........................ 130

6.8. In particolare, sanzioni per immissioni in mare .......................... 132

Capitolo 7 LA GESTIONE DEI RIFIUTI ............................................................ 135

7.1. Campo di applicazione, finalità, principi generali, definizioni ................................................................... 135

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE

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7.2. La nozione di rifiuto: la giurisprudenza della Corte di giustizia e della Cassazione ................................ 144

7.3. La nozione di sottoprodotto: la giurisprudenza della Corte di giustizia e della Cassazione ................................ 151

7.4. Cessazione qualifica di rifiuto dopo recupero ............................. 160

7.5. Terre e rocce da scavo ..................................................... 166

7.6. Le esclusioni dall’ambito di applicazione ................................. 169

7.7. Scarico e rifiuti liquidi ...................................................... 173

7.8. La classificazione dei rifiuti: urbani, speciali, assimilati agli urbani e pericolosi; le voci a specchio .................... 175

7.9. L’obbligo di autorizzazione e le prescrizioni dell’autorizzazione ......... 183

7.10. L’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali ............ 189

7.11. La procedura semplificata per il recupero di rifiuti ....................... 194

7.12. L’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti ......................... 207

7.13. Lo stoccaggio e il deposito temporaneo di rifiuti ......................... 214

7.14. La discarica di rifiuti: in particolare la elaborazione della giurisprudenza ..................................... 220

7.15. Il quadro riepilogativo per abbandono-deposito incontrollato, deposito temporaneo, stoccaggio e discarica. Le sanzioni per l’impresa ..................................... 223

7.16. Le bonifiche ................................................................. 227

7.17. Il divieto di miscelazione di rifiuti ......................................... 233

7.18. Il traffico illecito (transfrontaliero) di rifiuti ............................... 236

7.19. La responsabilità nella gestione dei rifiuti: in particolare, affidamento a terzi, fatto dei dipendenti, locazione del terreno, attività edilizia ................... 241

7.20. Il quadro generale delle sanzioni in tema di rifiuti. Il SISTRI ..................................................................... 254

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SOMMARIO

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PARTE TERZAI delitti contro l’ambiente

Capitolo 8 I DELITTI CONTRO L’AMBIENTE PRIMA DELLA LEGGE 68/ 2015 ...................................................... 263

8.1. Il primo (2001) delitto contro l’ambiente: Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ........................ 264

8.2. La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente e il D.Lgs. 121/2011: un’occasione mancata ............................. 272

8.3. La terra dei fuochi ed il delitto di combustione illecita di rifiuti (2013) ...................................................... 281

8.4. La combustione delle stoppie.............................................. 287

8.5. I nuovi obblighi di informativa previsti dal D.L. 136/2013 convertito con legge n. 6/2014 ....................... 291

Capitolo 9 I DELITTI CONTRO L’AMBIENTE INTRODOTTI DALLA LEGGE N. 68/2015 .......................................... 293

9.1. Il quadro generale della legge n. 68 ....................................... 293

9.2. La legge n. 68 e la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente ......................................... 295

9.3. Il collegamento (abusivamente) dei delitti di inquinamento e disastro ambientale con illeciti preesistenti e in particolare con le contravvenzioni del D.Lgs. 152/06 .............. 305

9.4. Il delitto di inquinamento ambientale ..................................... 315

9.5. Il delitto di disastro ambientale ........................................... 320

9.6. Le ipotesi colpose di inquinamento e disastro ambientale. Il dolo eventuale e la colpa cosciente ..................................... 329

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE

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9.7. Il delitto di traffico di materiale radioattivo .............................. 331

9.8. Il delitto di impedimento del controllo .................................... 335

9.9. Il delitto di “omessa bonifica” ............................................. 340

9.10. Circostanze aggravanti, aggravante ambientale, ravvedimento operoso e confisca ......................................... 346

9.11. La responsabilità da reato delle persone giuridiche ..................... 358

9.12. Il coordinamento delle indagini ............................................ 359

PARTE QUARTAL’eliminazione delle “vecchie” contravvenzioni

Capitolo 10 LA PROCEDURA DI ELIMINAZIONE DI ALCUNE CONTRAVVENZIONI DEL TUA PREVISTA DALLA LEGGE 68/2015 .................................... 363

10.1. Il quadro generale .......................................................... 363

10.2. Le contravvenzioni del D.Lgs. 152/06 che possono essere “eliminate” ........................................... 371

10.3. Il danno o il pericolo concreto ed attuale per le risorse ambientali e paesaggistiche ............................... 375

10.4. Le prescrizioni da impartire e le misure atte a far cessare il pericolo .................................................... 378

10.5. Il procedimento di regolarizzazione ....................................... 381

10.6. Conclusione ................................................................. 382

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PREMESSA GENERALE

Il 2015 è stato l’anno degli “ecoreati” e cioè l’anno in cui finalmente nel nostro codice penale sono comparsi i delitti contro l’ambiente. Il loro avvento è certamente un fatto positivo che, tuttavia, come vedre-mo, risente di troppi compromessi, contiene diversi errori rilevanti e, a volte, prevede fattispecie criminose non sufficientemente determinate. In più, si aggiunge ad un quadro normativo generale abbondantemente contaminato da un gravissimo inquinamento legislativo.

Chi, come me, ha seguito la nascita, dagli anni ‘70, della legislazione ambientale in Italia può testimoniare, infatti, che si è passati da una asso-luta carenza ad una superfetazioni di leggi, leggine, decreti e regolamenti in campo ambientale, quasi sempre senza criterio né coordinamento, troppo spesso finalizzati a qualche interesse particolare, di pessima fattu-ra e qualche volta impossibili da applicare. E anche quando si è tentato di mettere ordine con i “testi unici” si è raggiunto, in realtà, il risultato oppo-sto in quanto ci si è limitati a mettere insieme centinaia di disposizioni in modo raffazzonato e confuso, con la conseguenza che troppo spesso è già difficile, per un non esperto, capire quale sia la norma applicabile: il Testo Unico Ambientale - e cioè il D.Lgs. 152 del 2006 - che, in altro libro, ho definito la peggiore legge ambientale italiana, ne è esempio emble-matico anche solo a livello formale, dato che ha subito e subisce continue modifiche ed aggiunte, con numerosissimi articoli e commi bis, ter, ecc., a volte lunghi pagine e pagine, dove non si capisce quale sia la regola e quali siano le eccezioni.

Del resto, basta pensare alla scandalosa vicenda delle “terre e rocce

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE

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da scavo” per cui lo stesso legislatore ha dovuto fermarsi per rimettere ordine con un regolamento che ancora aspettiamo; o alla ancora più scandalosa vicenda del SISTRI su cui è meglio stendere, per carità di patria, un velo pietoso.

È da queste premesse che nasce questo libro: per tentare, nono-stante tutto, di delineare con chiarezza l’intero quadro normativo attual-mente vigente per la tutela penale dell’ambiente evidenziandone -spes-so con schemi e specchietti riassuntivi - i punti, i problemi essenziali e le interazioni, allo scopo, soprattutto, di valorizzarne in costruttivo ogni possibilità operativa.

Nella consapevolezza che, ad esempio, non si può capire realmen-te la portata dei nuovi delitti di inquinamento e di disastro ambientale se non si conosce la giurisprudenza precedente sul danneggiamento aggravato e sul disastro innominato; così come non si può comprende-re l’ambito del nuovo delitto di omessa bonifica se non si ha presente la elaborazione giurisprudenziale relativa al procedimento di bonifica previsto dal TUA.

Ho iniziato, quindi, - ovviamente in modo estremamente sintetico e per flash - dalle prime leggi (ancora vigenti) che sono state utilizzate in Italia per difendere l’ambiente quando ancora non esisteva una nor-mativa ambientale: tipico esempio, la legge sulla pesca del 1931; ma anche le norme del codice penale, quali il danneggiamento aggravato o la adulterazione di acque destinate all’alimentazione, evidenziandone le interpretazioni costruttive della giurisprudenza.

Ho poi approfondito le parti del TUA relative all’inquinamento dell’a-ria, delle acque e da rifiuti per finire con i (nuovi) delitti contro l’ambiente e con i tanti interventi legislativi degli ultimi anni ad opera dei governi dell’emergenza.

Per ogni argomento ho riportato le disposizioni essenziali di legge, la giurisprudenza più significativa, il quadro di raccordo normativo com-plessivo ed i miei commenti, non trascurando, ove necessario, i richia-mi alla normativa ed alla giurisprudenza comunitarie. Data l’ampiezza dell’oggetto, per non pregiudicare la visione di insieme della normativa, dopo aver delineato le linee essenziali di ogni problematica, ho inserito solo alcuni approfondimenti, scegliendo le tematiche più controverse,

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quelle meno conosciute e quelle che più di frequente si presentano nella pratica; ma, quando necessario, ho rinviato, in nota, ad altri scritti utili allo scopo.

Ovviamente, per i delitti introdotti dalla legge n. 68/2015, non ho potuto citare giurisprudenza perché ancora non esiste. Tuttavia esiste copiosa dottrina, che, per ciascuna fattispecie, ho tentato di sintetiz-zare, soffermandomi su alcune questioni particolarmente importanti e controverse (quali, in particolare, il significato dell’avverbio “abusiva-mente” nel disastro ambientale).

Ho cercato di usare un linguaggio “non tecnico” in modo da poter essere immediatamente capito anche da un non addetto ai lavori evi-tando argomenti troppo specializzati di tipo penalistico. Di questo mi scuso con i giuristi, ma ritengo che oggi è urgente e necessario il mas-simo coinvolgimento in queste tematiche, anche e soprattutto, di tecni-ci, polizia giudiziaria e cittadini “comuni” che vogliono difendere il loro ambiente e la loro qualità di vita. Soprattutto nella speranza di avere finalmente, in futuro, una legislazione adeguata. Anche gli “ecoreati”, infatti, risentono dei difetti di tutta la nostra legislazione ambientale e necessiterebbero, a mio sommesso avviso, di alcune immediate corre-zioni (per evidenti errori), di una sollecita “semplificazione” delle ipotesi criminose, di una razionalizzazione delle sanzioni e di un vero coordi-namento con il resto della normativa penale esistente (che andrebbe, contestualmente, drasticamente sfoltita e semplificata a sua volta).

Nel contempo, bisogna sperare che vengano potenziati con mezzi, uomini e professionalità gli organi di controllo, tecnici e di polizia giu-diziaria, sulle cui gambe marcia la reale applicazione della normativa di tutela. Un brutto segnale viene dallo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato. Ma, di contro, sta per essere varata una riforma legislati-va circa la “Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale”. Potrebbe essere un passo importante per la difesa del popolo inquinato.

Gianfranco Amendola

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PARTE PRIMASintesi storica e generalità

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capitolo 2

IL RICORSO AL CODICE PENALE

Era, pertanto, prevedibile che, in questo quadro di carenze normative, pur in presenza di appositi testi unici per settori ambientali quali acque e rifiuti, la magistratura ricorresse ancora, molto spesso, alle vecchie e generiche norme del codice penale (specie l’art. 674 c.p.) applicabili a fattispecie di inquinamento ambientale (aria, acque, rifiuti e inquina-mento elettromagnetico); ovvero all’art. 659 c.p. per l’inquinamento acustico.

E la Cassazione avallava tale orientamento confermando l’applicabilità delle norme del codice penale nonostante la legislazione speciale.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 1 luglio 2003, RV 226578, GrazianiL’ipotesi di reato di cui all’art. 674 c.p. può concorrere con le dispo-sizioni del D.Lgs. 152/99, stante la diversa struttura delle fattispecie ed i differenti beni giuridici tutelati.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 7 novembre 2007, n. 6419, CostanzaVi è possibilità di concorso tra l’art. 674 C.P. e le norme speciali in materia ambientale (inquinamento atmosferico, inquinamento idrico e inquinamento elettromagnetico) Non sussiste rapporto di specialità, ex art. 9 della legge n. 689 del 1981, tra la norma che sanziona l’ef-fettuazione di scarichi di acque reflue domestiche senza la prescritta autorizzazione) e quella di cui all’art. 674 cod. pen., trattandosi di norme dirette alla tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti, in quanto esula dalla previsione della fattispecie sanzio-nata in via amministrativa il fatto di avere cagionato offesa o molestia alle persone.

Prima di esaminare queste norme del codice penale, tuttavia, sembra opportuno premettere alcuni cenni generali.

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE PRIMA

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2.1. Cenni sulla responsabilità penale in generale

Le principali disposizioni che delineano l’ambito della responsabilità penale in base ai pricipi costituzionali, sono le seguenti:

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Art. 25Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entra-ta in vigore prima del fatto commesso.

Art. 27La responsabilità penale è personale.

REGIO DECRETO 19 OTTOBRE 1930 N. 1398 - CODICE PENALE

Art. 39Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni

I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice.

Art. 40Rapporto di causalità

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato,se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Art. 42Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale.

Responsabilità obiettiva

Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dal-la legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto,se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterin-tenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione.

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IL RICORSO AL CODICE PENALE

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Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omis-sione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa.

Art. 43Elemento psicologico del reato

Il delitto:- è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o

pericoloso,che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;

- è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente;

- è colposo, o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preve-duto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regola-menti, ordini o discipline.

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvol-ta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

Art. 45Caso fortuito o forza maggiore

Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

In questo quadro sinteticamente delineato, è opportuno inserire, subi-to, la problematica, elaborata dalla giurisprudenza, sempre ricorrente in campo ambientale, sulla individuazione delle responsabilità penale nell’ambito di persona giuridica, in particolare con riferimento all’istituto della delega di funzioni, avvertendo che tale istituto, è stato trasposto in campo ambientale da quello sulla sicurezza sul lavoro.

2.2. La delega di funzioniRiassumiamo i principi fondamentali così come elaborati dalla Cassa-zione:

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE PRIMA

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Cfr. per tutti: Q Cass. Pen., Sez. 3, 11 gennaio 2006, n. 560, Lanzavecchia (1)

Q Cass. Pen., Sez. 3, c.c. 25 novembre 2009, n. 8275, RizziLa delega può avere efficacia liberatoria se risulta in modo certo e: a) l’impresa sia di notevoli o grandi dimensioni; b) si tratti di compiti non gravanti esclusivamente e specificamente

sul titolare o amministratore; c) il delegato sia persona tecnicamente e professionalmente idonea

a quell’incarico; d) il delegato sia dotato della necessaria autonomia gestionale e

finanziaria e non vi siano interferenze di intralcio da parte del delegante;

e) il delegante abbia adempiuto a tutti i doveri di sua esclusiva com-petenza;

f) il delegante eserciti, in concreto, una funzione di vigilanza e di controllo.

Se non vi è prova certa su queste condizioni, «il proprietario di un’a-zienda... risponde anche penalmente dell’operato dei suoi dipendenti».

Q Cass. Pen., Sez. 3, 16 marzo 2011, n. 28206, SimeoneIl legale rappresentante di una società di capitali che abbia delegato ad altri soggetti di sua fiducia attività in tema di gestione di rifiuti, diviene responsabile per culpa in vigilando quando sia consapevole delle inadempienze in cui sia incorso il delegato, ovvero quando, pur potendo sottoporre a controllo l’attività del delegato, abbia sciente-mente omesso detto controllo.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 21 maggio 2015, n. 27862, MolinoIn materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, tra i requisiti di cui è necessaria la compresenza non è più richiesto che il trasferimento delle funzioni delegate debba essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantome-no, alle esigenze organizzative della stessa (Fattispecie nella quale la Corte, argomentando ex art. 16, D.Lgs. n. 81 del 2008, rilevando l’asimmetria con la materia prevenzionistica dove non è più richiesto il requisito della necessità della delega, ha escluso che detto requisito sia necessario in materia ambientale).

1. In Dir. giur. agr. alim. amb. 2006, n. 10, pag. 606.

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IL RICORSO AL CODICE PENALE

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Q Cass. Pen., Sez. 3, 9 dicembre 2015 (dep.), n. 48456È bene ricordare che, secondo il costante orientamento di legittimi-tà (2) perché la delega di funzioni abbia rilevanza nell’ambito della attribuzione di penale responsabilità, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discre-zionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professio-nalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o,quantomeno, alle esigenze organizza-tive della stessa; d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

2.3. Dolo, colpa, buona fede

La responsabilità penale deve essere valutata, caso per caso, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, in quanto, per applicare la sanzione penale, il nostro ordinamento richiede che possa essere mosso un rilie-vo, quanto meno di colpa (3).

Ed è, quindi, opportuno, leggere subito il contenuto più rilevante della “storica” sentenza della Corte Costituzionale del 1988, di cui già abbia-mo fatto cenno:

Q Corte Costituzionale n. 364 del 23-24 marzo 1988 (4)

La sentenza ha ridimensionato drasticamente il principio generale del nostro diritto penale, secondo cui la ignoranza o l’errore sulla legge non è mai accettabile come scusante, enunciando una serie di affer-mazioni e di principi particolarmente rilevanti per la nostra materia: 1) In primo luogo, quello della «illegittimità costituzionale della puni-

zione di fatti che non risultino essere espressione di consapevo-le, rimproverabile contrasto con i (o indifferenza ai) valori della convivenza, espressi dalle norme penali»; per cui, nell’attuale

2. Cfr. Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, Girolimetto, Rv. 238980.3. Cfr. gli articoli del codice penale sopra riportati.4. In Foro It. 1988, I, c. 1385 e segg.

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE PRIMA

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complessità della normativa, se il cittadino, nei limiti possibili, si è dimostrato ligio al dovere (ex art. 54, 1° comma, Cost.) e, ciò malgrado, continua ad ignorare la legge, deve concludersi che la sua ignoranza è «inevitabile» e «pertanto scusabile», in quanto «sottoporre il soggetto agente alla sanzione più grave senza alcuna prova della sua consapevole ribellione od indifferenza all’ordina-mento tutto, equivale a scardinare fondamentali garanzie che lo Stato democratico offre al cittadino».

2) Anzi, considerate le complesse vicende legislative, con norme spes-so di difficile interpretazione anche per gli addetti ai lavori, della normativa in esame, ancor più rilevanti appaiono le conclusioni della Corte quando equipara alla inevitabilità dell’errore i casi di «mancanza di riconoscibilità della disposizione normativa (ad esem-pio, assoluta oscurità del testo legislativo), oppure un gravemente caotico (la misura di tale gravità va apprezzata anche in relazione ai diversi tipi di reato) atteggiamento interpretativo degli organi giudi-ziari; ad esempio, qualora l’errore sia stato determinato da partico-lari, positive circostanze di fatto, quali assicurazioni erronee di per-sone istituzionalmente destinate a giudicare sui fatti da realizzare; precedenti, varie assoluzioni dell’agente per lo stesso fatto, ecc.».

Ad essa seguivano numerose sentenze di “puntualizzazione” da parte della Cassazione:

Q Cass. Pen., Sez. 1, 5 ottobre 2000, n. 441, Rizzo (5)

Sussistendo a carico dei consociati il dovere giuridico di rispettare le leggi dello Stato, una condotta passiva dell’interessato non giustifi-ca che venga ritenuta l’ignoranza inevitabile e scusabile della legge penale (articolo 5 del c.p.), esigendosi invece che ognuno si attivi per conoscere la legge. Il dovere di informazione non va però valutato in astratto ma in relazione all’attività svolta dal soggetto che allega la scusabilità dell’ignoranza, sussistendo in relazione all’attività svolta il preciso dovere giuridico di conoscere le disposizioni di legge e della tecnica che la regolano (articolo 43 c.p.). Per l’effetto, mentre per il comune cittadino l’inevitabilità dell’errore va riconosciuta ogniqual-volta l’agente abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza,

5. In Guida al diritto, Il Sole 24 ore 2001, n. 18, pag. 95.

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IL RICORSO AL CODICE PENALE

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al cosiddetto “dovere di informazione” attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la conoscenza della legi-slazione vigente in materia, per coloro che svolgono professionalmen-te una determinata attività tale dovere è particolarmente rigoroso, tanto che essi rispondono dell’illecito anche in virtù della culpa levis nello svolgimento dell’indagine giuridica. In questa seconda situazio-ne occorre, cioè, ai fini dell’affermazione della scusabilità dell’igno-ranza, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell’interpretazione e, conseguentemente, della liceità del comportamento futuro.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 21 novembre 2007, n. 200, MartiniÈ principio cardine del nostro ordinamento giuridico che l’ignoranza della legge penale non scusa e la Corte Costituzionale con la senten-za n. 364-’88 non lo ha abolito, né sminuito, avendo solo statuito che va considerato come, in casi eccezionali, l’accertata ignoranza “ine-vitabile” della legge penale debba portare all’assoluzione dell’auto-re del fatto che ha agito in buona fede. La legislazione in materia edilizia, urbanistica ed ambientale, per quanto complessa, non ha dato luogo a contrasti interpretativi di grosso rilievo, né appare così astrusa da non potere essere compresa e applicata.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 12 giugno 2008, n. 31159, SimonettiIn tema di illecita gestione di rifiuti si deve escludere l’ipotesi del-la buona fede quando la fallace interpretazione del contenuto del-la autorizzazione e la erronea convinzione di possedere un titolo legittimante è dovuta ad un comportamento colposo poiché in tal caso l’imputato è venuto meno al dovere, che grava sui privati che svolgono in modo professionale attività normativamente regolate, di accertare con diligenza quale sia la disciplina del settore.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 4 novembre 2009, n. 49910, CangialosiLa buona fede che esclude nei reati contravvenzionali l’elemento sog-gettivo ben può essere determinata da un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole. (Fattispecie di buona fede indotta dal comportamento della P.A. che, richiesta dell’autoriz-zazione relativamente ad un’attività di smaltimento di rifiuti, ne aveva ripetutamente confermato la non necessità).

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PARTE TERZAI delitti contro l’ambiente

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capitolo 8

I DELITTI CONTRO L’AMBIENTE PRIMA DELLA LEGGE 68/2015

Come abbiamo visto, dal 1976, con la legge Merli, sino al TUA del 2006 la violazione delle norme di tutela ambientale risulta presidiata, di rego-la, con sanzioni contravvenzionali o amministrative incentrate sull’os-servanza della specifica regolamentazione amministrativa, a prescinde-re dall’effettivo danno o pericolo per l’ambiente.

Tuttavia, proprio nel TUA si rinviene anche la prima eccezione, e cioè il primo delitto contro l’ambiente (Attività organizzate per il traffico ille-cito di rifiuti), introdotto con la legge 23 marzo 2001 n. 93 nel D.Lgs. 22/1997 (decreto Ronchi, art. 53-bis) e letteralmente riprodotto nel D.Lgs. 152/06.

Si tratta, quindi, di un delitto che, a differenza di quelli introdotti nel 2015 con la legge n. 68 (che esamineremo appresso), è collocato, non nel codice penale ma nel TUA; ad esso, tuttavia sono applicabili molte “novità” contenute proprio nella legge n. 68, come recentemente evi-denziato dalla dottrina (1) .

Si noti che, in realtà, benchè il delitto sia intitolato “Attività organizza-te per il traffico illecito di rifiuti”, viene spesso indicato, nel linguaggio comune, più sbrigativamente come “traffico illecito di rifiuti”; il che può provocare, a volte, confusione rispetto alla contravvenzione, come abbiamo visto, prevista dall’art. 259 del D.Lgs. 152/06 intitolata proprio a “traffico illecito di rifiuti”.

1. RAMACCI, Il “nuovo” art. 260 del D.Lgs. n.152/2006, vecchie e nuove questioni, in Ambien-te e sviluppo 2016, n. 3, pag. 167 e segg. cui si rinvia anche per una aggiornata panoramica della giurisprudenza della Cassazione.

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE TERZA

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8.1. Il primo (2001) delitto contro l’ambiente: Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

Iniziamo, quindi, come sempre, dalla lettura della norma incriminatrice speciale:

D.LGS. 3 APRILE 2006, N. 152 - Norme in materia ambientale

Art. 260Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più opera-zioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organiz-zate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclu-sione da tre a otto anni.3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all’arti-colo 33 del medesimo codice.4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristi-no dello stato dell’ambiente, e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente.4-bis. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a com-mettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. (2)

Di certo, la formulazione poteva essere migliore: si poteva evitare, cioè, la indeterminatezza dell’“abusivamente” e degli “ingenti” quantitativi di rifiuti. Tuttavia, grazie alla Cassazione, l’esperienza di questi anni ha

2. Comma aggiunto dall’art. 1, comma 3, legge 22 maggio 2015, n. 68.

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I DELITTI CONTRO L’AMBIENTE PRIMA DELLA LEGGE 68/2015

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evidenziato che l’art. 260 TUA, interpretato in senso costruttivo, può svolgere un ruolo rilevante, soprattutto nella lotta all’ecomafia, anche perchè, trattandosi di delitto con pene rilevanti, consente, nella fase delle indagini preliminari, di utilizzare, nei casi più gravi, adeguate forme di prevenzione cautelare ed importanti strumenti investigativi, quali le intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Conviene, quindi, esaminare subito la più rilevante giurisprudenza della Suprema Corte che, come abbiamo detto, si è opportunamente sforzata di dare concretezza alla norma attraverso una interpretazione costruttiva, pur se sempre rigorosa, rinviando solo la trattazione del requisito “abusivamente” di cui ci occuperemo appresso, quando trat-teremo dei nuovi delitti ambientali introdotti nel 2015.

Iniziamo dalle sentenze di portata generale:

Q Cass. Pen., Sez. 3, c.c. 16 dicembre 2005, n. 1446, SamaratiDetto delitto si sostanzia nella condotta di “chiunque, al fine di con-seguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allesti-mento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, tra-sporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.Per la sussistenza del reato di cui all’art. 53-bis D.Lgs. 22/97 è quindi necessario:a) l’autore del reato può essere “chiunque”: la pluralità di agenti

non è richiesta come elemento costitutivo della fattispecie. Trattasi di una fattispecie monosoggettiva e non di concorso necessario, anche se nella pratica può assumere di fatto carattere associativo e di criminalità organizzata;

b) l’elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo specifico, ossia il fine di conseguire un ingiusto profitto (ricavi o risparmi nei costi);

c) l’elemento oggettivo consiste in una attività di gestione dei rifiuti “organizzata”, con allestimento dei mezzi necessari, ossia in una attività “imprenditoriale”;

d) l’attività di gestione mira al traffico illecito, come si ricava dal titolo della norma, e - può riguardare una o più delle diverse fasi in cui si concreta ordinariamente la gestione dei rifiuti nella fase dinamica (cessione; ricezione, trasporto, esportazione ed impor-tazione), sia interna, che internazionale [le condotte non sono tas-

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE TERZA

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sative come emerge dall’avverbio “comunque”];e) l’attività di gestione deve essere caratterizzata non dalla episodi-

cità, ma da una “pluralità di operazioni “e dalla “continuità “in senso termporale: il “traffico illecito” ha senso se è caratterizzato da più operazioni e se presenta un elemento temporale adeguato;

f) il quantitativo di rifiuti deve essere “ingente”: l’interprete dovrà valutare caso per caso questo requisito, traendo elementi di com-parazione anche dalle previsioni di reati contravvenzionali in tema di rifiuti (es. art. 51, 2° comma D.Lgs. 22/97; art. 51, 3° comma stessa legge) e soprattutto considerando la specificità ed autonomia delle singole figure (art. 51-bis, 52 e 53 D.Lgs. 22/97);

g) l’attività di gestione deve essere “abusiva” (mancanza di autoriz-zazioni, iscrizioni o comunicazioni previste dalla normativa od anche autorizzazioni scadute o palesemente illegittime) con rife-rimento ad attività organizzate clandestine od anche apparente-mente legittime;

h) l’offensività della condotta non riguarda necessariamente la mes-sa in pericolo della incolumità pubblica (questo requisito non è citato nella norma, anzi - come si è detto - non è stato recepito nella forma di un art. 452-quater cod. pen. tra i delitti contro l’in-columità pubblica, che toccano la integrità fisica delle persone nel loro insieme e la sicurezza della vita), ma certamente attiene - sia pure non ontologicamente ed in modo indiretto - al bene giuri-dico dell’ambiente (la minaccia grave di un danno ambientale o lo stesso danno ambientale non sono presenti in modo oggettivo ed assoluto, ma eventualmente possono accedere alla attività del col-pevole, sicché non costituiscono condizioni di punibilità, doven-do essere (come conseguenze eventuali del reato) accertati caso per caso: il fatto che il legislatore preveda la riduzione in pristino e la eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente nell’art. 53-bis, 4° comma D.Lgs. 22/97 non trasforma il reato in reato di danno o pericolo concreto e non riduce le sanzioni amministra-tive in un obbligo automatico per il giudice [opportunamente il legislatore introduce la clausola ”se possibile”].

Il traffico illecito di rifiuti, anche quando organizzato ed abituale, con ingenti quantità di rifiuti ordinariamente produce un reale pericolo per l’ambiente o di fatto un danno ambientale, tuttavia, si ripete, il reato sussiste quando ne ricorrano i presupposti formali e non è di per sé un reato di danno o di pericolo concreto, pur dovendo questi aspetti esse-

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I delIttI contro l’ambIente prIma della legge 68/2015

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re valutati dal giudice quali conseguenze eventuali del reato.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 8 novembre 2006, Pecoraro (3)

Il delitto è configurabile con riferimento a qualsiasi gestione di rifiuti svolta in violazione della disciplina di settore, e pertanto, anche con riferimento alle attività di intermediazione e commercio.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 14 luglio 2011, n. 46189, PassarielloIl delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti sanziona comportamenti non occasionali di soggetti che, al fine di consegui-re un ingiusto profitto, fanno della illecita gestione dei rifiuti la loro redditizia, anche se non esclusiva attività. Quindi per perfezionare il reato è necessaria una, seppure rudimentale, organizzazione profes-sionale (mezzi e capitali) che sia in grado dl gestire ingenti quantita-tivi di rifiuti in modo continuativo, ossia con pluralità di operazioni condotte in continuità temporale, operazioni che vanno valutate in modo globale: alla pluralità delle azioni, che è elemento costitutivo del fatto, corrisponde una unica violazione di legge, e perciò il reato è abituale dal momento che per il suo perfezionamento è necessaria le realizzazione di più comportamenti della stessa specie.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 19 ottobre 2011, n. 47870, GiommiL’esistenza di una irregolare tenuta dei registri obbligatori di carico e scarico, di sistematiche attività di miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro e di rifiuti pericolosi con altri non pericolosi, l’effettuazio-ne di miscelazioni in assenza di accertamenti tecnici preliminari e in assenza dei necessari trattamenti preliminari, il mancato rispet-to delle cautele necessarie rispetto alla gestione di rifiuti pericolo-si, l’apposizione del codice CER privilegiando la compatibilità con le autorizzazioni dei destinatari e la compatibilità con le esigenze commerciali rispetto alla effettiva composizione dei materiali invia-ti, la conseguente destinazione di rifiuti in prevalenza pericolosi a impianti che non avrebbero potuto riceverli, la modifica di codice CER, e non solo il mero “giro bolla”, rispetto a rifiuti non sottopo-sti ad alcun trattamento costituiscono condotte che valutate nel loro insieme con riferimento, ovviamente, al singolo impianto, denotano manifesta illiceità, e ciò a prescindere dal fatto che l’impianto potes-

3. In Guida dir. 2007, n. 5, pag. 50.

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IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE - PARTE TERZA

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se, quale “produttore” non originario indicare se stesso come pro-duttore dei rifiuti e dal fatto che in condizioni di rispetto delle altre formalità e cautele il c.d. “giro bolla” possa non rivestire carattere di intrinseca illiceità. Ciò che rileva è che la mancata indicazione della provenienza iniziale dei rifiuti nei formulari e il ricorso al “giro bolla” costituiscono metodologia scelta ed utilizzata all’interno di un mec-canismo che muove dalla irregolare tenuta dei registri di carico-sca-rico e termina con la destinazione ad altri impianti di prodotti diversi per caratteristiche rispetto a quanto dichiarato, frutto di miscelazioni non operate nei limiti e con le garanzie previste e, infine, marcati con codici CER non fedeli alle caratteristiche prevalenti della miscela e apposti avendo riguardo alle opportunità commerciali.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 22 ottobre 2015, n. 44632, ImpastatoI requisiti della condotta configurante il reato di cui all’art. 260 D.Lgs. 152/06 vanno individuati nel compimento di più operazioni e nell’al-lestimento di mezzi e attività continuative organizzate, che con l’at-tività descritta devono essere strettamente correlate, posto che il legi-slatore utilizza la congiunzione “e”. Tale requisito può sussistere a fronte di una struttura organizzativa di tipo imprenditoriale, idonea ed adeguata a realizzare l’obiettivo criminoso preso di mira, anche quando la struttura non sia destinata, in via esclusiva, alla commissio-ne di attività illecite, cosicché il reato può configurarsi anche quan-do l’attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all’attività principale lecitamente svolta.

In questo quadro, la Cassazione ha approfondito alcune questioni rela-tive alla natura del delitto in esame.

Q Cass. Pen., Sez. 3, 2 maggio 2013, n. 26404, SaturnoNon rientra tra i presupposti del reato di cui all’art. art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006 né il danno ambientale né la minaccia grave dello stesso danno atteso che la previsione di ripristino ambientale contenuta nel comma 4 dell’art. 260, secondo cui il giudice ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del dan-no o del pericolo per l’ambiente, si riferisce alla sola eventualità in cui il danno o il pericolo si siano effettivamente verificati e non muta la natura del reato da reato di pericolo presunto a reato di danno.

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