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N° 5 -6 Maggio - Giugno 2004

MARIAMensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani

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Il tondo è l’unica opera su tavola cheMichelangelo1 ha portato a compi-mento.

I critici hanno interpretato in vari modil’enigmatico capolavoro, Per alcuni lafigura della Madonna simboleggia laChiesa e i nudi rappresentano figureprofetiche o i simboli del mondo paga-no. Per altri storici - poiché la Madonnapare stia chiedendo a Giuseppe che ledoni il Figlio - vi sarebbe un’allusione alcasato dei primi proprietari dell’opera(la famiglia Doni). Vi è chi ha interpre-tato i nudi posti sul fondo come angeli ocome un richiamo alla vita primordialeo un’allusione al battesimo. Altri ancora- ed è la congettura più convincente -hanno ravvisato nei nudi il simbolo del-l’umanità ante Legem, in Maria eGiuseppe dell’umanità sub Lege, in Gesùdell’umanità sub Gratia2.

Prescindendo dalla problematica inter-pretativa, una cosa è certa: la pittura del-l’ancor giovane Michelangelo rappresen-ta una novità rivoluzionaria sotto l’aspet-to formale e semantico. Il soggetto, tratta-to in assoluta indipendenza dall’iconogra-fia tradizionale, è reso con un linguaggioplastico, vigoroso e asciutto. Lo snododelle linee e l’attorcersi delle masse for-mano un blocco di compatta saldezza for-male e di elastica potenza mai vistoprima: “L’estrema finitezza di ogni particola-re accentua l’allucinante evidenza di questogroviglio di membra pulsanti, di carni e di stof-fe tra loro conteste a guisa di pietre dure, e dovela squillante pienezza della Vergine […]trova rispondenza nella monumentale passivi-tà del San Giuseppe che ne accoglie le giovani-li, agili forme entro la cava ombra dei suoipanneggi, come entro un’abside rupestre”3.

iconografia mariana (a cura di p. gianni colosio)

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LA SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO

di Michelangelo ((TToonnddooDDoonnii))1504-1506, olio su tavola (diametro cm 120)

Galleria degli Uffizi, Firenze

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iconografia mariana

maggio - giugno 2004

Non vi è dubbio che nel tondo degli Uffiziè già contenuta, in eloquente sintesi, lapoetica pittorica che l’artista svilupperàcon altissimi esiti nella Cappella Sistina.Alle inedite soluzioni formali corrispondeun’impostazione concettuale non menorivoluzionaria. In primo luogo la somi-glianza della postura di Maria a quella dellaEva sistina ci riporta al tema noto dellaNuova Eva: la progenitrice ricevette dalcompagno il frutto della perdizione, Mariariceve, dalle mani del coniuge, Gesù, ilfrutto della salvezza.Col porre la Vergine adagiata al suolo,Michelangelo rende omaggio al modulo ico-nografico della Madonna dell’Umiltà4, maanche - e in misura maggiore - sottolinea(e, direi, privilegia) la sua altissima dignitàconferendole una monumentalità eroica5.La grandezza le deriva dal Gesù che hadato alla luce per opera dello Spirito e che ora(producendosi in un’ardita torsione spirali-forme) sta ricevendo dalle mani diGiuseppe.Il Giovannino in secondo piano funge daspartiacque tra la Sacra Famiglia - l’umani-tà sub Lege - e l’umanità ante Legem e nelmedesimo tempo rappresenta la personali-tà profetica di raccordo tra l’Antica e laNuova Alleanza6. La sua minuscola com-plessione pare voler rammentare ciò cheaffermò lui stesso: “Viene uno che è più fortedi me, al quale io non sono degno di sciogliere nep-pure il legaccio dei sandali” (Lc III, 16) e “Egli[Cristo] deve crescere e io invece diminuire” (GvIII, 30).Giganteggia nel primo piano, infatti, ilGesù infante, circondato dalle braccia e dai

volti parentali. La sua apparizione, accom-pagnata dall’avvolgente e ammirato sguar-do dei suoi, slontana definitivamente l’uni-verso di ieri (i nudi). Svettante sulle spalledei genitori, già da ora Gesù si proponecome l’Emmanuel che sarà innalzato e attire-rà a sé quanti guarderanno a lui con l’indo-mita fede della Madre.

1 Michelangelo Buonarroti (Caprese di Arezzo1475-Roma 1564) sovrasta il secolo XVI con la suainarrivabile statura di scultore, architetto, pittore epoeta. Giovanissimo, ha già al suo attivo capolavo-ri come il David. Nel primo decennio del secolo sidedica ripetutamente alla pittura (nel fiorentinoPalazzo Vecchio gareggia con Leonardo nell’esecu-zione dell’affresco, perduto, della Battaglia di Càscinae completa il Tondo Doni). Papa Giulio II lo chiamaa Roma per l’affrescatura della volta sistina (1508-12). Per vent’anni si dedica alla creazione di assolu-ti capolavori di scultura e architettura. Negli anniTrenta torna all’affresco realizzando il Giudizio sisti-no e la decorazione della vaticana Cappella Paolina.Gli ultimi anni di vita li trascorre alternando lameditazione sulla morte all’esecuzione delle ultimetragiche Pietà.

2 Le interpretazioni sono desunte da EttoreCamesasca, Michelangelo pittore, Classici dell’ArteRizzoli, Milano 1969, p. 86.

3 Carli-Dell’Acqua, Storia dell’Arte, vol. III,Bergamo 1978, p. 129.

4 La tipologia della Madonna dell’Umiltà (da humus,terra) risale al Medioevo.

5 Si noti come le figure sacre siano prive della tra-dizionale aureola: la novità rinascimentale, che siproponeva di rendere più accessibili e vicine aifedeli le immagini sacre, verrà contestata nellaControriforma.

6 Tale è la funzione del precursore GiovanniBattista così com’è descritto soprattutto nei Vangelidi Matteo e di Luca.

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Com’era consuetudine, durantegli esercizi spirituali annuali,che vedevano riuniti tutti i

Maristi, il P. Colin aveva uno spaziotutto suo per dare degli avvisi o perpuntualizzare temi di importanzacapitale per la piccola Società diMaria.Nel testo che apre la nostra riflessio-ne, il cronista sottolinea che in quel-l’occasione Colin pronunciò delleparole importanti. E cosa c’è di piùimportante, per una giovane congre-gazione, se non di capire e meglioprecisare il suo spirito - cioè la suaessenza vitale - con il contributo delsuo Fondatore?Parlando ai confratelli Colin indicavaaddirittura il luogo dove trovare que-sto spirito: nella casa di Nazaret.P. Coste ha scritto pagine molto bellee profonde sul tema. Io mi limito asuggerire alcune brevi riflessioni checi aiutino a comprenderne l’impor-tanza per la nostra vita.Per Colin, Nazaret non è semplice-

mente un simbolo di vita contempla-tiva o di vita interiore: è il simbolostesso della coscienza mariana. Perfare ciò Colin ci invita ad entrare nelmistero di Maria, a fare nostre le sueprospettive, il suo punto di vista.Come di consueto, il Padre Fondatorenon ci dice tutto, ma ci invita ad unitinerario di scoperta. Ci dà una trac-cia sulla quale ciascuno di noi deveimpegnarsi personalmente e comuni-tariamente.Bisogna entrare a Nazaret con tuttociò che questo luogo implica: silenzio,umiltà, attenzione agli altri, distacco,modestia. Il verbo usato: entrare, nonindica qualcosa come una visita ad unmuseo per dare un’occhiata superfi-ciale, ma un fare proprio lo stile divita.Attenzione: tutte queste attitudininon rivestono solo un carattere diinteriorità, ma anche di stile missiona-rio. Semplificando, potremmo dire:come sei dentro, così devi essere fuori. Nelsuo apostolato, nella sua testimonian-

sullo spirito marista

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NAZARETdi P. Carlo Maria Schianchi

“Il Padre, parlando poi dello spirito della Società, disse queste importanti paro-le: Il nostro spirito, lo spirito della Società sapete dove potete trovarlo? Per me,io lo trovo tutto nella casa di Nazaret. Forse che Gesù ha cercato di farsi cono-

scere prima del tempo fissato dal Padre?”(Avvisi ai partecipanti al Ritiro - 11 settembre 1853)

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sullo spirito marista

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za quotidiana, Il Marista deve impe-gnarsi ad incarnare tutto ciò. È lo spi-rito con cui agire sempre; è il donoricevuto da Maria che il Marista senteil dovere di ridonare a tutti attraversoi semplici gesti di ogni giorno. PerColin, Nazaret non è un luogo geo-grafico: è la famiglia di Maria,Giuseppe e Gesù. È il prototipo dellacomunità, ma anche di una missioneilluminata dalla continua adesione allavolontà del Padre. Per vivere tutto ciòè necessaria una seria revisione di vitada parte nostra. Dobbiamo scoprire

se le nostre prospettive, inostri valori, le nostrepriorità sono in sintoniacon quelle di Maria, sesono radicate nel nostrocuore, se ce ne sentiamoattratti; se possiamo direanche noi, come Colin nelmomento in cui venne aconoscenza del progettomarista nel seminario diLione: Ecco ciò che fa per te.L’interrogativo finale è inintima coerenza con quan-to precede. I Maristi, sul-l’esempio di Gesù che pertrent’anni visse semplice-mente a Nazaret, devonosaper attendere il momen-to favorevole - il momen-to deciso non tanto daloro quanto dalla Graziadi Dio - per realizzare il

suo progetto.Ancora una volta bisogna spogliarcidi noi stessi, della nostra volontà,della fretta e dalle manìe di protagoni-smo, per sottostare ai ritmi dellavolontà di Dio, che si manifesta attra-verso i segni dei tempi.Termino con una frase di Colin chesintetizza mirabilmente il tema espo-sto e che può aiutarci ad approfondi-re la riflessione: Mi metto al centro dellacasa di Nazaret e da lì vedo tutto ciò chedevo fare.

Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino e Angeli

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la pagina del direttore

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La Passione di Gibson

L’ho visto in anteprima (il mercole-dì della Settimana Santa) con alcu-ne mie classi in una sala romana.

Ci sono andato di malavoglia sia perchéprevenuto (che può venire da un attore-registaaustraliano?, mi dicevo) sia perché detestole chiassose platee studentesche. Primasorpresa: fin dai fotogrammi iniziali, sullasala gremita è calato un silenzio insperato.Seconda sorpresa: la potenza visiva deifotogrammi ci ha tenuti incollati alla pol-trona, col fiato sospeso, per tutta la dura-ta della proiezione. Un fatto incontestabi-le: le crude immagini cinematografichemi hanno permesso di vivere con singo-lare intensità i giorni della Passione: allaproclamazione dei passi evangelici miveniva spontaneo sovrapporre le analo-ghe immagini del film.C’è chi ha ritenuto inopportuna l’insisten-za del regista nel descrivere i supplizi sub-iti da Cristo. Ma era quello lo scopo,annunciato fin dal titolo! Perché Gibsonha puntato tutta l’attenzione sui fatti dellapassione? Non certo per impressionare lospettatore con effetti speciali, ma perdimostrare, senza reticenze o abbellimen-ti estetizzanti, quanto Gesù abbia soffer-to per redimerci e per dimostrarci la gran-dezza del suo amore.Qualcun altro ha criticato l’uso dell’ara-maico e del latino. A mio giudizio è statoun accorgimento geniale per ottenere untotale coinvolgimento emotivo dello spet-tatore: è stato davvero come assistere inuna diretta televisiva ai drammatici fatti.

Nello snodarsi degli strazianti fotogram-mi sul Cristo sofferente, inoltre, il miopensiero è andato alle vittime innocenti diogni tempo, di cui Cristo è il riconosciutosimbolo universale. Siamo talmenteassuefatti ai quotidiani episodi di sangueche accadono nel mondo, e di cui pun-tualmente ci informano i mezzi di comu-nicazione, che corriamo il pericolo del-l’indifferenza. Ebbene, le forti immaginidel Cristo gibsoniano - un salutare pugnonello stomaco - risvegliano le nostrecoscienze col ricordarci che la sofferenzadi ogni vittima innocente non è altro cheil prolungamento della passione di Cristo.Non meno inquietanti e significativi i per-sonaggi che reclamano la crocifissione diCristo: religiosi che avrebbero dovutoincarnare la misericordia divina e che,invece, accecati dalla presunzione - e innome di Dio stesso! - chiedono la testadel Nazareno… Ebbene, in quelle arro-ganti autorità religiose - il cui comporta-mento non può che essere riprovato - mison visto in qualche misura riflesso. Nonsarò responsabile della morte di nessuno,ma mi rendo conto che certe mie intran-sigenze (chi non ne ha?) possono averferito il prossimo…Non mi è mai successo di uscire da unasala cinematografica con un peso sullostomaco e sulla coscienza. Dopo laPassione di Gibson è successo.Sono grato al regista per avermi datomodo di vivere il Triduo Pasquale del2004 con una partecipazione spirituale econ propositi che da tempo non cono-scevo.

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Ciò che ritrovo in ogni tappa del cam-mino di discernimento è un clima diallegria, di fraternità, di profonda

condivisione delle gioie e dei dolori cheviviamo strada facendo. Il momento in cuiognuno esprime ciò che la Parola di Dio gliha suggerito, è sempreemozionante e arric-chente. Ogni volta mistupisco di come dallastessa roccia scalfitapossano uscire pie-truzze diverse, unichee simili nello stessotempo; frasi che toc-cano il cuore, in cui riconoscersi o meno,ma che sentendole profondamente vere,permettono un confronto con le varie fasidella propria vita, fornendone una letturapiù chiara e consapevole.Ho conosciuto la Famiglia Marista quasi percaso, in un incontro a Farfa nel marzo del2002 e da allora, me ne rendoconto, ne ho fatta di strada!Fondamentale per me è stato iltrovare un gruppo di personerispettose, aperte, semplici e divera fede delle quali fidarmi.Pian piano, ascoltandole, hofatto sempre più chiarezzadentro di me, consapevole diascoltare il Signore attraversodi loro. Se l’esempio è la miglio-re forma di educazione, vedere

come vivono la propria fede i Padri, leSuore e i Fratelli Maristi, traducendola nellevicende del quotidiano, costituisce un validoaiuto per la mia educazione cristiana, percapire come far entrare Dio nella mia vitaper trasformarla, purificarla, migliorarla,

nell’ottica di unavocazione alla qualesiamo tutti chiamati:quella della santità.Il passo per me fon-damentale è statoproprio il passaggiodal fidarmi delle per-sone all’affidarmi alle

mani del Signore. Non è stato facile e non èqualcosa che ho acquisito per sempre, ma èuna predisposizione che prima non avevo eche mi procura gioia e forza. Mi accorgoche sto cambiando anche il modo di sentireil dolore, traendo forza dell’esempio diGesù. E così, nel confronto con le figure

giovani

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I GIOVANI E IL CAMMINO DI DISCERNIMENTO

Continuano gli incontri per giovaniorganizzati dalla Famiglia Marista.La loro efficacia spirituale è ben rifles-sa nei pensieri di alcuni dei parteci-panti. Li proponiamo nella speranzache essi invoglino altri a unirsi.

Francesca (al centro) con alcuni componenti del gruppo.

STRADA FACENDO di Francesca Bisicchia

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bibliche presentate agli incontri, nella condi-visione con i membri del gruppo, neimomenti di silenzio, tra gioie e paure, hol’opportunità di capire ciò che sono, ciò cheprovo e ciò che desidero, prendendo poipiccole o grandi decisioni, comunqueimportanti per la mia vita.(Incontro a via Cernaia, Roma, 5-7 dicembre 2003).

Dopo molti giorni trovo ancoradifficoltà a descrivere le emo-zioni provate in quei giorni.

Non essendo un bravo oratore né tantomeno uno scrittore, è per me difficile

raccontarle; esse si intrecciano, simescolano come i colori sulla tela delpittore. Se si guarda da molto vicino latela, si vede solo un insieme di coloriche si fondono l’uno con l’altro, ma dis-costandosi ci si accorge che l’insieme hauna sua armonia, ha un senso. Allo stes-so modo sono io: i sentimenti, le sensa-zioni paiono mescolarsi senza logica,ma internamente il risultato è splendi-do: percepisco una gioia piena. Questaimmagine rende solo in parte quello chec’è nel mio cuore. Per tutto ciò, nondevo che ringraziare il Signore che inquella notte mi ha ricordato che rima-nere in Lui per vivere la gioia piena,significa condividere la sua volontà.

Ancora oggi porto con me la com-mozione dell’adorazione notturna.A chi mi ringraziava per la condivi-sione durante l’Eucaristia, dico gra-zie per avermi dato l’opportunità divivere insieme a mia madre l’amoreper lo stesso Dio. Chi meglio dimamma poteva essere lì ad adorar-lo? dopo tutto è stata lei a farmeloconoscere per prima. Quella notte,in quell’orario insolito in cui abi-tualmente si torna dalla discotecarintronati dalla musica e accecatidalle luci psichedeliche, una musicasoave accompagnava la mia pre-ghiera e tra le quattro pareti dellacappella una luce fioca illuminavaCristo. L’immagine di Pietro,Giacomo e Giovanni addormenta-ti nel Getsemani si faceva viva nei

UNA GIOIA PIENA di Luca Marotta

Luca al momento della Comunione

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miei pensieri; non potevo cadere nellostesso errore dei discepoli. Mentre pre-gavo, mi rendevo conto che con me allapresenza di Dio erano presenti Elena, lamia madre carnale, e Maria, la miamadre spirituale; vegliavano la mia pre-ghiera e il loro caldo abbraccio maternoallontanava le mie paure, mi tranquilliz-zava di fronte all’immensità di Dio. Iltempo trascorreva senza che me neaccorgessi. Quella è stata una notte dav-vero speciale.Un grazie di cuore va a tutta l’equipedella Famiglia Maristache mi ha dato l’oppor-tunità d’intraprendere ilcammino.(Incontro a via Cernaia, Roma, del

27-29 febbraio 2004).

Si potrebbe rispondere:la felicità, la salute, l’a-more corrisposto, il

riconoscimento delle pro-prie conquiste nello studio enel lavoro, il successo che(insieme ad un bel gruzzolo)può garantire una vita spen-sierata. Forse. Banale rispo-sta ad una domanda generi-ca.

Piuttosto tu, che ora stai leggendo (non iltuo migliore amico, non il tuo datore dilavoro, non i tuoi genitori), dico proprio a te:‘Che cerchi veramente?’ Un minuto soloper formulare la domanda; una vita interaper cercare una risposta. Però devi ammet-tere, caro lettore, che in questi termini ladomanda si fa interessante.Per che cosa lavori, ti sforzi, combatti, ami eti arrabbi? I modelli che ti circondano sonotanti. Alcuni ti attirano, altri ti nauseano.Risposte diverse alla stessa domanda: CHECERCHI?

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CHE CERCANO I

GIOVANI?di Stefano Divina

I partecipanti all’incontro di Guarcino

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Attenzione a non cedere alla tentazione piùpericolosa, che è quella di non rispondereaffatto. Se devo essere sincero, talvolta i gio-vani, non trovando una risposta immediata,decidono di non pensarci. La sensibilità perle piccole cose e l’insensibilità per le cosegrandi è indizio di una strana perversione.Ecco la cosa più sbagliata: rimanere indiffe-renti. Meglio essere chiari con sé stessi eazzardare una risposta secondo il propriocammino.Voltarsi per guardare ai passi fatti, discerne-re le situazioni più belle e più significative èil piccolo suggerimento che ti lascio percapire la direzione da intraprendere. IlVangelo in questo è molto attuale, non-ostante l’età anagrafica di venti secoli, quan-do afferma: ‘là dove sarà la tua vita là sarà iltuo cuore’. Inutile stupirci di questo. Nonlasciarti scoraggiare dalle difficoltà cheincontrerai; nessuno ha mai detto che nonci saranno, ma saranno infinitamente menodei doni che riceverai nel cammino. Risuonauna parola ascoltata nella mattinata di saba-to: ‘Viandante, non c’è un cammino; il cam-mino si apre al viandante’.È incredibile come, prima di fare una sceltacoraggiosa, ci lasciamo travolgere dallepreoccupazioni che possono sorgere edopo aver vissuto tale scelta ringrazia-mo dei doni inaspettati che gratuita-mente abbiamo ricevuto.Perdonami lettore se oso parlarti così,ma hai mai pensato come sarebbe noio-sa la vita se avesse troppe certezze erisposte scontate? Dopo averti stordito con simili doman-

de, ti lascio riposare facendoti immagi-nare la bellezza di un luogo immersonella natura, fuori del tempo. Il cinemaci ha abituato a grandi paesaggi costrui-ti al computer, ma qui ti accorgi che ilmiglior regista è da sempre Dio, chetutto ha disposto con ordine e bellez-za… Voglio dire un grazie grande a tutti igiovani che hanno partecipato perché icammini vissuti insieme sono resi spe-ciali dal contributo diverso e unico chetutti sanno dare. E sicuramente un sen-tito grazie alla Famiglia Marista, chetutto ha fatto per far risuonare forte, inognuno di noi, la domanda: ‘Ma tu, checerchi?’

(Incontro a Guarcino, 26-28 marzo 2004)

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Nel giorno del Signore, ladomenica terza di quaresima,P. Aldo è stato chiamato a

celebrare la sua pasqua in cielo.La quaresima di P. Aldo era già iniziataalcuni mesi fa. Nelluglio scorso il male siera fatto sentire inmodo devastante, percui era cominciato ilsuo lungo calvario. Lasua croce è stata gran-de, ma ha saputo por-tarla con tanta dignità,con tanta fede, soste-nuto dall’affetto e dal-l’aiuto fraterno dellasua comunità religiosae della comunità par-rocchiale. Alcune

signore, in particolare, lo hanno seguitocon tanta amorevolezza. Le ringrazio ditutto cuore.P. Aldo Santini è tornato nella sua terra,che tanto amava. Quando nel giugno

scorso era venuto perl’ultima vacanza infamiglia, tornando aPratola ci disse:‘Ringrazio il Signore peravermi fatto vedere ancorauna volta il Borghetto;sono proprio contento’. Diqui era partito, daragazzo, per il semina-rio del Rivaio, aCastiglion Fiorentino.A 18 anni entrò alnoviziato di S. Fede,Cavagnolo, dove l’an-

in memoria

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P. ALDO SANTINI SMLA BONTÀ IN PERSONA

Domenica 14 marzo scorso, dopo lunga malattia è mancato P. Aldo Santini. Èstata una grave perdita per la Provincia italiana dei Padri Maristi. Diverse per-sone hanno voluto ricordarlo con un pensiero. Riportiamo in primo luogo l’omeliatenuta dal Padre Provinciale, Lorenzo Curti, durante la Messa funebre alBorghetto, paese natale di P. Aldo, nella quale traccia le essenziali coordinate bio-grafiche del defunto. Segue un articoletto di Padre Inselvini con alcuni significati-vi accenni alle reazioni dei parrocchiani di Pratola Peligna, la parrocchia in cuiP. Aldo esercitava il suo ministero. Ersilia, ex alunna del Padre, ci offre un tene-ro quadro sul carattere del Padre scomparso. La nipote Beatrice evoca la sempli-cità marista dello zio e ringrazia i pratolani per la loro generosità e affetto. EnzoBrandini commemora l’amico e compaesano con accenti nostalgici e commossi.

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no seguente - il primo settembre 1954 -fece la professione religiosa (tra pochimesi avrebbe celebrato il 50.mo di vitamarista).Continuò lo studio della filosofia edella Teologia allo scolasticato di S.Fede. Gli studi teologici li completò aRoma. Fu ordinato sacerdote il 19marzo del 1960, a CastiglionFiorentino, proprio nel santuario dellaMadonna del Rivaio dove aveva inizia-to il cammino vocazionale.La prima nomina di P. Aldo fu aBrescia, dove i Padri Maristi gestivano ilConvitto Santa Maria e la scuola media.Cominciò così il lavoro pastorale tra iragazzi e i giovani come educatore eprofessore di lettere, un ministero cheha caratterizzato gran parte della suavita. Dopo 11 anni spesi nel convittobresciano, P. Aldo venne chiamato alnostro istituto San Giovanni Evangelistadi Roma; là insegnò per 26 lunghi anni.L’insegnamento è un apostolato tipica-mente marista: ‘Guidati dal Vangelo, dalladottrina della Chiesa e dalle intuizioni del P.Colin sull’educazione, i Maristi si dedicano adogni forma di educazione, soprattutto tra i gio-vani’.Non l’ho mai sentito puntare il ditocontro qualcuno: sapeva vedere sempreil lato positivo delle persone; non davagiudizi, non criticava mai. Sapeva esse-re sempre comprensivo… ‘Dare fiducia,incoraggiare, non parlare troppo dei loro difet-ti, avere pazienza, praticare la dolcezza conloro, amarli, dare l’esempio ai giovani’. Padre

Aldo ha fatto tesoro di questi consiglidel nostro Fondatore. Una mamma midisse una volta: ‘Quanto sono contenta chemia figlia abbia P. Aldo come insegnante; è unvero maestro di vita!’.I Maristi sono chiamati a essere ‘stru-

menti della divina misericordia’ anche neiconfronti degli alunni. Non bisognamai spegnere il lucignolo che fumaancora. Più noi siamo comprensivi eindulgenti, più ci avviciniamo allo spiri-to di Gesù e di Maria, la Madre dellamisericordia.Negli ultimi quattro anni, P. Aldo èstato chiamato a lavorare, come vice-parroco, nella parrocchia-santuariodella Madonna della Libera, a PratolaPeligna. La gente ha subito cominciatoad apprezzarlo, a volergli bene per lasua disponibilità all’ascolto, per la capa-cità di dialogare e di accogliere tutti. ‘E’un vero signore, questo padre’ – diceva unpratolano - si ferma a parlare con tutti,ascolta con attenzione, si interessa delle situa-zioni di ognuno. Nessuno si trova a disagiocon lui; non fa distinzione di persone; nel suocuore c’è posto per tutti’.Credo che il suo ministero pratolanoabbia avuto tre caratteristiche: le con-fessioni, l’incontro cordiale con tantepersone e la visita agli ammalati nellefamiglie. P. Aldo, uomo di misericordia, èstato uno strumento fedele nelle manidel Signore per far sentire a tutti labontà e l’amore di Dio.Ringraziamo il Signore per avercelodonato. Avremmo voluto che restasse

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13maggio - giugno 2004

ancora a lungo in mezzo a noi, pergodere della sua presenza, della sua sag-gezza, della sua amabilità… Ci costadire: fiat; ma lo diciamo, sul suo esem-pio.P. Aldo, dal Regno celeste ricordati dinoi. Ci hai voluto bene in terra, conti-nuerai sicuramente a volercene dalcielo.La Vergine Maria, la madre della miseri-cordia - che tu hai sentito particolar-mente vicino e che per una scelta di favoreti ha chiamato a far parte della FamigliaMarista - ti accolga insieme ai tantiMaristi che ti hanno preceduto nelsegno della fede.

Alle 9,30 del mattino di domeni-ca 14 marzo P. Aldo Santini si èspento. Il male lo aveva costret-

to a ricoveri ospedalieri senza risultati.Il Signore l'ha preparato al grandepasso attraverso un tirocinio di trasfor-mazione spirituale. Con l'avanzare delmale il suo spirito andava sempre piùperfezionandosi. Il sorriso e le parole sifacevano sempre più miti rivelandoci lasua pace interiore e la sua serenità. Gliportavo ogni giorno la S. Comunione;mi baciava la mano con un sorriso digioia e di riconoscenza. Pregavamoinsieme per la comunità, le vocazioni, lemissioni, gli ammalati e per la

in memoria

UN SACERDOTE

SEMPLICE E SCHIVO

di P. Sante Inselvini SM

Padre Aldo; accanto a lui la signora Ebe (anch’essascomparsa), che fu per molti anni direttrice del

Terz’Odine Marista di Via Cernaia.

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Parrocchia di Pratola dove, nel suoministero, manifestava un grande spiri-to marista fatto di semplicità e di dispo-nibilità. Le tante preghiere dei parroc-chiani e di molti altri non hanno otte-nuto il miracolo della guarigione; sonovalse però a completare il suo ministerosacerdotale e a disporlo all'accettazioneserena della volontà del Signore.Edificati e commossi, i parrocchianicontinuano a parlare di lui. Essi sonostati conquistati etoccati nel più pro-fondo del cuore daP. Aldo negli anniche ha trascorso conloro. Ricordano lesue visite, i suoi dis-corsi, la sua amabili-tà nell'intrattenersicon tutti. Era unsacerdote semplice,dimesso, schivo.Sapeva apprezzare lepiccole cose.Riteneva tutti gli altri migliori di lui.Rifuggiva dai complimenti che gli eranorivolti; da parte sua apprezzava e com-plimentava tutti. Amava intrattenersicon le persone; aveva sempre qualcosada dire e da raccontare. Parlava di coseumili e ascoltava gli altri, sempre sor-preso e meravigliato. Tutti l'hanno capi-to e amato.

La comunità dei Padri lo ha fraterna-mente assistito fino all'ultimo momen-to. La mamma, i fratelli Umberto e

Marcello, i famigliari, lo hanno seguitocon grande trepidazione visitandolo einformandosi continuamente del suostato.

La comunità parrocchiale l'ha accompa-gnato con le preghiere e con l'affetto.Meritano tutti un ringraziamento per lepremure e la disponibilità dimostrate.Una menzione speciale meritano lesignore Ida, Gallerana, Olimpia eNunziatina: l'hanno curato e vegliato

giorno e notte,instancabilmente.Allo stesso modoavevano fatto, e perun lungo periodo,con P. Caselli. Laloro presenza e illoro servizio è statomolto prezioso. IPadri le ringraziano,riconoscenti ed edi-ficati dalla loro caritàtanto generosa quan-to sorprendente.

Era l'anno 1977 quando cominciaia frequentare la Prima Mediaall'Istituto San Giovanni

Evangelista e conobbi P. Aldo. Quante

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GRAZIE, PADRE

SANTINI!di Ersilia

Uno scherzoso atteggiamento di P. Aldo

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15maggio - giugno 2004

ore avremmo passato insieme dato chesarebbe stato il nostro insegnante diItaliano, Storia e Geografia! E certo nonera più colto o più brillante di altri, maaveva qualcosa che lo faceva amare da noialunni: sapeva capire il carattere, incorag-giare e tirare fuori il meglio da ogni ragaz-zo. Ci spronava ad essere noi stessi, adimparare ad esprimerci senza aver paura diquel guazzabuglio di sentimenti che ribol-liva nel nostro cuore di adolescenti. Avolte, certo, si arrabbiava, urlava, ma eranotempeste di breve durata e presto il sorri-so tornava nei suoi occhi. Il suo sorriso; èimpossibile dimenticarlo: aveva sempre labattuta pronta, mai cattiva, ma sempreopportuna per sdrammatizzare, per rider-ci un po' su. Perché lui si divertiva ad inse-gnare, amava il suo lavoro, amava i suoiragazzi. E noi lo sentivamo questo amoree cercavamo di essere migliori.

Ricordo quando ci accompagnava inSettimana Bianca: una sciarpa intorno alcollo, le lenti marroni per proteggere gliocchi, il naso spellato dal sole, vigilava sudi noi al lato della pista, ridendo poi adogni capitombolo. O quando, avendopoca voce a causa di un problema allecorde vocali, non si era perso d'animo e cifaceva lezione con il megafono…

Io credo che Padre Santini sia stato unottimo insegnante e un vero marista: nel-l'umiltà, nella semplicità, nel nascondi-mento e nell'allegria ci ha aiutato ad amarelo studio e a crescere nella rettitudine.Grazie ancora.

Mi hanno chiesto di scrivere dimio zio, ma non sono moltobrava con le parole. Credo,

inoltre, che non ci siano parole appro-priate per dire cosa fosse Aldo ai mieiocchi. Era Aldo e basta. Quello chesento di raccontare è invece ciò che hoavuto la fortuna di vedere grazie a lui eciò che in poco tempo ha seminato: unarealtà diversa da quella che si vede tuttii giorni; anche se credo che tutto appaiameno bello scrivendo.

Pratola Peligna, il paese dove mio zioera negli ultimi anni, e i suoi abitanti.Negli ultimi mesi ho avuto modo diandarvi spesso con la mia famiglia acausa della malattia di Aldo. Durantequelle visite avevo già avuto modo diconoscere persone che avevano assisti-to lo zio nel periodo più difficile dellamalattia, senza chiedere nulla in cam-bio; al contrario di quello che accadenella vita quotidiana. Quella gente èstata meravigliosa con noi; quattrosignore, in particolare, ci hanno tratta-to come se facessimo parte di un'unicafamiglia: Ida, Olimpia, Gallerana eNunziatina. Non finiremo mai di rin-graziarle per tutto ciò che hanno fatto.

Il calore che era apparso solo in parte inun primo momento, è uscito completa-

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PRATOLA PIANGE

LA SUA SCOMPARSAdi Beatrice Santini

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maggio - giugno 200416

mente allo scoperto quando Aldo èmorto. Quanta gente! Un paese intero aporgergli l'ultimo saluto e a piangere lasua scomparsa come se fosse stato unfamiliare. Quando sapevano che noieravamo i parenti, ci avvicinavano e ciraccontavano aneddoti su Aldo. Cidicevano quanto fosse buono e comefosse facile parlare con lui. La frase piùricorrente è stata: 'Era tanto buono e aPratola mancherà'. Gente di ogni tipo,senza distinzioni, tutti nello stessomodo ci hanno fatto sentire il loroaffetto per Aldo.

Anche la mattina che siamo partiti perportarlo a casa, c'erano delle persone asalutarlo; alcune di loro sono venute alBorghetto per la sepoltura: volevanostare con lui fino alla fine, perché glielodovevano.

Grazie allo zio, ho scoperto che esisteun luogo dove ancora ci sono dei valo-ri ben radicati, un'umanità che nelmondo moderno non si trova. Moltoprobabilmente alcune cose mi sonoapparse amplificate rispetto alla realtàperché, forse, lo zio era riuscito a tira-re fuori il meglio da quella comunità,questo non lo so, ma di sicuro porteròcon me per tutta vita il ricordo di quel-l'esperienza. Anche se è passato deltempo, ancora ho nelle orecchie tuttequelle voci che non facevano che parla-re di lui e di come nella sua semplicità eumiltà era riuscito ad entrare nel cuoredella gente. Erano voci che quasi ci fra-

stornavano; era un andirivieni continuo.Devo dire che seppur nel dolore per laperdita di una persona tanto cara, quan-to è accaduto ha reso la sua scomparsameno dura da superare. Grazie Aldo.

Ero a casa di amici quel pomerig-gio di domenica 14 marzo,quando mi raggiunse la triste

notizia della morte del caro e fraternoamico P. Aldo Santini. Fu l'amicoFranco Milighetti a comunicarmelo, magià avevo avuto dai miei parenti diAlberoro alcune avvisaglie che faceva-no presagire il precipitare della situazio-ne. È stato per me un colpo tremendola perdita di P. Aldo, mio coetaneo.Naturalmente nella mia memoria sisono riaccesi come flash alcuni ricordidell'infanzia, o per meglio dire, dellagiovinezza. Eravamo non solo paesani,ma vicini di casa e gran parte della gior-nata la trascorrevamo insieme.Andavamo insieme alla fonte a prende-re l'acqua quando le nostre mamme celo chiedevano. Giravamo insieme per lacampagna della Val di Chiana, di caso-lare in casolare, in cerca di amici e disvago. Abbiamo vissuto insieme ilperiodo duro della guerra. Appena sen-tivamo - perché eravamo come senti-nelle sempre vigili - il ronzìo lontanodei motori delle fortezze volanti che

in memoria

ADDIO, PADRE ALDOdi Enzo Brandini

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apparivano all'orizzonte dalle parti diCortona, si dava l'allarme a tutto il vicinato, eallora via al rifugio dove le mamme e lenonne, in preda al panico, recitavano il rosa-rio. Una mattina del febbraio 1944, se nonerro, si fermò di fronte alle nostre case unacolonna blindata tedesca. Noi ragazzi erava-mo curiosi per non aver mai visto cose delgenere e si osservavano i militari che per for-tuna non avevano cattive intenzioni, mentrela madre di Aldo preparava una enorme frit-tata ai soldati tedeschi, che avevano chiestoqualcosa da mangiare.Quando se ne andarono,tutti tirarono un sospirodi sollievo.

Frequentavamo la stessaclasse. Mi ricordo cheAldo era un alunno doci-le e studioso. Quandoarrivava il mese di mag-gio era usanza consolida-ta andare tutti insieme allaMaestà delle Fonti a reci-tare il rosario. Era un sacro impegno e nes-suno mai mancava. Poi venne il momento -se ben ricordo nel lontano 1946 - della deci-sione di entrare in seminario e anche in que-sta circostanza volle essermi vicino. Mi ricor-do sempre quel giorno, quando sua ziaFilomena, prima della partenza perCastiglion Fiorentino, ci attaccò i numeriniche avrebbero contrassegnato i nostri indu-menti. In Seminario poi si capì subito chequel ragazzo, sempre rispettoso, ubbidientee molto disciplinato aveva veramente la stof-fa, la vocazione per diventare quel sacerdote

che il Signore si scelse dalla famosa covata diAlberoro di cui fecero parte Tenti, Branditi,Menchetti, Sisti, Casi, Moretti e Santini.

Dopo che fu consacrato sacerdote, non persimai di vista il caro amico della giovinezza.Quando, come corista della Cattedrale diSanta Maria del Fiore, capitavo a Roma, tele-fonavo sempre alla Casa Madre dei PadriMaristi e P. Aldo veniva a sentire i nostri con-certi. Ricordo quei momenti come una sim-patica e lieta occasione per rivederlo e

abbracciarlo. È doverosoprecisare da parte mia che,per quel poco tempo cheho avuto modo di conosce-re Aldo come sacerdote,non posso fare di lui unquadro dettagliato; tuttaviami ha dato la netta sensa-zione che interpretasse nel-l'umiltà, nella discrezione,nella pietà, nella fede e nel-l'amore verso il prossimo, ilvero spirito marista. Ma

sono anche convinto - e non per presunzio-ne, ma per una certa modesta intuizione -che queste virtù fossero latenti in P. Aldocome un patrimonio genetico che successi-vamente ha coltivato fino a meritare la nostrastima e la nostra ammirazione.

Dopo questo doveroso contributo all'amicopiù caro, sento il bisogno di terminare perchéla commozione e il dolore mi stringono ilcuore. Ciao carissimo e fraterno amico. Cirivedremo. Che Iddio e la Madonna ci accol-gano in cielo.

maggio - giugno 2004

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Due grandi amici (P. Aldo e P. LorenzoCurti) in un momento di riposo tra gli

abeti di Malosco

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La notizia della morte di PadreClementi mi è giunta con duemesi e mezzo di ritardo, ma

non per questo mi ha colpito dimeno. Ho provato un senso di dis-piacere alla notizia della sua scom-parsa, ma anche gioia nelsapere che finalmente PadreClementi ha cessato di soffrireed è andato nella Gloria delPadre.Padre Giuseppe Clementiinsieme con Padre GiuseppeBordiga sono stati i pionieridei Missionari Maristi Italianidel dopoguerra. Non possia-mo certo dimenticare i PadriRinaldo Pavese, FrancescoOddenino e Fratel RobertoMoiso, andati in missione anniprima, ma i Padri Clementi eBordiga possedevano uno specialecarisma che ha trascinato verso leisole oceaniane numerose altrevocazioni: Padre Erminio DeStephanis, Padre GiovanniPontisso, Padre Pietro Nicolini,Fratel Gildo Beccalossi, PadreGianni Morlini, Fratel AntoninoImbiscuso e Padre BrunoSpedalieri, e tante Suore

Missionarie Mariste.Padre Clementi e Padre Bordigaerano missionari infaticabili, matrovavano sempre il tempo di scri-vere ai confratelli italiani ed in par-ticolare agli scolastici di Santa Fede

prima e di Moncalieri dopo, e leloro lettere sono state una sementefertile.Le lettere di Padre Clementi eranoentusiasmanti ed apprezzate inmodo particolare per la vivezzadelle espressioni, per l’umorismo eper le chiare descrizioni dell’am-biente e della cultura di quelle isolelontane. Esse rappresentano certa-

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maggio - giugno 200418

PADRE GIUSEPPE CLEMENTI SMdi Bruno Spedalieri

Ci giunge solo ora questo bel ricordo del Padre. Lo pubblichiamo perché è la testimonianza di uno che l’ha ben conosciuto e stimato.

P. Giuseppe con P. Attilio Borghesi

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19maggio - giugno 2004

mente una pagina di storia dellemissioni delle Nuove Ebridi.Padre Clementi era stato destinatoad uno degli arcipelaghi piú arretra-ti del Pacifico: Le Nuove Ebridi,che nel 1980 diverrano Repubblicadi Vanuatu. Vi giunse nel gennaio1947 e fu subito dislocato nell’isoladi Pentecoste, a Baia Barrier, dovesi diede subito ad imparare la lin-gua indigena locale. Per coloro chegodono il conforto della civilizza-zione occidentale è difficile imma-ginare quale fosse la situazione diBaia Barrier a quell’epoca.Abitazioni fatte di paglia ed espo-ste a tutte le intemperie, facili acrollare sotto i venti ciclonici, nien-te elettricitá, niente acqua corrente,niente fognature, niente telefoni,niente negozi eccetera eccetera.Ebbene, ancora oggi, nel 2004,Padre Gianni Morlini, nell’isola diTanna, a sud dell’arcipelagoVanuatu, vive in condizioni nontanto differenti da quelle trovate daPadre Clementi e Padre Bordiga nel1947.Fu Padre Clementi che diede allaMissione di Baia Barrier un aspettodi centro comunitario, curando lacostruzione di vari edifici in mura-tura: scuola, infermeria, casa dellesuore, casa per i monitori, chiesa epresbiterio. Poi andó a fondare laMissione di Sant’Enrico e di nuovosi mise a costruire. Tornato a Baia

Barrier, nel 1951, gli toccó di assi-stere, impotente, alla totale distru-zione delle sue costruzioni causatada un violento ciclone. Non dispe-rò, ma con nuova lena si dedicòall’opera di ricostruzione. Andò poiad evangelizzare la tribú indigenadi Wanur e fondò la Missione diBaia Homo.Ho avuto modo di conoscere PadreClementi da vicino e l’ho sempreapprezzato per i suoi consigli saggi,per il suo umorismo e per il suomodo grazioso di accettare glieventi, quali che fossero e comun-que si presentassero. Malgrado lasua sofferenza non l’ho mai vistocompiangersi; sopportava tutto conil sorriso sulle labbra. Quando nel1968, a seguito di un’operazione alfemore si trovó con una gamba diquasi 15 centimetri piú corta del-l’altra, ci rideva sopra e scherzandodiceva: “Mi sembra che mi abbiano sti-rato una gamba e schiacciato l’altra.”Non se la prese mai con la scarsacompetenza dei chirurghi caledo-niani. Poi, quando in Australia glioperarono l’altro femore, ancorascherzando diceva: “Mi hanno resonano, ma almeno ora posso camminaremeglio: mi hanno appianato le gambe.”Nel 1970 Padre Giuseppe Clementifu nominato Superiore dei PadriMaristi delle Nuove Ebridi. Fu sta-zionato a Montmartre, 15 chilome-tri dalla capitale Vila, dove ebbe la

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gioia di trovare giovani provenientidalle varie isole delle Ebridi, com-presa la Missione di Baia Barrier. AMontmartre studiava allora il sedi-cenne Michel Visi, oggi Vescovodelle Isole Vanuatu. A Montmartreil Padre Clementi, con l’aiuto digiovani cooperatori, diede vita evigore a quel collegio che era con-siderato il Centro Formativo delclero e dei leaders del futuro. Nonlontano dal collegio maschile, lesuore dirigevano un collegio per leragazze. Il canto, in particolare, eracurato in quei collegi e la gente diVila andava spesso a Montmartreper la messa domenicale per bearsidelle melodie polifoniche, cantate asola voce da centinaia di giovanottie di ragazze dei due collegi.Ma, a quel tempo, il compito piúimportante di Padre Clementi eradi badare al benessere spirituale emateriale dei Missionari Maristi diquell’Arcipelago che s’incammina-va decisamente verso l’indipenden-za. E, malgrado la sua infermità,andava in battello a visitare i varimissionari nelle loro missioni. Siadoperó anima e corpo per assicu-rare ai Missionari Maristi una lorocasa nella Capitale Port Vila, affin-ché i confratelli di passaggio potes-sero avere un nido in cui posarsi e iMaristi affaticati e ammalati avesse-ro una casa confortevole che liospitasse. Il suo sogno divenne

realtà, ma egli non ebbe la gioia divederla. Oggi alle Isole Vanuatuesiste la Casa Marista. PadreGiovanni Rodet ne è il Superiore enello stesso tempo è il curatore delpiccolo Museo della MissioneCattolica, da lui creato nel recintodella proprietá Marista.

Padre Clementi e Padre Bordigasono certamente dei luminari nellaStoria Marista d’Italia. Hannolasciato un messaggio evangelicovivo, dinamico e vibrante da cuinon possiamo non trarre ispirazio-ne. E senza dubbio le Isole dellalontana Oceania hanno oggi, inquesti eroici Missionari, due nuoviPatroni e Protettori.

11 Marzo 2004

in memoria

maggio - giugno 200420

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Vuoi presentarti?

Ho 42 anni e sono sacerdote da 10.Sono nato a Diohine (prov. di Fatick, alcentro-ovest del Senegal). Sono primo-genito di otto fratelli, sei maschi e duefemmine. Morto mio padre (avevonove anni), mia madre si è risposata. Itre primi fratelli sono cristiani, gli altrimusulmani Come si spiega?

Mah, le circostanze… Da noi è abitualeche all’interno di una famiglia vi sianocristiani e musulmani; non èfacile, ma la tolleranza s’impa-ra nella vita quotidiana.Dove hai vissuto la tuainfanzia?

Al paese natale. Mio padrefaceva il catechista in varieregioni; era l’equivalente di unmaestro di scuola primaria. Halavorato coi missionari delloSpirito Santo e del SacroCuore. Quando si è ammalato

siamo tornati al villaggio natio e alla suamorte io sono andato a vivere con lanonna.In quali circostanze hai conosciuto iMaristi?

Il fratello di mia madre è andato aDakar dopo la morte del nonno a tro-vare un lavoro. Sono andato da lui.Alloggiavamo nel quartiere dov’erasituata la parrocchia dei Maristi e delleSuore Mariste.Quand’è avvenuto il contatto vero e

l’intervista

maggio - giugno 2004 21

UN AFRICANO A VIA CERNAIA

PADRE DAMIEN DIOUF SM

a cura della redazione

Senegalese, sacerdote marista dal 1994, Damien è uno dei primi Maristi afri-cani. È una persona riservata e schiva. Parla correntemente il francese e l’ingle-se. L’italiano l’ha appreso in pochi mesi e lo parla con sorprendente proprietàdi linguaggio. La comunità di via Cernaia è onorata di ospitarlo. Con gentile

condiscendenza ha accettato di lasciarsi intervistare.

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proprio con loro?

Alla fine della scuola secondaria, primadi iniziare il liceo. Gli studi secondari liho fatti a Kaolack (città situata al centroest del Senegal). Trascorrevo le vacanzea Dakar presso i miei parenti e con gliamici facevo sport vicino alla scuolagestita dai Maristi, Cours Sainte Marie.Uno dei Padri ci contattò e cominciò adarci libri da leggere durante le vacanze.Dopo averli letti, il Padre ci faceva fareun resoconto. Fu lui che mi propose difare un Ritiro durante le vacanze.Quando hai cominciato a pensareseriamente di farti marista?

Durante un secondo Ritiro fatto nel1981, preceduto da una lunga riflessio-ne. Prima della fine del liceo i Padri mihanno proposto di finirlo al collegioCours St. Marie.Hai accettato?

Sì. Bocciato all’esame finale, ho ripetu-to l’anno. Poi sono entrato al noviziato.Nei due anni finali di liceo studiavo elavoravo un po’ per mantenermi aglistudi, ma anche per frequentare iMaristi, conoscere il loro stile di vita econdividere la loro esperienza nella par-rocchia e nel collegio.Qual è la cosa che ti ha colpito neiMaristi?

Mi piacevano perché erano personemolto ordinarie, semplici, vicine a tutti,poveri e ricchi; per queste qualità gode-vano di un’ottima reputazione. Poim’interessava l’esperienza in mezzo ai

giovani. Il quartiere era povero. I Padrierano veri pastori; ammiravo il lorosforzo d’imparare la lingua, il loro rap-porto con la gente, la loro professiona-lità nel campo dell’educazione.Che cosa intendi per professionali-tà; come dev’essere un bravo inse-gnante?

È bravo se è vicino non solo agli stu-denti, ma anche ai parenti e ai professo-ri, per costruire una comunità educante.Ritieni che la punizione sia peda-gogicamente utile?

Certo, purché la punizione miri al ricu-pero del punito. La punizione che dava-no i Padri lo era: consisteva nel far lavo-rare di più lo studente imponendogliore serali supplementari sotto la loroguida. La punizione ha senso se integral’opera educativa, che plasma la personadell’allievo e lo rende capace di affron-tare le contrarietà della vita.Com’è la gioventù senegalese?

I giovani sono moltissimi. Il 70% dellapopolazione ha meno di 40 anni! Ciòche stupisce di più un visitatore è ilnumero impressionante di ragazzi perle strade. Per essi si pone il problemadel futuro. Le prospettive che hannosono limitate a causa della grandepovertà del paese.Lo Stato si fa carico del problema?

Lo Stato è economicamente debole enon può assicurare il necessario a tutti;e d’altra parte i giovani giustamentesono sognatori e aspirano a migliori

l’intervista

maggio - giugno 200422

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condizioni di vita. Allora lo Stato chie-de a organizzazioni e strutture di dargliuna mano, soprattutto alle Chiese.La Chiesa com’è?

È presente in Senegal dal XV secolo. Iprimi ad arrivare nel paese furono i mis-sionari portoghesi. Le tappe della storiadell’evangelizzazione sono state varie,ma il momento più luminoso si è avutonel XIX secolo, con l’arrivo dei Padridello Spirito Santo e delle Suore diMadre Anne Marie Jawouhey, congre-gazioni di origine francese.E la Chiesa di oggi? La Chiesa sene-galese conta sette diocesi. Il clero loca-le è molto impegnato nella vita religiosae sociale del paese. Tutti i vescovi sonosenegalesi. Ci sono anche missionarisenegalesi in varie parti del mondo.Quante sono le Congregazioni reli-giose presenti? Complessivamenteuna quindicina, credo; quelle femminilisono più numerose.Qual è la percentuale dei cristiani?

Sono il 10 %; i musulmani sono la mag-gioranza. Quello senegalese è un islami-smo pacifico, di tipo spirituale, organiz-zato in fraternità che ruotano intorno afigure di saggi, chiamati marabù.Quindi è un islam senza pretese politi-che e non ha nulla a che fare con il ter-rorismo.Ci sono buone relazioni tra cristianie musulmani? C’è pacifica mescolan-za; i matrimoni misti sono una regola.Nella scuola marista il 15% degli stu-denti sono cristiani, gli altri musulmani;evidentemente hanno fiducia nel nostroinsegnamento. Anche molti insegnantisono musulmani. Il punto di forza è ildialogo e la condivisione delle stessetradizioni. Ci sono momenti di conflit-to, ma non sono mai violenti; vengonorisolti pacificamente.Che tipo di studi stai facendo aRoma?

Frequento un corso per formatori neiseminari all’università Gregoriana.

l’intervista

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Ti occuperai quindi della formazio-ne dei candidati maristi alla vitareligiosa e sacerdotale?

Sì, i superiori mi hanno mandato aRoma per questo. Accompagnerò i can-didati alla vita religiosa marista e alsacerdozio, un’attività che ho già speri-mentato per quattro anni nella nostracasa di formazione, a Yaoundé.Quali sono i problemi cheincontra un candidato afri-cano?

Quelli della Chiesa in genere:difficoltà di inculturazione, dievangelizzazione, di vera con-versione e di accoglienza delVangelo.Il celibato non è uno dei pro-blemi?

La nostra cultura è basata sullavita; non c’è dubbio che rinun-ciare alla famiglia costa all’afri-cano. Ma è così anche per l’eu-ropeo, credo. Il celibato è certa-mente una difficoltà, ma ancheuna sfida per raggiungere unavita cristiana matura; Gesù l’hapresentato come valore delregno di Dio.Quali sono per te gli aspettipiù affascinanti del carismamarista?

La rivelazione del mistero dellafede e la centralità della figuradi Maria. Il ruolo che Maria hagiocato come credente; la sua

presenza nella Chiesa primitiva, che giàcolpì i primi Maristi. Io ho, come loro,la stessa attrazione per la sua semplici-tà, per l’obbedienza al piano divino, perla sua presenza materna, discreta edefficace nella Chiesa, per il suo ruoloalla fine dei tempi.Non è la prima volta che vieni inItalia, vero?

l’intervista

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Questa è la quarta volta. Vi sono venu-to nel 1988 per partecipare ad un corsoper giovani maristi di lingua francese.Sono stato a due Capitoli Generali; nelprimo ho svolto la funzione di aiutonella liturgia; nel secondo ho partecipa-to come membro effettivo.Che impressione che ti ha fatto laChiesa italiana?

La prima è di ordine culturale: si vedeche la Chiesa è parte integrante dellacultura italiana. Nonostante il climasecolarizzato, i cittadini italiani sonoimpregnati di cristianesimo; penso allerecenti polemiche sul crocifisso nei luo-ghi pubblici. Il cristianesimo ha indub-biamente segnato il loro modo di pen-sare. La seconda impressione è la per-cezione di un certo smarrimento e diuna certa stanchezza; si ha la sensazio-ne che, in un mondo che cambia velo-cemente, la gente abbia smarrito i pro-pri punti di riferimento. Quello chevedo è un universo fragile, con pochesicurezze, che ha paura e non vive sere-namente. Paragonato al mio mondo,che non ha il necessario, l’Europa hamolto di più, ma chiede sempre di più.Mi viene in mente ciò che ha detto unsociologo: l’Africa ha cominciato male; ioaggiungo che l’Europa è arrivata male:ossia l’eccezionale progresso economi-co non l’ha resa migliore e felice.Ci possono essere, secondo te, dellesoluzioni ai problemi socio-econo-mici africani?

La prima soluzione indispensabile èquella di saper vivere insieme. La realtàafricana è complessa, fatta di unità divi-se tra loro: è la sua debolezza. Gli statiattuali non hanno una realtà storica allespalle, le frontiere sono artificiali (divi-dono a metà villaggi, etnie). I leadersche li governano mancano di concreteprospettive politiche, di una visioneconcorde e profonda sul bene comune.L’instabilità sociale è forte. La produ-zione locale viene esportata e quelloche consumiamo viene dall’estero; ciòrende più costosa la vita e il meccani-smo di dipendenza continua e si allarga,a danno del paese.Non ci sono menti illuminate chedenuncino sfruttamento e ingiusti-zie?

Ci sono, ma hanno pagato e pagano dipersona. Molti di loro sono stati fisica-mente eliminati da africani, ma pilotatio istigati dall’esterno. Evidentementec’è chi ha interesse che le cose noncambino. Manca un modello socialecomune di riferimento.Non mancano forze positive che lavo-rano e riflettono, ma sono poco cono-sciute a causa della difficoltà dei colle-gamenti. Le Chiese sono molto motiva-te e attive su vari fronti. I Pastori esem-plari.

Ringraziamo Padre Damien per la suadisponibilità. Gli auguriamo un profi-cuo lavoro per il bene del suo paese.

l’intervista

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Preannunciato da tempo, il 25 aprilescorso si è svolto il raduno degli exseminaristi del Sud. Per l’occasione sisono scomodati il Provinciale uscente (P.Lorenzo Curti) e quello entrante (P.Mauro Filippucci), il direttore dellarivista Maria e incaricato degli ex alun-ni maristi (P. Gianni Colosio), il coor-dinatore degli ex del Centro-Italia(Giovanni Nasorri).Piccola delusione (compensata dallastraripante simpatia e dall’entusiasmodegli intervenuti): la risposta è stataminima. Come nella parabola evangeli-ca degli invitati a nozze, chi aveva daprovare i buoi, chi da celebrare lenozze (si fa per dire…) e chi avevaaltro ufficio urgente da sbrigare. Emeno male che i pochi partecipanti sisono portati le mogli, e qualcunoanche la prole.Vien da dire: peggio per loro! Peggioper loro perché si sono persi una gior-nata magnifica (ahimé, non meteorolo-gicamente: le contrade abitualmente

assolate del Sud ci hanno inflitto unapioggerella uggiosa e persistente).L’accoglienza dei Padri della parroc-chia di Marconia è stata calorosa: tutti(nonostante il ministero domenicale) sisono prestati a che gli ospiti si sentis-sero a casa loro; tutti sono intervenutial pranzo; tutti hanno assistito alla(lunghissima) proiezione delle foto deibei tempi andati. Un grazie particolareal parroco P. Bruno che ci ha amabil-mente presentati ai parrocchiani, aPadre Lorenzo Marcucci che ci ha sco-vato il grazioso ristorante Mordi e fuggi,a P. Emanuele che ha approntato glistrumenti tecnici per la proiezione, a P.Faletti (festeggiatissimo, in pastrano ecuffiotto assolutamente trendy!) e alcompassato quanto gentile P. Luciano.Per quanto mi riguarda, ho affrontatovolentieri la defatigante sgroppata(quasi 1000 Km in ventiquattro ore!autista lo schumacher marista P.Filippucci), sapendo di incontrare per-sone eccezionali (P. Gianni Colosio).

ex-alunni del Rivaio

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A MARCONIA CON GLI EX-ALUNNI DEL RIVAIO

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Un piccolo seme è statogettato

di Francesco Silvestri

Si è tenuto il primo raduno degli ex delSud-Italia. Erano presenti (alcuni con lafamiglia al seguito): Albano Giuseppe,Nasorri Giovanni, Ferrara Vincenzo,Squillaci Vincenzo, Mattioli, SelvaggiSalvatore, Silvestri Francesco, UricchioSalvatore, Laviola Tommaso, ScandiffioSalvatore.

La giornata è iniziata con un incontronei locali della parrocchia San GiovanniBosco quindi, dopo un primo scambiodi saluti e ricordi, ci siamo portati inchiesa per la S. Messa concelebrata daiPadri Curti, Filippucci, Faletti eColosio.

È stata molto apprezzata l’omelia di P.Curti, il quale ha fatto partecipi i par-rocchiani di Marconia del motivo delnostro raduno. Nel corso dellaPreghiera dei Fedeli sono stati ricordatianche coloro che, per vari motivi, nonhanno potuto partecipare all’iniziativa.Durante il pranzo, consumato in unristorante del luogo, l’atmosfera haassunto carattere fraterno, sfociato suc-cessivamente nei locali parrocchialidove sono state proiettate le foto porta-te dai convenuti, che ci hanno permes-so di rivederci e riconoscerci nei giova-netti di un tempo. È stata la prima voltaper il sud e, per quanto troppo pocopartecipata, è un seme piantato nel ter-

reno del nostro vissuto. Ora sta a tuttinoi, presenti e non, far sì che attecchi-sca saldamente, sperando che questa siala prima di innumerevoli occasioni d’in-contro, sotto l’egida della Madonna delRivaio e dei suoi Padri Maristi.

I fili riannodatidi Vincenzo Ferrara

Poche settimane fa Marconia è divenu-ta la coordinata topografica del presen-te e della memoria. In quell’amenopaese della Basilicata, che nei colori enei profumi ricorda CastiglionFiorentino, ci siamo ritrovati nelle paro-le delicate dell’adolescenza, neimomenti di eccesso, di felicità e di tri-stezza vissuti insieme. Il battito deinostri cuori ha subìto un’accelerazionequasi innaturale quando i nostri occhi sisono guardati ritrovando il filo di quel-l’esperienza comune nel seminario delRivaio dove i Padri Maristi, con la lorovocazione per i giovani, ci sepperoascoltare, guidandoci nel percorso dicrescita umana e cristiana.

Il tempo è passato in fretta; quello inte-riore si è dilatato su direttrici temporalinuove, sull’affanno convulso di saperel’uno dell’altro, di conoscere la geogra-fia delle nostre vite, il cui studio si èinterrotto dopo i lontani anni aretini…

Emozionante l’incontro con PadreFiorenzo Faletti, di cui tutti abbiamo

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subito la forte fascinazione per la suaautorevolezza culturale e spirituale; conil direttore Padre Mauro Filippucci,dalla carismatica tempra pedagogica;con Padre Lorenzo Curti, dall’inscalfi-bile entusiasmo rinnovatore.

Tra il verde e la serenità di Marconiaabbiamo evocato una parte importantedel nostro vissuto giovanile. Abbiamoparlato di noi e delle nostre scelte,

sempre sostenute dai valori a cui siamostati educati.

Ci siamo lasciati con la promessa dirivederci ancora, insieme alle nostrefamiglie, spinti dal desiderio di tenerevivi questi legami e di continuare ilcammino iniziato insieme, all’insegnadei precetti maristi che hanno informa-to la nostra vita nella diversità dellescelte di ognuno di noi.

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P. Lorenzo Curti intrattiene con appassionataeloquenza i commensali

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Distretto d’Africa.La Congregazione dei PadriMaristi annuncial’Ordinazione al Sacerdoziodi tre nuovi africani. Il rito èstato celebrato il 9 maggio2004 nella chiesa parrocchialedi Sant’Anna di Obili(Yaoundé). Celebrante SuaEccellenza Monsignor VictorTonye Bakot, arcivescovo diYaoundé. I novelli sacerdotisono:

Jean-Pierre Bakhoum(Senegal),

Didier Anani Hadonou(Bénin),

Martin Simna(Togo).

Significative le frasi evangeli-che che i singoli hanno sceltoper l’immagine-ricordo: “Tibasta la mia grazia… quandosono debole, è allora che sono forte”(da 2 Cor.XII,9); “Io sono l’an-cella del Signore, si faccia di mesecondo la tua parola” (Lc.I,38);“Ho ricevuto tutto dal mioSignore…Io mi abbandono al suoamore” (Preghiera marista). Aitre nuovi sacerdoti maristi le nostrecongratulazioni e l’augurio di un lungae fruttuosa missione al servizio delVangelo e della Società di Maria.

Brescia.Pubblichiamo le iniziative delGruppo degli Ex-alunni bre-sciani del Rivaio.

Calendario Giugno-Ottobre

GIUGNO.Gita-pellegrinaggio allaMadonna del Rivaio.

Venerdì 18:viaggio e sistemazione all’hotel‘La Nave’ di CastiglionFiorentino.

Sabato 19:in mattinata visita alla città diCortona. Pranzo al ‘Pontile’ diMagione sul lago Trasimeno.Pomeriggio visita alle Celle diCortona (il primo conventofrancescano). Cena in hotel.

Domenica 20:Festa della Madonna delRivaio. Alle ore 10 SantaMessa nel Santuario. Ore13,30 pranzo alla Nave. Nelpomeriggio Corsa dei cavalli.Ore 19 partenza per Brescia(l’arrivo è previsto per mezza-notte).

Spesa totale dei tre giorni (comprensivadel viaggio, dei pasti e dell’hotel):� 222,00 pro-capite se in numero di 25;

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DAL MONDO MARISTA

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se i partecipanti sono tra i 27 e i 38 laquota scende a � 170,00.

SETTEMBRE 11-12 (Nome diMaria. Festa titolare della Società diMaria): Due giorni Mariani a Malosco(Trento).Si può arrivare già il venerdì (o ancheprima, telefonando allo 0463/83.12.52).

OTTOBRE (in data da decidere), pel-legrinaggio a Comezzano sulla tombadi Padre Nicolini.

Santa Fede.Dal 29 marzo al 2 aprile si sono incon-trati i Superiori Maggiori MaristiEuropei. Lo fanno periodicamente.L’ordine del giorno dell’incontro aSanta Fede era quello di fare un bilanciodelle proprie attività e di progettare

insieme nuove missioni in Europa.Nell’occasione hanno confermato lamissione di Notre Dame de France aLondra, di La Neylière (è la casa fran-cese dove il Fondatore ha vissuto gliultimi anni di vita e dove è sepolto), chedovrebbe divenire Casa d’Accoglienza edi Ritiri Spirituali, gestita da una equipemarista internazionale. Hanno auspica-to che anche la missione di Berlino(dove già operano due Maristi) sia con-siderata missione europea, a patto ditrovare personale volontario. Stannoinoltre valutando la possibilità di aprirenuove missioni a Mosca e in Romania.Naturalmente hanno discusso il proble-ma delle vocazioni; hanno studiato stra-tegie nuove per la propaganda e perl’accoglienza dei candidati.

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I provinciali d’Europa davanti all’abbazia

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31maggio - giugno 2004

MARIA

Mensile sulle operee sulle missioni

dei Padri Maristi italianiDirezione e Amministrazione:Via Cernaia, 14/b; 00185 Roma

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Redazione:P. Giovanni B. ColosioP. Agostino Piovesan

Composizione e impaginazioneP. Mervyn Duffy

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Sostenitore € 15,00Benemerito € 25,00

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con approvazione ecclesiastica

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Finito di stampare il29 novembre 2003

In questo numero5 - 6 maggio - giugno 2004

2 Iconografia mariana a cura di P. Gianni Colosio SM

4 Sullo spirito maristadi P. Carlo Maria Schianchi

6 La pagina del Direttore7 I Giovani e il cammino di

discernimento

11 P. Aldo Santini SMLa Bontà in Persona

di P. Lorenzo Curti SM

Un Sacerdote semplice e schivodi P. Sante Inselvini SM

Grazie, Padre Santini!di Ersilia

Pratola piange la sua scomparsadi Beatrice Santini

Addio, Padre Aldodi Enzo Brandini

18 P. Giuseppe Clementi SMdi Bruno Spedalieri

21 P. Damien Diouf SMintervista a cura della redazione

26 Ex-Alunni di Rivaio

29 Notiziario Marista

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A te giovane ...cerca una pausa di silenzio.

Mettiti in ascolto,lascia che la forza

dello Spirito ti guidi, ti trasformi e ti ispiri

nelle scelte della tua vita ...

Lascia che Cristo parli al tuo cuore

FAMIGLIA MARISTACAMPO ESTIVO

23-28 Agosto 2004Casa dei Fratelli Maristi, Entracque (CN)

La Famiglia Marista invita i giovani dai 20 anni in su

a vivere insieme un’esperienza di fede.

Per informazione:P. Luigi Savoldelli SM

[email protected] cell. 333 43 18 881