Venerdì 2 gennaio 2015 Venerdì 2 gennaio 2015 C U LT U R A ... filericatura, a Scipione...

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Venerdì 2 gennaio 201518 Venerdì 2 gennaio 2015 19

SAGGISTICA NE «IL PRESENTE COME STORIA», EDITO DA RIZZOLI, PENSIERI A CONFRONTO

Ma chi siamo noi oggi?Ce lo dicono gli antichiIl nuovo libro di Luciano Canfora

di GIACOMO ANNIBALDIS

«M adre della veri-tà» definiva Mi-guel Cervantesla narrazione

storica, nel suo Don Chisciotte. Percui Jorge Luis Borges poteva chio-sare, in Finzioni: «L’idea è mera-vigliosa: non vede nella storia l’in -dagine della realtà, ma la sua ori-gine. La verità storica per lui non èciò che avvenne, ma ciò che noigiudichiamo che avvenne».

È questo un pensiero-grimaldello,che ci aiuta a capire la funzione el’uso dello scrivere storia. Ce lo ri-corda ancora una volta LucianoCanfora nel suo volume Il presentecome storia. Perché il passato cichiarisce le idee (Rizzoli ed., pp. 269,euro 18). Il filolo-go e storico bare-se ripropone abrevi capitoli lasua riflessione sueventi e fatti diattualità riconsi-derandoli attra-verso la rifrazio-ne della storiaantica; accoglien-do l’auspicio for-mulato dal grecoTucidide, che ilsuo racconto po-tesse «servire diorientamento aipolitici del futuroin situazioni ana-loghe» (in questaluce BenedettoCroce vedeva l’uo -mo come «un mi-crocosmo, non insenso naturalisti-co, ma in sensostorico: compen-dio della storiau n ive r s a l e » ) .

Canfora soprat-tutto offre al va-glio del lettoreconcetti-base co-me democrazia (ele sue varianti), ilpeso delle oligar-chie in antico co-me in moderno, oanche delle mino-ranze agguerrite,ovvero il ruolodegli intellettualie la fascinazionedel potere, le ri-voluzioni e lorof allimenti… Sicché il volume, puressendo in sostanza una raccolta diarticoli apparsi sul «Corriere dellaSera» dal 2005 al 2013, lievementeaggiornati, acquista una unitarietàtematica molto stringente, in ungioco spesso oscillatorio tra ieri eoggi, in cui il passato – s o p r at t u t t oquello greco e latino – ci aiuta acapire meglio il presente. E, a volte,a trarre da uno sguardo a ritrosoqualche utile insegnamento.

Le occasioni per gli interventivengono spesso offerti dalla crona-ca: come quando, di fronte alla no-tizia dei pugnalatori del cadavere diSaddam Hussein, lo storico pugliese

rievoca il vilipendio cui erano sot-toposti imperatori e papi, anche damorti. Commodo, il figlio di MarcoAurelio fu condannato, ben che de-funto, a essere trascinato con gliuncini e, una volta dissepolto, get-tato nel Tevere (pratica abituale aRoma). Altro caso: per l’i n t e r ve n t oeuropeo in Libia contro Gheddafi,Canfora ricorda la guerra punicacon Cartagine e le sotterranee mireimperialistiche di Roma, e scrive:« L’ironia della storia ha voluto chein quest’ultimo tempo della tormen-tata storia del Nordafrica la vicendasi ripetesse, negli stessi luoghi oquasi, in cui avvenne l’antico ster-minio: il rapace Sarkozy che “li -bera” la Libia rassomiglia, in ca-ricatura, a Scipione l’Africano».

Mentre invece, il crollo a Pompeidella Casa deigladiatori è un’ot -tima occasioneper delineare vi-ta, morte e mi-sfatti di questacategoria, schiavadue volte (ed èovvio l’af facciarsisulla scena diSpartacus e di ciòche potesse consi-derarsi «terrori-smo» nel mondoantico!).

A volte inveceil pretesto per unsalto nel passatoscaturisce dallalettura di un li-bro; e la riflessio-ne non si appiat-tisce a semplicerecensione (volu-mi come La feli-cità della demo-c ra z i a , intervistatra G. Zagrebel-sky ed E. Mauro;ovvero La demo-crazia dispoticadi M. Ciliber-to…), ma si allar-ga a originalissi-me considerazio-ni. Il tema dellademocrazia èsmisurato, am-mette Canfora,«ma un qualchebilancio… va purtratto. Se non cisi rende contoche il fenomenodominante del

nostro tempo, tempo definibile co-me “autunno della democrazia”, èlo svuotamento di essa, si rischia diparlare di qualcosa ce non è più,nell’illusione che ci sia ancora».

Quello che emerge naturalmenteda queste brevi prose è che il dia-logo con gli antichi è proficuo; esso,nonostante lo sguardo all’i n d i e t ro,produce pensieri nuovi. Sostenereciò non è segno di un «subalternoculto verso il passato»; ma il fruttodella «convinzione radicata che inquell’età remota ci fosse un accu-mulo di esperienze e di pensieri cheaspetta ancora di essere sfruttatofino in fondo».

UOMINI E IMPRESE STRAORDINARIE LA STORIA DELL’ESPLORATORE ERNEST SHACKLETON E DEL SUO EQUIPAGGIO

Che vite coraggiosetra i ghiacci del PoloCent ’anni fa l’avventura dell’« E n d u ra n c e »La nave fu intrappolata nel gennaio del 1915

Nell’epoca che viviamo si sente lamancanza di uomini e storiestraordinarie, solo cento anni fa sipartiva alla scoperta degli angolipiù remoti della terra, non tantoper sete di avventura ma perprovare ancora una volta la te-nacia e l’abnegazione dell’uomo.Iniziamo con questo articolo unaserie sulle imprese straordinariedel passato e del presente.

di NICOLÒ CARNIMEO

Cento anni fa, i primi digennaio del 1915, il va-scello Endurance (Resi-stenza), mai nome fu più

appropriato, rimane incagliato nelpack dell’Antartico, il destino diventotto uomini e sessantotto canirimane appeso ad un esile filo. Lanave è armata da Sir Ernest Shac-kleton, uno dei più famosi esplo-ratori dell’inizio del secolo scorso,era partito nel 1914 dall'Inghilterradiretto a Sud per tentare «l'ultimagrande impresa che resta da com-piere»: la traversata via terra delcontinente antartico da Ovest a Est.L’esploratore guida ventotto uominiche hanno risposto ad un annunciopubblicato dall'irlandese su un gior-nale di Londra, alla ricerca di equi-paggio per la sua «ImperialTrans-Antarctic Expedition»; il co-mandante è il neozelandese FrankWorsley, uomo rispettato e capace, adispetto di una certa eccentricitàche lo porterà a dormire sul pa-

vimento del corridoio, ritenendotroppo soffocante l'ambiente dellasua cabina.

A bordo sale anche il fotografoaustraliano Frank Hurley, sopran-nominato «il principe» per la suasensibilità all'adulazione, cui si de-vono le immagini memorabili dellaspedizione, e Perce Blackborow, ini-zialmente non arruolato, che grazieall'aiuto dei compagni Bakewell edHow si intrufola ugualmente,uscendo allo scoperto solo in mareaperto; Shackleton ne fa uno ste-ward, apprezzando l'intraprenden-za del giovane.

L’Endurance sulla via del CircoloPolare Antartico dopo aver per-corso più di mille miglia dalle lon-tane stazioni baleniere della Geor-gia Australe a sole ottanta miglia

dalla meta viene costretta a fer-marsi. Un fortissimo vento da NordEst che aveva spirato per sei giornidi fila la intrappola nei ghiacci delmare di Weddel. Qualche giornodopo, pochi giorni dopo il capo-danno del del 1915, la temperaturaprecipita sotto lo zero con il ri-sultato di compattare il pack gal-

leggiante come una morsa. Per tuttol’inverno la corrente sempre piùforte porta inesorabilmente l’En -durance alla deriva lontano dallaterra quasi raggiunta. Una strenuaresistenza che mette a dura proval’equipaggio e il suo capitano, per-ché anche le giornate che sembranopiù tranquille si tramutano presto

in terribili tormente di neve. Ilvento soffia a più di trecento chi-lometri all'ora e la temperatura avolte scende a 73,5°C sotto lo zero.Dopo mesi di agonia la nave primasi inclina di trenta gradi e poi vienespezzata dai ghiacci. «Una nottetremenda - si legge nel diario dibordo - con la sagoma nera dell’En -

durance che si stagliava contro ilcielo e il rumore della pressione chela stritolava. Sembravano le gridadi un essere umano».

L'equipaggio, a cui rimangono trepiccoli scafi, passa cinque mesi sul-la banchisa galleggiante, riuscendopoi a raggiungere Elephant Island,monolocale di roccia e ghiaccio in

co-abitazione con foche e pinguini.Qui il povero Perce perderà tutte ledita del piede sinistro, aggredite dalgelo. Shackleton non si perde d'a-nimo e insieme a cinque uomini, unsestante, una bussola prismatica,un binocolo, carte nautiche, fede esperanza, salpa con la «JamesCaird» (una scialuppa di soli 22

piedi, poco più di 6 metri) in cerca disoccorsi, rotta per l'isola di SouthGeorgia, a 800 miglia.

Lo sparuto equipaggio è com-posto dagli irlandesi Tom Crean,secondo ufficiale, e Tim McCarthy,marinaio, dal carpentiere scozzeseHenry McNeish, dal forzuto no-stromo John Vincent e dal capitanoWorsley, che definirà McCarthy «ilpiù irrefrenabile ottimista che ab-bia mai incontrato». A terra, dopoaver sofferto fame, sete, temuto on-de giganti e rischiato il naufragiosugli scogli, i sei devono arrancareancora tra neve e ghiaccio, fino allastazione baleniera di Stromness, dacui parte l'organizzazione del sal-vataggio dei rimanenti uomini, ri-masti a Elephant Island. Dopo quasiquattro mesi ed altrettanti tentativi,Shackleton recupera l'equipaggiocon il rimorchiatore cileno Yelcho: èil 30 agosto 1916 e tutti sono so-pravvissuti. Un secondo viaggio, indicembre, vede Shackleton sull' Au-rora a Capo Royds, altro versantedell'Antartide, per riprendere a bor-do la parte della spedizione in-sediata presso il mare di Ross.

Le parole del poeta Robert Bro-wing, fatte pietra dietro la lapide diShackleton, recitano I hold that aman should strive to the uttermostfor his life's set prize e cioè «Pensoche l'uomo dovrebbe sforzarsi diraggiungere il limite predestinatoquale scopo della sua vita».

1). Continua

ERNEST SHACKLETONE LA SPEDIZIONEDELL'ENDURANCEIn alto, un’iimaginedell’esploratore (a destra) con isuoi collaboratori. A fianco esotto, due immagini della nave

Un vero miracoloa New YorkRiapre la primalibreria italiana

Per le librerie indipendenti, NewYork è un cimitero costellato dicroci: «Gotham» e «Coliseum»se ne sono andate ai primi de-

cenni del 2000, vittime delle grandi ca-tene, a loro volta finite sott'acqua conl’avvento di Amazon. La «Rizzoli» hachiuso l’anno scorso per far posto a ungrattacielo di lusso. Se dunque «Vanni»,la prima libreria italiana in America,fondata nel 1884 dal siciliano (di Cal-tagirone) Sante Fortunato Vanni, riaprei battenti a Greenwich Village, si puòlegittimamente parlare di «miracolo sul-la 12/a strada».

Appuntamento a fine gennaio: con unocchio al passato e l'altro al futuro i localidi Vanni, al numero 30 della 12/a strada,riapriranno per qualche mese come li-breria «pop up» e centro culturale sottogli auspici del Centro Primo Levi. «L'o-biettivo – spiega Alessandro Cassin, di-rettore editoriale del Centro e figlio diquell'Eugenio Cassin che, con la piccolacasa editrice Orion Press a Londra, pub-blicò la prima edizione in inglese di "Sequesto è un uomo" nel 1959, è puntare iriflettori sulla storia dell’ebraismo ita-liano in America, ma anche resuscitareun mito".

Vanni arriva a New York nel 1884,all’apice dell’immigrazione italiana, einizia la sua attività di libreria e stam-peria al 548 West Broadway. La libreriavende classici italiani, manuali d’inglesee dizionari (anche un vocabolario sici-liano-italiano), ma anche cartoline, ri-viste, manuali tecnici, calendari, bigliet-ti da visita, santini e materiale religiosoper le diocesi. Vanni svolge anche l’at -tività di scrivano, occupandosi di cor-rispondenze per i tanti emigranti anal-f abeti.

Nel 1931 entra in campo Andrea Ra-gusa, consulente editoriale appena ar-rivato dall’Italia. La libreria passa a Blee-ker Street, poi nella sede attuale sulla12/a. Ragusa è il direttore generale dellaFratelli Treves: arriva negli States conl’idea di vendere la Treccani negli Usa.Quelle strade del Village all’epoca eranol’epicentro delle stamperie. Ragusa pub-blica libri in inglese ad argomento ita-liano e trasforma la libreria in un puntodi riferimento culturale. Fino al 1974,quando viene ucciso in una rapina da-vanti al negozio, stampa 138 titoli, tracritica letteraria italiana e libri per lescuole. La libreria passa nelle mani dellefiglie Isa e Olga fino al 2004, quando ilsipario cala per sempre. O così sembra-va .

Che fine avrà la seconda (o terza vita)di Vanni? La palazzina sulla 12/a, è dop-piamente cinta d’assedio: da un lato ric-chi e famosi che aspirano a un pezzo diuno dei quartieri piu romantici e ferminel tempo di Manhattan, dall’altro l'a-teneo che anno dopo anno sta acquisendotutte le proprietà disponibili nella zona.

[Alessandra Baldini]

pressori romani ragiona, eragiona e ragiona sul suosentimento nei confronti delCristo fino a rinnegarlo e adesiderare di ucciderlo.

E’ come se Lucrezi, riper-correndo la Passione bimil-lenaria del Nazareno, si er-gesse, sempre con grandeleggerezza e in pagine chesfiorano la poesia, a condan-nare ogni passione d’a m o redegli uomini d’oggi che ob-bedisca a un calcolato e fur-besco raziocinare e non a unsemplice impulso d’af fettiscaturiti al ritmo stessodell’esistenza.

Il che non significa,sugge-risce Lucrezi in questo suopiccolo capolavoro, che unapassione d’amore o d’amici -zia debba essere, oggi, rozzaed elementare: ma che sca-turisca da quella verginità epurezza di sentimenti cheaveva fatto già coniugare airomantici l’identità di amoree morte.

Che sia un nuovo roman-ticismo a salvare l’uomo dal-la orribile confusione intel-lettuale e morale contempo-ranea? Lucrezi lo lascia in-tendere, e un animo rinno-vato nel segno d’un umane-simo veramente cristiano èil miracolo, tutto interiore,ch ’egli fortemente auspicavaper gli uomini del nostrot e m p o.

La leggendaria spedizioneFoto, testimonianze e diari: ecco i libri.

Grazie alla documentazione fotografica della spedizione quelladell’«Endurance» è anche un racconto per immagini. Di grande fat-tura è il volume di Caroline Alexander («Endurance. La leggendariaspedizione di Shackleton al Polo Sud» Sperling & Kupfer Editori,1999, pp.212), contiene centocinquanta foto scattate dall'australia-no Hurley, tratte dalle lastre e dai negativi rimasti intatti (circa 500erano le immagini riprese da Hurley), riguardanti la vita a bordo, lamarcia sui ghiacci, la deriva e la permanenza sull'Isola degli Elefantidi parte dell'equipaggio. Naturalmente vi è il volume dello stessoErnest Shackleton, «Ghiaccio. La spedizione della nave Enduranceal Polo Sud: storia di una leggendaria avventura ai confini del mon-do», Endurance - Shackleton's Incredible Voyage, Rizzoli, Milano,1999, pp.376. Dalla voce del capospedizione, la ricostruzione det-tagliata di tutta la vicenda si segnala Alfred Lansing, «Endurance:l'incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud», «Endurance, Shac-kleton's Incredible Voyage», (Milano, Corbaccio, 1999, ill. b/n,pp.304).

ROMANZO POSTUMO DEL SALENTINO BRUNO LUCREZI: PRENDE SPUNTO DAI VANGELI

La dannazione di Giudaresta sempre tra di noi

di VITTORIO GENNARINI

Lo scrittore puglieseBruno Lucrezi, na-to a Campi Salen-tina in provincia di

Lecce nel 1917 e scomparso aNapoli nel 1979, è certamen-

te una delle co-scienze critichepiù risentite eoriginali delloscorso secolo: dilui, allievo di Giu-seppe Toffanin,insignito d’unpremio Marzottoopera prima e

d’un premio Napoli, è uscitopostumo quest’anno un ro-manzo cristologico e insiemeun pamphlet filosofico e so-ciale dal titolo La dannazio-ne di Giuda (Napoli, Rogiosied, pp.423, euro 18,00).

La narrazione prende lospunto dai Vangeli sinotticiper narrare, con punte d’in -tenso lirismo, la vita di quei

« p ove r ’uomini» dei dodiciapostoli al seguito del Cri-sto: undici in verità poichétanti ne furono scelti da Ge-sù mentre l’ultimo, Giuda,colui che poi lo tradì con-segnandolo ai carnefici, s’of -frì volontariamente di se-g u i rl o.

Innanzitutto, va detto cheLucrezi ha chiarito un pen-siero fondamentale del cri-stianesimo delle origini oggicompletamente dimenticatonon soltanto da quanti sipiccano d’essere cristianima anche da tutta la societàeuropea e occidentale: e cioèche essere credenti non si-gnifica soltanto frequentarei sacramenti e recarsi a mes-sa la domenica e le feste co-mandate, e neppure farel’elemosina quando capiti aimendicanti, ma proprio, perquanto possa spiacere al per-benismo borghese, avere ache fare con ladri e prosti-tute, direbbe Pasolini, storpi

e mentecatti poiché è a que-ste persone che è più vicinoil Signore.

Una lezione di vita chetornerà sgradevole a moltima senza la quale, suggeri-sce fra le righe lo scrittore,parlare di fede cristiana èproprio assurdo e pretestuo-s o.

Il titolo,e la traccia di svi-luppo del voluminoso ro-manzo richiamano alla me-moria una sentenza famosadi Dino Buzzati: «In cuorsuo Dio onnipotente vorreb-be che certe cose non ac-cadessero, ma impedirlo nonpuò perché è stato da luistesso deciso».

In realtà, il Cristo sapevabene che Giuda sarebbe sta-to il responsabile della suamorte e della sua fine manon poteva neppure lui im-pedirlo poiché a questo in-grato compito egli era statopredestinato nonostanteamasse il Signore come e

forse di più degli altri apo-stoli.

Questa era «la dannazionedi Giuda», che lo porteràpoi,per i sensi di colpa, alsuicidio: ma Lucrezi appro-fondisce in maniera esem-plare e con un’acutissima in-dagine psicologica la perso-nalità di questo seguace diGesù e, così facendo, nonsoltanto connota d’un signi-ficato cristologico e teologicoquesto suo capolavoro nar-rativo, ma, insieme, riesce atrovare la misura e le parolegiuste per ricavare dal rac-conto evangelico un messag-gio originale per gli uominidel nostro tempo.

Al centro della riflessioneè la passione d’amore, perGesù o per qualsiasi altroessere umano, poco importa:mentre i restanti undici apo-stoli la vivono con uno spon-taneo e semplice candore,colui che è predestinato atradirlo e a venderlo agli op-

GIUDA E GLIA P O S TO L IL’Ultima Cena(Cenacolo)di Leonardoda Vinci(1494-1498)

.

Fu la grande traversata delcontinente antartico da

Ovest a Est. La «resistenza»di 28 uomini e 68 cani

LA FINE DI SADDAM In alto, Canfora È anche un lavorocristologico

e un pamphletfilosofico e sociale

C U LT U R A &S P E T TAC O L I

IL PASSATO È ADESSOTanti esempi: i pugnalatori

di Saddam rievocano il vilipendiodi imperatori e papi

Guerra e (poca) pacein onda sul pianerottoloLe storie da condominio raccontate da Luciano Ragno

di NICOLA SIMONETTI

Storie di comune condominio ovverohomo condomini lupus, quello che,come i genitori, non puoi sceglierti.In Inghilterra, invece puoi. Un’agen -

zia immobiliare ne prospetta la possibilitàper la somma (stabilita in base al risultato diun sondaggio) di 15 mila sterline (18.000 euro)da aggiungere al costo dell’appartamento. ADetroit, invece, accade che è l’«altro», un ex,che sceglie, pagando quota aggiunta, l’ap -partamento di fronte e, per 7.000 dollari, piaz-za nella quota del proprio giardino, una granmano bronzea (12 piedi di altezza) con il ditomedio rivolto verso la camera da letto della«lei».

Guerra & pace (e un giallo) sul pianerottolo,un libro (pag. 192 – Palombi ed. euro 15) in cuiLuciano Ragno, già caporedattore de «Il Mes-saggero» si trasforma in inviato speciale sulpianerottolo e narra quel che in condominiosi «puote» od è «off limits», le liti, le con-testazioni, i tragitti legali (250.000 nel 2013,lunghi fino a 20 anni obiettivo Cassazione.

Liti fra condomini che non sempre usanotermini e modi di Proust che fa giungere laprotesta in termini gentili e rispettosi. I fan-tasmi? Questi, alle volte, sono un lenzuolo che

copre l’amante della condomina. Ma ci sonoanche allusioni, ammiccamenti, delazioni diquanto avviene sotto alcune lenzuola. E de-siderio esplicitato in un post sgrammaticatoappiccicato alla porta «ti portassi a letto»,post che si spostano dalla bacheca al lam-pione di fronte per vendicare l’invito a gio-vani alla moderazione durante le effusioni.

Animali spesso motivo del contendere. Dalgatto, al cane, al maiale in salotto, agli esoticiche qualcuno lascia andare per le scale, alpappagallo cui il padrone ha insegnato laparola («cornuto!» o anche peggio) che ferisceil compianerottolo frontaiolo. E c’è il gattosfrattato ed affranto che «cerca adozione».

Ma c’è anche cronaca nera, dalle minacce,alle baruffe, alle lesioni ai delitti. Fino algrido: «Ai millesimi ci tengo più della vita» el’autore muore veramente coinvolgendo altrituttiper scoppio provocato di bombole dig as.

E gli Ermellini chiamano in causa il la-tinorum vim vi repellere licet (lecito respin-gere la forza con la forza) per assolvere uncondomino che trancia lucchetti e catene po-sti da chi voleva proteggere, indebitamente ilproprio posto auto. Una stampella legaleall’inquilino divenuto lupus contro il con-domino l u p i s s i m u s.