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Rassegna stampa Novara Jazz 2009
riviste di settore p. 3
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stampa locale p. 14
web p. 51
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Musica Jazz - maggio 2009
Musica Jazz - maggio 2009
rassegna stampa Novara Jazz 2009
NOVARA
Buona la strategia della rassegna piemontese: gruppi più o meno famosi ma di notevole interesse
Il Rova, o della (neo)classicità: il quartetto di sassofoni californiano inau-gurava il 28 maggio Novarajazz 2009 con il consueto connubio tra rigore formale ed espressività di matrice jaz-zistica. Esemplificativa di tale attitudine era, sin dal titolo, Point To Line To Plane To Sound, che costituiva non solo un omaggio al maestro per eccellenza del-l’astrazione pittorica ma anche un idea-le preludio alla performance realizzata l’indomani con l’artista visivo Massimo Bartolini. La precisione degli intrecci contrappuntistici, la cura dei dettagli timbrici e la complessità dei poliritmi restavano spesso imbrigliate da una meccanicità un po’ asfittica, rinvigorita nei brani in cui entravano in gioco rico-noscibili elementi idiomatici, come nella sommessa dedica a Steve Lacy, nella reinvenzione di spunti caraibici (Juke Box Mambo, di Raskin) o nelle melodie ebraiche stravolte da Zorn e riarrangiate da Ochs in Lakom.
Al non banale incontro tra world music e minimalismo di Trilok Gurtu e Fabrizio Ottaviucci seguiva la lettura «fi-lologica», fin troppo controllata, di brani degli anni Venti e Trenta – da Minnie The Moocher a West End Blues – proposta dai Chicago Stompers, che non disde-gnavano ironiche incursioni nella musi-ca italiana del periodo.
La Bik Bent dell’olandese Michiel Braam sfruttava appieno una ricca ta-volozza (comprendente anche il fagotto e il basso tuba) negli ampi spazi aperti all’improvvisazione dai concisi elementi motivici predisposti dal leader. I compo-nenti dell’ensemble coordinavano a tur-no, con un efficace codice gestuale, gli sviluppi di un’equilibrata sintesi tra free jazz, avanguardia accademica, stilemi blues e ritmi latin.
Dopo i climi rarefatti evocati da Chri-stian Wallumrød e il composito omaggio a Jacques Brel di Umberto Petrin (con il quartetto d’archi Brera Consort), tocca-va al versatile pianismo di Luis Perdomo e soprattutto all’istrionico Han Bennink
Cose rare e strane in un vero festivaldi Ermes Rosina
Michael Vatcher, lo scatenato batterista della olandese Bik Bent Braam (la big band del pianista Michiel Braam). Sullo sfondo i legni: Jan Willem van der Ham al fagotto, Bart van der Putten e Frank Gratkowski ai clarinetti, e Peter van Bergen al clarinetto basso.
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riprendere il filone più viscerale della tradizione. Con il Tempest Trio il batterista esprimeva al meglio la propria verve scenica, fornendo un sostegno impeccabile alle ance di Daniele D’Agaro e all’hammond di Bruno Marini. Le allusioni a pionieri del rhythm’n’blues quali Louis Jordan, Wild Bill Davis, agli honkers degli anni Cin-quanta e ai maestri del bop come Lucky Thompson e Dodo Marmarosa erano filtrate da disinvolti inserimenti free che mettevano in risalto la capacità affabulatoria dei singoli, talvolta a spese della coesione generale.
Con un concerto all’insegna della spettacolarità più estroversa, il chicagoa-no Hypnotic Brass Ensemble, formato in larga parte dalla numerosa prole di Phil Cohran (già collaboratore di Sun Ra), coinvolgeva il pubblico enfatizzando l’impatto gestuale e ritmico di strutture iterative attinte dall’hip hop e dal funk.
Il 7 giugno nel giardino di villa Picchetta (nel parco del Ticino), Bennink era pro-tagonista del concerto di chiusura, accompagnando il sax soprano di Roberto Otta-viano con ogni supporto disponibile, compresi un muro e il tronco di un albero. Il mu-sicista pugliese abbinava l’ottima padronanza dei suoni multifonici e frullati all’abile controllo della respirazione circolare e degli armonici, orientandoli alla costruzione di architetture ariose, poggianti sulle solide fondamenta di Ellington e Monk ma aperte a una ricerca timbrica senza confini, debitrice tanto al Medio Oriente quanto a Steve Lacy ed Evan Parker.
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