Problematiche strutturali e aspetti normativi - Prof. Borri

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Cambiamenti climatici e stabilità degli edifici Consolidamento dei terreni, normativa tecnica e casi di successo

Firenze, 20 ottobre 2011 Hotel Londra - Via Jacopo de Diacceto 16/20

Problematiche strutturali e aspetti normativi

Prof. Ing. Antonio BorriOrdinario di Scienza delle Costruzioni nella Università degli Studi di Perugia

Presidente Centro Studi Sisto Mastrodicasa Direttore del Master in «Restauro e Consolidamento del costruito storico e monumentale»

Docente di «Diagnosi e Terapia dei dissesti strutturali»V. Presidente AICO – Ass. Italiana Compositi per le Costruzioni

Consigliere e Delegato regionale ASS.I.R.C.CO.

Email:borri@unipg.it

CENTRO STUDI “SISTO MASTRODICASA”per il consolidamento ed il restauro del patrimonio

strutturale, edilizio e monumentale

Ing. Sisto Mastrodicasa

Tra i vari incarichi:condizioni statiche

della cupola del Brunelleschi e del Ponte Vecchio a

Firenze

PERCORSO METODOLOGICO(da Sisto Mastrodicasa)

processo diagnostico

diagnosi

(terapia)

1) anamnesi2) esame obiettivo3) indagini strumentali

“Nessun effetto è in natura senza cagione: intendi la

ragione e non ti bisognerà l’esperienza”

(L. Da Vinci, Pensieri)

MANUALE DELLE MURATURE STORICHEDirezione scientifica: Antonio Borri

Ed. DEI – Tipografia del Genio Civile - Roma

• analisi della qualità muraria• definizione del comportamento meccanico del materiale• modellazione del comportamento strutturale della costruzione• scelta delle tecniche di intervento

MMS - MANUALE DELLE MURATURE STORICHEAnalisi e conoscenza del costruito storico in muratura

Ed. DEI, Roma - Collana Centro Studi MASTRODICASA

Direttore Scientifico: Antonio Borri

a cura di Chiara Donà, con la collaborazione di Alessandro De Maria

Autori: Angela Baila, Luigia Binda, Antonio Borri, Giulio Castori, Giovanni Cangi, Marco Corradi, Alessandro De Maria, Emanuele Del Monte, Chiara Donà, Luciano Galano, Andrea Giannantoni, Barbara Ortolani, Andrea Pagliazzi, Antonella Saisi, Dino Sperandio, Cristina Tedeschi, Andrea Vignoli

Prefazione di Luciano Marchetti

Comportamento murature storiche = comportamento murature moderne

Comportamento murature = comportamento costruzioni in c.a. o acciaio

1) NRT

2) Vincoli monolateri

Motivi:

Il “materiale” muratura è un prodotto artigianale il cui comportamento meccanico dipende da vari fattori (materiali impiegati, tipo di tessitura, sapienza costruttiva, etc etc).

2) Vincoli monolateri: trasmettono la compressione ma non la trazione

A1 A2

Sollecitazione sismica

h

A2b2

A1b1

cP2cP1

P1 P2

“Assemblaggio di elementi posti uno sull’altro,….il tutto è tenuto insieme dalla sola forza peso ….”

“Nessuno ha mai pensato di incollare un elemento all’altro e quella sabbia mescolata con poca calcina disposta tra un elemento e l’altro aveva il solo scopo di regolarizzare la superficie di appoggio …”

Distinzione tra “costruzione” e “struttura resistente” per gli edifici in muratura

Meccanismi locali e non comportamento globale

(almeno per gli edifici storici “non manomessi”)

1) NRT 2) Vincoli monolateri

In una costruzione in muratura una azione localizzata produce effetti localizzati

struttura resistente = f (azione)

In una costruzione realizzata con materiali “moderni” una forza applicata in un punto produce effetti in tutta la struttura.

struttura resistente = tutta, sempre

Conseguenze di:

IMPORTANZA DELLAQUALITÀ MURARIA

tipologie murariee comportamento meccanico

Modello di muratura isodoma

DIATONIDIATONI

ORTOSTATIORTOSTATI

GIUNTI GIUNTI SFALSATISFALSATI

FILARI FILARI ORIZZONTALIORIZZONTALI

B

h

P q

h

P

B

q qP

h

B

BLOCCO MONOLITICO OPUS QUADRATUM SOLO ORTOSTATI

F = 0,25 P F = 0,245 P F = 0,125 P

QUALITA’ MURARIA: dipende delle azioni

Occorre distinguere per tipologia di carico:

1) Azioni verticali

2) Azioni orizzontali ortogonali al piano

3) Azioni orizzontali nel piano della muratura

Tipologie murarie che possono essere considerate buone o accettabili per un tipo di azioni possono non esserlo per un tipo di carico diverso

B C C A B A A A C

V

FP

NP

Esempi:

influenza della tessitura

12 t/m23-5 t/m2

comportamento per azioni ortogonali al piano

A

h

bA

cPP

Sollecitazione sismica

A1 A2

Sollecitazione sismica

h

A2b2

A1b1

cP2cP1

P1 P2

Influenza della qualità muraria: singolo o doppio paramento

INGRANAMENTO

Importanza della presenza di elementi di connessione tra i paramenti ai fini del comportamento sotto azioni ortogonali al piano

In murature a blocchi squadrati disposti correttamente, o in murature a due paramenti ben collegati da diatoni lo scorrimento è impedito comportamento monolitico

Influenza della qualità muraria sui meccanismi ad arco

Diverso comportamento sismico delle pareti esposte in relazione al sistema di connessione.

Influenza delle connessioni

(disegni: Ing. G. Cangi)

CollegamentiCaso di Studio: la qualità muraria

Meccanismi resistenti e presidi antisismici

In una muratura con coesione e attrito (ortostati ben ingranati e sovrapposti) => effetto catena

(numerosi esempi di “muratura armata” premoderna)

Quando si conoscono i limiti derivanti dalla scadente qualità muraria:

“muratura animata”

Cit. Vitruvio (Capo V Libro I): “travicelli di ulivo brustolito …

(disegno:G. Cangi)

Caso di Studio: la qualità muraria

Vita nominale?

(disegno:G. Cangi)

Cantonali non ammorsati

Facoltà di IngegneriaCorso di Laurea in Ingegneria Civile

Tensioni elementari e piani di rottura

Corso di: “ Diagnosi e Terapia dei Dissesti ”

“Tensioni elementari e piani di rottura”

02

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

Le lesioni sono manifestazioni esteriori dei dissesti strutturali

“Tensioni elementari e piani di rottura”

03

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

Lo Studio dei Dissesti va fatto mediante un approccio metodologico che fornisca la capacità di risalire dalle lesioni alle cause che le hanno prodotte.Quando su una costruzione si esplica un’azione non prevista in fase di progetto, o la struttura è mal dimensionata, ha origine uno sconvolgimento del sistema (o di una sua parte).

Il dissesto così prodotto può generare un quadro fessurativo.

CAUSE PERTURBATRICI

DISSESTO STRUTTURALE

LESIONE

“Tensioni elementari e piani di rottura”

04

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

LESIONE

DISSESTO STRUTTURALE

CAUSE PERTURBATRICI

PROPOSTA DI INTERVENTO

Colui che analizza il problema, partendo dalle manifestazioni mostrate dalla struttura, utilizzerà un approccio metodologico in modo tale da ricavare gli sconvolgimenti originari.

“Tensioni elementari e piani di rottura”

05

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

Quadro fessurativo, cioè l'insieme di fessure visibili ed invisibili su un'opera o un elemento strutturale esistente, derivante da uno stato di dissesto o di degrado.

LESIONE

“Tensioni elementari e piani di rottura”

06

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

Condizione statica per mezzo della quale un insieme di forze genera una ridistribuzione del regime tensionale interno di uno o più elementi facenti parte una struttura con conseguente alterazione del regime di equilibrio preesistente.

Dato un quadro fessurativo, è possibile ricavare il dissesto che lo ha generato tramite la Scienza delle Costruzioni.

DISSESTO STRUTTURALE

“Tensioni elementari e piani di rottura”

07

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

Fattori esterni che possono concorrere al dissesto come ad esempio:

- compressibilità del terreno fondale;

- fluidificazione del sottosuolo causa infiltrazioni;

- lavori di sterro nelle vicinanze;

- schiacciamento delle regioni murarie basali;

- depressioni di archi o di travate;

- sopraelevazione di edifici con conseguente aumento di carichi;

-errori progettuali.

CAUSE PERTURBATRICI

COMPRESSIBILITA’ TERRENO FONDALE

“Tensioni elementari e piani di rottura”

08

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

La messa in sicurezza della struttura ha lo scopo non solo di ripristinare la lesione, ma in primo luogo quello di eliminare le cause perturbatrici (laddove ne esista la possibilità o sussista un rapporto ragionevole tra costi e benefici), oppure di contrastarne gli effetti, al fine di garantire la conservazione del manufatto.

PROPOSTA DI INTERVENTO

“Tensioni elementari e piani di rottura”

09

Diagnosi e terapia dei dissesti

Approccio alla semeiotica delle lesioni

LESIONEDISSESTO STRUTTURALE

Da quanto detto risulta evidente che la lesione rappresenta la conseguenza diretta di un dissesto strutturale:

È possibile definire il dissesto mediante una attenta analisi della lesione utilizzando elementi teorici di base.

Si introduce così:

STUDIO DELLA ROTTURA DEI PRISMI ELEMENTARI

“Tensioni elementari e piani di rottura”

15

Diagnosi e terapia dei dissesti

Rottura dei prismi elementari

Trazione in tre direzioni:

Effettuiamo ora l’analisi delle superfici di frattura.

Qualunque sia il segno delle tensioni, si farà riferimento a tre casi fondamentali.

z

y

x

000000

zyx ,

zyx

zyx

“Tensioni elementari e piani di rottura”

31

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Condotte le analisi preliminari sul prisma elementare passiamo allo studio dei solidi piani, cercando di trovare delle analogie di supporto all’analisi tra la formazione dei piani di frattura nel cubetto elementare e l’apertura di un ciglio fessurativo nel solido piano.

Utilizziamo dunque la teoria di base per individuare quello specifico dissesto che comporta l’apertura di una data fessura nella parete.

INDIVIDUAZIONE DEL DISSESTO

STRUTTURALE

“Tensioni elementari e piani di rottura”

35

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Tensioni responsabili della frattura:

Se nel punto P le tensioni principali raggiungeranno un valore tale da indurre una deformazione principale massima inammissibile per il materiale, ivi si genererà una rottura.

La formazione del piano di frattura, orientato ortogonalmente alla deformazione principale massima, darà origine alla formazione di due cigli fessurativi che si allontaneranno rispettivamente lungo la direzione principale.

P.

“Tensioni elementari e piani di rottura”

36

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Tensioni responsabili della frattura:

Ogni frattura è caratterizzata dall’avere due cigli fessurativi (il cui distacco ha dato origine all’apertura della lesione) che nel caso della muratura sono caratterizzati da un andamento frastagliato.

In presenza di fratture di questo tipo risulta possibile definire i punti corrispondenti di frattura, coincidenti prima dell’avvento della fessurazione.

“Tensioni elementari e piani di rottura”

37

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Tensioni responsabili della frattura:

Una volta riconosciuti i punti corrispondenti sui cigli fessurativi potremo supporre, almeno per le fasi iniziali di fessurazione, che la retta che congiunge tali punti rappresenti la linea d’azione della tensione ideale massima responsabile della rottura.

Questo perché il primo movimento relativo tra le due parti di muratura divisesi, rintracciato dalla congiungente dei due punti corrispondenti A e A’, è avvenuto in direzione della deformazione principale massima.

i

i

“Tensioni elementari e piani di rottura”

38

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Tensioni responsabili della frattura:

La natura del processo di fessurazione ci consente dunque di risalire dalla lesione al dissesto.

Risulta possibile ricavare l’orientamento secondo le direzioni principali del cubetto elementare centrato in A0, punto di coincidenza di A ed A’ prima dell’evento della rottura.

Tornando a considerare la struttura ancora integra, prima della fessurazione i due punti corrispondenti A ed A’ coincidevano nel punto A0.

“Tensioni elementari e piani di rottura”

44

Diagnosi e terapia dei dissesti

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

Frattura nei solidi piani

Le linee isostatiche rappresentano l’inviluppo della giacitura delle tensioni principali:

- Isostatiche di massimo

- Isostatiche di minimo

Inviluppo delle 1

Inviluppo delle 2

Le linee isodinamiche sono curve a tensione ideale costante:

- Isodinamiche di massimo

- Isodinamiche di minimo

Curva ai1 costante

Curva ai2 costante

“Tensioni elementari e piani di rottura”

45

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Se all’interno dell’ isodinamica di massimo corrispondente al valore più elevato, in un certo punto P(x,y) la tensione i1 supera la resistenza del materiale, si genererà una frattura elementare f.Tale frattura si sviluppa ortogonalmente alle i1 agenti su P che chiamiamo punto di originaria rottura.

ISODINAMICHE DI MASSIMO

ISOSTATICHE DI MASSIMO

ISOSTATICHE DI MINIMO

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Tensioni elementari e piani di rottura”

46

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Consideriamo ora una isostatica di massimo; lungo di essa ci sarà un punto dove si massimizza il valore della tensione i1 .

In quel punto, all’aumentare delle tensioni, avrà origine la frattura elementare.

Estendendo tale ragionamento ad ogni isostatica potremo allora disegnare la direttrice fessurativa come inviluppo di questi punti.

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Tensioni elementari e piani di rottura”

47

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

La lesione si manifesta inizialmente con la formazione di una apertura nel punto di originaria rottura detto “ventre della frattura”.

Il progredire della lesione seguirà poi quei punti dove la tensione ideale massima supera i limiti di rottura del materiale.

La lesione può dunque evolvere in diversi modi, classificabili secondo tre diverse tipologie.

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Tensioni elementari e piani di rottura”

48

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Fessura a ramo unico, lungo l’isostatica di minimo.

• CASO 1

È questo il caso in cui i punti appartenenti alla isostatica di minimo dove si è verificata l’originaria rottura erano soggetti alle massime tensioni i1.

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Tensioni elementari e piani di rottura”

49

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Fessura a rami multipli.

• CASO 2

Le massime tensioni i1 si verificano su varie isostatiche di minimo e fratture elementari si propagano simultaneamente.

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Tensioni elementari e piani di rottura”

50

Diagnosi e terapia dei dissesti

Frattura nei solidi piani

Fessura a a ramo unico, al di fuori della isostatica di minimo.

• CASO 3

Anche in questo caso le massime tensioni i1 si verificano su varie isostatiche di minimo ma la frattura si sviluppa in modo progressivo.

È questo l’unico caso in cui non si ha ortogonalità tra i1 e tangente alla linea media della frattura.

Isostatiche, isodinamiche e direttrice fessurativa:

“Deformazione dei Quadri isostatici”

04

Diagnosi e terapia dei dissesti

Sovrapposizione degli stati di tensione

La distinzione di tali stati di tensione permette la più facile comprensione dell’origine del dissesto.

È infatti possibile ricavare lo stato di tensione perturbatore per differenza tra le tensioni risultanti e quelle originarie:

TENSIONI RISULTANTI+ TENSIONI

PERTURBATRICITENSIONI

ORIGINARIE =

“Cinematismi”

02

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

Sono state fin ora trattati gli stati di tensione destati dai dissesti statici; andiamo ora a considerare i cinematismi subiti dalle porzioni di solidi distaccatesi dal manufatto per la comparsa di uno stato fessurativo.

08

Diagnosi e terapia dei dissesti

Riallacciamoci ora al processo di fessurazione per stabilire delle correlazioni con lo sviluppo del moto nel solido fragile.

L’indeterminazione che si ricava dall’esame del solo problema cinematico si supera considerando forze operanti e caratteristiche strutturali.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione della rottura:

Per considerare il moto di una parte del manufatto rispetto a quella in sede, distaccatasi per il sopravvenire di una lesione, risulta necessario compiere un’analisi preliminare sulla modalità di formazione della lesione stessa.

09

Diagnosi e terapia dei dissesti

Nei solidi fragili gli accrescimenti delle ampiezze e delle lunghezze fessurative, non subiscono incrementi simultanei.

I rami si sviluppano lungo le linee di minor resistenza precostituite dalla direttrice fessurativa.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione della rottura:

In assenza di adattamenti plastici infatti, le fratture iniziali si stabiliscono in forme capillari notevolmente sviluppate.

10

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

A questo primo processo di fessurazione quasi istantaneo seguirà poi quello di apertura della lesione.

L’incremento di ampiezza sarà dunque progressivo e dipenderà dal cinematismo.

In fase iniziale, cioè di primo distacco, la direzione di propagazione dell’ampiezza della lesione è definibile mediante una diagnosi del dissesto.

Progressione della rottura:

18

Diagnosi e terapia dei dissesti

La forma geometrica della direttrice fessurativa non è casuale e dipende principalmente dallo stato di tensione che promuove la lesione.

L’andamento della direttrice fessurativa offre un elemento di determinazione del moto iniziale.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Forma geometrica della direttrice fessurativa:

Approfondendo l’analisi suddivideremo il cinematismo iniziale nelle fasi fessurative che lo generano:

- fase capillare;

- fase rotatoria;

- fase di completo distacco.

19

Diagnosi e terapia dei dissesti

FASE CAPILLARE

Precede il fenomeno di contrazione elastica di rottura.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Forma geometrica della direttrice fessurativa:

La fessurazione si manifesta con ampiezza piccolissima e mostra quelle che possono essere contraddistinte come due ulteriori fasi:

- fase capillare iniziale;

- fase capillare progredita.

FASE CAPILLARE INIZIALE

FASE CAPILLARE INIZIALE

FASE CAPILLARE PROGREDITA

Se nella prima non è possibile l’accertamento diretto dei punti corrispondenti dei cigli, ma solo delle forme fessurative, nella fase progredita è possibile fruire di entrambi gli elementi di analisi.

20

Diagnosi e terapia dei dissesti

FASE ROTATORIA

La fase di fessurazione capillare non è sufficiente, in genere, a “svincolare” completamente il tronco in fase di cedimento da quello che rimane sul posto.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Forma geometrica della direttrice fessurativa:

In questa fase, a svincolo avvenuto, il tronco in sede di cedimento subisce dunque una rotazione rigida mediante la quale i due cigli fessurativi si allontanano.

Il problema cinematico consisterà nel definire il centro di rotazione attorno a cui avviene il moto.

Il distacco completo è infatti ostacolato dalla forma della superficie di frattura, che si presenta, nella quasi totalità dei casi sperimentali, tanto frastagliata da generare un vincolo.

21

Diagnosi e terapia dei dissesti

FASE DI COMPLETO DISTACCO

Il tronco in fase di cedimento è ora completamente svincolato dal resto del manufatto e può seguire il moto imposto dalle condizioni al contorno senza subire altre interferenze.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Forma geometrica della direttrice fessurativa:

In questa fase non è possibile ricostruire il quadro isostatico originario lungo la direttrice fessurativa, come pure identificare i centri istantanei del moto cui riferire gli atti di moto rotazionali.

Tuttavia si disporrà del moto globale subito dalla parte distaccatasi, che dipenderà dalle forze operanti e dai vincoli strutturali.

22

Diagnosi e terapia dei dissesti

Tale tipologia di cinematismi rientra nei moti relativi.

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Natura dei moti:

Esiste però anche una seconda tipologia di cinematismi, quella dei moti assoluti.

Tutti i cinematismi presi fin ora in considerazione sono conseguenza di dissesti interni delle strutture fatiscenti o di cedimenti difformi del suolo.

23

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Natura dei moti:

Trovano sede nel terreno di fondazione e possono avere le seguenti componenti:

- traslazione verticale;

- traslazione orizzontale;

- rotazione intorno ad un asse orizzontale giacente nel piano della base fondale.

I moti assoluti lasciano invariata la forma dell’intero sistema, realizzando il moto rigido dell’insieme.

MOTI ASSOLUTI

24

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Natura dei moti:

I moti relativi inducono alterazioni nella forma del complesso facendo variare le mutue distanze ed il mutuo orientamento tra le particelle facenti parte del manufatto.

MOTI RELATIVI

Può essere fatta una ulteriore suddivisione dei moti relativi:

- moti relativi rigidi;

- moti relativi deformanti.

25

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Natura dei moti:

Nei moti relativi rigidi, la parte in moto rimane a sua volta rigida, conservando in modo inalterato distanze ed orientamenti fra le varie particelle di cui è costituita.

MOTI RELATIVI RIGIDI

Lo sviluppo di un siffatto cinematismo trova particolare diffusione nelle murature di buona fattura a comportamento monolitico, le quali, divise in più parti per la sopravvenuta fessurazione, non mostrano gli sviluppi di successive disgregazioni.

26

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Natura dei moti:

Nei moti relativi “deformanti”, la parte in moto subisce una propria deformazione, dando luogo ad una ulteriore disgregazione del materiale.

MOTI RELATIVI “DEFORMANTI”

In questo caso vengono meno le indicazioni fin ora fondamentali per l’individuazione del moto.

Per risalire al cinematismo di moto manifestatosi sarà necessario avanzare varie ipotesi sul dissesto che lo ha causato, essendo venuti a mancare gli strumenti per poter risolvere il problema cinematico.

29

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione fessurativa e deformativa:

È caratterizzata da manifestazioni sempre più attenuate nel tempo, che tendono ad estinguersi per lo stabilirsi di una situazione di equilibrio definitivo.

PROGRESSIONE RITARDATA

30

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione fessurativa e deformativa:

È caratterizzata dall’accentuarsi, nel tempo, delle manifestazioni di fatiscenza che inducono il solido verso stati di equilibrio sempre più precari e, talvolta irrealizzabili.

PROGRESSIONE ACCELERATA

31

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione fessurativa e deformativa:

È caratterizzata dall’uniforme sviluppo, nel tempo, delle manifestazioni di fatiscenza che poi troveranno soluzione o in moti di progressione ritardata, o in moti di progressione accelerata.

PROGRESSIONE COSTANTE

33

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione fessurativa e deformativa:

Può essere fatta mediante:

-Metodi topografici quali livellazione geometrica o trigonometrica, rilievo 3D, misura di spostamenti orizzontali;

-Fessurimetri a piastra;

-Trasduttori di spostamento LVDT;

RILEVAMENTO DEI MOVIMENTI

34

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

“Cinematismi”

Progressione fessurativa e deformativa:

Può essere fatta mediante:

- Estensimetri resistivi.

- Deformometri millesimali meccanici.

RILEVAMENTO DELLE DEFORMAZIONI

“Cinematismi”

37

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

Progressione fessurativa e deformativa:

Per potersi accorgere di eventuali progressioni dei rami si appone un segno a matita in direzione normale allo sviluppo della lesione completato con l’inserimento della data.

In questo modo con sopralluoghi successivi sarà possibile valutare eventuali incrementi dell’estensione della lesione.

La propagazione dei rami viene effettuata tramite segnali di cuspide.

PROPAGAZIONE DEI RAMI

DATA

“Cinematismi”

41

Diagnosi e terapia dei dissesti

Determinazione del problema cinematico

Progressione fessurativa e deformativa:

Es: RILEVAMENTO DELL’ANDAMENTODELLE DEFORMAZIONI

Approccio al monitoraggio (3):

• Installazione del sistema di monitoraggio opportuno (deformometro)

• Pianificazione della durata e della periodicità

“Cedimento delle fondazioni”

02

Diagnosi e terapia dei dissesti

Introduzione al problema dei cedimenti

I cedimenti sono spostamenti del terreno che possono essere uniformi o meno (differenziali), e che inevitabilmente alterano l’equilibrio della struttura ivi fondata.

Le cause dei cedimenti possono essere molteplici, ma sono sempre riconducibili ad una variazione dello stato tensionale efficace del terreno.

Il nostro obiettivo consiste nel valutare gli effetti dei cedimenti sulle strutture.

Ne consegue che il terreno perde le sue qualità portanti, cioè, a parità di sforzi trasmessi dall’edificio, assume deformazioni eccessive e comunque non di progetto.

“Cedimento delle fondazioni”

03

Diagnosi e terapia dei dissesti

Introduzione al problema dei cedimenti

I cedimenti possono essere classificati in due gruppi:

- Cedimenti uniformi: sono cedimenti che interessano tutta l’area di impronta delle fondazioni su cui poggia la struttura ed hanno valore uniforme.

Il moto interessa la struttura nel suo complesso, è un moto rigido che non muta la forma e, a spostamento avvenuto, lascia inalterate le distanze e l’orientamento delle particelle tra di loro;

“Cedimento delle fondazioni”

04

Diagnosi e terapia dei dissesti

Introduzione al problema dei cedimenti

I cedimenti possono essere classificati in due gruppi:

- Cedimenti differenziali: spostamenti di una porzione di terreno che non interessa l’area totale d’impronta della struttura.

il moto interessa solo parte della struttura, con conseguenti alterazioni della sua forma.

“Cedimento delle fondazioni”

06

Diagnosi e terapia dei dissesti

Trascinamento

Cedimenti differenziali del terreno di fondazione possono dar luogo al fenomeno del trascinamento, inteso come l’azione che la porzione di struttura non più contrastata dal terreno esercita sul resto della struttura.

L’azione di trascinamento genera un processo di ridistribuzione delle tensioni che procede finché non si ritrova un nuovo stato di equilibrio.

Insieme alle condizioni di equilibrio, mutano di pari passo le forze di trascinamento.

FORZA DI TRASCINAMENTO

“Cedimento delle fondazioni”

11

Diagnosi e terapia dei dissesti

Trascinamento

Valutiamo ora il solido murario nella sua interezza, comprendente di tronco in posto e tronco in sede di cedimento.

In ogni istante l’equilibrio è realizzato dall’uguaglianza tra peso complessivo e reazione effettiva su tutta la base del solido.

P PIPII

TRONCO IN POSTO TRONCO IN SEDE DI CEDIMENTO

ReII

RtII

R0II

ReI

RtI

R0I

Le reazioni alla base del tronco in posto si ricavano analogamente a quanto visto per il tronco in sede di cedimento, considerando però, in questo caso, di estendere gli integrali all’area di base sottesa dal tronco in posto.

“Cedimento delle fondazioni”

19

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

Noto l’incremento tensionale ad opera della variazione della reazione del terreno, si possono definire i vari possibili cedimenti.

Con riferimento ad un muro continuo che si estende da un lato per una lunghezza indefinita, i cedimenti fondali differenziali possono essere classificati in:

-TERMINALI, nei quali la parte ceduta interessa l’estremità del solido murario.

- INTERMEDI, in cui la parte ceduta è compresa tra le due in posto ad essa contigue.

“Cedimento delle fondazioni”

25

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI INTERMEDI “CORTI”:

32

l h

In questo caso la crisi per taglio prevale rispetto a quella a flessione.

Il materiale fragile mostrerà lesioni con giacitura a 45°.

“Cedimento delle fondazioni”

26

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI INTERMEDI “MEDI”:

In questo caso la tensione tagliante ha lo stesso valore di quella normale.

Il materiale fragile mostrerà uno stato fessurativo intermedio tra quello dovuto a taglio e quello dovuto a flessione.

32

l h

“Cedimento delle fondazioni”

29

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI INTERMEDI “LUNGHI”:

In questo caso lesione può interessare la sezione di mezzeria nelle zone intradossali, sottoposte a trazione.

3l h

M A

32

l h

“Cedimento delle fondazioni”

30

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI TERMINALI:

A B

l

h

a

Passiamo ora all’analisi dei cedimenti terminali; supponendo incastrata la sezione al limite del cedimento si ricavano le rispettive tensioni massime agenti dallo schema di mensola incastrata:

MW

23

T

A ;

AT ql ahl

2 2

2 2Aql ahlM

A Bl

“Cedimento delle fondazioni”

32

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI TERMINALI “CORTI”:

In questo caso, la tensione prevalente nella sezione al limite del cedimento è quella tagliante.

Il materiale fragile ivi mostrerà lesioni con giacitura a 45°.

2hl

“Cedimento delle fondazioni”

33

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI TERMINALI “MEDI”:

In questo caso la tensione tagliante ha lo stesso valore di quella normale.

Il materiale fragile mostrerà uno stato fessurativo intermedio tra quello dovuto a taglio e quello dovuto a flessione.

2hl

“Cedimento delle fondazioni”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

CEDIMENTI TERMINALI “LUNGHI”:

In questo caso la tensione tagliante risulta minore rispetto a quella normale.

La fessurazione dovuta alla sollecitazione flettente, data la geometria del cedimento, precederà quella dovuta a sollecitazione di taglio.

2hl

“Cedimento delle fondazioni”

36

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione dei cedimenti

TRASLAZIONE

ORIZZONTALE

LONGITUDINALE

TRASVERSALETERMINALE

INTERMEDIA

OBLIQUATERMINALE

INTERMEDIA

VERTICALETERMINALE

INTERMEDIA

INCLINATA TERMINALE

ROTAZIONEPRINCIPALE

SECONDARIA

CONCOMITANTE

“Traslazione orizzontale”

04

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale longitudinale

Con riferimento alla forma ed alla disposizione del prisma come in figura, la traslazione orizzontale si verifica nel piano xz.

La tipologia di moto del terreno in esame, cioè la traslazione orizzontale longitudinale, avrà sviluppo lungo l’asse x.

A causa del contatto tra prisma e terreno, si svilupperà una tensione tangenziale che andrà a modificare lo stato tensionale interno del solido.

“Traslazione orizzontale”

09

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale longitudinale

In figura è riportata una schematizzazione piuttosto realistica dello sviluppo di un quadro fessurativo dovuto a traslazione orizzontale longitudinale.

“Traslazione orizzontale”

10

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale longitudinale

In figura è riportato lo sviluppo di un quadro fessurativo che fa pensare ad una traslazione orizzontale delle fondazioni della facciata principale.

Si noti l’incremento dell’ampiezza delle lesioni procedendo dall’alto verso il basso.

“Traslazione orizzontale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale longitudinale

Anche questa Basilica mostra i segni di un moto orizzontale che tende ad allontanare la parte terminale dal resto del corpo di fabbrica.

“Traslazione orizzontale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale longitudinale

Il fenomeno di traslazione orizzontale è il più delle volte dovuto alla contrazione subita da un ammasso terroso compreso tra due fenditure.

Ogni punto dell’ammasso è dunque richiamato verso il centro dello stesso, dando luogo alla traslazione.

“Traslazione orizzontale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione orizzontale trasversale

La traslazione orizzontale trasversale, normale alle fronti murarie, è dovuta a fenomeni alternativi di contrazione e di dilatazione del terreno.

Come già precisato nella tabella introduttiva, la traslazione trasversale può interessare la parte terminale del solido murario, come pure, in casi del tutto specifici, una fascia intermedia dello stesso.

In primo luogo ci proponiamo di analizzare le traslazioni trasversali terminali che costituiscono il caso più generale.TERMINALE INTERMEDIA

03

Diagnosi e terapia dei dissesti

Classificazione

T

VERTICALE

ASSOLUTA

RELATIVA

TERMINALE

CORTI

MEDI

LUNGHI

INTERMEDIA

CORTI

MEDI

LUNGHI

È possibile classificare il movimento di traslazione verticale:

“Traslazione verticale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale assoluta

Se un edificio è affetto da un moto assoluto di traslazione verticale di cui è esente l’edificio contiguo, nella superficie di contatto si stabilisce uno stato di tensione che da luogo a quadri fessurativi di cui è facile indicare le caratteristiche.

Lungo la sezione di contatto il taglio e la tensione di compressione verticale dovuta al peso proprio hanno un andamento come in figura.

Le superfici di frattura verticali, procedendo da O per y crescenti, si discostano dall’andamento verticale inclinandosi verso il cedimento, per poi riallinearsi con la verticale in sommità.

“Traslazione verticale”

tsy

05

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale assoluta

Di particolare rilievo risulta l’analisi delle ampiezze.

Le ampiezze e le estensioni fessurative, durante le fasi iniziali risultano tanto più importanti quanto più ci si avvicina alla base fondale.

“Traslazione verticale”

06

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale assoluta

Lo sviluppo del cedimento mostra un diverso assestamento delle ampiezze.

Nelle fasi successive le fessurazioni si moltiplicano fino a fondersi in un’unica linea più o meno sinuosa con andamento generale verticale che caratterizza la fase di completo distacco.

Questo fenomeno risulta frequente nel caso di costruzioni realizzate in adiacenza ad altre già esistenti poiché la sovrapposizione dei bulbi di pressione genera un aggravio tensionale a cui a volte il terreno non può far fronte.

“Traslazione verticale”

07

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale assoluta

Altri esempi di traslazione verticale assoluta:

Si nota una lesione da distacco tra corpi di fabbrica contigui, probabilmente costruiti in tempi diversi e senza adeguato ammorsamento. La lesione aumenta d’ampiezza dal basso verso l’alto, segno di una componente rotatoria del movimento.

“Traslazione verticale”

08

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale relativa

Come nel caso della traslazione orizzontale è possibile distinguere due differenti tipologie di traslazione verticale relativa.

Si definisce traslazione verticale terminale quel cedimento che interessa una estremità del manufatto; al contrario si definisce traslazione verticale intermedia il cedimento che interessa una parte di terreno limitata, contenuta all’interno dell’area di impronta del fabbricato.

“Traslazione verticale”

TRASLAZIONE INTERMEDIA TRASLAZIONE TERMINALE

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale relativa terminale

I precedenti risultati forniscono gli elementi necessari all’individuazione delle linee isostatiche.

Consideriamo quattro sezioni verticali significative: AE nel tronco a sbalzo, A’E’ al limite del cedimento, A’’E’’ di taglio nullo e momento massimo ed infine A’’’E’’’ nel tronco in posto.

“Traslazione verticale”

Per ogni sezione andiamo a considerare cinque punti a intervalli di quota pari ad h/4, e valutiamo lo stato di sollecitazione dei cubetti centrati in tali punti ed orientati come gli assi x e y.

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale relativa terminale

E’ possibile effettuare una classificazione delle linee isostatiche:

“Traslazione verticale”

- Tipo a: Caratteristica fessurativa del tronco di muro rimasto insensibile al cedimento.

- Tipo a: Investe il tronco in posto con conformazione a gola rovescia inclinata dalla parte del tronco in posto.

- Tipo b: Investe il tronco in sede di cedimento ed il breve tronco contiguo in posto, ha forma a gola rovescia simmetrica al tipo a.

- Tipo c: Investe il tronco soggetto a cedimento, ha forma semiparabolica che taglia normalmente la testata e si estende fino al ciglio inferiore.

a a b

c

TRONCO IN POSTOTRONCO IN SEDE

DI CEDIMENTO

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “LUNGO”:

In figura è riportato un esempio di cedimento verticale relativo terminale con sviluppo di uno stato fessurativo di tipo a.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “LUNGO”:

L’edificio in figura mostra un distaccamento dovuto ad un cedimento terminale.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

20

Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “MEDIO”:

In figura è riportato un esempio di cedimento verticale relativo terminale con sviluppo di uno stato fessurativo di tipo b.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “MEDIO”:

Questa struttura presenta lesioni inclinate verso la parte in sede di cedimento, tipiche del caso di traslazione verticale relativa terminale “media”.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “MEDIO”:

Questa chiesa manifesta lesioni dovute a un cedimento verticale che ha interessato solo la porzione terminale della stessa.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “MEDIO”:

Lesione dovuta ad un cedimento di traslazione relativa terminale media.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

Lo sviluppo della lesione si attesta come di consueto su regioni di minor resistenza del materiale, seguendo l’invito offerto dalle aperture.

26

Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “CORTO”:

Sono riportate di seguito immagini che mostrano lesioni tipiche del caso di traslazione verticale terminale “corta”.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

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Diagnosi e terapia dei dissesti

CEDIMENTO “CORTO”:

Traslazione verticale terminale “corta” relativa all’angolata del fabbricato.

“Traslazione verticale”

Traslazione verticale relativa terminale

Si noti la presenza del discendente nelle regioni soggette al cedimento.

Il ristagno d’acqua sul terreno di fondazione è spesso latore di cedimenti.

29

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale relativa intermedia

Si riporta il caso di un cedimento verticale relativo intermedio.

“Traslazione verticale”

30

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione verticale relativa intermedia

Nei cedimenti intermedi lunghi, dopo le rotture di tipo a, insorgono le rotture di tipo b simmetriche (caso a) oppure la parabolica c (caso b).

“Traslazione verticale”

35

Diagnosi e terapia dei dissesti

Solidi murari connessi

ANGOLATA

Questa struttura ha subito un cedimento verticale terminale relativo alla zona d’ammorsamento dei muri perimetrali.

“Traslazione verticale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

Nei muri dotati di aperture, dato che le fessurazioni seguono le linee di minor resistenza, le lesioni si localizzano nelle regioni murarie poste fra l’una e l’altra apertura della stessa verticale più prossima alla sezione limite.

“Traslazione verticale”

43

Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

Nel caso di cedimento terminale le fratture si presentano in corrispondenza della sezione verticale al limite del cedimento.

“Traslazione verticale”

44

Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

ESEMPIO 1

“Traslazione verticale”

45

Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

ESEMPIO 2

“Traslazione verticale”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

Questa struttura ha invece subito un cedimento intermedio: il quadro fessurativo è analogo al caso di cedimento terminale, specchiato rispetto all’asse verticale del cedimento.

“Traslazione verticale”

Anche in questo caso le fratture si localizzano nei nuclei murari compresi fra le aperture appartenenti alle verticali contigue ai limiti del cedimento.

47

Diagnosi e terapia dei dissesti

Muri con aperture

Di seguito sono riportate due schematizzazioni simili di manifestazione del cedimento verticale intermedio.

“Traslazione verticale”

“Traslazione inclinata e rotazione”

02

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione inclinata

La traslazione inclinata nasce dalla combinazione della traslazione verticale con la traslazione orizzontale.

Come è stata fatta la distinzione per la traslazione orizzontale longitudinale tx,

trasversale tz e obliqua tx+ tz, così distinguiamo la traslazione inclinata in

longitudinale tx+ ty, trasversale ty+ tz, e obliqua tx+ ty+ tz.La traslazione inclinata è quasi sempre dovuta a fenomeni di tipo franoso per i quali le manifestazioni fessurative seguono la componente più importante.

“Traslazione inclinata e rotazione”

08

Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione inclinata

Quadro fessurativo operato da una traslazione inclinata longitudinale.

Le lesioni che interessano la parete e l’arco sono dovute alle due componenti del moto che il terreno impone alla parte sinistra del fabbricato.I rami sono inclinati dalla parte del cedimento e risultano tra loro paralleli.

L’ampiezza tende a massimizzarsi verso il basso anche se la presenza dell’arco attenua questo fenomeno.

“Traslazione inclinata e rotazione”

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Diagnosi e terapia dei dissesti

Traslazione inclinata

L’esame dei punti corrispondenti mostra una forte prevalenza della componente orizzontale di dilatazione su quella verticale.

Anche la forma della lesione ad andamento sub verticale fa propendere per un contributo rilevante della componente complanare al terreno.

ASPETTI NORMATIVI

C. 8. 3 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA (circolare esplicativa)….

Le NTC individuano due grandi categorie di situazioni nelle quali è obbligatorio effettuare le verifiche di sicurezza …:-Variazioni improvvise o lente, indipendenti dalla volontà dell’uomo (terremoto, cedimenti fondali, ….-Variazioni dovute all’intervento dell’uomo (aumento dei carichi, …)….I provvedimenti sono necessari se non sono soddisfatte le verifiche relative alle azioni controllate dall’uomo (es: carichi)

Per le azioni non controllabili dall’uomo (azioni ambientali) «non si può pensare di imporre la obbligatorietà dell’intervento o del cambiamento di destinazione d’uso o addirittura la messa fuori servizio dell’opera non appena se ne riscontri l’inadeguatezza».

Contano: gravità della situazione, implicazioni sulla pubblica incolumità, …

Chi decide: proprietario o gestore dell’opera.